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Evoluzione fonetica in lingue romanze: dittongazione, palatalizzazione e lenzione, Appunti di Storia Contemporanea

Linguistica comparataLinguistica RomanzaFoneticaEvoluzione fonetica

I fenomeni di evoluzione fonetica che si sono verificati nelle parole latine passate alle lingue romanze come l'italiano, francese, spagnolo, occitano e portoghese. Vengono descritte le dittongazioni, la palatalizzazione e la lenzione, con esempi concreti. tratto dal Capitolo II del libro 'Gli studi di Guglielmo IX'.

Cosa imparerai

  • Che fenomeni di evoluzione fonetica si verificano nelle parole latine passate alle lingue romanze?
  • Come la parola 'AMICAM' diventa 'amic' o 'amiga' in francese e 'amic' in occitano?
  • Come la parola 'AMICA' diventa 'amie' o 'amiga' in francese e 'amica' in occitano?

Tipologia: Appunti

2021/2022

Caricato il 29/06/2022

caterina-cipriano
caterina-cipriano 🇮🇹

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Scarica Evoluzione fonetica in lingue romanze: dittongazione, palatalizzazione e lenzione e più Appunti in PDF di Storia Contemporanea solo su Docsity! LINGUISTICA STORICA DELLA FILOLOGIA ROMANZA (Galano Sabrina) 08\10\2020 Introduzione L’aggettivo romanzo  Le lingue romanze o neolatino derivano dal latino  Il termine romanzo deriva dall’avverbio latino ROMANICE riferito al parlare in vernacolo (ROMANICE LOQUI) rispetto al parlare latino (LATINE LOQUI).  Da ROMANICE deriva la forma francese romanz , da cui l’italiano romanzo . Dunque è dal francese che deriva l’italiano “romanzo”. Classificazione delle lingue Romanze La classificazione tradizionale delle lingue romanze, fu fatta da un filologo tedesco Fredrich Diez che isolava solo sei lingue, egli aveva individuato nel panorama linguistico europeo solo 6 lingue. Partendo dall’aria iberica fino alla Romania, il Portoghese, lo Spagnolo, il Francese, l’Occitano, l’Italiano ed il Romeno. Dunque notiamo che la classificazione fatta da Diez, eleva solo le lingue di cultura elevata, quelle che poi sono diventate lingue nazionali. Tra queste lingue, abbiamo una che non è diventata lingua nazionale: l’Occitano . Diez contempla comunque questa lingua perché questa lingua in epoca medievale è stata veicolo di un genere letterario molto importante che ha influenzato tutta la lirica europea, parliamo della LIRICA DEI TROVATORI. Questi trovatori sono poeti che hanno scritto la poesia in volgare ovvero l’occitano, conosciuto anche come PROVENZALE (parliamo di una letteratura laica). Dunque, i trovatori, creando questo genere lirico, hanno trovato un grande riscontro. La classificazione moderna usa invece classificare le lingue romanze, partendo da ovest verso est, in 5 famiglie:  IBEROROMANZA: portoghese, spagnolo, catalano  GALLOROMANZA: francese, francoprovenzale, occitano  RETOROMANZA: friulano, ladino, romancio  ITALOROMANZA: italiano, sardo  BALCANOROMANZA: romeno, dalmatico (il dalmatico non esiste più dato che l’ultimo parlante muore nel 1821; dunque morendo l’ultimo parlante, il dalmatico non è più esistito). Dunque vediamo che nella nostra penisola, due sono le lingue romanze contemplate ovvero: l’italiano ed il sardo. Si è parlato delle lingue nazionali ma non tutte queste varietà linguistiche rientrano nelle frontiere delle nazioni moderne ad esse associate. Ad esempio, lo spagnolo non è parlato solo in Spagna così come per le altre lingue. Questo perché queste lingue hanno raggiunto paesi molto lontani da loro, attraverso la colonizzazione. Il portoghese ad esempio si parla anche fuori dall’Europa, in Brasile ad esempio così come anche in Africa ed in Asia. Lo spagnolo invece si parla in America Centrale, in Messico. Il francese si parla in Québec, in Luisiana, in Nord Africa, Algeria, in Asia. Il romeno si parla in Moldova, nel Nord della Grecia. Dunque le lingue romanze, attraverso la colonizzazione, sono state portate dei colonizzatori anche nel Nuovo Mondo ovvero fuori dall’Europa. Ciò che possiamo notare è che le varietà linguistiche parlate in queste zone, differiscono di molto dalle lingue europee. Il portoghese parlato in Brasile ad esempio è differente a livello fonetico, grammaticale, lessicale rispetto al portoghese parlato in Portogallo ma ovviamente la base linguistica è la stessa. Quindi, queste varietà linguistiche si chiamano LINGUE CREOLE. Le lingue creole sono delle lingue che nascono in situazioni particolari (create dopo una colonizzazione) come ad esempio in ambito commerciale o al tempo della schiavitù (pensiamo ad esempio allo spagnolo o al francese portato nel Nord dell’Africa: la popolazione del nord Africa al tempo della colonizzazione francese, parlava l’arabo. L’arrivo dei francesi nella zona ovvero nel nord Africa, porta ricchezza nel paese attraverso l’economia, il commercio. Dunque ciò che imparano a fare gli arabi al tempo della colonizzazione è parlare il francese o meglio il lessico che serve loro per interagire con i francesi, per poter lavorare con essi; si inizia così a creare una lingua creola. Il PIGIN è la base della lingua creola. Questo ha un lessico molto ridotto proprio perché è una lingua di comunicazione molto rapida, concentrata solo in alcuni campi, momenti della vita. Nel momento in cui le persone iniziano ad utilizzare questo PIGIN anche in altre situazioni, in altri contesti quest’ultimo si arricchisce e comincia a diventare una lingua creola. Quindi alla base di una lingua creola c’è un Pigin che è formato da un campo semantico molto ristretto poiché all’inizio viene utilizzato solo in determinati ambiti. Quando poi questo pigin inizia ad espandersi anche in altri contesti e situazioni, questo si arricchisce e dunque non arriviamo più a parlare di Pigin ma di lingua creola. Dunque si ha un processo di CREOLIZZAZIONE (passaggio di trasformazione da PIGIN a LINGUA lingua dato che la lingua ufficiale era il latino nonostante, come detto, questo abbia subito delle influenze da parte delle popolazioni indigene. Questa elasticità del latino, non ha permesso di capire quando si è passati da una parlata latina ad una romanza. Secondo un filologo Stefano Asperti, il passaggio da una sfera linguistica latina ad una volgare, può essere scandito da tre tappe fondamentali:  La prima tappa è la nascita di una nuova oralità che sostituisce il latino come lingua di comunicazione. (Ad un certo punto, dopo la caduta dell’Impero Romano d’occidente e quindi dopo il 476, Roma non ha più il controllo linguistico di tutto l’impero come cade il controllo della politica e dell’organizzazione sociale. Dunque quel senso di comunità si sgretola. Dal punto di vista linguistico dunque, abbiamo gli invasori che ne approfittano per occupare tutte le aree linguistiche che a loro interessavano e questo ha comportato un cambio linguistico, una modifica linguistica. Dunque il latino non è stato più utilizzato come lingua della comunicazione poiché è stato sostituito da una lingua che si stava allontanando dal latino, in poche parole iniziano a nascere le lingue romanze).  La seconda tappa è la presa di coscienza di questo evento e quindi la consapevolezza dell’esistenza di una lingua adoperata nella quotidianità e che si differenzia completamente dal latino utilizzato in quel periodo ormai solo nella lingua scritta. (All’inizio è come se il parlante non se ne fosse accorto che il latino stesse cambiando questo perché credevano che si trattasse di un’evoluzione naturale della lingua. Dunque in questa seconda fase le persone iniziano a prendere coscienza che il latino stesse cambiando completamente. Nello scritto si usava ancora il latino mentre nella lingua di comunicazione, si usava una lingua molto distante dal latino).  La terza tappa vede la nascita di una nuova forma di scrittura che consacra la nuova oralità. (Asperti qui ci sta indicando la nascita dei primi testi letterari romanzi che consacrano questa nuova oralità. Ad un certo punto si abbandona il latino come elemento veicolare di cultura e si prende in considerazione la lingua in volgare). Asperti attraverso queste tre tappe, ci fa capire come si è passati dal latino alle lingue romanze. 09\10\2020 Ci siamo fermati al passaggio dal latino alle lingue romanze attraverso l’ipotesi di Stefano Asperti. Di questi tre momenti, Asperti ci dice che solo il 2 ed il 3 possono essere collocati cronologicamente ovvero in un preciso periodo storico. Il periodo storico è quello del nono secolo ovvero in età carolingia. Il primo momento invece, secondo Asperti, è sicuramente antecedente al nono secolo ma non è possibile collocarlo cronologicamente. Tornando ai due momenti che si possono collocare cronologicamente, ci dice che un impulso decisivo al cambiamento di una lingua di comunicazione completamente diverse dal latino, è avvenuta tramite la rinascita carolingia. Questo perché Carlo Magno (persona che ha fatto una grande politica culturale) promosse una RENOVATIO dei testi sacri ovvero decise di raccogliere tutti i manoscritti che contenevano versioni della Bibbia per consegnare questo patrimonio, questa tradizione manoscritta, in centri culturali importanti per far sì che i copisti ovvero i chierici dell’epoca, potessero ricopiare questi testi e dare loro una nuova forma grafica a questi testi. La forma grafica che si impone durante il periodo carolingio è la SCRITTURA CAROLINA. Carlo Magno, cercando di imitare l’impero romano d’Occidente, impone una nuova grafia per far sì che tutto l’impero sia dominato da un unico tipo di grafia. Nel momento in cui questi copisti cominciarono a raccogliere il materiale antico ovvero tutte le versioni della Bibbia, cominciarono a scoprire che tutti questi manoscritti, riportavano non solo versioni diverse ma la lingua utilizzata non rispettava più il latino classico. Ecco che quindi abbiamo la presa di coscienza che la lingua stesse cambiando, abbiamo la presa di coscienza di una nuova oralità. Questa dicotomia che esisteva tra la lingua scritta e l’esistenza di una lingua di comunicazione così diversa dal latino, venne palesata nell’ 813 nell’occasione del CONCILIO DI TUORS nel quale si stabilì nel 17esimo emendamento che le omelie (ovvero la predica, il commento del Vangelo) dovessero essere esposte in lingua volgare e non più in latino. Questo perché doveva raggiungere una platea più ampia che potesse dunque capire l’omelia stessa. Parliamo soltanto dell’omelia poiché questa è la parte più importante della messa. E’ quindi intorno all’813 che le lingue romanze essendo state riconosciute all’interno di un concilio, vengono riconosciute come sistemi diversi dal latino e quindi inizieranno la loro evoluzione sia dal punto di vista linguistico che letterario. PASSIAMO ORA ALLA PARTE LETTERARIA I primi testi letterari in lingua romanza, sono testi riconducibili al genere letterario AGEOGRAFICO (parliamo di tutti testi religiosi). I primi testi in lingua doil (francese antico parlato nel nord della Francia) sono la SEQUENZA DI SANT EULALIA E LA FITA DI SANT’ALESSIO scritta intorno al 1840. La prima sequenza è stata inserita all’interno di un testo latino dove si parla della vita di questa Santa. Sulla carta numero 141 si trova questa sequenza. La sequenza è un tipo di componimento che riprende la tradizione letteraria latina ed era un componimento di tipo religioso che veniva cantato e veniva cantato sui milismi dell’ALLELUIA. Il testo di santa Eulalia veniva cantato durante le ricorrenze della santa. Il testo quindi è tutto in latino ma su una pagina di questo testo, è riportato un sunto che riguarda la vita di Santa Eulalia, parliamo di una sequenza molto breve e formata soltanto da 29 versi ottonari ovvero di 8 sillabe. La differenza tra il testo latino e quello in volgare è che il testo latino è piuttosto elegiaco e lirico mentre questa sequenza volgare ha invece una struttura narrativa. Quindi è particolare la presenza di un testo scritto in francese antico all’interno di un testo latino. In quanto alla vita di sant’Alessio la cui prima versione risale al 1040 e quindi all’11esimo secolo, questo testo ebbe molta fortuna nel medioevo tant’è vero che questo testo è stato copiato fino al 14esimo secolo (si contano 7 copie del testo, parliamo di una vera e propria rielaborazione della storia). La versione del 1040 presenta una lingua che è quella dell’antico francese ed è una sequenza a se cioè non è contenuta in nessun testo latino. La lingua di questa sequenza si avvicina molto alla lingua utilizzata all’interno della CHANSON DE ROLAND. Questa prima versione, occupa uno spazio di 625 versi ed il metro utilizzato è il decasillabo (verso di 10 sillabe ed è lo stesso metro utilizzato nella chanson de Roland). La lingua utilizzata è quella dell’anglo-normanno ovvero del francese antico. Per quanto riguarda gli autori di queste due sequenze ed anche per la chanson de Roland, non si conoscono. La vita di sant’Alessio ebbe molto successo nel medioevo poiché parla della vita di sant’Alessio che riprende un po' la vita di San Francesco poiché anch’egli decide di rinunciare a tutti i suoi beni terreni per consacrarsi ad una vita legata semplicemente alla povertà, alla religione. Questa storia piacque molto nel medioevo. Per quanto riguarda i testi letterari in lingua doc (lingua parlata al sud della francia) sono: la canzone di santa Fides (chanson de sainte Foi) che risale all’11esimo secolo e Bocci Il Bocci scritto nell’11esimo secolo, è un poemetto didattico che riprende la storia di un filosofo romano Severino Boezio ovvero autore di un testo importante del medioevo: LA CONSOLATIO FILOSOFIAE che veniva studiato anche a scuola. Boezio viene santificato questo perché nasce come pagano anche se ad un certo punto decide di convertirsi al cristianesimo. Wuesto non piacque al re ostrogoto Teodorico LA NARRATIVA BREVE E LUNGA La letteratura medievale può essere divisa in tre categorie: Lirica, Narrativa (breve e lunga), Letteratura didattico-allegorica (le Roman de la Rose che si presenta come musical e le Roman de la Violette; questi due romanzi raccontano una storia d’amore tra cavalieri e dame. All’interno del romanzo, ritroviamo in questa struttura dei pezzi lirici ovvero dei ritornelli ecc. Quindi è vero che si tratta di un testo narrativo ma all’interno di esso troviamo incastonate delle canzoni). Quindi, quello che possiamo affermare, è che queste grandi categorie, non sono categorie fisse poiché queste si possono fondere l’una con l’altra. Un altro elemento appartenente alla letteratura didattico-allegorica, è l’insegnamento didattico, l’elemento didattico che in realtà è presente in tutti i testi letterari e non solo all’interno della letteratura didattico-allegorica. In generale, l’aspetto didattico è presente in tutti i testi medievali. Per quanto riguarda la narrativa breve e lunga, nella NARRATIO BREVIS rientrano alcune tipologie di testi:  Lineari questo significa che non ci sono intrecci. Un intreccio è quando ci sono più vicende in un racconto. La linearità permetteva al giullare di raccontare la storia in un solo lasso temporale ad esempio in un solo pomeriggio.  Contengono una morale finale basti pensare alle favole ad esempio che solitamente presentano un contenuto didattico.  Vedono lo svolgimento di un solo episodio cioè viene narrata la storia di un solo personaggio e di solito narrano un solo episodio, di una sola avventura.  Le storie sono ambientate nel Presente e non in un passato mitico o leggendario questo significa che sono tutte storie ambientate nel momento storico in cui sono state scritte. Non narrano storie di un personaggio mitico, di fatti storici o leggende come quelle che troviamo nel romanzo arturiano ad esempio.  Alla narrativa breve appartengono: racconti agiografici, exempla, fabliaux(racconti molto divertenti e con componente erotica importante), fables, vidas, razos, novas. I testi che invece appartengono alla narrativa lungua sono: i poemi epici, i romanzi e tutti quei testi che avevano una forma episodica e quindi molto molto lunghi e che venivano quindi narrati in più sessioni. Un’altra caratteristica è che in questi testi oltre al principio dell’intreccio che è un elemento che come detto manca nei racconti, ci sono altri due elementi da prendere in considerazione ovvero due tecniche: AMPLIFICATIO E ABBREVIATIO. Sono tecniche che ritroviamo nei testi latini e che riprendono un po' la trasmissione orale del testo. Quando un giullare declamava un testo del genere, poteva amplificare un testo oppure abbreviarlo. Se questo vedeva che il pubblico era interessato alla scena, questo poteva introdurre nel testo nuove scene, nuovi lassi, amplificava dunque il testo. Al contrario invece, se il giullare si rendeva conto che il pubblico era annoiato, poteva abbreviare il racconto. 15\10\2020 Riepilogo Abbiamo parlato delle tre fasi di passaggio ideate da Asperti per capire il passaggio del latino alle lingue romanze e secondo Asperti, queste fasi corrispondono al periodo di Carlo Magno. Anche la scrittura così come la lingua varia nel tempo. Quando Carlo Magno cerca di ricostruire l’antico impero romano, cerca di portare l’intera grafia del tempo, ad un carattere univoco poiché dopo la caduta dell’impero romano, questa assume un carattere variegato, differente da un luogo ad un altro e per questo dà vita alla grafia carolina. Egli chiese di raccogliere tutti i testi antichi e di eliminare da essi tutti i barbarismi che i copisti si trovavano ad affrontare. Tramite queste copie, ci si rese conto che vi era un divario, una dicotomia tra la lingua latina e la lingua parlata dal popolo, la lingua volgare. Questa dicotomia, fu evidenziata, fu concretizzata attraverso il Concilio di Tours. DIFFERENZA TRA IL LATINO CLASSICO E VOLGARE Vi è una differenza tra questi due sistemi linguistici. Il metodo comparativo che si basa sul confronto tra le lingue romanze, ha messo in evidenza che molte forme soprattutto del lessico utilizzate oggi, non derivano dal latino classico. Per esempio il verbo parlare (che in latino classico si traduce “loqui”), non deriva da “loqui” ma deriva da un’altra forma così come ad esempio l’aggettivo bello che in latino classico si traduce “pulcher”; anche fuoco non deriva dal latino classico ignis ma deriva da un altro sostantivo latino ma di un’altra forma. Questi termini sono dunque stati sostituiti da altre espressioni derivate sempre dal latino ma non quello utilizzato dagli autori classici. Quindi vediamo da dove derivano le parole che non corrispondono alla norma classica. Partiamo dal verbo parlare: loqui. Mentre nelle lingue romanze utilizziamo il verbo parlare (in italiano), parler (in francese), parlar (occitano e catalano), hablar (in spagnolo), falar (in portoghese). Quindi se vediamo queste parole, notiamo che queste non derivano da loqui. Questo verbo deriva dal latino “parabolare”; nel caso dello spagnolo e del portoghese, l’etimo dal quale derivano è “fabulare”. Il termine loqui ha un significato non marcato perché ha un valore generico nei confronti del verbo stesso di loqui; mentre parabolare e fabulare hanno un significato marcato poiché hanno un significato specifico che è quello di raccontare. Lo stesso vale per l’aggettivo “bello” che non deriva da pulcher ma deriva da “bonellum” (questo per quanto riguarda le lingue: italiano, francese ed occitano), mentre per quanto riguarda “hermoso” e “formoso”, aggettivo rispettivamente relativo allo spagnolo e al portoghese che invece deriva dal latino “formosum”. Anche per quanto riguarda il sostantivo “fuoco” (fuoco in italiano, feu in francese, fuego in spagnolo, fogo in portoghese, fuoc in occitano e foc in catalano), deriva da “focus” e non da “ignis”. Dunque, ad un certo punto, le parole come ignis, pulcher e loqui, appartenendo al latino classico,aulico, sono cadute in disuso poiché hanno un valore non marcato e cioè generico. Anche il termine casa che nel latino classico si traduce “domus”, ha cambiato significato poiché questo termine ha subito una variazione di significato, andando ad indicare la “Casa del Signore”. Il termine casa per quanto riguarda il francese (maison), deriva dal verbo latino “manere” (restare) in latino. Dunque tutte queste espressioni, non derivano dalla forma aulica del latino, bensì dal latino volgare. In realtà tutte queste forme classiche che abbiamo analizzato, non vanno perse completamente, in alcuni casi vengono comunque utilizzate, questo è il caso del verbo loqui che viene inserito all’interno del lessico italiano in vari termini come ad esempio nel sostantivo: soliloquio. Dunque possiamo dire che l’italiano è una lingua conservativa poiché tende a conservare alcune espressioni derivanti dal latino classico. Pensiamo ad esempio alla parola “auricolare” che deriva dal latino “auricola”, da auricola deriva il termine italiano orecchio e nell’espressione auricolare, abbiamo mantenuto la “au” latina. Dunque abbiamo mantenuto, foneticamente parlando, la fonetica latina. Queste parole che mantengono l’etimo latino, vengono chiamate COLTE. Lo stesso avviene per il termine “bocca” che deriva dal latino classico “oris” ma che avendo un valore generico e dunque non marcato, è stato sostituito dal termine marcato “bucca” dal quale, come detto, deriva il termine bocca. In realtà, vi sono alcune parole italiane che mantengono l’etimo del termine appartenente al latino classico; è questo il caso del termine “orale”. utilizzate a seconda delle situazioni Dunque, nel caso del latino classico e volgare, sono due varietà linguistiche che nascono dalla stessa lingua ma che usano registri e stili differenti e quindi a seconda della situazione. Ritornando alle attestazioni del latino volgare, queste le troviamo anche in altri testi antichi, negli autori classici ad esempio. Nelle lettere familiares (106-143 a. C.) di Cicerone ad esempio, egli utilizza una lingua più familiare, altro autore classico è Plauto (254 a.C.) parliamo di un autore di teatro che utilizzava il registro stilistico parlato dagli strati più bassi della società. Vi è anche Petronio (66 d.C.) che nel suo Satiricon nell’episodio della cena di Trimalchione, in particolare, si utilizza una lingua di comunicazione. Dunque questi autori utilizzavano una varietà linguistica che non coincide con la norma classica del latino. Abbiamo inoltre le iscrizioni che testimoniano l’utilizzo del latino volgare e che ritroviamo anche nei GRAFFITI POMPEIANI. Parliamo inoltre dei TESTI PARATICI ovvero manuali che servivano per lavorare L’utilizzo del latino volgare lo ritroviamo anche negli autori cristiani che avevano operato già le prime traduzioni della Bibbia che doveva essere comprensibile da un popolo non acculturato e dunque doveva adottare una lingua che potesse essere compresa da tutti. Parliamo di latino volgare anche quando parliamo dei TESTI POST IMPERIALI ad esempio nell’Historia Francorum di Gregorio di Torus risalente al 538-594 d.C. Lo ritroviamo anche all’interno dei documenti cancellereschi (ufficiali). Ultimo esempio importante dove ritroviamo l’uso del latino volgare, sono soprattutto le GRAMMATICHE che sono normative e prescrittive (dicono quali forme sono corrette e quali sono sbagliate). Tra queste grammatiche, quella che dobbiamo ricordare è l’APPENDIX PROBI che risale al IV secolo, parliamo di un’appendice ad una grammatica scritta da Probo. Si tratta di un elenco di 227 parole alle quali vengono affiancate le forme corrette e affianco troveremo l’elenco delle parole scritte in maniera scorretta (troveremo ad esempio la parola VINEA e affianco troveremo la parola NON VINIA). Quest’elenco delle parole scorrette è importante poiché ci fa capire che stava avvenendo una trasformazione anche grafica che porterà alla creazione delle lingue romanze. Dunque parliamo anche di una trasformazione fonetica. Nel caso dell’esempio fatto pocanzi, la E di vinea si trasforma nella forma scorretta di Vinia, in I e questo cambio, a livello fonetico, non è da sottovalutare. INFLUENZE ESTERNE CHE HA SUBITO IL LATINO Il latino è stato da sempre una lingua molto vitale. Il latino non attuò, come ricordiamo, una politica linguistica e quindi questo, già in epoca imperiale, aveva accolto nel suo lessico dei prestiti da altre lingue. E’ necessario introdurre la differenza che c’è tra lingue di SOSTRATO, SUPERSTRATO E ADSTRATO (parliamo delle differenti tipologie di prestito). Ovviamente la lingua base di cui parliamo è il LATINO. LE LINGUE SI SOSTRATO sono le lingue pre-esistenti al latino. Parliamo di lingue che esistevano già nelle zone colonizzate dai romani. Prendiamo ad esempio i romani che ad esempio occupano la Germania. In quella zona prima dell’arrivo dei romani, si parlava già una lingua che prende il nome di SOSTRATO. Questa lingua di sostrato, ha comunque influenzato il latino il quale ha preso in prestito da essa dei termini che sono entrati a far parte del lessico latino. Questo perché i romani probabilmente hanno scoperto in quelle zone, oggetti che non conoscevano e invece di coniare un nuovo nome per indicare quegli oggetti, hanno preso in prestito i termini delle lingue di sostrato. Ad esempio la parola “camisia” (parola di origine germanica) che in italiano significa camicia, è una parola di origine germanica che indicava un capo di abbigliamento sconosciuto dai romani che invece utilizzavano la toga. Un altro termine preso in prestito dai romani è la parola CARRUM (parola di origine celtica) che significa carro. LE LINGUE DI ADSTRATO sono le lingue in contatto che hanno influenzato il lessico latino, è ad esempio il greco. La lingua di adstrato è una lingua che ha la stessa importanza del latino. Il latino non è mai riuscito a soppiantare il greco a differenza delle altre lingue che invece è riuscito a soppiantare. Il latino ha preso in prestito dal greco numerosi termini che utilizziamo ancora oggi (parole come camera ad esempio). LE LINGUE DI SUPERSTRATO sono le lingue che influenzano il latino dopo la caduta dell’impero romano d’Occidente che fu interessato dalle invasioni da parte di popolazioni germaniche, vandali, alani, svevi, arabi, visigoti. Quindi nel momento in cui cadde, questo fu occupato dai popoli invasori che utilizzavano una loro lingua che ha influenzato il latino (parliamo quindi delle lingue di superstrato). Dobbiamo sottolineare il fatto che i romani ebbero contatti anche prima della caduta dell’impero romano e quindi già prima della caduta, questi presero in prestito numerosi termini, parole. Tra queste parole possiamo citare ad esempio la parola SAPONEM, parola che non appartiene fin dall’origine al lessico latino ma che è stata adottata dai romani tant’è vero che rispetta anche la morfologia classica del latino. Sappiamo che questa parola è entrata a far parte del lessico latino ancora prima della caduta dell’impero romano d’occidente poiché viene utilizzata da tutte le lingue romanze. Queste parole che sono entrate a far parte del lessico latino prima della caduta dell’impero romano d’Occidente, sono detta PANROMANZE. Oltre a saponem, abbiamo anche alcuni colori come BLANK (bianco) che sicuramente deriva dal germanico. Dunque abbiamo parecchi prestiti franconi che derivano da diversi campi semantici che derivano dall’amministrazione feudale come elmo. Dopo quella germanica, un’altra invasione che ha interessato la spagna, è quella araba. Dunque l’influenza araba è stata molto importante nell’influenza linguistica latina e di tutte le lingue romanze. Infatti, possiamo evidenziare, che molti termini utilizzati da noi attualmente, sono di origine araba. Molti di questi termini arabi iniziano con A o con AL; questo perché A o AL segnalava l’articolo determinativo e quando poi le parole arabe sono passate alle lingue romanze, si tendeva ad interpretare l’articolo come parte integrante della parola stessa. Gli arabi per riferirsi allo zafferano, utilizzavano il termine ZAFRAN ma quando questo termine è stato integrato all’interno delle lingue romanze, è stato coniato come AZAFRAN che come detto significa zafferano. 22\10\2020 IL LESSICO (ultimo capitolo del libro di linguistica romanza) Parlando del lessico ci riferiamo al latino che è stata una lingua così vitale che si è evoluta nel tempo. Abbiamo visto come già i romani solevano prendere in prestito termini da altre lingue. Le tecniche linguistiche utilizzate per arricchire il lessico sono differenti. Parliamo di CAMBIO SEMANTICO; un esempio può essere la parola “verde” che può avere diversi significati a seconda del contesto in cui viene utilizzata. Verde può significare non solo il colore, se aggiungiamo un articolo determinativo prima della parola in questione, “il verde”, parliamo della natura. Quindi il cambio semantico è quel processo attraverso il quale si arricchisce il lessico attraverso la presa in considerazione di un termine che può assumere significati differenti a seconda del contesto in cui si usa. Un’altra tecnica attraverso il quale può arricchirsi il lessico, è il fenomeno del PRESTAMO ovvero la presa in prestito di parole, termini da altre lingue e che entrano a far parte del lessico quotidiano. Ad esempio la parola lockdown, smart-working. Altro modo per arricchire il nostro formata da quattro foni). Un fono può diventare un fonema se la sua sostituzione con un altro fono, può cambiare il significato di una parola (se alla parola cena cambiamo il fono E con il fono I, ciò che ottengo è la parola cina. Dunque la E di cena, non è un semplice fono ma è un fonema). Dunque questo fenomeno attraverso il quale si attesta che un fono è anche un fonema, è detto PROVA DI COMMUTAZIONE FONETICA. Torniamo alla parola cena e sostituisco al fono C, il fono P; quello che ottengo è la parola pena e dunque possiamo dire che anche il fono C non è un semplice fono ma è un fonema. Nelle parole brevi, possiamo dire che tutti i foni sono anche fonemi, non è lo stesso nelle parole più lunghe dove facciamo la distinzione tra foni e fonemi poiché ci sono foni che non possono essere sostituiti. ALL’ESAME POTREBBE ESSERE CHIESTO SOLTANTO LA DEFINIZIONE O MEGLIO LA DISTINZIONE TRA FONO E FONEMA (non ci verrà chiesto ad esempio di individuare un fono o un fonema all’interno di una parola). La distinzione tra vocali brevi e lunghe, come detto, è UNA DISTINZIONE DI QUANTITA’ E FONOLOGICA poiché la vocale breve e lunga in latino, costituivano due fonemi diversi. Questo perché la sostituzione di una vocale breve con una lunga, comportava un cambio di significato della parola poiché costituiva un fonema diverso. Prendiamo la parola MALUM (la A in questo caso è breve), significa MALE. La stessa parola MALUM (la A in questo caso è lunga) significa MELA. Lo stesso vale per LEGIT (scritto con la E breve) che significa EGLI LEGGE mentre LEGIT (scritto con la E lunga) significa EGLI LESSE. Nell’evoluzione del sistema vocalico dal latino alle lingue romanze, la distinzione di quantità che avevamo in latino è sostituita con una distinzione di qualità. Quindi con la semplificazione del sistema vocalico latino a quello romanzo si passa da una distinzione di quantità ad una distinzione di qualità poiché la distinzione tra vocali brevi e lunghe, scompare e dunque la distinzione di qualità si basa sul GRADO DI APERTURA DELLE VOCALI. Questa differenza che facciamo tra vocali chiuse ed aperte è comunque una DISTINZIONE FONOLOGICA poiché la stessa vocale chiusa o aperta, può far cambiare il significato di una parola. Ad esempio la parola pesa; PESCA (con la E aperta) indica il frutto, PESCA (con la E chiusa) indica il verbo pesca o il sostantivo pesca. In effetti, nel sud Italia, non è molto presente questa differenziazione tra vocali aperte e vocali chiuse; ovviamente capiamo il significato di una parola che assume significati differenti a seconda della vocale aperta o chiusa, attraverso il contesto. Passiamo alla parte relativa al VOCALISMO TONICO. Parliamo delle vocali toniche. Qual è la differenza tra vocali toniche ed atone? - Nella parola cena, la vocale tonica è la E mentre quella atona è la A. La vocale tonica è la vocale sul quale cade l’accento quando pronunciamo la parola; mentre la vocale atona è la vocale sulla quale non cade l’accento. Nelle parole brevi, di solito, abbiamo una sola vocale tonica. Mentre nelle parole più lunghe, possiamo avere anche due vocali toniche. Quindi partiamo dall’accento tonico nel latino. Importante, in latino, è la struttura della sillaba perché determinava la posizione dell’accento tonico nella parola. Per capire l’entità della struttura delle sillabe latine in un vocabolo, si deve far riferimento ad un campo della fonetica chiamato FONETICA ACUSTICA che studia le onde sonore prodotte dall’emissione di un suono. Questa riesce a calcolare la pressione di fiato che si impiega nella pronuncia di una singola sillaba (ovvero quanto fiato utilizziamo per pronunciare una singola sillaba). Quindi ogni sillaba ha un certo volume acustico (a seconda della quantità di respiro che emettiamo quando lo articoliamo). Il volume acustico di un suono dunque dipende dalla quantità di respiro che utilizziamo per pronunciare quella determinata sillaba. In latino, il volume acustico di una A lunga, aveva un peso superiore rispetto a quello di una A breve. Quando in latino si pronunciava una A lunga, si impiegava più respiro rispetto alla A breve. In più, in latino succedeva che per pronunciare una sillaba chiusa, si impiegava più respiro rispetto ad una sillaba aperta. La differenza tra vocale in sillaba aperta la si può spiegare attraverso questo esempio: CANE ( qui parliamo di una sillaba aperta poiché non vi è una consonante che chiude la pronuncia della A poiché la divisione sillabica è CA|NE; mentre CARNE (CAR|NE) è in sillaba chiusa poiché la A viene chiusa dalla R. Una A breve in sillaba aperta, avrà un volume acustico pari a + (carattere irrisorio, molto breve, volume acustico minore); la A breve in sillaba chiusa, avrà un volume acustico pari a + + poiché è un po' più pesante rispetto alla prima. Una A lunga in sillaba aperta avrà un volume acustico pari a + mentre una A lunga in sillaba chiusa, avrà un volume acustico pari a + + + (maggiore rispetto a tutte le altre). In base al volume acustico delle sillabe, nei polisillabi l’accento tonico doveva cadere sulla penultima sillaba tonica poiché aveva un volume acustico maggiore. Nel caso di MARITUS (divisione in sillabe: MA|RI|TUS: in latino le sillabe si contano al contrario quindi TUS è la prima, RI è la seconda e MA è la terza. Nella parola MAITUS, la A è breve, la seconda ovvero I è una lunga ed ha un volume acustico + + e dunque l’accento cade sulla I. Se invece la penultima sillaba era breve DE|DI|TIO, la sillaba più pesante è la terza ovvero DE. Quindi se nella penultima sillaba si trova una vocale breve, l’accento cade sulla terzultima sillaba. Quindi in latino, l’accento cade sulla sillaba più pesante ovvero sulla sillaba che ha il maggiore volume acustico. Nel caso di ASINUS, abbiamo due accenti brevi e dunque l’accento cade sulla terzultima sillaba. Nelle parole bisillabe come CANIS, CA|NIS l’accento cade sulla penultima sillaba. Con il passaggio del latino alle lingue romanze, il sistema fonologico latino si è semplificato. Prendiamo in considerazione i seguenti esempi: CANEM (a breve) : nella pronuncia, si allunga la pronuncia di A che dovrebbe essere più breve FACTUM (a lunga): nella pronuncia, si abbrevia la pronuncia di A che dovrebbe essere più lunga. Dunque ciò che vediamo è una tendenza alla parificazione del volume acustico delle vocali raggiungendo un peso + +. (guarda lo schema dalla foto) Per quanto riguarda il vocalismo tonico nelle lingue romanze è che si passa da una distinzione di quantità vocalica ad una distinzione di qualità vocalica. Dunque le vocali perdono la quantità vocalica e quindi perdono la differenziazione che si faceva in latino tra vocali brevi e vocali lunghe. Ovviamente vi è un processo che simboleggia questa perdita della quantità vocalica che porterà alla creazione di sistemi vocalici differenti. Dunque abbiamo diversi sistemi vocalici: uno PRINCIPALE ed altri che riguardano ALCUNI DIALETTI. Dunque abbiamo un sistema vocalico OCCIDENTALE detto eptavocalico che riguarda tutta le lingue romanze e poi vi sono altri sistemi vocalici come il SISTEMA VOCALICO SARDO, SICILIANO E BALCANICO). Il sistema vocalico che nasce dalla semplice perdita latina della quantità vocalica, caratterizza il sistema vocalico sardo (formato solo da 5 vocali che nascono dalla semplice perdita della quantità vocalica del latino) ed il sistema vocalico di una piccola area detta area Lausberg. Prendiamo in considerazione la parola PIRA (che in latino presenta la I breve, in sardo perde la I breve (stando appunto alla perdita latina della quantità vocalica) e diventa pira. Lo stesso vale per GULA che in latino presenta una U breve ma che in sardo perde questa U breve rimanendo una U normale e dunque gula. Dunque il sardo, mantiene la sua vicinanza al latino ancor di più rispetto all’italiano; basta vedere che le parole in latino appena nominate come PIRA e GULA, in sardo non subiscono una variazione mentre in italiano diventano: PERA e GOLA. troviamo ancora scritto il dittongo au che però viene letto come o. Abbiamo avuto invece in altre lingue anche una variazione grafica: in italiano ed in spagnolo ad esempio la parola aurum diventa oro (il dittongo au diventa o), in francese e catalano diventa o mentre in portoghese, il dittongo è diventato ou, in occitano ed in romeno invece il dittongo au è rimasto au ( mantiene la stessa grafia e mantiene la fonetica). In sardo invece il dittongo è diventato a (la parola laurum diventa lauro). Il dittongo au, è detto DITTONGO COLTO questo perché non solo rimane invariato in alcune parole ma anche in alcune lingue come l’Occitano o anche il alcuni dialetti italiani meridionali. IL FENOMENO DELLA DITTONGAZIONE ROMANZA Abbiamo detto che in latino abbiamo solo tre dittonghi. Differenza tra l’unione delle vocali ovvero tra vocali in dittongo e vocali in iato. Un dittongo è l’unione di due vocali che vengono pronunciate con una sola emissione di fiato. Esempio: Piede = i ed e costituiscono un dittongo poiché vengono costituite da un'unica emissione di fiato. Se volessi fare la divisione in sillabe, vedrei: PIE\DE come vediamo la I e la E stanno insieme poiché come detto, presentano un’unica emissione di fiato. Nel caso di luigi la u e la i sono due vocali in iato ovvero che costituiscono due emissioni di fiato diverse e quindi la divisione in sillabe sarà: LU\I\GI. Questo vale per il latino classico. Nelle lingue romanze succede che rispetto al latino, abbiamo tantissimi dittonghi che si sono formati attraverso alcune vocali latine. Quindi quasi tutte le lingue romanze, subiscono il fenomeno di dittongazione tranne l’occitano ed il portoghese. In linguistica storica, si suole distinguere due tipi di dittongazione: DITTONGAZIONE SPONTANEA O LIBERA e la DITTONGAZIONE CONDIZIONATA (domanda d’esame) DITTONGAZIONE SPONTANEA O LIBERA Si parla di dittongazione libera, quando la vocale tonica che dittonga si trova in sillaba aperta oppure libera. Le vocali latine che subiscono il fenomeno di dittongazione libera sono essenzialmente due: la e breve latina che in sillaba aperta dà vita al dittongo IE e la o breve latina che dà vita al dittongo uo\ue. Esempio con la e PEDEM = PEE\DEM = piede. Questa dittongazione avviene in italiano (pied), in francese (pied), in spagnolo (pié); non avviene in occitano dove da PEDEM abbiamo l’esito (pe); non avviene in portoghese dove da PEDEM abbiamo l’esito (pe). Esempio con la o NOVUM = NO\VUM = nuovo In spagnolo diventa nuevo, in francese diventa neuf, in occitano diventa nou (la u in questo caso corrisponde alla v poiché la o non dittonga e la v latina subisce un fenomeno di vocalizzazione, diventando quindi una vocale). Numerose consonanti subiscono fenomeni di vocalizzazione: la V ed anche la L. La L latina diventa una U. Solo il francese, lingua d’oil, fa dittongare oltre alla e breve e alla o breve, altre vocali latine (sempre se si trovano in sillaba aperta), questi dittonghi sono detti discendenti, cioè accentati sul primo elemento. Le vocali latine coinvolte in questo tipo di dittongazione, sono la i breve latina e la e lunga latina che insieme danno vita al dittongo EI che poi evolve foneticamente in OI (che viene pronunciato ua). Le altre vocali coinvolte sono la u breve e la u lunga che danno vita al dittongo ou che dà vita a sua volta al dittongo eu. TELAM (latino) = TEILE (in francese antico) = TOILE (francese moderno). FLOREM (latino) = FLOUR (in francese antico) = FLEUR (francese moderno). La dittongazione spontanea o libera, dà vita a dittonghi ascendenti quindi ie, ue, uo. La dittongazione ascendente è formata da dittonghi che vengono accentati sul secondo elemento. LA DITTONGAZIONE CONDIZIONATA Si parla di dittongazione condizionata quando le vocali latine che dittongano, si trovano in sillaba chiusa. Parliamo sempre degli stessi dittonghi; IE, UE, UO. Uesto tipo di dittongazione, interessa solo lo spagnolo. Esempio FERRUM = FER\RUM in italiano non avrò la dittongazione. (ferro) In francese non avrò la dittongazione. (fer) In spagnolo avrò la dittongazione. (hierro) La e breve dunque si trova in sillaba chiusa e non dittonga in nessuna lingua se non in spagnolo e lo stesso vale anche per la o che trovandosi in sillaba chiusa, non dittonga né in italiano né in francese ma dittonga solo in spagnolo. Il motivo attraverso il quale si spiega questo è attraverso due tesi. PRIMA TESI La divisione in sillabe in spagnolo antico, non avveniva così come le altre lingue. Avveniva una divisione in sillabe differente, lasciando in una posizione libera le vocali toniche che avevano lo spazio per allungarsi e diventare dittonghi. Esempio: PORTAM in italiano diventa porta In francese porte In spagnolo puerta SECONDA TESI La dittongazione in spagnolo avviene attraverso la METAFONIA. Tant’è vero che questo tipo di dittongazione è detta METAFONETICA. Cos’è la metafonia? Partiamo da un esempio: TOTUS (parola latina che presenta una o tonica, breve) = totu (la o breve è diventata una o aperta)= tutto (la o breve si è innalzata grazie alla presenza di una vocale atona alta in italiano). Quello che è successo è che in italiano, la o latina si è innalzata ed è diventata una u. La o breve, nelle lingue romanze, corrisponde ad una o aperta. Dunque la metafonia è l’innalzamento di una vocale tonica mediana (quindi o una e i una o) che sotto l’influsso di una vocale atona finale alta, si innalza dal punto di vista fonetico. Abbiamo visto l’esempio di HIERRO. Ed è per questo che quando parliamo di spagnolo parliamo di dittongazione metafonetica o di armonizzazione. Dunque: FERRUM= FERRUM (la e perde la quantità vocalica e diventa una e aperta) = FIRRU (la e si innalza diventando una i) = HIERRO (la i diventa un dittongo). Nel vocalismo tonico, la I lunga latina diventerà una i, dalla I breve, e breve ed e lunga avremmo la e; dalle due a avremmo la a; dalla o lunga, o breve ed u breve, avremmo la o; dalla u lunga avremmo la u. RIDUZIONE DELLE VOCALI IN IATO In latino abbiamo soltanto 3 dittonghi, tutte le altre vocali messe una vicino all’altra, in latino vengono chiamate vocali in iato. Lo iato si ha quando in una parola due vocali vicine, formano due sillabe distinte e non una sola sillaba. Dunque queste non dittongano ma si leggono separatamente (ad esempio nella parola Luigi). Questo fenomeno è importante poiché l’etimo latino è sempre formato da vocali in iato. Se ho una riduzione dello iato di una parola, avrò la perdita di una sillaba. COME SI RIDUCONO LE VOCALI IN IATO? Possiamo distinguere due casi: 1. Quando le vocali hanno timbro simile, vengono ridotte ad un solo fonema. Esempio: PARIETEM----divisione in sillabe: PA|RI|E|TEM. Questa parola è formata da 4 sillabe poiché in latino la I e la E non dittongano e quindi formano due sillabe differenti. CHE SIGNIFICA AVERE TIMBRO SIMILE? (prendiamo in considerazione il trapezio delle vocali) I ed E possiamo definirle come vocali di timbro simile poiché sono ENTRAMBE VOCALI ANTERIORI. IE> in italiano diventa E. Quindi in italiano la parola PARIETEM diventa PARETE; in spagnolo diventa PARED; in portoghese diventa PAREDE, in occitano e catalano diventa PARET; mentre in francese diventa PAROI (diventa un dittongo che comunque è una riduzione; il dittongo OI deriva da una E). Come possiamo vedere, in tutte le lingue romanze, le vocali IE si riducono ad un solo elemento fonetico ovvero E. Quindi se la parola PARIETEM in latino è formata da 4 sillabe, in italiano è formata da 3 sillabe; quindi vediamo la perdita di una sillaba. 2. Quando le vocali non hanno timbro simile. Se il primo elemento dello iato è formato da una E o da una I, questi due elementi si trasformano in una SEMIVOCALE detta JOD. Se il primo elemento dello iato è formato da una O, questo elemento si trasforma in W. Esempio con JOD VINEA------divisione in sillabe: VI|NE|A (vocale in iato E-A). Il primo elemento dello iato è una E che quindi si trasformerà in JOD. La E e la A hanno timbro diverso. Quindi avremmo la trasformazione della sillaba nel seguente modo: VINJA. La presenza dello JOD in una parola, più specificamente la presenza di esso accanto ad una consonante, implica una palatizzazione del fonema. Nel caso della parola VINJA, la nasale N trovandosi accanto ad uno JOD, subirà il fenomeno della palatizzazione ricevendo il suono GN (quindi N + JOD = GN) Da questo fenomeno, avremo la parola VIGNA in italiano, VIGNE in francese, VINA in spagnolo, VINHA in occitano e portoghese, VINYA in catalano. Esempio con JOD FILIUM--------- divisione in sillabe: FI|LI|UM. Questo iato è formato da due vocali di timbro diverso poiché entrambe sono alte ma una è posteriore e l’altra anteriore. Anche qui abbiamo la trasformazione dello iato in JOD. Anche in questo caso abbiamo un fenomeno di palatalizzazione della L che affianco alla JOD assume il suono di GLI (quindi L + JOD = GLI). Analizziamo il fenomeno dell’evoluzione: FILIUM>FILJU> in italiano FIGLIO, in spagnolo HIJO (il suono hota è un’evoluzione del fenomeno di palatalizzazione; quindi alla base della hota vi è il suono SGH), in portoghese FILHO, in occitano FILH, in catalano FILL, in francese FILS. Esempio con W (casi rari) COAGULARE: lo iato è formato da OA, di timbro diverso poiché la O è una mediana posteriore mentre la A è una vocale bassa. La O in questo caso si trasforma nella vocale W. Analizziamo il fenomeno dell’evoluzione: COAGULARE> CWAGULARE> in italiano QUAGLIARE, in spagnolo CUAJAR, in portoghese COALLAR (si pronuncia QUAGLIAR). Abbiamo parlato di suoni palatali che in latino però non esistevano, si sono venuti a formare tramite le lingue romanze attraverso diversi fenomeni tra i quali anche quello della riduzione vocalica. FENOMENO DELL’ASSIMILAZIONE E DISSIMILAZIONE Le vocali atone sono soggette all’influenza delle vocali toniche. Le vocali atone possono diventare come le vocali toniche avvicinandosi ad esse oppure allontarasi ad esse. Esempio di ASSIMILAZIONE: BILANCIA> la vocale tonica è la prima A mentre la vocale atona è la prima I. In italiano non c’è un’evoluzione poiché lingua conservativa. Ma nelle altre lingue romanze abbiamo un cambiamento: in francese infatti bilancia diventa BALANCE (in questo caso otteniamo un fenomeno di assimilazione poiché la vocale atona è stata influenzata dalla vocale tonica), in spagnolo diventa BALANZA, in portoghese e catalano BALANSA e in occitano BALANSA. Esempio di DISSIMILAZIONE: VICINUM> la vocale tonica è la seconda I mentre la atona è la prima I. In italiano non c’è un’evoluzione poiché parliamo di una lingua conservativa. Ma in spagnolo la parola diventa VECINO, in occitano VEJIN (si legge vesin), in catalano VEI. Si parte da due vocali atone e toniche uguali ma in questo caso la vocale atona si distingue da quella tonica, diventando un’altra vocale. In questo fenomeno di assimilazione e dissimilazione rientra anche la RIDUZIONE DEL DITTONGO LATINO AU. Esempio: AUGUSTUM se AU è seguito dalla vocale tonica U (come in questo caso), questa si riduce in una A e NON IN UNA O; Infatti AUGUSTUM si trasforma in AGOSTO. Vediamo l’evoluzione: AUGUSTUM> AGUSTU> in francese diventa AOUT (AU corrisponde ad A mentre la O è una vocalizzazione di G, mentre T è l’evoluzione del nesso consonantico ST con l’aggiunta sulla vocale precedente dell’accento circonflesso, infatti aout ha un accento circonflesso sulla u.) FENOMENO DELLA E PROTETICA O PROSTETICA Questo fenomeno non riguarda l’italiano ma in alcune lingue romanze viene introdotta una vocale atona, di solito una E, prima dei nessi consonantici iniziali formati da S + CONSONANTE. Questa vocale è detta vocale PROTETICA. consonantico BL è difficile da pronunciare, è stata inserita una E finale che dunque non deriva dall’evoluzione della U latina ma è stata inserita una vocale d’appoggio ovvero la E. Dunque non parliamo di una E etimologica bensì di una vocale d’appoggio per agevolare la pronuncia di questa parola. Questo fenomeno di vocale d’appoggio, è molto frequente in spagnolo ma anche in altre lingue come in francese. IL CASO PARTICOLARE DI E FINALE Un caso che riguarda altre lingue ma non tanto l’italiano che invece cerca di mantenere la lingua, per questo parliamo di lingua conservativa. Esempio: REGEM> in alcune lingue romanze come l’antico francese, spagnolo, occitano, si riduce a REE (la G e la M cadono). In casi come questa parola dove troviamo due E che sono due vocali in iato poiché la divisione in sillabe è RE|E, la seconda E diventa una I. Quindi avremo REY. Dunque REGEM> REE> REY. BOVEM> BUEE> BUEY. Dunque questo fenomeno consiste nel fatto che se in un’evoluzione della parola latina, abbiamo una parola che termine con due vocali E in iato, la seconda E si trasforma in I (fenomeno di chiusura). N.B. Questo fenomeno riguarda i sostantivi ma NON i verbi. Esempio: CREDIT> CREE 05\11\2020 IL CONSONANTISMO Per quanto riguarda le consonanti, la loro articolazione coinvolge maggiormente gli organi fonatori. A seconda del punto di articolazione del suono, le consonanti assumono delle denominazioni diverse. La P e la B sono consonanti bilabiali ostruttive ad esempio, G e Z hanno un suono affricato, L ha un suono laterale, R ha un suono vibrante, M e N sono consonanti nasali. Facciamo una differenza tra CONSONANTI SONORE e CONSONANTI SORDE. Se pronunciamo una consonante sonora, avremo una maggiore vibrazione delle corde vocali come nella pronunciazione GH mentre quando pronunciamo una consonante sorda, avremo una minore vibrazione delle corde vocali come nella pronunciazione di CH. Le consonanti in posizione iniziale nel passaggio dal latino alle lingue romanze, di solito sono più forti, invece sono più deboli in posizione finale; quelle mediane possono subire dei cambiamenti fonetici. FONEMI CONSONANTICI IN LATINO Con il passaggio dal latino alle lingue romanze, alcune consonanti sono scomprarse mentre altre si sono create. Ad esempio K e G latine (suoni labiovelari occlusivi), sono state ridotte ad una semplice consonante. Esempio: Quomodo in latino > Come in italiano, Comme in francese, Como in spagnolo, Com in occitano. Quindicem > Quindici in italiano (in italiano abbiamo conservato un po' il suono latino di “Qu” che appunto ritroviamo nella parola quindici), Quinze in francese (qui la grafia latina rimane ma il suono fonetico viene ridotto), Quinze (letto chinze) in occitano, Quince in spagnolo. Altra consonante che scompare foneticamente nel passaggio dal latino alle lingue romanze, è la consonante laringale fricativa H. La consonante H rimane in grafia ma non viene pronunciata foneticamente in tutte le lingue romanze. In italiano però ci sono alcune eccezioni come ad esempio nella coniugazione del verbo avere (io ho); tuttavia, questa forzatura fonetica, si utilizza soprattutto per insegnare ai bambini il verbo avere. CONSONANTI CHE IL LATINO NON CONOSCEVA Il latino non conosceva la fricativa labiodentale V. Questa consonante presente in tutte le lingue romanze, non esisteva in latino poiché i grafemi che conosciamo IN latino come U e V rappresentavano la vocale U quando questi si trovavano nel mezzo della parola oppure era pronunciato come una semivocale W quando questo grafema si trovava all’inizio della parola. Dunque possiamo dire che in latino la V non esisteva, vi era il suono U che veniva pronunciato come una vocale oppure come una semivocale W. Esempio: MVRUS: Qui la u viene pronunciata come una vocale VINVUM: Qui la u viene pronunciata come una semivocale e quindi W. In alcuni dialetti viene conservato il suono antico latino di W. Lo spagnolo invece conserva questa fase fonetica raggiungendo il suono V; abbiamo il seguente fenomeno W>B>V Tutti i suoni palatali, non esistevano in latino e dunque possiamo dire che si sono formati soltanto nel passaggio da esso alle lingue romanze. I suoni palatali sono: il suono fricativo SC (come in scena), SG (come in jour). I suoni palatali nasali GN (come vigna), i suoni laterali palatali GL (come figlio). I suoni affricati palatali C e G e quelli dentali che sono TS (come in zucchero) e DZ (come zio). Un’altra evoluzione nel passaggio dal latino alle lingue romanze, è la riduzione del NESSO CONSONANTICO LATINO NS che si è ridotto alla semplice S. Esempio: Mensem > Mese in italiano, Mois in francese, Mes in occitano e spagnolo. Spousum > Sposo in italiano, epous in antico francese, esposo in spagnolo (in francese ed in spagnolo abbiamo la E protetica), espos in occitano. I DUE FENOMENI FONETICI CHE RIGUARDANO LE CONSONANTI Fenomeno di lenizione e fenomeno di palatalizzazione FENOMENO DI LENIZIONE Si tratta di un indebolimento di alcune consonanti. Alcune consonanti e soprattutto le occlusive sorde (P, T, K (si legge C) quando si trovano in posizione intervocalica come: RIPAM (P), VITAM (T), AMICAM (K), con il passaggio dal latino alle lingue romanze, tendono ad indebolirsi. Abbiamo due stadi di lenizione: un primo stadio di lenizione, vede un indebolimento delle consonanti che da consonanti occlusive sorde, diventano consonanti occlusive sonore. La P diventa B, la T diventa D e la K diventa G. FENOMENO DI PALATALIZZAZIONE Questo fenomeno si ha quando un suono di una consonante si sposta dal velo al palato. Ad esempio il passaggio di K a C. Le consonanti, per subire il fenomeno di palatalizzazione, hanno bisogno di alcune vocali che appunto, palatalizzano VOCALI CHE PALATALIZZANO e CONSONANTI COINVOLTE J (IOD, ne abbiamo parlato nella riduzione delle vocali in iato come in VINEA> VINJA> VIGNA dunque la iod palatalizza la N.) TUTTE le consonanti che si trovano vicino ad una IOD (J) subiscono il suono di palatalizzazione. Le lingue che subiscono palatalizzazione quando vi è la presenza di IOD sono TUTTE. I ed E: le consonanti coinvolte sono la K e la G (consonanti velari occlusive). TUTTE le lingue romanze subiscono questo fenomeno tranne il sardo. CICERONE si pronunciava “chicherone”. A: le consonanti coinvolte sono sempre K e G. Questo fenomeno di palatalizzazione riguarda solo il galloromanzo ed il retoromanzo. Questo fenomeno di palatalizzazione riguarda in particolar modo la lingua d’oil e dunque in francese ma non in occitano. Esempio: CAMERA > CHAMBRE in francese (dunque C+A subisce il fenomeno di palatalizzazione)> CAMBRA in occitano (non riguarda questo fenomeno di palatalizzazione)> CAMERA in italiano (non riguarda questo fenomeno di palatalizzazione). Rientra nella palatalizzazione anche l’evoluzione del suffisso latino ARIUM. Questo suffisso subisce il fenomeno della palatalizzazione e si riduce in modo diverso in ciascuna lingua. ARIUM> AIO\ARO in italiano Esempio: NOTARIUM> NOTAIO oppure NOTARO in antico italiano. ARIUM> IER\ER in francese e occitano Esempio: CABALLARIUM> CHEVALIER ARIUM> ERO in spagnolo CABALLARIUM> CABALLERO ARIUM> ER in catalano CABALLARIUM> CABALLER ARIUM> EIRAO in portoghese CABALLARIUM> CABALLEIRAO Correzione del compito per casa: come si passa da STELLA a ESTEILE (in francese antico) STELLA > sp. Estrella Fr. esteile Occ. Estela STELLA> ESTELLA (viene aggiunta una e protetica ovvero una E che viene aggiunta all’inizio parola quando questa inizia con S + CONSONANTE)> ESTELA (scempiamento delle geminate che riguarda la lenizione)>ESTEILA (dittongazione dove la E lunga diventa EI)> ESTEILE. 06\11\2020 CONSONANTI IN POSIZIONE INIZIALE Generalmente le consonanti che si trovano in posizione iniziale in latino, con il passaggio alle lingue romanze, spesso rimangono inalterate. Ad esempio il nesso consonantico seguito da R così come S + consonante che però viene preceduto da una E protetica. Tra le consonanti che subiscono cambiamenti invece, abbiamo P, C, B ovvero consonanti velari che subiscono cambiamenti fonetici se sono seguite da determinate vocali e che sono soggette a fenomeni quali la palatalizzazione. Esempio: CORPUS > la consonante velare C seguita dalla vocale O > CORPO in italiano ( la C e la O rimangono inalterate) > CORPS in francese, CUERPO in spagnolo, CORS in occitano. Dunque quando la consonante velare C ed anche la G, sono seguite dalle vocali dalla O o la U, non subiscono cambiamenti. Tuttavia queste consonanti cambiano se sono seguite dalle vocali palatali E e da I che producono il fenomeno della palatalizzazione Esempio: CICERO Anche la C seguita da A può subire una palatalizzazione. Esempio: CAMERA > CHAMBRE in francese Dunque le consonanti velari subiscono gli stessi fenomeni che riguardano le consonanti mediane (lenizione e palatalizzazione). Oltre al fenomeno di palatalizzazione abbiamo anche il fenomeno di lenizione. Esempio: CATTU > CAT in occitano, CHAT in francese, GATO in spagnolo Hanno esiti palatali anche la presenza di uno IOD (J) iniziale in una parola come IAM, IOCUM, IOCULATORE(da dove deriva la parola giullare) oppure della sequenza di D + J (jod) IOD IN POSIZIONE INIZIALE IAM si parla di uno jod in posizione iniziale poiché l’unione di I ed A è uno IATO (dunque ci può essere uno iato non solo in mezzo alla parola ma anche all’inizio). Dato che lo iato inizia con la vocale I, questa vocale diventa uno J (iod) e dunque avremo: IAM > JA> GIA in italiano, JA in occitano, YA in spagnolo. IOCUM si parla di uno iato in posizione iniziale e dato che il primo elemento dello iato anche in questo caso è formato da una I, diventa J e dunque avremmo questa evoluzione: IOCUM > JOW > GIOCO in italiano, JEW in francese, JUEGO in spagnolo, JOC in occitano. D + JOD DIURNUM si parla di I + U e dunque anche qui parliamo di uno iato e dato che anche in questo caso il primo elemento dello iato è una I, si forma una IOD (j). Dunque avremo la seguente evoluzione: DIURNUM > DJURNUM > GIORNO in italiano, JOUR Ovviamente questi nessi consonantici che subiscono un fenomeno di palatalizzazione, non lo subiscono in tutte le lingue romanze. DIFFERENZA TRA NESSI CONSONANTICI PRIMARI E SECONDARI Sono detti nessi consonantici primari, quelli che esistevano già in latino. Sono detti nessi consonantici secondari, quelli che si sono venuti a creare con l’evoluzione delle parole dal latino alle lingue romanze a causa di differenti fenomeni linguistici quali la SINCOPE. I nessi consonantici secondari possono rimanere intatti o subire un’evoluzione che non sempre corrisponde all’evoluzione fonetica che subisce lo stesso nesso consonantico primario. Esempio: MN: (quando è primario, subisce ad esempio in spagnolo, un fenomeno di palatalizzazione) SOMNUM (nesso consonantico primario) > SUENO in spagnolo (MN > GN). HOMINEM > in questo caso la M cade poiché è la prima consonante a cadere) > HOMINE (la I cade) > HOMNE ( in questo caso abbiamo MN che chiameremo nesso consonantico secondario ma che non subisce il fenomeno della palatalizzazione e dunque non subisce la stessa evoluzione del nesso consonantico primario tant’è vero che MN non diventa GN ma diventa MR) > HOMRE (questa parola è difficile da pronunciare e dunque viene aggiunta una B per una questione fonetica, questo fenomeno attraverso il quale viene inserita all’interno del nesso consonantico una consonante non etimologica poiché non esisteva nell’etimo latino, prende il nome di EPENTESI)> HOMBRE in spagnolo. DOMINA > DUEMINA (la O dittonga e la I cade per sincope ed infatti avremmo )> DUEMNA (si è formato un nesso secondario MN che in questo caso subisce la stessa evoluzione del nesso primario ed infatti avremmo) > DUENA (che si pronuncia duegna). PASSIAMO ALLA PRATICA STELLA > ESTELLA > ESTRELLA (viene inserita una E protetica, la R viene inserita per EPENTESI per agevolare il suono, in quanto alla doppia LL latina, questa in spagnolo ha subito una palatalizzazione diventando una GLI quindi da palatale diventa una liquida). CABALLARIUM > CHEVALIER in francese. Analizziamo l’evoluzione. CABALLARIUM > CABALLIER (in questo caso il suffisso ARIUM che subisce un’evoluzione diversa in tutte le lingue, diventa IER per quanto riguarda il francese) > CHABALLIER (in questo caso la palatalizzazione include anche la A tonica che in francese diventa E; basti pensare alla parola MAREM che in francese diventa MER: come vediamo la A tonica è diventata E e questo fenomeno prende il nome di PALATALIZZAZIONE della A TONICA che appunto riguarda il francese ma anche alcune parole italiane come MARGARITAM > MARGHERITA in italiano)> CHEBALLIER > CHEVALLIER > CHEVALIER. CABALLARIUM > CAVALIER in occitano. Analizziamo l’evoluzione CABALLARIUM > CABALLIER > CAVALLIER > CAVALIER. CABALLARIUM > CAVALIERE in italiano. Analizziamo l’evoluzione CABALLARIUM > partendo dal suffisso arium, questo in italiano dovrebbe diventare AIO, tuttavia la parola italiana non presenta questo suffisso. Dunque possiamo dire che la parola italiana cavaliere, non deriva direttamente dal latino ma si presenta con dei prestiti da altre lingue; in questo caso la parola cavaliere è un prestito dell’occitano, in quanto alla E finale, questa è stata aggiunta come vocale d’appoggio). Le seguenti parole sono state tratte dal testo di Guglielmo IX: Ab la Dolchor AVICELLUM > AUCEL in occitano, OISEL in francese antico, UCCELLO in italiano. AVICELLUM > AUCEL analizziamo il fenomeno: AVICELLUM> AVICELLU > AVCELLU (cade la I per sincope)> AVCELU (scempimento delle geminate) > AUCELUM (la V viene reinterpretata come una U) > AUCEL (cade la U per apocope) > AUCEL (palatalizzazione di C seguita da E che non è visibile graficamente ma soltanto foneticamente) AVICELLUM> OISEL. Analizziamo il fenomeno: AVICELLUM > AVICELLU (la M cade) > AUICELU (la V viene interpretata come una U) > AUICELL (cade la U per apocope) > AUICELL (scempiamento delle geminali) > OICEL (il dittongo AU diventa O) > OISEL (palatalizzazione di C). AVICELLUM > UCCELLO. Analizziamo il fenomeno: AVICELLUM> AVICELLU (M cade) > AUCELLU (anche qui la V diventa U e la I cade) > AUCCELLU (l’italiano ha aggiunto una doppia) > OCCELLU (il dittongo AU diventa O) > OCCELLU (anche in italiano abbiamo la palatalizzazione di C + E) > UCCELLU (si ha il fenomeno della METAFONIA) > UCCELLO (la U atona finale si trasforma in O). ASSEGNO: Analizza e spiega i seguenti fenomeni: CANTUM > CANTO in italiano, CANT in occitano, CHAN in antico francese MISSATIUM > MESATGE\ MESAGE in occitano e antico francese, MESSAGGIO in italiano, MENSAJE in antico spagnolo (si pronuncia mensasge). COREM > CUORE in italiano, CUER in antico francese, COR in occitano. NOCTEM > NUOIT in occitano, NUEIT in antico francese, NOTTE in italiano, NOCHE in spagnolo. FOLIA > FOLHA in occitano, FUEILLE in antico francese, HOJA in antico spagnolo. 12\11\2020 I FENOMENI CHE RIGUARDANO LA MORFOLOGIA La grammatica cambia molto più lentamente ma in modo molto più signficativo rispetto alla fonetica. La grammatica si divide in MORFOLOGIA e SINTASSI. La morfologia studia la forma e struttura delle parole in MORFEMI ovvero l’unità più piccola in cui può essere divisa una parola. Il morfema a differenza del FONEMA in fonetica, deve avere un significato (ad esempio la parola CANTO: CANT è detto LESSEMA mentre la O è l’elemento grammaticale; la desinenza O ci dà informazioni sul tempo verbale che è il presente, sulla persona ed il numero); mentre la sintassi studia le relazioni delle parole presenti in una frase. La morfologia è la base sulla quale si sono formate delle classificazioni a seconda delle tipologie linguistiche che caratterizzano le varie lingue. Abbiamo alcune lingue che si classificano come ISOLANTI, abbiamo le lingue ti tipo AGGLUTINANTE come il turco ed il finlandese che sono costituite da una serie di morfemi che hanno un solo significato grammaticale. Poi abbiamo le lingue come il latino e le lingue romanze che sono di tipo FLESSIVO o SINTENTICO perché i rapporti grammaticali sono espressi attraverso la modifica di una parola all’interno di una frase attraverso l’aggiunta di desinenze ad esempio (se ad esempio cambio la desinenza di CANTO in Nella classe dei MASCHILI appartenenti alle tre classi che si sono formate al posto delle 5 declinazioni latine, confluiscono tutti i sostantivi e gli aggettivi maschili che facevano parte delle declinazioni che finivano in US come LUPUS e che dunque appartenevano alla seconda declinazione latina, parte dei sostantivi appartenenti alla terza declinazione come HOSTITS; IS (genitivo) ed i sostantivi che facevano parte della quarta declinazione latina come EXERCITUS; I (genitivo) ed i sostantivi neutri singolari in UM come GENUM. In quanto ai sostantivi ed aggettivi femminili, appartenenti alla seconda classe, questi contengono i sostantivi della prima declinazione latina come ROSA-AE (genitivo), alcuni sostantivi della terza come CLADES; IS ed i sostantivi della quinta declinazione latina RES-REI e per ultimi abbiamo i sostantivi neutri plurali come FRUCTA. La terza classe, è quella degli imparisillabi; in questa classe confluiscono tutti gli imparisillabi latini; i parisillabi sono quei sostantivi latino che presentavano al nominativo e dunque al soggetto, una forma grafica più breve rispetto agli altri casi. Facciamo un esempio: NOX al nominativo presenta una sillaba-----COMES al nominativo presenta 2 silla. NOCTIS al genitivo presenta due sillabe-----COMITIS al genitivo presenta 3 sillabe Dunque un’imparisillabe, è un sostantivo che presenta una sillaba in meno rispetto agli altri casi. 2) CAMBI DI GENERE; alcune parole nel passaggio dal latino alle lingue romanze, cambiano di genere. Esempio: PIRUS – PIRI (il pero) MALUS – MALI (il melo) Queste parole in latino, avevano inizialmente una desinenza in US e dunque dovevano essere considerati maschili ma nonostante ciò, venivano considerati femminili, nonostante presentassero la desinenza in US. Dunque una prima tipologia di parole che subisce questo cambio di genere, sono i nomi di albero. I sostantivi che in latino presentano questo fenomeno ovvero che erano femminili pur avendo una desinenza maschile e che dunque presentavano un’irregolarità hanno subito una semplificazione per ANALOGIA, diventando effettivamente maschili. Lo stesso fenomeno, lo subiscono i sostantivi che rappresentano un valore astratto. VALOR – VALORIS (in questo caso la parola passa da maschile a femminile) 3) PERDITA DEL NEUTRO; molti termini neutri singolari (che finivano in UM, sono finiti nella classe dei maschili mentre i sostantivi plurali che finivano in A sono finiti nella classe dei femminili). La perdita del neutro ha portato alla creazione di DOPPIONI e cioè che una stessa parola neutra è finita sia nei sostantivi maschili che in quelli femminili. Esempio: FOLIUM (singolare che è andato a finire nella classe dei maschili) – FOLIA (plurale che è andata a finire nei sostantivi femminili) L’evoluzione fonetica di questa parola, ha portato alla creazione di due parole: Da folium si è creato il sostantivo FOGLIO Da foglia si è creato il sostantivo FOGLIA. Dunque ciò che si fa è partire dallo stesso etimo latino per poi arrivare a due parole differenti. 4) RIDUZIONE DEI CASI; oltre alla riduzione delle declinazioni, vi è anche una riduzione dei casi che in latino erano sei. Riprendiamo l’esempio della parola rosa LATINO LINGUE ROMANZE NOM. rosA (breve) > si perde la quantità vocalica della a breve GEN. rosAE DAT. rosAE ACC. rosAM (a breve) > si perde la quantità vocalica della a breve VOC. RosA (breve) > si perde la quantità vocalica ABL. rosA (lunga) > si perde la quantità vocalica. Abbiamo detto nelle lezioni passate che la prima cosa che si perde con il passaggio dal latino alle lingue romanze, per quanto riguarda le vocali, è la QUANTITA VOCALICA (cioè la differenza tra le vocali lunghe e quelle brevi). Dunque, perdendo la quantità vocalica, si inizia a fare confusione tra le differenti declinazioni. Oltre alla quantità vocalica, si perdono anche le consonanti vocaliche e ciò che succede ai casi latini è che iniziano a confondersi e dunque il ruolo delle desinenze latine, viene a mancare; ecco perché scompaiono le desinenze latine (cioè scompare la desinenza che determinava un caso particolare), dunque questo porta alla caduta di determinati casi. Venendo a cadere la desinenza latina, si deve specificare il ruolo del sostantivo attraverso nuovi elementi che non esistevano in latino come ad esempio gli articoli che prima erano sostituiti dalle desinenze. I casi latini, scompaiono gradualmente; l’eliminazione dei casi si completa nel latino tardo tra il V ed il VII secolo. Tuttavia, in alcune lingue romanze, sopravvive ancora un sistema casuale semplificato latino come nell’area gallo- romanza (francese ed occitano) e vi rimarrà fino al XII secolo. Il caso che sopravvive di più e che dà vita a tutte le parole romanze, è il caso latino dell’ACCUSATIVO. Il 90 percento del lessico romanzo, deriva dall’accusativo latino poiché come già detto, era il caso più regolare (la sua desinenza è AM). VERIFICA DELLE PAROLE ASSEGNATE PER CASA 1)  CANTUM > CANTO in italiano CANTUM > CANTU (caduta della M) > CANTO (la U finale latina diventa O in italiano)  CANTUM > CANT in occitano CANTUM > CANTU (caduta della M) > CANT (la U cade per apocope, l’apocope è il fenomeno attraverso il quale cade la vocale finale atona).  CANTUM > CHANT in francese CANTUM > CANTU (caduta della M) > CANT (caduta per apocope della U) > CHANT (palatalizzazione). 2)  NOCTEM > NOTTE in italiano NOCTEM > NOCTE (la M cade) > NOTTE (assimilazione consonantica che vede la trasformazione di CT in TT).  NOCTEM > NUEIT in francese antico NOCTEM > NOCTE (caduta della M) > NOITE (il nesso consonantico CT palatalizza diventando IT) > NUEITE (la O breve in sillaba aperta diventa per dittongazione UE)> NUEIT (la e finale cade per apocope)  NOCTEM > NUOIT in occitano NOCTEM > NOCTE (caduta della M) > NOITE (palatalizzazione di CT che diventa IT) > NUOITE (dittongazione di u breve che diventa UO) > NUOIT (caduta della E per apocope). Esempio: Li chevalers est bels (il cavaliere è bello)----singolare Li chevaler sont bel (i cavalieri sono belli) ---- plurale Per capire se il soggetto è plurale o singolare, dobbiamo GUARDARE IL VERBO poiché la S è presente sia nel caso retto singolare che nel caso obliquo plurale e dunque per arrivare a capire se il sostantivo è singolare o plurale, dobbiamo guardare il verbo. SCHEMATIZZIAMO LA PRESENZA DELLA S Singolare Plurale S. I classe: cr. Caso retto S non c’è Caso obliquo non c’è S SOSTANTIVI DI SECONDA CLASSE Singolare Plurale Caso retto: PATER > per (s) (francese) paire (s) (per occitano) PATRI (forma ricostruita*) > pere \ paire Caso obliquo: Patrem > pere\ paire Patres > peres (francese), paires (occitano) Ritroviamo una s, messa dopo i sostantivi (caso retto singolare) che non dovrebbero portare quella s ma la ritroviamo per una questione di ipercorrettismo ovvero correggere qualcosa che non è necessario correggere, giusto per non cadere in errore. SCHEMATIZZIAMO LA PRESENZA DELLA S nella seconda classe dei sostantivi Singolare Plurale Caso retto (s). non c’è Caso obliquo non c’è s TERZA CLASSE DEI SOSTANTIVI Parliamo degli imparisillabi Singolare Plurale Caso retto HOMO > hom HOMINI > home\homme Caso obliquo HOMINEM > homme\ home HOMINE > homes\homnes I sostantivi appartenenti alla terza classe, sono facili da ritrovare poiché il caso retto singolare porta una sillaba in meno rispetto agli altri sostantivi. Fanno parte della terza classe di sostantivi, il sostantivo BARO – BARONEM > bar\ ber (caso retto) – baron (per gli altri casi), COMES – COMITEM > coms (caso retto)\ cuens (in francese) – comte ( per gli altri casi), Trobaire ( caso retto) . trobador ( per gli altri casi), cantaire – cantador, compains – compagnon. In questa classe dei sostantivi, troviamo anche il termine SENIOR – SENIOREM che è presente anche nelle liriche che studiamo. Nella fontana del vergier ad esempio, la ragazza chiama il cavaliere “sènier”. Analizziamo il caso: Singolare Caso retto SENIOR > sire (variante francese) \ sénher (in occitano, la e prende l’accento come in latino) Caso obliquo: SENIOREM > sehiòr Plurale Caso retto SENIORI > senhòr Caso obliquo SENIORES > senhòrs Potremmo trovare anche la parola scritta anche così: AMICS oppure AMIX. Questa x viene utilizzata come una sorta di abbreviazione poiché quando leggiamo amics, leggiamo la cs come una X. Dunque nei testi succede che l’unione di C ed S (che sottolinea il caso retto di quella parola), viene scritto come una X. Potremmo trovare anche la parola scritta SAINTS oppure SAINZ o SAINTS. Questo accade per lo stesso motivo spiegato sopra. Diciamo che questo fenomeno, avviene soprattutto poiché al tempo, non vi era una grafia unica per scrivere le parole; dunque è probabile che nei testi troveremo parole uguali ma scritte con qualche differenza. I SOSTANTIVI FEMMINILI Anche questi si dividono in tre classi. La prima e la seconda classe si comportano nello stesso modo, mentre la terza è più complessa poiché anch’essa contiene degli imparisillabi. I sostantivi femminili, non rispettano la declinazione bicasuale. Analizziamo il fenomeno Singolare Caso retto: AMICA > amie\ amiga Caso obliquo: AMICAM > amic\ amiga Per evoluzione fonetica, i due sostantivi amica – amicam, corrispondono Plurale: AMICAE > amie\ amiga Caso retto: AMICAS > amics \ amigas La S la ritroviamo soltanto al plurale. Dunque per i sostantivi femminili, non si fa la differenza tra caso retto e caso obliquo poiché come dimostrato, non c’è mai una S al nominativo ovvero al caso retto singolare, la ritroviamo solamente nel caso obliquo plurale. Dunque per semplificare, non si fa la differenza tra caso retto e caso obliquo poiché la S si mette soltanto al plurale. Se troviamo una S vicino ad un sostantivo femminile, indica semplicemente, che il sostantivo è plurale. Con l’evoluzione della lingua, anche questa declinazione bicasuale, scomparirà. In francese ad esempio, si utilizzerà la S finale, soltanto per indicare il plurale. Dunque questa declinazione bicasuale, è stata presente sino al XIII secolo. Già nel 1400, nei testi francesi, non troviamo più questa declinazione bicasuale o quanto meno la troviamo come reminescenza delle regole grammaticali precedenti. Anche nei sostantivi femminili, come detto, ci sono gli imparisillabi anche se sono molto pochi. Quelli che abbiamo trovato nei testi, sono fondamentalmente due: SOR – SEROR (parola presente nel “Gatto rosso di Guglielmo IX) Singolare D + J palatalizza in modo estremo arrivando alla vocale I) > JOI (caduta della U finale per apocope) La seconda ipotesi di questa parola, si spiega attraverso la lenizione di D anche se non risulterebbe essere corretta. GAUDIUM> GAUDIU > JAUDIU > JODIU > JOIU (ABBIAMO LA LENZIONE DI D)> JOI La parola GIOIA in italiano, risulta essere un prestito dell’antico francese. COMPITI PER CASA ARBOREM > ALBERO in italiano ARBRE in occitano ARBOL in spagnolo antico VIVERE > VIURE in occitano VIVRE in francese VIVIR in spagnolo SOMNIUM > SONGE in francese antico SOMPNI in occitano SUENO in spagnolo SOGNO in italiano PARABOLA > PARAVOLA (latino volgare) > PARAULA in occitano PALABRA in spagnolo PAROLA in italiano CULTELLUS > COLTELLO in italiano COUTEL\ COUTELH in occitano ed antico francese CUCHILLO in spagnolo 20\11\2020 GLI ARTICOLI Gli articoli in latino non esistevano perché in effetti, l’articolo era contenuto nella desinenza del sostantivo, la determinazione del sostantivo in una frase, veniva creata dalla desinenza. Nel passaggio dal latino alle lingue romanze, l’evoluzione del latino vede il cambiamento delle desinenze che non riescono più a sopperire alla giusta determinazione del sostantivo all’interno della frase, ecco dunque che nascono gli articoli DETERMINATIVI ovvero quelli che determinano il ruolo del sostantivo all’interno della frase. Vediamo l’evoluzione: FRASE LATINA: Petri domus FRASE ITALIANA: La casa di Pietro. Rispetto al latino, abbiamo inserito l’articolo determinativo e la preposizione. Gli articoli determinativi romanzi nascono dagli aggettivi dimostrativi latini che erano: HIC, HAEC, HOC che significavano QUESTO ISTE, ISTA, ISTUD che significavano CODESTO ILLE, ILLA, ILLUD che significavano QUELLO IPSE, IPSA, IPSUD che significavano STESSO L’aggettivo dimostrativo latino che dà vita all’articolo determinativo nelle lingue romanze è ILLE, ILLA, ILLUD. Tutti gli articoli delle lingue romanze, derivano da questi aggettivi latini. I dimostrativi latini avevano la funzione di sottolineare il grado di lontananza o vicinanza dell’oggetto. Ma ad un certo punto, con il passaggio dal latino alle lingue romanze, nei testi in latino volgare si nota un uso frequente di questi dimostrativi e questo ha determinato il fatto che pian piano hanno cominciato a perdere il loro significato originario e dunque cambia la loro funzione grammaticale che non è più quella di delineare la lontananza o vicinanza dell’oggetto ma è quella di determinare l’oggetto in questione, ecco perché nascono gli articoli DETERMINATIVI. Così come i sostantivi, anche gli articoli si basano sull’accusativo latino. Parliamo della formazione degli articoli nelle lingue romanze partendo dall’italiano. Per l’italiano dobbiamo ricordare la formazione dell’articolo determinativo MASCHILE: IL e LO. Partiamo da LO che è l’articolo determinativo più antico che si forma prima dell’articolo IL. Questo articolo, LO, deriva dall’aggettivo dimostrativo latino ILLUM. Vediamo l’evoluzione: ILLUM > ILLU (caduta della M finale) > ILU (scempiamento delle geminate)> LU (aferesi di I) > LO (la u finale si trasforma in O). LO deriva dalla seconda parte di ILLUM Particolare è la formazione più tardiva dell’articolo IL. Sulla creazione di questo articolo, ci sono TRE TESI. PRIMA TESI Secondo alcuni critici IL si forma dalla prima parte dell’aggettivo dimostrativo latino ILLUM. Il passaggio è lo stesso del primo tranne che per il cambiamento della U in O ILLUM > IL SECONDA TESI Da ILLUM abbiamo LO e dall’elisione di LO che diventa L’ e con l’elisione di questo apostrofo che viene reinterpretato come I, nasce IL. TERZA TESI IL deriverebbe dal nominativo ILLE incrociato con il relativo QUI. Quindi è una fusione dalla quale nasce ILLI e dalla prima parte di ILLI nasce IL. Per quanto riguarda lo spagnolo, l’articolo EL deriverebbe da ILLUM, dunque, dalla prima parte di ILLUM deriva EL. L’articolo LA spagnolo deriva dalla seconda parte di ILLAN. Un po' più complicata è la questione degli articoli in occitano antico ed in francese. Anche gli articoli francesi ed occitani seguono la declinazione bicasuale. FRANCESE: Il caso retto dell’articolo IL, in francese era LI. VIVERE > VIVIR (cambio morfologico in ER in IR). SOMNIUM > SUENO in spagnolo SOMNIUM > SOMNIU > SUEMNIU (la O dittonga e diventa UE) > SUENJU (palatalizzazione del nesso consonantico primario MN. Questa palatalizzazione avviene nello stesso momento della riduzione dello iato che produce anche quella una palatalizzazione) > SUENU > SUENO. SOMNIUM > SOGNO in italiano SOMNIUM > SOMNIU > SOMNJU> (il primo elemento dello iato diventa J) > SOGNU (la J palatalizza il nesso consonantico MN che diventa GN) > SOGNO ( la U diventa O). SOMNIUM > SOMPNI in occitano SOMNIUM > SOMNIU > SOMNI > SOMPNI SOMNIUM > SONGE in francese SOMNIUM > SOMNIU > SOMNJU > SONGU(la grafia cambia completamente poiché i fenomeni di riduzione e palatalizzazione)> SONGE (la U cade per apocope e viene sostituita da una E d’appoggio). PARABOLA > PARAULA in occitano PARABOLA > PARAVOLA (lenizione della consonante intervocalica B) > PARAVLA (la O cade per sincope) > PARAULA (la V cambia foneticamente in U) PARABOLA > PALABRA in spagnolo PARABOLA > PALABORA (fenomeno di METATESI tra R e L) > PALABRA (la O cade per sincope) PARABOLA > PAROLA in italiano (ha la stessa evoluzione dell’occitano) PARABOLA > PARAVOLA > PARAVLA > PARAULA (la V si vocalizza) > PAROLA (la AU viene monottongata e diventa O). CULTELLUS > COLTELLO in italiano CULTELLUS > CULTELLU > COLTELLU (la U diventa O) > COLTELLO CULTELLUS > COUTEL in francese CULTELLUS > CULTELLU > CULTELL (U cade per apocope) > CULTEL > COULTEL (trasposizione grafica della U che in francese da sola si legge attraverso un suono ovulare ma anche attraverso un suono normale, come quello italiano e per differenziare i due suoni, la u detta in suono normale, si scrive OU) > COUTEL (si ha un’assimilazione grafica di L che cade). PAROLE PER CASA SOMNICULUM > SONELH in occitano SOLICULUM > SOLELH in occitano CONSILIUM > CONSELH in occitano CONSIGLIO in italiano CONSEIL in francese DOMINA > DOMNA in occitano DONNA in italiano DUENA in spagnolo DIRECTUM > DREG (pronunciato DREC) in occitano MULIEREM > MOILLER in antico francese MOLHER in occitano MUGLIER in napoletano MUJER in spagnolo MULIER > MOGLIE in italiano MANDUCARE > MANJAR in occitano MANGER in francese MANGIARE in italiano CAMERA > CAMBRA in occitano CHAMBRE in antico francese CAMERA in italiano CAMERA in spagnolo PIPER > PEBRE in occitano POIVRE in francese PIEDE in italiano DIURNUM > JORN in occitano JOUR in francese GIORNO in italiano CATTUM > GATTO in italiano CAT \ GAT in occitano CHAT in francese VIRIDIARIUM > VERGIER in occitano e francese VERZIERE in italiano N.B In quanto alla parola CATTUM possiamo dire che è l’etimo latino ma già in latino, si usavano due varianti: CATTUM appunto e GATO che è una variante semitica che presenta una lenizione all’inizio parola (G). In quanto all’occitano che prevede la variante GAT, probabilmente deriva anche lei dalla variante semitica GATO così come l’italiano. Mentre per le altre lingue, la parola gatto deriva dall’etimo latino CATTUM. 26\11\2020 I COMPARATIVI E I SUPERLATIVI I comparativi Esempio: Luca è più alto di Mario 1. Il comparativo in latino si faceva aggiungendo il suffisso IOR alla fine dell’aggettivo. Esempio: ALTERUS ---- ALTERIOR In latino l’avverbio si poteva formare in TRE modi, a seconda degli aggettivi. 1. Se gli aggettivi appartenevano alla prima classe degli aggettivi come CERTUS, per formare l’avverbio, si toglieva la desinenza US e si aggiungeva E. Quindi: CERTUS diventa CERTE. 2. Se gli aggettivi appartenevano alla seconda classe degli aggettivi come FORTIS, si toglieva la desinenza IS e si aggiungeva ITER. FORTIS diventa FORTITER. 3. L’avverbio si poteva creare anche attraverso una perifrasi, si forma attraverso l’aggettivo in questione seguito dal sostantivo MODUS. LENTUS + MODUS (entrambi declinati alla forma ABLATIVA) che diventa LENTO MODO. L’ultimo modo, era applicabile a tutti gli aggettivi. Nelle lingue romanze, il modo di formare gli avverbi, è quello della perifrasi e dunque parliamo del terzo modo (che ebbe più successo). Questo terzo modo tuttavia, aveva uno svantaggio poiché questa perifrasi, evolve in questo modo: i due sostantivi (ad esempio lento modo) si uniscono diventando una parola sola e dunque LENTO MODO diventa LENTOMODO. Dunque modo che prima era una parola unica, diventa un suffisso. Nel momento in cui si fondono, si ha un problema di accentuazione poiché modo poeta un accento breve sulla O (la regola dei polisillabi latini dice che quando la parola termina con un accento breve, l’accento tonico doveva arretrare sulla sillaba precedente, si ha dunque il seguente caso: LENTO’MODO). Dunque il parlante, doveva porsi il problema di dover cambiare la posizione dell’accento. Tuttavia, per semplificare il problema, MODO fu sostituito dal suffisso MENTE (declinato all’ablativo e l’accento tonico cade sul suffisso) che deriva dal sostantivo MENS-MENTIS (nome femminile). MENTE era il giusto suffisso poiché era un suffisso tonico poiché aggiunto all’aggettivo, conserva l’accento lungo e per la regola dei polisillabi, se la sillaba è lunga, è lì che cade l’accento. Tuttavia, anche in questo caso vi è un problema ovvero quello di trasformare l’aggettivo dal maschile al femminile (ma in realtà questo avviene in modo inconsapevole e dunque non possiamo parlare di una vera e propria difficoltà). Semplifica la pronuncia delle parole seguite dal suffisso mente poiché non deve ricordarsi di spostare l’accento. IL SISTEMA VERBALE Era un sistema verbale molto complesso ma con il passaggio alle lingue romanze, si semplifica. In realtà il sistema verbale, nonostante si sia semplificato, rimane nelle lingue romanze comunque complesso. Le lingue romanze hanno un sistema verbale molto simile tra loro. Nel sistema verbale delle lingue romanze, si sono mantenute le desinenze, solo il francese ha bisogno di utilizzare una particella pre-verbale (pronominale) che deve sempre accompagnare il verbo; questo perché ci sono alcune persone verbali che si pronunciano alla stessa maniera, dunque il suono è sempre lo stesso. Quindi se non mettiamo una particella pre- verbale, non si capisce a quale persona si sta facendo riferimento. Analizziamo il caso: Je parle Tu parle Il parle. Queste tre persone si pronunciano allo stesso modo. Il sistema verbale delle lingue romanze, è articolato come era articolato quello latino anche se c’è stata una semplificazione, una serie di cambiamenti che ha portato da un lato attraverso la soppressione di forme latine che non esistono più e dall’altro attraverso la creazione di nuove forme verbali che non esistevano in latino. L’analogia è un importante fattore che ha contribuito alla semplificazione del sistema verbale che ha permesso di eliminare irregolarità nelle forme verbali portando quindi a regolarizzare interi tempi verbali. Analissiamo il caso: ESSE (verbo essere in latino)- (verbo irregolare) > ESSERE (trasformazione per analogia) POSSE (verbo potere) – (verbo irregolare) > POTERE (trasformazione per analogia) Il verbo latino, come quello romanzo era coniugato ovvero ricorreva a desinenze oppure a tempi diversi per esprimere le varie funzioni delle voci verbali. Analizziamo il caso: AMO (la desinenza è O). La desinenza ci dà tante indicazioni; ci dà informazioni sul soggetto che è la prima persona singolare tempo presente. Dunque la O di amo, la ritroviamo solamente nella prima persona del presente indicativo. Ecco a cosa serviva la desinenza ovvero a darci informazioni sul verbo. Allo stesso modo, le desinenze latine ci davano informazioni su differenti aspetti:  Persona: 1, 2 ,3 persona  Numero: singolare o plurale  Tempo: presente, passato, futuro  Aspetto del verbo: perfettivo o imperfettivo  Modo: indicativo, congiuntivo, imperativo  Voce: attiva, passiva o deponente. Queste sono tutte informazioni che ci venivano date dalle desinenze latine. Tutte queste categorie trovano riscontro nelle lingue romanze, tranne qualcuna. Una di queste è l’aspetto del verbo (perfettivo o imperfettivo). In latino per aspetto si intendevano i diversi modi di concepire l’azione espressa dal verbo (la durata, la compiutezza o la ripetitività). Questa nozione così importante in latino, oggi viene confusa con il concetto di tempo. Analizziamo il caso: Giovanni cantava Giovanni cantò. In primo luogo si tratta di due azioni del passato. Tuttavia, il primo enunciato esprime un’azione duratura e dunque incompiuta. Il secondo enunciato esprime un’azione finita, compiuta dunque si parla di un aspetto PERFETTIVO. Nel secondo caso, immagino Giovanni che ha finito di cantare la canzone mentre nel primo enunciato, immagino Giovanni che continua a cantare e dunque si sta parlando di un’azione incompiuta e che quindi esprime un aspetto IMPERFETTIVO. Tant’è vero che cantava corrisponde all’imperfetto italiano che viene chiamato così poiché si rifà all’aspetto imperfettivo del latino. In latino, la nozione di aspetto imperfettivo e perfettivo, era molto importante tuttavia nel passaggio alle lingue romanze, si è sostituito l’aspetto (perfettivo o imperfettivo) con la nozione di tempo. Un’altra categoria che manca nel sistema verbale romanzo, è la voce deponente. Nel nostro sistema verbale parliamo soltanto della voce attiva e passiva. La voce deponente in latino, svolgeva la funzione di voce media (voce tra attivo e passivo). Si tratta di una categoria che genera l’azione e ne genera essa stessa gli effetti dell’azione. Questa corrisponde all’uso riflessivo del verbo nelle lingue romanze. Esempio: Je - ais Tu - ais Il - ais Nous - ions Vous - iez Ils - aient Dunque il francese si è creato delle desinenze fisse che sono le stesse per ogni coniugazione. 27\11\2020 PERFETTO INDICATIVO LATINO Il passato remoto è uno dei tempi più complessi. In latino si riconosceva il perfetto per l’inserimento di una consonante. Si aggiungeva al tema del presente, una W (si legge uo). Analizziamo il caso: AMAT (presente) ---- AMAVIT Un altro modo di formare il latino, era quello di modificare la vocale tonica con un’altra vocale. Analizziamo il caso: FACIO (presente) ---- FECIT Un altro modo di formare il perfetto latino, era anche quello di modificare una consonante. Analizziamo il caso. MITTO (presente)---- MISI Sono chiamati verbi forti quei verbi che al passato remoto hanno l’accento sulla radice. Esempio: Io séppi, io ébbi Sono chiamati verbi deboli quei verbi che al passato remoto hanno l’accento tonico sulla desinenza Esempio: Cantài, dormìi Con il passaggio dal latino alle lingue romanze abbiamo delle semplificazioni che comportano anche la perdita di alcuni tempi verbali come: il congiuntivo imperfetto che è stato sostituito da una nuova forma, l’indicativo più che perfetto, il participio futuro, infinito perfetto e passivo ed il futuro che nel passaggio è stato COMPLETAMENTE RINNOVATO. COME NASCE IL FUTURO ROMANZO? Abbiamo detto che il futuro latino scompare e ovviamente viene sostituito da un altro modo per fare il futuro. All’inizio si è ricorso all’uso del presente accompagnato da un avverbio temporale (soluzione che utilizziamo ancora oggi nella lingua di comunicazione). Dunque PRIMO MODO: presente indicativo + avverbio di tempo Esempio: Domani vengo da te (il verbo è coniugato al presente e poi abbiamo l’inserimento dell’avverbio di tempo) SECONDO MODO: si utilizza una perifrasi formata da tre verbi che implicano dovere e intenzione (VOLEO, DEBEO O HABEO) coniugati al presente + il verbo all’infinito che vogliamo mettere al futuro. Esempio: VOLEVO + CANTARE (voglio cantare) DEBEO + CANTARE (devo cantare) HABEO + CANTARE (ho da cantare) Di queste tre perifrasi, quella che ebbe più successo fu HABEO + verbo all’infinito. Questa perifrasi ha subito un’evoluzione fonetica. 1. Abbiamo innanzitutto una POSPOSIZIONE DEGLI ELEMENTI dunque: Da HABEO CANTARE si passa a CANTARE HABEO. 2. Poi le due forme vengono unite diventando una forma sintetica CANTARE HABEO diventa CANTAREHABEO. 3. Successivamente questa forma sintetica, diventerà:  CANTERO (in italiano)  CHANTERAI (in francese)  CANTARE’ (in spagnolo)  CANTAREI (in portoghese)  CANTARAI (in occitano) Questa evoluzione del futuro, è avvenuta molto lentamente. In spagnolo antico ad esempio, questa perifrasi risultava ancora essere staccata. Esempio: Pedir\vos\hé (vi chiederò) che corrisponde a Vos pediré (spagnolo moderno) Anche in occitano antico abbiamo ancora questo infinito sotto forma di perifrasi. Esempio: Lausar\vos\an (vi lauderanno) IL CONDIZIONALE Segue il modello perifrastico del futuro basato sempre sul verbo avere ma in questo caso si utilizza al passato e l’infinito del verbo in questione. Quindi abbiamo infinito + verbo avere al passato. Esempio: CHANTER (in francese) – ais, ais, ait (Queste desinenze future, derivano dalle desinenze dell’imperfetto) Rispetto al francese che ha usato l’imperfetto del verbo avere, l’italiano utilizza il perfetto latino del verbo avere. Esempio: CANTARE + HABUI dal quale deriva CANTEREI.  PIPER > PEPE in italiano PIPER > peper (la i breve diventa e)> pepe (cade la r) PIPER > PEBRE in occitano PIPER > peper (la i breve diventa e)> peber (la p diventa b poiché sonorizza)> pebre (la r prende il posto della e per metatesi) PIPER > POIVRE in francese PIPER > piber (lenzione della b) > piver(seconda lenzione della b che fricativizza) > poiver (dittongazione spontanea della i breve ) > poivre (metatesi di r). In questa parola troviamo tre fenomeni: dittongazione, lenizione e metatesi. PAROLE DA ANALIZZARE PER CASA SAECULUM > secolo in italiano Sieglo in antico spagnolo Siecle in francese CAPRIFOLIUM > chevrefueil in antico francese (si pronuncia cevrefuegl) HABERE > aveir in antico francese > avoir in francese moderno SPATHAM > espada in occitano Espee in antico francese ALTERUM > altro in italiano Autre in francese Otro in spagnolo CAELUM (si pronuncia chelum) > cielo in italiano COREM > cor in occitano Cuer in antico francese Cuore in italiano FRATREM > fraire in occitano POTERE > poder in spagnolo Pouvoir in francese DATE ESAMI 14 gennaio e 18 febbraio e 21 maggio 03\12\2020 CAPRIFOLIUM > (due accenti tonici: I breve e O breve) > CHEUREFUEIL (antico francese) CAPRIFOLIUM > Cheprifoliu (c+a palatalizza)> chevrifoliu (per il fenomeno di lenzione, il nesso consonantico PR trovandosi tra due vocali, dunque subisce il fenomeno di secondo stadio, dove la P fricativizza diventando V) > chevrefoliu (la i breve diventa e)> cheurefueliu (la vocale O breve, dà vita al dittongo UE)> cheurefuelju (nello iato la I diventa J) > cheurefueil (la J palatalizza in Il). HABERE > AVEIR > AVOIR HABERE > (dileguo della vocale H)> avere (lenzione della B da sonora diventa fricativa) aveire > (dittongazione della E lunga) > aveir (caduta per apocope della E finale perché in francese, l’infinito perde per apocope la vocale finale) > avoir (il dittongo EI diventa OI) SPATHAM> ESPADA (in spagnolo) > espee (francese antico che si forma dallo spagnolo) SPATHAM> espatha> espata > espada> espàa (la d per il secondo fenomeno di lenizione, si dilegua) espea (la A diventa E poiché in francese la A tonica palatalizza diventando E > espee (la seconda A diventa E perché è finale poiché in francese la A finale, appunto diventa E)> espe (in francese moderno in cui si ha una semplificazione del nesso consonantico latino che prevede la caduta di una E ma l’aggiunta di un accento). ALTERUM > AUTRE (in francese) ALTERUM > alteru (caduta della M) > alter (cade la U per apocope)> altr(caduta per sincope della E)*> altre (il nesso consonantico, essendo difficile da pronunciare, viene accompagnato dalla E)> autre (processo di vocalizzazione, in cui una consonante diventa una vocale, solitamente la L diventa U) ALTERUM > OTRE (in spagnolo) ALTERUM > alteru (caduta della M) > altero (la u finale in spagnolo diventa O)> altro (la E cade per sincope) > autro (anche in spagnolo la L vocalizza in U)> otro (il dittongo AU in spagnolo diventa O). * Non c’è stata un’inversione ma vi è stata la caduta di E per sincope perché in tutte le altre lingue c’è stata la sincope. Nell’evoluzione dall’etimo latino a quelli romanzi, si seguono quasi sempre, gli stessi fenomeni (infatti, sia in francese che in italiano, abbiamo avuto lo stesso fenomeno della sincope; dunque anche il francese abbiamo lo stesso fenomeno e non quello dell’inversione). CAELUM > CIELO in italiano CAELUM > caelu (caduta della M) > caelo (la vocale finale U diventa O) > celo (il dittongo latino AE diventa E)> celo (avviene una palatalizzazione tra C+ E (si pronunciaTSELO) che graficamente non viene segnata) > cielo (dittongazione vocale tonica aperta E per dittongazione spontanea) Il francese segue la stessa evoluzione dell’italiano soltanto che prevede la caduta della O finale. COREM > CUER (in antico francese) COREM > core (caduta della M finale)> cuere (la o dittonga perché è in sillaba aperta diventando U; ATTENZIONE: la O dittonga in francese soltanto se questa è in sillaba aperta)> cuer (la e cade per apocope). COREM > COR (in occitano) COREM > core > cor (qui la O non dittonga poiché in occitano non abbiamo la dittongazione). COREM > CUORE COREM > core > cuore (la O dittonga per dittongazione spontanea) La dittongazione condizionata invece, avviene soltanto con lo spagnolo in cui la O può dittongare anche se si trova in sillaba chiusa, è il caso di FERRUM che in spagnolo diventa HIERRO così come anche di PORTAM che in spagnolo diventa PUERTA (come
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