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Migrazioni e Relazioni Internazionali: Storia e Economia, Dispense di Storia Contemporanea

Storia delle Relazioni InternazionaliStoria modernaStoria politicaStoria EconomicaStoria contemporanea

La relazione tra migrazioni e politica internazionale, con un focus sulle motivazioni economiche e le conseguenze per lo Stato e i migranti. del ruolo dello Stato nella regolamentazione dell'emigrazione e dell'immigrazione, il fenomeno della 'push and pull' e la selezione di migranti in base a criteri politici e di buona salute. Vengono anche analizzate le implicazioni per il lavoro e le condizioni di vita dei migranti, il ruolo del Fondo Monetario Internazionale e la ripresa economica in Europa dopo la seconda guerra mondiale.

Cosa imparerai

  • Quali furono le conseguenze della guerra sulla politica internazionale?
  • Come i partiti comunisti in Italia e Francia si posizionarono nei confronti della guerra?
  • Quali furono le caratteristiche delle dittature degli anni '30?
  • Quali furono le ragioni che portarono alla guerra negli anni '20?
  • Quali furono le conseguenze della guerra sullo sviluppo economico dell'Italia?

Tipologia: Dispense

2014/2015

Caricato il 08/06/2015

nicolino10
nicolino10 🇮🇹

3.7

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Scarica Migrazioni e Relazioni Internazionali: Storia e Economia e più Dispense in PDF di Storia Contemporanea solo su Docsity! STORIA CONTEMPORANEA 1 MODULO A................................................................................................................... 3 1.1 Lezione del 10/02/14...................................................................................................... 3 1.2 Lezione del 14/02/14...................................................................................................... 4 1.2.1 Interpretazione marxista................................................................................................. 4 1.2.2 Interpretazione liberale:.................................................................................................. 4 1.2.3 Concetto Di Nazione...................................................................................................... 5 1.3 Lezione del 20/02/14...................................................................................................... 6 1.4 Lezione del 21/02/14...................................................................................................... 8 1.5 ........................................................................................................................................ 1.6 Lezione del 28/02/14...................................................................................................... 10 1.7 Lezione del 06/03/14 - Le migrazioni – fenomeni e cause............................................ 12 1.8 Lezione del 07/03/14 - Il ruolo dello stato nei flussi migratori...................................... 12 1.9 Parte della lezione del 07/03/14 -Le migrazioni............................................................ 14 1.9.1 Stagione degli accordi bilaterali..................................................................................... 14 1.9.2 Caso Svizzero................................................................................................................. 14 1.9.3 Caso Tedesco.................................................................................................................. 16 1.10 Lezione del 13/03/14 - 2° dopoguerra e situazione italiana tra il 1950 e 1970............ 17 1.11 Lezione del 14/03/14 - Il miracolo economico............................................................. 19 1.11.1 ........................................................................................................................................ 1.11.2 Situazione internazionale............................................................................................... 20 2 MODULO B................................................................................................................... 22 2.1 Lezione del 24/03/14...................................................................................................... 22 2.1.1 Gli accordi di Bretton Woods......................................................................................... 22 2.1.2 Il sistema degli accordi di Bretton Woods...................................................................... 23 2.1.3 La fine di Bretton Woods e il nuovo ruolo dell'FMI...................................................... 25 2.1.4 La nascita dell'ONU....................................................................................................... 25 2.2 ........................................................................................................................................ 2.3 Lezione del 27/03/14 – La politica USA e URSS e Inglese........................................... 27 2.4 Lezione del 03/04/14 – I non allineati............................................................................ 28 2.4.1 Movimento dei Non Allineati......................................................................................... 28 2.4.2 Questione degli armamenti............................................................................................. 29 2.5 Lezione del 10/04/14...................................................................................................... 31 2.6 Lezione del 11/04/14...................................................................................................... 33 2.6.1 Liberismo e Liberalismo - confronti con le teorie settecentesche.................................. 34 2.7 ........................................................................................................................................ 2.8 ........................................................................................................................................ 2.9 ........................................................................................................................................ 2.10 ........................................................................................................................................ 2.11 ........................................................................................................................................ 2.12 ........................................................................................................................................ 2.13 ........................................................................................................................................ 2.14 Lezione del 14/04/14...................................................................................................... 36 2.15 Lezione del 28/04/14 ..................................................................................................... 38 Pagina 1 di 38 Pagina 2 di 38 Secondo lui le responsabilità maggiori non erano della Germania, ma della Francia, che dopo la guerra del 1870/71 aveva puntato alla rivincita sulla Germania, pressandola, accerchiandola con accordi con altri stati europei che miravano a metterla nelle condizioni di reagire. Renouvint guardava ai cambiamenti della psicologia collettiva e indicava anche le tendenze economiche in modo diverso dalla visione marxista. • Fisher, anni dopo, sosteneva la tesi contraria di Renouvint: era stata la Germania stessa a sentirsi accerchiata, indipendentemente dalla reale situazione internazionale, reagendo con un atteggiamento politico aggressivo e con la guerra a questo ipotetico accerchiamento. • Secondo alcuni storici è stato invece l'autoritarismo degli stati europei a portare alla guerra, quando sarebbe loro bastato attuare politiche differenti, ridefinendo conseguentemente i rapporti tra stati. • Clark, in un suo libro, sosteneva che tutte le forze in campo avessero avuto interesse alla guerra, sebbene nessuna avesse realmente avuto coscienza delle conseguenze. Concetto Di Nazione Uno studioso tedesco sosteneva che coloro che entrarono nel conflitto pensavano di partecipare ad un istante unico alla storia del mondo. Ogni soldato avrebbe sentito un senso di fratellanza e di appartenenza alla propria comunità, all'interno della quale le persone avevano riferimenti comuni. In questa guerra chi si è mobilitato l’ha fatto in nome dell'idea di nazione cui apparteneva. Si fa strada il concetto che il proprio stato abbia qualcosa in più rispetto agli altri. Il nazionalismo di questi decenni è stato il carburante della prima guerra mondiale, è stato usato politicamente per costruire partiti di massa conservatori. Infatti, l'appartenenza a una stessa nazione cancella le differenze di classe. Nascono posizioni interclassiste (significato esattamente contrario al termine socialista). In Italia il pensiero politico ed economico di stampo cattolico ha avuto orientamento interclassista. I cattolici sono stati il punto di riferimento dei nazionalisti. Di fronte alla guerra i partiti socialisti si sono divisi e sono stati quelli più in disaccordo sulla posizione da tenere nei confronti della guerra: partecipare voleva dire fare gli interessi dei capitalisti, ma allo stesso tempo questa partecipazione faceva sentire le persone di appartenere tutte a uno stesso stato. Nonostante ciò, in Francia ed in Germania i partiti socialisti si divisero. In Francia un socialista fu ucciso da un nazionalista al fine di dare un segno politico. A seguito di questi omicidi la posizione dei socialisti cambiò, si mostrarono più favorevoli verso la guerra. La situazione italiana è stata la più complicata. Infatti, durante i primi anni dopo lo scoppio della guerra, quando l'Italia non era ancora entrata nel conflitto, si è tenuta una posizione più neutra da parte dei socialisti, ma dal maggio 1915 questi sceglieranno di mantenere una posizione che non sarà né a favore, né contro la partecipazione al conflitto bellico. Atteggiamento che avrebbe permesso di assumere atteggiamenti differenti. Di fatto non aderirono alla guerra, ma non la sabotarono nemmeno. Pagina 5 di 38 Lezione del 20/02/14 La lezione del 20 febbraio si apre con l'analisi di un documento, un'intervista al Sig. Benito, il quale parla del padre fascista che nel 1915 fu inviato in guerra come sottotenente, e che a conflitto finito ricoprì varie cariche istituzionali. In questa intervista il Coglione racconta di come il genitore avesse messo in relazione l'adesione al fascismo con la partecipazione al conflitto mondiale. La guerra del '15-18 ha avuto, infatti, conseguenze che hanno portato al naturale affermarsi del fascismo. • In primo luogo si è avuta un'intensificazione dello spirito nazionalista. Prima della guerra in Italia non c'era un’unica lingua nazionale ma una miriade di dialetti differenti; gli stessi soldati, per potersi capire, hanno imparato a utilizzare un solo codice linguistico. Non solo, la guerra è stata una sorta di diffusore di questo codice, oltre ad aver agito come agente di alfabetizzazione di massa, in quanto soldati e famiglie, per riuscire a comunicare tra loro, hanno dovuto imparare a scrivere e leggere. • In secondo luogo si sono sviluppate le società di massa. Già con l’avvento dell’industrializzazione le persone cominciano a spostarsi dagli ambienti rurali a bassissima densità di popolazione delle campagne, alle sempre più affollate città. Negli anni della guerra le fabbriche si sono diffuse a ritmo crescente e impiegando un numero sempre più elevato di persone. • Comincia inoltre un periodo di forte destabilizzazione sociale. Congedati dall’esercito, coloro che al suo interno avevano ricoperto cariche di vario titolo vogliono mantenere lo stesso ruolo di prestigio svolto in precedenza, anche in virtù di rivendicazioni legate ad anni di privazioni al fronte, contestate, però da parte di chi sostiene che la guerra è stata inutile e combattuta in nome di valori sbagliati. All’atteggiamento aggressivo dei graduati si aggiunge la forte pressione che gli ex soldati creano ora nel mercato del lavoro e che si scontra con la nuova occupazione femminile. Durante il periodo di guerra, infatti, le donne sono state impiegate in tutti quei lavori che prima erano di esclusivo appannaggio maschile e che per ovvi motivi di mancanza di mano d’opera ora sono svolti da loro. È avvenuto, in questo modo, un rovesciamento dell’ordine sociale; le donne sono ora autonome nella gestione delle incombenze quotidiane, si stanno emancipando dal ruolo subalterno all’uomo. Con il suo avvento, il fascismo tenta di ripristinare il vecchio ordine, promuovendo l’immagine della donna casalinga e madre, subalterna all’uomo all’interno della famiglia e della società. Proprio con l’intento di ripristinare un certo ordine sociale, nascono associazioni come quella delle massaie rurali che promuovono un’immagine della donna in sintonia con la visione fascista. Pagina 6 di 38 • Cambia il ruolo dei mezzi di comunicazione di massa. Già durante il periodo bellico la propaganda politica viene praticata dai partiti per promuovere la causa della guerra presso l’opinione pubblica. Successivamente, radio, cinema e televisione diventano sempre più gli strumenti della propaganda, del controllo e dell’educazione delle masse dal parte del regime fascista. • Infine, si hanno due conseguenze politiche rilevanti. Innanzitutto gli Imperi centrali collassano ed emergono nuove teorie per la gestione degli affari internazionali. Con la fine della guerra si affermano le teorie del programma in 14 punti del presidente americano Wilson, che cercano di delineare un mondo ideale basato principio della nazionalità e della volontà liberamente espressa da parte delle popolazioni, sotto la tutela della Società delle Nazioni Unite, organismo internazionale che nasce col preciso scopo di tutelare la pace internazionale tra gli stati aderenti. Secondariamente, le aristocrazie perdono la loro centralità a vantaggio delle masse che rivendicano maggiore partecipazione alla vita politica. La guerra non è la causa di questi processi, ma sicuramente li accelera. Il concetto di democrazia che si va delineando è un fatto consolidato solamente negli Stati Uniti d’America, mentre nel resto del mondo e soprattutto in Europa, il processo democratico nasce in questi anni, anche con la definizione di categorie politiche fondamentali che caratterizzeranno le forze politiche del novecento. Queste categorie definiscono le forze della sinistra e della destra europea e sono: Rivoluzionarie, progressiste, moderate, conservatrici, reazionarie. Questi sono termini dinamici che nel tempo hanno mutato il loro significato originario. Rivoluzionarie sono le forze che hanno come obiettivo la trasformazione dell’ordine sociale, dell’ordine costituito, delle gerarchie, in modo rapido e traumatico. Progressiste invece sono quelle forze che considerano ingiusta la società e le sue gerarchie. Vogliono cambiarle con un processo di trasformazione lento e non traumatico costituito da riforme. Oggi, per rimarcare la natura dinamica del termine, i riformisti non hanno più questa visione della società. Le moderate sono forze di centro che riconoscono l’esistenza di alcune forme di ingiustizia sociale, ma non ritengono opportuno un cambiamento drastico del sistema sociale. Le forze conservatrici ritengono invece che l’ordine sociale non debba essere cambiato. Infine, le forze reazionarie sono forze di estrema destra che, negli anni immediatamente successivi alla fine del conflitto mondiale, non condividono l’evoluzione sociale in atto e lottano per ristabilire il precedente ordine. Pagina 7 di 38 della vita dei cittadini da parte dello Stato, unico operatore in campo economico, sanitario e scolastico. Lezione del 28/02/14 La lezione comincia con la lettura di alcune lettere di migranti che attraverso il contatto scritto sono riusciti a mantenere un legame con il paese di origine. Le migrazioni sono un processo di disgregazione familiare e di successiva riaggregazione in un altro luogo. Un aspetto delle migrazioni riguarda il comportamento delle famiglie: al loro interno, spesso c'è chi parte per primo, e chi segue solo in un secondo momento. I mezzi di comunicazione (telefono, lettere) sono stati importanti, l'uso che ne se è fatto va contestualizzato nel periodo storico di emigrazione. La stessa circolazione delle informazioni tra Stato e Stato ha permesso un certo innalzamento culturale delle persone, quando esse hanno, per esempio, scambiato tra loro il contenuto di leggi relative all'immigrazione. Spesso i migranti, tornando ai paesi d'origine, hanno con sé anche l'abitudine a consumare un certo tipo di alimenti, poi commercializzati anche in zone dove non erano abitualmente venduti. L'immigrazione è ancora oggi sottoposta ad alcuni stereotipi, di destra legati a una visione xenofoba e di sinistra che vede nell'immigrazione soltanto le occasioni d’arricchimento interculturale. Non è ovviamente possibile impedire le migrazioni, che avvengono da che l'uomo esiste, ma ovviamente esse portano con sé contraddizioni, a causa delle quali diventa importante cercare di regolarizzarle il più possibile, oltre che cercare di regolarizzare l'inserimento dei migranti nei nuovi contesti di emigrazione. Infatti, è proprio in quei paesi in cui è forte la retorica conto l'immigrazione che vi è il più alto tasso di illegalità. Per capire le migrazioni occorre guardarle nello specifico: nell'antichità migravano popolazioni intere, la stessa modalità è stata mantenuta anche nel corso del medioevo. Determinante è la dimensione collettiva delle migrazioni. In questo periodo si hanno testimonianze di movimenti di persone con competenze specifiche che si sono mosse per svolgere lavori temporanei. In età moderna (quindi dalla data della scoperta dell'America) si sviluppano invece flussi individuali di persone alla ricerca di posti di lavoro, ma non solo, i nuovi mezzi di trasporto, la riforma protestante, le guerre di religione, mostrano anche un'emigrazione per motivi religiosi. L’analisi delle colonie americane mostra che il Nord America è stato colonizzato prevalentemente dai padri puritani e dai padri pellegrini in fuga dai rispettivi paesi a causa delle persecuzioni religiose. Le aree in cui si insediavano i puritani, che non erano né tolleranti né pacifisti, erano normalmente chiuse a migranti di fede diversa. Invece, nella parte statunitense più a sud, dove erano situate le colonie commerciali i cui coloni erano di fede anglicana, era normalmente più facile che avvenissero mescolanze di popolazioni con fedi differenti. Nel territorio americano si sono avuti gli spostamenti dei nativi americani e l'importazione degli schiavi di origine africana, ma si è affermata anche una forma di Pagina 10 di 38 schiavitù intermedia, detta dei "servi a contratto", persone che non avendo le possibilità economica di pagarsi il viaggio per le Americhe, stipulavano, con persone benestanti in viaggio verso la stessa destinazione, un contratto di servitù della durata necessaria a pagarsi il viaggio. C’è un' interpretazione sociale macroeconomica delle migrazioni, viste come espulsione di massa da un territorio, provocata da condizioni politico-economico- sociali che i migranti non sono in grado di controllare. É una visione che guarda ai rapporti tra gli Stati, a quel tipo di politica internazionale, definita "push and pull", che ha fattori di spinta all'esterno di un'area e di attrazione all'interno di un'altra, ossia: mancanza di lavoro in un Paese, migliori opportunità in un altro. Secondo l'interpretazione sociale di tipo microeconomico le migrazioni sono viste come una scelta individuale decisa autonomamente dagli individui. Anche le partenze legate alle motivazioni religiose rientrano in questa categoria. Entrambe le visioni sono vere se considerate insieme: sono ragioni di tipo economico a determinare le migrazioni, ma le persone sono comunque in grado di operare le proprie scelte; non sempre sono i più poveri e meno qualificati ad emigrare, spesso è chi è più qualificato, chi ha capacità di valutazione, chi sa mettersi in gioco a decidere di partire verso altri Stati. Questa visione spiegherebbe il motivo per cui nei decenni addietro si sia, per esempio, emigrato maggiormente dalle benestanti valli bergamasche, anziché da altre zone della provincia maggiormente depresse. In alcune aree del mondo fondamentale è il ruolo dello Stato nella regolamentazione dell'emigrazione e dell'immigrazione: Esso decide chi può o non può entrare o uscire dal Paese. Per capire le politiche migratorie bisogna guardare la politica economica degli Stati e le relazioni internazionali. Si veda a tal proposito la politica tedesca riguardante gli immigrati che tornavano ai propri paesi e che continuavano ad acquistare i prodotti tedeschi cui erano abituati, ma anche l'atteggiamento del fascismo che favoriva l'emigrazione verso le colonie italiane, ma proibiva quella verso altri Stati. Pagina 11 di 38 Lezione del 06/03/14 - Le migrazioni – fenomeni e cause Le catene migratorie si riferiscono a persone che quando partono per l’estero vanno dove altri conoscenti, prima di loro, si sono già indirizzati. Le catene migratorie sono infatti reti di contatto all’interno delle quali circolano le informazioni necessarie a viaggiare e vivere in una data area. Permettono spesso lo sviluppo di strategie di sopravvivenza tra i migranti di una stessa comunità, e sono responsabili della specializzazione professionale di chi arriva nella nuova terra. Lo sviluppo delle tecnologie e dei sistemi di comunicazione è importante per capire come si evolvono le reti migratorie. Anche le associazioni assistenziali svolgono azione di sostegno migranti fornendo competenze di vario genere. Infatti, l'emigrazione italiana in molti casi ha avuto il sostegno di tali associazioni, le caratteristiche di tale sostegno sono state diverse in ogni paese di espatrio. Le catene migratorie italiane hanno percorsi articolati, le persone, in molti casi partono dal Sud, fanno tappa nei vari distretti industriali del Nord, e solo in un secondo momento si dirigono verso la Germania. Si individuano differenti FLUSSI MIGRATORI: Nel '700 gli USA sono stati colonizzati da inglesi, tedeschi, francesi, tutti quanti definiti migranti “old stock” e considerati americani al 100%. Nell'800, con lo sviluppo dei mezzi di trasporto e delle comunicazioni, l'immigrazione negli USA aumenta, e con la carestia irlandese del 1849 si ha un incremento di immigranti irlandesi. L'industrializzazione favorisce il processo migratorio nelle fabbriche americane con il conseguente aumento di manodopera non qualificata. La nascita del taylorismo, oltre a causare la perdita della professionalità degli operai, favorisce l'assunzione in massa di operai stranieri non qualificati, disposti a lavorare il più possibile per avere maggiori guadagni. L'espansione dell'industria rende necessario un uso sempre maggiore di manodopera, così tra il 1860 e il 1900 emigrano negli Stati Uniti sempre più Italiani, Polacchi, ed Est Europei. Il processo di industrializzazione provoca anche la necessità di avere nuclei abitativi adeguati, si sviluppa così il fenomeno dell'urbanizzazione delle città che crescono in modo esponenziale, non solo, l'immigrazione americana diventa un problema sociale oltre che politico, perché comincia a diffondersi tra le classi lavoratrici xenofobia operaia, ossia il sentire minacciato il proprio posto di lavoro da parte degli immigrati, disposti a lavorare di più per minori compensi. Lezione del 07/03/14 - Il ruolo dello stato nei flussi migratori Pagina 12 di 38 confine del nostro paese, sono i favoriti nelle assunzioni nelle fabbriche svizzere. Nel 1948 viene firmato il 1° accordo bilaterale con l’Italia a seguito del quale sono istituiti dei permessi di soggiorno assai complessi e suddivisi in quattro categorie: per i lavoratori frontalieri, stagionali, annuali e a tempo determinato. I frontalieri incarnano per la Svizzera il modello ideale di manodopera, poiché entrano nel paese esclusivamente per lavorare e la sera, al massimo il fine settimana, ritornano oltre frontiera. La gestione sociale di queste persone resta in carico al paese di provenienza. Gli stagionali, invece sono di due tipi: gli stagionali propri che lavorano in settori stagionali come quello agricolo e possono restare nel Paese soltanto per il periodo indicato dal contratto di lavorio, e gli stagionali impropri che lavorano in settori tradizionali nei quali le aziende assumono con contratti a tempo determinato di fatto del tutto simili a quelli stagionali. Lo statuto dei contratti stagionali prevede la possibilità del ritorno in patria in qualsiasi momento, ma di fatto è uno strumento che permette alle aziende elvetiche di sciogliere i contratti stagionali anche prima del loro termine. Inoltre, la selezione dei lavoratori avviene con criteri professionali, politici e personali. La permanenza nel Paese è strettamente subordinata a specifici contratti di lavoro stagionali, e in generale il lavoratore può rimanervi per nove o undici mesi, a seconda del tipo di contratto, vivendo rigorosamente negli spazi abitativi indicati dal datore di lavoro che spesso sono poco più che baracche, dopodiché dovrebbe ritornare in patria in attesa di essere richiamato o dalla stessa azienda per la stagione successiva, o da altre aziende per altri lavori stagionali, ma in realtà spesso continua a lavorare per la stessa azienda, poiché i controlli in materia di lavoro sono praticamente inesistenti. Nel Paese vige la più assoluta tolleranza alle irregolarità dei contratti di lavoro con gli immigrati. Ogni lavoratore stagionale, dopo cinque anni trascorsi in Svizzera, ha diritto di richiedere un permesso di soggiorno annuale che lo agevola anche nella ricerca di un eventuale nuovo lavoro. Dopo ulteriori cinque anni può fare richiesta di permesso di soggiorno a tempo indeterminato e acquisisce contestualmente maggiori diritti, tra cui il ricongiungimento familiare, ma non quello di voto o di elezione per i quali è necessaria la cittadinanza. La posizione italiana migliora a livello internazionale tra la fine degli anni cinquanta e l’inizio degli anni sessanta, riuscendo ad acquisire maggiore potere contrattuale nei confronti della Svizzera così nel 1964 il governo italiano riesce ad imporle la revisione degli accordi del 1948: viene mantenuta la suddivisione dei permessi di soggiorno nelle quattro categorie, ma si accorciano gli anni di attesa necessari al passaggio dal tempo determinato a quello indeterminato e si rendono più facili i ricongiungimenti familiari. Gli italiani cominciano ad Pagina 15 di 38 essere meglio integrati sul territorio elvetico, tuttavia, la presenza italiana diventa più complessa perché insieme ai lavoratori aumenta anche la presenza dei relativi figli, che diventano il principale problema del governo svizzero che dovrebbe inserirli nei contesti scolastici. In realtà continua a permanere tra le istituzioni l’atteggiamento di considerare i lavoratori immigrati come “ospiti” che non fanno parte della società elvetica, pertanto non vengono attuate vere e proprie politiche si sistema nella gestione e integrazione degli immigrati. Poiché la presenza di lavoratori irregolari o clandestini è altissima, ed è causata dalla rigidità dell’apparato migratorio, il governo svizzero autorizza i datori di lavoro a regolarizzare in qualsiasi momento i propri lavoratori stranieri irregolari per mezzo di una sanatoria permanente. Caso Tedesco Nel 1955 la Germania firma con l’Italia gli accordi bilaterali sull’immigrazione, accettando manodopera italiana in cambio della possibilità di vendere merce tedesca sul mercato della controparte. Il modo in cui gli immigrati vengono inseriti nel sistema produttivo tedesco è uguale a quello svizzero: contratti stagionali che facciano arrivare soprattutto manodopera giovane, forte, con pochissimi costi sociali che viene fatta alloggiare in abitazioni messe a disposizione dai datori di lavoro e che costituiscono una sorta di villaggi ghetti, dai quali gli immigrati non escono praticamente mai. Il sistema di reclutamento presso le sue fabbriche è per alcuni versi anche più rigido di quello svizzero: infatti, sono direttamente le commissioni tedesche che secondo gli accordi bilaterali selezionano la manodopera presso i centri di immigrazione italiani decidono se i lavoratori sono idonei alle loro attività. Contrariamente a quanto avviene in Svizzera però, la Germania non consente il reclutamento della manodopera da parte di istituzioni private. Dal 1957 il trattato di Roma consente la libera circolazione di merci e persone tra i paesi europei. Questo nuovo fatto contraddice il sistema degli accordi bilaterali che tuttavia restano attivi per i dieci anni successivi, periodo necessario ad attuare le disposizioni del trattato per mezzo di decreti attuativi dei singoli Stati; i lavoratori italiani che si spostano in Germania continuano a sottostare alle regole degli accordi bilaterali. La situazione cambia quando il trattato è operativo perché il Governo tedesco, per poter continuare ad utilizzare manodopera Gastabeiter, firma accordi bilaterali con Stati extra europei. Pagina 16 di 38 Lezione del 13/03/14 - 2° dopoguerra e situazione italiana tra il 1950 e 1970. Con la fine della guerra sia ha la contrapposizione dei blocchi USA – URSS. Ciò avviene anche in Italia attraverso la contrapposizione tra il Partito Comunista e la Democrazia Cristiana (DC). La Democrazia Cristiana è il partito che nell’Italia dell’immediato dopoguerra rappresenta la forza moderata, in alcune sue correnti, e conservatrice sostenuta dal mondo capitalistico da quello padronale, da tutte le forze moderate e conservatrici presenti nel Paese, e dai cattolici. La Chiesa cattolica è, infatti, tra i suoi sostenitori, occupandosi del sostegno e dell’assistenza tra i lavoratori (le Acli), e cercando di fare il maggiore proselitismo possibile. Anche il ceto medio urbano, composto da artigiani, commercianti, impiegati, è un altro dei sostenitori del partito, con lo scopo di evitare che l’affermarsi del comunismo porti a un livellamento verso il basso anche del loro stile di vita. Gli imprenditori e i sostenitori della Democrazia Cristiana hanno come obiettivo il contenimento del movimento operaio organizzato; la privazione dell’autonomia, conquistata durante la resistenza nel corso della guerra appena terminata, che aveva legittimato la presenza di comunisti come forze democratiche; l’intervento statale in economia e i progetti di pianificazione economica di stampo socialista o comunista, poiché questo tipo di gestione prevede la nazionalizzazione di settori cruciali come quello energetico, con l’espulsione dell’iniziativa privata o l’imposizione di vincoli all’operato. L’ideologia della DC fa riferimento ai valori morali e familiari, sostenendo che tali valori non possono essere condivisi anche dal comunismo accusato, al contrario, della disgregazione della famiglia a causa della modernità che porta con sé. Il baluardo della famiglia, nucleo fondamentale della società, è la figura della donna, invocata come madre e fautrice dell’unità familiare e dell’ordine sociale. Per questo, la donna non deve avere un ruolo pubblico e in ogni caso deve essere molto limitato per non causare problemi all’ordine familiare; deve continuare ad essere subalterna all’uomo, non si può emancipare poiché se ciò avviene, gli equilibri sociali si sgretolano. Anche la Chiesa Cattolica con la sua ideologia contribuisce in modo determinante a imporle questo ruolo sociale. L’autonomia femminile è negata nell’ideologia della famiglia e nel relativo richiamo all’ordine sociale. La D. Cristiana ha gli USA come riferimento esterno alla nazione, mentre tutto ciò che ruota attorno al mondo comunista si ispira al modello sovietico. La D. Cristiana prende il controllo della vita politica italiana con l’aiuto degli USA e governa da sola per circa un decennio, tra gli anni cinquanta e sessanta, chiamato il decennio del centrismo Dall’altro lato, Il Partito Comunista, sostenuto dal mondo operaio dalla parte della classe lavoratrice che non è non legata alla Chiesa. C’è anche una forza intermedia: Il Partito Socialista. Ha minore consensi ed è collocato a sinistra, ma nel corso degli anni sessanta diventerà il sostegno della DC. Il Partito Comunista cerca di creare consenso tra i lavoratori politicizzati e impegnati. Nel dopoguerra aumenta di dimensioni, anche se non potrà mai diventare un partito di maggioranza, poiché gli USA non lo permetteranno mai, non volendo una piattaforma comunista in un territorio importante come quello italiano. Anche la Chiesa e le classi sociali più agiate ne contrastano l’operato. Dagli anni cinquanta ai sessanta, nel contesto del miracolo economico italiano anche il P. Comunista opera tramite le sue Pagina 17 di 38 Situazione internazionale Kennedy è il presidente degli Usa dal 1961 al 1963 e Papa Roncalli è il capo della Chiesa cattolica. Gli Stati uniti legittimano l'apertura della DC verso il socialismo opposizione al comunismo che sarà destinato a restare per sempre un'opposizione di minoranza. Anche Papa Roncalli, conservatore dal punto di vista teologico, ma socialmente progressista, e noto per la sua sensibilità verso i lavoratori, fa opera di apertura verso il socialismo: nell'enciclica “mater et register” sostiene che l'economia non può essere lasciata in balìa del libero mercato poiché questo porterebbe a storture e contraddizioni, ritiene invece che l'intervento statale sia fondamentale per favorire l'integrazione sociale. Nell'enciclica “Pace in Terris” si esprime a favore della pacificazione tra USA e URSS, e ritiene che sia ora di uscire dalle logiche della guerra fredda. Il pensiero papale tradotto in politica italiana significa che non è un problema aprire a destra e quindi ai socialisti, pertanto i democristiani hanno la legittimazione della Chiesa nell'allearsi con la destra. Tuttavia, dovranno trascorrere ancora due anni prima di un’effettiva alleanza di governo, che nel frattempo si è già avviata nella gestione dei Comuni. Inizialmente il socialismo dà il suo sostegno al governo senza farne parte, nel 1962 nasce invece il primo centrosinistra organico che ha come obiettivo quattro grandi riforme che dovrebbero rendere l’economia italiana più equa e più giusta: • Nazionalizzare l’energia. • Riformare la scuola (istituzione della scuola media unica obbligatoria). • Effettuare la riforma urbanistica. • Creare le regioni come enti amministrativi. Sono anni in cui le parole Riforma e Riformismo significano cercare di individuare gli ostacoli verso una società più giusta e rimuoverli, eliminando le differenze sociali con investimenti statali (oggi gli stessi termini hanno significati diametralmente opposti). • Nazionalizzazione dell’energia: lo Stato può decidere il prezzo della sua erogazione senza l’obbligo di operare come le aziende private sui possibili investimenti di lungo corso che consentono di tirare le linee elettriche in ogni parte del Paese potenziando i servizi di erogazione. Le cinque aziende elettriche presenti nel Paese sono nazionalizzate e nasce l’Enel che si occupa del potenziamento della rete, degli impianti, e porta ovunque la corrente elettrica. • Riformare la scuola: Nel 1962 la legge Bui elimina l’avviamento professionale e innalza l’obbligo scolastico a 14 anni. Nasce la scuola media unica, all’interno di un sistema scolastico unico per tutti, in contrasto con la precedente scuola media e l’avviamento professionale, che fino a questo momento hanno strutturato la scuola come un sistema a due vie, da una parte l’élite e dall’altra i lavoratori, con differenti preparazioni in un contesto in cui le due entità devono restare separate. I figli dell’élite hanno finora avuto un’altissima preparazione, mentre ai figli dei lavoratori viene riservata la minima istruzione necessaria a leggere e far di conto. Ora invece, tutte la classi Pagina 20 di 38 sociali si ritrovano nella stesso percorso scolastico che deve compensare le differenze di partenza. È un nuovo strumento che dovrebbe aumentare le possibilità dio tutti. • La riforma urbanistica: lo Stato dovrebbe intervenire nel mercato immobiliare, ma la riforma non ha sbocchi perché incide su troppi interessi privati e di tutto l’indotto edile. La reazione a questa riforma è potentissima, infatti non viene realizzata. • Nascita delle regioni come enti amministrativi: non ha luogo perché nel 1964 il governo di centrosinistra cade senza riuscire a mettere in atto tale riforma. Nel 1964 l’epoca del governo di centro sinistra finisce, si ha un tentativo di colpo di stato che coinvolge più persone che con un progetto eversivo cercano di prendere il controllo della situazione rispetto alla presunta deriva dei riformisti di centrosinistra. Il piano fallisce, ma successivamente ci saranno altri tentativi. Gli anni cinquanta sono anche quelli della segregazione razziale negli USA. Iniziano le lotte per il riconoscimento dei diritti dei neri nel nome della costituzione: gli afroamericani rivendicano il diritto a frequentare senza alcuna discriminazione gli stessi mezzi o locali pubblici frequentati dalla popolazione di pelle bianca. Sull’onda di queste rivendicazioni si inseriranno tutte le lotte per i diritti civili degli anni successivi. Con la rottura del clima di finta pacificazione degli anni passati i giovani cercano di affermare la loro autonomia rispetto alle generazioni precedenti. È di questi anni infatti la nascita del concetto di “gioventù” cosi come lo conosciamo oggi. Sempre negli anni sessanta comincia il processo di decolonizzazione da parte delle vecchie potenze coloniali e sempre di questo periodo è il filone terzomondista di cui l’argentino Che Guevara è la figura più conosciuta. In Italia invece si sviluppano movimenti di contestazione, perlopiù studentesca, che si scagliano contro la scuola e soprattutto l’università, accusata di essere classista, di consentire il suo accesso solamente alle classi più elevate. Parallelamente le organizzazioni dei lavoratori lottano per migliorare le condizioni di lavoro all’interno delle fabbriche nelle quali i lavoratori cominciano ad gestirsi autonomamente, sganciandosi dai sindacati e dal Partito Comunista. Parola chiave di questi anni è: ’”autonomia operaia”. I nodi cruciali delle rivendicazioni sono la protezione nello svolgimento del lavoro, un lavoro più sicuro senza il rischio di ingiusto licenziamento e di morte per mancanza di protezione. L’Italia è l’unico Paese europeo in cui, tra il ’68 e il ’69, si ha un’alleanza nelle rivendicazioni studentesche e operaie che porterà all’”autunno caldo” del 1969, il momento più alto delle contestazioni. Rivendicazioni comuni in ambiti differenti: gli studenti, infatti, rivendicano un sistema scolastico che permetta di capire il processo produttivo una volta entrati nel mondo del lavoro, rivendicazione condivisa e sostenuta anche dai lavoratori. Sono gli anni in cui comincia la strategia della tensione, ma anche quelli in cui le condizioni economiche migliorano in tutto il Paese. Pagina 21 di 38 MODULO B Lezione del 24/03/14 Dopo la fine della prima guerra mondiale, gli americani non possono più optare per la politica isolazionista, convinti di dover continuare ad occuparsi dell'Europa. Per consentire alla Germania di ripagare i debiti di guerra gli Usa istituiscono due piani di prestiti, uno nel 1924, il piano Dawes, che rende possibile una certa ripresa dell'economia tedesca, anche se non è sufficiente a farla ridecollare, e un altro nel 1929, il piano Young, che però non sarà mai concesso a causa della crisi di Wall Street che si sta abbattendo sull'America in questo momento. Sono anni di forte difficoltà economica anche in Germania, e il partito di Hitler si afferma sempre di più. Roosvelt prende atto dei fallimenti politici ed economici che stanno avvenendo e capisce che per mantenere la propria potenza gli Usa devono continuare a restare in perfetto equilibrio politico-economico. Nascono organismi che si occupano di promuovere la cooperazione internazionale, infatti nel luglio 1944 a Bretton Woods viene convocata una conferenza, alla quale partecipano 44 paesi, e che sancisce l'inizio della cooperazione internazionale. L'Unione Sovietica aderisce alla conferenza, ma in un secondo momento si ritira, non entrando nemmeno nel Fondo Monetario, poiché non vuole aderire al concetto capitalistico, obbligando anche Polonia e Cecoslovacchia a fare altrettanto. La spaccatura tra i due blocchi si verifica quindi prima sul piano economico e poi su quello politico. In Usa, dal 1943 Roosevelt comincia a parlare di un sistema politico garantito da Stati Uniti, Gran Bretagna, Urss e Cina: i cosiddetti quattro poliziotti che dovrebbero costituire una sorta di direttorio. Gli accordi di Bretton Woods Quando si parla di Bretton Woods il pensiero corre al sistema di regolazione dei cambi internazionali che caratterizza il periodo compreso tra la fine del secondo dopoguerra e il 1971, data in cui il sistema viene abbandonato. Durante la conferenza di Bretton Woods vengono presi gli accordi che danno vita ad un sistema di regole e procedure volte a regolare la politica monetaria internazionale con l’obiettivo di governare i futuri rapporti economici e finanziari, impedendo di ritornare alla situazione che ha portato al secondo conflitto mondiale. Tra le cause della guerra vanno infatti conteggiate anche le diffuse pratiche protezionistiche, le svalutazioni dei tassi di cambio per ragioni competitive e la scarsa collaborazione tra i Paesi in materia di politiche monetarie. Dei due progetti presentati, quelli di Harry Dexter White, delegato USA e di John Maynard Keynes, delegato inglese, fu scelto il primo. Secondo il sistema definito da Bretton Woods il dollaro era l’unica valuta convertibile in oro, in base al cambio di 35 dollari vs. un oncia del metallo prezioso. Il dollaro poi viene poi eletto valuta di riferimento per gli scambi. Alle altre valute sono consentite solo oscillazioni limitate in un regime di cambi fissi a parità centrale.I due principali compiti della conferenza sono perciò quelli di creare le condizioni per una stabilizzazione dei tassi di cambi rispetto al dollaro (eletto a valuta principale) ed eliminare le condizioni di squilibrio determinate dai pagamenti internazionali (tale compito è poi affidato al FMI). Pagina 22 di 38 parte il riflesso del preponderante peso politico degli Stati Uniti, e in generale dei Paesi ricchi, e per tale motivo sono state spesso criticate. Un'altra importante istituzione, creata anch'essa con il sistema di Bretton Woods, è la Banca Mondiale, a cui fu delegato il compito di finanziare i processi di sviluppo dei Paesi poveri. Pur se meno criticata del Fondo Monetario, anche le scelte della Banca Mondiale sono in gran parte subordinate all'influenza dei paesi più avanzati. La prima organizzazione internazionale a carattere economico e monetario è stata la Banca dei regolamenti internazionali, istituita nel 1930, nata per incassare e distribuire le somme versate dalla Germania come riparazione dopo la prima guerra mondiale. Ora promuove la cooperazione tra le Banche Centrali ed è un centro studi e di consultazioni economiche e finanziarie. La fine di Bretton Woods e il nuovo ruolo dell'FMI La guerra del Vietnam e il forte aumento della spesa pubblica e del debito americano segnarono la fine del sistema istituito a Bretton Woods. Nel 1971 Richard Nixon sospese la convertibilità del dollaro in oro in quanto, con le crescenti richieste di conversione in oro, le riserve americane si stavano sempre più assottigliando. Il dicembre 1971 segnò l’abbandono degli accordi di Bretton Woods da parte dei membri del G10 (il gruppo dei dieci paesi formato da Germania, Belgio, Canada, Stati Uniti, Francia, Italia, Giappone, Paesi Bassi, Regno Unito, Svezia). Con lo Smithsonian Agreement il dollaro venne svalutato e si diede il via alla fluttuazione dei cambi. Le istituzioni create a Bretton Woods sopravvissero, ma dovettero ridefinire priorità e obiettivi. In particolare il FMI, con la caduta di Bretton Woods, vide di fatto cambiare il proprio ruolo di sorveglianza. Venuta meno, con i cambi flessibili e l’abbandono dello standard aureo, la necessità di gestire la liquidità internazionale, l’attenzione del FMI venne portata verso le politiche macroeconomiche interne dei membri e gli elementi strutturali dei loro mercati. Venne data priorità all’obiettivo di finanziamento degli squilibri della bilancia dei pagamenti dei Paesi in via di sviluppo, trasformando il FMI da prestatore a breve termine a prestatore a lungo termine. Il FMI si trovava quindi investito del compito di effettuare prestiti vincolati al rispetto di specifiche condizioni e a piani di rigorosa stabilizzazione macroeconomica. Una funzione che il FMI mantiene ancora oggi come dimostrano i recenti sviluppi collegati alla crisi dell’Euro, che vedono il Fondo prestatore di prima istanza insieme all’Ue, con i recenti piani di salvataggio di Grecia, Irlanda e Portogallo. La nascita dell'ONU Il 14 agosto 1941, il presidente degli Stati Uniti F.D. Roosevelt e il primo ministro britannico W. Churchill, gettano le basi per il disegno di una nuova organizzazione internazionale capace di scongiurare in futuro i conflitti e le tensioni che hanno portato allo scoppio della seconda guerra mondiale. I due statisti, senza aspirare ad ingrandimenti territoriali, concordano su un'equa distribuzione delle ricchezze tra i popoli, sul miglioramento delle condizioni di lavoro per tutti, sulla tranquillità della pace, sul principio della libertà dei mari, sulla rinuncia dell'uso della forza e sulla necessità di un progressivo disarmo. Pagina 25 di 38 Il 1° giugno 1942 la dichiarazione viene firmata da 25 Stati belligeranti a Washington, in seguito aderiscono altri 18 stati, dando vita per la prima volta alle Nazioni Unite. Il 30 ottobre 1943, le quattro grandi potenze mondiali: Stati Uniti, Regno Unito, Unione delle Repubbliche Sovietiche e Cina, riconoscono con la dichiarazione di Mosca la necessità di costituire un'organizzazione internazionale generale, fondata sui principi di uguaglianza dei membri partecipanti e sulla reciproca volontà di assicurare la sicurezza internazionale. Nelle conferenze di Dumbarton Oaks (1944) e di Yalta (1945), alle quali partecipano Churchill, Roosevelt e Stalin, si prospettano i principi fondamentali dell'organizzazione delle "Nazioni Unite". Con la Conferenza di San Francisco (1945) vengono sviluppati, in conseguenza della seconda guerra mondiale, i trattati di pace e la Carta delle Nazioni Unite. Gli Stati partecipanti sono cinquanta, con l'esclusione dei paesi in guerra con le nazioni Unite, di quelli neutrali e dell'Italia che fino a quel momento si trova in uno stato di "cobelligeranza" nei confronti dell'istituto internazionale. Essendo soggetta alla ratifica degli Stati firmatari, la Carta entra in vigore solamente con la deposizione delle ratifiche degli Stati nominativamente indicati (Cina, Francia, Unione Sovietica, Regno Unito, Irlanda Settentrionale, Stati Uniti d'America) e con la maggioranza degli altri Stati firmatari. Secondo alcune disposizioni i Paesi che avrebbero ratificato il documento, dopo la sua entrata in vigore, sarebbero diventati membri delle Nazioni Unite unicamente dalla data di deposito delle relative ratifiche. Ed ecco infatti che l'atto entra in vigore il 24 ottobre 1945 con la ratifica di 29 Stati, che salgono a 49 alla fine del 1945, per poi crescere negli anni successivi. La Carta contiene una serie di norme che regolano i rapporti tra le nazioni appartenenti all'organizzazione e tra gli Stati membri e gli Stati estranei ad essa. Ogni stato membro ha l'obbligo di regolare le controversie con gli altri Stati, attraverso mezzi pacifici indispensabili a garantire la giustizia e la pace all'intera umanità. Comunque l'esistenza dell'ONU inizia realmente con la riunione del suo primo organo, l’Assemblea generale, tenutasi il 10 gennaio 1946 e dalla quale vengono nominati il Segretariato generale, il Consiglio di Sicurezza ed altri organi speciali come il Consiglio economico e sociale, il Consiglio di Tutela o per l'Amministrazione fiduciaria e la Corte internazionale di Giustizia. Tali organi hanno compiti e doveri determinati: • L'Assemblea generale è un organo primario composto da tutti i membri delle Nazioni Unite, che adotta il criterio della maggioranza e non dell'unanimità, metodo utilizzato invece dalla Società delle Nazioni. Ogni membro contribuisce alla formazione della volontà collegiale con un solo voto. • Il Consiglio di Sicurezza è un organo collettivo che tiene conto del ruolo politico di ogni Paese e della loro diversità ed è per questo costituito da due categorie di membri: quelli permanenti e quelli temporanei elettivi. I primi indicati dalla Carta per un tempo definito e per numero pari a 5, i secondi eletti dall'Assemblea generale per la durata di due anni e per numero pari a 6, con scadenza annuale di tre membri, non immediatamente rieleggibili. Le deliberazioni del Consiglio di Sicurezza possono essere attuate solo in possesso della maggioranza di 7 voti e senza che nessuno dei cinque membri abbia dato voto contrario. • Il Segretariato generale è un organo individuale nominato dall'Assemblea generale a maggioranza dei membri presenti, su proposta del Consiglio di Sicurezza a Pagina 26 di 38 maggioranza qualificata, cioè con la conferma del voto di tutti gli Stati membri permanenti. • Il Consiglio Economico e Sociale è un organo collegiale composto da 18 Stati membri, eletti dall'Assemblea generale per la durata di 3 anni, con il rinnovo di 6 membri all'anno. • Il Consiglio di Tutela è un organo collegiale a cui vengono attribuiti particolari doveri per l'andamento del regime di tutela applicato ad alcuni territori. Gli Stati che compongono questo Consiglio si distinguono in due gruppi: membri di diritto e quelli investiti di amministrazioni fiduciarie. • La Corte internazionale di Giustizia è il fondamentale organo giudiziario delle Nazioni Unite, il cui statuto è distinto dalla Carta dell'ONU. Anche la corte è un organo collegiale formato non da Stati ma da individui, in particolare da giudici eletti dall'Assemblea generale e dal Consiglio di Sicurezza a maggioranza assoluta. Malgrado il desiderio di voler costituire un embrione di governo mondiale, l'ONU è sempre stata l'immagine fedele del carattere conflittuale della comunità internazionale. Infatti, nonostante lo statuto assegni alle Nazioni Unite una personalità giuridica in grado di poter garantire pace, sicurezza e cooperazione tra le nazioni, essa nel corso degli anni è stata egemonizzata dagli interessi delle grandi potenze. Ciò non toglie che essa sia stata il centro di consultazione dei paesi, dove gli stati potevano far valere le proprie istanze. Lezione del 27/03/14 – La politica USA e URSS e Inglese Negli Stati Uniti, già dagli anni trenta, viene messo in atto un sistema virtuoso dell'economia che prevede anche l'aumento dei salari anche ai ceti più bassi, incrementando così i consumi. Anche nel corso degli anni cinquanta tale politica viene perseguita. In politica estera si attua l'eccezionalismo che oscilla tra isolazionismo e interventismo rispetto alla situazione internazionale. Nel periodo di guerra e quello immediatamente successivo lo scopo dell'interventismo è di salvaguardare la pace. Gli Usa cominciano a pensare che non devono più disinteressarsi alle vicende europee. Pertanto la missione americana diventa sempre più universale, e le zone di interesse si estendono in tutto il mondo. Il Giappone viene infatti governato dagli americani dal '45 al '51. In Europa e sul Mediterraneo, invece gli Stati Uniti si confrontano con l'Unione Sovietica che però è alle prese con 20 milioni di morti, causati dalla seconda guerra mondiale e che incidono su una popolazione di 55 milioni di abitanti, e una produzione industriale che nel 1945 è la metà di quella del 1939 a causa del fatto che fino alla fine del conflitto l'apparato industriale sovietico è stato legato alle produzioni militari a discapito dei consumi civili, investendo nelle industrie pesanti a discapito delle produzioni civili e ciò si rivela nel tempo una zavorra. L'unione Sovietica non entra a far parte del fondo monetario, essendo contraria al concetto economico capitalista. Nasce così il blocco sovietico come antagonista a quello americano con i seguenti passaggi: • conferma delle conquiste effettuate prima della guerra a danno della Polonia. • Creazione di una zona di influenza nell'area orientale indebolendo o eliminando i partiti più forti prima della guerra (partiti agrari e socialisti). Pagina 27 di 38 La bomba atomica viene usata in Giappone nel 1945 da parte degli Stati Uniti. Per cinque anni restano l’unico Paese a possederla, ma dopo il 1950 anche l’Unione Sovietica dichiara di esserne in possesso, anche se l’Usa mantiene la superiorità grazie ai cosiddetti vettori, ossia i bombardieri, in grado di trasportare l’atomica. Nel 1957 i sovietici lanciano nello spazio il primo missile, lo Sputnik: da questo momento in avanti saranno proprio i missili i vettori della bomba atomica. Il vantaggio sembra quindi passare all’Unione Sovietica. Si instaura l’equilibrio del terrore, basato sulla coscienza da parte di entrambi i blocchi del pericolo di essere distrutti da una guerra atomica. E infatti, la vera capacità di quest’arma è la forza di dissuasione, oltre al reale potenziale distruttivo. Nonostante si prosegua con lo sviluppo di missili sempre più sofisticati da parte di entrambi i blocchi, nessuno dei due li utilizza, nella consapevolezza che utilizzarli sarebbe del tutto inutile. Per mantenere l’equilibrio che si è creato è indispensabile mantenere la potenza tecnologica necessaria allo sviluppo degli armamenti, e su questo particolare tipo di equilibrio si sono sviluppate differenti teorie strategiche: si va dalla teoria del contenimento a quella del rollback. Eisenhower è il fautore della teoria della rappresaglia massiccia. Risparmiando sulle armi convenzionali punta tutto sull’atomica e i suoi vettori. Kennedy, invece, è a favore della risposta flessibile, soprattutto in virtù dell’aumento dei costi delle spese militari nel bilancio statale. È comunque necessario cambiare strategia rispetto a quella di Eisenhower perché nel frattempo stanno cambiando le dinamiche mondiali e sempre più Paesi si stanno dotando della bomba atomica. La risposta flessibile sembra quindi essere la strategia più vincente in relazione al tipo di attacco subito. Pagina 30 di 38 Lezione del 10/04/14 Presidenti americani: Mussulmani : 1974 Nixon 1976 Ford 1980 Carter 1980/88 Reagan Sciiti -> Iran, Komeini Sunniti -> Arabia Saudita La presidenza Carter è considerata una presidenza debole. Nella seconda metà degli anni ottanta gli Usa sembrano economicamente deboli, non solo a livello internazionale. L’unico successo statunitense è il cambiamento di fronte dell’Egitto, che nel 1973 è stato sconfitto nella guerra del Kippur. Il presidente egiziano Sadat si allontana dalla Russia avvicinandosi agli americani e cercando un compromesso con gli israeliani. Nel 1979 viene firmato l’accordo di Camp David, e due anno dopo Sadat viene ucciso in un attentato attribuito ai vertici di un apparato egiziano. Il suo vice, il generale Moubarak, riesce a scampare all’attentato e governa poi fino alla rivolta del 2011. Nel 1980 l’Iraq invade l’Iran con il sostegno degli Stati Uniti. La guerra dura otto anni senza alcun risultato dato che i confini iniziali restano intatti. A partire dagli anni settanta la Cina si apre all’occidente con un vero e proprio boom economico. I processi di liberalizzazione che iniziano in questi anni contribuiscono ad aumentare il divario tra i paesi ricchi e quelli poveri. Nei paesi dove lo sviluppo economico non parte si crea un fortissima dipendenza dal Fondo Monetario Internazionale dal quale hanno ricevuto denaro in prestito. Il rapporto Brand indica che lo scenario internazionale sta superando il bipolarismo Est-Ovest, avviandosi verso un rapporto Nord-Sud o Centro-Sud, dove il Nord e il Centro sono estremamente sviluppati. Il rapporto è predittivo di situazioni che si sviluppano poi nei decenni successivi. Nella seconda metà degli anni settanta si sviluppano tensioni che si amplificano poi nel corso del decennio successivo creando contraccolpi che fanno aumentare l’irrigidimento tra Usa e Urss. I motivi di tali tensioni sono anche le contrapposte zone strategiche tra i due blocchi, e la ripresa degli armamenti. Infatti, al posizionamento di missili russi la Nato risponde con il dispiegamento di altri missili; dal punto di vista militare la tensione aumenta parecchio e i due Paesi che più incarnano l’aumentare della tensione tra i due blocchi sono l’Afghanistan e la Polonia. L’Afghanistan, a parte le coltivazioni di oppio, non ha altre risorse, ma riveste un’importanza strategica legata alla scoperta del petrolio nel corso del novecento in aree limitrofe , momento dal quale il paese si ritrova sulle vie di passaggio degli oleodotti. Nel 1970 Il potere del nuovo governo filo sovietico è debole e si indebolisce ulteriormente quando scoppia una rivolta talebana che si rifà all’ayatollah Komeini. La rivolta anticomunista talebana viene appoggiata da Iran e USA. Nell'inverno del 1979 scoppia la guerra civile, L'Unione Sovietica invade il Paese per portare aiuto al governo filocomunista. In seguito all'invasione, Il congresso americano non ratifica il trattato di SALT2 per il ridimensionamento degli armamenti. Viene al contrario varato un embargo di grano e merci ad alto contenuto tecnologico e rafforzati i rapporti con la Cina in chiave antisovietica. Anche le olimpiadi del 1980 subiscono il boicottaggio da parte degli americani. Vicende polacche Pagina 31 di 38 Nel 1956 in seguito torna al potere Gomułka fino al 1970, quando riprendono le agitazioni nelle fabbriche e viene sostituito da Edward Gierek. La tensione resta latente per tutti gli anni settanta fino a quando Carol Woitila viene eletto papa, nel 1978 dando fiducia all'opposizione che si riunisce attorno al sindacato – Solidarnosh – guidato da Lech Walesa. Il livello di tensione si innalza ancora, però. Nel dicembre 1981 il governo polacco proclama lo stato d'assedio e incarcera Lech Walesa e gli altri leader di Solidarnosh. L'operazione non è nient'altro che un autogolpe che evita l'intervento sovietico, nel 1983 i prigionieri sono poi rilasciati e si avvia il dialogo con i sindacati e la chiesa innescando il processo che porterà nel 1989 al crollo del muro di Berlino. Ma la tensione internazionale di questi anni si inasprisce, non solo a causa delle vicende afghane e polacche, ma anche e soprattutto per il cambio dei vertici Usa e Urss. Negli Usa, Reagan diventa portavoce di una dura linea contro l'Unione Sovietica. Portando avanti il disgregamento dei missili nucleari, continua tuttavia con il progetto dello scudo stellare antimissile che intercetta i missili sovietici in caso di attacco. Progetto che a tutt'oggi non risulta né confermato, né smentito nella sua veridicità. In ogni caso anche l'Unione Sovietica si muove sullo stesso piano, ma la sua rincorsa verso gli standard americani dà il colpo di grazia definitivo ad un'economia già precaria e, contemporaneamente, anche la dirigenza del paese entra in crisi, con il succedersi di ben sei segretari del partito comunista: Leonid Brežnev (1977-1982); Vasilij Kuznecov (1982-1983); Jurij Andropov (1983-9 febbraio 1984); Vasilij Kuznecov (1984); Konstantin Černenko (1984-1985); Andrej Gromyko (1985-1988), Michail Gorbačëv (1988-1991). L'innalzamento di tensione si traduce in uno scontro ideologico e quando nel 1983 un jumbo sud coreano sconfina negli spazi aerei sovietici e viene abbattuto. Reagan attacca duramente l'Unione Sovietica e la definisce l'Impero del male. A fine anni ottanta Gorbačëv cerca di salvare “capra e cavoli” ma ne cava poca roba. Pagina 32 di 38 dell'industria. Nel 1985 in Unione Sovietica il Partito Comunista cerca di rinnovare i propri vertici eleggendo l'allora giovane Mikhail Gorbachev che, conoscendo le difficoltà politico- economiche del sistema sovietico, lancia la parola d'ordine “Perestrojka”(=reset) del sistema economico, e “Glasnost” (trasparenza). Nella ristrutturazione dell'Unione Sovietica tenta di avviare una modesta liberalizzazione. Dal punto di vista politico mantiene il partito, ma con una minore identificazione tra esso ed il governo, una mossa che dovrebbe introdurre il pluralismo nelle candidature nel partito comunista sovietico. Viene inoltre limitata la censura. Gorbachev capisce anche che bisogna mirare ad una diminuzione delle tensioni con gli Stati Uniti: cerca così di trovare accordi con la presidenza Reagan, e di intraprendere la strada del ridimensionamento degli armamenti che porta, nel 1987, alla firma di un accordo con il presidente americano Ronald Reagan che garantisce il ritiro graduale delle truppe sovietiche dai territori dell'Afghanistan, nel 1989, del Mozambico e dell'Angola. Gorbachev riceve attenzione anche da parte del Vaticano, in particolare da Papa Woitila. Lo statista incontra nel partito e nel blocco sovietico la maggiore difficoltà nell'attuare le riforme. Avvengono, infatti, tentativi di colpo di stato di cui il più famoso è quello del 1990/91 che porta anche alla fine dell'Urss, mentre le riforme proposte da Gorbachev vengono seguite solamente dai partiti comunisti di Polonia e Ungheria. Nel giugno del 1989 in Polonia si svolgono elezioni semi libere. Alla Camera bassa la legge elettorale garantisce la vittoria ai comunisti, mentre al Senato è Solidarnosh ad avere successo ottenendo tutti i seggi meno uno. Nasce così il primo Governo di coalizione guidato da un primo ministro non comunista. In Ungheria, invece, il primo ministro Kadar lascia la guida del Partito Comunista che guida dagli anni cinquanta, e il nuovo Governo prosegue sulla strada indicata da Gorbachev, prendendo la decisione, sempre nel 1989, di aprire le frontiere con l'Austria, diventando il primo Paese del blocco sovietico ad aprire le frontiere con l'occidente. Le conseguenze di tale apertura avvengono nell'estate dello stesso anno, quando 300.000 ungheresi attraversano le frontiere per andare in Germania passando dall'Austria. (sostanzialmente il muro di Berlino cade in questo momento). Altre importanti conseguenze, sono la visita di Gorbachev a Berlino Est, nell'ottobre del 1989, e le contestazioni a Honecker: questi due avvenimenti portano direttamente alla caduta della frontiera tra Berlino Est ed Ovest. Al crollo del Muro di Berlino segue la fine della guerra fredda e, due anni più tardi il crollo dell'Unione Sovietica e la riunificazione delle due Germanie. Da questo momenti in avanti, il sistema internazionale non trova un altro ordine alternativo a quello bipolare, nel quale vigeva il rispetto delle sfere di influenza tra i due blocchi, e l'equilibrio del terrore. Con la fine della guerra fredda uno dei due contendenti è collassato, mentre quello che il vincitore ha ridefinito, da solo, le regole del nuovo ordine internazionale in un contesto estremamente complesso. Infatti, con la fine del bipolarismo sono ricomparsi fenomeni che prima erano stati tenuti sotto controllo: • I nazionalismi, in Jugoslavia con la guerra civile, in Russia con la questione degli Armeni e in Ucraina. Pagina 35 di 38 • I fondamentalismi e i radicalismi religiosi. Di fronte al riemergere di questi fenomeni e dei signori della guerra (Al Quaeda) saltano le regole del diritto internazionale, perché a fare la guerra non sono più solamente gli stati, ma anche i gruppi terroristici. Da venticinque anni si vive in una condizione di incertezza, dove gli Usa cercano di affidarsi all'Onu che però non è all'altezza della situazione, come avvenuto in Somalia e in Jugoslavia, così, dopo l'attacco alle Torri gemelle del 2001 decidono di fare da soli. Lezione del 14/04/14 La guerra fredda è una guerra particolare, combattuta a livelli diversi, tra Unione Sovietica e Stati Uniti. Particolarità che si ripropone anche in occasione degli accordi di pace quando nascono difficoltà nel ritrovare l'ordine internazionale. Le successive interpretazioni delle relazioni internazionali si dividono in due linee: gli ottimisti, che si ricollegano ad una visione di un mondo più pacifico, e i pessimisti che si rifanno ad una linea realista che vede la storia come un alternarsi di cicli di pace e guerra, dove quest'ultima è la condizione normale e i governanti devono fare i conti con ciò. Questa differenza di visione si materializza anche nei libri di Francis, Fukuyama come ottimisti, e di Huntington come pessimista. Gli idealisti hanno come padri Kant e Rousseau, che partono dall'idea che il mondo mostri un sostanziale progresso e auspicano che si possa giungere ad una pace perpetua tramite l'istituzione di uno Stato universale in cui si ridimensionano le idee di potenza dei singoli Stati. Il filone razionalista ha come progenitore Ugo Grozio, fondatore del diritto internazionale con l'opera “de iure bellis ad pace vera”, in cui l'uomo cerca la guerra, ma i suoi istinti si possono arginare attraverso i meccanismi dell'analogia domestica del terzo assente , in cui fa una analogia tra il singolo stato e la situazione internazionale. Grozio immagina che i desideri di potenza dei singoli stati possono essere regolamentati dal terzo assente, un'istituzione sopra le parti che regolamenta le controversie internazionali: il diritto internazionale (1625, stesso periodo della guerra dei trent'anni e delle guerre di religione), che secondo il filone razionalista dovrebbe definire se e quando una guerra è lecita (ius ad bellum), e come dovrebbe essere condotta (ius in bellum). Agli inizi del novecento Wilson riprende il filone razionalista delle relazioni Pagina 36 di 38 internazionali, pensando alla Società delle Nazioni, che è comunque un totale fallimento in quanto non capace di impedire lo scoppio della seconda guerra mondiale. Il concetto del terzo assente viene comunque ripreso a fine guerra con l'istituzione dell'Onu, il cui controsenso è dato dai cinque membri del consiglio di sicurezza che devono decidere per i conflitti di tutte le parti in causa. Pagina 37 di 38
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