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Il Secolo lungo e la Prima rivoluzione industriale, Appunti di Storia Contemporanea

Una panoramica storica del Diciannovesimo secolo, diviso in tre fasi, e della Prima rivoluzione industriale. Si parla delle conseguenze sociali ed economiche della rivoluzione industriale, dell'urbanizzazione, dell'aumento dei trasporti e dell'aspettativa di vita. Inoltre, viene descritta la rivoluzione americana e le cause della Dichiarazione d'Indipendenza. utile per gli studenti di storia e di scienze sociali.

Tipologia: Appunti

2023/2024

In vendita dal 08/02/2024

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Scarica Il Secolo lungo e la Prima rivoluzione industriale e più Appunti in PDF di Storia Contemporanea solo su Docsity! 1 Le grandi rivoluzioni Il Diciannovesimo secolo o “Secolo lungo” dura più di cento anni, e va da una rivoluzione, quella francese, a quella russa. In realtà si potrebbe dire che la Rivoluzione francese sia una conseguenza dei principi egualitari promulgati con la Dichiarazione d'indipendenza americana. Il Secolo lungo si divide in tre fasi: • L’età delle rivoluzioni dal 1789 e il 1848; • L’età del capitale, con lo sviluppo dei primi partiti e delle prime ideologie, andando dal 1848 al 1875; • L’età degli imperi, con la diffusione dell’imperialismo e lo sviluppo del settore bellico pesante e di quello chimico, per conquistare aree che fino a quel momento non appartenevano a nessuno: fino a quel momento il colonialismo non era altro che la conquista di alcuni empori centrali, ma con le innovazioni tecnologiche dei trasporti ci si espanse all’interno del continente africano. La ripartizione avviene con la Seconda Conferenza di Berlino del 1874, voluta da Bismarck. Le potenze europee cominciano ad avere attriti fra di loro, arrivando a esplodere le une contro le altre nel 1914. Qui si chiude la storia dell’Ottocento e inizia quella del Novecento. Chiamato anche Il Secolo breve o l’Età degli estremi, il novecento si divide in questi periodi: • La seconda guerra dei Trent’anni, che ha a che fare con lo sviluppo delle religioni civili e va dal 1914 al 1945; • La Golden Age, dal 1945 al 1973, che rappresenta un’età dell’oro per il sistema occidentale; • L’età del disordine, coincidente con il declino occidentale e che andrebbe dal 1973 al 1991 o fino al 2017; La prima rivoluzione industriale Si sviluppa tra la seconda metà del Settecento e la prima metà dell’Ottocento, a cui segue la Seconda rivoluzione industriale: si passa da un domestic system (mercantilismo locale) al factory system (liberalismo, ovvero una teoria economica per cui la ricchezza di una nazione si determina dal libero commercio che essa ha con le altre nazioni, a differenza di quanto sostenevano gli economisti francesi, secondo cui si doveva basare su termini fisiocratici). Gli inglesi mettono in primo piano le nuove scoperte tecnologiche, che vengono fatte nel settore tessile: esso è il primo campo industriale a essere migliorato grazie alle numerose invenzioni di tecnici britannici. C’è uno sviluppo multiplo della tecnologia grazie a invenzioni quale il motore a vapore (che rivoluziona i trasporti ) del 1712 e al telaio idraulico del 1785. Si hanno due nuove classi sociali e una di esse detiene il potere industriale: la classica media, o gentry. I proprietari terrieri che diventano anche i proprietari della fabbrica: decidendo di costruirle sui loro terreni, diventano imprenditori moderni. Nasce anche la classe operaia, formata dagli ex contadini. La nascita della classe media Nel 1690 era già intervenuta la filosofia, con Locke e la separazione moderna dei poteri nell’opera Two Treatises of Government. Esso promulga la creazione e la suddivisione dei seguenti poteri: 1. Il potere esecutivo: affidato a una figura che si sostituisca al sovrano o alla sovrana (almeno nella pratica); 2. Il potere giudiziario: detenuto dai magistrati; 3. Il potere legislativo: che appartiene al Parlamento, suddiviso in due camere diverse;  Fine Ancient Regime Nel 1717 si ha l’origine della massoneria a Londa in base ai principi dell’illuminismo: la classe media si unifica in cosiddette società segrete che vanno a minare clandestinamente il potere della Monarchia. Nel 1776 si assiste alla nascita del liberismo con Adam Smith e la pubblicazione di An inquiry into the Nature and Causes of the Wealth of the Nations. Si assiste anche alla crisi della religione cristiana, con la diffusione del deismo, con il quale si crede all’esistenza di una forza superiore, ma senza identificarla precisamente o all’interno di culti specifici. Quali sono le conseguenze della Prima rivoluzione industriale? • Un aumento demografico e dell’aspettativa di vita nonostante la presenza di malattie endemiche come il tifo, il colera e la tubercolosi: detto ciò, le condizioni igienico - sanitarie era migliorate, sempre ricordando che sistemi come quelli fognari non esistevano; 2 • C’è un aumento dell’urbanizzazione a nascita delle periferie malfamate, siccome gli operai sono costretti a vivere vicino alle fabbriche: si parla dei cosiddetti rotten boroughs. • Si vede anche un aumento dei trasporti via terra (con la locomotiva) e via mare (con il battello): l’invenzione dei motori permette di arrivare in aree dove i cavalli non potevano arrivare, come la Foresta amazzonica o il Congo centrale (vedi la lezione del Marchesini sulle cause dell’imperialismo e della Prima guerra Mondiale). La rivoluzione americana Anni prima della Dichiarazione di indipendenza si era arrivati a una serie di screzi tra le tredici colonie americane (Maine, Vermont, New Hampshire, Maryland, Rhode Island, Georgia, Massachusetts, Connecticut, Virginia, North e South Carolina, New Jersey e New York) e le autorità inglesi. Questi screzi iniziano sopratutto a Boston. • Nel 1770 cinque coloni sono uccisi dall’esercito inglese a Boston: si parla di coloni, non di cittadini liberi, ma di persone che dipendono dalla madrepatria. Le colonie britanniche avevano aiutato pesantemente la Gran Bretagna contro la Francia, durante la guerra dei sette anni (garantiva il controllo dei Caraibi), tuttavia non sono soddisfatte per come si stanno gestendo i rapporti e le tasse inglesi pesano troppo sul portafoglio degli americani (queste tasse erano fatte sul commercio tè). Un altro fatto fu il Pine Tree Riot del 1772, ovvero quando gli americani decisero di non fornire più il legno di pino necessario per costruire le navi inglesi, con uno scontro tra la Monarchia e le autorità locali. Nel 1773 si ha il Boston tea party in opposizione al Tea Act: segue nel 1776 la Dichiarazione d’Indipendenza (incredibilmente utopica), che segna l’inizio di un periodo di rivolta. Con la Dichiarazione d’Indipendenza non esiste ancora una costituzione o un’istituzione americana: tutte queste cose verranno dopo la fine della Guerra d’indipendenza contro i britannici.  Molti massoni inglesi dalle opinioni illuministe erano scappati in America perché perseguitati dalle autorità reali.  Nella Dichiarazione d’Indipendenza si parla di ricerca della felicità, non di felicità, siccome per Jefferson non era perseguibile in una realtà terrena => lo era la sua ricerca. • Tra il 1775 e il 1783 si ha la Guerra rivoluzionaria e l’esercito britannico si ritira dagli Stati Uniti. • Nel 1787 si ha la Costituzione degli Stati Uniti d’America (vattela a leggere). Alcune considerazioni sulla Rivoluzione americana L’esercito americano è il primo esempio nella storia moderna di milizia cittadina (non fatta da mercenari), addestrata da ufficiali francesi come (La Fayette): Gli americani non potevano possedere armi, infatti, e i francesi avevano interessi a supportarli per andare contro gli inglesi; le armi che venivano mandate erano di contrabbando e inviate in segreto. Per usare le armi, però, servivano appunti esperti di guerra che sapessero addestrare i cittadini. È importante analizzare questa frase “Gli stati fanno le guerre e le guerre fanno gli stati”: un atto di violenza, come un atto rivoluzionario, fa nascere nell’anima e nello spirito dei cittadini anche l’idea di una protezione dei nuovi confini nazionali, che sono i confini delle tredici colonie => nasce un’identità nazionale.  Tocqueville tenta di comprendere quali differenze intercorrono tra la Francia rivoluzionaria illuminista e le tredici colonie americane. Gli americani non hanno vissuto i medesimi trascorsi europei risalenti al Feudalesimo: religioni civili come il socialismo (prima religione civile poi ideologia politica) non trovano terreno fertile. La rivoluzione francese Nel maggio del 1789 sono convocati gli Stati Generali del popolo francese - nobili, clero e popolo - per affrontare la crisi economica dovuta a guerre e carestie: coloro che detengono le armi, che hanno la facoltà di insegnare e il terzo stato. (Joseph Sieyès “Che cos’è il Terzo stato). Dopo un mese nasce l’assemblea nazionale: un governo provvisorio guidato dal Terzo stato contro il potere della Chiesa e della monarchia francesi. Il Terzo stato è formato dai colletti bianchi di quell’epoca: intellettuali, avvocati, chimici e studiosi che andranno a comporre la nuova classe predominante dell’Ottocento. Si ha la nascita di un nuovo modello governativo e statale, dove il re deve regnare, non governare: si tratta di approvare una legge, non normare. Nel luglio 1789 si ha la presa della Bastiglia e viene abolito il feudalesimo. Nell’agosto del 1789 si ha la pubblicazione della Dichiarazione dei diritti dell’uomo e del cittadino di La Fayette, appartenente alla cosiddetta aristocrazia illuminata. Si tratta di una Dichiarazione dai caratteri profondamente illuministi e liberali: si pone in primo piano la libertà individuale e l’uguaglianza di ogni uomo, gli uni rispetto agli altri. La libertà d’opinione e di stampa sono il fondamento delle costituzioni liberali, anche l’emancipazione religiosa, come per la religione ebraica. Quest’ultima era perseguitata in particolare nello Stato pontificio, in Spagna, in Italia e in alcune regioni della 5 La prima espansione prussiana non è politica o militare, ma economica: nel 1834 si ha l’unione doganale tedesca, o Zollverein, tra Prussia, Assia - Kassel, Baviera, Württemberg, Sassonia e Turingia. La Prussia si estendeva fino alla Polonia e agli stati baltici. Mentre l’Italia compie un’unificazione di tipo militare e politico, quella della Prussia comincia da una matrice economica (Unione europea): l’unificazione doganale, comporta un’unificazione dei trasporti con le ferrovie. La Francia Carlo X è sostituito con Luigi Filippo, più vicino alle politiche liberalo del Parlamento francese. più vicino alle politiche liberali del parlamento e siamo in una fase di transizione, Osborn e l’età delle rivoluzioni che finisce al 1848 La Polonia Tra il 1830 e il 1831 la Polonia tentò di ribellarsi contro l’Impero russo, ma la rivolta fu repressa nel sangue. Il paese era stato spartito da Prussia, Austria e Russia nel 1795, dopo secoli dalla nascita della sua entità statale: il granducato di Polonia. I moti del 1848 La crisi rivoluzionaria del 1848 interessò gran parte dell’Europa continentale, anche a causa di alcuni elementi comuni presenti nei vari paesi; crisi economica del 1846-47, azione dei democratici, attesa di un nuovo grande sommovimento rivoluzionario. Simili furono anche i contenuti delle varie insurrezioni: richiesta di libertà politiche e di democrazia, e – in Italia, Germania e Impero asburgico – spinta verso l’emancipazione nazionale. La novità delle rivoluzioni del 1848 risiedette nella massiccia partecipazione dei ceti popolari urbani e nella presenza di obiettivi sociali accanto a quelli politici. Il centro di irradiazione del moto rivoluzionario fu la Francia. L’insurrezione parigina del febbraio portò alla proclamazione della repubblica, che ebbe all’inizio un indirizzo democratico-sociale. Le elezioni per l’Assemblea costituente dell’aprile ’48 sancirono la vittoria dei repubblicani moderati. L’insurrezione di giugno dei lavoratori di Parigi fu duramente repressa e segnò la svolta in senso conservatore della Repubblica, concretizzatasi in dicembre con l’elezione a presidente di Luigi Napoleone Bonaparte. In marzo il moto rivoluzionario si propagò all’Impero asburgico, agli Stati italiani e alla Confederazione germanica. A Vienna, Metternich dovette lasciare il potere e venne concesso un Parlamento dell’Impero. In Ungheria l’agitazione ebbe un accentuato carattere indipendentistico. Anche a Praga e negli altri territori della monarchia asburgica si estesero, sia pure in forma meno accentuata, le rivendicazioni di autonomia. La repressione militare della sollevazione di Praga (giugno 1848) segnò l’inizio della riscossa del potere imperiale, che utilizzò abilmente le rivalità tra gli slavi e i magiari. Dopo la repressione di una nuova insurrezione a Vienna (ottobre ’48), saliva al trono Francesco Giuseppe. La rivoluzione di Berlino portò inizialmente ad alcune concessioni da parte del re Federico Guglielmo IV; il movimento liberal-democratico conobbe però un rapido declino. In maggio, sulle spinta delle agitazioni e sommosse scoppiate nei vari Stati tedeschi, si era riunita a Francoforte un’Assemblea costituente con l’obiettivo di avviare un processo di unificazione nazionale tedesca. Il rifiuto da parte di Federico Guglielmo IV della corona imperiale offertagli dall’Assemblea di Francoforte nell’aprile ’49 segnò in pratica la fine di quest’ultima. All’inizio del 1848, e prima della rivoluzione di febbraio in Francia, negli Stati italiani c’erano forti aspettative di un’evoluzione interna dei vecchi regimi. La sollevazione di Palermo, in gennaio, induceva Ferdinando II di Borbone a concedere una costituzione; il suo esempio era subito seguito da Carlo Alberto, Leopoldo II di Toscana e Pio IX. Lo scoppio della rivoluzione in Francia dava nuova spinta all’iniziativa dei democratici italiani e riportava in primo piano la questione nazionale. A Venezia si proclamava la repubblica; a Milano, dopo “cinque giornate” di insurrezione contro le truppe di Radetzky, fu costituito un governo provvisorio. Il 23 marzo ’48 Carlo Alberto dichiarava guerra all’Austria, ottenendo l’appoggio del re delle due Sicilie, del granduca di Toscana e del papa, appoggio che sarebbe stato ritirato di lì a poco. I piemontesi, anche per la scarsa risolutezza con cui condussero le operazioni militari, vennero sconfitti a Custoza (luglio ’48) e costretti a firmare un armistizio. A combattere contro l’Impero asburgico restavano i democratici italiani (oltre a quelli ungheresi). In Sicilia resistevano i separatisti, a Venezia era proclamata di nuovo la repubblica, in Toscana si formava un triumvirato democratico, a Roma, dopo la fuga del papa (novembre ’48), si proclamava la repubblica. Nel marzo ’49 il Piemonte riprendeva la guerra contro l’Austria. Subito sconfitto a Novara, Carlo Alberto abdicava a favore del figlio Vittorio Emanuele II. I governi rivoluzionari 6 venivano sconfitti in tutta Italia: terminava la rivoluzione autonomistica siciliana, gli austriaci ponevano fine alla Repubblica toscana e occupavano le Legazioni pontificie, i francesi intervenivano militarmente contro la Repubblica romana. Gli ultimi focolai rivoluzionari a soccombere furono quelli ungheresi e veneto, in entrambi i casi per l’intervento asburgico. La causa fondamentale del generale fallimento delle rivoluzioni del ’48 va individuata nelle fratture all’interno delle forze che di quelle rivoluzioni erano state protagoniste: nei contrasti, cioè, fra correnti democratico-radicali e gruppi liberal- moderati. Aveva pesato inoltre, nel determinare la sconfitta delle esperienze rivoluzionarie italiane, l’estraneità delle masse contadine, che costituivano la stragrande maggioranza della popolazione. In Francia si accentuava, nel 1849, l’evoluzione della situazione politica in senso conservatore. Nel dicembre 1851 Bonaparte effettuò un colpo di Stato e riformò la costituzione. L’anno successivo un plebiscito sanzionava la restaurazione dell’Impero: Luigi Napoleone Bonaparte diventava imperatore con il nome di Napoleone III. L’ unità d’Italia In Italia, la “seconda restaurazione” – cioè il ritorno dei sovrani legittimi dopo il fallimento delle rivoluzioni del 1848-49 – bloccò ogni esperimento riformatore e frenò pesantemente lo sviluppo economico dei vari Stati, mentre veniva sancita l’egemonia austriaca nella penisola. Aumentava anche il fossato che separava i sovrani dall’opinione pubblica borghese, fenomeno evidente soprattutto nei due Stati che più perseguirono una politica repressiva e autoritaria: lo Stato pontificio e il Regno delle due Sicilie. Solo in Piemonte la situazione era diversa. Qui fu conservato il regime costituzionale; inoltre, superata la crisi legata alla ratifica del trattato di pace con l’Austria, venne intrapresa dal governo D’Azeglio un’opera di modernizzazione dello Stato, soprattutto nel campo dei rapporti con la Chiesa (leggi Siccardi). Nel 1850 Cavour entrava nel governo (come ministro dell’Agricoltura e Commercio) e, due anni dopo, diveniva presidente del Consiglio. Si affermava, così, un politico dai vasti orizzonti culturalil e dall’ampia conoscenza dei problemi economici, animato dalla fede nelle virtù della libera concorrenza e da un liberalismo pragmatico e moderno. Spostato a sinistra l’asse del governo (“connubio” con Rattazzi), Cavour pose mano anzitutto alla modernizzazione economica del paese, attraverso l’adozione di una linea liberoscambista, il sostegno dello Stato all’industria, la riorganizzazione delle attività creditizie, le opere pubbliche. La conservazione delle libertà costituzionali, lo sviluppo economico, l’accoglienza data agli esuli provenienti dagli altri Stati italiani fecero del Piemonte cavouriano il punto di riferimento per l’opinione pubblica liberale di tutta la penisola. Proseguiva instancabile, dopo le sconfitte del ’48-49, l’attività di Mazzini, volta al raggiungimento dell’indipendenza e dell’unità per via insurrezionale. I tragici insuccessi contro cui la sua strategia si scontrò fecero crescere i dissensi entro il movimento democratico. Si affacciava, soprattutto con Pisacane, un’ipotesi “socialista” di liberazione nazionale, che cioè facesse leva sulle masse diseredate del Mezzogiorno. Il tragico esito della spedizione di Sapri (1857) – dovuto soprattutto all’ostilità delle popolazioni locali – sollecitò l’iniziativa di quegli esponenti democratici che vedevano nell’alleanza con la monarchia sabauda l’unica possibilità di successo (nel 1857 si costituì la Società nazionale). Dopo aver ottenuto un successo diplomatico dalla partecipazione piemontese alla guerra di Crimea e alla conferenza di Parigi (1855-56), Cavour si convinse che era indispensabile l’appoggio di Napoleone III per scacciare gli austriaci dalla penisola. Favorito dagli effetti che l’attentato di Orsini ebbe sull’imperatore, strinse con questi a Plombières (1858) un’alleanza militare in vista della guerra contro l’Austria, che scoppiò nell’aprile dell’anno successivo. Le sorti del conflitto volsero subito a favore dei franco-piemontesi (la battaglia di Magenta aprì la via di Milano, ma gli austriaci furono respinti anche a Solferino e San Martino - la seconda guerra d’indipendenza). Ma l’armistizio di Villafranca – improvvisamente stipulato da Napoleone III – assegnava allo Stato sabaudo la sola Lombardia. Si dovè alla nuova situazione creata dalle insurrezioni nell’Italia centro-settentrionale se il Piemonte potè annettere anche Emilia, Romagna e Toscana pace di Zurigo. 1860: Cavour cede alla Francia la Savoia e Nizza. Rimanevano scontenti i democratici, che cominciarono a pensare a una prosecuzione della lotta attraverso una spedizione nel Mezzogiorno. Nel maggio 1860 Garibaldi sbarcò in Sicilia con mille volontari e, sconfitte le truppe borboniche a Calatafimi prima e a Milazzo poi, liberò Palermo e formò un governo provvisorio. Le aspirazioni dei contadini – desiderosi 7 anzitutto di una trasformazione dei rapporti di proprietà – causarono presto la fine del clima di concordia che aveva salutato i “liberatori”. Spaventati dalle agitazioni agrarie, i proprietari terrieri guardarono con favore all’annessione al Piemonte. Dopo lo sbarco di Garibaldi in Calabria e il suo ingresso a Napoli, divenne urgente per il governo piemontese un’iniziativa al Sud tale da evitare complicazioni internazionali e garantire alla monarchia sabauda il controllo della situazione. Dopo l’annessione di Umbria e Marche dopo la battaglia di Castelfidardo, il Piemonte iniziò la sua discesa verso il Sud. Con l’intervento dell’esercito piemontese e le annessioni, la liberazione del Sud veniva così ricondotta entro i binari della politica cavouriana ( plebisciti). Vittorio Emanuele II incontrava Garibaldi a Teano e il 17 marzo 1861 veniva proclamato re d’Italia. 10 Il positivismo è una corrente di pensiero fondata da Conte che aveva l’idea centrale che esponeva che con la ragione e il metodo scientifico si poteva conoscere la realtà, realizzata in ogni branca del sapere ⇒ concezione laica e pragmatica della cultura. Grazie alla nuova corrente di pensiero anche in campo scientifico industriale permise la nascita di nuove branche del sapere come • Elettrotecnica • Genética con Mendel • Microbiologia con Pasteur → vaccini e penicillina Vennero scoperti i raggi x in campo fisico e con marie curie la radioattività. Nella comunicazione si sviluppò il telegrafo con Morse e con Marconi il telegrafo senza fili; con Meucci e Bell nacque il telefono → discordia nel 2002 tra i cadaveri di Meucci e Bell. Col magnetismo si scattò la prima foto a colori con le tre lastre colorate messe su tre lastre sovrapposte. Con Edison si creò il cinema e fu creato il film con i fratelli Lumière. In ambito dei trasporti con Benz e il motore a scoppio delle prime automobili e fu riconosciuta l’età d’oro delle ferrovie, vennero costruiti la transiberiana e la transandina, perfezionati i trasporti marittimi e transatlantici con il titanic, permettendo il semplice scambio di merci e persone. Nel 1903 i fratelli wright fecero costruire il primo aereo. Con la conservazione di alimenti furono conservati in sottovuoto e con celle frigorifere La prima internazionale Con la crescita del proletariato industriale nacquero i primi partiti socialisti, i quali si concentrarono sulla distribuzione della ricchezza ⇒ la Prima internazionale sentenziò che la conquista del potere politico era permissibile tramite il controllo dei mezzi di produzione. I contrasti più grandi furono tra le ideologie marxiste e quelle di • Proudhon = no centralizzazione del potere • Mazzini = i mazziniani avevano una maggiore ideologia morale e religiosa per collaborazione tra capitale e lavoro • Lasalliani = non volevano agire nell'illegalità • Bakunin = fondatore dell’anarchismo, era necessario abolire tutte le istituzione politiche che non dovevano sottostare a un’autorità politica Lo stato segnava l’abolizione delle libertà dell’uomo, l’uomo deve liberarsi dalle varie giurisdizione giuridico politiche e all’interno delle classi operaie si doveva tenere conto del sotto proletariato. Con il congresso dell’Aia, nel 1872, ci fu la separazione definitiva e quattro anni dopo la prima internazionale fu sciolta La seconda internazionale e la chiesa Nel 1889 nacque la seconda, all’interno della seconda nacquero delle divergenze date dall’ideologia sull'interpretazione delle idee Marxiste: • Riformismo = riforme graduali che avrebbero causato un progresso col programma mimo • Massimalista = la rivoluzione avrebbe dovuto realizzarsi il prima possibile con il programma massimo • Revisionismo = con Besten nacque la necessità di rivedere le tesi di Marx, rinnegando la necessità di rivoluzione ma l’attuazione di riforme Caratterizzata dal pacifismo e durò fino al 1914 La chiesa cattolica era ancora contraria alle idee liberali e democratiche con la condanna di papa pio nono del liberalismo, socialismo e ateismo. Nacquero movimenti cattolici meno estremisti, con società di mutuo soccorso e società che sostengono moralmente ed economicamente i ceti meno abbienti.I più intransigenti bloccano lo sviluppo con i congressi senza successo. Con l’ascesa di Leone XIII conl’enciclica novarum denuncia lo sfruttamento salariale e la necessità di avere il diritto di proprietà e il dovere della chiesa di difendere le classi disagiati → cattolicesimo sociale e democrazia cristiana. La nascita dei partiti politici • Gran Bretagna Oltre al Liberal Unionist Party e al Conservative Unionist Party, ci sono altre forze politiche di matrice socialista come: il Cartismo, la Fabian Society e infine il Partito laburista. • Francia In Francia si ha un governo anarchico di due o tre mesi a Parigi (l’esperimento si chiama Comune di Parigi) e si trattava di un autogoverno dei parigini socialisti e anarchici. • Italia 11 In Italia oltre alla Destra e alla Sinistra storica, si sviluppano gli altri partiti che abbiamo visto prima e che pongono le basi per la nascita di quelle forze politiche che poi si infrangeranno con Tangentopoli. • Stati Uniti d’America I terzi partiti in America non hanno mai avuto un successo plebiscitario: ci sono i democratici e i repubblicani. Molti di questi partiti non hanno successo per il programma che vanno a costruire. • Germania • Nel 1863 si ha il sindacato generale dei lavoratori tedeschi; • Nel 1869 si ha il Partito socialdemocratico dei lavoratori; • 1875 si ha (recupera) 12 Le grandi potenze europee Francia La Francia di Napoleone ricalcava le forme del primo impero napoleonico, inaugurando il modello politico del bonapartismo, caratterizzato dalla legittimazione della forza delle armi, un centralismo autoritaro, una politica estera aggressiva e da una approccio tecnocratico, il quale vedeva nel trionfo della tecnica un modo per raggiungere il bene comune . Questo si basava su un vasto consenso popolare, sia da parte dei contadini ceh da parte della piccola e grande borghesia, attiva e influente quanto mai lo era stata prima. La politica estera aggressiva si era vista con la guerra di Crimea e la guerra contro l’impero austriaco Guerra di Crimea Difesa dell’impero ottomano a scapito dell’espansionismo russo, nel 1854 l’esercito anglo francese + l’esercito piemontese penetrano nel mar nero ➔ caduta di sebastiopoli, neutralizzazione Del Mar nero e sovranità nominale della Serbia, Moldavia e Valacchia (successivamente Romania) Guerra contro l’Austria Supporto del Piemonte nel 1859 per al formazione dello stato italiano sotto la guida dello stato Sabaudo ➔ subentra all’austria come potenze egemone La comune di Parigi Battaglia di Sedan con successiva sconfitta della Francia porta il popolo francese a insorgere. Le difficoltà vengono delineate durante elezioni della nuova assemblea nazionale, 1871 viene chiamato a presiedere il governo Adolphe Thiers. Proprio quando vengono note le condizioni di pace imposte da bismarck, il popolo francese insorge, rifiuto di consegnare le armi ed elezioni del consiglio della comune, che diede il potere ai gruppi di esterema sinistra. Parigi diventa un esperimento di società socialista con potere che sta nelle mani del popolo: - Democrazia diretta - Milizia cittadina - Cancellate distinzioni tra esecutivo e legislativo Il tutto dura due mesi, il tempo di Thiers di ricompattare un esercito e di riprendere Parigi: 21 – 28 maggio: settimana di sangue La repubblica in Francia. Dopo la settimana di sangue la Francia non tardò a manifestare segni di ripresa. Solo grazie allle fratture di schieramento monarchico( Orleans e Borbone) si riusci ad ottenere la dittatura  costituzione della terza repubblica, camera eletto a suffragio universale e senato composto da membri vitalizi ed eletti per metà a suffragio universale. Il capo esecutivo veniva eletto a camere unite La Francia consolido le riforme democratiche, laicizzo lo stato e rese obbligatoria l’istruzione obbligatoria e nero 1880. Concesse l’anistia per i comunardi incarcerati. I poteri del psidente furono messi inn discussione da un a rende cxoruzzione diffusa in tutte le sfere del potere. La Germania Lo stato della Prussia La Prussia si stava facento forza trainante delo sviluppo industriale della lega degli Stati germanici, uniti fin dal 1830 con la lega doganale. L’espansione industriale, tuttavia non fu appoggia fa una liberizzazione dell istituzioni ➔ sempre mantenuto il consetvatoriivsmo sociale, spicca la figura di Bismarck Battaglia contro l’austriua, scontro armato nel 3 luglio del 1866, guerra durata solo tre settimane. • Ceduto il veneto all’Italia • Nuovi problemi all’equilibrio dell’impero asburgico ➔ creazione impero austro—ungarico, divisione in parte austriaca e in parte ungherese con governi e parlamenti differenti sotto la stessa: compromesso del sessantasette Altro passo verso l’unificazione tedesca è la guerra franco prussiana. Il casus belli è la questione di successone del trono di Spagna, dove sarebbe stato coronato un lontano parente di Guglielmo I, causando tensioni con la Francia, le quali vengono esasperate fino al punto che la Francia, molto entusiasta ma scarsamente preparata, dichiara guerra alla Prussia lil 19 luglio del 1870. 15 Stati Uniti e Giappone, le nuove potenze Società americana del 1800 in rapido sviluppo Il nord-est Società caratterizzata da un rapido sviluppo industriale; in quanto zona con gli og coloni era la zona più ricca valori base: capitalismo imprenditoriale Lavoratori: imprenditori, banchieri, e proletari Il sud Società agricola e profondamente tradizionalista con piantagioni di cotone e canne da zucchero. Il far west Società in rapida evoluzione,da insediamenti isolatidei pionieri si stavano iniziando a formare aziende stabili Valori base: iniziativa individuale, indipendenza uguaglianza delle possibilità Lavori: accusatori di bestiame e agricoltori I primi grandi conflitti dell’esercito americano sono contro le popolazioni native in tre grandi guerre contro la tribù deimonti appalachi e viene promulgato l’Indian removal act e i Nativi americani non possono più vivere li. Conflitto con il Mexico per la west coast e arrivano fino alla California. Mito della Gold Rush e la corsa dell’oro con obiettivo di andare li ,espansione del territori statunitense verso ovest fino alla fine dell’Ottocento della creazione di un loro impero coloniale che in parte hanno ancora oggi con PortoRico e l’isola di Guam. A fine ottocento con la guerra ispano americana fanno colonie nelle aree degli spagnoli con i Caraibi, Cuba ( dipendente fino al 59) Puerto Rico, Guam, che sono ancora protettorati americani e le Filippine. La guerra civile Le grandi differenze tra nord e sud si accentuarono fino a palesarsi in un forte contrasto .  L’idea della schiavitù, per esempio , non si conciliava con i valori democratici del nord, dove in voga era l’abolizione dello schiavismo. Inoltre, con l’espansione verso ovest dei confini e della sua urbanizzazione, si fece molto più importante l’industria meccanica. Si andava quindi contro le mire espansionistiche del sud, che pressava per espandere le piantagioni di canna da zucchero e di cotone nel far West, ma incontrava opposizioni dal nord e dal West, che volevano usare quelle terre per la coltivazione di cereali 1860 = Lincoln diviene presidente  Vittoria vista dagli stati dal sud come segno della vittoria degli interessi industriali e la progressiva emarginazione degli stati del sud che del 60 e marzo del 61 gli stati del sud si staccano e si riuniscono della confederazione indipendente GUERRA CIVILE TRA L’UNIONE E LA CONFEDERAZIONE NELL’APRILE DEL 1861 Gli stati sudisti contavano sull’appoggio della Gran Bretagna e sulla loro superiodità militare Si accorgono che possono contare sulle loro forze e si realizza che questa sarà una guerra lunga e dolorosa Mito della frontiera e del far west Manifest Destiny vs Sonderweg: missione storica dell’espansionismo americano per la diffusione globale della democrazia vs missione storica dell’espansionismo tedesco in Europa fino alla fine della WWII 16 La guerra finirà nell’aprile del l865, con la resa dei sudisti da parte del generale ulysses La guerra civile può essere definita come la prima guerra totalizzante dei nostri tempi, grazie ai nuovi mezzi e alle nuove armi che son stati frutto del progresso tecnologico e industriale. Per vincere la guerra, tuttavia, i nordisti si fecero anche appello a programmi presidenziali I. 1862: legge che assegnava quote di terre a chi lo chiedeva e nel 1863 venne abolita pochi anni dopo la fine della guerra • Liberazione degli schiavi = sempre razzismo Il sud fu sottoposto a un rigido regime di occupazione Forze e reazioni reazionarie,venne creato il gruppo del KKK Fu reintegrato poi negli anni 70 del1800, con conseguenza il ritorno della supremazia bianca è discriminazione razziale Sviluppo industriale e la colonizzazione Periodo di espansionismo per gli Stati Uniti 1. Nel 1890 termina la conquista del far west e gli Stati Uniti raggiungono la loro forma odierna, portando al genocidio dei nativi americani e la reclusione dei sopravvissuti nelle riserve. 2. Nel 1895 poi ,intervenendo a favore di cuba in una guerra contro la Spagna, gli Stati Uniti ottennero il protettorato id Cuba, le Filippine e Portorico. Tre anni dopo, infine, fu il turno delle Hawaii Per aumentare la loro influenza e per impedire l’espandimento di quella degli europei, gli Americani, quando Napoleone III manddò in Messico Massimiliano d’Asburgo, supportarono le guerriglie messicane e nel 1897 i francesi se ne andarono. La dottrina Monroe La Dottrina Monroe è la prima strategia americana in politica estera riguardo all’esclusività di influenza culturale, economica e politica degli USA nel continente americano contro la Spagna in centro e sud America e la Russia nel nord America. L’America deve andare agli americani, Asia e Africa possono essere spartite tra europei. Nelle rivolte contro gli spagnoli, gli americani si astengono parlando di autodeterminazione dei popoli, ritenendo di essere stati i primi a farlo. Anche se viene dichiarata una certa neutralità, difatti si parteggia per le ex colonie spagnole: i movimenti di liberazione nazionali riescono a vincere anche per il supporto economico e militare che gli danno gli Stati Uniti, anche se in minima parte. Lo sviluppo industriale Dagli anni 60 gli Stati Uniti passarono sotto a un grande sviluppo capitalistico, divenendo un paese esportatore di beni industriali e capitali, grazie a un mercato interno in continua espansione, resa possibile dalle numerose migrazioni negli Stati Uniti ➔ concetto di melting pot di varie culture: inizio del novecento in America gli italiani iniziano a sostituire gli è irlandesi, che coprono mansioni migliori, prendono il posto gli ebrei e i russi Nacque inoltre l’american Federation of laborò per i diritti dei lavoratori, senza però adottare strategie di classe o pensieri socialisti Lo sviluppo della classe operaia portano alla nascita dei sindacati, si sviluppano in Europa e negli Stati Uniti con la nascita di due grandi sindacati che hanno una associazione di operai enormi tarde Unione iniziate dagli immigrati, il 99 percento di immigrati italiani vanno a lavorare in fabbrica, esigenze della working class ⇒ eventi di repressione delle rivolte , Ludlow forze dell’ordine uccidono 19 ruote stanti e nove italiani Nacque la musica il jazz, e il charleston nei nightclub e negli appartamenti, emancipazione femminile. Insieme alla proibizionismo e illegalità monopolio e del contrabbando di alcolici, racket degli alcolici a. Criminalità organizzata b. Morti per etanolo e alcol non etilico Un ‘48 americano: la Astor Place Riot Nel maggio del 1849 la comunità irlandese di New York, che è gestita da una società segreta, Tammany Hall, che si proponeva di proteggere i diritti di tutti gli immigrati irlandesi, poi anche russi, italiani e tedeschi e che aveva come simbolo il berretto frigio: diventerà poi la macchina da guerra del Partito democratico di New York. La massa di immigrati fa una rivolta urbana anti - inglese: nel 1846 la carestia delle patate in Irlanda aveva causato il decesso di un quarto della popolazione, con un altro quarto emigrata. Questa si rivoltò contro gli americani di discendenza britannica, diretti dal Know Nothing Party (partito anti - immigrazione) che controllavano ancora la città. Si hanno 20 o 30 morti e circa 120 feriti. 17 c. Produttori di alcol falliscono Inizialmente accadde la stessa cosa al Giappone, organizzato secondo un rigidissimo schema feudale che vedeva al vertice il potere simbolico dell’imperatore (mikado) e quello concreto e forte degli shogun Tokugawa (dinastia di feudatari che da 200 anni guidavano l’Impero come sovrani assoluti); sotto di loro i daimyo, pochissimi grandi feudatari con enorme poteri; ancora sotto i samurai, piccola nobiltà in decadenza. Pochissime industrie, l’attività produttiva di maggior rilievo in Giappone era l’agricoltura (specie il riso). Cina e Giappone avevano retto per secoli nonostante i loro sistemi statici e arcaici, grazie al totale isolamento dal resto del mondo. 1854, gli Stati Uniti riuscirono a convincere lo shogun a firmare una serie di trattati commerciali che rompendo l’isolamento, aprirono ai mercanti occidentali anche i porti nipponici. La “restaurazione Meiji” e la nascita del Giappone moderno. Se la Cina, dopo i primi contatti con l’Occidente entrò in crisi, il Giappone reagì in maniera diversa: 1858, dopo la firma dei trattati ineguali i feudatari e i samurai guidarono una rivolta contro lo shogun, che fu destituito, e spostarono la capitale a Tokyo basando il nuovo ordine sul potere dell’imperatore ➔ restaurazione Meiji, ma intellettuali, militari e funzionari compresero il legame tra l’inferiorità politica e militare del Giappone e l’arretratezza delle sue strutture economico-sociali; decisero di colmare questa lacuna, lo fecero con rapidità e risolutezza. Il Giappone passò da sistema feudale a Stato moderno, abolendo feudalesimo, istituendo uguaglianza, istruzione elementare obbligatoria, esercito nazionale e sistema fiscale. La modernizzazione fu anche economica, in agricoltura e soprattutto in industria, grazie a elevati investimenti statali e acquisizioni di tecnologia straniera; le infrastrutture si svilupparono. Dal 1868 in avanti quindi il Giappone fu interessato da un fenomeno unico nella storia, una rivoluzione dall’alto, che in nessun modo coinvolse le classi inferiori nè portò allo sviluppo di istituzioni democratiche e liberali l’oligarchia feudale divenne oligarchia industriale. Contemporaneamente vennero mantenute tutte le antiche tradizioni. A fine ‘800 il Giappone era già una potenza mondiale 20 Le pressioni degli inglesi causarono una ritirata da parte dei boesi incentivati soprattutto dalla scoperta di diamanti e denaro nelle zone di Johannesburg Cecil Rhodes estese, per questo motivo, i regni del sud in un territorio chiamato Rhodesia (= Zimbabwe) → guerra anglo-boera la quale creò le strutture dei concentration camps per i boeri. , fautore del grande ordine inglese in Africa e dell’asse Capo- Cairo, che finì per circondare le due repubbliche boere piazzandosi anche nello Zambesi (poi Rhodesia). Attorno al 1885 molti inglesi si trasferiscono dai boeri quando sono scoperti giacimenti di oro nuove tensioni, anche perché tra inglesi e boeri c’erano visioni opposte della società, specie indigene. 1899: Kruger, presidente del Transvaal, dichiarò guerra alla GB ➔ \\\\\\\\\\\\\\\\ conflitto lungo e violento. Vittoria inglese dopo parecchi anni, ma i boeri ottengono statuti autonomi e di fatto collaborarono con Londra nella gestione e lo sfruttamento delle enormi risorse metallifere e minerarie dell’Unione Sudafricana. Intanto, le due repubbliche dei boeri, nel 1910 scomparvero. Il primo congresso di Berlino Durante il 1870, in tutta europa, ci furono una miriade di tensioni politiche, in quanto: • Francia = vendetta contro la germania • Austria vs Russia • Regno unito egemone Minacciato, allora, Bismarck si fece promotore di una politica finalizzata a una serie di alleanze strategiche. Con il patto di tre imperatori, del 1873, si unirono, per almeno un breve periodo di tempo, Austria, Russia e Germania ⇒ tensioni che portarono al Congresso di Berlino, portatore di una politica dei compromessi. I risultati furono: • Ridimensionamento della russia • Bulgaria sotto la Turchia • Penisola balcanica sotto la turchia, tranne Serbia, Montenegro e RomaniaCon la politica dei compromessi richiede una costante vigilanza e opportunità per creare nuove potenze La triplice alleanza e spartizione africa Nel 1882, insieme all’Ungheria e all’Italia formò la triplice alleanza, ovvero un patto difensivo che garantiva la protezione europea⇒ concorrenza conquiste africana Riconoscimento di annessioni, richiamandosi di diritti per antiche basi commerciali e trattati con tribù locali ⇒ conferenza nazionale di Berlino con il principio di occupazione de facto (= conquista del territorio era l’unico pretesto per averlo ). • Germania = Togo e Camerun • Belgian = Congo • UK = Nigeria, Somalia e Uganda • Francia = Africa subsahariana, Madagascar • Portogallo = Angola e Mozambico • Italia= Somalia, LIbia, Etiopia ed Eritrea La Cina e le guerre dell’oppio Sin dall’inizio dell’Ottocento, perdendo il primato storico che aveva avuto fino al secolo precedente, la Cina fu un paese profondamente isolato, questo grazie alla classe dirigente, la quale, profondamente tradizionalista, ostacolava ogni tentativo di riammodernizzazione del governo. L’apertura della Cina avvenne dopo la cosiddetta guerra dell’oppio. La droga, infatti, era portata clandestinamente in Cina dalle piantagioni indiane, dove essa era molto usata. Questo causò tensioni tra la Cina e la Gran Bretagna, le quali sfociarono quando, dopo il sequestro di navi inglesi che trasportarono oppio, la Gran Bretagna dichiaro guerra alla Cina nel 1839 ➔ Trattati di Nanchino, I quali costrinsero la Cina ad aprire I propri porti e a cedere Hong Kong alla Gran Bretagna. Negli anni 50 e 60, inoltre, la Cina fu oggetto di una gravissima crisi con la rivolta dei Taiping 21 Razzismo, imperialismo e Nazionalismo A ispirare l’imperialismo fu il mito della nazione come forza espansiva ⇒ supremazia economica ed egemonia politica. Con alla base il sentimento razzista, è possibile giustificare l’imperialismo con la teoria, sbagliata, con l’importanza civilizzatrice dell'uomo bianco, visto superiore ad altri ⇒ white man’s burden, il quale vedeva il biaanco come un poveretto che doveva diffondere un messaggio di civiltà agli altri 22 L’Italia dopo l’unione L’Italia nel 1861. Dei 22 milioni di italiani pochissimi parlavano la lingua italiana, invece usavano il dialetto; del resto il 78% di loro era analfabeta. L’Italia era uno dei paesi più urbanizzati d’Europa: il 20% della popolazione viveva nelle città, dove però mancavano strutture produttive: il 70% della popolazione attiva era impegnato nell’agricoltura, settore che occupava il 58% del PIL. Agricoltura povera tra l’altro, per le condizioni naturali produttività bassa. Nell’area padana esistevano alcune aziende capitalistiche moderne che impiegavano manodopera salariata, mentre nel centro della penisola dominava ancora la mezzadria, un tipo di contratto che se da un lato caricava di immensi oneri il contadino impedendo uno sviluppo dell’agricoltura, dall’altro manteneva una certa pace sociale. Nel Mezzogiorno e nelle isole c’era invece il latifondo (immensi terreni, pochi borghi), ancora segnato dal sistema feudale da poco abolito (contratti agrari arcaici). I contadini italiani erano poverissimi, avevano un bassissimo livello di vita, erano malnutriti (pellagra), vivevano in condizioni disumane. La realtà agricola non era affatto conosciuta da borghesia e opinione pubblica, perché mancavano dati e comunicazioni interne alla penisola; i politici si disinteressarono sempre del Sud, considerandolo come un pezzo di Africa. Era un realtà mal conosciuta e mal compresa. La classe dirigente Destra e Sinistra. I successori di Cavour continuarono la sua politica accentratrice, laica e liberista, ma senza il suo genio politico. Nel primo quindicennio di unità il Paese fu governato da un gruppo dirigente costituito soprattutto da lombardi, piemontesi, emiliani e toscani. Meno rappresentati erano i meridionali. Tuttavia era un gruppo piuttosto omogeneo, di origine aristocratica e politicamente moderata: era la cosiddetta “Destra storica”. La vera destra (clericali e nostalgici dei vecchi regimi) si era autoesclusa, di fatto come la sinistra mazziniana più radicale e i repubblicani più intransigenti, lasciando sedere ai banchi dell’opposizione in Parlamento la vecchia sinistra piemontese e i patrioti mazziniani e garibaldini che si inserivano nelle istituzioni monarchiche (per cambiarle). La Sinistra aveva una base sociale più ampia (piccolo e medio-borghesi urbani e operai e artigiani) nei primi anni si concentrò sulle rivendicazioni risorgimentali: suffragio universale, decentramento amministrativo, completamento dell’unità. Destra e Sinistra erano espressione di un “paese legale”, poco rappresentativo del “paese reale”. Il sistema piemontese era stato allargato a tutto il Regno, di fatto la vita politica aveva un carattere oligarchico e personalistico. Mancavano partiti, la lotta politica era incentrata su singole personalità, dominata da pochi notabili e condizionata dall’esecutivo. Incapacità politica di capire i fermenti della società italiana isolamento della classe dirigente. Lo Stato accentrato, il Mezzogiorno, il brigantaggio. Sebbene in teoria i leaders della Destra fossero favorevoli al decentramento, le necessità incombenti del primo periodo unitario li spinsero a prediligere un modello più napoleonico, gerarchico e accentrato. Tra il 1859 e il 1860 il ministro La Marmora, sfruttando il potere straordinario derivatogli dalla stato di guerra, emanò una serie di leggi sui settori-chiave del paese: a volte estendeva a tutto il territorio le leggi piemontesi, altre volte ne creava di nuove, come quelle Casati sull’istruzione o quella Rattazzi sui comuni. Leggi unificatrici, prima provvisoriamente, poi definitivamente col secondo governo Ricasoli. Altro motivo per cui fu preferito l’accentramento era la situazione precaria del Sud: il malessere del meridione si univa alla diffidenza verso un governo lontano geograficamente, socialmente ed emotivamente disordini, rivolte (sovvenzionati dalla corte borbonica in esilio a Roma), brigantaggio: queste bande mettevano a ferro e fuoco i piccoli comuni nel 1863 la metà dell’esercito italiano era stanziato al Sud per reprimere il fenomeno. Nelle province interessate vigeva una sorta di regime di guerra. Nel giro di pochi anni il grande brigantaggio fu sconfitto. Ma i motivi che lo avevano scatenato restarono tutti, in primo luogo il problema della terra: i contadini volevano la proprietà della terra, la divisione dei terreni demaniali proseguiva invece lentissima; nemmeno la vendita dei beni ecclesiastici sortì gli effetti desiderati, perché gli appezzamenti furono acquistati dai grandi proprietari terrieri. La questione meridionale nasce qui, quando l’inadempienza politica della Destra accrebbe il divario tra Nord e Mezzogiorno. 25 L’irredentismo era ancora fortissimo (impiccagione del triestino Oberdan). 1887: rinnovo della Triplice fu più propizio all’Italia, con due nuove clausole: la promessa di eventuali ed eque spartizioni balcaniche con Vienna; e l’impegno tedesco ad intervenire a fianco dell’Italia in caso di iniziativa francese in Marocco o Tripolitania (le aspirazioni coloniali si facevano largo). Contemporaneamente inizia l’avventura coloniale africana: 1882, acquisto baia di Assab, occupazione di Massaia. Si era al confine con l’Impero etiopico, l’unico Stato africano organizzato, fortissimo. Era un Paese povero, retto dal negus, che all’Italia non sarebbe servito a nulla economicamente: era tutto fatto di prestigio. Dopo tentativi pacifici ci fu un tentativo militare, che sfociò con il massacro di 500 italiani a Dogali proteste in Italia, ma il Governo manda rinforzi nel Corno d’Africa. Movimento operaio e organizzazioni cattoliche. La composizione della classe operaia in Italia era tale per cui la maggior parte fossero artigiani, lavoratori stagionali o a domicilio ➔ tarda ad organizzarsi un movimento operaio. L’unico era la società di mutuo soccorso, più uno strumento di educazione che un organismo di lotta, che iniziò a perdere terreno mano a mano che lo scontro sociale si faceva più acceso, a favore del movimento internazionalista (socialista) che si rifaceva però più all’anarchico Bakunin che a Marx. Il fallimento dei tentativi di insurrezione sociale spinsero Andrea Costa a cambiare rotta, sentendo la necessità di un programma più concreto, e a fondare il Partito socialista rivoluzionario di Romagna, che rimase però sempre formazione regionale scollegata dal proletariato industriale in via di formazione. A rivendicare i lavoratori vi erano molte leghe operaie che nell’’82 si costituirono nel Partito operaio italiano, che però era classista e di partito aveva poco. Tuttavia scoppiarono scioperi agricoli nella Bassa Padana; tra l’87 e il ’93 poi vi fu la nascita di federazioni di mestiere e Camere del lavoro necessità di organizzarsi politicamente come una forza unitaria per coordinare gli sforzi a livello nazionale. Era difficile, per scarsa conoscenza delle teorie socialiste (a parte Labriola) e per frammentazione ideologica. Fu il milanese Turati il vero artefice della nascita del Partito socialista (basato su principi come separazione netta tra proletariato e borghesia, lotta economica unita a quella politica, rifiuto dell’anarchia, successiva socializzazione dei mezzi di produzione), a Genova nel 1892 (il nome è però nel 1895). Se i socialisti spaventavano il fronte cattolico non era da meno: fedele al papa, rifiutava lo Stato uscito dal Risorgimento. Erano più pericolosi perché più radicati nella società italiana. 1874: nasce a Venezia l’Opera dei congressi, organo che doveva collegare tra loro le associazioni cattoliche, coordinando i loro sforzi nella lorra al liberalismo laico, al socialismo e alla democrazia. 1878: con Leone XIII il clero si spostò su istanze sociali. Difficoltà di dialogo Stato-Chiesa. La democrazia autoritaria di Francesco Crispi. 1887: Crispi succede a Depretis: da ex-mazziniano e garibaldino era apprezzato dalla sinistra, ma anche la destra lo vedeva bene per la sua promessa di governo autoritario ed efficiente di impronta bismarckiana larghissima maggioranza su cui si appoggiò per riorganizzare e razionalizzare lo Stato, nonostante le spinte repressive. Attuò una riforma amministrativa (comuni e sindaci) ed è del suo governo un nuovo codice penale, il codice Zanardelli, che aboliva la pena di morte e implicitamente legittimava la sciopero. Paradossalmente però fu varata la nuova legge di pubblica sicurezza che attribuiva ampia discrezionalità alla polizia politica repressiva nei confronti delle associazioni operaie, cattoliche e irredentiste repubblicane (questo allontanò Crispi dall’estrema sinistra). In politica estera era molto ambizioso: voleva fare dell’Italia una grande potenza anche coloniale rafforzò la Triplice alleanza (insprimento rapporti con Parigi guerra doganale). Penetrazione coloniale nel Corno d’Africa (Colonia Eritrea). Politica coloniale ostacolata una votazione alla Camera persa spinge Crispi alle dimissioni governo di Rudinì, conservatore anti-colonialista, poi Giolitti, sempre nel 1892. Giolitti, i Fasci siciliani e la Banca romana. Giolitti non aveva partecipato al Risorgimento, era giovane, si era fatto oppositore della politica economica della Sinistra. Il programma giolittiano: più equa ripartizione del carico fiscale a favore delle classi meno agiate, astensione da misure preventive-repressive nei confronti del movimento operaio. Non abbandona questa linea nemmeno quando in Sicilia tra il ’92 e il ’93 si forma l’organizzazione dei Fasci dei lavoratori, portavoce del malessere contadino e urbano rispetto alle tasse troppo alte e alla distribuzione delle terre. Ma non era un movimento rivoluzionario, né socialista. La non risposta di Giolitti fu largamente criticata dai conservatori, e accelerò la caduta del suo governo, che tuttavia fu dovuta soprattutto 26 allo scandalo finanziario della Banca romana, che in risposta alla febbre speculativa edilizia della capitale aveva investito tantissimo, ma che si era mancata di gravissime irregolarità per rientrare del denaro perduto dalle imprese debitrici in seguito alla crisi economica. Intreccio tra politica e finanza, e corruzione soprattutto, crearono questo scandalo 1893, caduta di Giolitti, certo colpevole ma usato come capro espiatorio. Si voleva il ritorno dell’uomo forte che fermasse il movimento operaio: Crispi tornò al governo, nonostante avesse responsabilità più pesanti di Giolitti nello scandalo. Il ritorno di Crispi e la sconfitta di Adua. Crispi rispose alla crisi economica latente inasprendo le tasse; alla crisi bancaria riformando il sistema e fondando la Banca d’Italia; alle agitazioni in Sicilia con la proclamazione dello stato d’assedio, misura eccezionale che si estese alla Lunigiana repressione militare, che presto si trasformò in una operazione di polizia contro enti facenti capo al Partito socialista di tutta Italia. Furono varate poi delle leggi dette “antianarchiche” che però erano in realtà rivolte contro il Partito socialista e andavano a limitare libertà di stampa, riunione e associazione. Tuttavia queste leggi non ottennero l’effetto sperato: anzi, spinsero molti intellettuali (come Pascoli o De Amicis) verso il Partito socialista e questo a riallacciare a sua volta i rapporti con la borghesia radicale e repubblicana. L’alleanza con i democratici permise al partito di far eleggere 12 candidati alle elezioni del 1895. La “questione morale” intanto travolgeva Crispi, e le sue responsabilità nello scandalo Banca romana venivano sempre più a galla. A questo si aggiungevano le critiche apportategli riguardo alle eccessive spese militari e alla sua politica coloniale. Già nel 1889 trattatto di Uccialli con il negus Menelik: ambiguità per la non corrispondenza tra le due lingue: l’Italia non aveva il protettorato sull’Etiopia come pensava. Quando l’equivoco si scoprì i rapporti peggiorarono di botto e si arrivò ben presto ad uno scontro, presso l’Amba Alagi, che si risolse in uno sconfitta per l’Italia, nulla in confronto alla disfatta di Adua (1896) caduta di Crispi dopo manifestazioni.Beccaris ottiene una medaglia d’oro per aver disperso la folla sparando della cannonate: i morti sono 81, i feriti 450. 27 La società di massa e la belle epoque Si era già iniziato a parlare di massa dopo la Rivoluzione francese, intesa come moltitudine indifferenziata al suo interno in cui l’individuo finisce per scomparire, ma la società di massa nasce alla fine dell’Ottocento, con industrializzazione e urbanizzazione. Società prettamente urbana, che stringe rapporti più di frequente, ma rapporti anonimi e impersonali. Le relazioni interpersonali avvengono tramite i grandi istituti nazionali, come i partiti, che finiscono anche per influenzare le scelte individuali. E’ l’arrivo dell’economia di mercato. Comportamenti e mentalità si uniformano. Le reazioni sono molteplici, la società di massa è vista a volte con tratti ottimistici (democratizzazione e benessere), a volte con tratti pessimistici (appiattimento generale e minaccia alla libertà individuale). Fenomeno epocale. Sviluppo industriale e razionalizzazione produttiva. Grande espansione economica e crescita per tutti i settori e tutti i Paesi, comprese Italia e Russia ad esempio. In vent’anni raddoppiano commerci produttività. I prezzi aumentano, ma insieme ai salati e al reddito pro capite allargamento del mercato. Produzione in serie, perché la domanda è di massa. Si moltiplicano i negozi, i grandi magazzini; la vendita a domicilio e i pagamenti rateali si diffondono. Fu necessaria meccanizzazione e razionalizzazione produttiva 1913, Detroit: la Ford introduce la catena di montaggio, ultimo dei numerosi tentativi per aumentare la produttività diminuiscono i tempi di lavoro, che però diventa ripetitivo e spersonalizzato. Altro impulso fu dato dalle tecniche del taylorismo, sistematizzazione e razionalizzazione del lavoro per eliminare sprechi e tempi morti. Fordismo fu poi il primo a dirigersi verso i consumi di massa, i prezzi competitivi, gli alti salari e la produzione in serie. Tuttavia questo crea il malcontento tra i lavoratori, alienati. Le nuove stratificazioni sociali. Da una parte uniformità dei comportamenti, dall’altra più complessa stratificazione sociale. Nella classe operaria si accentuava la divisione tra manodopera generica e lavoratori qualificati, cioè il grosso del proletariato e l’”aristocrazia operaia”, più favorita dal capitalismo. Espansione terziario e burocratica aumento ceto medio, grazie sia ai lavoratori autonomi (sempre più numerosi a causa della scomparsa di alcuni mestieri e alla nascita di nuovi) che ai dipendenti pubblici (che aumentavano all’aumentare delle competenze statali). Ma sempre più numerosi erano anche gli addetti al settore privato, i “colletti bianchi” che non svolgevano mansioni manuali. Erano già alla vigilia della guerra una realtà concreta. Come reddito, erano pagati poco più degli operai più privilegiati. I ceti medi non volevano essere paragonati alle masse lavoratrici, non si inquadravano nei sindacati, avevano una visione meritocratica. La borghesia impiegatizia faceva propri i valori storici borghesi: proprietà privata, gerarchia, patriottismo, risparmio. La piccola borghesia, in crescita, era destinata a diventare un ceto fondamentale. La scuola contribuì al nuovo ordine sociale. Si diffuse l’idea che l’istruzione fosse un diritto di tutti, un servizio alla collettività di cui si doveva occupare lo Stato. Certo istruire le masse poteva essere pericoloso, ma i Governi lo vedevano come un modo di nazionalizzarle più che altro, istruirle ai valori dello Stato e al suo rispetto. Mezzo di controllo sulle masse. Dagli anni ’70 l’istruzione elementare fu resa obbligatoria e gratuita in tutta Europa laicizzazione e statizzazione del sistema scolastico ebbero tempi diversi: più limitata in UK, più rapida in Germania e Francia dove già c’erano basi, più lenta nell’Europa mediterranea. Calo dell’analfabetismo diffuso e rapido. Legato all’istruzione, vi fu un incremento della stampa quotidiana e periodica. In vent’anni il numero delle testate europee raddoppiò si allargò l’area di quelli che avrebbe formato l’opinione pubblica. Gli eserciti di massa. L’impressione suscitata dalla sconfitta francese a Sedan vi furono riforme degli ordinamenti militari in tutta Europa, eccetto GB ➔ servizio militare obbligatorio➔ eserciti a ferma più o meno breve, fatti di cittadini in armi. Ma c’erano ostacoli; uno economico: non c’erano abbastanza risorse per pagare tre anni di addestramento per tutti; uno politico: la truppa era di estrazione contadina per lo più, perché la borghesia era riluttante a partecipare alla guerra perché una 30 Sombart, Weber. L’idealismo italiano invece vide tra i principali esponenti Benedetto Croce e Giovanni Gentile. Il primo risolverà tutta la realtà nella storia, il secondo all’atto pensante del soggetto. In Francia fu Bergson il protagonista vero, mentre nei Paesi anglosassoni, USA per primi, si diffuse il pragmatismo (James e Dewey) reciproca verifica tra teoria e pratica e tra individuo e natura (rivalutazione di molte discipline). L’approccio alle scienze esatte era di fatto più complesso, non più spinto da quell’ottimismo illuminista forse un po’ ingenuo. La scienza moderna stava infatti erodendo tutto le precedenti intuizioni. Sono di quel periodo le scoperte di Rutherford e Thomson che diedero vita alla fisica atomica, la teoria quantistica di Planck, quella della relatività di Einstein. Quest’ultima minava alla base non solo le scoperte precedenti, ma l’intera conoscenza e tradizione scientifica, con l’idea della relatività del tempo. In quegli anni la cultura ebbe i contributi autorevoli di Pareto e di Sigmund Freud. Altro problema era l’influenza della soggettività sull’osservazione dei fenomeni Max Weber e il metodo da applicare nelle scienze sociali. Tutto l’agire politico fu analizzato e rivisitato; le facciate ideologiche non convincevano più nessuno (la teoria della classe politica di Gaetano Mosca ebbe infatti grande successo). Mosca, Pareto, Michels attuarono approfonditi studi politici, Weber studiò la burocratizzazione delle società. Tutto questo portò ad una diffusa sfiducia nella democrazia, proprio all’atto di nascita della società di massa e della partecipazione politica della stessadi massa 31 Le alleanze del novecento L’equilibrio stabilito da Bismarck non sopravvisse alla sua morte: in Europa si stabilì così un assetto bipolare. Vecchio sistema entrò in crisi per due principali motivi: la politica aggressiva e dinamica di Guglielmo II e le continue tensioni tra i due alleati della Germania, l’Austria-ungheria e la Russia, in perenne tensione per i Balcani. I successori di Bismarck optarono per l’Austria, e non rinnovarono nel 1890 il trattato di controassicurazione con la Russia, pensando che mai essa si sarebbe alleata con la Francia repubblicana. Cosa che invece successe: nel 1891 ci fu un accordo trasformatosi poi in alleanza militare nel 1894, mentre Parigi faceva ingenti prestiti a Mosca che tentava di avviare l’industrializzazione Duplice franco-russa, la Francia non era più isolata come voleva Bismarck e la Germania temeva una guerra su due fronti. Il governo tedesco decise poi di costruire una flotta militare che potesse sfidare quella brit nel Mare del Nord crisi con Londra. Volevano solo incutere timore a Londra in vista di un accordo, invece gli inglesi corsero agli armamenti navali e si riavvicinarono alla Francia, superando le vecchie vertenze coloniali Intesa cordiale, 1904, faceva della Francia un nuovo perno di alleanze. 1907: Russia e Inghilterra risolvono le loro divergenze coloniali in Asia Triplice intesa. Restava in piedi la Triplice alleanza, con un’Italia sempre più autonoma però. Sistema bismarckiano sconvolto totalmente. Germania: complesso di accerchiamento aggressività, riarmo, inclinazione alla guerra preventiva tensione internazionale. La “belle époque” e le sue contraddizioni. Oltre alla spese militari, in Europa aumentava anche la spesa sociale. Non era una grande piazza d’armi, c’era anche il pacifismo molto diffuso. A correnti militaristiche si contrapponevano correnti democratiche. Ottimismo borghese società in crescita e trasformazione belle époque prima della guerra. Periodo sì di crescita economica, ma anche di grandi contrasti politici e sociali miglioramenti di vita dei ceti popolari e le spinte alla democratizzazione arrivarono dopo aspre battaglie contro i conservatori. Quasi ovunque queste battaglie furono vinte, con eccezione della Russia e degli Imperi centrali. La Francia tra democrazia e reazione. Le istituzioni repubblicane democratiche francesi erano non poco ostacolate e contestate, dai bonapartisti o dal clero, dal tradizionalismo monarchico o dagli antisemiti. Forze che si coagularono a fine secolo, in occasione del clamoroso caso Dreyfus, e misero a repentaglio la sopravvivenza della Terza Repubblica. Alfred Dreyfus, ufficiale ebreo condannato ai lavori forzati per spionaggio. Stampa contro di lui partì con una accesa campagna antisemita. Anche di fronte alla realtà, i vertici cercarono di coprire il tutto e colpevolizzare ancora Dreyfus, falsificando documenti e prove Emile Zola riuscì ad alzare il polverone Francia spaccata in due, la destra voleva l’ebreo colpevole. In realtà lo scontro travalicò il caso Dreyfus e divenne uno scontro sulle istituzioni stesse della repubblica. Alla fine Dreyfus, ricondannato, ricevette la grazia dal Presidente della Repubblica. Sul piano politico, però, i suoi sostenitori la vinsero elezioni 1899: vittoria progressista, ma governo di coalizione anche con i socialisti (Millerand) vittoria dei democratici francesi, cui seguì un’aspra battaglia anticlericale e la rottura con la Chiesa cattolica. Da questo scenario uscirono rafforzati i gruppi radicali, che con i loro governi (Clemenceau e Briand) fecero numerose riforme sociali, pur senza riuscire a modificare il sistema di tassazione, andando incontro alle ire del proletariato. Vi fu uno spostamento dei sindacati e della Sfio a sinistra, con successiva rottura tra i radicali e i socialisti. Ciò favorì la ripresa dei moderati che riuscirono a portare alla presidenza della Repubblica Poincarè, mentre il grosso del dibattiro politico si spostava sulle spese militari. Era il 1914. Imperialismo e riforme in Gran Bretagna. 1901: morte della regina Vittoria. Si susseguirono governi di coalizione tra conservatori e liberali “unionisti”, con Chamberlain ininterrottamente Ministro delle colonie la loro politica era rivolta all’imperialismo e alle riforme sociali, ma mai sfavorendo le classi più agiate. La proposta dei conservatori di una svolta protezionistica (contraria di per sè alla tradizione britannica), sotto forma della tassa imperiale, fu bocciata e gettò il partito in una crisi, che finì per favorire i liberali alle elezioni del 1906 (che videro anche l’elezione di trenta candidati laburisti). I successivi governi liberali erano meno impegnati nelle colonie e più nel sociale le spese per le costose riforme e la corsa agli armamenti navali (in risposta a quella tedesca) furono coperte da una politica fiscale progressiva, che sfavoriva i grandi 24 32 patrimoni ed era dunque mal vista dai Lords; essi per tradizione non entravano negli affari economici: quando respinsero dunque il bilancio preventivo di Llyod gorge, scoppiò un conflitto costituzionale tra le camere, cioè tra liberali e conservatori. Dopo due anni di braccio di ferro, nel 1911, i Lords accettarono il Parliamentary Bill, che impediva loro di respingere i bilanci e più in generale di rifiutare per più di due volte una proposta di legge (che dopo sarebbe comunque stata promulgata) vittoria dei progressisti. Tuttavia le classi lavorative restavano scontente e in subbuglio. Ad un rafforzamento dei laburisti si aggiunsero le proteste e la contestazione dei sindacati (scioperi), delle suffragette e dei nazionalisti irlandesi. Questione irlandese: nel 1911 il governo Asquith presentò come progetto la Home Rule, che sanciva la nascita di una Irlanda autonoma ma comunque legata a Londra: soluzione che scontentava tanto i nazionalisti irlandesi, che volevano una indipendenza totale, che la minoranza protestante dell’Ulster. La Germania guglielmina. Con la morte di Bismarck cambiò notevolmente la stessa politica interna tedesca (causa stessa della caduta del “cancelliere di ferro”); in particolare la svolta si ebbe con l’avvento di Guglielmo II e la sua idea di Neue Kurs (nuovo corso), che però non prevedeva alcuna evoluzione in senso liberale anzi, il suo fu un periodo di duro autoritarismo. L’equilibrio dei poteri restò in sostanza invariato, l’unica differenza fu che dopo Bismarck nessun cancelliere fu in grado di imporsi sull’Imperatore. Il cancelliere rendeva conto all’Imperatore e allo stato maggiore, non al Parlamento. Nel settore esteri, la aggressività della Weltpolitik risaldò i legami tra la casta degli Junker e l’industria che in quel momento stava vivendo una espansione straordinaria, anche in vista del riarmo navale voluto dai vertici imperiali. La consapevolezza tedesca della propria potenza economica ed industriale risvegliò idee nazionaliste ed imperialiste. Povera di materie prime, la Germania decise ben presto di voler entrare a far parte della partita coloniale come tutti gli altri Stati europei, con i quali lo scontro sarebbe quindi stato inevitabile. Tutti erano schierati con le mire dello stato maggiore, esclusa la socialdemocrazia, che restò isolata per praticamente tutta l’età Guglielmina, ma che nel frattempo riuscì a strutturarsi meglio: iscritti ed elettori aumentarono vertiginosamente, il controllo sulle organizzazione collaterali, come sindacati e cooperative, era assicurato. Tuttavia, la batosta elettorale del 1907 spinse la socialdemocrazia ad uscire dall’isolamento schierandosi con le ideologie nazional-imperialistiche. L’Spd visse in Germania un’integrazione negativa nel sistema politico: scarsa partecipazione della classe operaia allo sviluppo, legislazione sociale avanzata, ma nessun prezzo politico da pagare per la classe dirigente. I conflitti di nazionalità in Austria-Ungheria. Dal 1848 in avanti l’Impero asburgico entrò in crisi, soprattutto a causa dei suoi contrasti con le minoranze nazionali ed etniche, anche se molti erano i problemi dello Stato (ad esempio prevalenza del settore agricolo, 56%, o immobilismo politico e persistenza delle strutture tradizionali in particolare nelle zone di lingua tedesca; solo Vienna, Praga e Trieste erano poli industriali e culturalmente all’avanguardia). Il primo tentativo di frenare questa crisi fu nel 1867 con la scelta “dualistica”: un compromesso con i magiari, che nel sud-est dell’Impero ottennero così larga autonomia. Per decenni Vienna era riuscita a tenere sotto controllo la situazione, con l’appoggio soprattutto delle aristocrazie locali. Ma a fine secolo ci fu un risveglio dei nazionalismi, separati negli intenti ma uniti nell’ostilità contro il centralismo imperiale. Le vittime del compromesso con i magiari erano indubbiamente stati gli slavi, che a fine secolo infatti furono i primi a ribellarsi: il movimento dei giovani cechi ad esempio fu tra i primi ad opporsi alla germanizzazione. Ma i veri problemi ce li avevano gli slavi del Sud, serbi e croati, sotto il ben più duro dominio degli ungheresi. Gli stessi magiari iniziavano a reclamare indipendenza totale da Vienna. Le misere concessioni non bastavano ci fu un progetto “trialistico” di creazione di un terzo polo, slavo, che tuttavia incontrò pesante opposizione da parte di ungheresi e nazionalisti serbi (che non escludeva l’uso della forza e la perpetrazione di attentati terroristici), appoggiati dalla Serbia (a sua volta sostenuta dalla Russia). Da questa realtà balcanica sarebbe scaturito il casus belli. La Russia tra industrializzazione e autocrazia. L’unico sistema autocratico in Europa (non temperato da un seppur limitato costituzionalismo, come la Germania) restava la Russia. Sia sotto Alessandro III che sotto Nicola II, ogni spinta alla occidentalizzazione era stata messa da parte, in favore di una politica di controllo sull’istruzione, e sui timidi liberali, di russificazione delle minoranze etniche e nazionali e di vessazione contro gli ebrei. Il decollo industriale avvenne anche grazie allo splendido operato di Sergej Vitte protezionismo, investimenti statali e afflusso di capitali dall’estero (specie dalla Francia) tutto ciò garantiva alti profitti, anche perché nel frattempo i salari restavano bassi. Lo sviluppo economico russo fu del tutto particolare: le politiche di 35 giolittiano, che sacrificò importanti progetti se incompatibili con la maggioranza. Leggi speciali per il Mezzogiorno, 1904: stanziamenti statali e agevolazioni fiscali per Napoli e Basilicata prima, per la Calabria e le isole poi. Esse non curarono le cause dei mali però, anche se effettivamente erano molto veloci da applicare e permisero ad esempio l’apertura degli stabilimenti siderurgici di Bagnoli. Volle statizzare le ferrovie, ma incontrò dura opposizione. Si dimise lasciando il governo a Fortis. Lo faceva spesso nei momenti difficili, per poi tornare sicuro dell’appoggio della maggioranza parlamentare. Dopo le brevissime parentesi Fortis (che fece statizzare le ferrovie) e Sonnino, nel 1906 Giolitti tornò al governo. Il “lungo ministero Giolitti” iniziò con la conversione della rendita, riduzione del tasso di interesse ai possessori di titoli di debito pubblico riduzione oneri gravanti sul bilancio statale. Pochi chiesero il rimborso immediato: fiducia dei risparmiatori era evidente. La crisi del 1907 fu arginata dalla Banca d’Italia, la crescita riprese ma si inasprirono gli scontri sociali ➔ 1910: nasce la Confindustria. Altra “ritirata strategica” a fine 1909, parentesi Sonnino e Luzzatti, ritorno nel 1911 Giolitti era ora spostato a sinistra. Nel 1912 fece approvare le leggi sull’ampliamento del suffragio e sul monopolio statale delle assicurazioni: apogeo del riformismo giolittiano. Ma la guerra in Libia iniziava già a mettere in crisi Giolitti. Il giolittismo e i suoi critici. Quella di Giolitti fu una sorta di “dittatura parlamentare”, caratterizzata però da punti forti, come: il sostegno alle forze più moderne dello stato, tentativo di coinvolgere nel gioco politico forze considerate nemiche delle istituzioni, tendenza ad allargare intervento pubblico per correggere gli squilibri sociali. La capacità di Giolitti di controllare il Parlamento gli permise di governare a lungo senza l’assillo di crisi ricorrenti, ma in cambio favoriva il trasformismo e le ingerenze elettorali dell’esecutivo, specie nel Sud. Ciò finiva per contraddire le positivissime premesse del giolittismo. I critici di tale sistema erano i socialisti rivoluzionati e i cattolici democratici, liberal-conservatori come Sonnino ( il cui programma era buono, specie per il Sud, ma non frutto di un compromesso – era calato dall’alto) e Albertini (direttore Corriere), meridionalisti come Salvemini (che chiamò Giolitti il “ministro della malavita”), che accusarono il Governo di favorire economicamente il Nord. Tutte queste critiche, per quanto eccessive, mostrarono la crescente impopolarità di Giolitti, la debolezza interna del suo sistema e il suo distacco dalla massa. La politica estera, il nazionalismo, la guerra di Libia. Dopo Crispi la politica estera italiana subì un cambio di rotta fu attenuata la linea filotedesca, fu conclusa la guerra doganale con la Francia e con essa fu decisa la spartizione del Nord Africa. All’Italia la Libia, a Parigi il Marocco. Ciò non piacque alla Germania, mentre saliva la tensione con Vienna, quando essa occupò unilateralmente la Bosnia-Erzegovina nel 1908. Italia era alleato debole della Triplice riscossa nazionale: sentimenti irredentisti rispuntarono, insieme alla volontà coloniale. L’Italia non voleva essere una potenza di secondo rango. Idee di Corradini sulla “nazione proletaria” vs. quella capitalista movimento nazionalista in Italia, che nel 1910 si raccolse nell’Associazione nazionalista italiana. Un suo gruppo iniziò una campagna martellante a favore della conquista della Libia, appoggiato dai cattolico-moderati e dal Banco di Roma, parlando delle ricchezze libiche poi mai trovate, fino a spingere il Paese sull’orlo dell’intervento. Ma la spinta decisiva arrivò dopo la seconda crisi marocchina e quando fu chiaro il controllo francese sul Marocco invio di un contingente in Libia nel 1911 guerra contro la Turchia (guerriglia delle popolazioni arabe), per la quale l’Italia dovette occupare anche Rodi e il Dodecanneso. 1912: pace di Losanna, Turchia rinunciò alla sovranità politica sulla Libia. Resistenza però continuò ed economicamente la Libia fu un pessimo affare: scarsissime risorse (non si sapeva del petrolio). Opposizione e consenso alla guerra: la prima dai repubblicani, dai radicali, dai socialisti, il secondo dall’opinione pubblica borghese. Tale confronto radicalizzò il confronto politico e rafforzò le ali estreme: le correnti riformiste e collaborazionisti (quindi Giolitti) persero terreno. Riformisti e rivoluzionari. Il Psi si mostrò vicino alla politica riformista giolittiana, vedendo le riforme come l’unico modo di consolidare i risultati già ottenuti. Le correnti più di sinistra ed intransigenti, contrarie allo stato borghese e monarchico e a Giolitti, si opposero ben presto a Turati e alla sua idea di collaborare con il governo; particolarmente agguerriti erano i sindacalisti rivoluzionari. Al congresso di Bologna i rivoluzionari tolsero ai riformisti la guida del partito 1904, primo sciopero generale nazionale della storia italiana. Opinione pubblica e borghesia scosse, ma Giolitti non intervenne aspettando che lo sciopero di esaurisse da solo; esso mostrò al movimento operaio quanto disorganizzato fosse, rese chiara la necessità di un migliore coordinamento nazionale i riformisti riuscirono a creare la Confederazione generale del lavoro (Cgl) nel 1906, sotto la guida di Rigola i sindacalisti rivoluzionari iniziarono ad essere emarginati fino ad essere allontanati dallo stesso Psi nel 1907. Ma tra i riformisti si creò una corrente revisionista (Bissolati e Bonomi), che voleva trasformare il Psi in un partito del lavoro non ideologicamente schierato situazione si scalda con la guerra libica, cui Bonomi e Bissolati non sono del tutto contrari. Essi furono espulsi nel 1912 insieme agli altri riformisti scissione del partito ebbe gravi 36 conseguenze sul futuro del socialismo italiano. La guida del Psi tornava agli intransigenti, tra cui si iniziava a distinguere Benito Mussolini, che divenne presto direttore dell’”Avanti!” Democratici cristiani e clerico-moderati. In età giolittiana si sviluppò, in campo cattolico, il movimento democratico-cristiano di Murri, condannato dal nuovo papa Pio X. Ebbero un grande sviluppo, contemporaneamente, le organizzazione sindacali “bianche” (in Sicilia Luigi Sturzo guidò il movimento cattolico contadino). Sul piano politico le forze clerico-moderate stabilirono alleanze elettorali, in funzione conservatrice e anti-sinistra, con i liberali: questa linea politica avrebbe avuto piena consacrazione, nelle elezioni del 1913, col “patto Gentiloni”; con esso i cattolici si assicuravano una capacità di pressione notevole sulla classe dirigente, ma contemporaneamente allontanavano il momento in cui sarebbe nato un loro movimento autonome. La crisi del sistema giolittiano. Le prime elezioni a suffragio universale non cambiarono gli equilibri parlamentari: i liberali avevano confermate le loro poltrone, ma facevano ingresso nuovi gruppi, che rendevano la maggioranza più eterogenea e difficile da controllare da Giolitti, che si dimise nel 1914 indicando al re di nominare Salandra, con l’obiettivo di riprendere il suo posto entro poco. Ma la guerra di Libia e una nuova crisi economica nel 1913 avevano radicalizzate ed estremizzato lo scontro politico: destra conservatrice vs. correnti rivoluzionarie di sinistra. Giugno 1914: “settimana rossa”, manifestazioni in realtà di carattere insurrezionale in Marche e Romagna contro l’uccisione di tre manifestanti antimilitaristi ad Ancona. Il tutto si esaurì in pochi giorni, rafforzando i conservatori nelle loro posizioni. La grande guerra avrebbe reso irreversibile la crisi del giolittismo, mettendo in discussione i modelli, non adatti alla società di massa. 37 La prima guerra mondiale Gli anni prima della prima guerra mondiale Alla vigilia della grande guerra si mescolavano insieme vecchi problemi (il revanchismo francese e il contrasto austro- russo nei Balcani) e nuovi problemi (aggressività tedesca e la sua rivalità con GB) ➔ clima inquieto ed instabile. I punti di frizione erano due: i Balcani e il Marocco, da tempo al centro delle mire francesi ma da poco anche di quelle tedesche. 1905 e 1911: due crisi marocchine, che rischierano di degenerare in guerra. Ma alla fine Parigi ottenne il protettorato sul Marocco, mentre al Reich diplomaticamente isolato andò solo una striscia di Congo francese. La crisi nei Balcani era invece dovuta ai nazionalismi e alla crisi dell’Impero Ottomano. Rivoluzione dei giovani turchi volevano una monarchia costituzionale) costrinse il sultano a concedere una carta: tentativo modernizzatore fallito anche perché il nuovo regime invece che lasciare spazio ai vari nazionalisti in rivolta, li esasperò accentuando il centralismo. Vienna ne approfittò occupando Bosnia ed Erzegovina, irritando Serbia e dunque Russia. Fu l’intervento diplomatico tedesco a fare accettare il fatto compiuto ira dei sud-slavi e allontanamento dalla Triplice dell’Italia (delusa dai mancati compensi). 1911: l’occupazione italiana della Tripolitania degenerò presto in guerra, persa dai turchi, mentre nel 1912 scoppiava la prima guerra balcanica: Serbia, Montenegro, Grecia e Bulgaria si coalizzarono, mossero guerra al sultano e lo sconfissero, facendogli perdere tutti i possedimenti in Europa (esclusa la Tracia). Nacque così l’Albania, che impedì lo sbocco sul mare alla Serbia. Al momento della spartizione delle terre conquistate nel 1913, però, la coalizione si ruppe e la Bulgaria attaccò Grecia e Serbia (seconda guerra balcanica), che però la sconfissero alleandosi con la Romania e la stessa Turchia. I principali alleati di Germania e Austria-Ungheria, Bulgaria e Turchia, erano pertanto fuori dal gioco, mentre la Serbia era cresciuta di dimensioni ed importanza, provocando i nervi di Vienna. Il mondo era sull’orlo della prima guerra mondiale. Le cause della Prima guerra mondiale Nel 1905 e nel 1911 si hanno la Prima e la Seconda rivolta marocchina, con tentativi di rivolta antifrancese in Marocco sostenuti dalla Germania. C’è anche un forte spirito di revanscismo per la riconquista dell’Alsazia - Lorena dopo la sconfitta nella Guerra franco - prussiana. Contribuiscono a un clima di tensione anche lo sviluppo di sommergibili tedeschi più forti di quelli britannici nel Mar baltico e l’annessione della Bosnia - Erzegovina all’Austria - Ungheria, avvicinandosi pericolosamente i confini con la Serbia. Tra il 1912 e il 1913 si ha la Prima guerra balcanica, dove l’omonima lega si espande a danno dei confini ottomani: nasce il Principato d’Albania. Nel 1913 la Bulgaria tenta di invadere la Macedonia del Nord (sotto la Serbia) ma non ci riesce. Nel giugno del 1914 un terrorista serbo assassina l’Arciduca Francesco Ferdinando, erede al trono imperiale dell’Austria - Ungheria: nel luglio dello stesso anno, l’Austria impone un ultimatum al Governo serbo per la consegna di tutti i terroristi implicati nell’attentato, per poi dichiararle guerra in seguito alla risposta negativa serba, che respinge le accuse. Questo conflitto provoca una reazione a catena, dovute alle intese militari che si erano andate a creare in Europa negli ultimi anni: la Triplice intesa e la Triplice alleanza. La prima era costituita da Gran Bretagna, Francia e Russia; la seconda da Austria - Ungheria, Germania e Italia. Verranno coinvolti anche gli alleati di queste alleanze e infine gli Stati Uniti e il Giappone. Come mai l’Italia si era alleata con gli austriaci, da sempre nemici dell’indipendenza nazionale italiana: l’avvicinamento, come abbiamo già detto, era dovuto alla Germania e alla sua influenza economica nel paese. L’Italia era dipendente dai fondi tedeschi alle banche italiane e all’erario nazionale. L’Italia nel luglio del ‘14 si dichiara neutrale, perché non ha le 40  Clausole economiche e militari: riparazioni altissime che avrebbero bloccato lo sviluppo economico tedesco, abolizione del servizio di leva, Ruhr smilitarizzata umiliazione della Germania, che la Francia temeva tornare ad essere la potenza egemone europea. Altro problema furono i riconoscimenti delle realtà nazionali post-Impero austro-ungarico. La Repubblica d’Austria fu ridotta ad uno Stato piccolo, senza sbocco sul mare, impossibilitato a riunirsi con la Germania, mentre l’Ungheria si vide tolte molti territori magiari. Molte etnie godettero della caduta dell’Impero austro-ungarico: nacquero la Cecoslovacchia (stato federale con una minoranza di tre milioni di tedeschi sudeti) e la Jugoslavia, mentre l’Italia acquisiva territori e l’Impero ottomano si riduceva alla sola penisola anatolica. La Bulgaria fu ridimensionata. La Repubblica socialista russa non fu riconosciuta a Versailles, anzi fu circondata da un cordone sanitario di stato cuscinetto che impedissero un eventuale dilagare della rivoluzione in Europa occidentale (Finlandia, Estonia, Lettonia, Lituania). Nel 1921 si aggiungeva al numero di Stati neonati anche l’Irlanda. Wilson voleva che a garanzia del nuovo equilibrio si ponesse la Società delle Nazioni, un organismo internazionale che non aveva precedenti nella storia; ma era già minata all’inizio, perché non comprendeva gli sconfitti e la Russia. Ma il colpo le fu dato dagli States stessi, quando il Senato votò contro l’adesione alla Società delle Nazioni 41 La rivoluzione russa Da febbraio a ottobre. In Russia dopo la IGM ci fu una svolta storica: la più grande rivoluzione dopo quella francese. Fine dell’assolutismo zarista. Nel febbraio 1917 ci fu quindi un governo provvisorio liberale, che voleva continuare la guerra e occidentalizzare la Russia. Con loro stavano cadetti, menscevichi e socialisti rivoluzionari. I bolscevichi invece rifiutarono qualsiasi partecipazione. Ma la coalizione antizarista non bastava a tenere su il governo: infatti, spuntarono ovunque come nel 1905 i soviet, che vennero a formare una sorta di parlamento proletario che emanava disposizioni diverse da quelle del governo. Lenin tornò in Russia nel 1917 e iniziò a far circolare le cosiddette “tesi di aprile”, che rovesciando il pensiero marxista chiamavano i proletari alla rivolta per la presa del potere (nonostante secondo Marx la rivoluzione sarebbe prima scoppiata nei paesi più sviluppati). Lenin voleva conquistare il controllo su più soviet possibile, e di fatto le sue idee e la sua opposizione alla guerra valsero ai bolscevichi numerosissimi consensi tra contadini e operai. Intanto l’opposizione socialista contraria al governo e alla guerra sfociò in un’insurrezione, presto sedata dalle truppe fedeli a L’vov, che però presto si dimise lasciando il governo a Kerenskij, che tentò una politica personale. Ma era totalmente screditato. Il comandante dell’esercito, Kornilov, tentò il colpo di stato, ma fallì perché il governo ebbe l’appoggio bolscevico, anche se Lenin ormai stava preparandosi a insorgere contro il governo provvisorio. La rivoluzione d’ottobre. Dopo un’accesa riunione del partito, in cui molti si opposero alle sue proposte, Lenin (appoggiato da Trotzkij, mente militare dell’insurrezione) riuscì a far scattare la rivolta, che Kerenskij non riuscì a stroncare perché l’esercito non gli obbedì. Il 7 novembre (25 ottobre del calendario russo) le truppe rivoluzionarie presero i punti chiave della città e circondarono il Palazzo d’Inverno, per poi prenderlo la sera stessa. Si riunì immediatamente il Congresso panrusso dei soviet decreti sulla pace giusta e senza indennizzi, e sulla terra, che diede ai contadini ciò che volevano. Venne creato un governo rivoluzionario con Lenin presidente. La poca resistenza puntò tutto sulle successive elezioni, amara delusione per i bolscevichi. I vincitori furono i socialrivoluzionari la successiva Costituente fu però immediatamente sciolta dai bolscevichi premesse per una dittatura di partito. Lenin era convinto però che solo il proletariato avesse il potere di guidare la rivoluzione. Dittatura e guerra civile. La Russia aveva ereditato problemi immensi, primo tra tutti la guerra, e i bolscevichi non godevano dell’appoggio di nessun’altra forza politica, né delle masse (emigrazione politica, un vero e proprio esodo). Il governo volle costruire uno Stato proletario secondo il modello disegnato da Lenin nel suo “Stato e rivoluzione”: autogoverno delle masse su esempio dei soviet. Niente Stato, espressione del potere di una classe su un’altra. Ormai il governo doveva fare la pace, e il 3 marzo 1918 firmò il durissimo trattato di Brest-Litovsk, pace separata con la Germania. Bolscevichi totalmente isolati, mentre a livello internazionale la pace fu interpretata come un tradimento mentre ancora l’Intesa combatteva gli Imperi centrali appoggio occidentale agli oppositori dei bolscevichi, nonché sbarchi di truppe anglo-francesi, americane e giapponesi guerra civile. Le armate bianche controrivoluzionarie giunsero dalla Siberia al Volga con l’ammiraglio Kolciak ( esecuzione dello zar e della famiglia a Ekaterinenburg) e dal Nord della Russia si mossero verso sud ( spostamento capitale a Mosca). Il governo intanto accentuava i suoi caratteri autoritari: creazione della Ceka, polizia politica, e del Tribunale rivoluzionario centrale ogni contestazione venne placata, con arresti ed esecuzioni sommarie. Nel febbraio 1918 venne ricostituito l’esercito, con il nome di Armata rossa. I commissari politici assicuravano la fedeltà delle singole unità combattenti al governo. Le forze controrivoluzionarie erano mal coordinate, finchè nel 1919 non persero anche l’appoggio occidentale. Entro pochi mesi la guerra civile finì. Ma vinti i nemici interni, la Russia nell’aprile 1920 fu attaccato dalla Polonia, insoddisfatta dal trattato di pace di Parigi. La risposta bolscevica fu travolgente, e l’Armata rossa giunse presto alle porte di Varsavia, fu ricacciata indietro. 1921: trattato di pace alla Polonia parti di Ucraina e Bielorussia, mentre la Russia di stringeva attorno al governo rosso. La Terza Internazionale. 42 Nel 1919 i vertici russi consideravano ancora necessario l’appoggio del proletariato europeo per poter sopravvivere e possibile la prospettiva di una rivoluzione europea. Lenin volle un’Internazionale “comunista” , per coordinare gli sforzi rivoluzionari in tutto il mondo. Già nel 1918 era nato il Partito comunista (bolscevico) di Russia. Inizio di marzo 1919: Terza Internazionale, presso cui nasce anche se poco rappresentativo, il Comintern. Lenin stabilì i “ventun punti” necessari a qualsiasi partito per entrare a far parte dell’organizzazione, tra cui c’erano la rottura con gli oppositori, il cambio di denominazione in Partito comunista, etc. Tra ’20 e ’21 comunque in moltissimi Paesi del mondo nascevano partiti comunisti ispirati al modello sovietico, che appoggiavano la Russia bolscevica in una rete efficiente ed organizzata: scopo raggiunto. Ma in Europa occidentale i partiti comunisti restavano minoritari rispetto a quelli socialisti. Dal comunismo di guerra alla Nep. L’economia russa era in totale dissesto economico, aggravato dalla rivoluzione e dalla guerra civile. Agricoltura volta solo all’autocomsumo, industrie mal gestite, banche nazionalizzate e debito con l’estero cancellato, ma il governo non era in grado di riscuotere tasse ritorno al baratto. Il governo nel 1918 decise una linea dura anche in economia: il comunismo di guerra. Primo problema: approvvigionamenti alle città. Vennero creati dei comitati rurali che dovevano ammassare e ridtribuire le derrate. Fu incoraggiata la nascita di kolchoz e sovchoz, fattorie collettive e fattorie sovietiche. L’industria fu statizzata. Misura di emergenza questa, presa affiancando ai vecchi dirigenti delle imprese dei funzionari di partito (reintroduzione del “cottimo”, del tutto contrario all’egualitarismo salariale). Il comunismo di guerra fu però un fallimento economico: produzione industriale del 1920 era un settimo di quella del 1913. Raccolti scarsi. Razionamenti e requisizioni mercato nero e malcontento popolare, sfociato spesso in sommosse. 1921: carestia che uccise tre milioni di persone. Duro colpo per l’immagine del regime sovietico. Ma il dissenso era anche degli operai, che si erano visti togliere tutti compresi i sindacati si arrivò a sommosse anche qui, come nel marzo 1921 la rivolta di Kronstadt, repressa militarmente. Il X congresso del Partito comunista abolì ogni dialettica al suo interno e decretò la fine del comunismo di guerra, in favore di una timida liberalizzazione nuova politica economica (la Nep) aveva come primo scopo lo stimolo dell’agricoltura e l’arrivo di cibo nelle città. I contadini iniziarono a vendere le eventuali eccedenze. Liberalizzati anche commercio e piccola industria, mentre la grande e le banche restarono sotto il controllo statale. Vi fu una notevole ripresa produttiva, che però fece riemergere dalle ceneri il ceto dei benestanti kulaki. Col commercio aperto c’erano più beni di consumo, ma anche una nuova categoria di trafficanti ricchissimi, i nepmen. L’industria di Stato però stentava a decollare crescita della disoccupazione. Salari degli operai bassissimi: la classe operaia fu la più sacrificata dalle scelte della Nep. L’Unione Sovietica: costituzione e società. Prima costituzione della Russia rivoluzionaria è del 1918 e stabiliva che il potere doveva essere del popolo e dei suoi organi rappresentativi, i soviet, che lo Stato fosse federale, lasciasse spazio alle minoranze e si preparasse ad unirsi alle altre repubbliche sovietiche. In realtà il nuovo stato comprendeva Russia e le ex province zatiste (Azerbaigian, Armenia, Georgia, Bielorussia, Ucraina) fine 1922: nascita dell’URSS. La costituzione del 1924 dava il potere supremo al Congresso dei soviet, anche se in realtà era nelle mani del Partito comunista. Era in pratica una dittatura di partito: esso guidava il governo, controllava la polizia politica, proponeva i candidati per i soviet, attuava un rigido centralismo. Ma i capi bolscevichi non volevano solo cambiare economia e istituzioni, volevano una nuova società compatibile con il nuovo ordine comunista educazione della gioventù e lotta alla Chiesa ortodossa. Scristianizzazione in pratica riuscita, l’influenza del clero era quasi del tutto scomparsa, anche perché la Chiesa ortodossa era già in crisi da tempo, perché legata all’antico regime zarista. Fu permesso solo il matrimonio civile e semplificato il divorzio, fu legalizzato l’aborto nel 1920, proclamata l’assoluta parità tra i sessi in generale ci fu una liberalizzazione dei costumi. L’istruzione fu posta obbligatoria fino a 15 anni; venne favorito l’insegnamento tecnico a quello umanistico; le giovani menti si forgiava ideologicamente spingendone quante più possibile ad iscriversi alla Komsomol. Il regime di partito da un lato spinse molti artisti ad emigrare, dall’altro favorì la nascita di vivaci avanguardie, almeno in un primo periodo. Fioritura creativa, ma presto le necessità propagandistiche bolsceviche cancellarono la libertà d’espressione. Da Lenin a Stalin: il socialismo in un solo paese. Con la malattia di Lenin e l’ascesa di Stalin alla segreteria gli scontri interni al partito si acuirono. Il primo problema fu la burocratizzazione del partito, e quindi l’enorme potere che sarebbe finito nelle mani di Stalin. L’altro protagonista, che cercò di dare spazio alla vera democrazia sovietica, fu Lev Trotzkij. Questi era molto autorevole, e forse per questo gli altri membri del partiti fecero blocco attorno al segretario, Stalin, che non godeva nemmeno della fiducia di Lenin. Secondo Trotzskij poi l’Unione Sovietica doveva cercare di favorire qualche rivoluzione comunista all’estero (la celebre rivoluzione permanente) e cercarsi di industrializzarsi. Opposizione di Stalin, che invece stabilì il principio del socialismo in un solo paese, una rottura rispetto alla tradizione bolscevica, ma un assunto molto realistico. Le nazioni europee tra ’24 e ’25 si 45 praticamente ogni potere d’acquisto (maggio ’21: 1 dollaro per 15 marchi; novembre ’23: 1 dollaro per 4000 miliardi di marchi). Polverizzazione della moneta. Inflazione inarrestabile. Chi aveva beni reali o chi aveva contratto debiti era avvantaggiato; mentre chi aveva risparmi da parte perse tutto. Gli industriali esportatori guadagnarono molto perché percepivano valuta straniera posero le basi per la successiva espansione, ad un prezzo altissimo per la collettività però. La classe dirigente reagì: nell’agosto ’23 nacque un governo di grande coalizione presieduto da Stresemann, convinto della necessità di un accordo con le potenze vincitrici. Riallacciò il legami con Parigi e proclamò lo stato di emergenza, potendo così sciogliere i governi regionali di Sassioni e Turingia, e sedare le rivolte comunista ad Amburgo e dell’estrema destra a Monaco. Quest’ultima, l’8 e 9 novembre, era capeggiata da Hitler e da Ludendorff che si opposero così al governo centrale, ma non ottennero l’appoggio sperato e vennero fermati. Hitler in galera: la sua carriera sembrava conclusa. Nell’ottobre si tentò di risanare l’economia emissione del Rentenmark, il marco di rendita, il cui valore era garantito dal patrimonio agricolo ed industriale tedesco. Politica deflazionistica: ulteriori sacrifici, ma ritorno alla normalità finanziaria. Il piano Dawes: secondo questo la Germania per pagare le riparazioni doveva essere al max della sua forma economica sovvenzioni USA e restituzione della Ruhr ripresa economica notevole. Ma i mali di Weimar erano allo scoperto: elezioni ’24 videre l’avanzata delle ali estremiste (comunisti e tedesco-nazionali). Fu eletto von Hindenburg, vecchio maresciallo imperiale, a Pres della Rep. Anni di stabilità comunque: Stresemann ministro Esteri collaborazione con i vincitori. Fino al ’28 governa il centro. La ricerca della distensione in Europa. Dopo la guerra la Francia cercò di creare un suo sistema di sicurezza e di alleanze (con i neo-stati dell’Est europeo), e fu molto rigida con la Germania. Con il piano Dawes invece iniziò una fase di distensione internazionale, confermata dagli accordi di Locarno del 1925, che normalizzarono i rapporti franco-tedeschi (grazie anche all’operato dei ministri Stresemann e Briand). Il piano Young diminuì ulteriormente le sanzioni alla Germania, che intanto fu inserita nella Società delle Nazioni e vide gli ultimi reparti francesi lasciare la Renania nel 1930. Tale fase di distensione (culminata con il Patto Briand-Kellog, di Parigi, che rifiutava la guerra come mezzo di risoluzione delle controversie) si interruppe alla fine del decennio in coincidenza con la grande crisi economica internazionale (nel 1930 la Francia stava già costruendo quel cordone difensivo contro la Germania che era la linea Maginot). 46 La nascita del nazismo e del fascismo Il primo dopoguerra in Italia Gande insoddisfazione verso i ceti più umili che chiedevano un miglioramento delle condizioni di vita con le masse operaie e contadine che rivendicavano, oltre alla rappresentanza parlamentare: • Redistribuzione delle terre • Maggiore eguaglianza e allargamento dei diritti • Miglioramenti delle condizioni di lavoro e dei salari Inoltre era aumentato il numero dei lavoratori iscritti era cresciuto esponenzialmente, con scioperi al centro nord e occupazione delle terre incolte al sud ⇒ biennio rosso, caratterizzato da un susseguirsi di scontri con le forze dell’ordine, speranza dei socialisti e dei bolscevichi di avere una rivoluzione a stampo russo ⇒ paura di una rivoluzione come quella russa. Crisi economica in italia per molti fattori. Per prima cosa si doveva convertire l'industria italiana e la sua produzione post bellica con una debolezza del mercato interno, oltre che a fare fronte all’inflazione che aumenta in modo vertiginoso. In aggiunta gli interessi della piccola e media borghesia erano in scontro con quelli della grande borghesia, che si era arricchita durante il periodo di guerra, in quanto aveva usufruito delle massicce commesse statali. Altri fattori che preannunciano l’avvento del fascismo erano la tendenza all’autoritarismo dell’italiano medio e al malcontento popolare dopo il congresso di Versailles A destabilizzare ulteriormente i governi liberali, ci furono anche i partiti di massa, la quale maggiore innovazione era data dal partito popolare italiano. Il suo programma era caratterizzato da solidarismo e prevedeva: Piena partecipazione dei cattolici alla vita politica del paese, riuscendo a combattere correnti come il socialismo e il comunismo ⇒ eletto da molti da ogni parte politica d'italia • Divisione delle terre incolte dei contadini • Riforma del fisco che lo distribuiva in modo più equo • Legislazione sociale che migliora le condizioni di vita • Interclassismo e collaborazione tra borghesia e lavoratori, grazie al mito della vittoria mutilata. Piena partecipazione dei cattolici alla vita politica del paese, riuscendo a combattere correnti come i Socialismo e il comunismo ⇒ eletto da molti da ogni parte politica d'italia. Tuttavia il partito socialista era sempre il secondo partito principale, il quale, tuttavia, era diviso in due fazioni, quella deiriformisti e dei massimalisti, i quali volevano la rivoluzione. I partiti di massa portarono alla legge che sanciva il sistema elettorale proporzionale ⇒ parlamentopolitico con più o meno deputati in lista —> crisi del sistema liberale Il crollo dello stato liberale Orlando si dimostrò incapace di gestire un’Italia post guerra, quindi fu sostituito da Nitti, il quale, non in grado di gestire un’Italia in crisi, si dimise, lasciando il posto a Giolitti, il quale registrò due risultati fondamentali: • Il trattato di Rapallo = Dalmazia alla Jugoslavia, Zara all’Italia e fiume come città libera • Gestì l’occupazione delle fabbriche degli anni venti, mantenendo l’ordine pubblico Tuttavia c’erano ancora tensioni tra i Borghesi, i quali avevano timore di una rivoluzione bolscevica, e della classe lavoratrice, insoddisfatta degli accordi, i quali non erano abbastanza. In questo clima nacquero due partiti che cambiarono la storia italiana: il partito comunista e il partito fascista. Nasce a Livorno nel gennaio del 1921 da personaggi come Gramsci e Togliatti, i quali avevano come obiettivo quello di fondare un’organizzazione di operai e contadini per il dinamento della rivoluzione proletaria italiana. La nascita 47 di questo partito era causata da il mancato successo del partito socialista, dato anche dalle tensioni interne ⇒ Scontro della borghesia capitalistica, appoggiò il Komiten Nello stesso periodo, il 23 marzo del 1919, nacque a Milano con mussolini i Fasci italiani di combattimento, un gruppo di estrema destra capeggiato da mussolini All’inizio non era di molto successo, dati gli obiettivi frammentari, e attirava soprattutto la piccola borghesia, la quale aveva mire espansionistiche ma era spaventata da un’ipotetica XX. rivoluzione comunista in Italia. Tuttavia negli anni 20 raggiunse sempre più consenso, infatti Mussolini capì che, per raccogliere voti, doveva SFRUTTARE LA PAURA DELLA RIVOLUZIONE BOLSCEVICA e farsi portabandiera di un nuovo ordine ⇒ violente squadre punitive e spedizione contro la sinistra, fenomeno dello squadrismo, il quale godette di omertà giuridica da parte dei vertici dell’esercito. Tra gli anni 20 e 21 raggiunsero il loro apice, incontrando appoggio dei gruppi reazionari e dei proprietari terrieri —> crescenti adesioni da entrambi. I moderati erano convinti di poterlo sfruttare e che il fascismo si sarebbe spendo dopo poco. Tra il 20 e il 22 il fascimo cadde in una dittatura L’ultimo anno dei governi liberali Le varie tensioni costrinsero Giolitti a condurre delle nuove elezioni ⇒ campagna del blocco nazionale , allegando le liste elettorali liberali con nazionalisti e fascisti, diritti mando il partito, il quale divenne il Partito Nazionale Fascista nel maggio 1921. Cambiamento dei valori, rinunciando al repubblicanesimo e rigettando il laicismo, Rafforzamento , amore per la patria e rispetto delle tradizioni erano alla base di Mussolini, dando un dualismo al fascismo violento delle strade e quello mostrato in parlamento Nella nuova situazione, Giolitti dovette dimettersi ea lui successero Bonomi e Facta, i quali non furono in grado di gestire niente. Tra il maggio e il settembre del 22, inoltre, crebbero le violenze fasciste ⇒ sciopero Pacifico della sinistra che sfociò in una risposta violenta e l’assalto dell’avanti. La divisione delle forze parlamentare impediva qualsiasi sua reazione e Mussolini trasse vantaggio da ciò: con un quadrumvirato marciò verso Roma con le squadre fasciste, annunciando un colpo di stato ⇒ offerta a Mussolini della presidenza del consiglio La costituzione del regime fascista La fase legalitaria Mussolini all’inizio tentò di fare un governo pseudo legale, creandone uno che, oltre ai fascisti, aveva anche nazionalisti liberali, popolari e indipendenti ⇒ chiaramente solo una fase intermedia: discorso del bivacco, discorso che evidenzia la natura anti parlamentare de fascismo ecc… Serie di leggi che trasformano le istituzioni in senso autoritario dall’interno, legando l’ azione fascista Legalizzate le azioni degli squadristi con l’istituzione della Milizia Volontaria per la sicurezza nazionale (Mvsn) e messa dei fascisti al capo delle cariche amministrative. Inoltre il Grn consiglio del fascismo aveva scopi governativi simili a quelli del parlamento. In campo scolastico si attuò la riforma gentile, la quale esaltava la cultura umanistica rispetto a quella scientifica e uniformò il fascismo alla cultura italiana. Tentò di farlo in campo inversi tarsiò con il manifesto degli intellettuali fascisti, al quale si contrappose il documento fascia di Croce ⇒ ambiente universitario culla dell’ antifascismo. L'accelerazione al regime unitari si ebbe con gli anni che vanno dal 23 al 25. Mussolini, sperando di vincere le resistenze popolari di Sturzo, intrecciò violenze e intimidazioni squadriste con trattative della chiesa. Contrattazioni con il papà Pio XI, ottenne il ritiro dei ministri popolari dal governo e le dimissioni di Sturzo. Con la legge Acerbo, inoltre decretava che chi , avrebbe ottenuto la maggioranza relativa di due terzi dei seggi parlamentari ⇒ nuove elezioni del 24, clima di paura, minacce e corruzioni. Giacomo Matteotti denunciò le azioni illegali e fu ucciso, non si sa se Mussolini fosse stato involto. I parti ti di opposizioni protestano, ritirandosi sull’Aventino ➔ nessun successo. Con il discorso alla camera del 25, Mussolini troncò ogni dubbio sul futuro del paese. Il Regime ditrtatoriale Imposizione della dittatura di Mussolini con le leggi fascistissime, le quali decretarono • Abolizione del diritto di sciopero ⇒ sindacato fascista • Ampliamento dei poteri del capo del governo 50 La crisi del ventinove e gli anni 30 Anni ’20: ripresa per tutta l’Europa, apparente stabilità e diffusa prosperità; ma un taglio netto con tutto quello che era stato prima lo diede la “grande crisi” del 1929, evento di portata storica; evento periodizzante che per tutti gli anni ’30 modificò i destini del mondo, catalizzò procedimenti già in atto e accelerò la storia. Gli anni dell’euforia: gli Stati Uniti prima della crisi. Durante la guerra, gli USA erano non solo primi produttori mondiali, ma anche primi esportatori di capitali (prestiti), con una moneta fortissima e la borsa di New York affiancata ormai a quella londinese. Dal 1921 per gli USA iniziò un grande periodo di prosperità, anche grazie al boom industriale (PIL aumenta del 25%); la disoccupazione tecnologica diminuiva costantemente gli impiegati nell’industria a favore del terziario, il settore dei servizi. Numerosi mutamenti nella vita quotidiana della gente: 1 automobile ogni 5 abitanti (Europa 1 a 83), elettrodomestici diffusissimi modello di consumi sempre in espansione e in via di graduale standardizzazione. Per tutto il decennio ci fu l’egemonia repubblicana, e una rigida politica liberista, che favorì l’iniziativa privata, le grandi corporations, ridusse le imposte dirette, senza preoccuparsi delle classi più povere. Enormi squilibri sociali: specie gli operai comuni e quelli di colore erano svantaggiati rispetto agli altri. Ondata di conservatorismo ideologico: legge limitative dell’immigrazione, razzismo e diffidenza (condanna a morte dei due anarchici italiani, Sacco e Vanzetti) discriminazione contro i neri, e nel Sud diffusione impressionante del Ku Klux Klan. Proibizionismo era sulla scia di tutto ciò. Tuttavia aveva un ottimismo intramontabile, Wall Street lavorava freneticamente, anche se appoggiandosi per lo più su attività speculative; in realtà l’espansione americana era problematica: i beni di consumo durevoli saturavano il mercato, mentre il settore agricolo attraversava una crisi durissima. Fu allora che si tentarono di penetrare con l’EXP i mercati europei: da allora tra Europa e America vi fu un legame di interdipendenza economica, che si poteva però sfaldare da un secondo all’altro. Quando meno investimenti giunsero da noi, ciò si ripercosse sull’industria USA crisi del 1929. Il “grande collo” del 1929. Il crollo di Wall Street mise alla luce tutti gli squilibri dell’espansione. Tra il 24 e il 29 ottobre vi fu una grande corsa alla vendite, che fece precipitare il valore dei titoli, facendo volatilizzare intere fortune (molti suicidi). Pur avendo colpito i ricchi e i benestanti, il crollo arrivò a toccare tutta l’economia americana e da lì quella mondiale; il vero problema arrivò quando gli USA per difendersi smisero di inviare capitali all’estero e inasprirono il protezionismo. Tra il 1929 e 1932 il commercio mondiale calò del 60%. La recessione dilagò con la significativa eccezione dell’URSS. 14 milioni di dissocupati in USA, 15 in Europa. Industrie e negozi chiudevano. Agricoltura non aveva mercato di sbocco. Disastro economico che in alcuni paesi portò un senso di sfiducia che poi avrebbe attuato un mutamento politico. La crisi in Europa. In Europa tra l’altro entrò in crisi anche il sistema finanziario (le banche crollarono in Germania e Austria), con una conseguente crisi monetaria. Molto capitale inglese era investito in quei paesi sfiducia nella sterlina tutti le vogliono ritirare dalle banche o convertire in oro. Esaurite le riserve aurifere, finì la convertibilità svalutazione della sterlina. Molti paesi fecero lo stesso. Ma la crisi ebbe effetti così negativi e duraturi anche perché i politici non sapevano come gestirla, e usavano i vecchi mezzi, come il pareggio del bilancio. Politiche di austerità che però non fecero che ridurre ulteriormente la domanda interna, aggravando il tutto. Dal 1933 qualche miglioramento, ma in realtà si uscì dalla crisi economica solo col riarmo e la seconda guerra mondiale. La crisi in Germania fu particolarmente forte, a causa del legame strettissimo della sua economia con quella americana: governo Spd in crisi. Nel 1930 arrivò al governo il Centro cattolico con Brünin ➔ politica di sacrifici, anche per mostrare al mondo la severità delle sanzioni nel 1932 le riparazioni furono abbassate e il pagamento fermato per tre anni, ma tali politiche avevano creato sei milioni di disoccupati ne approfittarono i nazionalsocialisti. In Francia la crisi arrivò tardi e durò di più, perché Parigi tentò a lungo di difendere il franco, invece che svalutarlo (fu fatto solo nel 1937). Instabilità politica: diciassette governi tra il ’29 e il ’36. GB: ministero laburista Mac Donald fronteggiò la crisi tagliando i sussidi ai disoccupati. Con l’opposizione delle Trade Unions, Mac Donald le mollò e fece una coalizione con liberali e conservatori svalutazioni e politiche che favorivano gli scambi all’interno del Commonwealth GB uscì dalla crisi prima degli altri Paesi. 51 Roosevelt e il “New Deal”. Elezioni presidenziali 1932: Hoover sconfitto dal democratico F.D. Roosevelt. Pur non avendo un programma ben definito Roosevelt era popolarissimo, perché ispirava fiducia (“chiacchierate al caminetto” famosissime e amatissime). All’insediamento egli parlò di un New Deal che voleva avviare nella politica economica e sociale: un nuovo stile di governo che avrebbe visto già nei primi “cento giorni” un intervento dello Stato nei processi economici e nelle riforme sociali. All’inizio furono stabilite le terapie d’urto per bloccare il grosso dei danni: ristabilimento sistema creditizio, svalutazione dollaro, aumento sussidi. Inoltre nuovi strumenti d’interventi: Aaa, Agricultural Adjustament Act, voleva limitare la sovrapproduzione agricola; Nira, National Industrial Recovery Act, stabiliva codici comportamentali per la concorrenza tra imprese e tutelava i lavoratori; istituzione del TVA, Tennessee Valley Authority, per sfruttare le risorse idroelettriche del bacino del Tennessee, producendo energia a buon mercato. Ma a parte la TVA gli altri progetti furono lenti a partire e diedero mediocri risultati maggiore intervento statale aumento spropositato della spesa pubblica e vasti programmi di opere pubbliche (per limitare disoccupazione). 1935: riforma fiscale, legge sulla sicurezza sociale, diritto alla contrattazione collettiva e ad avere un sindacato. Roosevelt si garantì così l’appoggio sindacale, in un periodo di grandi tensioni sociali. L’opposizione rooseveltiana era notevole (persino la Corte Suprema), ma la sua vittoria schiacciante alle elezioni del 1936 la zittì. Il New Deal dimostrò che a volte l’intervento statale è indispensabile, però non riuscì a ridare slancio all’iniziativa privata. Il nuovo ruolo dello Stato. Prima della crisi l’intervento statale era visto come sporadico e limitato ad alcune specifiche situazioni; dal 1929 in avanti allo Stato spettarono nuovi oneri, non solo controllo e sostegno esterno Stato divenne un soggetto attivo dell’espansione economica. La grande trasformazione degli anni ’30 fu il passaggio al capitalismo diretto, che limitava in alcuni casi la libertà individuale. Realtà analizzata nel 1936 da John Maynard Keynes, già critico sull’osservanza dogmatica del liberismo. Stabilì una serie di correttivi all’instabilità capitalista, senza mai spostarsi su soluzioni socialiste. Però da solo il capitalismo non era in grado di creare equilibrio. Secondo lui allo Stato spettava aumentare la spesa pubblica per accrescere la domanda effettiva. Quindi andava abbandonato il mito del bilancio in pareggio. Fu di grande ispirazione per le politiche economiche del New Deal rooseveltiano. I nuovi consumi. Nuove abitudini di consumo e nuovi modelli di vita urbanizzazione, anche con la crisi del settore agricolo e nonostante le teorie ruralistiche. Quindi sviluppo del settore edilizio case sempre migliori e più vivibili, nelle periferie e nei centri mezzi pubblici (tram elettrici e autobus). I salari reali di chi aveva mantenuto il lavoro nonostante la crisi non scesero il crollo dei prezzi agricoli permetteva loro di consumare nuovi beni, quelli del cosiddetto consumo di massa, che si era affermato in USA nei ’20 e in Europa arrivò dieci anni dopo in piena depressione. Apparivano anche in Europa le prime vetture “popolari”, come la Volkswagen in Germania o la Topolino in Italia. Anche l’uso di elettrodomestici andava via via estendendosi. Le comunicazioni di massa. Grande successo ebbero la radio e il cinema, che divennero ben presto elementi caratteristici della società di massa; la radio costava poco e non necessitava di manutenzione, divenne popolare con la guerra, quando si trasformò in un mezzo per comunicare con un gran numero di persone; boom degli apparecchi, specie in USA, a partire dal 1920, anno di inizio anche delle prime trasmissioni (in UK ad esempio gestite o su modello della BBC). Tempo libero occupato dalla radio, nel periodo in cui i quotidiani subirono un calo notevole (nacquero così le riviste illustrate, come “Life”). Anni di affermazione della radio, è un mezzo utilissimo, un’invenzione epocale; anche il cinema si sviluppò in quegli anni; verso la fine dei Venti arrivò il sonoro, e con esso anche il “divismo” di massa erano nuovi modelli di vita ad essere suggeriti. Radio e cinema erano mezzi di svago, di informazione ma anche di propaganda (cinegiornali) contribuirono ad accentuare il lato spettacolare della politica (nazismo se ne servì molto). La scienza e la guerra. Negli anni ’20 e ’30 vennero fatte alcune scoperte scientifiche destinate a segnare la storia futura: anzitutto quella dell’energia nucleare (che avrebbe portato qualche anno più tardi alla costruzione della bomba atomica). Sul piano delle applicazioni belliche della scienza, sono da ricordare i grandi sviluppi dell’aeronautica. Arma aerea sempre più minacciosa. Prime imprese aeree, come le trasvolate atlantiche anche l’aviazione civile avanzò timidamente in quegli anni. La cultura della crisi. Nella cultura europea si accentuarono allora i fenomeni di disgregazione e di perdità dell’unità, tanto che nessuna delle correnti del periodo può essere assunta, da sola, come particolarmente rappresentativa. I maggiori personaggi di allora, 52 come Picasso ad esempio, non facevano parte di nessuna avanguardia. Il romanzo borghese entrò in crisi. C’era una ricerca, a volte folle e delirante, di nuovi modi di esprimersi. Furono anni, per gli intellettuali, di grandi contrapposizioni ideologiche (liberalismo-comunismo, democrazia-fascismo) e di impegno politico (essi erano chiamati ad appoggiare apertamente certe idee e affermazioni). L’emigrazione degli intellettuali tedeschi durante il nazismo, dopo quelli russi sotto lo stalinismo, provocò un impoverimento culturale dell’Europa, a favore degli Stati Uniti. 55 divennero 10 milioni. Ritmi di crescita mai visti prima. Gli operai furono convinti a fare sacrifici dalle convincenti ideologie staliniane, che premiavano l’impegno e si mescolavano anche ad un certo patriottismo; aveva presa sulle masse lavoratrici. Nacque lo stacanovismo (da Aleksej Stachanov), celebrato anche da giornali e cinema. Nel mondo l’URSS era ammirata per questa impresa epica, ma i costi umani e politici dei piani non si conoscevano affatto. Nelle campagna era una tragedia. Il potere assoluto di Stalin cresceva. Lo stalinismo. Stalin, alla stregua di Hitler, divenne il capo carismatico, prosecutore del lavoro di Lenin, era diventato il padre e la guida infallibile del suo popolo. Depositario della dottrina marxista-leninista, dettava anche le direttive della cultura censura e propaganda, andava seguito il “realismo socialista”, cioè la sola realtà sovietica. Stalinismo è di difficile interpretazione: per alcuni è un’anomalia di destra nella rivoluzione, per altri una ovvia conseguenza del leninismo e del bolscevismo, per altri una forma nuova di dispotismo industriale, per altri semplice e naturale eredità del centralismo zarista. Stalin portò agli eccessi alcune teoria di Lenin, condendole con arbitrio e spietatezza. Sterminò i suoi rivali politici, e con loro chiunque fosse sospettato di “deviazionismo”. Macchina del terrore 1934: iniziarono le “grandi purghe” staliniane, era una gigantesca repressione poliziesca. ”Arcipelago Gulag”, l’insieme dei campi in cui furono mandati i “dissidenti”. Processi arbitrari. Vennero uccisi anche i più vicini a Stalin, vittime di una macchina da loro stessi creata. Trotzkij venne freddato da un sicario di Stalin in Messico, nel 1940. Secondo certe stime, tra il ’28 e il ’39 le vittime dello stalinismo sarebbero 10-11 milioni. Gli echi in Occidente ci furono, ma per svariati motivi non si fece nulla (l’URSS era importante per antifascismo). La crisi della sicurezza collettiva e i fronti popolari. Le prime iniziative hitleriane in politica estera furono il ritiro della Germania dalla conferenza internazionale di Ginevra e poi dalla Società delle Nazioni. La politica aggressiva tedesca destava preoccupazione in Europa, anche nell’Italia affine e revisionista (dell’assetto creato a Versailles). Quando fu assassinato il cancelliere austriaco Dollfuss da reparti infiltrati nazisti, l’Italia schierò le sue truppe al confine e Hitler, ancora impreparato, dovette far marcia indietro. Alla conferenza di Stresa del 1935 Italia, Francia e GB condannarono il riarmo tedesco (Hitler aveva intanto reinserito la coscrizione obbligatoria), riaffermarono la validità di Locarno e il loro interesse all’indipendenza dell’Austria. Nel 1935 Stalin dovette scendere in campo e rompere il silenzio, viste le non troppo celate idee di Hitler riguardo la Russia: entrò nella Società delle Nazioni e stipulò un’alleanza militare con la Francia. Dalle critiche al cosiddetto “socialfascismo” l’URSS passò al VII congresso del Cmintern (1935) ad una linea dura contro il fascismo, visto ora come il vero pericolo. Era compito sovietico cercare di creare ampi fronti popolari che raccogliessero tutti i governi e i popoli intenzionati a combattere la minaccia fascista, anche quelli borghesi. L’Europa temeva il fascismo: in particolare la Francia, nel febbraio 1934, vide l’estrema destra organizzare una marcia sul Parlamento per protestare contro il governo Daladier, fermata dalla polizia e osteggiata da manifestazioni con socialisti e comunisti insieme patti di unità d’azione tra socialisti e comunisti. Ciò diede l’illusione di una sinistra forte che potesse battere il fascismo, ma no. Nonostante la politica di sicurezza collettiva l’Italia attaccò l’Etiopia e la Germania inviò truppe nella Renania “smilitarizzata”. Se non altro le iniziative dei fronti popolari ridiedero unità e speranza ai movimenti operai. Addirittura il Fronte popolare vinse le elezioni in Spagna e in Francia; qui fu la volta del governo Blum, primo governo socialista della storia francese gli operai festanti iniziarono proteste durissime che finirono con la firma degli accordi di Palazzo Matignon, storici per il movimento dei lavoratori (40 ore la settimana, e ferie). Ma ciò non fece bene all’ancora vacillante economia francese inflazione. Il Fronte ebbe vita breve. La guerra civile in Spagna. Tra il 1936 e il 1939 la Spagna fu dilaniata dalla guerra civile. Aveva motivi interni, che però finirono per peggiorare anche la situazione internazionale. Il Paese era stato traversato da tensioni politiche e sociali notevoli, era molto arretrato e si trovava spaccato in due tra un ceto dominante reazionario e un proletariato vicino alle istanze anarco-sindacaliste. Aristocrazia ancora forte. 1936: vittoria del Fronte popolare tensione esplode in tutto il Paese: collera popolare contro proprietari terrieri, mentre la classe dominante rispose con la repressione operata dalla Falange. Le truppe coloniali in Marocco furono il fulcro della ribellione. Le truppe ribelli guidate da Francisco Franco presero in fretta la Spagna occidentale, mentre quelle repubblicane riuscivano a mantenere il controllo su Madrid e il Nord-est. Però i franchismi furono aiutati parecchio da Italia e Germania (questa vi mandò aerei, per testare la sua aviazione) aiuto fascista fu determinante. Mentre la Repubblica non ottenne alcun appoggio dalle potenze democratiche, che avevano votato per un non intervento, molto meno pericoloso. L’unica ad aiutare fu l’URSS che fece sì che si costituissero delle Brigate internazionali che raccogliessero chiunque volesse combattere i fascisti (anche Hemingway c’era). Tuttavia esse non erano sufficienti a fermare l’avanzata franchista. Mentre il caudillo Franco guadagnava consensi e attuava l’unità di tutte le destre sotto un partito unico chiamato Falange nazionalista, il Fronte popolare perdeva terreno, anche a causa delle tensioni interne tra anarchici e comunisti (scontro di Barcellona, 1937) entusiasmo popolare si esaurì. I franchismi attuarono per 56 oltre un anno una lenta ma sistematica e crudele offensiva che finì per spezzare in due il corridoio Madrid-Catalogna. Quando la Repubblica spagnola fu abbandonata da tutti, all’inizio del 1939, Madrid cadde. 500.000 morti in tutto il Paese. Franco al potere. Guerra civile preludio del conflitto mondiale. L’Europa verso la catastrofe. La politica estera hitleriana accelerò il cammino verso la tragedia della guerra. GB e Francia avevano un atteggiamento arrendevole; la Germania aveva ormai l’amicizia dell’Italia, e Hitler si vide abbastanza forte da iniziare il suo programma: riunificate tutta la Germania ed espandersi ad est a danno della Russia. Per il Führer lo scontro con Fr e GB non doveva essere automatico, sperava di evitarlo: lo stesso Chamberlain, PM inglese, propose l’ “appeasement” nei confronti del Reich. Proponeva cioè di dare a Hitler quello che voleva nei limiti del ragionevole come risarcimento per Versailles, di ammansirlo. L’unico davvero contrario, insieme ad un altro po’ di conservatori, era Winston Churchill, che voleva fermare la Germania a tutti i costi. La Francia in crisi viveva nell’ombra di Londra, non prendeva posizione, avendo paura della Germania e domandandosi se valesse la pena di fare una guerra per difendere i comunisti. Hitler aveva così campo libero marzo 1938: “Anschluss”, annessione, dell’Austria. Stavolta Mussolini non si oppose, e altrettanto fece Londra, che non si interessava di Vienna. Altra questione: i tedeschi sudeti residenti in Cecoslovacchia. Questa terra fu sacrificata, per accontentare le smanie espansionistiche di Hitler (accordi di Monaco, ‘38). L’URSS abbandonò la sua politica di alleanza con democrazie, sentendosi esclusa. Pace di Monaco era falsa, il conflitto alle porte; Hitler si sentiva forte e legittimato, perché Fr e GB non erano più credibili, con il loro comportamento permissivo e debole. 57 L’Italia fascista Il totalitarismo imperfetto. L’Italia era già un totalitarismo nel ’20, quando ancora in Germania il nazismo era una forza marginale. Due strutture e gerarchia: quella dello Stato (impalcatura monarchica) e quella del partito, tra le quali faceva da tramite il Gran consiglio del fascismo. Mussolini era invece capo del governo e duce del fascismo, potere supremo. Nel fascismo italiano, tuttavia, lo Stato continuò sempre a prevalere sul partito (la Milizia non fu mai niente di simile alle SS). Tuttavia il Pnf continuò a dilatarsi e ad inserirsi nella società civile l’adesione al partito era una pratica di massa, quasi una formalità burocratica. La fascistizzazione del paese fu anche appoggiata dalle organizzazioni laterali del partito: l’Opera nazionale dopolavoro (tempo libero dei lavoratori), il Comitato olimpico nazionale (Coni) e le varie organizzazioni giovanili (i Fasci giovanili, i Gruppi universitari fascisti, l’Opera nazionale Balilla). Tra i 12 e i 18 anni ricevevano indottrinamento ideologico, dei rudimenti di istruzione “preliminare”, venivano dividi in balilla e avanguardisti. I Figli della lupa erano quelli sono i 12 anni. Il progetto totalitario c’era: il fascismo voleva occupare la società e riplasmarla. Ma i risultati non sempre ci furono, anche a causa del peso della Chiesa, che fu fin da subito un ostacolo Mussolini cercava l’accordo dialogo portato avanti segretamente che sfociò nel febbraio 1929 nei Patti lateranensi, comprendenti un trattato internazionale (Santa Sede riconosceva l’Italia con capitale Roma, mentre lo Stato italiano le riconosceva il Vaticano), una convenzione finanziaria e un concordato, sui rapporti tra Stato e Chiesa (insegnamento religione, matrimonio...) notevole successo propagandistico. Prime elezioni plebiscitarie, marzo 1929: 98% di voti favorevoli. La Chiesa fu favoritissima dai patti, perché in cambio di qualcosa che aveva già perso da decenni ebbe molta libertà di azione (ad esempio le organizzazione giovanili, che se non concorrenza rappresentavano un’alternativa a quelle fasciste). Oltre alla Chiesa Mussolini doveva fare i conti con la monarchia, che non gli era affatto subordinata. Il re era la più alta carica, e a regime debole avrebbe avuto le carte migliori . Il regime e il paese. L’immagine dell’Italia del ventennio era quella di un paese molto fascistizzato. Mussolini riprodotto ovunque, fascio littorio su ogni edificio, libro, etc, scritte guerriere sui muri, grandi mobilitazioni, sfilate degli scolari in camicia nera... Ma era vera questa immagine? Il Paese reale com’era? Statisticamente, si scopre che l’Italia continuò a crescere appena più lentamente degli altri Paesi europei; dal ’21 al ’39 popolazione passò da 38 a 44 milioni, urbanizzazione, diminuzione impiegati agricoltura. Nonostante ciò era però un paese arretrato. Reddito medio italiano era la metà di quello francese, un terzo di quello inglese, un quarto di quello americano. Spendevano metà delle entrate per mangiare, sempre le stesse cose. Anche i beni di consumo durevoli erano molto meno diffusi, dalle auto alle radio ai telefoni. Tutto ciò in realtà ben si coniugava con il tradizionalismo fascista, con il ruralismo convinto propagandato dal regime; credendo che la forza di un Paese risiede nel numero dei suoi abitanti, Mussolini incoraggiò la crescita demografica il regime era dunque contrario all’emancipazione femminile, anche se anche le donne ebbero le loro organizzazioni facenti capo al fascismo (piccole italiane, giovani italiane, massaie rurali); eppure la loro immagine restava quella di massaia, di angelo del focolare. Tuttavia il regime aveva contemporaneamente al suo tradizionalismo un’utopia dell’”uomo nuovo”, di un regime moderno e potente un Paese arretrato era inaccettabile. Carta del lavoro non garantiva i lavoratori calo salari. Il consenso maggiore fu raccolto tra la piccola e media borghesia, classe più legata ai valori fascisti e più favoriti dalle scelte del regime. Fascismo non cambiò il modo di vivere e pensare radicalmente, interessò solo i ceti medi. Cultura, scuola, comunicazioni di massa. Dopo la riforma Gentile il fascismo cercò di fascistizzare ulteriormente la scuola: controllo sugli insegnanti, testi unici, etc. Rispetto a elementari e medie l’università restò molto più autonoma: che aderissero o no al partito e alla sua ideologia, i professori non si preoccupavano a proseguire il loro cammino come se niente fosse. L’adesione dell’alta cultura vide molti nomi illustri accanto al regime, da Marconi a Pirandello. Ma il controllo su di loro fu relativo; controllatissima era la cultura di massa, e quindi i mezzi di comunicazione. Il controllo sulla stampa era capillare, ma non era solo censura: veniva indicato cosa scrivere. Se ne occupava il duce in persona. La radio divenne un mezzo di comunicazione di massa, in Italia, dal 1935 in avanti; prima era poco diffusa, poi il regime la installò nelle scuole, ad esempio. Alle orecchie degli italiani arrivavano canzonette, cronache del regime, notiziari politici, sceneggiati radiofonici, etc. Cinema, venivano censurati i film considerati sconvenienti, ma non ne venivano prodotti di propagandistici: per questo c’erano già i cinegiornali dell’Istituto Luce. Efficacissimi strumenti. 60 Declino degli imperi coloniali Il declino degli imperi coloniali. Tra le due guerre l’egemonia europea iniziò a traballare; GB e Francia si illusero a lungo di poter continuare ad essere grandi potenze mondiali, in virtù dei loro immensi imperi coloniali, dove nel frattempo si iniziavano a fare spazio movimento indipendenti, tanto in Asia quanto in Africa. Le colonie erano state ciecamente sfruttate durante il conflitto per avere materie prime e soldati sempre a disposizione i popoli dei paesi coalizzati assumono una consapevolezza nuova e iniziano a reclamare i loro diritti, sotto anche le spinte delle rivoluzioni russa e kemalista. I bolscevichi in particolare si dichiaravano apertamente a sostegno dei movimenti di liberazione dall’imperialismo. Da un altro lato l’influenza dell’ideologia wilsoniana diede una notevole spinta, con il discorso dell’autodeterminazione, ma contemporaneamente la costituzione dei mandati. Il nodo del Medio Oriente Durante il conflitto i movimenti indipendentisti erano stati strumentalizzati da una o l’altra potenza per fini bellici o strategici, specie ad opera degli inglesi in Nord Africa. Londra sin dall’inizio sostenne il nazionalismo arabo 1915-16: accordi ManMahon-Hussein, con quali si decise la nascita di una grande regno arabo indipendente (Siria, Mesopotamia e Arabia) Hussein lanciò la guerra santa contro i turchi (le truppe erano sostenute e guidate dal celebre Lawrence d’Arabia). Altro problema nella regione: gli interessi e gli appetiti coloniali francesi. 1916: spartizione Medio Oriente tra Fr e GB dopo la IGM la spartizione sarebbe stata ufficializzata con i mandati: a Parigi Siria e Libano, a Londra Mesopotamia e Palestina. Gli inglesi in cambio del mancato regno arabo crearono Transgiordania e Iraq, mentre in Palestina, con la dichiarazione Balfour, aprivano la strada all’immigrazione ebraica, sotto la spinta del movimento sionista inizio questione palestinese. Rivoluzione e modernizzazione in Turchia. Il risveglio nazionale arabo fu insieme causa ed effetto del crollo dell’Impero ottomano, cui dopo il conflitto toccò la sorte peggiore. Occupazione greca di Smirne; Turchia era anche al centro delle mire anglo-francesi. La reazione fu guidata dal generale Kemal, che con i “giovani turchi” aveva combattuto gli inglesi. Quando le potenze trattavano con il sultano- fantoccio, un’Assemblea nazionale riunita ad Ankara gli diede il compito di liberare il Paese dopo neanche due anni inglesi e francesi se ne andarono e la Grecia fu lasciata da sola, e sconfitta ripetutamente tragedia nazionale greca il ritorno in patria di oltre un milioni di profughi riannessione dell’Anatolia e della Tracia orientale. Trasformazione della Turchia in uno Stato nazionale, laico e repubblicano Kemal fu nominato presidente, con il soprannome di Atatürk, e si impegnò a fondo in occidentalizzazione e laicizzazione statale. 20.4 L’Impero britannico e l’India. La GB fu l’unica a capire cosa andava fatto, e ad allentare il legame con le colonie per renderle più autonome creazione di Transgiordania e Iraq, poi dell’Arabia Saudita; non solo, Egitto indipendente nel 1936 (anche se con il controllo brit di Suez). Londra 1926, conferenza imperiale nascita del Commonwealth (i dominions furono riconosciuti autonomi). Il problema era che l’India era la più importante delle colonie britanniche, ma anche quella con il più forte movimento nazionale; durante la guerra il governo inglese promise l’autogoverno per l’India in cambio della sua fedeltà nei tempi bui del conflitto ma i nazionalisti continuano la loro azione massacro di Amritsar. 1920: nasce il Partito del Congresso. Intanti la predicazione di Gandhi della non-violenza, della resistenza passiva e della non-collaborazione con la potenza coloniale diventava un fenomeno di massa in tutta l’India. Inprovvedimenti a favore dell’allentamento dei vincoli tra GB e India non servirono a molto, essendo tardivi: India indip dopo IIGM. Nazionalisti e comunisti in Cina. Tra le due guerre la Cina fu lacerata dalla guerra civile. Il regime autoritario di Yuan Shi-kai non riuscì a stabilire pace e unità semianarchia, invece. Il governo non era abbastanza forte né per controllare i signori della guerra che 61 imperversavano nelle province, né per fermare le velleità imperialistiche giapponesi. La partecipazione alla guerra a fianco dell’Intesa non servì a niente, perché a Parigi la Cina non ottenne niente l’umiliazione fece scattare i nazionalisti nel maggio 1919, in concomitanza con il ritorno di Sun Yat-sen, che fondò un suo governo a Canton. La sua opposizione al governo centrale si vide sostenuta anche dal Partito comunista, che quindi si alleò con il Kuomintang, anche sotto le spinte sovietiche. Ma l’alleanza tra nazionalisti e comunisti non sopravvisse alla morte di Sun Yat-sen nel 1925. Il suo successore era Chang Kai-shek, che non amava i comunisti e iniziò immediatamente una campagna contro il governo di Pechino, ma anche contro i movimenti operai, come quello di Shangai. Il Partito comunista fu dichiarato fuori legge. Chang Kai-shek cercò di rimodellare la Repubblica secondo schemi occidentali, ma i problemi delle basi rosse e dei signori della guerra restavano tutti lì; nel 1931, poi, i giapponesi invasero la Manciuria e vi crearono uno Stato-fantoccio, il Manchu-kuo. L’inerzia di Chang Kai- shek diede una spinta ai comunisti, che iniziarono a muoversi secondo la strategia contadina di Mao Tse- tung. Poco ortodossa, ma corretta: erano le masse rurali le vere protagoniste della rivoluzione. Chang Kai- shek si trovò a combattere su due fronti, ma si concentrò sulla lotta ai comunisti tra il ‘31e il ’34 lanciò contro di loro una serie di fortissime offensive lunga marcia di 100.000 comunisti dallo Hunan verso lo Shanxi. Arrivarono decimati, ma i vertici c’erano ancora, la Repubblica comunista si stava ricostituendo sotto la guida illuminata di Mao. Al successivo tentativo di Kai-shek però l’esercito chiese la costituzione di un fronte unito contro la minaccia nipponica e la fine della guerra civile. 1937: Giappone attaccò in forze il territorio cinese, e nonostante la resistenza accanitissima riuscì a garantire la sua egemonia sulle coste e le principali città (governo collaborazionista a Nanchino). 20.6 Imperialismo e autoritarismo in Giappone. Il Giappone era ormai la principale potenza asiatica, la sua economia era estremamente dinamica (specie quelle delle zaibatsu, grandi concentrazioni industriali- finanziarie). Impetuosa crescita demografica e struttura “prussiana” della classe dirigente imperialismo verso la Cina soprattutto. Primo decennio postbellico: dialettica politica garantita; poi però comparvero i movimenti autoritari di destra, su modello fascista europeo e di cultura tradizionalista crescente autoritarismo. Tuttavia si arrivò al partito unico soltanto nel 1940; assunzione diretta del potere da parte dei generali e degli esponenti degli zaibatsu, con la autorevole copertura di Hirohito, salito al trono imperiale nel 1926. Queste le contingenze che portarono il Giappone verso la dittatura e la seconda guerra mondiale. Dittature militari e regimi populisti in America Latina. La crisi del 1929 non mancò di toccare l’America Latina, dove alcuni Paesi la vissero passivamente, mentre altri le risposero avviando processi che li avrebbero portati a sviluppare un settore manifatturiero, e approfittando degli alti prezzi delle loro materie prime per sviluppare l’industria pesante. Politicamente fu una fase molto travagliata per il continente; nei paesi concentrati sulla monocoltura governavano le oligarchie terriere, tra instabili regimi liberali e spietate dittature (Batista a Cuba o Trujillo a Santo Domingo). Dove invece c’erano movimenti operai le cose erano diverse, intrecciandosi con la generale crisi liberale di quegli anni ovunque, ad eccezione del Cile, si sperimentarono forme di autoritarismo. In particolare, in Argentina un colpo di stato portò al governo il radicale Yrigoyen (governi conservatori per i successivi 10 anni), mentre in Brasile si impose il populismo autoritario di Vargas rapporto diretto masse-leader, nazionalismo e intervento statale in economia, legislazione sociale avanzatissima. Come quella del Messico di Càrdenas (nazionalizzazione del settore petrolifero e riforma agraria). La visione più ambigua del populismo sarà certamente il peronismo. 62 WWII Giappone: Tra la fine dell’Ottocento e la prima metà del novecento il Giappone ha come grande rivale la Cina, inizia quindi una politica di potenza giapponese e inizia la politica espansionistica giapponese, anticipando l’Italia e la Germania  l’occupazione della Manciuria (1931), che diventa, assieme a Taiwan e la Corea, uno stato cuscinetto  inizia la conquista il sudest asiatico a scapito della Francia e Gran Bretagna ➔ petrolio  Nel 1937 conquista anche la Cina orientale Vengono stipulati, inoltre, i primi patti conl’intesa:  Nel 39 stipula con la Germania il patto del Aticomiten, a stipulare un’unione anti sovietica e anticomunista.  Esce dalla società delle nazioni nel 1933  Nel 1940, la guerra incomincia circa da un anno, viene stipulato l’asse Roma-Berlino-Tokyo. In Europa: Si inizia con una politica tollerante nei confronti dell’espansionismo tedesco, le politiche francesi e britanniche hanno accettato l’espansione verso l’Europa centro orientale per evitare una nuova grande guerra. Le cause della seconda guerra mondiale Si incomincia dal 1931 in cui l’asse con il Giappone inizia la politica espansionistica, conquistando la Manciuria e Giappone e Germania escono dalla società delle nazioni. Con la guerra di Etiopia (1935-1936) conquistano l’unico stato indipendente e l’Italia esce dalla società delle nazioni in quanto volevano i fascisti non pagare le sanzioni economiche imposte a seguito della conquista dell’ Etiopia. SI formano subito i primi patti con i primi trattati tra l’intesa • l’Asse Roma Berlino = Durane la guerra civile spagnola supportando il dittatore Francisco Franco, i nazionalisti vincono la guerra civile e Franco è dittatore fino agli anni ‘70 Hitler ha l’intenzione di unire tutte le popolazioni filo tedesche in tutta l’Europa orientale con la dottrina dell’Anshluss, sogno politico della riunificazione di tutte le politiche in un solo impero, ovvero il terzo Reich • 1938 = annessione nell’Austria Le altre potenze, sono ignare della mitomania e della sete di potere di Hitler credono che con la politica dell’ appeasment potrà essere contenuto . Annessione della regione dei Sudeti, politicamente cecoslovacchi ma etnicamente tedeschi con la conferenza di Monaco del settembre del 1938. Tuttavia nel marzo del 1939 viene annessa tutta la Cecoslovacchia Anche l’Italia fascista provvede ad invadere l’Albania, protettorato italiano nei Balcani, nel maggio del 1939 si conferma l’allena Roma e Berlino con il patto di acciaio, che obbliga le potenze ad aiutarsi nel caso di un secondo conflitto mondiale. Nell’agosto del 1939 viene sancito il patto Molotov-Ribbentrop per la spartizione segreta della Polonia - Provoca dissenso tra i Nazisti dato il piano del Mein Kamf di unire tutto l’est a scapito dell’unione sovietica 1 SETTEMBRE 1939 INIZIA LA SECONDA GUERRA MONDIALE, quando UK e Francia dichiarano guerra alla Germania dopo l’invasione da parte della Polonia da parte di Germania e URSS. Inizia quindi come conflitto prettamente Europeo. La Cina dal punto di vista economico al collasso totale, finisce l’impero e nasce la repubblica nazionalista. Come reazione al partito nazionalista filo occidentale si forma il partito comunista cinese con Mao Tse- Tsung tra il ’26 e il ’29 con una guerra politica vinta dai nazionalisti. I maoisti e i commisti entrano verso le zone più urbane nella Cina sudorientale. Il comunismo nasce dalla ribellione dall’ imperialismo europeo (anni 20) e giapponese (fino alla seconda guerra) 65 Nascita della guerra fredda Aspettative del dopo guerra ` Il secondo dopo guerra portò inoltre al bisogno di una ricostruzione fisica, una profonda rottura culturale e psicologica. Si doveva, infatti, rigettate tutte le idee di potenza prebelliche, si doveva rifondare il concetto di nazione e un cambiamento del patto politico tr stato e cittadini. Sul piano geopolitico, inoltre, in Europa, il paese più dilaniato e devastato dalla guerra, tutte le vecchie superpotenze erano state distrutte. La potenza tedesca, svanita, non doveva essere assolutamente risorta, non molti credevano nella rinascita della potenza francese, sgretolata nel 40 e l’Itali era ormai esclusa dagli alti ranghi internazionali In Europa, quindi, non c’era nessuna potenza capace di sfidare l’URSS ➔ si prevedeva allora il codominio tra britannici e sovietici. Gli inglesi, consapevoli dei loro problemi e del fatto che erano dipendenti dagli americani, ipotecarono il dopoguerra in tre punti: a. Contenere per quanto possibile l’espansione dell’Unione Sovietica: nell’ottobre del 1944 Churchill , tracciò una mappa con le varie zone ‘influenza dell’urss e dell’uk nei paesi balcanici b. La Germania, ancora baricentro dell’Europa, non doveva cadere in mano all’URSS. c. Con la Gran Bretagna, garante della stabilità in Europa occidentale ( e preferibilmente anche centrale), e quindi fonte d’influenza capace di limitare il potere tedesco, gli US non dovevano disimpegnarsi dalla ricostruzione dell’Europa. Si mirava quindi a un tradizionale equilibrio, dove tuttavia gli Stati Uniti facevano da fattore decisivo. Anche i sovietici stessi avevano intuito che, una volta finita la guerra, loro sarebbero stati la potenza più prominente dell’Europa. Nel 1944 Majskij e Litvinov avevano disegnati uno scenario dove l’URSS era potenza egemone. Per diventare tale, l’unione sovietica doveva assicurarsi il controllo diretto del baltico e del Bosforo, impedire la rinascita della Germania e della Francia e facilitare la diffusione di regimi basati su idee del fronte popolare ➔ Mosca avrebbe fatto da centro per tanti paesi piccoli e medie. A separarli dalla Gran Bretagna e dalle potenze occidentali era necessaria una fascia di paesi neutrali, e comprendeva Norvegia, Austria, Germania e Italia. Quindi: Uk in occidente, URSS in oriente e gli US estranei ala situazioni  Majskij sosteneva come l’imperialismo dinamico statunitense avrebbe minacciato il colonialismo britannico  Litvinov prevedeva un colcò antisovietico formato da US e UK, senza però individuare autentici conflitti di interesse ERA UTILE AVERE UNA COOPERAZIONE A TRE DURANTE IL DOPOGUERRA. In questo modo A. La creazione di un’alleanza antisovietica sarebbe stata difficile B. Avrebbe potuto ottenere riparazioni dalla Germania e crediti dagli us • I sovietici avevano già detto di voler tenere i territori da loro conquistati con il patto Molotov- Ribbentrop, inglobando i paesi baltici e la parte orientale della Polonia, in modo tale da tornare alle frontiere dell’impero zarista. • Inoltre volevano il controllo dei paesi orientali, della Polonia per poi arrivare alla germania tramite la sua distruzione militare e grazie a futuri accordi alleati La convinzione di una sicurezza totale staliniana era fondata sulla potenza militare del paese e del dominio territoriale, alimentando il mito di un’Unione sovietica forte dinanzi a un’Europa debole. Stalin prevedeva, inoltre, la guerra come conseguenza inevitabile del capitalismo, vedendola come irriducibile e necessaria ➔ il periodo del primo dopoguerra era visto come un periodo di tensione tra capitalismo e socialismo e di una crisi storica del capitalismo. Per Stalin, si doveva quindi rafforzare il dominio geopolitico delle aree circostanti sia per preservare la sicurezza del paese fa un pondo ostile che per rafforzare il socialismo nei territori dove l’unione sovietica era egemone. I sovietici si preparavano quindi a vivere in un mondo ritenuto come ostile affidandosi alle forze della storia le quali, secondo il pensiero Marxista e Leninista, avrebbero portato a un terzo conflitto tra capitalismo e socialismo, che 66 avrebbe portato a confondere e logorare gli avversari ➔ lotta di posizione e di tattiche dove si dovevano evitare rischi inutili. Il dopo guerra era quindi un periodo di consolidamento per l’unione, dove la collaborazione internazionale aveva come fine quello di facilitare gli scopi staliniani, non quello di delineare un ordine nazionale collaborativo. Ad alimentare le ipotesi di Stalin era il fatto che l’ultimo anno di guerra sembrava andare molto bene per l’unione sovietica:  L’avanzata dell’Armata Rossa dava la possibilità si assicurarsi i confini del 1941 e di espandersi ulteriormente.  Nelle conferenze di Teheran (1943) e Jalta ( 1945) si andava a confermare un’idea di Europa Orientale governata dall’unione sovietica. • Roosevelt aveva bisogno dell’intervento sovietico contro il Giappone. Washington e Londra andavano solo a limitare un’ipotesi a chiusura dell’Europa orientale e il potere esclusivo sulla germania, divisa in zone di occupazione, spostando a ovest i confini polacchi. Inoltre, sebbene i principi democratici della dichiarazione sulla Europa liberale firmata a Jalta erano necessari nel controllo di un territorio, la sua applicazione si era spostata a dopo l a guerra, stessa cosa andava per la divisione della Germania ➔ l’URSS aveva spazio per applicare la logica di controllo nei paesi dell’Europa Orientale. Sulle altre parti erano necessarie forme di influenza diretta, quindi era necessario per i partiti comunisti, almeno per un primo tempo, seguire alternative moderate a governi di coalizione, evitando di partecipare in conflitti intempestivi. La Germania , chiave di volta del concetto di sicurezza staliniano,. Era necessaria una ricostruzione neutrale, smilitarizzata e de-nazficata . Era nozione comune anche il fatto che la Germania non sarebbe dovuta cadere nelle mani della Russia. Tuttavia, Stalin prevedeva che la Germania, al declino dell’influenza britannica successiva al ritiro degli americani, Tuttavia, mentre sostenevano con i communisti tedeschi alleanze con i partiti socialdemocratici, provvedevano a smantellare i tentativi si crescita di economia tedesca e adottando metodi di repressione e di terrore tipici della dittatura sovietica. L’URSS installò da subito, quindi , un clima di paura, diffidenza e ostilità. Un altro paese che aveva ragione di guardare al dopoguerra in modo ottimista erano gli Stati Uniti. Tra il ’38 e il ’45, infatti, la produzione industriale era quasi raddoppiata e il Pil si era alzato del 60% ➔ alla fine della guerra, complice anche il fatto che gli Stati Uniti non si trovassero al suo epicentro, gli US possedevano due terzi delle riserve auree e monetarie e si offriva al mondo come esempio di organizzazione sociale morale, ed efficace allo stesso tempo. Si presentava, quindi, come paladina della libertà. Nella pianificazione del dopo guerra fondamentale per gli americani era l’idea di un’economia mondiale. aperta, la quale non corrispondeva solo ai benessere degli americani ma ingloba a una concezione più ampia e pacifica ➔ dottrina internazionalista della porta aperta, dove gli americani avevano il compito storico di superare i conflitti e di garantire un periodo di cooperazione diplomatica tramite una Società delle nazioni ( UN). Con gli accordi Bretton -Woods il dollaro diventa moneta principale del mondo occidentale, altre valute convertite in dollari, unica valuta che può essere convertita in oro, e nacquero le istituzioni del fondo monetario c per la regolazione dei tassi di cambio delle varie valute nazionali e la Banca Mondale, che aveùùùcome compito la fornitura di crediti per tutti i paesi in difficoltà economica, disincentivando le chiusure protezionistiche. La concezione che gli usa sarebbero potuti sopravvivere anche in maniera autoctona antecedente alla guerra, era stata scartata. La miseria della grande depressione e delle reazioni protezionistiche, infatti, avevano indebolito la democrazia è alimentato i progetti totalitari. La rapida ascesa di Hitler, inoltre, aveva evidenziato il nesso tra debolezza economica, dittatura e guerra. Non si temeva, infatti, per l’incolumità fisica degli americani, quando per la sicurezza devi valori della sua società: se circondati da un mondo ostile e anti-democratico, infatti, anche gli Stati Uniti, costretti a diventare una grande potenza militare, per garantire la propria sopravvivenza, sarebbe dovuto diventare un regime totalitario. Questo si sarebbe tradotto in un dominio totale sui cieli e sui mari, la mancanza di una potenza ostile di controllare le risorse dell’Eurasia e nel ruolo di arbitro degli Stati Uniti, potenza egemone garante della libertà e della crescita internazionale. L’universalismo americano e la concezione del liberalismo politico trovarono approvazione in tutta europa, dove l’incognita rimaneva nell’unione sovietica. Roosevelt riteneva essenziale la collaborazione con l’unione sovietica. Il fallimento della società delle nazioni indicava il bisogno delle potenze vincitrici di assicurare una politica sicura: idea che al vertice delle nazioni unite ci sarebbero dovute stare le potenze vincitrici. Secondo Roosevelt, quindi, si doveva integrare il più possibile l’URSS nella comunità internazionale, impedendo tuttavia di fare crescere la sua influenza nei paesi dell’Europa orientale e del medio oriente. 67 A Roosevelt successe Truman, favorevole sia alle idee di Roosevelt, soprattutto per quanto riguardava le nazioni unite, che pere fare valere la forza americana ai sovietici e ed esigere comportamenti consoni al principio democratico di auto determinazione fino a quel momento rimandati. Esempio era la Polonia, dove i sovietici, complice anche l’ostilità della popolazione all’occupazione, non si era esercitata un’influenza consensuale e non repressiva. Alla fine della seconda guerra mondiale c’erano allora, come superpotenze i sovietici, che avevano come sicurezza il dominio territoriale e avevano la visione di conflitto internazionale come normalità e gli Stati Uniti, i quali avevano come forza l’interdipendenza internazionale e un’ideologia che aveva la pace come condizione necessaria. Le conseguenze della seconda guerra mondiale. La IIGM era stata uno spartiacque storico, con conseguenze incredibili sul mondo futuro. Vide la vittoria delle democrazie e ridisegnò la carta d’Europa, accelerando la crisi delle potenze europee: Germania debellata, Francia e GB indebolite e incapaci di mantenere colonie. Le uniche due che potevano aspirare ad essere potenze mondiali, o superpotenze, erano USA e URSS, due entità continentali e multietniche, ricche di risorse, con interessi mondiali, portatrici di due messaggi ben contrapposti: il messaggio americano, a sfondo individualistico, era fatto di pluralismo, democrazia liberale, concorrenza economica e libertà. Il messaggio sovietico era quello dell’anti- individualismo, del sacrificio e della disciplina, del modello collettivistico e centralizzato. mondo bipolare, molto chiaro in Europa dove le sfere di influenza furono determinate da dove gli eserciti erano arrivati. Il disastro della guerra aggiunto alle rivelazioni sull’Olocausto e alla bomba atomica (arma in grado di distruggere l’intera umanità) segnarono molto il pensare comune. Ci furono tentativi di rifondare i rapporti internazionali: gestione generosa della pace da parte americana, nuova fisionomia alle Nazioni Unite, codificazione e aggiornamento del diritto internazionale, anche penale processo di Norimberga (1945-46). L’egemonia USA fece sì che gli States divennero per l’Europa un punto di riferimento: il “mito americano” era quello di cui l’Europa atterrita e spaventata aveva bisogno: influenza culturale (musica, balli, etc...). Le Nazioni Unite e il nuovo ordine economico. ONU nasce a San Francisco nel 1945. Ispirato alla Carta atlantica, seguiva due direttrici: l’utopia democratica wilsoniana e la roosveltiana necessità di un “direttorio” tra le potenze i due organi principali ne sono emanazione: Assemblea generale, universalità e uguaglianza di tutti gli Stati, e Consiglio di Sicurezza (5 + 10), che può usare la forza; poi ci sono il Consiglio economico e sociale (Unesco, Fao, etc...) e la Corte internazionale di giustizia. Spesso l’ONU non è servito a niente, è stato inadempiente, paralizzato dai contrasti tra le potenze; è importante centro di dialogo. Anche i rapporti economici internazionali però cambiarono: nel 1944 nacque a Bretton Woods il Fondo monetario internazionale, con lo scopo di costruire riserve valutarie e assicurare la stabilità dei cambi, ancorando le moneta non solo all’oro, ma anche al dollaro (con conseguente primato). Banca mondiale si occupa invece di fare prestiti a lungo termine ai Paesi per la loro ricostruzione o sviluppo. E poi ci fu il Gatt, 1947, che abbassò il livello dei dazi. Gli USA si servirono di questi mezzi per indirizzare la rinascita economia europea. La fine della “grande alleanza”. Presto i contrasti tra le due superpotenze furono chiari: gli USA erano in realtà stati toccati poco dalla guerra e ora puntavano a creare un nuovo ordine mondiale, mentre l’URSS, uscita molto più acciaccata dal conflitto, non faceva che esigere il prezzo della vittoria (niente paesi ostili ai confini, riconoscimento del suo ruolo nel mondo, riparazioni). Nel “grande disegno” di Roosvelt era previsto un dialogo tra le due, l’URSS sarebbe stata una forza d’ordine importante in un’area turbolenta come l’Europa orientale, dov’era la sua sfera di influenza, ma gli USA sarebbero restati egemoni. Con Roosvelt morì anche tale progetto, e Truman fu sin dall’inizio più diffidente nei confronti dell’Unione sovietica. L’irrigidimento c’era già alla conferenza di Postdam dell’estate ’45, quando vennero a galla i punti di frizione: futuro della Germania e dell’Europa orientale, dove Mosca con il supporto dell’Armata Rossa portava al potere i partiti comunisti, senza minimo riguardo alla volontà popolare. Si ruppe la “grande alleanza”: una cortina di ferro separava l’Europa da Stettino a Trieste (come disse Churchill). Alla conferenza di Parigi si raggiunse un accordo con gli alleati dei tedeschi nel conflitto (Italia, Bulgaria.....) e sui confini tra URSS, Polonia e Germania: a spese di quest’ultima la Polonia si spostò a ovest, così come l’URSS annesse una parte di Polonia. 70 nella sua sfera di influenza tali Paesi. Accanto a questo stavano però la povertà e il sottosviluppo, inteso come arretratezza e ritardo allucinanti rispetto al resto del mondo. Agricoltura e industria indietro, analfabetismo, sovrappopolamento, malnutrizione... Polemica contro Occid. Dipendenza economica e instabilità politica in America Latina. Da tempo indipendenti politicamente, i Paesi latinoamericani dipendevano ancora economicamente dagli USA, che avevano stabilito una sorta di tutela su tutto il continente, in una politica “panamericana” che voleva anche evitare l’avvento rosso. Gli anni della guerra furono anni di sviluppo per l’America centro-meridionale (USA export di meno), in cui si sviluppò un ceto medio, che assunse una centralità indiscussa in tutto il continente, caratterizzato dall’oscillazione tra liberalismo, populismo e autoritarismo. Argentina: dal 1946 al 1955 ci fu Peròn (descamisados, riforme sociali, statizzazione, ma in realtà regime autoritario). Il Brasile del dopo-Vargas (tornato dal 1950 al ’54) ci furono tentativi di modernizzazione (non uniformi in tutto il Paese) e nel 1964 l’avvento dei militari. Mantennero la democrazia nel continente solo Messico, Uruguay e Cile. Di gran rilievo, per l’attrazione che esercitò in tutta l’America Latina (vedi la vita di Che Guevara, ad esempio), fu la rivoluzione cubana guidata da Fidel Castro (1959) che ruppe con gli USA (con la sua politica agraria colpì la United Fruit Company) e diede al regime un orientamento comunista (l’unico nel continente americano). 71 L’Italia repubblicana Le forze in campo. I partiti in campo erano in pratica gli stessi del prefascismo: cambiato era il contesto. Si assistè ad una crescita della partecipazione politica, i partiti di massa erano preminenti nell’Italia del primo dopoguerra. Il Partito socialista, nonostante la guida del popolarissimo Pietro Nenni, era diviso tra all’interno e non si era distinto durante la Resistenza. Il Partito comunista, invece, aveva guadagnato terreno grazie al contributo dato alla liberazione: era un “partito nuovo”, di massa e deciso a prendere parte alle istituzioni. L’unico in grado di competere con loro era la Democrazia Cristiana, che prese le mosse dal partito popolare di Sturzo e ne ereditò la base contadina e piccolo-borghese, con le sue fila rimpinguate anche dai membri di Azione cattolica durante il ventennio. Con l’esplicito appoggio della Chiesa, la Dc era perno dell’ala moderata, anche perché il Partito liberale vedeva ormai eroso il suo legame con la base sociale, mentre il Partito d’azione, per quanto moderno, non aveva una base di massa. I neofascisti si ricostituirono solo a fine ’46, ma le destre andarono a ingrossare ora i monarchici ora la Dc ora il movimento del qualunquismo. “L’Uomo qualunque”, movimento che si prefiggeva di sostenere e rappresentare il cittadino medio, senza alcuna caratterizzazione ideologica, che raccolse parecchi consensi nel Sud ma che già nel 1947 iniziò a scomparire. Nel frattempo la Cgil (tre componenti, cattolica, comunista e socialista) fece delle conquiste sindacali: commissioni interne, scala mobile, disciplina licenziamenti, egualitarismo retributivo. Dalla liberazione alla repubblica. A Bonomi successe il governo Parri, che cercò di normalizzare un Paese ancora sconvolto dal regime e dalla guerra ➔ epurazione. Inoltre affermò di voler alzare le tasse per le grande imprese, per favorire la piccola e media ➔ i moderati si opposero, e il governo cadde. La Dc fece salire De Gasperi (cattolici forti ormai), che fece una svolta in senso moderato, bloccando le riforme economiche e l’epurazione (troppo complessa). La sinistra restò delusa, ma ancora sperava nelle elezioni del 2 giugno dell’Assemblea costituente. Lo stesso giorno si sarebbe votato per il referendum istituzionale, per decidere se mantenere monarchia o instaurare la repubblica. Per la prima volta, avrebbero votato le donne. Nonostante l’abdicazione di Vittorio Emanuele III a favore del figlio Umberto II, la repubblica si affermò di netto, mentre per la Costituente trionfava la Dc con il 35% dei voti, seguita dal 20% socialista con alle calcagna il 19% dei comunisti. Sinistra rinforzata ma non abbastanza da essere maggioritaria; la nuova espressione dell’Italia moderata era la Dc. I partiti di massa stravinsero, e le vecchie dirigenze liberali erano ormai retaggio del passato. Anche il voto fu spaccato in Italia: al Nord repubblica e sinistra, al Sud contrario. La crisi dell’unità antifascista. L’Italia nei due anni successivi definì il suo ordinamento istituzionale con la Costituzione, la riorganizzazione economica secondo schemi capitalistici e un equilibrio politico notevole; democristiani, comunisti e socialisti governavano insieme, riuscirono a scegliere De Nicola come Presidente della Repubblica. Secondo governo De Gasperi: i contrasti sociali e la guerra fredda iniziarono ad esasperare le differenze interne alla coalizione della Dc con le sinistre. A fare le spese di tale radicalizzazione fu però il Partito socialista che nel 1947 a Roma vide la scissione di Palazzo Barberini, con Giuseppe Saragat e i suoi che presero le distanze da Nenni e dalla sua alleanza con i comunisti. Crisi politica maggior libertà d’azione alla Dc, che finì per escludere le sinistre dal governo, ponendo alcuni membri della vecchia classe liberale nei ministeri (Einaudi e Sforza). La Costituzione repubblicana. Nonostante la crisi però, la Costituente proseguì i lavori e li ultimò il 22 dicembre 1947. La Costituzione si ispirava alle democrazie ottocentesche: sistema parlamentare, governo responsabile di fronte al Parlamento (due camere elette a suffragio universale e titolari del legislativo), Corte superiore della magistratura, Corte costituzionale, referendum abrogativo, istituto della regione. Molte norme restarono inattuate per anni, come molti dei contenuti sociali (che erano solo risultato dell’incontro tra interessi Dc e interessi sinistre). L’impianto politico è stato criticato molto, perché favorisce l’agibilità e la visibilità delle forze politiche, ma non la loro stabilità. I partiti divennero arbitri della politica italiana, anche a causa del sistema proporzionale immobilismo, sistema italiano bloccato anche dalla guerra fredda. In realtà fu un compromesso equilibrato, tanto più in un periodo incerto e instabile come quello. Momento di estrema asprezza: accordi Stato-Chiesa, alla fine Togliatti accetta l’articolo 7, con sorpresa di tutti. Le elezioni del ’48 e la sconfitta delle sinistre. 72 I partiti iniziarono la corsa agli elettori; due schieramenti opposti: l’opposizione comunista e la Dc. Quando i socialisti si unirono ai rossi sotto il Fronte popolare, fu chiaro che l’alternativa era secca e lo scontro sarebbe stato campale. De Gasperi poteva godere di due potentissimi alleati: la Chiesa cattolica da un lato, che fece grossolana ma efficace propaganda a favore della Dc, e gli Stati Uniti, che sostennero il partito paventando una vittoria comunista anche in Italia. Le sinistre fecero appello ai lavoratori e alle classe disagiate, ma il legame con l’URSS, estremamente malvista, non giocò a loro favore, mentre la Dc aveva dalla sua le prospettive di sviluppo e benessere. 18 aprile 1948: la Dc stravinse con il 48,5% dei voti, bruciante sconfitta per le sinistre i cui sogni si infransero. Egemonia del partito cattolico si rafforzava intanto. A luglio uno studente di destra ferì con un colpo di pistola Togliatti proteste comuniste in tutto il Paese, che in molti casi si trasformarono in insurrezioni violente che si esaurirono in pochi giorni, ma mostrarono a tutti quanto l’Italia fosse divise. Persino nei sindacati si vide tale contrasto: lasciando la Cgil, la componente cattolica fondò la Cisl, mentre quella socialdemocratica fondò la Uil. La ricostruzione economica. Gli elettori italiani avevano anche scelto una certa impostazione economica: già dalla fine della guerra le riforme mancarono e avvenne una sorta di “restaurazione liberista”, che i governi postbellici mantennero. Non volevano utilizzati i mezzi economici usati dopo la grande crisi, e tra l’altro non volevano assolutamente che lo Stato ingerisse troppo nell’economia, prerogativa questa da regime. La sinistra non seppre creare alternative credibili, e quando fu esclusa dal governo, De Gasperi fece Einaudi ministro del Bilancio. La sua linea prevedeva la lotta all’inflazione, la stabilità monetaria e il pareggio. Li ottenne con inasprimenti fiscali, svalutazione della lira e restrizione del credito, ma a costi sociali immensi crebbe la disoccupazione. Le politiche keynesiane stentavano ad attecchire in Italia: i milioni di dollari arrivati da noi con il piano Marshall furono mal gestiti, e non furono usati per investire e crescere. Il trattato di pace e le scelte internazionali. A Parigi nel 1947 l’Italia fu trattata esattamente come una potenza sconfitta: dovette pagare riparazioni ai paesi attaccati e ridurre il suo esercito. Perse le colonie, ma di questo non importò a nessuno. Mentre grande attenzione era data ai confini nazionali: ad ovest l’Italia non perse praticamente nulla e a nord riuscì a mantenere il Trantino Alto-Adige grazie alla maggiore debolezza austriaca, ma i problemi si presentarono a est, dove gli jugoslavi avevano occupato Trieste e gran parte del Friuli. Sistemazione provvisoria alla fine del 1946, ma si aprì così la questione di Trieste, che doveva essere un territorio libero divise in una zona A occupata dagli alleati e in una B dagli jugoslavi. Nel 1954 la città tornò all’Italia, ma la questione continuò a suscitare problemi. Il contrasto tra italiani e slavi si era inasprito nella guerra dopo le vessazioni del regime ai nostri vicini, che però si rifecero alla fine della guerra, vendicandosi degli italiani (strage delle foibe, ad esempio). Ma l’Italia non poteva incentrare la sua politica estera sulla questione triestina; da paese sconfitto, doveva attuare una scelta di campo ➔ LUSA naturalmente: fu chiaro con l’esclusione delle sinistre e l’accettazione dei fondi Marshall. Ma questo schieramento non significava un’alleanza militare, che eppure arrivò nel 1949 nonostante le titubanze di tutti, per scelta di De Gasperi e Sforza, quando l’Italia aderì al Patto atlantico. Gli anni del centrismo. 1948-53: egemonia della Dc. A maggio essa riuscì a fare Einaudi presidente della Repubblica. Era la formula del centrismo, consistente nell’avere la Dc in mezzo che escludeva le destre e le sinistre e portava avanti un timido riformismo sociale, per tenersi buone le masse, specie contadine riforma agraria del 1950: espropriazione e distribuzione delle terre, per tenere buona la popolazione e a lungo andare per rafforzare la piccola impresa agricola (da sempre fattore di stabilità sociale), che tuttavia fu sempre piuttosto gracile e debole. Nonostante la riforma agraria iniziarono le grandi migrazioni verso le città. Altro intervento fondamentale fu l’istituzione della Cassa per il Mezzogiorno, un istituto che avrebbe dovuto coordinare lo sforzo statale per lo sviluppo e il miglioramento del livello di vita nel Meridione. Risultati deludenti però, quando si capì che la modernizzazione non partiva e la società era statica. Altre, come la legge Fanfani (case popolari) e la riforma Vanoni (dichiarazione dei redditi) furono osteggiate dalla destra, mentre sempre più accanita era l’opposizione delle sinistre, che protestavano per le condizioni dei lavoratori che non erano mai migliorate. Nonostante la ripresa industriale la disoccupazione e i salari bassi persistevano scioperi e manifestazioni politica repressiva (ministro degli Interni, Scelba). I comunisti e i socialisti furono persino “schedati”. Appena prima delle elezioni del 1953 De Gasperi e la Dc riuscirono a far passare la legge elettorale che introduceva un sistema maggioritario. Legge fatta a pennello per la Dc (soprannominata “legge truffa” dall’opposizione), la cui 75 Baia dei porci nel 1961 ➔ fallimento e scacco per Kennedy. L’URSS rispose all’intrusione americana a Cuba offrendo a Castro aiuto economico e militare, ma fece anche installare delle basi di lancio per missili nucleari sull’isola. Quando aerei spia nel 1962 le scoprì, il mondo fu sull’orlo della guerra totale: crisi missilistica. Alla fine Kruscev cedette, Cuba fu lasciata in pace distensione. 1963: firma del trattata per la messa al bando degli esperimento nucleari nell’atmosfera; poco dopo installazione della linea rossa dalla Casa Bianca al Cremlino per scongiurare una guerra per errore. Il 22 novembre 1963 Kennedy fu assassinato a Dallas (nel 1968 sarebbe toccato al fratello Robert, e a Martin Luther King), gli successe Lyndon Johnson, capace uomo politico che però legò il suo nome al Vietnam. Kruscev aveva iniziato a parlare di mera competizione economica tra le due potenze, in discorsi pacifici; sfidò l’Occidente a dare alla sua popolazione il massimo benessere, ma nell’ottobre 1964 fu estromesso. La Cina di Mao: il contrasto con l’URSS e la “rivoluzione culturale”. Si vedeva un crescente contrasto tra URSS e Cina, dovuto a molti motivi, ma principalmente a differenze ideologiche; se Mosca voleva un mondo bipolare, Mao tendeva a mettere in dubbio lo status quo, a favorire gli indipendentismi nel mondo e a reclamare un ruolo di maggior rilievo per la Cina. Nel 1949 la situazione del Paese era tragica, molto avevano fatto i comunisti, la nazionalizzazione delle industrie era completa e il settore industriale prosperava; meno bene andava l’agricoltura: la riforma agraria raccolse la miriade di piccole imprese agricole in cooperative. Ma non andava ancora: troppa gente da sfamare “grande balzo in avanti”, 1958: razionalizzazione produttiva e sacrificio del popolo comuni popolari, grandi entità che raccoglievano le cooperative e dovevano puntare ciascuna all’autosufficienze. In un’atmosfera da piani quinquennali si consumò un assurdo fallimento. La situazione con Mosca crollò, dopo le critiche sovietiche alla politica agricola cinese e il rifiuto dei russi di sostenere i piani nucleari di Pechino (che comunque nel 1964 aveva l’atomica) addirittura scontri lungo il fiume Ussuri rottura definitiva. All’interno il fallimento del balzo in avanti aprì la strada alle forze moderate, ma a Mao non stava bene avviò la cosiddetta “rivoluzione culturale”, mobilitazione dei giovani contro i più moderati che impedivano l’avvento del comunismo, imprigionamento di molti di quelli che in realtà erano semplicemente gli oppositori di Mao Tse-tung. Il pm Chou En-lai fu garante della continuità del potere istituzionale in tutti quegli anni, nonché arteficie della clamorosa apertura cinese verso gli USA Nixon a Pechino nel 1972, e conseguente ingresso della Cina comunista nel CdS dell’ONU. Fase di transizione della Cina aveva così inizio. La guerra del Vietnam. Gli accordi di Ginevra del 1954 avevano diviso il Vietnam in due: nel Nord i comunisti di Ho Chi-minh, nel Sud un governo semiautoritario sostenuto dagli americani che volevano prendere il posto dei francesi in Indocina, per impedirne un contagio comunista. Nel sud i buddisti vennero sostenuti dai comunisti del nord nel creare il Vietcong, movimento di guerriglia; il governo del Sud ricevette aiuti da Washington che inviò 30.000 “consiglieri militari”. Con Johnson l’intervento divenne apertamente bellico: per tutto il ’64 il contingente fu alimentato di uomini e risorse, nel ’65 iniziarono i bombardamenti nel Nord Vietnam. Ma né i vietcong né le truppe di Ho Chi-minh cedettero. Crisi dell’esercito USA, che tra l’altro vedeva in patria una mobilitazione pressoché generale contro la guerra, contro la quale muovevano milioni di persone in imponenti manifestazioni di protesta. Nel mondo si sviluppava il senso di solidarietà ai vietnamiti. Inizio ’68: i vietcong lanciarono l’offensiva del Tet, che non fece particolari danni ma mostrò quanto potente fosse la guerriglia. A marzo Johnson fermò i bombardamenti del Nord e annunciò che non si sarebbe ricandidato Nixon ridusse la presenza americana in Vietnam, ma contemporaneamente attaccò anche Laos e Cambogia per cercare di tagliare gli approvvigionamenti ai vietcong. Gennaio 1973: armistizio di Parigi, ritiro americano. La guerra proseguì per altri due anni dopo l’armistizio, finchè il 30 aprile 1975 i vietcong e le truppe del Nord entrarono a Saigon. Poco prima Lon nol, in Cambogia, era stato sconfitto dai comunisti, che anche in Laos prevalevano. Indocina comunista: più grande sconfitta americana. L’URSS e l’Europa orientale: la crisi cecoslovacca. A Kruscev successe Brežnev, che mantenne la politica del predecessore mutandone lo stile, e rendendolo meno aperto e ottimista. Accentuò la repressione di ogni dissenso e le riforme che promosse in economia non diedero grandi risultati; ripartì il riarmo a spese del popolo, anche se non cambiarono né i rapporti con la Cina né quelli con l’Occidente. Se tollerarono la dissidenza rumena e la successiva parziale autonomia della Romania, i sovietici furono intransigenti con la Cecoslovacchia. Il riformista Dubček fece un mini-golpe e prese il potere, avviando un esperimento di socialismo misto ad elementi di pluralismo economico e soprattutto politico era la primavera di Praga, una sembianza di socialismo dal volto umano. Il Paese restava comunista, ma Mosca non potè tollerare!! Il 21 agosto 1968 Praga fu occupata e un governo filosovietico stabilito. La resistenza passiva imbarazzò Mosca e la vide costretta a rimettere al loro posto gli artefici del nuovo corso, compreso Dubček. Ma i sovietici iniziarono a lavorare per la “normalizzazione” del Paese e la cacciata dei dissidenti. 1969: Husàk al potere. L’intervento a Praga fu ciriticato da tutti i Pc, ma Mosca potè così stabilire 76 il controllo ferreo sull’Europa orientale senza rendere conto a USA, impegnati in Indocina. Disagio tra governati e governanti anche in Polonia, con la crisi del 1970 e l’insurrezione degli operai di Danzica e Stettino. L’Europa occidentale negli anni del benessere. Periodo florido per l’Europa occidentale; progressi nel tenore di vita della popolazione, quindi cambiarono i costumi. In Italia, Germania e GB con i socialisti, in Francia invece tale contesto fu garantito dai gruppi di obbedienza gaullista, anche dopo le dimissioni di De Grulle nel 1969, con le successive presidenze Pompidou e Giscard d’Estaing. Germania: nel 1966 si interruppe il monopolio del potere dei cristiano-democratici, che dovettero creare una grande coalizione con i socialdemocratici di Willy Brandt. Essi, passata la contestazione e la crisi economica, abbandonarono i cristiano- democratici e si allearono con i liberali, con cui governarono per il quindicennio successivo, anni di prosperità e crescita, ma anche di un diverso approccio in politica estera. Scheel tese alla normalizzazione dei rapporti con il mondo comunista, e pur restando legato alla compagine atlantica iniziò a parlare con la Germania dell’Est e a comunicare al mondo l’importanza della questione della riunificazione. Fu una politica orientale, una Ostpolitik. GB: una congiuntura economica difficile costrinse il governo laburista Wilson a imporre un periodo di austerità, proprio mentre in Ulster riesplodeva la questione irlandese che andava anche a mischiarsi con la protesta sociale rivendicazioni e violenze, terrorismo e guerriglia urbana. La crisi economica e l’abbandono delle ultime colonia (es. Singapore) spinsero Londra ad abbandonare la sua genetica riluttanza nei confronti dell’adesione britannica alla CEE, che in effetti avvenne nel 1972 insieme a Irlanda e Danimarca. Tuttavia ciò non fu sufficiente a risolvere i problemi economici del Regno Unito. Il Medio Oriente e le guerre arabo-israeliane. Anche dopo la crisi di Suez del 1956 il Medio Oriente restò un’area complessa e di potenziale scontro tra potenze; in particolare Israele era un protetto degli USA, l’Egitto dell’URSS. 1967: Nasser chiese il ritiro dell’ONU dal Sinai, chiuse il golfo di Aqaba, vitale per Israele, e strinse un patto con la Giordania. Israele lanciò un attacco preventivo contro Egitto, Giordania e Siria e in sei giorni vide capitolare le forze arabe e lo stato ebraico annettere moltissimi territori (dal Sinai al Golan alla riva occidentale del Giordano). La “guerra dei sei giorni” cambiò molte cose, tra cui lo stesso atteggiamento dell’Olp di Yasser Arafat, che soprattutto dopo il settembre nero (re Hussein di Giordania portò avanti un’offensiva contro i feddayn e i palestinesi profughi per non essere nel mirino di Tel Aviv) rivolse la sua lotta terroristica al piano internazionale (attentato contro squadra israeliana alle Olimpiadi Monaco ’72). 1970: morte di Nasser, cui succede Sadat, che voleva riprendere il Sinai e attaccò Israele il 6 ottobre 1973 il giorno dello Yom Kippur, da cui la guerra prese il nome. Fu respinto, ma riuscì a lavare l’onta del 1967. La crisi assunse portata mondiale quando i Paesi arabo chiusero il canale di Suez e decretarono il blocco petrolifero contro i Paesi occidentali amici di Israele. • Dopo venticinque anni di crescita incontrastata le società capitalistiche iniziarono a mettere in dubbio i fondamenti stessi della loro esistenza; due eventi epocali provocarono questa crisi economica diversa da tutte le precedenti; anzitutto, la decisione di Nixon nel 1971 di bloccare la convertibilità del dollaro in oro, che aveva garantito la stabilità monetaria mondiale dal 1944, in secondo luogo la decisione dei paesi arabi di quadruplicare il prezzo del petrolio tale shock petrolifero colpì maggiormente quei paesi che dipendevano totalmente dalle importazioni. La produzione calò, ma a differenza del passato vi fu una concomitante crescita inflazionistica, che prese il nome di “stagflazione”, dovuta alla cause esterne e alla rigidità dei salari lavoratori tutelati. Il vero problema fu infatti la disoccupazione. 77 Apogeo e crisi del bipolarismo L’URSS era ancora in piedi, ma le ideologie di sinistra stavano entrando in crisi una dopo l’altra, tanto quelle riformiste, quanto quelle rivoluzionarie: esse erano convinte dell’illimitata capacità espansiva del sistema economico, quindi lo shock petrolifero le gettò in crisi. La classe operaia perdeva importanza e gli avvenimenti dei Paesi comunisti non davano ottime impressioni. Era l’intero modello sovietico ad essere entrato in crisi: insuccessi economici, denunce degli esuli sulla repressione interna, intervento in Afghanistan. La delusione della sinistra giunse anche insieme alle notizie proveniente da Vietnam, Cambogia, Cina. Ma anche il versante riformista era messo in discussione: gli elevati costi del Welfare State facevano aumentare la pressione fiscale condanna allo Stato assistenziale neoliberismo e monetarismo: Margaret Thatcher in GB (1979) e il repubblicano Reagan in USA (1980). “Grande riflusso”:ci si domandava se davvero i grandi sistemi ideologici fossero capaci di fornire risposte concrete alle necessità della gente. Caduta della tensione politica ali estreme tagliate fuori terrorismo politico (Brigate rosse, es...), ispirato ai movimenti indipendentistici tipo Eta o Ira e con una ideologia marxista- leninista estrema. Ma gli mancava la base popolare: fu sconfitto. Restò come fenomeno internazionale. La difficile unità dell’Europa occidentale. Tutti i Paesi europei furono colpiti dall’aumento del prezzo del petrolio (GB meno), dal declino di molti settori industriali, dall’acuirsi delle tensioni sociali, tutti problemi che la nascita dello Sme nel 1979 non riuscì a risolvere. Perdendo terreno agli USA e al Giappone, l’Europa era sempre più dipendente dall’alleato atlantico anche militarmente: tensione tra i blocchi alle stelle (euromissili). La crisi degli anni ’70 mise in crisi soprattutto le socialdemocrazie nordeuropee. GB, 1979: Margaret Thatcher al governo liberismo, attacco alle Trade Unions, in discussione i fondamenti del Welfare, privatizzazioni. Anche sull’onda lunga patriottica delle Falkland, la Thatcher restò fino al 1990 quando fu costretta a lasciare il posto ad un altro conservatore, John Mayor. Germania federale: ritorno al potere dei cristiano-democratici nel 1983 con Helmut Kohl. La sconfitta della Spd non dipese dai problemi economici del periodo, ma dalla politica estera titubante circa gli euromissili. I partiti socialisti perdevano terreno a Nord, ma ne guadagnavano a Sud. Francia: Unione delle sinistre vinse nel 1981 François Mitterrand. Le condizioni economiche difficili però impedirono al governo di portare avanti tutte le riforme che erano state previste rottura con i comunisti, che non impedì per ai socialisti di stare al governo fino al 1993. A metà degli anni ’70, i Paesi dell’Europa medionale furono interessati dalla caduta dei regimi che ancora li attanagliavano. Portogallo: Salazar morì nel 1970. Il regime avrebbe retto poco, ma la democratizzazione, spinta dall’impopolarissima guerra nelle colonie africane di Angola e Mozambico, assunse forme inedite. Primavera ’74: i militari attuarono un colpo di Stato non violento, ma già l’anno successivo il potere tornò nelle mani di un normale regime parlamentare e pluripartitico. Grecia: nel 1967 i militari avevano effettuato un golpe. Ma nel 1974 l’esito disastroso di uno scontro con la Turchia a e per Cipro pose fine alla dittatura dei colonnelli partiti democratici: “Nuova democrazia” di Karamanlis vs. socialisti di Papandreu. Fine monarchia con un referendum. Spagna: il re Juan Carlos fu invece fondamentale qui. Chiamò Alfonso Suàrez alla guida di un paese che si stava sviluppando molto in fretta; egli legalizzò i partiti e fece approvare una costituzione democratica. Democrazia spagnola si consolidò in fretta, nonostante terrorismo basco. Cambio di potere nel 1982, quando vincono i socialisti di Gonzàlez. Tra 1981 e 1986 questi tre Paesi entrarono nella CEE, creando non poche difficoltà nel gestire le politiche. i Stati Uniti da Nixon a Bush. Dopo la crisi petrolifera e la sconfitta in Vietnam, gli USA furono sconvolti dal Watergate ➔dimissioni di Nixon e avvento di Jimmy Carter: egli cercò di sistemare i danni della Realpolitik di Nixon e Kissinger con un approccio più wilsoniano, basato su autodeterminazione e riconoscimento diritti umani rapporti tesi con Mosca e troppo spazio lasciato a regimi ostili (es. Etiopia, Iran o Nicaragua) opinione pubblica frustrata non rielesse Carter, ma scelse Ronald Reagan. Questi seppe risvegliare l’orgoglio nazionalistico americano e la voglia di rivincita: linea estera dura con URSS e altri nemici. La sua presidenza ebbe successo e fu confermata nel 1984, anche perché l’economia aveva ricominciato a crescere, anche se i problemi sociali dell’America non erano trascurabili (tensione sociale e razziale). La politica degli armamenti da un lato sostenne l’economia americana, dall’altro voleva essere espressione di forza nel mondo e con l’URSS iniziativa di 80 travolsero il Partito liberal- democratico, detentore del potere per quarant’anni, che nel 1992 perse la maggioranza. Forza economica e debolezza militare dovuta ai trattati post-bellici. Ora la situazione sta cambiando. 81 L’Italia dal miracolo economico alla crisi della prima repubblica. Tra ’58 e ’63 si ebbe il “miracolo economico”, durante il quale l’Italia crebbe a ritmi virtuosissimi. Il settore manifatturiero nel ’61 triplicò il suo livello di produzione rispetto a quello prebellico aumento export prodotti italiani (elettrodomestici persino). Solidità lira, stabilità prezzi, diffusione prodotti italiani, successo Olimpiadi di Roma del 1960 ottimismo italiano. Molti fattori hanno favorito il miracolo: la crescita intl, il libero scambio, CEE, le poche tasse, ma soprattutto bassi salati e alti profitti. Manodopera a basso costo perché c’era molta disoccupazione e migrazioni dal Sud al Nord. In questo periodo, di fronte ad un agricoltura ferma a livelli vecchi e che perdeva addetti, l’Italia divenne un Paese industriale. Agricoltura ristagnava, mentre crescevano i consumi in conseguenza del calo della disoccupazione e dell’aumento della capacità contrattuale dei lavoratori salari più alti battuta d’arresto del miracolo tra ’63 e ’64. Sarebbe ripreso nel 1966. Notevoli mutamenti, Italia nella civiltà dei consumi. Fenomeno più vistoso: esodo da Sud a Nord e dalle campagne alle città: Torino ad esempio crebbe addirittura del 40% spugne di questa manodopera in arrivo erano i settori commerciale ed edilizio. Pesanti costi umani dell’urbanizzazione: disordine urbano e speculazione impiantare i meridionali nelle città del Nord non era procedimento indolore. Proprio in quegli anni si iniziò ad assistere ad una integrazione culturale tra tutti gli italiani e a consumi di massa, supportate dalla diffusione della televisione principalmente, ma anche dell’automobile. 1955: avvento televisione, programmazione Rai, ma boom arrivò con il miracolo attraverso essa passavano la lingua comune (che iniziò a diffondersi) e modelli culturali di massa. Automobile: utilitarie 500 e 600 della Fiat. Diffusione favorita da una politica fiscale che favoriva le basse cilindrate e dal progetto di costruzione di una grande rete autostradale. Il centro-sinistra. Necessaria un’apertura a sinistra da parte del governo; non era facile, osteggiata da molti della Dc, dalle destra economica, ma anche dal Vaticano e dagli USA. La svolta ci fu dopo una serie di avvenimenti drammatici: 1960, il democristiano Tambroni si legò ai voti del Movimento sociale, l’unico con cui al momento riusciva ad accordarsi, e instaurò un governo “monocolore” proteste dei laici e della sinistra Dc. Quando Tambroni permise all’Msi di svolgere il suo congresso nazionale a Genova, città antifascista di tradizione, scoppiarono disordini, in tutta Italia, dove l’opinione pubblica di sinistra insorse contro il governo che voleva allearsi con l’estrema destra Tambroni sconfessato. Fu Fanfani, più tardi lo stesso anno, ad aprire la stagione del “centro-sinistra”. Alleanza con i socialisti fu sancita nel 1962, grazie soprattutto all’operato di Aldo Moro, finchè un secondo governo Fanfani non ottenne l’appoggio socialista ai singoli progetti legislativi. Il programma del centro-sinistra era frutto di un compromesso con i socialisti, che volevano la nazionalizzazione dell’industria elettrica e la nominatività dei titoli azionari; ebbero la prima (Enel nacque nel 1962), ma non la seconda, che scomparve in fretta dopo un crollo della borsa e una fuga di K. Era un esperimento di programmazione economica per ridurre disuguaglianze. Fu creata tra l’altro la scuola media unica, mentre l’attuazione delle regioni fu rinviata. La programmazione non riuscì mai sul serio, troppe divergenze tra socialisti e repubblicani, in più mancava una base politica e sindacale sufficientemente ampia. Alle elezioni del 1963 i democristiani e i socialisti persero voti a favore di liberali e comunisti governo “organico”, con ministri anche socialisti insomma, nacque sotto la guida di Moro nel dicembre 1963. Rallentamento economico + forze ostili al centro-sinistra (quadri militari e presidente della Repubblica, Segni) blocco delle riforme. Ma il contrasto all’innovazione era interno alla stessa Dc, in realtà. Mai scelte radicali, anche nell’operato tendenzialmente negoziale di Moro. 1964: scissione socialista e nascita del Psiup; nel Psi, comunque, restavano due linee diverse: una faceva capo a Lombardi (voleva riforme di “struttura”), l’altra a Nenni (voleva unirsi al Psdi, unione che sarebbe durata appena un paio di anni). 1964: morte di Togliatti memoriale di Yalta: indipendenza da Mosca e proseguimento della originale “via italiana al socialismo”; nonostante ampi consensi, il Pci era isolato politicamente, anche quando contribuì all’elezione a presidente della Repubblica di Saragat. Centro-sinistra sarebbe durato per un bel po’. Il ’68 e l’autunno caldo. Fine anni ’60: radicalizzazione scontro sociale, iniziato con la contestazione studentesca e l’occupazione di alcune università. Accanto agli elementi classici (es anti-imperialismo), la contestazione studentesca italiana ebbe una forte 82 componente marxista e rivoluzionaria, che quindi sempre di più era ostile alla società borghese e sempre più si collegava per combattere le sue battaglie alla classe operaia. Cambiarono i comportamenti, che si ripercossero sulla famiglia e sui rapporti tra sessi. Tra ’68 e ’70 nacquero numerosi movimenti extraparlamentari di ispirazione operista e maoista in alcuni casi (es. Potere operaio, Lotta continua e Unione dei marxisti-leninisti). 1969: lotte dei lavoratori in vista dei rinnovi contrattuali, culminate nell’autunno caldo; protagonista fu l’operaio massa (immigrato, poco qualificato, a disagio nell’inserirsi), adozione dell’assemblea come momento decisionale Cgil, Cisl e Uil riuscirono a pilotare le lotte e ad ottenere ingenti aumenti salariali (18%). Si avvicinarono una all’altra, dando il via ad una stagione di nuovo peso dei sindacati nella politica italiana: trattative dirette con il governo su molti temi anche non del lavoro, e invasione del campo d’azione dei partiti. La classe dirigente fu incerta nel rispondere ai sommovimenti del ’68-’69, ma furono approvato ugualmente leggi molto importanti: l’istituzione delle regioni e successivamente del divorzio. La crisi del centro-sinistra. Crisi del paese nei primi anni ’70, instabilità politica e terrorismo. 12 dicembre 1969: strage di piazza Fontana si seguiva una “pista anarchica”, ma la sinistra vedeva una matrice estremista di destra nell’attentato. Si parlò di “strategia della tensione” portata avanti dalla destra per incrinare le basi dello Stato democratico. Estate ’70: Reggio Calabria esasperata per non essere diventata capoluogo insorse, in pratica guidata dall’Msi. Contrasti nella maggioranza: la Dc si appoggiava sulla “maggioranza silenziosa” spaventata dalle agitazioni operaie e voleva spostarsi a destra; i socialisti invece preferivano un graduale coinvolgimento comunista negli affari di governo. Elezioni anticipate, 1972: né governo centrista di Giulio Andreotti (’72-’73), né quelli di centro-sinistra di Rumor (’73-’74) riuscirono a fare scelte di ampio respiro e a superare la negativa congiuntura economica, che si tramutò in catastrofe nel 1973 con la crisi petrolifera. In più, scandali politico-finanziari, di corruzione frattura tra società politica e società civile. Gli italiani traditi sul politico si trasferirono sui diritti civil. divorzio venne mantenuto con il referendum abrogativo voluto dai cattolici. Mutamenti della società, donna come uomo equiparazione dei coniugi nel diritto di famiglia (1975). 1978: dopo aspro dibattito, aborto. Forze del cambiamento parvero in crescita il Pci di Enrico Berlinguer volle un compromesso storico, alleanza duratura con socialisti e cattolici per allargare base sociale e facilitare il riformismo. Quindi stabilì contatti con i comunisti spagnoli e francesi eurocomunismo, diverso da quello sovietico. Carattere rassicurante del Pci successi elettorali a livello regionale e locale, molte giunte comuniste dissensi tra Dc e Psi. Ritiro socialista portò a elezioni anticipate nel 1976: crescita del Pci fino al 34,4%, rimonta Dc e sconfitta Psi ascesa autonomista Craxi. Il terrorismo e la solidarietà nazionale. Unica soluzione? Coinvolgimento Pci nella maggioranza governo Andreotti delle astensioni dei partiti in Parlamento era la risposta governativa alla crisi economica e all’emergenza terroristica, tanto di destra quanto di sinistra. Terrorismo nero: attentati dinamitardi indiscriminati, per creare il panico e favorire una svolta autoritaria piazza della Loggia a Brescia nel 1974 e attentato alla stazione di Bologna nel 1980. Il potere politico fu incapace di indirizzare correttamente le indagini e scoprire come fermare il terrorismo nero. Stato debole, terrore di un colpo di Stato, terrorismo di destra e corruzione politica terrorismo rosso, di sinistra. Lotta armata e clandestinità erano considerate eccezionali scelte di vita mobilitazione operaia contro il capitalismo. Dopo qualche attentato incendiario, le Brigate rosse iniziarono con i rapimenti e gli assassinii programmati. Sopraggiunse anche la crisi economica nel 1975, con inflazione altissima e la piaga della disoccupazione giovanile ondata di protesta, anche armata, nel 1977, da parte degli studenti. Nessun esito impennata del terrorismo rosso. Centinaia di attentati tra 1978 e 1980. 1978: più ambizioso progetto delle Brigate rosse sequestro di Aldo Moro, presidente della Dc. 55 giorni di prigionia, quindi l’assassinio. Cadavere ritrovato in una via del centro romano. Fu l’apogeo ma insieme l’inizio del declino del terrorismo rosso, che già nel 1980 incassò le prime sconfitte. Il governo di solidarietà nazionale, ideato da Moro, iniziò la politica dell’austerità per migliorare le condizioni economiche del Paese: qualche miglioramento ci fu, ma mancarono le riforme. L’equo canone (per calmierare gli affitti) e la riforma sanitaria furono dei fallimenti. La solidarietà nazionale fu una amara delusione, anche con l’ingresso del Pci al governo: non riuscì in molto, e continuò ad essere sconvolta da scandali, che arrivarono a toccare persino il Quirinale dimissioni di Leone nel giugno 1978 ed elezione di Sandro Pertini, socialista. Psi insofferenti dei vincoli e puntato verso i partiti del centro, mentre con l’uscita del Pci dalla coalizione la solidarietà nazionale finì miseramente. Politica, economia e società negli anni ’80. Elezioni del 1979 e anticipate del 1983: il Pci perse terreno, il Psi raccolse risultati deludenti (non sarebbe stato il perno della politica italiana) e la Dc subì una netta sconfitta. Unica strada praticabile? Coalizione di centro- sinistra pentapartito (Dc, Psi, Pri, Psdi, Partito liberale), ma la novità fu che la guida del governo andò nell’’81-’81 al segretario repubblicano Giovanni Spadolini, dall’’83 al socialista Bettino Craxi Italia più presente a livello intl e nuovo 85 Medicina e bioetica I progressi della medicina ci sono stati (diagnostica, ad esempio, ma anche ingegneria genetica), in compenso però sono nate nuove malattie Aids. I passi avanti della medicina e della genetica hanno aperto nuovi problemi nei rapporti tra scienza ed etica. Episodi come la “mucca pazza” o addirittura la pecora Dolly nel 1997 danno da pensare. I limiti degli interventi sulla natura e sulla vita sono gli oggetti di riflessione della bioetica. 86 Il mondo contemporaneo. 1989-1991: equilibri mondiali sconvolti. La caduta dell’Unione sovietica lasciò un vuoto enorme, e nel nuovo assetto internazionale si inserì una ripresa dei movimenti nazionalisti. Si apriva la possibilità di una miriade di conflitti locali, ma non solo; nuove enormi contrapposizioni, come: Nord ricco vs. Sud povero; Occidente vs. Islam. USA non vogliono o possono far carico di tutto il mondo numerosi interventi ONU. La fine dell’Unione Sovietica e la nuova Russia Evento centrale di questa fase fu senza dubbio la crisi e poi il crollo dell’URSS, più grande compagine multietnica della storia. La progressiva disgregazione partita con le riforme di Gorbačëv accelerò in concomitanza con la crisi economica del 1990-91 e dopo un colpo di stato fallito nel 1991, ad opera di alcuni rappresentanti del vecchio regime. Il presidente sovietico venne sequestrato, ma la resistenza popolare guidata da Eltsin fece fallire il golpe e lo liberò Eltsin si propose quindi come vero detentore del potere, mentre le repubbliche proclamavano una dopo l’altra la loro indipendenza da Mosca (Georgia, Moldavia, persino Ucraina). 21 dic 1991: ad Alma Alta i rappresentanti di 11 repubbliche diedero vita alla CSI, Comunità degli Stati indipendenti, preferita alla proposta di Gorbačëv per mantenere URSS, che invece cessava di esistere. A Natale Gorbačëv diede le dimissioni. La Federazione russa, sotto la guida di Eltsin, cercò di conservare il ruolo egemone che era stato dell’URSS, appoggiata dalla comunità internazionale. Problema degli armamenti atomici. CSI non riusciva a controllare situazioni troppo complesse di lotte interetniche e inter-religiose. La grave crisi economica e l’instabilità politica rischiarono di gettare la Russia nella guerra civile: inflazione alle stelle e tentativo di Eltsin di far passare in fretta la Russia all’economia di mercato. Ma era una transizione difficilissima, che richiedeva parecchio tempo. Lo scontro tra Eltsin e il Parlamento era inevitabile, c’era conflitto sull’attribuzione dei poteri: scontro aperto nel 1993 vinto da Eltsin che espugnò la Duma e fece varare una costituzione fortemente presidenziale. Dicembre 1994: per non lasciar posto ai nazionalisti, Eltsin attaccò la Cecenia, ma l’intervento si trasformò in un lungo e logorante conflitto con i separatisti che dimostrò quanto inefficiente fosse la macchina militare russa. Nonostante l’avanzata neocomunista, Eltsin riuscì a farsi confermare alle elezioni del 1996. Nell’agosto fu raggiunto un accordo con i ceceni. Instabilità politica e crisi economica terribile (malavita e niente al popolo, capitalismo speculativo) attanagliavano la Russia, che nel 1999 riprese la guerra contro la Cecenia. Nuovo governo presieduto da uno sconosciuto, Vladimir Putin, che con le elezioni del 2000 divenne presidente parziale stabilizzazione. La sua politica estera vide da un lato un fermo tentativo di egemonia sulle ex repubbliche sovietiche, dall’altro un riavvicinamento all’Occidente e alla Nato, anche riguardo il comune problema del terrorismo. Terrorismo ceceno: teatro a Mosca (2002) e strage di Beslan (2004). L’Europa orientale e la crisi jugoslava. Negli anni ’90 l’Europa ex comunista attraversò momenti difficili dal punto di vista economico e politico: passaggio all’economia di mercato non era facile per nessuno. Quasi ovunque vi fu un ritorno dei comunisti al potere, anche se i programmi e i nomi erano cambiati. La Cecoslovacchia nel 1992 si divise in due repubbliche: quella ceca (Boemia e Moravia, con governo liberale) e quella slovacca (con governo ex comunista). La Jugoslavia si divise in diversi Stati (Federazione jugoslava, comprendente Serbia e Montenegro, Croazia, Slovenia, Bosnia e Macedonia) e, dal 1991, fu teatro di una spietata guerra tra le nazionalità: particolarmente violento fu il conflitto etnico in Bosnia, portati avanti dai serbi, che prostrò terribilmente la popolazione civile (soprattutto quella di Sarajevo). Il conflitto si concluse solo nel 1995, dopo l’intervento militare della Nato accordi di Dayton. 1998: scoppio della crisi del Kosovo, Uck vs. serbi altro intervento Nato, finchè Miloševid non cedette e si ritirò dalla regione nel 1999. Avrebbe retto ancora un annetto, quando le elezioni decretarono la vittoria di Kostunica. Slobo tentò di contestare, ma una rivoluzione pacifica a Belgrado lo depose. Guerra e pace in Medio Oriente. L’invasione del Kuwait da parte di Saddam provocò l’attacco all’Iraq della coalizione internazionale che agì sotto l’egida dell’ONU e la guida USA. La sconfitta dell’Iraq rilanciò il processo di pace in Medio Oriente, che portò nel 1993 ad un primo accordo tra Israele e l’Olp (siglato a Washington tra Rabin, leader laburista supportato da Shimon Peres, e Arafat, sotto gli auspici di Clinton). 1995: assassinio di Rabin acutizzarsi della crisi, avanzata dei nazionalisti e successiva vittoria 87 diel Likud di Benjamin Netanyahu. Inoltre aumentavano in continuazione attentati suicidid da parte palestinese (Hamas). Altro accordo, il processo di pace continuò anche con Barak, laburista salito al potere nel 1999. Per un pelo Clinton non riuscì a portare a compimento il processo di pace in MO, e la passeggiata di Ariel Sharon sulla spianata delle Moschee di Gerusalemme infiammò gli animi palestinesi seconda intifada attentati sempre più numerosi e cruenti causarono terrore tra gli israeliani, che reagirono eleggendo nel 2001 il leader della destra, Sharon appunto. Sarà arteficie del deprecato muro, ma anche del ritiro unilaterale. Arafat muore nel 2004. Ora in Israele c’è Olmert. Gli Stati Uniti e i problemi dell’egemonia mondiale. America a disagio per il nuovo ruolo egemone e in crisi economica. sconfitta di George Bush nel 1992, nonostante i suoi successi in politica intl. Elezione di Bill Clinton, che dopo le incertezze iniziali (politica estera “progressista” con scarsissimi risultati) accumulò popolarità anche grazie all’economia in fortissima ripresa, rivincendo le elezioni nel 1996. Gli scandali del suo secondo mandato (Lewinsky) in realtà non compromisero la sua popolarità interna. Elezioni 2000: vittoria di Bush jr. probabilmente finta. Tendenzialmente in politica estera egli avrebbe preferito concentrarsi su difesa in un’ottica isolazionista, ma gli accadimenti dell’11 settembre non glielo impedirono (sì, vabbeh!!). Verso l’unità europea. La storia dell’Europa occidentale negli anni ’90 fu in gran parte dominata dalla scelta di accelerare il processo di unificazione. Il trattato di Maasticht del 1992, che dava vita all’Unione europea, propose il traguardo della moneta unica per il 2001 e stabilì una serie di condizioni economiche per accedervi (parametri). Il cammino verso l’Unione monetaria, inaugurata nel 1998, condizionò anche le vicende politiche dei singoli Stati: a un’iniziale prevalenza della forze moderate (Kohl, Jacques Chirac e Josè Marìa Aznar, nel 1996) fecero seguito i successi della sinistra in Italia, Inghilterra, Francia e Germania (Tony Blair, Jospin nel 1997e Gerhard Schröder nel 1998). Realtà mossa e variegata, perché nel 2001 in Italia vinse Berlusconi, mentre ad esempio in Spagna nel 2004 tornarono i socialisti, con Zapatero. I problemi degli stati europei sono comunque ormai comuni (Welfare, economia, immigrazione... allargamento). Costituzione ferma per Francia e Olanda. Difficile cammino quello dell’Unione Europea. L’America Latina: stabilizzazione e crisi. Intergrazione anche fuori dall’Europa NAFTA e Mercosur, ad esempio. Essa era però frenata in AmLat dall’instabilità economica, che si cercò in molti casi di superare: Argentina di Menem, Brasile di Cardoso, Messico (che vide uno sviluppo notevole accanto alle tensioni sociali legate agli zapatisti del Chiapas). Ma le difficoltà finanziarie per i paesi sudamericani rimasero: in Brasile la crisi fu attutita bene, e divenne presidente Inàcio Lula de Silva, mentre l’Argentina di Fernando de La Rua entrò in una spaventosa bancarotta. Fine 2001: governo dichiarò insolvenza proteste, de La Rua a casa elezioni 2003, Nestor Kirchner presidente. 1999: il populista Hugo Chavez vinse in Venezuela, mentre in Perù furono i progressisti di Toledo a prendere il potere. Messico, 2000: fine dell’egemonia del Partito rivoluzionario istituzionale, durata settant’anni Vicente Fox. l dramma dell’Africa. I problemi della povertà e del sottosviluppo ebbero manifestazioni drammatiche soprattutto in Africa, dove reano aggravati da una serie di guerre civili (Angola, Etiopia, Somalia, Liberia, ma soprattutto Ruanda – hutu/tutsi - e Congo – dopo Mobutu, Kabila), dietro le quali naturalmente ci sono interessi altri, ben diversi. In Sudafrica il PM de Klerk (1980) aprì negoziati con Nelson Mandela, leader dell’African National Congress fine del regime dell’apartheid. Neri pacificamente al potere; problemi non risolti, ma Sudafrica è democratico e stabile ora. Il ruolo dell’Asia. Quasi tutti i Paesi asiatici a fine ‘900 registrarono una crescita economica notevole, in particolare quelli del Sudest asiatico (Malaysia, Singapore, Hong Kong...), che seguirono il modello del Giappone, che eppure in quel periodo smise di crescere ed entrò in recessione, a causa dei problemi che colpirono il trainante sistema bancario. Anche politicamente iniziò a venire meno la stabilità, che invece sta tentando di garantire dal 2001 Junichiro Koizumi, dell’ala progressita e modernizzatrice. Cina crebbe a ritmi spaventosi ed ebbe un grande sviluppo, pur nella permanenza del monopolio politico dei comunisti (dal 1997 due presidenti, Jiang Zemin e Hu Jintao) annessione nel 1997 di Hong Kong e nel 1999 di Macao. L’Occidente continua a chiudere un occhio su quanto fa la Cina (es. repressione in Tibet), non tanto per interesse economico, quanto per paura che una repentina democratizzazione possa distruggere il sistema economico cinese, così com’era successo a quello sovietico. In tutti i paesi del continente, comunque, con l’eccezione dell’India, la 90 ad opera di Gianfranco Fini in Alleanza nazionale (gennaio 1995). Maggiore novità: ingresso in politica dell’imprenditore televisivo Silvio Berlusconi. Si poneva come arginatore delle sinistre e come leader in grado di tenere legato il centro- destra. Era molto popolare. Fondò un suo movimento, Forza Italia, e si alleò con la Lega e con Alleanza nazionale. All’opposizione, nel cartello dei Progressisti, si coagulavano tutte le forze di sinistra. Nelle elezioni del marzo 1994 il Polo delle libertà di Berlusconi vinceva e otteneva maggioranza alla Camera, ma non al Senato. La Lega prese più del Berlusca però. Questi vinse grazie alle sue televisioni, ma anche per la sua capacità comunicativa. Quelle elezioni sembrarono suggerire l’instaurazione di un sistema di alternarnanza, detto bipolarismo. Senza contare il discorso sul conflitto di interessi, il governo Berlusconi si trovò davanti una situazione molto complessa e una maggioranza estremamente instabile dicembre 1994, dimissioni di Berlusconi governo Dini, di tecnici, per superare il momento difficile (in realtà resto oltre un anno, portando a compimento, tra l’altro, la riforma pensionistica). Già a febbraio 1995 attorno a Romano Prodi si stava raccogliendo una formazione piuttosto ampia di centro-sinistra, l’Ulivo. Antagonista di Silvio. Le elezioni regionali sembrarono favorire la sinistra, referendum sulle reti televisive possedibili da un privato favorì Silvio. Si tentò di temporeggiare prima di arrivare alle elezioni per rafforzare le coalizioni (Lega aveva abbandonato la destra per Dini, era sempre più antisistema). Inizio 1996, fine governo Dini. 21 aprile 1996: elezioni vinte dall’Ulivo, che aveva l’appoggio di Rifondazione comunista in cambio di sostegno in alcuni collegi, la Lega aveva corso da sola. Pds di D’Alema > Forza Italia. Il successo leghista radicalizzò gli atteggiamenti di Bossi. Governo Prodi, grossi problemi di stabilità e da risolvere nella guida del Paese. L’Italia nell’Unione europea. Maggio 1998, Italia riuscì ad entrare nell’Unione monetaria europea, avendo portato il deficit/PIL sotto il 3%. Le revisione del “Welfare State”, con il problema della previdenza e dele pensioni, non riuscì ad andare in porto, perché incontrò troppe resistenze di quanti sostenevano questo o quel gruppo, e non volevano scontentarlo. Problemi della giustizia: inchieste di Tangentopoli era tutt’altro che finite. Contrasti tra magistratura e politici, tra l’altra con il coinvolgimento di Silvio in alcune inchieste. Commissione bicamerale, ideata da D’Alema e Berlusconi, per delineare un progetto di riforme istituzionali. Nel corso del 1997 essa definì una serie di modifiche costituzionali volte ad instaurare un sistema semi-presidenziale con elementi di federalismo tutto bloccato per le tensioni tra destra e sinistra. Quello italiano è un bipolarismo imperfetto; all’inizio del 1998 restavano aperti i problemi legati all’importanza delle forze politiche interne ai due cartelli, estremamente compositi, in un momento in cui le spinte verso la creazione di una forza di centro erano notevoli. Ottobre 1998: Rifondazione negò la fiducia a Prodi che si dovette dimettere governo di Massimo D’Alema, sostenuto dall’Ulivo e da un’ala intransigente di Rifondazione, il Partito dei comunisti italiani di Cossutta. PD Ds. Le difficoltà del centro- sinistra stavano, si sa, nella frammentazione interna che bloccava ogni procedimento politico. I referendum sull’abolizione della quota proporzionale nelle elezioni della Camera non raggiunsero il quorum, né nel 1999 né nel 2000. I successi elettorali del centro-destra, a livello europeo e a livello comunale (con l’elezione di Guazzaloca del polo a sindaco di Bologna!!!) indebolirono ulteriormente il centro-sinistra. Il consenso tra i due schieramenti non portò alle sperate riforme, ma si manifestò nell’elezione di Ciampi a presidente della Repubblica (maggio 1999) e nel sostegno alla missione in Kosovo. Vocazione europea dell’Italia era chiara. Sotto il peso della sconfitta delle regionali del 2000 dimissioni di D’Alema e avvento di Amato. Principale realizzazione fu senza dubbio la riforma federalista del 2001, che dava autonomia maggiore agli enti locali. Italia spinta verso UE, ma i suoi problemi interni di esecutivo debole e governi instabili rimanevano. La società italiana alle soglie del nuovo secolo. Le trasformazioni in atto nel nostro Paese si possono studiare attraverso i comportamenti demografici: spiccata denatalità e invecchiamento della popolazione. Siamo tra i più vecchi del mondo. Famiglia subisce trasformazioni, con un numero sempre più alto di singles. L’omologazione dei costumi non riesce a nascondere differenze sociali notevoli, basate soprattutto sulla disuguaglianza dei redditi (conflittualità sociale: i ceti medi tutelano i loro privilegi) e dei livelli culturali (inefficienza sistema formativo). L’Italia soffre di un deficit di etica pubblica (disprezzo delle regole). Il centro-destra al governo. Berlusconi vs. Rutelli Silvio riuscì a personalizzare le campagna elettorale, facendo delle elezioni una sorta di referendum sulla sua persona. Casa delle libertà + AN + minori + Lega vs. Ulivo + Margherita + Comunisti italiani + minori. Rifondazione fuori. 13 maggio 2001: vittoria del centro-destra. Berlusconi ebbe gran successo al Sud; si presentò come colui che avrebbe risollevato le sorti dell’Italia, che era stata sfasciata dalla sinistra. Dalle elezioni usciva un premier, che veniva investito solo formalmente dal capo dello Stato. Subito grosse difficoltà con il G8 di Genova. 91 Conflitto di interessi e leggi ad personam. 9/11 appoggio italiano in Afghanistan, e in Iraq nel 2003. Marco Biagi ucciso dalle Brigate rosse nel marzo 2003. “Girotondi” e immunità delle alte cariche dello Stato. Problemi economici, difficoltà nel portare avanti quanto promesso. Ma tanto oggi se ne è andato a casa ( e anche all’inferno)
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