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Storia Contemporanea - Novecento. G. Sabatucci, V, Vidotti, Sintesi del corso di Storia Contemporanea

Riassunto completo ed esaustivo del manuale "Storia Contemporanea - Novecento" di Sabatucci e Vidotti. Il manuale ripercorre la storia globale, con un particolare accento a quella europea, dalla Grande Guerra ai giorni nostri.

Tipologia: Sintesi del corso

2017/2018

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Scarica Storia Contemporanea - Novecento. G. Sabatucci, V, Vidotti e più Sintesi del corso in PDF di Storia Contemporanea solo su Docsity! STORIA CONTEMPORANEA – IL NOVECENTO (G. SABATUCCI, V. VIDOTTI) 1 – LA PRIMA GUERRA MONDIALE 1.1 – DALL’ATTENTATO DI SARAJEVO ALLA GUERRA EUROPEA Il 28 giugno 1914 lo studente bosniaco Gavrilo Princip uccise l’arciduca Francesco Ferdinando e sua moglie a Sarajevo. L’attentatore faceva parte di un’organizzazione panslava che aveva la sua base operativa in Serbia. L’Austria reagì con un ultimatum inviato il 23 luglio. La Serbia, forte dell’appoggio Russo, accettò solo in parte l’ultimatum e il governo austriaco le dichiarò guerra il 28 luglio. Il giorno seguente la Russia mobilitò le forze armate e ciò spinse la Germania a inviarle un ultimatum (31 luglio) per intimidirla di sospendere i preparativi bellici. L’ultimatum rimase inascoltato e la Germania entrò in guerra. Il 3 agosto fu la volta della Francia, legata alla Russia con un trattato di alleanza militare. L’impegno deciso della Germania è legato al complesso di accerchiamento e alle motivazioni di tipo strategico militare. Infatti i generali tedeschi erano convinti che se fosse scoppiata una guerra bisognava agire velocemente in modo da non lasciare l’iniziativa agli avversari, dunque doveva essere la Germania a compiere il primo passo. Già all’inizio del ‘900 era stato elaborato un piano dall’allora capo di stato maggiore Alfred von Schlieffen. Questo piano dava per scontato la guerra su due fronti e prevedeva in primo luogo un attacco massiccio contro la Francia, che doveva essere messa fuori gioco in poche settimane; in seguito l forze doveva essere mobilitate lungo il confine russo la cui macchina bellica era lenta nel mettersi in moto. La riuscita del “piano Schlieffen” era la rapidità dell’attacco alla Francia. A questo scopo era prevista l’invasione del Belgio nonostante la sua neutralità. Il 4 agosto i primi contingenti tedeschi attraversarono il Belgio e la violazione della sua neutralità comportò l’entrata in guerra dell’Inghilterra il giorno seguente. Tutti i governi dell’epoca sottovalutarono gli eventi, si era difatti diffusa la credenza che questa sarebbe stata una guerra veloce e vittoriosa. Molte furono le dimostrazioni belliciste e grande fu la mobilitazione dei patrioti. Nemmeno i partiti socialisti seppero sottrarsi al clima che si era creato. A causa di ciò la Seconda Internazionale cessò di esistere. 1.2 – DALLA GUERRA DI MOVIMENTO ALLA GUERRA DI USURA La pratica della coscrizione obbligatoria e l’evoluzione dei mezzi di trasporto permise alle diverse potenze di mobilitare un ampio esercito in poco tempo. Questi eserciti erano inoltre meglio armati di quelli ottocenteschi, la novità più importante era rappresentata dalla mitragliatrice automatica. Nonostante queste innovazioni non era avvenuta un evoluzione a livello strategico, i generali, difatti, avevano una visione ottocentesca della guerra: una guerra di movimento dove venivano spostati grandi eserciti in vista di battaglie campali. I tedeschi inizialmente ottennero una serie di clamorosi successi. In settembre si attestarono lungo il corso della Marna, a pochi chilometri da Parigi. Nel frattempo, sul fronte orientale, i tedeschi fermavano i russi che tentavano di invadere la Prussia. L’offensiva russa, però, spaventò la Germania che si affrettò a spostare molte truppe dal fronte occidentale a quello orientale. I francesi ne approfittarono per contrattaccare e respingere i tedeschi all’altezza del fiume Somme. Con la fine dell’offensiva sulla Marna il progetto tedesco era fallito e alla fine di novembre gli eserciti si trovarono bloccati sulle loro posizioni. Dalla guerra di movimento si passava, dunque a una guerra di logoramento che vedeva gli schieramenti fermi nelle loro posizioni e impegnati in assalti inutili e costose a livello di vite umane. In questo periodo molte potenze minori, o per paura di essere tagliate fuori da un nuovo assetto internazionale o per mire espansionistiche, entrarono in guerra: Giappone (agosto 1914), Italia (maggio 1915), Portogallo (marzo 1916) e Romania (agosto 1916) si sarebbero schierati affianco di Francia e Inghilterra; Turchia (novembre 1914) e Bulgaria (settembre 1915) affianco degli imperi centrali. La discesa in guerra dell’America nell’aprile 1917 porterà con se molti paesi extraeuropei come la Cina, inoltre a ciò bisogna sommare l’estensione del conflitto negli imperi coloniali. La guerra assunse così un carattere mondiale. 1.3 – L’ITALIA DALLA NEUTRALITA’ ALL’INTERVENTO Il governo presieduto da Antonio Salandra dichiarò la neutralità dell’Italia. Ciò veniva giustificato col carattere difensivo della Triplice alleanza. Cominciò comunque ad affacciarsi l’idea di una guerra contro l’Austria per porre fine al progetto risorgimentale con la conquista di Trento e Trieste. La schiera degli interventisti era composta da gruppi di sinistra: i repubblicani, a cui stava a cuore il progetto risorgimentale, i radicali e i socialriformisti, legati alla Francia, e i leader del sindacalismo rivoluzionario che vedevano nella guerra la via verso una rivoluzione che avrebbe rovesciato gli equilibri sociali. Sempre favorevoli alla guerra erano i nazionalisti che, invece, vedevano in essa un mezzo per trasformare l’Italia in una grande potenza. Graduale fu l’adesione dei liberal-conservatori che temevano nella mancata entrata nel conflitto una compromissione della posizione internazionale dell’Italia. La fazione dei neutralisti era più consistente ed era formata da: i liberali di Giolitti, che credevano di poter ottenere Trento e Trieste con la diplomazia, il mondo cattolico e i socialisti. In quest’ultimo caso l’unica defezione fu quella di Benito Mussolini, direttore dell’“Avanti”, che verrà espulso dal partito e fonderà un nuovo giornale: “il Popolo d’Italia”, principale quotidiano degli irredentisti di sinistra. In termini di forza parlamentare i neutralisti erano in maggioranza, ma disuniti, mentre gli irredentisti, anche se erano una formazione eterogenea, erano guidati da un obiettivo comune. Il partito della guerra riuscì a dare vita a una grande mobilitazione, inoltre poteva contare sull’appoggio di molti settori della società: professori, studenti, piccoli e medi borghesi e intellettuali come Gabriele D’Annunzio. Ciò che sancì la vittoria della frangia interventista fu il comportamento delle alte cariche dello Stato: il presidente del Consiglio Antonio Salandra e il ministro degli esteri, Sidney Sonnino, firmarono segretamente il Patto di Londra del 26 aprile 1915 con cui impegnavano il paese a entrare in guerra contro gli imperi centrali in cambio dell’annessione del Trentino, del Sud Tirolo, della Venezia Giulia, della penisola Istriana e di una parte della Dalmazia a guerra vinta. Ancora prima di sapere dell’esistenza del patto, la Camera sostenne Giolitti quando propose di continuare le trattative con l’Austria. Davanti a ciò Salandra si dimise, ma il volere del parlamento fu scavalcato dal re che rifiutò le dimissione. A questo si aggiunsero le manifestazioni interventiste del “radioso maggio” che si facevano sempre più minacciose. Di fronte alla scelta tra la crisi istituzionale e la guerra la camera scelse quest’ultima e il 23 maggio 1915 venne dichiarata guerra all’Austria. 1.4 – LA GRANDE STRAGE (1915-16) Le forze austriache si attestarono lungo le linee difensive del Carso e sull’Isonzo. Contro queste linee il generale Luigi Cadorna, capo dello Stato Maggiore dell’esercito, nel 1915 lanciò quattro offensive senza ottenere nessun successo. Le truppe si bloccarono lungo le proprie linee. Anche sul fronte francese nel 1915 gli eserciti erano bloccati, qui le sterili offensive avevano portato alla morte di centinaia di migliaia di soldati. Nel febbraio del 1916 i tedeschi tentarono una nuova offensiva questa disfatta Cadorna fu sostituito da Armando Diaz. L’esercito italiano riuscì a bloccare gli austro- tedeschi lungo la linea Piave-Grappa. La ritirata, da un certo punto di vista, favorì l’esercito italiano: il fronte fu accorciato, l’occupazione del suolo nazionale creò un senso di coesione patriottica al fronte e nel paese, le forze politiche si mostrarono unite, compresa l’ala riformista del Psi. Il nuovo comandante, Armando Diaz, si mostrò più umano con i soldati e attento alle loro esigenze materiali (vitto più abbondante, licenze più frequenti, ecc…), ciò alzò l’umore delle truppe. Inoltre venne creato un ottimo sistema di propaganda tra i soldati che faceva loro promesse in caso di vittoria: la parola d’ordine divenne “terra ai contadini”. 1.10 – RIVOLUZIONE O GUERRA DEMOCRATICA? In seguito alla Rivoluzione d’Ottobre, che aveva dato vita a un governo rivoluzionario in Russia guidato da Vladimir Il’ic Ul’janov Lenin e aveva portato alla pace di Brest-Litovsk, i governi dell’Intesa, per evitare il diffondersi dell’esempio bolscevico, dovettero accentuare il carattere ideologico della guerra , dimostrandola come una crociata della democrazia contro l’autoritarismo e della libertà dei popoli contro i disegni imperialistici tedeschi. Questa concezione della guerra trovò il suo interprete più autorevole i Woodrow Wilson. Nel gennaio 1918 Wilson scrisse un programma di pace in 14 punti. Questo programma prevedeva: l’abolizione della diplomazia segreta, il ripristino della libertà di navigazione, l’abbassamento delle barriere doganali, la riduzione degli armamenti, la reintegrazione del Belgio, della Serbia e della Romania, l’evacuazione dei territori russi dagli occupanti tedeschi, la restituzione alla Francia dell’Alsazia-Lorena, lo sviluppo autonomo dei popoli soggetti all’Impero austro-ungarico e a quello turco, rettifica dei confini italiani in base al carattere linguistico. Nell’ultimo punto si proponeva l’istituzione di un organismo internazionale, la “Società delle nazioni”, che assicurasse il mutuo rispetto delle norme di convivenza fra i popoli. 1.11 – L’ULTIMO ANNO DI GUERRA L’inizio del 1918 vedeva ancora i due schieramenti in una situazione di stallo. Lungo il fronte francese la Germania tentò l’ulta disperata offensiva entrando per 50 chilometri nel territorio francese. In giugno l’esercito tedesco era di nuovo nella Marna, ma qui fu fermato dalle truppe anglo-francesi. Alla fine di luglio le forze dell’Intesa passarono al contrattacco. Dopo la grave sconfitta ad Amiens avvenuta tra l’8 e l’11 ottobre i tedeschi cominciarono ad arretrare. A questo punto il nuovo governo di coalizione democratica cominciò ad aprire le trattative. Mentre la Germania cercava un compromesso i suoi alleati cadevano sgretolandosi dall’interno. A fine settembre cadde la Bulgaria, un mese dopo la Turchia e alla fine di ottobre l’Austria-Ungheria. Cecoslovacchi e slavi del sud creavano i propri stati mentre gli eserciti era ormai in rotta. Il 24 ottobre l’Italia lanciò un contrattacco sconfiggendo gli austriaci a Vittorio Veneto e costringendoli a firmare un armistizio il 3 novembre a Villa Giusti, presso Padova. Il giorno seguente entrò in vigore. Anche in Germania la situazione stava precipitando: i marinai di Kiel si ammutinarono dando vita con gli operai an dei consigli sul modello dei soviet russi. Il moto si propagò a Berlino e in Baviera. L’11 novembre, dopo la fuga del Kaiser, il governo firmava l’armistizio. 1.12 – I TRATTATI DI PACE E LA NUOVA CARTA EUROPEA Il 18 gennaio 1919 si aprì la conferenza di pace a Versailles dove si doveva costruire un nuovo equilibrio europeo. Quando si aprì la conferenza la convinzione comune era che la sistemazione futura si sarebbe fondata sui 14 punti, ma essi non sempre punivano gli sconfitti e premiavano i vincitori. Già da subito nacquero delle discussioni tra i capi di governo delle maggiori potenze vincitrici: Vittorio Emanuele Orlando per l’Italia, Wilson per l’America, Lloyd George per l’Inghilterra e Clemenceau per la Francia. Alla fine prevalse la pace punitiva alla pace democratica. La pace del 28 giugno 1919 firmata dalla Germania era una pace punitiva imposta con la minaccia dell’invasione militare e del blocco economico. Dal punto di vista territoriale essa prevedeva: la restituzione alla Francia dell’Alsazia-Lorena, il passaggio alla Polonia di alcuni territori tedeschi così da dividere la Prussia occidentale da quella orientale (corridoio polacco o di Danzica), la perdita delle colonia. Dal punto di vista economico, invece, la Germania doveva ripagare tutti i danni collegati al conflitto agli stati vincitori. A livello militare dovette: eliminare il servizio di leva, rinunciare alla marina, ridurre il proprio esercito a 100.000 effettivi, smilitarizzare la valle del Reno. Un problema era costituito dal riconoscimento delle diverse nazionalità emerse dalla caduta dell’Impero austro-ungarico. A pagare le spese della nuova sistemazione furono le etnie austriache e ungheresi che si ritrovarono in un territorio ridotto. A trarre vantaggio dalla caduta dell’Impero furono soprattutto i popoli slavi: i polacchi della Galizia si unirono alla Polonia, i boemi e gli slovacchi confluirono della Repubblica Cecoslovacca, gli slavi del Sud si unirono a Serbia e Montenegro dando vita alla Jugoslavia. L’Impero ottomano scomparve, sostituito da uno stato turco che occupava la sola Anatolia. Un altro problema era rappresentato dalla Russia rivoluzionaria. Gli stati occidentali non la riconobbero e, anzi, finanziarono le forze controrivoluzionarie. Vennero invece riconosciute una serie di piccole Repubbliche che fecero da stati cuscinetto tra le potenze occidentali e la Russia rivoluzionaria. Ai nuovi otto stati usciti dalla conferenza si deve sommare quello dell’Irlanda, diventata indipendente nel 1921. L’esistenza della Società delle nazioni fu accettata da tutti i rappresentanti presenti a Versailles. Questa istituzione prevedeva nel suo statuto: la rinuncia da parte degli stati membri della guerra come mezzo di risoluzione dei contrasti, il ricorso alla diplomazia e l’adozione di sanzioni contro gli stati aggressori. Nonostante ciò questa istituzione nasceva già indebolita dall’esclusione iniziale degli stati sconfitti, della Russia e degli Stati Uniti in seguito al rifiuto del Senato ad aderire alla Società. 2 – LA RIVOLUZIONE RUSSA 2.1 – RIVOLUZIONE DI FEBBRAIO Il 23 febbraio 1917 (8 marzo secondo il calendario Gregoriano) i soldati e gli operai di Pietrogrado abbatterono il regime zarista. Il potere venne preso da un governo provvisorio liberale guidato da Georgij L’vov che, però, accettò di proseguire la guerra affianco dell’Intesa. Nonostante ciò il governo trova una forte opposizione nei soviet, consigli formati da operai e militari che spesso emanano direttive in contrasto con quelle del centro. In questo clima Lenin, nell’aprile del ’17, torna dall’esilio e, arrivato a Pietrogrado, espone il suo programma denominato le “tesi di aprile”. In esse: viene criticata la presa del potere della borghesia e viene chiesta la fine della guerra e viene rivista la tesi marxiana secondo la quale la rivoluzione deve partire da un paese industrializzato; secondo Leni, infatti, essa deve partire dall’anello debole della catena imperialista. Il primo obiettivo dei bolscevichi verso la presa del potere era quello di egemonizzare i soviet diffondendo le parole d’ordine di pace, terra ai contadini poveri, fabbriche in mano ai consigli operai. Dopo una fallita insurrezione in cui vengono arrestati dei leader bolscevichi, L’vov si dimette e viene sostituito da Alexandre Kerenskij, socialrivoluzionario. Nonostante ciò le sue politiche gli alienarono l’appoggio sia della sua fazione che dei moderati che contrapposero alla sua figura quella del generale Kornilov. Quest’ultimo, nel settembre, tentò un colpo di stato che fu fermato dal popolo in armi. A rafforzarsi in seguito a questo evento furono i bolscevichi che lottarono in prima fila contro il colpo di stato. 2.2 – RIVOLUZIONE D’OTTOBRE A fine ottobre venne presa la decisione di rovesciare il governo. La mattina del 25 ottobre (7 novembre secondo il calendario Gregoriano) soldati rivoluzionari e guardie rosse (milizie operaie armate) si impadronirono del Palazzo d’Inverno. Pochissime furono le vittime. Mentre cadeva il governo provvisorio si riuniva il congresso di tutti i Soviet a Pietrogrado dove furono approvate due proposte di Lenin: l’uscita dalla guerra e l’abolizione della grande proprietà terriera. Con la caduta del governo provvisorio nasce un governo di commissari del popolo presieduto da Lenin, nonostante ciò i bolscevichi vengono messi in minoranza all’elezione dell’Assemblea costituente. A questo punto in gennaio i bolscevichi sciolsero l’Assemblea. 2.3 – DITTATURA E GUERRA CIVILE Nel suo libro più famoso, “Stato e rivoluzione”, Lenin afferma che il modello da seguire è quello della Comune di Parigi. La nuova Russia doveva essere guidata secondo il principio della democrazia diretta sperimentata nei soviet. Nonostante ciò le idee utopistiche furono accantonate quando, dopo la firma della pace di Brest-Litovsk il nuovo stato si trovò ad affrontare le forze controrivoluzionarie finanziate dalle potenze europee. Forze anglo-francesi sbarcarono nel Nord della Russia e nel Mar Nero nell’estate del 1918, mentre reparti statunitensi e giapponesi penetrano in Siberia orientale. Il problema principale che il governo si trovò ad affrontare furono le truppe zariste guidate dall’ammiraglio Kolciak che conquistarono vaste zone della Siberia. Fu in questo contesto che lo zar e la sua famiglia furono giustiziati. Altri focolai di rivolta si sviluppavano nelle regioni lungo il Don dove era attivo un movimento di guerriglia ostile sia ai “bianchi” (gli zaristi) e ai “rossi”. La guerra civile porta il governo ad accentuare il carattere autoritario del regime appena instaurato: viene creata la Ceka, ovvero la polizia segreta, il tribunale rivoluzionario e l’Armata Rossa, organizzata da Lev Trotskij. I bianchi erano mal coordinati, divisi e non godevano dell’appoggio dei contadini. Inoltre nel ’19 i governi occidentali furono costrette a togliere loro l’appoggio in seguito alle proteste avvenute in patria. Nel 1920 le armate bianche furono sconfitte. Nonostante ciò, nell’aprile dello stesso anno, la Polonia, approfittando della situazione di difficoltà della Russia, attaccò lo stato rivoluzionario per annettere una serie di territori e coronare il sogno della creazione della “Grande Polonia”. La reazione dei bolscevichi fu rapida ed efficace: ai primi di agosto l’Armata Rossa era già alle porte di Varsavia. Dopo una controffensiva polacca che respinse le forze russe si giunse a una pace nel marzo del 1821. 2.4 – TERZA INTERNAZIONALE favorisce partiti di massa come quello socialista. Queste organizzazioni promuovono la partecipazione diretta dei cittadini alla vita politica che si traduce a livello pratico in comizi e manifestazioni.  Questione femminile -> durante la guerra molti uomini sono stati inviati al fronte e le donne, in loro assenza, cominciano a fare i lavori che prima facevano questi sia nei campi che nelle fabbriche. Ciò crea in esse una presa di coscienza che mina le gerarchie tradizionali in particolare della famiglia. Il processo di emancipazione porterà le donne a ricevere il diritto di voto in alcuni paesi come l’Inghilterra (1918), la Germania (1919) e gli Stati Uniti (1920). 3.2 – BIENNIO ROSSO Tra la fine del 1918 e il 1920 il movimento operaio conobbe un periodo di grande attivismo. Gli operai, infiammati anche dalla vicenda russa, cominciarono a scendere in piazza per chiedere migliori salari, migliori condizioni di lavoro e le otto ore lavorative, ovunque nascevano consigli sul modello russo. Il biennio rosso ebbe caratteristiche diverse nei diversi paesi:  Francia -> nel 1919 sale al governo il centro-destra che porta avanti politiche di austerità per risollevare l’economia del paese. Ad essere sacrificate sono le classi popolari. Nel 1924 l’alleanza tra socialisti e radicali di sinistra riesce a salire al governo, ma l’esperienza ha vita breve per l’incapacità nell’affrontare la crisi finanziaria. Nel ’26 salgono al governo i moderati che inaspriscono la pressione fiscale e risanano il bilancio statale. In questi anni la Francia conosce un boom economico in particolare in settori chiave come il chimico e il meccanico.  Gran Bretagna -> anche qui furono le forze moderate a guidare il paese fuori dalla crisi postbellica. Dopo una breve parentesi di governo dei laburisti nel ’24, nello stesso anno salgono alla guida del paese i conservatori che portano avanti politiche di austerità. Queste politiche generano duri scontri con i sindacati che, nel ’26, decidono di portare in piazza i minatori. Dopo sette mesi di braccio di ferro col governo, essi sono costretti a cedere. I conservatori allora approfittano della vittoria per minare la base del Partito Laburista: rendono illegali gli scioperi di solidarietà e la pratica per cui gli aderenti alle Trade Unions sono iscritti d’ufficio al Partito Laburista.  Austria -> a governare il paese in questa difficile fase furono i socialdemocratici. In questo periodo i comunisti tentano la carta dell’insurrezione per prendere il potere ma senza successo. Nel ’20 a guidare il paese sarà il Partito cristiano-sociale.  Ungheria -> breve fu la vita della Repubblica democratica ungherese. Qui i socialisti si coalizzarono con i comunisti per instaurare una Repubblica sovietica. Dure furono le politiche applicate nei confronti della borghesia e dell’aristocrazia agraria. La reazione conservatrice non mancò di farsi sentire, difatti nell’agosto del 1919 l’ammiraglio Miklòs Horthy prese il potere con un colpo di stato e scatenò un’ondata di “terrore bianco”. In Ungheria veniva instaurato un regime autoritario sostenuto dagli agrari e dalla Chiesa.  Germania -> alla fine della guerra in Germania c’è una situazione prerivoluzionaria, infatti l’esercito è disintegrato, la popolazione in piazza, il potere reale detenuto dai consigli degli operai e dei contadini. Nonostante ciò molte sono le differenze che questo paese ha a confronto della Russia: o I socialdemocratici al governo sono contrari a una rivoluzione e al modello russo. o Il capitalismo è radicato e la classe borgese numerosa. o Fuori dal confine del paese gli eserciti dell’Intesa sono pronti a intervenire in caso di risvolti rivoluzionari. Nonostante ciò la situazione è instabile. Tra il 5-6 gennaio la Lega di Spartaco, approfitto della discesa in piazza di migliaia di berlinesi che protestavano per la destituzione di un esponente della sinistra dalla carica di capo della polizia, tentò di aizzare gli insorti contro il governo non riuscendovi. La reazione del governo fu dura: esso usò per colpire gli spartachisti i corpi franchi, gruppi paramilitari di soldati smobilitati di orientamento nazionalista e conservatore. In primavera i comunisti proclamarono in Baviera una Repubblica dei consigli stroncata in aprile. Un’altra minaccia, oltra alla sinistra radicale, era quella dell’estrema destra: gli ex militari riuniti nei corpi franchi erano sfuggiti di mano al governo, mentre i generali (responsabili della sconfitta nella Grande Guerra) cominciarono a diffondere il mito della “pugnalata alle schiena” secondo il quale l’esercito tedesco avrebbe potuto vincere se non fosse stato tradito dai nemici interni. Così facendo veniva gettato discredito sulla Repubblica. Nel frattempo l’accordo tra socialisti, cattolici e democratici aveva dato vita a un governo che varò la costituzione di Weimar (agosto 1919) elaborata dall’Assemblea costituzionale subito dopo i moti spartachisti. Questa costituzione prevedeva: una struttura federale dello Stato, il suffragio universale maschile e femminile, un governo responsabile di fronte al Parlamento e un Presidente eletto dal popolo. Dal 1920 i socialdemocratici dovettero cedere la guida del paese ai cattolici del Centro. 3.3 – REPUBBLICA DI WEIMAR La Repubblica di Weimar era il modello di democrazia parlamentare più avanzato dell’epoca, nonostante ciò essa era segnata da una serie di problemi che ne causeranno la caduta:  Problemi del sistema politico -> la principale problematica politica della Repubblica era la frammentazione dei gruppi politici che rendeva difficile il raggiungimento di una maggioranza stabile. I partiti maggiori erano quello socialdemocratico, che però aveva l’appoggio solo della classe popolare, e il Centro cattolico, che rappresentava la media borghesia. Un altro problema della Repubblica è che essa veniva associata alla sconfitta e all’umiliazione di Versailles, mentre l’epoca imperiale veniva vista come un’età d’oro.  Problemi economici -> la situazione era aggravata dalla cifra che la Germania doveva pagare alle potenze vincitrici. Essa ammontava a 132 miliardi di marchi/oro in 42 rate annuali. L’annuncio dell’entità delle riparazioni fece scoppiare proteste in tutta la Germania. Il governo decise, dunque, di pagare le rate senza attuare troppi tagli alla spesa pubblica per non rendersi ancora più impopolari. Questa decisione spinse i governi ad aumentare l’emissione della carta-moneta che diede inizio a un processo d’inflazione che abbassò costantemente il valore del marco. Nel 1923 1 dollaro valeva 4000 miliardi di marchi. Questo processo venne definito iperinflazione. 3.4 – CRISI DELLA RUHR Nel gennaio del 1923 La situazione si complica per la Germania: Francia e Belgio invadono il bacino della Ruhr motivando il gesto con il mancato pagamento di alcune rate delle riparazioni. A questo punto il governo tedesco invita operai e imprenditori della zona ad attuare una forma di resistenza passiva: le fabbriche vengono abbandonate o rifiutano la collaborazione con gli occupanti. In questo momento drammatica la classe dirigente riesce però a reagire: nel 1923 si forma una grande coalizione presieduta da Gustav Stresemann, leader del Partito tedesco-popolare (conservatori). Questo governo comincia a trovare compromessi con le potenze vincitrici. Stresemann pose fine alla resistenza passiva, sciolse i governi regionali (dove erano al potere comunisti e socialdemocratici) e fronteggia le ribellioni dell’estrema destra. Ristabilita l’autorità dello Stato emette una nuova moneta, il Rentenmark il cui valore è garantito dal patrimonio agricolo e industriale della Germania. Nel contempo viene attuata una politica deflazionistica basata sulla limitazione della spesa pubblica e sull’aumento delle imposte. Grazie a un accordo con i vincitori, la Germania rientra in un piano finanziario ideato da Charles G. Dawes. Questo era un piano di aiuti internazionali che garantiva alla Germania prestiti a lunga scadenza e prevedeva che l’entità delle rate da pagare fosse graduata nel tempo. Rientrata in possesso della Ruhr la Germania iniziava a uscire dalla crisi. Nonostante ciò l’iperinflazione segnò profondamente il paese e ciò si rifletté anche sul piano politico: nelle elezioni del ’24 gli opposti estremismi guadagnarono voti e l’anno successivo venne eletto come presidente il vecchio maresciallo Paul von Hindenburg. 3.5 – DISTENSIONE Dal 1925 fino al ’29 troviamo un periodo di distensione in Europa sancito da una serie di accordi:  Accordo di Locarno (1925), con cui la Germania riconosce i confini stabiliti a Versailles.  Patto di Parigi (1928), con cui una quindicina di stati, tra cui la Germania, rifiutano la guerra come mezzo per risolvere le controversie.  Piano Young (1929), ideato dall’omonimo finanziere americano. Con questo piano viene ridotta l’entità delle riparazioni e vengono allungati i tempi di pagamento. Questo periodo di distensione si interromperà in concomitanza con lo scoppio della crisi del ’29 che travolgerà il mondo. 4 – DOPOGUERA IN ITALIA E AVVENTO DEL FASCISMO 4.1 – SITUAZIONE POSTBELLICA L’Italia del dopoguerra viveva una crisi legata alla crescita abnorme di alcuni settori industriali che si erano arricchiti con la guerra e che ora dovevano attuare una difficile riconversione. A ciò si devono aggiungere le manifestazioni degli operai che, galvanizzati da quanto accaduto in Russia, chiedevano migliori salari e condizioni di vita; le proteste dei contadini che chiedevano il mantenimento delle promesse fatte loro durante la guerra; la mobilitazione dei ceti medi che difendevano i loro interessi e i loro ideali patriottici. A ciò si deve sommare l’instabilità di una economia meno sviluppata che in altri paesi e di un sistema politico poco radicato. A questa situazione si somma la questione fiumana: anche se l’annessione di fiume non era prevista dal Patto di Londra, Vittorio Emanuele Orlando a Versailles richiese l’annessione di questo porto senza, però, ottenerla. L’insuccesso costrinse il primo ministro a dimettersi, sostituito da Francesco Saverio Nitti. Con la fine delle trattative in Italia si cominciò a parlare di “vittoria mutilata” poiché si pensava che il paese non fosse stato ripagato abbastanza per il contributo dato durante la guerra. Il problema di Fiume toccò l’apice quando Gabriele D’Annunzio, nel settembre del 1919, assieme a un gruppo di volontari ed ex militare partì dall’odierna Ronchi dei Legionari, vicino a Gorizia, e prese Fiume dove venne istaurata una reggenza. Tra il 1919 e il 1920, inoltre, in patria si moltiplicano gli scioperi contro l’aumento del costo della vita che toccano l’apice a novembre del 1919 con l’occupazione delle fabbriche da parte dei metalmeccanici. Non meno intense furono le lotte degli agricoltori che, riunitisi in “leghe rosse” e in “leghe bianche” danno vita ad agitazioni e a occupazioni delle terre. Gli obiettivi a breve termine delle diverse leghe sono comuni, ma  Politica economica -> a livello economico il ministro Alberto De Stefani adottò una politica liberista che prevedeva, tra le altre cose, l’alleggerimento della pressione fiscale sulle imprese, lo sfoltimento nei pubblici impieghi, una maggior libertà dell’iniziativa privata. Nel 1925 venne raggiunto il pareggio in bilancio, traguardo a cui u possibile arrivare anche grazie alle politiche dei governi precedenti.  Rapporto con la Chiesa -> abbandonato l’anticlericalismo iniziale, Mussolini cercò di riallacciare i rapporti con la Chiesa e di risolvere la questione romana. Verso questa direzione va anche la riforma dell’istruzione di Giovanni Gentile che introduce l’insegnamento obbligatorio della religione cattolica. Questa mossa serve anche per indebolire l’appoggio che la Chiesa da al Partito Popolare, che ormai non viene più considerato utile per i miglioramenti dei rapporti Stato/Chiesa.  Legge elettorale -> una volta messi fuori gioco i popolari con l’avvicinamento alla Chiesa, Mussolini comincia a pensare a una nuova legge elettorale che gli permetta di raggiungere una maggioranza solida. Nel luglio del ’23 viene proposta e approvata una legge maggioritaria che assegna al primo partito che abbia superato il 25% dei voti i 3/4 dei seggi. Alle elezioni dell’aprile 1924 fascisti, liberali e cattolici conservatori si presentarono uniti alle liste nazionali, mentre le altre forze si presentarono divise. Nonostante ciò i fascisti non rinunciarono all’uso della violenza durante la campagna elettorale e le votazioni. Alla fine le liste nazionali vinsero col 65% dei voti. 4.8 – IL DELITTO MATTEOTTI E L’AVENTINO Uno dei momenti di maggior crisi vissuto dal potere fascista fu l’assassinio di Matteotti. Il 10 giugno 1924 il deputato socialista Giacomo Matteotti, dopo aver denunciato le violenze fasciste e i brogli alle elezioni, venne rapito e assassinato da degli squadristi. In seguito al ritrovamento del suo cadavere e all’arresto dei responsabili buona parte dell’opinione pubblica cominciò a guardare con ostilità al fascismo. L’opposizione parlamentare, con quella che viene ricordata come “scissione dell’Aventino”, cominciò a riunirsi in altra sede sperando nell’intervento del re o nella sfiducia dei fiancheggiatori, cattolici e liberali che col loro appoggio tenevano in piedi il governo. Per tenere in piedi il governo, Mussolini dovette entrare a patti con i fiancheggiatori che chiesero le sue dimissioni da ministro dell’Interno. Dopo qualche mese, rifluita l’ondata antifascista, il futuro duce passò al contrattacco: nel suo famoso discorso del 3 gennaio 1925 si prese la responsabilità morale, politica e storica di quanto fatto dal fascismo e poi diede inizio a un’ondata di arresti, perquisizioni e sequestri mettendo in ginocchio l’opposizione e i suoi organi di stampa. 4.9 – LEGGI FASCISTISSIME L’omicidio Matteotti velocizzò un processo che era già in atto: la fine dell’età liberale e la nascita di una dittatura. Tra il 1925 e il 1926 vengono emanate una serie di leggi dette “fascistissime”, ideate dal ministro della Giustizia Alfredo Rocco e con cui si costruisce lo scheletro del regime:  Legge del 24 dicembre 1915 -> vengono ampliati i poteri del presidente del consiglio sia nei confronti dei ministri che del parlamento e viene mutato il suo nome in “capo del governo”.  Nel 1926 viene istituito l’OVRA (Organizzazione per la Vigilanza e la Repressione dell'Antifascismo), polizia segreta che si occupa di reprimere l’antifascismo;.  Sindacati, partiti e i loro giornali vengono dichiarati illegali, mentre la stampa ufficiale viene fascistizzata.  Viene reintrodotta la pena di morte, viene istituito il Tribunale speciale per la difesa dello stato, i cui giudici sono scelti tra i membri della Milizia volontaria per la sicurezza nazionale, e il Confino. 5 – CRISI DEL ’29 5.1 – AMERICA Negli anni ’20 del Novecento l’America conosce una grande crescita economica. In questo periodo il Pese è governato dai repubblicani che portano avanti una politica interna fortemente liberista, con l’aumento delle tasse indirette e l’abbassamento dei livelli della spesa pubblica. La caduta delle leggi antimonopolistiche favorì inoltre lo sviluppo delle grandi corporation. Ciò porta a una grande disuguaglianza della distribuzione del reddito e a gravi problemi di carattere sociale: se da una parte gli operai specializzati erano favoriti, dall’altra la grande massa di operai comuni viveva in una situazione di disagio economico. Questa è anche l’epoca del taylorismo che consentì un grande aumento della produzione anche se causò una forte disoccupazione tecnologica. Il settore dove andava crescendo il numero degli occupati era invece quello dei servizi. A livello di politica estera l’America, invece, inaugura il periodo dell’isolazionismo: il Paese si chiude in se stesso e porta avanti una politica per combattere l’immigrazione. Un altro elemento caratterizzante di quest’epoca è il grande sviluppo, soprattutto nel sud, del Ku Klux Klan. Nonostante la parentesi positiva che stava vivendo l’America, le basi del boom economico erano fragili: la grande domanda di quest’epoca aveva favorito la produzione spropositata di beni a lunga durata che avevano saturato il mercato. Il mercato interno era impossibilitato ad assorbire l’offerta sia perché i beni prodotti non avevano bisogno di essere cambiati continuamente, sia perché il mondo agricolo, a causa dei redditi bassi, non riusciva ad acquistare molti prodotti. Anche il commercio con l’Europa non riuscì a mettere fine alla saturazione del mercato statunitense. 5.2 – LA CRISI Nel settembre del ’29 i titoli in borsa avevano raggiunto i massimi storici. Quando delle azioni cominciò ad avere delle leggere flessioni gli azionisti iniziarono a vendere i propri titoli. Il 24 ottobre 1929 (il “giovedì nero”) questa corsa alle vendite causò un crollo del valore delle azioni con delle conseguenze pesanti:  Chi aveva investito i propri risparmi in borsa perse tutti.  Molte banche non videro entrare i prestiti fatti a molti clienti che erano stati investiti in borsa e dunque persi. Inoltre alcune banche avevano loro stesse acquistato dei titoli con i soldi dei risparmiatori. Molte di esse fallirono.  Il potere d’acquisto di molti crollò assieme alla domanda. La minor domanda portò a licenziamenti che influirono negativamente sulla domanda stessa.  La sovrapproduzione generata negli anni del boom e il crollo della domanda portarono a un crollo dei prezzi.  I governi adottarono politiche protezioniste per proteggere la propria economia cessando l’erogazione di prestiti con l’estero.  La crisi esce dai confini americani e colpisce i paesi europei legati all’America in campo commerciale e finanziario. In Germania e in Austria molte banche, legate finanziariamente all’America in seguito ai piani di prestito, sono costrette a chiudere causando il collasso del sistema monetario.  La Gran Bretagna, che aveva investito in quei paesi, viene colpita a sua volta. Le banche inglesi dovettero affrontare il ritiro dei capitali stranieri e la domanda della conversione della sterlina in oro. Esauritasi la riserva aurea della Banca d’Inghilterra fu sospesa la convertibilità della sterlina e la moneta fu svalutata. Per la prima volta l’Inghilterra, per fronteggiare la crisi, abbandonò la sua tradizione liberoscambista. Difatti il “governo nazionale” guidato dal laburista Ramsay Mac Donald, per uscire dalla crisi, da una parte tagliò i sussidi di disoccupazione e svalutò la sterlina, dall’altra introdusse tariffe doganali favorendo lo scambio interno al Commonwealth.  In quasi tutti i paesi europei si rispose con il taglio della spesa pubblica e l’imposizione di nuove tasse, ma ciò compresse ulteriormente la domanda e provocò nuovi licenziamenti. Solo nel ’33 i paesi europei cominciarono a riassestarsi, ma solo grazie alle politiche di riarmo precedenti alla guerra i paesi uscirono totalmente dalla depressione. 5.3 – NEW DEAL Nel novembre del 1932 alle elezioni presidenziali esce vincitore il democratico Franklin Delano Roosevelt che da subito porta avanti una politica basata sull’investimento statale denominata “New Deal”.  Primi cento giorni -> nei primi cento giorni Roosevelt fa svalutare il dollaro per favorire le esportazioni, aumenta i sussidi per la disoccupazione, ristruttura il sistema creditizio e concede crediti ai cittadini indebitati in modo da permettere loro di estinguere le ipoteche sulle case.  Agricoltural Adjustament Act (AAA) -> con questo atto Roosevelt assicura premi in denari per chi tiene bassa la produzione agricola, in modo da contrastare il fenomeno della sovrapproduzione agricola.  National Industrial Recovery Act (NIRA) -> con questo atto vengono imposti dei codici di comportamento alle industrie per evitare le conseguenze di una concorrenza spietata e vengono tutelati i diritti e gli stipendi dei lavoratori.  Tennessee Valley Autority (TVA) -> è un ente che viene istituito per ricavare energia a basso costo dai fiumi del Tennessee da destinare all’agricoltura. Inoltre prevede un’opera di sistemazione del territorio che dia lavoro ai disoccupati.  Costruzione di grandi opere pubbliche per riassorbire la disoccupazione.  Riforme sociali per garantire ai lavoratori la pensione di anzianità e per riorganizzare l’assistenza statale per i più bisognosi. Anche se grazie al “New Deal” il paese cominciò a riprendersi, la depressione fu totalmente superata col riarmo e la guerra. Il “New Deal” fu il frutto delle teorie dell’economista John Maynard Keynes che misero in crisi la teoria economica classica. Fu proprio in questi anni che lo stato, non solo in America, cominciò a farsi soggetto attivo nella vita economica del paese. Un altro caso che può essere preso come esempio è quello dell’Italia, paese che per la sua politica autarchica sentì poco la crisi. In questo paese venne istituito l’Istituto di Ristrutturazione Industriale (IRI) che prese in mano industrie e banche in fallimento e le rifinanziò in seguito alla loro nazionalizzazione. Secondo Keynes il mercato non era capace di autogestirsi, per tale motivo era essenziale anche la presenza dello Stato. Inoltre l’economista criticava le politiche deflazionistiche poiché, diminuendo il potere d’acquisto dei privati, indebolivano la domanda. Nel caso che questa fosse bassa, stava allo stato attuare una politica che accrescesse il volume della domanda manovrando in senso espansivo la spesa pubblica. Anche se ciò avrebbero portato a allo sviluppo di un debito pubblico esso si sarebbe giovato della ripartenza dell’economia reale. 5.4 – MONDO E SOCIETA’ DEGLI ANNI ’30  Consumi -> anche se la grande crisi aveva impoverito molte persone, molte altre erano riuscite a uscire indenni dal quel periodo poté giovare del crollo dei prezzi. Ciò forse è uno dei principali motivi del cambio dei consumi in Europa dove la vendita di elettrodomestici, auto e radio aumentò. a Parigi fu ucciso da un ebreo: tra la notte fra il 9 e il 10 novembre del 1938, la “notte dei cristalli”, furono distrutte sinagoghe, devastati negozi e abitazioni di ebrei molti dei quali furono uccisi e arrestati. La politica razziale nazista si rifaceva all’eugenetica, scienza messa in pratica anche da molti paesi democratici. Le misure eugenetiche furono esasperate dai nazisti che arrivarono, in nome della perfezione della razza, a sterminare persone con handicap, depressi, omosessuali e via dicendo. Il regime nazista si reggeva, come quello fascista, su due elementi che apparentemente sembrano discordanti: il consenso e la repressione.  Consenso -> il nazismo era riuscito a sbaragliare gli avversari politici: i comunisti furono portati al silenzio dopo l’incendio del Reichstag, i socialdemocratici erano esuli e i cattolici si adattarono al regime, in particolare dopo il concordato stipulato dallo stato nazista con la Chiesa cattolica nel 1933 con cui veniva assicurata loro la libertà di culto. Anche la Chiesa luterana si piegò senza tanti indugi al regime. Il pericolo più grande per Hitler, in realtà, erano i militari e i conservatori che gli avevano permesso di salire al potere, gli stessi che tenteranno di assassinarlo nel luglio del 1944.  Repressione -> in un paese con un forte proletariato urbano che votava a sinistra, il consenso era garantito anche dalla repressione. Efficientissimi erano le SS e la Gestapo che controllavano la vita pubblica e privata del cittadino. Il consenso al regime è anche dato da una serie di successi ottenuti da Hitler:  In politica estera Hitler riuscì a smontare pezzo per pezzo l’ordine uscito da Versailles e questo fu un gran successo per lui in politica estera.  La ripresa economica fu un altro fattore di successo: Hitler iniziò a far costruire una serie di opere pubbliche, infrastrutture e a portare avanti segretamente un piano di riarmo che favorì grandemente la ripresa economica. Nel 1939 il paese raggiunse la piena occupazione. Questa ripresa fu possibile col ricorso alla spesa pubblica. In questo periodo si sviluppò uno stretto legame tra industriali e grandi proprietari terrieri col governo centrale che commissionava i lavori. La ripresa economica portò a un miglioramento della situazione economica e sociale delle classi popolari che si tradusse in consenso verso il regime.  Altro elemento che poté garantire un consenso molto largo fu la capacità del nazismo di proporre un nuovo mondo ideale, un mondo ruralista e guerriero, libera dagli orrori della modernità. Questa ideologia ovviamente strideva con la realtà. Difatti col nazismo si svilupparono sempre più le grandi industrie che fecero profitti col riarmo.  Altro elemento importante fu la propaganda e l’asservimento della cultura al regime. Questo compito fu affidato al ministero per la Propaganda guidato da Joseph Goebbels: la stampa fu sottoposta a strettissimo controllo, gli intellettuali furono inquadrati nell’organizzazione nazionale chiamata Camera di cultura del Reich, furono ampiamente sfruttati i mezzi di comunicazione di massa. 6.4 – AUTORITARISMO IN EUROPA Il successo del fascismo in Italia non fu un caso isolato, il virus del totalitarismo si diffuse in tutti i paesi in cui la tradizione liberale non era radicata. Il primo paese a testare l’autoritarismo, ancora prima del fascismo in Italia, fu l’Ungheria con l’ammiraglio Horthy. Un altro regime semi-dittatoriale fu quello che si instaurò in polonia nel 1926 quando il socialista Josef Pilsudski, con una “marcia su Varsavia” modificò la costituzione in senso autoritario. In Austria, nel 1934, il cancelliere cristiano-sociale Engelbert Dollfus mise fuori legge il partito socialdemocratico e varò una costituzione di carattere clericale e corporativista. In Bulgaria, nel ’23, ci fu un colpo di stato, mentre in Jugoslavia il re Alessandro I attuò un colpo di stato col risultato di inasprire le tensioni con gli ustascia, i separatisti croati, che presero la via del terrorismo. Anche in Spagna nel ’23 il generale Miguel Primo de Rivera attuò un colpo di stato, ma fu costretto a dimettersi davanti alle proteste popolari. Nel ’31 i partiti democratici e repubblicani ottennero un larghissimo consenso alle elezioni, tanto che il sovrano fu costretto a lasciare il paese. Nacque così una repubblica. Nel ’26, in Portogallo, il cattolico Antonio de Oliveira Salazar diede vita a un regime autoritario di tipo clericale e corporativo. Con la vittoria di Hitler in Germania il processo subì un’accelerazione e in altri paesi dell’Europa centro-orientale nacquero delle dittature. Nel contempo crebbero i gruppi estremisti e antisemiti che si richiamavano al nazismo come la Guardia di ferro in Romania. 6.5 – L’UNIONE SOVIETICA DI STALIN Tra i 1927 e il 1928, Stalin decise di mettere da parte la Nep per rafforzare l’industria e, in particolare, quella bellica. Per fare ciò lo stato assunse il controllo di tutti i processi economici. Il primo ostacolo per costruire un’economia collettiva e fortemente industrializzata erano i kulaki contro i quali furono adottate delle misure restrittive e delle requisizioni. Poiché queste misure si rivelarono inutili, per collettivizzare il settore agricolo, si decise di eliminare i kulaki come classe. Chi internamente si oppose a questa linea, venne espulso. Chiunque si rifiutasse di trasferirsi nelle fattorie collettive (kolchoz) fu considerato “nemico del popolo” e fucilati dopo processi sommari o arrestati e deportati nella Russia settentrionale. Tra il 1932 e il ’33 scoppiò una grave carestia determinata da più fattori: l’inefficienza di una macchina organizzativa troppo grande e centralizzata, la resistenza dei contadini che fece macellare il bestiame per non darlo alle autorità, la prosecuzione della politica di requisizione da parte del centro. Il bilancio fu disastroso sia dal punto di vista umano che economico. Nel frattempo l’industrializzazione forzata cominciava a dare i suoi frutti: col primo piano quinquennale, nel 1932, la produzione aumentò del 50% rispetto al 1928; col secondo piano la produzione aumentò del 120%. Ciò fu possibile grazie agli sforzi degli operai che furono sottoposti a una dura disciplina, nonostante fossero stati introdotti premi per la produttività. Tra gli operai si diffuse uno spirito di emulazione, l’esempio più eclatante è quello del minatore Stachanov che in una notte estrasse un quantitativo di carbone 14 superiore al normale. L’eco di questi successi superarono i confini sovietici generando ammirazione non solo tra i partiti comunisti, ma anche tra i laburisti e i socialdemocratici. Ovviamente meno noti furono i costi umani del processo. Stalin assunse il ruolo di leader carismatico dell’Unione, depositario dell’autentica dottrina marxista- leninista. Letteratura, cinema, musica, arte vennero sottoposte dal regime a una rigida censura e obbligate a svolgere funzioni propagandistiche. Anche la storia recente fu riscritta per dare più spazio a Stalin e oscurare gli oppositori come Trotskij. Molte sono le teorie sul perché un regime nato da un’ideologia basata sulla libertà si sia trasformato in un totalitarismo: alcuni ricollegano lo stalinismo alla tradizione centralistica e autoritaria propria della Russia zarista, altri lo vedono come un dispotismo industriale, ovvero nato per le esigenze di sviluppare velocemente l’industria, altri ancora considerano lo stalinismo una derivazione di destra della rivoluzione. In realtà delle premesse autoritarie esistevano già con Lenin, solo che Stalin le portò alle estreme conseguenze. Nel 1934 iniziò il periodo delle “purghe staliniane” con l’arresto di molti esponenti di spicco del partito. Quelle delle purghe fu un immensa repressione poliziesca che prima si occupò degli esponenti politici, poi colpì i quadri delle forze armate e figure del mondo civile (scienziati, intellettuali, professionisti, …). 6.7 – LA TENSIONE E I FRONTI POPOLARI La salita al potere di Hitler destabilizzò gli equilibri internazionali. Già nel 1933 la Germania nazista uscì dalla Società delle nazioni, mentre nell’anno seguente il cancelliere Dollfus fu assassinato da gruppi nazisti che volevano preparare l’unificazione con la Germania. Nonostante ciò, in questo caso, Hitler, che non era pronto per una guerra, fu costretto a fare marcia indietro poiché, davanti a questa eventualità, Mussolini schierò l’esercito lungo il confine italo-austriaco. Nel 1935, davanti all’introduzione in Germania della circoscrizione obbligatoria, rappresentanti d’Italia, Francia e Gran Bretagna si unirono a Stresa per condannare il gesto. Questa fu, però, l’ultima manifestazione di solidarietà fra le potenze vincitrici, poiché l’anno seguente, l’invasione dell’Etiopia da parte dell’Italia avrebbe rotto il “fronte di Stresa” e dato vita a un avvicinamento italo-tedesco. Anche se inizialmente l’Urss tenne un atteggiamento ostile sia alle forze fasciste che a quelle capitaliste, in seguito ai successi di Hitler, Stalin, decise di cambiare strategia: nel ’34 l’Urss entrò nella Società delle nazioni, mentre nel ’35 stipulò un’alleanza militare con la Francia. Ciò portò anche a un capovolgimento della linea dei partiti comunisti del Comintern: ora non si doveva più contrastare le forze democratico- borghesi e socialiste, ma allearsi a loro in dei fronti popolari per contrastare il fascismo. Nonostante ciò l’avvicinamento dell’Urss alle potenze democratiche non servì a impedire all’Italia di invadere l’Etiopia e alla Germania di inviare truppe nella Renania “smilitarizzata”. Nel 1936 i fronti popolari vinsero sia in Spagna che in Francia. Qui la vittoria fu seguita da una grande ondata di scioperi operai che portarono agli accordi di Palazzo Matignon, del giugno del 1936 che prevedevano: aumenti salariali, riduzione della settimana lavorativa a 40 ore, il diritto a 15 giorni di ferie pagati. Nonostante ciò, l’accresciuto costo del lavoro influì negativamente sulla competitività dei prodotti francesi e innescò un processo inflazionistico e di fuga dei capitali che costrinse il governo a dimettersi nel ’37. In generale l’esperienza dei fronti popolari può dirsi conclusa nel ’38. 6.8 – GUERRA CIVILE SPAGNOLA Dopo la caduta di Primo di Olivera, avvenuta nel 1932, la Spagna divenne una repubblica. Già da subito la vita della repubblica si dimostrò difficile con un tentato colpo di stato e un’insurrezione anarchica. La Spagna, infatti, era l’unico paese in cui il maggior sindacato fosse ancora controllato da anarchici. Le forze in campo politico i socialisti a sinistra, al governo coi repubblicani e vicini alle idee bolsceviche, i radicali, democratico-repubblicani al centro e i cattolico-conservatori a destra. Nel febbraio del ’36 vinse le elezioni il fronte popolare. Dopo questa vittoria si scatenarono lotte popolari contro i proprietari terrieri e il clero a questi vicini. Per rispondere all’ondata popolare, i conservatori si appoggiarono allo squadrismo falangista. Dopo l’uccisione di un esponente conservatore da parte di poliziotti repubblicani, cinque generali, tra cui Francisco Franco, diedero vita a una rivolta che partì dalle colonie fino a dilagare nel sud della Spagna. La repubblica, con l’appoggio di parte dell’esercito, della popolazione in armi e delle brigate internazionali, volontari provenienti dai paesi esteri, diedero vita a una tenace resistenza. Nonostante l’appoggio dell’Urss che fornì alla Repubblica armi e commissari politici per disciplinare le brigate, Franco ottenne l’appoggio terrestre italiano, Mussolini mandò delle truppe regolari travestite da volontari, e l’appoggio aereo della Germania. Inoltre il fronte repubblicano era segnato dalle divisioni interne, infatti mentre Franco si guadagnava l’appoggio dei proprietari terrieri, del clero e della borghesia moderata e raccoglieva le forze di  Stampa -> la stampa era fortemente controllata dal centro che, non solo faceva opera di censura, ma interveniva con precise direttive sul merito degli articoli.  Radio -> la radio era controllata dallo stato tramite l’Eiar (Ente italiano per le audizioni radiofoniche),attuale Rai. Anche se inizialmente la radio aveva una diffusione abbastanza limitata, dopo il ’35 divenne il principale canale propagandistico, difatti il governo decise di istallare apparecchi radiofonici nelle scuole, negli uffici pubblici e nelle sedi di partito.  Cinema -> anche il cinema fu favorito dal regime con grandi sovvenzioni che avevano lo scopo di favorire la produzione nazionale a quella americana. All’inizio di ogni film era obbligatorio proiettare i cinegiornali che divennero un importante strumento di propaganda di massa.  Economia -> dopo un triennio di politiche liberiste col ministro Alberto De Stefani, avviene, nel 1925, la svolta protezionista col ministro Giuseppe Volpi. Questa politica viene inaugurata lo stesso anno con la “battaglia del grano”, con cui si tentò di rendere l’Italia autosufficiente nella produzione del grano aumentando l’estensione dei territori coltivati e imponendo dazi sui cereali stranieri. Anche se la produzione di questo prodotto aumentò del 50%, le colture specializzate (destinate al commercio) e l’allevamento furono colpite negativamente. La seconda battaglia portata avanti era quella per la rivalutazione della lira. Nel 1926 Mussolini annunciò che la lira avrebbe raggiunto quota novanta in rapporto col valore della sterlina (1 sterlina = 90 lire). L’obiettivo fu raggiunto in poco più di un anno grazie a prestiti delle banche americane e limitando il credito. Grazie a questa iniziativa la lire aumentò il suo potere d’acquisto, ma ciò sfavorì le esportazioni, inoltre i lavoratori dipendenti non poterono godere di questo aumento del potere d’acquisto, poiché i loro stipendi furono tagliati in modo proporzionale. A livello agricolo le piccole imprese furono colpite dalla restrizione del credito e dal calo dei prezzi agricoli.  Corporativismo -> questo è anche il periodo in cui il fascismo cerca di applicare la sua “terza via”, quella corporativista. Il corporativismo avrebbe dovuto significare gestione diretta dell’economia da parte delle categorie produttive organizzate in corporazioni distinte per attività. Il tutto però si risolse nella creazione di nuova burocrazia. Alla fine non nacque nessun sistema economico nuovo e le corporazioni divennero nuovi mezzi di sorveglianza che lo stato aveva nei rapporti tra imprenditore e operaio. 7.5 – LA GRANDE CRISI IN ITALIA In Italia le conseguenze della crisi furono meno drammatiche he in altri paesi grazie alla politica autarchica messa in campo dal regime. I settori più colpiti furono il commercio estero e l’agricoltura che soffrì del calo delle esportazioni e al crollo dei prezzi. Le difficoltà accusate dalle industrie imposero allo stato di abbassare ulteriormente i salari degli operai e la disoccupazione aumentò bruscamente. Per far fronte alla crisi lo stato diede vita a una serie di lavori pubblici per assorbire la disoccupazione e far ripartire l’economia e, inoltre, cominciò a intervenire direttamente sostenendo i settori in crisi. La politica dei lavori pubblici consistette nel recupero del centro di Roma, nelle bonifiche, la più famosa quella dell’Agro Pontino, e nella costruzione di nuove città come Littoria (l’attuale Latina). Fu soprattutto in campo industriale e bancario che lo stato intervenne con più decisione: nel 1931 venne creato l’Istituto mobiliare italiano (Imi) che aveva lo scopo di sostituire le banche nel sostegno all’industria, e nel 1933 venne creato l’Istituto di ricostruzione industriale (Iri) che acquisì le azioni delle aziende in crisi. Molte banche e industrie furono nazionalizzate e poste sotto il controllo dell’Iri e lo stato si trovò a gestire un apparato industriale e bancario per grandezza era secondo solo a quello dell’Unione Sovietica. Anche se ciò salvò l’economia italiana il costo dell’operazione gravò moltissimo sulla comunità. Nella metà degli anni ’30 l’Italia poteva dirsi fuori della crisi, ma il regime, invece di approfittare della crescita per migliorare le condizioni di vita della popolazione decise di intraprendere una politica di imprese militare che generarono ulteriori costi per la comunità. 7.6 AGGRESSIONE DELL’ETIOPIA Fino al ’35 le rivendicazioni territoriali dell’Italia rimasero vaghe e basate sulla contestazione dell’ordine internazionale nato a Versailles, ciò, comunque, non ruppe il rapporto con gli alleati Francesi e Inglesi. A far crollare il così detto “fronte di Stresa” fu l’invasione dell’Impero etiope. Nell’ottobre del 1935 iniziò la campagna d’Etiopia che durò un anno e si risolse con la vittoria italiana quando il generale Pietro Badoglio entrò nella capitale Addis Abeba nel maggio del 1936. L’Impero etiope era uno stato indipendente e membro della Società delle nazioni. In seguito all’aggressione, quest’ultima si vide costretta a sanzionare l’Italia. Anche se queste sanzioni non pesarono all’Italia, infatti furono ritirate nell’estate del ’36, Mussolini le usò per mettere l’opinione pubblica contro le “democrazie plutocratiche” dell’Occidente. Questa impresa, dal punto di vista interno, fu un successo, ma da quello economico fu una spesa senza ritorni, poiché l’Etiopia era una regione povera di materie prime. Dal 1936 in poi iniziò un processo di avvicinamento tra Mussolini e Hitler che si può riassumere in diverse fasi:  Firma del patto di amicizia chiamato “Asse Roma-Berlino” nell’ottobre del 1936.  Partecipazione nella Guerra civile spagnola affianco ai tedeschi e ai franchisti.  Adesione al patto Anticomintern nell’autunno del 1937, che impegnava i paesi aderenti (Germania, Giappone, Italia) a contrastare il comunismo internazionale.  L’alleanza chiamata “Patto d’acciaio” del maggio 1939, secondo il quale se uno dei due stati si fosse trovato in guerra, l’altro sarebbe dovuto intervenire. Mussolini tentò di usare l’avvicinamento alla Germania come un mezzo per far pressione sulle potenze occidentali per riuscire ad ottenere qualche ulteriore vantaggio coloniale. Alla fine fu però trascinato dall’aggressività tedesca in una guerra che il paese non era pronto a sostenere. 7.7 – L’ITALIA ANTIFASCISTA A partire soprattutto dal 1925-’26, quando il dissenso politico fu proibito, molti liberali, popolari e socialisti smisero di fare opposizione. I popolari potevano contare sul tacito appoggio della Chiesa, i liberali si riunirono attorno a Benedetto Croce che, difeso dalla propria notorietà internazionale, poté portare avanti la sua attività culturale. Per coloro che invece si opponevano apertamente al fascismo le uniche vie erano l’esilio o la clandestinità. A portare avanti fin dall’inizio la lotta in clandestinità fu il Pci che riuscì a diffondere giornali e opuscoli, oltre a infiltrare suoi uomini nei sindacati fascisti e nelle organizzazioni giovanili. Anche altri gruppi cercarono di tenere viva una lotta clandestina, ma la loro attività si svolse principalmente in Francia dove erano fuggiti. Qui nel 1927 nacque un’organizzazione unitaria chiamata Concentrazione antifascista. I partiti della Concentrazione svolsero un’attività importante facendo sentire la voce dell’Italia antifascista e con elaborazioni ideologiche e dibattiti politici. Nel 1929 Emilio Lussu e Carlo Rosselli fondarono un nuovo movimenti, chiamato Giustizia e Libertà, che si basava sull’azione concreta contro il fascismo e si affiancava nella lotta clandestina al Pci. GL si proponeva come punto di raccordo tra repubblicani liberali e socialisti, riunendo gli ideali di libertà e giustizia sociale, il marxismo e il liberismo. Tale movimento si basava sulle linee indicate da Rosselli nel suo libro “Socialismo liberale”. Polemici verso i partiti della Concentrazione e verso la stessa GL, era il Pci. Questo aveva base a Parigi, ma seguiva le direttive del segretario subentrato ad Antonio Gramsci, Palmiro Togliatti, che si trovava a Mosca. La strategia cambiò con la nascita dei fronti popolari che, però, durò pochi anni. Nonostante le divisioni interne, dovute a diversi motivi (il crollo dei fronti popolari, la rottura dell’Urss con l’occidente, il patto tedesco-sovietico del ’39, ecc…), il movimento antifascista riuscì a sviluppare nuove visioni per il futuro e a organizzare nel 1943 una resistenza al nazismo e al fascismo. 7.8 – APOGEO E DECLINO DEL FASCISMO Finiti gli entusiasmi per l’impresa etiope, cominciarono a farsi sentire i problemi economici del paese aggravati da un’ulteriore stretta autarchica del regime. Se da ciò ricavarono vantaggi industrie come quelle chimiche, metallurgiche, meccaniche e minerarie, molti altri settori furono colpiti in senso negativo, in particolare quelli legati al commercio con l’estero. Alla fine il traguardo dell’autosufficienza si rivelò irraggiungibile. Se la produzione crebbe, crebbero anche i prezzi sfavorendo i ceti popolari. A questi motivi di disagio si sommarono quelli della politica estera attuata da Mussolini e dal suo collaboratore Galeazzo Ciano. La politica di avvicinamento alla Germania, storica nemica dell’Italia, non era vista di buon occhio da alcuni. Nella seconda metà degli anni ‘30 inizia una nuova stretta totalitaria del regime: viene creato il Ministero della cultura popolare sul modello del Ministero della propaganda tedesco; le organizzazioni giovanili vengono riunite nella Gioventù italiana del littorio, la Camera dei deputati viene sostituita dalla Camera dei fasci e delle corporazioni (1939) dove si entrava n virtù delle cariche coperte nel regime; nell’autunno 1938 vennero emanate una serie di leggi discriminatorie verso gli ebrei che li escludevano dagli uffici pubblici, limitavano le attività professionali che essi potevano praticare e i matrimoni misti. Le leggi furono preannunciate da un manifesto della razza. L’opera totalizzante messa in atto dal regime aveva il fine di creare un popolo guerriero pronto alla guerra, ma il risultato fu fallimentare. Con i primi rovesci militari il consenso di cui godeva Mussolini cominciò a calare. 8. TRAMONTO DEL COLONIALISMO 8.1 – DECLINO DEGLI IMPERI COLONIALI Il colonialismo europeo conosce una brusca frenata tra le due guerre. Le popolazioni colonizzate, dopo la Grande Guerra, entrano in contatto con l’ideologia nazionalista, con il wilsonismo e cominciano a rivendicare la propria indipendenza dalle potenze straniere. Questo fenomeno, inoltre, viene usato da alcune potenze per indebolirne altre: emblematico fu l’appoggio inglese, tra il 1915 e ’16, al nazionalismo arabo in chiave anti-turca con la promessa di dare vita a un grande regno arabo indipendente. Nella realtà dei fatti inglesi e francesi, nella primavera-estate del ’16, si spartiranno tutta la zona tra Turchia e penisola arabica. La prima potenza che adottò un atteggiamento più elastico nel confronto delle colonie fu l’Inghilterra: nell’area mediorientale favorì la creazione dei regni di Iraq e Transgiordania, in Africa rinunciò al protettorato sull’Egitto, mentre nel 1926 i dominions bianchi (Canada, Sudafrica, Australia) si videro riconoscere la totale indipendenza ed entrarono nel Commonwealth, una libera federazione di stati legati dal giuramento alla corona d’Inghilterra. 8.2 – MOVIMENTO SIONISTA Boemia, mentre la Slovenia, con l’appoggio sempre della Germania, si dichiara indipendente. Davanti a questi fatti Francia e Inghilterra, una volta capito che la politica di appeasement è fallita, iniziano a tessere una serie di alleanze. Nel frattempo, in aprile, l’Italia fascista invade il regno d’Albania. Lo scoglio più grande per la Germania è l’Unione sovietica di Stalin. Vedendo che le potenze occidentali sono riluttanti a un’alleanza con lo stato comunista, Hitler ne approfitta e nel 23 agosto 1939 viene stipulato il patto Ribbentrop-Molotov (dai nomi dei ministri degli esteri tedesco e russo). Questo era un patto di non aggressione da una parte, mentre dall’altra prevedeva l’invasione della Polonia: la parte occidentale sarebbe andata alla Germania, mentre quella orientale, assieme agli stati baltici e alla Romania, sarebbe andata all’Urss. Il 1°settembre 1939 la Germania invadeva la Polonia che nel frattempo aveva stipulato un’alleanza con Francia e Inghilterra. Il 3 settembre 1939 Francia e Inghilterra dichiararono guerra alla Germania dando inizio alla guerra. 9.2 – 1939 Scoppio della guerra -> quella in Polonia fu una guerra lampo: il largo uso di mezzi corazzati e dell’aviazione permise alla Germania di prendere il paese già a fine mese. Strana guerra -> per i successivi 7 mesi ci fu quella che fu definita la “strana guerra”, durante la quale il fronte occidentale rimase congelato, dando il tempo a Hitler di riorganizzare le forze. Nord Europa -> il teatro di guerra si spostò nell’Europa settentrionale: a fine novembre l’Urss attaccò la Finlandia che non aveva accettato alcune rettifiche dei confini, a marzo il paese fu costretto a cedere alle richieste sovietiche anche se tenne la sua indipendenza. 9.3 – 1940 A questo punto fu la volta della Germania che a inizio aprile del 1940 attaccò la Danimarca e la Norvegia riuscendo a impossessarsene in quella stessa primavera. Invasione della Francia -> nel maggio fu la volta della Francia, che si nascondeva dietro la “linea Maginot”, una linea di fortificazioni che copriva tutto il confine franco-tedesco. Nonostante ciò la linea difensiva si rivelò inutile, poiché le forze tedesche arrivarono in Francia dal nord, invadendo il Benelux (Belgio, Olanda, Lussemburgo) e oltrepassando la foresta della Ardenne, ritenuta erroneamente invalicabile dai carrarmati. I reparti corazzati tedeschi sfondarono a Sedan e invasero in poco tempo il nord del paese, chiudendo in una sacca le forze francesi e inglesi che si diedero alla fuga dal porto di Dunkerque. Il 14 giugno 1940 Parigi fu presa. La Francia a questo punto si divise in due: al nord era occupata dai nazisti, nella città di Vichy nel sud si insediò un governo collaborazionista guidato dal generale Philippe Pétain. Entrata in guerra dell’Italia -> nel frattempo, il 10 giugno l’Italia era entrata in guerra tentando, il 21 giugno, un’offensiva sulle alpi contro una Francia ormai per metà invasa. Nonostante la situazione in cui versava il paese, la spedizione italiana fu un fallimento e riuscì a spingersi nel territorio francese solo per 50 chilometri. Africa -> un altro fronte aperto dall’Italia era quello dell’Africa settentrionale. Qui nel settembre un’offensiva italiana partita dalla Libia diretta in Egitto fu interrotta per insufficienza di mezzi corazzati. Hitler offrì il proprio aiuto a Mussolini che però lo rifiutò. L’immobilismo italiano sul fronte africano favorì gli inglesi che poterono riorganizzarsi e contrattaccare nel dicembre. Quando gli inglesi conquistarono la Cirenaica Mussolini si vide costretto ad accettare l’aiuto di Hitler che inviò nella regione l’Afrika Korps guidato dal generale Erwin Rommel. Grazie al quale fu ripresa la Cirenaica nell’aprile dell’anno seguente. Operazione “Leone Marino” -> dopo il rifiuto dell’Inghilterra di Winston Churchill di una tregua, Hitler, il 10 luglio del 1940, fece scattare l’operazione “Leone Marino”. Che prevedeva una serie di bombardamenti sull’isola per piegare la resistenza della Gran Bretagna. Centrale per la riuscita del piano era il dominio dei cieli. Durante l’operazione la Lufwaffe si scontrò ripetutamente con la Royal Air Force (Raf). All’inizio dell’autunno apparve chiaro che l’Inghilterra non si sarebbe piegata e ciò significò il rinvio dell’operazione. Grecia -> a fine ottobre del 1940 l’Italia attaccò la Grecia, all’epoca governata da un regime semi- dittatoriale in buoni rapporti, fino ad allora, con l’Italia stessa. Davanti alla resistenza greca, l’esercito italiano fu respinto in Albania. Questo insuccesso, a cui si sommarono quelli dell’Africa del nord, furono un duro colpo per la reputazione del regime e di Mussolini stesso. 9.4 - 1941 Balcani -> nella primavera del ’41 anche in questa zona dovette intervenire la Germania che, in aprile, conquistò la Jugoslavia e la Grecia. Operazione “Barbarossa” -> la conquista dell’Urss era uno degli obiettivi più importanti per la Germania nazista. Nonostante ciò fosse noto anche a Stalin, il dittatore sovietico era convinto che il suo paese non sarebbe mai stato attaccato se prima non fosse capitolata l’Inghilterra. Quando l’operazione “Barbarossa” iniziò, infatti, la Russia fu colta di sorpresa e alla sprovvista, dato che le grandi purghe avevano indebolito i vertici dell’Armata Rossa. Il 22 giugno 1941 scattò l’operazione “Barbarossa”. A essa partecipò anche un corpo di spedizione italiano, nonostante il parare contrario del Fuhrer. L’avanzata dell’Asse verso l’Ucraina e i giacimenti petroliferi del Caucaso fu impetuosa, ma nell’ottobre, l’attacco decisivo a Mosca fu bloccato. In dicembre il contrattacco sovietico allontanò i tedeschi dalla capitale. A questo punto Hitler si vide costretto a tenere il grosso del suo esercito bloccato nelle pianure russe dove imperversava l’inverno. Nel frattempo l’Urss aveva riorganizzato la produzione industriale nelle regioni a est del Volga. Gli Usa e Fronte del Pacifico -> anche se gli Stati Uniti rimasero neutri all’inizio del conflitto, essi non fecero a meno di appoggiare le potenze ostili all’Asse. Con l’approvazione della legge “affitti e prestiti” del marzo 1941, l’Amarica iniziò a rifornire di materiale bellico i paesi in guerra con l’Italia e la Germania. Il 14 agosto 1941 Churchill e Roosevelt firmarono la Carta Atlantica con la quale venivano gettate le basi del mondo post-bellico. Questo documento in otto punti si richiamava ai principi democratici dei punti wilsoniani. Dopo l’invasione dell’Indocina francese da parte del Giappone, alleata di Germania e Italia, Gran Bretagna e America imposero un blocco commerciale verso il pase del sol levante. L’impero asiatico, che dipendeva dl commercio per le materie prime, si trovò a questo punto davanti a due scelte: piegarsi alle potenze occidentali o reagire. Alla fine venne scelta la via della guerra. Il 7 dicembre 1941 l’aviazione giapponese attaccò, senza previa dichiarazione di guerra, la flotta degli Stati Uniti ancorata a Pearl Harbor nelle Hawaii. Poco dopo l’attacco, anche Germania e Italia dichiararono guerra all’America. Nei mesi successivi i giapponesi conquistarono i loro obiettivi sul Pacifico: le Filippine (strappandole agli Usa), la Birmania britannica e l’Indonesia olandese. 9.5 – IL NUOVO ORDINE Nella primavera-estate del 1942 le forze dell’Asse raggiunsero la loro massima espansione: il Sud-Est asiatico, vaste zone della Cina e molte isole del Pacifico erano in mano al Giappone, mentre in Europa l’Asse controllava un territorio di 6 milioni di chilometri quadrati. Ai lati dei blocchi c’erano Spagna, Turchia e Svezia formalmente neutrali, ma vicini, a livello politico ed economico, alla Germania. Sia Giappone che Germania volevano creare un ordine nuovo nei territori conquistati, basato sulla supremazia del popolo eletto e sulla subordinazione di tutti gli altri. Ma mentre il Giappone appoggiava strumentalmente i movimenti indipendentisti per far sollevare i paesi contro l’imperialismo europeo, la Germania non concedeva nulla a livello di autogoverno ai popoli sottomessi. Un trattamento particolare i tedeschi diedero ai popoli slavi: essi furono ridotti in uno stato di semi-schiavitù e l’Europa orientale fu trasformata in una colonia agricola del Terzo Reich. Per quanto riguarda gli ebrei, invece, la persecuzione fu spietata: dopo averli spostati nei ghetti nel 1939, vennero spediti nei lager dove venivano costretti ai lavori forzati finché il fisico resisteva e poi eliminati nelle camere a gas. All’inizio del 1942 venne avviata la “soluzione finale” affidata alle SS che prevedeva l’eliminazione fisica degli ebrei. Il sistema instaurato dal nazismo nell’Europa occupata portò alla Germania immediati vantaggi: una riserva inesauribile di forza-lavoro gratuita, un flusso continuo di materie prime, un enorme prelievo di ricchezze che permise al popolo tedesco di mantenere uno stile di vita molto più elevato di quello di altri popoli europei. Questo sistema però costrinse i tedeschi a mantenere nei territori occupati forti contingenti di truppe. Episodi di resistenza all’occupazione nazista si verificarono in diversi paesi. I protagonisti di questa resistenza erano gruppi di antifascisti, spesso legati ai governi in esilio, come la “Francia liberata” guidata da Charles De Gaulle, altri erano veri e propri movimenti popolari come quello in Grecia e in Jugoslavia. In quest’ultimo paese a prevalere fra le forze della resistenza erano i partigiani comunisti guidati da Josip Broz detto “Tito”. Oltre a queste forme di lotta attiva c’erano anche forme di lotta passiva praticata principalmente dai paesi scandinavi che nascondevano e facevano sfuggire gli ebrei. Un caso su tutti è quello della Danimarca dove, in segno di protesta alla discriminazione contro gli ebrei, il sovrano Cristiano X si fece cucire la stella di David sui vestiti. Non mancarono però i governi collaborazionisti, in particolare nei paesi dove i nazisti misero al potere i partiti di estrema destra. Il caso più importante fu quello della Francia di Vichy. 9.6 – 1942-’43: LA “GRANDE SVOLTA” Fra il 1942 e il 1943 la guerra conobbe una svolta che ne cambiò il corso:  Nel maggio-giugno del 1942 gli americani fermarono l’avanzata nipponica sul Pacifico nelle due battaglie del Mar dei Coralli e delle Isole Midway. Dopo la conquista dell’isola di Guadalcanal da parte dei marines i giapponesi si misero sulla difensiva.  L’episodio decisivo si verificò sul fronte russo dove, nel novembre del 1942, i sovietici, dopo aver respinto i tedeschi a Stalingrado, li chiusero in una sacca.  Negli stessi mesi le forze italo-tedesche che, guidate da Rommel, avevano raggiunto El-Alamein, a soli 80 chilometri da Alessandria, vennero respinti dalle forze inglesi guidate dal generale Montgomery. Contemporaneamente un contingente alleato sbarcava in Algeria e in Marocco e le truppe dell’Asse si trovarono tra due fuochi.  Dopo uno scontro tra Churchill e Stalin su dove aprire un secondo fronte in Europa, alla fine, nella conferenza di Casablanca in Marocco del gennaio 1943, prevalse il punto di vista inglese che prevedeva uno sbarco nell’Europa meridionale. Il 12 giugno 1943 ebbe inizio la campagna d’Italia, un mese dopo i primi contingenti alleati sbarcavano in Sicilia e qualche settimana dopo lo sbarco la conquistavano. La presa di Torino diede il colpo di grazia all’esiguo consenso di cui godevano il regime e Mussolini che nel marzo aveva dovuto reprimere i grandi scioperi operai a Torino. A destituire Mussolini fu il Gran Consiglio del fascismo che, nella notte tra il 24 e il 25 luglio 1943 approvò l’ordine del giorno di Dino Grandi che invitava il re ad assumere il comando supremo delle forze armate. Il pomeriggio del 25 luglio Mussolini fu convocato dal re, invitato a rassegnare le dimissioni e arrestato dai carabinieri. A capo del governo fu posto il maresciallo Pietro Badoglio. Il 10 – IL MONDO DIVISO 10.1 – LE CONSEGUENZE DELLA SECONDA GUERRA MONDIALE La seconda guerra mondiale ebbe un forte riflesso sulla politica globale, dei singoli Stati e anche sulla psicologia delle persone. La sua fine portò:  Al trionfo delle democrazie e fine dei totalitarismi.  A una nuova mappa dell’Europa, con una Germania che perde la sua unità territoriale.  Francia e Inghilterra perdono peso nello scacchiere internazionale, l’Europa perde la sua centralità e si affermano due nuove superpotenze: Stati Uniti e Urss. Entrambe sono territori immensi, ricchi di risorse naturali, con un grande esercito ed un grande apparato industriale. Entrambe hanno una vocazione globale e sono portatrici di un messaggio fortemente ideologico: o Modello americano: si basa su una democrazia pluripartitica, su un sistema economico liberale dove lo Stato ha un ruolo marginale e la concorrenza e la libertà d’impresa sono centrali. o Modello sovietico: c’è un unico partito, lo Stato ha un ruolo enorme nell’economia dove tutto è centralizzato, c’è una visione collettivista ed anti-individualistica della società che si basa sul sacrificio. Sul piano psicologico e morale la guerra rappresentò un duro colpo: la guerra causò 50 milioni di morti, i 2/3 dei quali civili. La popolazione viene colpita in diversi modi: con i bombardamenti, con le ritorsioni e via dicendo. A ciò bisogna sommare l’esperienza dei lager e l’uso della bomba atomica che oltre ad essere uno strumento di distruzione di massa è anche un’arma che potenzialmente può distruggere l’umanità. Nel secondo dopoguerra si tentò di creare nuove organizzazioni internazionali che avessero lo scopo di mantenere la pace. Esse, però, dovevano essere più funzionali della Società delle nazioni. A questo scopo nasce l’Organizzazione delle Nazioni Unite (Onu). Nell’immediato dopoguerra la Germania si trova ad affrontare il Processo di Norimberga, in cui vengono condannati e puniti i crimini del nazismo. Lo stesso succederà a Tokyo. A farsi promotore della nascita di un nuovo sistema mondiale è l’America che per i paesi occidentali diventa il nuovo faro politico, economico e culturale. 10.2 – NAZIONI UNITE Con la fine della guerra e sotto lo stimolo degli Stati Uniti nascono una serie di istituzioni internazionali con l’obiettivo di rendere il mondo più stabile sia dal punto di vista economico che politico. Una di queste istituzioni sono le Nazioni unite (Onu) nate dopo la conferenza di San Francisco dell’aprile-giugno 1945. Al centro dello statuto dell’Onu c’è la Carta atlantica. Tale statuto si basa sia sull’utopia wilsoniana, sia sull’idea di Roosevelt secondo la quale è necessaria una direzione delle grandi potenze mondiali per raggiungere la stabilità mondiale. L’Onu si dota di una serie di organismi:  Assemblea generale: si riunisce annualmente, coinvolge tutti gli Stati membri che al suo interno hanno pari dignità. Le decisioni dell’Assemblea, però, non sono vincolanti.  Consiglio di sicurezza: organo permanente che in caso di crisi può prendere decisioni vincolanti per gli Stati, oltre che adottare misure come l’intervento armato. Si compone di 5 membri stabili (Usa, Urss, Cina, Gran Bretagna e Francia) e 10 altri membri eletti a turno. I membri stabili hanno diritto di veto, il veto di un solo stato può bloccare l’azione del consiglio.  Consiglio economico: da cui dipendono l’Unesco per l’istruzione e la cultura, la Fao per l’alimentazione e l’agricoltura, ecc.  Corte internazionale di giustizia: per risolvere le controversie tra i paesi Un’altra istituzione nata con lo scopo di garantire la stabilità economica dei Paesi è il Fondo monetario internazionale (Fmi) nato nel luglio 1944 dopo gli accordi Bretton Woods. Esso ha principalmente due obiettivi:  Possedere un’ingente riserva valutaria, da cui gli Stati possono attingere in caso di necessità.  Assicurare la stabilità dei cambi della moneta. Affianco del Fmi, sempre con gli accordi di Bretton Woods, viene istituita la Banca mondiale che ha il compito di concedere prestiti a lungo termine ai paesi in difficoltà. Sul piano commerciale vennero stipulati gli Accordo generale sulle tariffe e sul commercio (Gatt) nel 1947 a Ginevra, con lo scopo di facilita gli scambi internazionali mediante l’abbassamento dei dazi. 10.3 – FINE DELLA GRABDE ALLEANZA Ancora non era finita la guerra che nacquero le prime controversie tra Usa e Urss. Un primo terreno di discussione sono le condizioni di pace: gli Stati Uniti, non toccati sul proprio suolo dalla guerra, miravano alla stabilizzazione della politica e dell’economia internazionale, senza cercare punizioni troppo severe per i vinti; l’Urss, che ha conosciuto ingenti danni durante il conflitto, chiedeva ingenti riparazioni di guerra. Nonostante l’esistenza di questi contrasti il presidente americano era convinto di poter dialogare con Stalin. Dato che l’Urss non poteva essere scalzato dall’est-europeo senza scatenare una nuova guerra, bisognava entrare in dialogo con esso. Questo grande disegno di cooperazione tra Occidente e Urss morì, però, con Roosevelt. Il nuovo presidente Harry Truman non portò avanti questo disegno, anzi, con la sua presidenza si assistette a un irrigidimento dei rapporti tra le due potenze. Nella Conferenza di Potsdam del luglio-agosto 1945 emersero chiaramente i nodi dei contrasti futuri tra i due blocchi: il futuro della Germania e le zone occupate dall’Armata Rossa, dove l’Urss si vide costretta a imporre i partiti comunisti locali. Le forzature dei sistemi democratici non lasciano indifferenti le potenze occidentali. Nella conferenza di Parigi del luglio-ottobre 1946 furono ridisegnati i confini dell’Europa dopo il conflitto: l’Urss inglobava le repubbliche baltiche, la Prussia orientale e parte della Polonia che a sua volta si spingeva ad ovest ai danni della Germania. Ma rimaneva ancora irrisolto il nodo della Germania. 10.4 – LA GUERRA FREDDA E LA DIVISIONE DELL’EUROPA Dopo la conferenza di Parigi comincia quel lungo momento di tensione che venne ribattezzato “Guerra Fredda”, ovvero una guerra non guerreggiata. Con la Guerra Fredda i partiti comunisti vennero estromessi dai governi, mentre in Grecia era scoppiata una guerra civile che finì solo nel ’49. La fine della guerra fredda viene fatta risalire al 1953 con la morte di Stalin, ma in realtà essa si protrae a lungo con un’Unione sovietica che favorisce la nascita dei regimi comunisti e un’America che li contrasta ance appoggiando dittature sanguinarie. Nell’estate del 1946 emersero due nuovi punti di frizione, l’Iran e i Dardanelli, dove Stalin rifiuta di ritirare le proprie truppe, territori che secondo gli accordi di Parigi dovevano rimanere sotto l’influenza della Gran Bretagna. Quest’ultima non riuscì ad intervenire perché incapace di far frante a nuove spese militari e ciò segnò la sua fine come potenza mondiale e l’ingresso degli Stati Uniti come superpotenza. A questo punto Truman adottò una politica intransigente nei confronti dell’Urss inviando una flotta nel Mar Egeo e intimando Stalin a Stalin di ritirarsi. Fu questo il primo atto della politica di contenimento, che consisteva nel tenere la linea per evitare l’espansione sovietica. Il contenimento era alla base della così detta dottrina Truman secondo la quale l’America doveva intervenire ogni qual volta un popolo libero fosse minacciato da forze straniere. Nel giugno 1947 gli Stati Uniti mettono a punto un vasto piano di aiuti economici soprannominato Piano Marshall dal nome del segretario di Stato americano dell’epoca. La Russia rifiutò tali aiuti in quanto temeva si trattasse di uno strumento per legare l’Europa all’influenza statunitense ed impose anche ai suoi satelliti di fare altrettanto. Tra il 1948 ed il 1952 il piano Marshall riversò in Europa 13 miliardi di dollari fra prestiti, aiuti materiali e strumenti per la ricostruzione. Il tutto permise alle economie occidentali di ripartire appianando anche le tensioni sociali. Difatti uno degli scopi di questo piano d’aiuti era quello di rinsaldare i rapporti dei diversi stati con l’America e di indebolire i partiti comunisti creando benessere. Nel settembre 1947 Stalin, sulle ceneri della Terza Internazionale, crea il Cominform, l’Ufficio di informazione dei partiti comunisti. La Germania fu divisa in quattro zone di influenza e lo stesso accadde con la sua capitale Berlino. Saltata ogni mediazione con l’Urss, Gran Bretagna, Stati Uniti e Francia decisero di unificare le loro zone di influenza e di aiutare il paese col piano Marshall. Stalin rispose con il blocco di Berlino del 1948, ovvero la chiusura di ogni via d’accesso per evitare i rifornimenti alla città. Il blocco viene eluso con un ponte aereo americano e Stalin fu costretto a togliere il blocco nel 1949. In quest’anno nasce la Repubblica federale tedesca nella parte occidentale e Repubblica democratica tedesca, in quella orientale. Le potenze occidentali firmano a Washington nell’aprile del 1949 una alleanza difensiva militare: il Patto atlantico. A seguito di questa firma nasce l’Organizzazione del trattato Nord Atlantico (Nato), un organismo militare composto dagli effettivi di tutti i paesi del Patto Atlantico. In risposta, nel 1955, l’Urss firma assieme ai suoi satelliti il Patto di Varsavia. 10.5 – L’UNIONE SOVIETICA E LE DEMOCRAZIE POPOLARI La politica repressiva staliniana continuò fino alla morte del dittatore. L’Urss impose le sanzioni ai paesi sconfitti, al contrario di quanto fece l’America che, invece, portò avanti una campagna di aiuti. Grazie alle riparazioni e ai prelievi fiscali, agricoli e di macchinari, l’Urss si riprese rapidamente.  Economia: a svilupparsi maggiormente è il settore dell’industria pesante ai danni dell’agricoltura e del settore dei beni di consumo. Ciò impose una serie di privazioni ai cittadini sovietici. L’Urss cominciò una vasta serie di riforme economiche nei paesi satelliti a partire dalla collettivizzazione del settore agricolo e dalla nazionalizzazione delle banche, del commercio, delle miniere e di importanti industrie. L’economia dell’intera Europa orientale dipendeva, però, dalle scelte di Mosca e ciò non permise ai diversi paesi di portare avanti un proprio sviluppo autonomo.  Bomba atomica: nel 1949 l’Urss fece esplodere la sua prima bomba atomica  Politica estera: i paesi dell’Europa orientale occupati dall’Armata Rossa vennero trasformati in Repubbliche popolari, ovvero in stati con un sistema politico, economico e sociale simile a quello dell’Urss, paese da cui dipendevano. per un accordo tra questi e i comunisti, ma Kai-shek si oppose. A questo punto i nazionalisti intrapresero una guerra civile contro i comunisti approfittando degli aiuti alleati. Inizialmente, Kai-shek sembra avere la meglio ma Mao, grazie all’appoggio della popolazione civile riesce a rovesciare le sorti della guerra. Nel febbraio del 1949 i comunisti entrano a Pechino costringendo Kai-shek a scappare a Taiwan. con la presa di Pechino i comunisti vincono la guerra e Mao comincia da subito a portare avanti un’opera di socializzazione: le banche vengono nazionalizzate come anche la media e grande industria, la terra viene distribuita ai contadini e nel 1950 viene stipulato un trattato di amicizia e mutua assistenza con l’Urss. Corea: in base agli accordi internazionali il paese venne diviso in due metà all’altezza del 38° parallelo. La Corea del Nord era guidata dal dittatore comunista Kim Il Sung, mentre quella del Sud da un governo amico degli americani. Nel giugno del 1950, dopo una serie di incidenti di frontiera, le forze nordcoreane, armate dai sovietici, invasero il Sud. Gli Stati Uniti reagirono mandando un loro contingente e rispendendo i nordcoreani indietro. Nell’ottobre del 1950 è il Sud a sconfinare a Nord. A questo punto a intervenire è la Cina che in qualche settimana respinge gli americani alle posizioni di partenza. Nell’aprile del 1953 si aprono le trattative con cui si ripristina la situazione precedente alla guerra di Corea. 10.9 – DALLA GUERRA FREDDA ALLA COESISTENZA PACIFICA Con la morte di Stalin nel 1953 e la fine della presidenza Truman nel 1952 comincia una nuova fase per quanto riguarda i rapporti tra le due superpotenze. Nel primo periodo il comportamento dei due stati non cambia: la direzione collegiale post-staliniana ed Eisenhower continuano a fronteggiarsi. Nell’Unione Sovietica non si allenta il controllo sui paesi satelliti come dimostra la repressione nel sangue di una rivolta operai a Berlino Est nel 1953. Ma nel 1955, dopo l’esplosione della bomba H sovietica che mette in mostra come a livello tecnologico le due potenze siano alla pari (quella americana era stata testata solo un anno prima), si hanno la fine del maccartismo e segnali di distensione: in marzo l’Urss ritira le sue truppe dall’Austria e col trattato di Vienna l’occidente garantisce la neutralità del Paese, con la conferenza di Ginevra Eisenhower afferma di non voler modificare lo status quo esistente, mentre la crisi del canale di Suez dell’estate vede Usa e Urss affianco contro l’imperialismo franco-inglese. 10.10 – DESTALINIZZAZIONE E CRISI UNGHERESE Kruscev: con il nuovo leader comincia una inversione di tendenza. Il nuovo capo di stato comunista scioglie il Cominform e nel 1956 inizia un’opera di destalinizzazione mettendo fine alle purghe e denunciando i crimini del sue predecessore. In un rapporto presentato al XX congresso del Pcus, Kruscev rievoca e denuncia le purghe staliniane, i processi farsa, le deportazioni e gli arresti in massa. Il rapporto di Kruscev doveva rimanere segreto ma in poco tempo si diffuse sia anche in occidente, generando non pochi problemi all’interno della sinistra europea, sia ad oriente. Il rapporto di Kruscev fece nascere l’illusione che l’egemonia sovietica nei satelliti avesse assunto un carattere più blando. Ciò portò a proteste e agitazioni in Polonia e Ungheria. Polonia: gli operai, con l’appoggio della chiesa cattolica, danno vita a una serie di agitazioni che culminano nel 1956 con lo sciopero di Poznan stroncato dall’intervento delle truppe sovietiche. Ma le proteste non si fermano e nell’ottobre del 1956 (l’“ottobre polacco”) scoppiano dei moti di protesta dove istanze democratiche si mescolano al risentimento antisovietico. L’Urss decide di non intervenire con la forza, ma cambiando i vertici del partito comunista polacco. Alla guida del partito e del paese viene posto Wladyslao Gomulka che porta avanti una politica di blande liberalizzazioni, ma senza mettere in discussione la fedeltà verso l’Urss. Ungheria: qui i movimenti di protesta danno vita, nell’ottobre, a una vera e propria insurrezione con gli operai che prendono il controllo delle fabbriche dove si riuniscono in consigli. A capo del governo fu allora chiamato l’esponente dell’ala liberale Imre Nagy e alla fine del mese l’Armata Rossa si ritira dal paese. A questo punto però, le larghe libertà concesse aprono gli spazi alle forze antisovietiche facendo perdere il controllo della situazione ai comunisti. Quando Nagy annunciò l’uscita dell’Ungheria dal Patto di Varsavia, l’Armata Rossa riprende in mano la situazione. Nagy pochi mesi dopo viene fucilato. Davanti a ciò l’occidente inorridisce e ciò crea non poche crisi di coscienza fra i comunisti di tutto il mondo. 10.11 – L’EUROPA OCCIDENTALE E IL MERCATO COMUNE Gran Bretagna: al governo dal 1951 al 1964 ci sono i conservatori. Essi non modificano il Welfare creato dai laburisti ma non riescono a fermare il declino dell’economia. Germania: veloce è invece la ripresa economica della Germania federale dove viene applicata con ottimi successi un’economia di mercato. Il marco diventa la moneta europea più forte, la produzione aumenta costantemente e la disoccupazione viene assorbita. I fattori che permettono il miracolo sono diversi: disponibilità di numerosa manodopera fornita dai profughi della Germania orientale, la moderazione dei sindacati e la stabilità politica legata alla nuova costituzione che penalizzava i piccoli partiti favorendo i più grandi, ovvero l’Unione cristiano-democratico e l’Spd, evitando così l’insorgere di crisi parlamentari. L’Unione è alla guida del governo fino al 63 con l’appoggio dei liberali, mentre i socialisti, che ormai hanno abbandonato la teoria marxista svolge il proprio ruolo all’opposizione. Integrazione europea: la nuova Europa, retta da regimi parlamentari e basata sugli ideali di pace, cooperazione e reciproco aiuto, favoriscono un processo di integrazione ben visito dagli Stati Uniti. Il cammino verso l’unione è lungo, difficile e non ancora ultimato. Il primo passo è la nascita della Comunità europea del carbone e dell’acciaio (Ceca) nata nel 1951 gli stati membri sono: Francia, Germania Ovest, Italia, Belgio e Lussemburgo. L’obiettivo della Ceca è quello di coordinare la produzione e i prezzi dei settori-chiave della grande industria dei paesi europei. La prima battuta di arresto nel processo di unificazione si ha con la bocciatura della Comunità europea di difesa (Ced), ovvero di un’organizzazione militare integrata, bocciata nel ’54 dalla Francia. Un altro passo in avanti fu la Comunità economica europea (Cee) nata col trattato di Roma del marzo 1957 i cui stati membri erano gli stessi della Ceca, più l’Olanda. Obbiettivo primario della Cee è la creazione di un Mercato comune europeo (Mec) mediante l’abbassamento dei dazi, la libera circolazione di forza-lavoro e capitali e il coordinamento delle politiche industriali e agricole. Gli organi della Cee erano:  Commissione: organo tecnico che propone piani di intervento.  Corte di giustizia: per risolvere le controversie fra Stati.  Consiglio dei ministri: formato da delegati dei vari paesi cui spettano le decisioni finali.  Parlamento europeo: prima con delegati nazionali poi eletto dai cittadini, con funzioni consultive. 10.12 – FRANCIA DALLA QUARTA REPUBBLICA AL REGIME GAULLISTA All’instabilità politica che caratterizza la Francia della terza Repubblica si sommano i problemi legati alle colonie. Problema dell’Algeria: alla formazione di un movimento indipendentista nella colonia il governo, forte dell’appoggio dell’opinione pubblica, rispose con una dura repressione. Nel 1958 quando si comincia a far strada l’ipotesi di una trattativa con i ribelli, i francesi algerini appoggiati dai militari minacciano in colpo di Stato. Nel pieno della crisi il presidente della repubblica chiama De Gaulle per formare un nuovo governo di coalizione. Il 2 giugno l’assemblea nazionale decide di dare poteri straordinari a De Gaulle per avviare un processo di revisione costituzionale. Costituzione della Quinta repubblica: la nuova costituzione, con cui nasceva la quinta Repubblica, mantiene intatta le strutture democratico rappresentative rafforza l’esecutivo. Il Capo dello Stato ora ha il potere di nominare il capo del governo, di sciogliere le camere e di sottoporre a referendum le questioni che ritiene importanti. La costituzione viene sottoposta a referendum e passa con l’80% dei consensi. Il parlamento elegge De Gaulle nuovo presidente della Repubblica che completa la riforma costituzionale introducendo l’elezione da parte del popolo del presidente stesso. Governo De Gaulle: De Gaulle si rende subito conto dell’impossibile di schiacciare il movimento indipendentista in Algeria come promesso. Si aprono così le trattative con i ribelli che si concludono nel 1962 con gli accordi di Evian. I francesi si rassegnano alla perdita della colonia. Nel frattempo il presidente intraprende una politica estera che punta a svincolare la Francia dall’America e a proporla come guida di una futura Europa libra dai due blocchi. Questa politica portò la Francia a dotarsi della bomba atomica, a ritirarsi dalla Nato, a criticare la supremazia del dollaro riproponendo il sistema della convertibilità in oro. Infine si oppone al progetto d’integrazione politica della Cee poiché contraria alle intenzioni egemoni della Francia. 11 – LA DECOLONIZZAZIONE E IL TERZO MONDO 11.1 – CARATTERI GENERALI Decolonizzazione: è un fenomeno già iniziato dopo la grande guerra e che subisce una decisiva accelerazione dopo il secondo conflitto mondiale. A guerra finita i gruppi indipendentisti, durante la guerra appoggiati dai diversi stati contro i loro colonizzatori, rimasero attivi. Un fattore che influì su questo processo è anche l’atteggiamento delle due superpotenze che appoggiano i movimenti indipendentisti sia per porre fine al vecchio ordine mondiale sia per fare entrare questi paesi nella propria orbita. A ciò si aggiunge il principio di autodeterminazione dei popoli, proprio dell’Onu. Le due principali potenze coloniali europee, Gran Bretagna e Francia, si approcciarono in modo diverso al processo di decolonizzazione: mentre la prima abdicò gradualmente al proprio ruolo favorendo la nascita di stati autonomi che potessero entrare nel Commonwealth, la Francia tentò fino all’ultimo di applicare la propria politica di “assimilazione” , trovandosi poi costretta a concedere l’indipendenza. Il processo di decolonizzazione fu diverso da paese a paese: fu ad esempio incruento in India e violento in Algeria. In ogni caso continua, anche dopo aver raggiunto l’indipendenza, la forte dipendenza con il dominatore europeo. I sistemi parlamentari tipici dell’occidenti si affermarono solo in pochi casi nelle ex-colonie, più spesso si affermarono regimi dittatoriali. Le motivazioni sono diverse:  Il fatto che l’Europa nelle colonie ha mostrato nelle solo il suo lato dispotico.  La difficoltà nell’avviare un progetto di sviluppo.  Il carattere delle dirigenze locali, formate élite esigue. 11.2 – L’EMANCIPAZIONE DELL’ASIA Il continente asiatico è il primo ad avviare movimenti di decolonizzazione soprattutto grazie al carattere avanzato dell’organizzazione politica e della struttura sociale che non furono soppiantate dal dominio l’indipendenza. Spesso il processo fu pacifico e pilotato dalle potenze europee che mantennero con gli stati importanti legami economici, ma non sempre fu così:  Kenya: prima di raggiungere l’indipendenza nel 1963 il paese è sconvolto dall’azione terroristica della setta dei Mau-Mau e di una altrettanto spietata repressione inglese.  Rhodesia del Sud (attuale Zimbabwe): qui la minoranza bianca ruppe con la Gran Bretagna e creò uno stato segregazionista. Solo nel 1980 fu restituito agli indigeni.  Unione sudafricana: rimane l’ultima roccaforte del potere coloniale. Qui 5 milioni di bianchi mantengono il dominio di 20 milioni di neri e tra gli anni ’50 e ’60 viene inasprito il regime di apartheid, che prevede la discriminazione a casa, sul lavoro e nei luoghi pubblici dei neri. Una soluzione pacifica al contrasto è difficile poiché qui sono presenti materie prime importanti e la comunità nera è segnata da divisioni tribali e politiche.  Congo: il Belgio lascia il Congo in una povertà assoluta e quando, nel 1960, accorda la sua indipendenza il paese non è preparato né politicamente né istituzionalmente per la svolta. Ne scaturisce una violenta guerra civile che fu faticosamente fermata dall’intervento delle Nazioni Unite. Problemi dell’Africa: questi conflitti misero in evidenza la fragilità degli stati e delle istituzioni africane. I principali problemi dei paesi dell’Arica nera sono:  Confini: alla fine i nazionalisti si trovano disposti ad accettare i confini imposti dagli europei trovandosi a governare paesi divisi al suo interno dal punto di vista etnico, religioso, linguistico e culturale.  Debolezza economica: si tratta di paesi estremamente poveri che dopo l’indipendenza sono costretti a chiedere aiuti alle stesse potenze coloniali. Quello che si viene a creare è una forma di dipendenza tra questi stati con le ex madrepatrie, una dipendenza che diventa neocolonialismo.  Via socialista: alcuni paesi come il Benin, l’Angola e il Mozambico rompono con l’occidente e sviluppano un mercato interno pilotato dallo Stato. L’adozione di un sistema socialista, però, non risolve i problemi di povertà, segregazione sociale ed emarginazione dal mercato mondiale. 11.7 – IL TERZO MONDO Non allineamento: in un mondo sempre più diviso tra Est ed Ovest i paesi di recente indipendenza come si sono affrancati dal potere coloniale, allo stesso modo decidono di non schierarsi con uno dei due blocchi. Nasce così il Terzo Mondo. A dare maggiore impulso al “non allineamento” ai due blocchi sono: l’india, l’Egitto e la Jugoslavia. Conferenza di Bandung: nel 1955 si tiene in Indonesia questa conferenza che sancisce ufficialmente la nascita del terzomondismo, ovvero quella tendenza a trovare nei paesi di nuova indipendenza una nuova via rispetto al mondi bipolare. Alla conferenza parteciperanno 29 stati e in essa si stabiliranno diversi principi: l’uguaglianza tra le nazioni, il sostegno ai movimenti in lotta contro il colonialismo e il ifiuto di alleanze con le superpotenze. Divisioni interne: il movimento però non è compatto. Gli stati che nel 1973 si riuniscono alla conferenza di Algeri sono 75 ma tra di loro ci sono potenze filo-occidentali ed altre filo-orientali. Il conflitto tra Est ed Ovest influenzò fortemente il movimento e non mancarono tentativi di spostare l’asse del non allineamento in senso filosovietico. Povertà e sottosviluppo: in ogni caso i paesi del Terzo Mondo sono assai arretrati sia a livello agricolo che a livello industriale. Ad aggravare la loro situazione economica è la marginalità che molti di essi hanno nei mondi del commercio internazionale. Molti dei paesi non allineati, oltre al sottosviluppo, si trovano ad affrontare problemi come il sovrappopolamento, la povertà, il sorgere delle bidonville ai margini delle città e via dicendo. 10.8 – DIPENDENZA ECONOMICA E ISTABILITA’ POLITICA IN AMERICA LATINA In Sud America l’indipendenza politica era stata raggiunta da tempo, ma l’indipendenza economica era ancora lontana a causa di una forte influenza nell’area degli Stati Uniti. Nel caso del Messico, ad esempio, gli aiuti americani concorsero alla crescita del paese, mentre nell’America centrale, in campo agricolo, forte era l’influenza delle corporation nordamericane appoggiate dall’aristocrazia terriera Organizzazione degli Stati americani: nel 1948 nasce questa organizzazione che ha l’obiettivo di facilitare la cooperazione economica e politica dei paesi di quest’area. Dietro a questo progetto ci sono sempre gli Stati Uniti che volevano evitare la diffusione del comunismo nel sud del continente. Economia durante la guerra: durante la seconda guerra mondiale i paesi de Sudamerica sono favoriti economicamente dall’aumento dei prezzi delle materie prime, dei prodotti agricoli e dagli spazi lasciati liberi dalle potenze occidentali in campo commerciale. Questo periodo positivo per l’economia Sudamericana permise ai diversi paesi di sviluppare l’industria. Questa è una crescita limitata ma che comunque favorisce sia la nascita del proletariato urbano, sia lo sviluppo di una classe media di sentimenti nazionalisti e avversa ai vecchi poteri oligarchici. Argentina: nel 1946 nel paese viene instaurato il regime di stampo populista-autoritario dal colonnello Juan Domingo Peron. A livello di politica interna il regime incentiva lo sviluppo dell’industria, favorisce l’aumento dei salari, porta avanti una lotta contro i monopoli e la statalizzazione dei servizi pubblici. Il riformismo di Peron fece breccia sia fra i ceti medi sia nella classe popolare anche se il suo governo era di stampo autoritario, dove le opposizioni erano represse e la stampa controllata. Peron mantenne stabile il suo potere fino a quando la congiura economica era favorevole. Negli anni ’50 la crisi economica porta alla caduta del colonnello (1955). Nel 1966 il profilarsi della vittoria elettorale dei peronisti portò a un colpo di stato militare. Brasile: nel 1945 i militari rovesciano il governo populista di Vargas che ritorna al potere già nel 1950. Il suo governo viene però travolto dalle difficoltà economiche e nuovamente rovesciato nel 1954. In seguito alla sua caduta Vargas si suicieda. Comincia per il Brasile un periodo di instabilità che arriva fino al 1964, quando un nuovo colpo di stato, questa volta appoggiato dagli americani, porta al potere i militari che applicano una dura repressione. Bolivia e Perù: in entrambi i paesi i governi legittimamente eletti vengono rovesciati da colpi di stato militari: nel ’64 venne rovesciato il governo laburista in Bolivia, mentre nel ’68 fu la volta del Perù. Cuba: il regime di Batista viene rovesciato dal movimento rivoluzionario di Fidel Castro nel 1959. All’inizio il governo rivoluzionario si mantenne su posizioni democratiche e riformiste ma in breve tempo la situazione cambiò. Castro colpisce il monopolio della United Fruit che controllava la produzione della canna da zucchero sull’isola. Gli Stati Uniti, a questo punto, assumono un atteggiamento ostile boicottando economicamente il paese e Castro di contro si avvicina all’Urss che non esita a garantire il proprio aiuto. Castro in pochi anni crea uno stato socialista statalizzando l’economia e creando un regime politico a partito unico. Secondo le idee dei rivoluzionari quello di Cuba doveva essere l’inizio di un processo che avrebbe coinvolto tutto il Sudamerica. A diffondere gli ideali rivoluzionari e ad accendere fuochi di guerriglia in tutto il sud del continente sarà Ernesto Guevara de la Serna detto il “Che” che verrà catturato e ucciso in Bolivia nel 1967. CAPITOLO 12. L’ITALIA DOPO IL FASCISMO 12.1 – UN PAESE SCONFITTO Dopo la guerra l’Italia si trova a fare i conti sia con una economia in condizioni gravissime. Anche se gli stabilimenti industriali si erano in buona parte salvati, la produzione, e in particolare quella agricola, era calata drasticamente. Ciò ha un riflesso sugli approvvigionamenti alimentari. L’inflazione sembra inarrestabile, il sistema dei trasporti e le vie di comunicazione(strade, autostrade, ferrovie) sono a pezzi e danni ingenti sono stati causati anche all’edilizia abitativa. Anche l’indice di disoccupazione è molto alto. Ciò provoca non pochi disagi sociali:  Italia settentrionale: le lotte sociali prendono nuovo slancio dopo la guerra. I leader della sinistra faticano a contenerle. Inoltre, alcuni ex-partigiani poco inclini ad abbandonare le armi si rendono protagonisti di fenomeni di violenza sommaria contro i fascisti.  Italia centro-settentrionale: come nel primo dopoguerra vengono occupati latifondi e terre incolte.  Italia meridionale: la malavita fa affari con la borsa nera e il commercio clandestino. Il fenomeno mafioso dopo lo sbarco degli Alleati ha ricevuto nuovo impulso proprio grazie agli aiuti americani che utilizzavano i capimafia per entrare in contatto con la popolazione. Durante l’avanzata degli Alleati si forma anche un movimento indipendentista siciliano fortemente influenzato dalla mafia. Queste formazioni armate vengono disperse dal governo postbellico ma alcuni uomini, come Salvatore Giuliano, danno vita a episodi di banditismo. Divisione tra nord e sud: il paese appariva diviso in due. Al Sud l’Italia aveva mantenuto i vecchi equilibri sociali sotto il controllo degli Alleati, mentre al Nord la popolazione aveva vissuto l’occupazione tedesca e la guerra civile. Proprio dal nord parte un fenomeni di rinnovamento in campo politico e sociale (detto “il vento del nord”) che però si scontra con la resistenza di una società appena uscita da vent’anni di fascismo e col nuovo contesto internazionale. 12.2 – LE FORZE IN CAMPO Le forze politiche che si candidavano alla guida del paese erano le stesse, tranne qualche caso, che combattevano il regime:  Partito socialista: guidato da Pietro Nenni. Il partito era diviso tra l’ala rivoluzionaria e quella riformista.  Partito comunista: si presenta come la forza che ha contribuito maggiormente alla lotta contro il fascismo. Il “partito nuovo” che il leader Palmiro Togliatti vuole creare è un partito di massa che dialoga non solo con gli operai e che, nonostante la vicinanza all’Urss, si inserisce in un sistema democratico e parlamentare.  Democrazia cristiana: è l’unico partito moderato in grado di competere con comunisti e socialisti. La Dc di Alcide De Gasperi si richiama al Partito Popolare di Sturzo e gode di un maggiore appoggio da parte della Chiesa. Il suo elettorato è rappresentato dai contadini e dalla piccola borghesia.  Partito Liberale: raccoglie una serie di personalità illustri dell’epoca prefascista come Benedetto Croce ed Luigi Einaudi e gode dell’appoggio della grande industria e dei proprietari terrieri. lunga disputa sul fronte con la Jugoslavia. Tito ha occupato l’Istria e rivendica il possesso di Trieste. Nella primavera-estate del 1945 molti italiani a Triste, a Gorizia e nell’Istria vengono deportati ed uccisi da Tito con l’accusa di complicità col fascismo. Molti vengono gettati nelle foibe. A seguito di queste violenze molti italiani lasciano la Venezia Giulia e la Dalmazia. Nel 1946 si trova una sistemazione provvisoria: l’Istria viene lasciata alla Jugoslavia, mentre la striscia comprendente Trieste e Capodistria diventa Territorio libero diviso in zona A (Trieste e dintorni), in mano agli alleati, e zona B, in mano alla Jugoslavia. Nel 1954 si sancì il controllo italiano della zona A e quello Jugoslavo della zona B. un’altra questione fu quella dell’Alto Adige che, in seguito agli accordi De Gasperi-Gruber del 1946 rimase in Italia anche se con ampie autonomie. Dopo una dura lotta De Gasperi riuscì a far votare al parlamento l’adesione dell’Italia al Patto atlantico. La proposta non aveva solo suscitato l’opposizione dei comunisti e dei socialisti, ma anche la perplessità del centro-sinistra e del mondi cattolico. 12.9 – GLI ANNI DEL CENTRISMO Nonostante la maggioranza alla camera, la Dc, punta sull’alleanza dei partiti minori come il Pli, il Pri e i socialdemocratici. Il periodo che va dal ’48 al ’53 e che vede l’alleanza tra questi partiti e la supremazia della Dc viene ricordato come il periodo del “centrismo”. Diverse furono le riforme portate avanti in questi anni:  Riforma agraria: dopo un lungo periodo di lotte con la riforma agraria vengono espropriate alcune grandi proprietà e frazionate. Gli obiettivi di questa riforma erano dare un duro colpo al potere della grande proprietà, rimuovere la causa dello scontento sociale e delle proteste e rafforzare la piccola impresa agricola.  Cassa del Mezzogiorno: nel 1950 nasce questo ente pubblico che ha lo scopo sia di incentivare con denaro statale la creazione di infrastrutture (strade, centrali elettriche, acquedotti) nel Sud Italia sia di stimolare lo sviluppo economico del meridione con sgravi fiscali e vantaggi economici per chi investe nel Mezzogiorno  Legge Fanfani: sul finanziamento dell’edilizia popolare.  Legge elettorale: proposta in seguito alle proteste guidate dalla sinistra per le politiche di austerità portate avanti dal governo e per contrastare l’avanzata delle destre, venne definita “legge truffa”. Essa da’ alla coalizione che arriva alla metà più uno dei voti un premio di maggioranza che le assegna il 65% dei seggi della Camera. La legge fu approvata dopo una dura lotta, ma alle elezioni del 1953 la Dc e i partiti affiliati mancano l’obiettivo prendendo il 48%. 12.10 – ALLA RICERCA DI NUOVI EQUILIBRI Fallito il tentativo di stabilizzare la coalizione centrista nacque la necessità di ricercare un nuovo equilibrio. Nel frattempo la ripresa economica si consolidava e si rafforzava grazie alla liberalizzazione degli scambi con l’estero e ai legami con l’Europa. Nuovo gruppo dirigente nella Dc: le elezioni del ’53 fecero salire alla ribalta un nuovo gruppo dirigente all’interno della Dc, composto da personalità formatesi nell’Azione cattolica degli anni ’20 e ’30. Contemporaneamente si comincia a guardare sempre più ad un’apertura alla sinistra. Nel 1953 Amintore Fanfani diventa il nuovo segretario del partito e cerca di sganciarsi da Confindustria per avvicinarsi all’emergente industria di Stato rappresentata al meglio da Enrico Mattei, amministratore dell’ Ente nazionale idrocarburi (Eni). Anche se nei primi anni della segreteria Fanfani la Dc mantiene la linea centrista mantenendo una coalizione quadripartita (Dc, Pli, Pri, Psdi), dopo l’elezione di Giovanni Gronchi, democristiano di sinistra, si comincia a guardare ai cambiamenti in atto nella sinistra. Svolta del Psi: tar il ’54 e il ’55 il Psi avvia una revisione della propria politica, allenta i legami col Pci e cerca di aprire un dialogo coi cattolici. Il processo si accelera dopo la denuncia dei crimini di Stalin e l’invasione sovietica dell’Ungheria. Fu lo stesso Nenni a guidare la svolta autonomista che consisteva nel mantenere l’obiettivo di cambiare radicalmente la società, ma prevedeva la collaborazione con le forze moderate per una politica di riforme. Così facendo si aprì la premessa di un’apertura a sinistra. 13 – LA SOCIETA’ DEL BENESSERE 13.1 – BOOM ECONOMICO Tra gli anni ’50 e ’60 l’economia dei paesi occidentali conosce uno sviluppo senza precedenti. È l’età d’oro del capitalismo industriale dove la crescita è elevata, costante e duratura. Giappone ed Europa occidentale, trascinati dalla locomotiva rappresentata dagli Stati Uniti, conoscono una crescita che a volte supera addirittura quella americana.  Industria: cresce soprattutto quella legata alla produzione di beni durevoli (come automobili ed elettrodomestici) e quella tecnologicamente avanzata.  Agricoltura: conosce ritmi di crescita minore ma si assiste ad una estesa modernizzazione che fa si che la produzione aumenti mentre diminuiscono gli impiegati in questo settore.  Settore terziario: cominciano ad aumentare gli occupati in questo settore, in particolare nei paesi più avanzati negli anni ’70 gli addetti al terziario superano quelli del secondario.  Aumento demografico: in questo periodo cresce di molto la popolazione il che si traduce in un aumento di richieste di abitazioni e di beni di consumo, oltre che a un aumento della manodopera giovanile e più qualificata (grazie ai progressi dell’istruzione).  Rinnovamento tecnologico: il rinnovamento tecnologico si affianca a una razionalizzazione e concentrazione aziendale che porta alla nascita delle prime multinazionali.  Espansione del commercio mondiale: con la liberalizzazione degli scambi internazionali aumenta di 5 volte il volume complessivo del commercio mondiale. Ciò è permesso anche dalla maggior efficienza dei trasporti e dalla stabilità della moneta. 13.2 – LE NUOVE FRONTIERE DELLA SCIENZA Il rapporto tra produzione e scienza si riduce e i governanti cominciano a destinare quote crescenti di spesa pubblica alla ricerca. Molti sono i settori che conoscono un certo progresso:  Chimica: il settore delle fibre sintetiche fa un grande balzo in avanti con la diffusione delle prime materie plastiche. Inoltre molti medicinali prima preclusi alla maggior parte della popolazione ora diventano di larga disponibilità grazie ai progressi della chimica. È il caso degli antibiotici, delle vitamine e degli ormoni come l’insulina e il cortisone.  Chirurgia: grazie all’impiego di nuove apparecchiature e nuovi anestetici è possibile realizzare operazioni più lunghe e complesse. Negli anni ’60 cominciano i primi trapianti di organi.  Trasporti: c’è il boom della motorizzazione privata con l’acquisto massiccio anche in Europa di autovetture. Si affina sempre di più anche il trasporto aereo civile con aerei più veloci e capienti. Il tutto a discapito dei treni e soprattutto del trasporto via mare.  Conquista dello spazio: nel 1957 l’Urss lancia il primo satellite artificiale sullo spazio, lo Sputnik; gli Stati Uniti rispondono nel 1958 con Explorer. L’Urss nel 1961 invia il primo uomo nello spazio, Yuri Gagarin. Il 21 luglio 1969 gli States arrivano sulla Luna.  Applicazioni militari: lo sviluppo della tecnologia viene applicata anche al reparto militare. Ecco allora l’affinamento degli arsenali missilistici e l’utilizzo di satelliti con funzione di spia.  Fisica nucleare: grazie alla fisica nucleare si può generare energia con le centrali, ma esse ha anche applicazioni militari con al creazione della bomba atomica. 13.3 – I MASS MEDIA I mezzi di comunicazione di massa hanno condizionato fortemente la vita dei paesi industrializzati e non solo. La rivoluzione in questo campo era già iniziata con la radio ed il cinema sonoro. Ancora fino agli anni ’60 la radio è il mezzo di comunicazione di massa più diffuso nel mondo, ma cominciano a svilupparsene anche altri:  Televisione: a partire dagli anni ’50 le trasmissioni televisive cominciano ad essere regolari sia negli Stati Uniti che in Europa. In pochi anni il nuovo mezzo ha un impatto straordinario e l’uso dei satelliti permette di far viaggiare le immagini da un capo all’altro del mondo. Con la televisione cambiano le abitudini famigliari e nasce una nuova cultura di massa, ovunque s’impongono, grazie alla pubblicità, nuovi modelli, nuovi bisogni, nuovi consumi e nuovi linguaggi. In paesi come l’Italia la televisione sarà un ottimo mezzo per velocizzare il processo di alfabetizzazione.  Musica leggera: gli anni ’50 sono quelli del boom della musica leggera. Il boom commerciale di questo genere è legato alla diffusione della musica americana al perfezionamento degli strumenti e degli strumenti per riprodurre il suono. Grazie alla musica comincia a nascere un nuovo linguaggio giovanile, alimentato proprio da canzoni e gruppi che in poco tempo raggiungono una notorietà globale e si impongono nuovi valori, diversi da quelli tipicamente borghesi. 13.4 – L’ESPANSIONE DEMOGRAFICA A partire dagli anni ’50 la popolazione mondiale crebbe di un tasso medio annuo dell’1,8%. Tra il 1950 e il 1970 la popolazione mondiale aumentò del 50%. La principale causa di questa crescita sono gli avanzamenti fatti in campo medico. Nei paesi del Terzo Mondo il regime demografico caratterizzato dall’alta natalità e dall’alta mortalità si modificò solo per la mortalità che cominciò a calare, mentre nei paesi industrializzati il boom durò solo fino alla metà degli anni ’50 (difatti fu definito “baby boom”). La limitazione delle nascite fu favorita dalla diffusione delle pratiche contraccettive. 13.5 – LA CIVILTA’ DEI CONSUMI Società del benessere (o dei consumi): l’espansione dei consumi privati negli anni del boom caratterizza quella che viene definita società del benessere o dei consumi. Cresce la spesa per i vestiti e per i beni duraturi e in generale per i beni non essenziali. Questo “boom” dei consumi superflui fu favorito anche dalla moltiplicazione dei messaggi pubblicitari. I modelli di consumo subiscono u processo di standardizzazione: si attenuano le differenze tra paese e paese e si avvia un processo di americanizzazione. assiste anche ad una Consumismo: la società dei consumi ha tratti specifici: la rapida obsolescenza dei prodotti, la frequente sostituzione dei beni, il forte condizionamento della pubblicità, la tendenza allo spreco, ecc. Grande balzo in avanti: la dirigenza comunista, allora, porta avanti nel ’58 una nuova strategia, definita “grande balzo in avanti”. Il piano prevede l’unione forzata delle cooperative agricole in unità autosufficienti più grandi, le comuni popolari. L’esperimento fu un fallimento. Rottura con l’Urss: fu proprio questo fallimento a portare a compimento la rottura tra Cina e Urss che ritirò i suoi tecnici dal paese. Nel ’69 le tensioni sfociano in scontri armati ai confini tra la Siberia e la Manciuria. sia nei mezzi che nella produzione. Rivoluzione culturale: il fallimento del grande balzo in avanti si fa sentire anche all’interno del partito dove l’ala moderata cominciano ad avere un peso sempre maggiore. Mao, che non disponeva di mezzi per mettere in atto una epurazione, mette in atto una mobilitazione giovanile tra il ’66 e il ’68 che viene ricordata col nome di “rivoluzione culturale”. Nelle scuole, nei partiti locali, nei posti di lavoro, le gruppi di giovani guardie rosse mettevano sotto accusa professori, dirigenti di partito, intellettuali e artisti che venivano internati nei “campi di rieducazione” e sottoposti a torture fisiche e psicologiche. Ciò permise a Mao di epurare il partito dagli elementi scomodi. Alla fine fu lo stesso Mao a mettere un freno al movimento e ad allontanare le guardie rosse. In questa fase fu entrale il ruolo di Chou En-lai che, negli anni ’70, ruppe l’isolamento cinese introducendo una nuova linea che prevedeva l’apertura verso gli Stati Uniti. 1.4 – GUERRA IN VIETNAM Dopo gli accordi di Ginevra del 1954 il Vietnam è diviso in Nord, retto dai comunismi di guidati da Ho Chi- Minh, e Sud, dove c’è un governo semidittatoriale appoggiato dagli americani. Truppe statunitensi erano già state inviate da Kennedy nel Vietnam del Sud per contrastare la diffusione del comunismo. Nel ’64, in risposta a un attacco a due navi statunitensi nel golfo di Tonchino, gli States bombardano il Nord. Dal ’65 i bombardamenti divennero sistematici. L’esercito americano nel sud era impegnato contro i vietcong che attuavano la tecnica della guerriglia. La superiorità tecnica e militare può ben poco contro questo tipo di lotta e l’esercito statunitense entra da subito in crisi. Intanto, l’opinione pubblica americana ed occidentale si mobilita contro quella che viene vista come una guerra sbagliata. Durante il capodanno buddista, all’inizio del 1968, i Vietcong scagliano un’offensiva (“offensiva del Tet”)che pur non ottenendo grandi risultati militari fa capire agli americani che la guerra è ormai persa. Nixon riduce così l’impegno americano nella zona. L’armistizio viene firmato nel 1973 a Parigi e nel 1975 i Vietcong e le truppe del Nord entrano a Saigon. Intanto anche la Cambogia e il Laos trionfano i guerriglieri comunisti. 14.5 – BREZNEV E LA PRIMAVERA DI PRAGA Breznev: dopo l’allontanamento di Kruscev prende il controllo una direzione collegiale da dove emerger il nuovo segretario del partito Leonid Breznev. Il nuovo corso cambia la line a portata avanti da Kruscev: con Breznev viene accentuata la repressione, in economia viene varata una riforma che dava più libertà alle imprese e viene ripresa la politica di riarmo. Romania: con Nicolae Ceausescu il paese conosce una certa autonomia sia politica che economica, il paese rimane, però, fedele all’Urss e il dittatore da vita a un duro regime repressivo. Primavera di Praga: nel maggio del 1968 il segretario del partito viene rimosso e sostituito da Aleksander Dubcek, esponente dell’area innovatrice del partito. Intellettuali, studenti, operai ed opinione pubblica appoggiano il rinnovamento che il neosegretario vuole portare avanti. Il suo programma prevede il mantenimento di un sistema socialista e vicino l’Urss, ma anche un certo pluralismo economico, politico e maggior libertà di stampa. Il socialismo dal volto umano proposto da Dubcek fu visto come un pericolo e, il 21 agosto 1968, l’Armata Rossa entra a Praga. Dubcek viene arrestato e viene imposto un governo filosovietico. Gli esponenti del partito ceco attuarono, allora, una forma di resistenza passiva che costrinse i sovietici a ridare a Dubcek e agli altri dirigenti che avevano avviato la Primavera di Praga il loro posto. Nonostante ciò il partito è posto sotto lo stretto controllo dei sovietici che, pian piano, isolano l’ala liberale. Nel ’69 Dubcek perde ogni incarico e comincia l’opera di “normalizzazione”. Questa volta le critiche da parte degli intellettuali, dell’opinione pubblica e dei partiti comunisti occidentali, in particolare quello italiano, furono dure. 14.6 – L’EUROPA NEGLI ANNI DEL BENESSERE Francia: i gaullisti mantengono il potere anche dopo l’uscita di scena di De Gaulle che si era dimesso quando un referendum aveva bocciato il suo progetto di riforma amministrativa. Germania: il monopolio dei cristiano-democratici si interrompe nel 1966 quando, non riuscendo a trovare un accordo coi liberali, sono costretti a creare una “grande coalizione” coi socialisti. Nel ‘69 sono i socialisti ad allearsi con i liberali estromettendo dal nuovo governo i cristiano-democratici. Con questo governo venne portata avanti una politica volta ad aprire un dialogo con i paesi dell’Est che si concretizza nell’instaurazione di rapporti diplomatici. Gran Bretagna: il governo laburista insediatosi nel 1964 deve affrontare un periodo economicamente sfavorevole e le proteste nell’Ulster dove la minoranza cattolica rivendica l’unità irlandese. La situazione economica obbliga il governo ad attuare politiche d’austerità impopolari, mentre nell’Irlanda del Nord la minoranza cattolica da vita ad atti di terrorismo e guerriglia urbana. Nel ’67 anche la Gran Bretagna, sotto la pressione degli ambienti imprenditoriali, inizierà la negoziazione per entrare nella Cee. 14.7 – MEDIO ORIENTE E GUERRE ARABO-ISRAELIANE Il Medio Oriente continua ad essere un focolaio di tensioni sia a causa della questione israeliana sia perché la zona diventa terreno di scontro fra gli States, vicini a Israele, e l’Urss, protettrice dell’Egitto. Guerra dei sei giorni: nel 1967 Nasser chiede alle forze dell’Onu di abbandonare la zona del Sinai, chiude il golfo di Aquaba, essenziale per gli approvvigionamenti israeliani, e stringe un accordo militare con la Giordania. Israele risponde con un attacco preventivo contro Egitto, Siria e Giordania. La guerra dura solo sei giorni: l’Egitto perde il controllo del Sinai, la Giordania la riva occidentale del fiume Giordano e la Siria le alture del Golan. La sconfitta segnò il declino di Nasser, l’atteggiamento più prudente della Giordania e il distacco del movimento di resistenza palestinese: l’Organizzazione per la liberazione della Palestina. Olp ed Arafat: l’Olp è guidato da Yasir Arafat e ha per base la Giordania. Dopo numerosi attacchi israeliani sul suolo giordano in risposta agli attentati terroristici dei fedayn (combattenti) palestinesi, il re di Giordania mobilita, nel settembre del ’70 (il “settembre nero”), le truppe i fedayn e i profughi palestinesi che sono costretti ad emigrare in Libano. Da questo momento l’Olp estende la sua azione terroristica a livello internazionale. Il caso più famoso è l’attacco agli atleti israeliani alle Olimpiadi di Monaco del 1972. Guerra del Kippur: nel 1970 muore Nasser ed il successore, Anwar Sadat, decide di occupare il Sinai proprio durante la festa israeliana dello Yom Kippur, il 6 ottobre 1973. Le truppe egiziane dilagano nel Sinai, ma Israele, grazie agli aiuti americani, riesce ad organizzare un efficace contrattacco. La “guerra del Kippur non modificò gli assetti politici e geografici, ma spinse l’Egitto a bloccare il canale di Suez e i paesi arabi ad attuare un blocco petrolifero contro i paesi occidentali, amici di Israele, scatenando una crisi internazionale. 15 – ANNI DI CRISI 15.1 – CRISI PETROLIFERA Gli anni ’70 si aprono con:  La sospensione della convertibilità del dollaro: nel 1971 gli Stati Uniti, oppressi dai costi militari a seguito della guerra in Vietnam, sospendono la conversione del dollaro in oro. È l’inizio di una fase di instabilità e disordine internazionale a livello monetario con continue oscillazioni dei prezzi e nei cambi delle valute.  Shock petrolifero: dopo la guerra del Kippur i paesi esportatori di petrolio decidono di bloccare le forniture ai paesi occidentali. Il prezzo del petrolio quadruplica colpendo soprattutto i paesi industrializzati che dipendevano dalle forniture estere per il loro fabbisogno energetico (principalmente Giappone e Italia). La produzione subisce un brusco calo con conseguenze come: o La stagflazione: è un fenomeno nuovo, ovvero la crescita dei prezzi (l’inflazione) in un momento di stagnazione. Le cause vanno ricercate sia nell’aumento del costo del petrolio, sia nella rigidità dei salari che aumentavano con il crescere dei prezzi. o Disoccupazione: cresce il tasso di disoccupati. o Welfare state: entra in crisi il modello del Welfare State in tutto l’occidente. Questo, infatti, è un sistema che richiede una alta pressione fiscale per tenersi in piedi, mentre tra gli anni ’70 ed ’80 comincia a diffondersi nell’opinione pubblica la critica allo Stato assistenziale. Col ritorno in auge delle teorie liberiste riprendono in mano i governi le forze conservatrici. Il nuovo corso è segnato dall’elezione di Margaret Thatcher in Inghilterra, nel ’79, e di Ronald Reagan negli States, un anno dopo. La crisi petrolifera del ’73 mise in crisi i modelli economici più sviluppati mettendo in luce la loro fragilità. 15.2 – LA CRISI DELLE IDEOLOGIE Tra la fine degli anni ’60 e gli anni ’70 si assiste anche alla crisi delle ideologie, crisi frutto di diversi elementi:  Sinistra: sia nella sua versione riformatrice che in quella rivoluzionaria entrano in crisi. L’ala riformista entra in crisi quando crolla la credenza dell’illimitata crescita economica davanti allo shock petrolifero, mentre quella rivoluzionaria è sempre più colpita dal deteriorarsi dell’immagine dell’Urss (a causa dei fatti di Praga, dell’invasione dell’Afghanistan, delle denunce degli esuli) e dall’incapacità degli altri regimi comunisti.  Terrorismo: un altro fenomeno che favorisce questa crisi è il terrorismo politico. Nei diversi paesi si sviluppano gruppi marxista-leninisti come le Brigate Rosse in Italia e la Raf in Germania che usano la violenza come mezzo di lotta. Questi sono movimenti poco seguiti dalla classe operaia e ciò segna la loro sconfitta. Furono questi elementi a portare al “grande reflusso”, termine che in Italia indica la caduta dei più ambiziosi progetti di trasformazione politica e sociale. Oramai non si crede più che i grandi modelli ideologici possano rispondere ai bisogni della gente e, anzi, e violenze perpetrate in nome di un’ideologia portano a una condanna e a un allontanamento della gente comune dall’ideologia stessa. 15.3 – RIVOLUZIONE REGANIANA  Cile: il socialista Salvador Allende viene eletto nel 1970. Il nuovo presidente tenta di applicare un programma di nazionalizzazioni e di riforme sociali, ma si scontra con l’opposizione dei conservatori e degli Stati Uniti. Nel 1973 il governo di Allende viene rovesciato da un colpo di Stato, appoggiato dagli americani, che porta al potere il generale Augusto Pinochet.  Argentina: nel 1972 il governo militare non riuscendo ad affrontare la crisi economica e la gestione dell’ordine pubblico decide di accordarsi con l’ex dittatore Peron che però, durante il suo governo, non ottiene risultati economici apprezzabili. Quando, dopo la sua morte avvenuta nel ’74, il potere viene assegnato alla seconda moglie Isabelita la situazione precipita e i militari riprendono il potere (1976). Il nuovo governi militare porta avanti una politica repressiva, ma non riesce a sistemare la questione economica. A questo punto, per distogliere l’attenzione dai problemi interni, i militari decidono di invadere l’arcipelago delle Falkland, in mano agli inglesi, ma dopo la sonora sconfitta sono costretti a concedere libere elezioni.  4. Nicaragua: nel 1979 il movimento sandinista, un movimento rivoluzionario di sinistra che prende il nome dall’eroe nazionale Sandino che negli anni ’20 portò avanti la lotta antimperialista, rovescia la dittatura filoamericana di Anastasio Somoza. I sandinisti portano avanti una politica socialista che non piace agli State che cominciano a finanziare i contras, un gruppo paramilitare anti- sandinista. Nel 1989 venne stipulata una tregua in cambio di libere elezioni. Elezioni che nel ’90 furono vinte dalle forza anti-sandiniste. Anni ’80: si riaffacciano nel continente una serie di democrazie: Perù, Bolivia, Uruguay ed anche Cile dove Pinochet viene deposto in seguito a un referendum nel 1988. Ma non sono pochi i problemi che rendono instabili queste democrazie: inflazione, povertà diffusa, dipendenza economica dall’estero, colpi di stati, rafforzamento dei narcotrafficanti, ecc. 15.7 – CONFLITTI NELL’ASIA COMUNSTA  Vietnam: dopo la conquista Saigon, ora Ho Chi-minh city, viene avviata una politica che prevede la collettivizzazione dell’economia.  Cambogia: i Khmer rossi, sotto la guida di Pol Pot, tra il 1976 ed il 1978 mettono in atto una sanguinosa rivoluzione sociale che mira a cancellare ogni traccia della vecchia società: viene abolita la famiglia, il denaro, la religione, le biblioteche e le scuole. Lo scopo di tale rivoluzione era quello di creare una società basata sul comunismo agrario. Il conto delle vittime del regime, tra sostenitori del regime precedente uccisi e contadini morti di fame, è altissimo: circa un milione emezzo su una popolazione di nemmeno sette milioni.  Invasione della Cambogia e guerra con la Cina: Pol Pot è uno ostacolo per la politica vietnamita che vuole assoggettare tutta l’Indocina al proprio dominio. L’esercito vietnamita, affiancato da gruppi di esuli cambogiani, invade il paese e istaurando un regime amico. La Cina, a questo punto, inizia ad appoggiare i Khmer rossi che danno vita una guerriglia. Un anno dopo, nel 1979, la Cina effettua una spedizione punitiva nel nord del Vietnam infliggendo non riuscendo, però, a far ritirare le forze vietnamiti dalla Cambogia. Nel ’91 si giunse alla pacificazione e in Cambogia si tennero libere elezioni sotto il controllo dell’Onu. 15.8 – CINA DOPO MAO Il successore di Mao, Deng Xiaoping, emarginato ai tempi della rivoluzione culturale per le sue posizioni moderate, avvia una vasta opera di “demaoizzazione”.  Economia: una serie di riforme smontano in parte il sistema collettivistico di Mao. Vengono introdotti le differenze salariali e gli incentivi ai lavoratori per stimolare la produttività, si comincia a importare tecnologia, si da la possibilità ai contadini di coltivare in proprio dei fondi e vendere i prodotti sul mercato. A livello generale furono introdotti nel sistema elementi di economia di mercato. Contestazione: il contrasto fra modernizzazione e mantenimento della struttura burocratico-autoritaria è all’origine di una serie di contestazioni scoppiate alla fine degli anni ’80 e che vedono come protagonisti gli studenti dell’Università di Pechino. Dopo qualche vago tentativo di dialogo, il governo risponde con la repressione e l’epurazione dei dirigenti riformatori. L’intervento militare a piazza Tienanmen del ’89 fu un vero massacro, tanto che l’evento incrinò i rapporti commerciali della Cina che, però, riuscì a sopravvivere alla crisi momentanea. 15.9 – IL MIRACOLO GIAPPONESE Il Giappone è paese uscito in condizione disastrose dalla guerra, senza materie prime e con una densità molto alta. Nonostante ciò questo paese riesce in poco tempo a diventare la terza potenza economica mondiale. I motivi di questo miracolo sono molteplici, ma principalmente sono politici e culturali: centrale è la disciplina dei lavoratori, i grandi investimenti nel campo tecnologico e nell’industria avanzata, la forte coesione nazionale e la stabilità politica legata a un sistema essenzialmente bipartitico. Crisi: il Giappone, però, sente in modo amplificato gli effetti della crisi petrolifera, proprio perché non possiede questa materia prima. Ma la crisi viene superata abbastanza velocemente. Negli anni ‘80 una serie di scandali finanziari colpiscono il Partito liberal-democratico, che fino ad allora aveva governato incontrastato e ciò genera un periodo di instabilità politica. Nel 1992 il partito perde la maggioranza assoluta e inizia a governare in coalizione con altre forze. Debolezza militare: negli anni ’90 al Giappone viene chiesta una maggior partecipazione attiva nell’Onu che porta a un aumento delle spese militari. Bisogna ricordare che fino ad allora il Giappone disponeva di poche forze militari in seguito a quanto stabilito dai trattati di pace stipulati dopo la seconda guerra mondiale. 16 – L’ITALIA DAL MIRACOLO ECONOMICO ALLA CRISI DELLA PRIMA REPUBBLICA 16.1 – MIRACOLO ECONOMICO Tra il 1958 ed il 1963 l’Italia vive il suo periodo di massima crescita economica diminuendo il divario con le altre nazioni occidentali. Il settore che più di ogni altro aumenta la produzione è quello manifatturiero ma anche quello chimico e meccanico conoscono una grande crescita. Aumentano le esportazioni, specialmente di capi d’abbigliamento ed elettrodomestici. Solo il settore agricolo conosce una crescita limitata. Cause: diverse sono le cause di questo miracolo economico:  Congiuntura economica mondiale favorevole.  Politica di libero scambio adottata dal paese.  Basso costo della manodopera grazie alla disponibilità di questa legata alla disoccupazione e alla migrazione interna da sud al nord del paese.  Aumento della produttività. Alla fine degli anni ’50 il calo della disoccupazione da potere contrattuale alla manodopera che chiede e ottiene aumenti salariali. Questi aumenti portano all’aumento degli acquisti. Dopo una frenata della crescita tra il ’63 e il ’64 per la riduzione degli investimenti, la crescita riprende. 16.2 – TRASFORMAZIONI SOCIALI Con la crescita economica l’Italia si lascia alle spalle tutta una serie di valori e tradizioni entrando impetuosamente nella società dei consumi. tradizionali.  Migrazioni interne: ci sono due tipi di migrazioni interne, causati dagli squilibri economici che affliggono da decadi la penisola: dal sud verso al nord e dalle campagne verso le città. Un problema legato alla migrazione interna è l’integrazione dei meridionali al nord.  Urbanizzazione: le città industriali del nord crescono a dismisura e senza controllo per la mancanza di un piano regolatore. Nascono fenomeni come l’abusivismo, l’abuso edilizio e il disordine urbano. Questa veloce crescita delle città, inoltre, è affiancata dalla carenza di servizi.  Televisione ed automobile: televisione e automobile sono i simboli del boom economico italiano. Dalla metà degli anni ’50 la Rai comincia le trasmissioni. La tv diventa un mezzo che aiuta la lotta all’analfabetismo con programmi come “Non è mai troppo tardi”. Per quanto riguarda le automobili, in questo periodo si diffondono largamente le utilitarie e attorno all’auto si sviluppano diversi settori industriali: quello automobilistico, in particolare la fiat, quello della gomma, inoltre lo sviluppo dell’auto porta alla costruzione di una grande rete autostradale. 16.3 – IL CENTRO-SINISTRA Politica anni ‘60: all’inizio degli anni ’60 i socialisti entrano nell’area del governo retto dalla Dc. Inizia così un periodo dei governi di centro-sinistra che durerà un decennio. Governo Tambroni: con il democristiano Fernando Tambroni, nella primavera del 1960, nasce un governo monocolore appoggiato dal Movimento sociale italiano che suscita le proteste dei partiti antifascisti. A giugno il governo autorizza il congresso nazionale dell’Msi a Genova, città Medaglia d’Oro per valori militari durante la Liberazione, suscitando una grande protesta popolare: per tre giorni operai e militanti antifascisti si scontrano con le forze dell’ordine, la repressione causa una decina di morti e Tambroni viene obbligato dal suo stesso partito alle dimissioni. Governi Fanfani: il nuovo governo si insedia nell’agosto del ’60 ed è guidato da Amintore Fanfani. Questo è il primo governo di centro-sinistra poiché si avvale dell’appoggio del Psi. Un nuovo governo Fanfani si insedia nel 1962 composto da Dc-Pri-Psdi e con un programma concordato col Psi. Il programma prevede: la nazionalizzazione dell’industria elettrica, la realizzazione della scuola media unificata e l’istituzione delle regioni. I primi due punti programmatrici furono attuati, mentre per la creazione delle regioni bisogna aspettare gli anni ’70. Elezioni del 1963 e il governo Moro: i contrasti nella maggioranza vengono esasperati dalle elezioni del ’63 che vedono il netto calo sia di Dc che di Psi. Crescono invece i consensi per i comunisti e i liberali. Il nuovo governo nasce sotto la presidenza del democristiano di sinistra Aldo Moro. Questo è il primo governo con ministri socialisti. A partire dal ’63, però, la stagione delle riforme viene bloccata per il manifestarsi dei primi segni della crisi economica. Ma gli ostacoli più seri ala politica riformatrice vengono dall’interno della Dc dove la fazione favorevole al rinnovamento è minoritaria. Pentapartito: il governo a maggioranza Dc si apre alla collaborazione col Psi, Pri, Psdi e Pli. La novità più importante non è tanto il pentapartito, quanto il fatto che la Dc cederà il governo prima al repubblicano Giovanni Spadolini, poi a Craxi. Per la Dc inizia un tentativo di rinnovamento interno portato avanti dal nuovo segretario Ciriaco De Mita. Difficoltà dei partiti maggiori: De Mita cerca, senza grandi successi, di cancellare l’immagine di una Dc logorata da scandali, corruzione e divisioni interne. Anche il Pci è costretto a fare i conti con una serie di difficoltà, soprattutto a seguito del ridimensionamento dopo le elezioni. Ma il carisma di Berlinguer e l’immagine di partito con le mani pulite garantisce comunque una certa base elettorale. Dopo aver tentato di portare in politica la questione morale Berlinguer, colto da un malore durante un comizio a piazza della Frutta a Padova, muore (1984). Sull’onda emotiva di questo fatto per la prima volta il Pci, alle europee dello stesso anno, supera con più del 33% la Dc. Berlinguer muore. Sindacati: subiscono le prime grandi sconfitte dopo il 1969 e l’Autunno caldo. In particolare nel 1980 una vertenza aperta contro la Fiat si conclude con la vittoria dei vertici aziendali che riescono ad imporre le proprie scelte nonostante le proteste degli operai. 5. Economia: uno dei maggiori punti di scontro tra sindacati e imprenditori e sindacati e governo è la scala mobile. Il governo Craxi riesce, con un decreto-legge, a tagliare alcuni punti della scala mobile. Un altro problema che deve affrontare questo governo è quello della crescente spesa pubblica che ha fatto nascere una serie di critiche nei confronti del Welfare state. L’industria pubblica subisce una serie di ristrutturazioni che ne aumentano la competitività, ma ciò comporta un aumento delle spese che gravano sulla collettività, e della disoccupazione. Ciò significa maggiori spese dello stato per la cassa integrazione e guadagni. Nonostante ciò l’economia italiana manifesta una certa vitalità grazie all’economia sommersa, ovvero a quelle miriadi di piccole-medie imprese con un’alta produttività, costi bassi e una facile adattabilità al mercato. In questo periodo si sviluppa molto anche il settore terziario, che anche qui supera per numero di addetti il settore primario e secondario. P2, Mafia, terrorismo: gli anni ’80 sono anche gli anni dello scandalo P2, del dilagare della malavita organizzata, ma anche della sconfitta del terrorismo rosso.  P2: all’inizio degli anni ’80 venne scoperta la Loggia P2 (Propaganda 2), una branca della massoneria i cui esponenti erano ben inseriti nella politica, nella burocrazia e negli alti ranghi dell’esercito. Essa perseguiva non solo uno scopo di lucro, ma voleva anche attuare una ristrutturazione autoritaria dello stato.  Mafia: il dilagare della Mafia e della Camorra è il problema principale di questo periodo. Il potere mafioso assunse una dimensione tale da entrare spesso in conflitto con lo stato. Uno dei casi più emblematici è l’assassinio di Carlo Alberto Dalla Chiesa nel 1982. Mafia e Camorra trovavano la loro principale fonte di lucro nel commercio della droga. Lo stato non riesce a dare una soluzione decisa al problema.  Grazie a una legge che dava ai pentiti, ovvero a chi denunciava i propri compagni, larghi sconti di pena, il numero di questi aumentò e si riuscì così a sconfiggere il terrorismo rosso. Crisi politica: il venir meno delle ideologie divideva i cittadini dalle istituzioni e dai partiti. In particolare cominciarono ad accentuarsi le polemiche sui malfunzionamenti del sistema: lentezza della prassi parlamentare, instabilità dei governi e mancanza di alternative. Proprio in questo periodo nascono nuovi partiti, portatori di nuove istanze. In particolare in Italia nascono i Verdi, un partito ambientalista e di sinistra, e nel nord le Leghe regionali, ovvero dei movimenti indipendentisti, xenofobi e antimeridionalisti. Dopo le elezioni del 1987 si susseguono due governi della Dc, il primo guidato da Giovanni Goria (’87-’88) e il secondo da De Mita. Entrambi, però, non raggiungono risultati apprezzabili. Dopo i contrasti interni alla Dc che portano alla caduta del governo De Mita e alle sue dimissioni come segretario (’89), nasce un governo Andreotti che con difficoltà ricompatta la maggioranza. 17 – SOCIETA’ POSTINDUSTRIALE E GLOBALIZZATA 17.1 – DEGRADO DELL’AMBIENTE E SVILUPPO SOSTENIBILE La crisi petrolifera del ’73 dimostra come le risorse naturali non sono eterne e che ciò pregiudica una crescita illimitata. Inoltre, si acquista coscienza che lo sfruttamento delle risorse energetiche comporta danni ambientali, mentre l’utilizza di combustibili fossili causa inquinamento. Nascono così movimenti e partiti che si battono sul fronte dell’ecologia. All’indomani della crisi petrolifera, i governi attuano una serie di politiche rivolte al risparmio energetico. Se alcuni stati come l’America iniziano a usare l’energia atomica, il cui problema principale è lo smaltimento delle scorie, altri guardano al solare o all’eolico. Si diffonde il concetto di sviluppo sostenibile ovvero uno sviluppo che tenta più conto del rapporto crescita e altri parametri economici, ma del rapporto tra crescita e integrità dell’ambiente. tiene conto della natura e della sua indispensabile integrità. Questa prospettiva viene fatta propria dalle Nazioni Unite col rapporto Brundtland. Sul tema dell’ecologia vengono organizzati diversi vertici internazionali. Il più importante incontro mondiale è avvenuto nel 1992 a Rio de Janeiro. Davanti agli effetti del cambiamento climatico viene elaborato, nel 1997, il protocollo di Kyoto, con lo scopo di obbligare i diversi stati a ridurre le immissioni di gas serra entro un quinquennio. 17.2 – RIVOLUZIONE ELETTRONICA Informatica e internet: gli ultimi decenni del ‘900 sono caratterizzati soprattutto dallo sviluppo dell’industria elettronica in generale e dell’informatica in particolare. Si diffondono sempre più velocemente i computer, macchine di calcolo che possono immagazzinare dati. Con l’invenzione prima della valvola, poi del transitor si riducono enormemente le dimensioni dei computer e aumenta la potenza di calcolo. Con l’introduzione del circuito integrato nascono i computer della “terza generazione”: apparecchi di dimensioni minori e velocità di calcolo maggiore. Le industrie produttrici di hardware e soprattutto di software fanno conoscono un boom. Si sviluppa anche il settore della robotica e della telematica ovvero l’applicazione dell’informatica nelle comunicazioni. Gli ultimi decenni del ‘900 sono anche quelli della diffusione capillare di internet che, pian piano, da vita a quello che viene chiamato anche oggi villaggio globale. È nel 1991 che nasce il world wide web (www) usato dai scienziati per scambiarsi informazioni. Da lì a poco nascono i siti e-commerce e si cominciano ad utilizzare le e-mail. Secondo alcuni la rivoluzione elettronica velocizza quel processo di standardizzazione culturale messo in modo già dalla televisione. Quello che si mette in moto è un fenomeno di annullazione della cultura e di omologazione che assume un carattere mondiale. 17.3 – SOCIETA’ POSTINDUSTRIALE Nei paesi occidentali il settore terziario conosce un grande aumento degli occupati, fino a superare quelli del settore secondario. Settori come il turismo, il commercio, le telecomunicazioni diventano centrali. Questo cambiamento, però, porta ala nascita di lavori precari e sottopagati, i così detti macjobs, dal nome della famosa catena di fast-food McDonalds. L’industria perde dunque la sua centralità. Il lavoro all’interno delle industrie cambia con l’affermazione del modello Toyota che si sostituisce a quello fordista. Il sistema incentrato sulla catena di montaggio viene, in sostanza, sostituito da un sistema di gruppi con funzioni esecutive e di controllo. Questa struttura è più flessibile e riesce ad adattarsi al veloce mutamento della domanda e ad adattarsi ai mutamenti tecnologici. La produzione e il consumo standardizzato vengono superati e il mercato inizia ad offrire prodotti più diversificati. Il termine “postindustriale” non indica la fine dell’industria, ma indica che questo settore non è più il principale. Centrale nella nuova società postindustriale è l’informazione, il suo controllo, l’uso dei linguaggi, dei suoi flussi, e via dicendo. 17.4 – LA GLOBALIZZAZIONE Le tecnologie informatiche e la lingua inglese comune facilitano gli scambi a livello globale. Si arriva così a un’integrazione economica e finanziaria a livello mondiale che prende il nome di globalizzazione. Dall’altro canto in un sistema come questo, che diventa egemone con la caduta del blocco sovietico, favorisce la nascita di nuove forme di sfruttamento e da la disponibilità di una manodopera globale. La consapevolezza della dimensione globale raggiunta dall’economia e dalla finanza porta le maggiori potenze industriali a coordinarsi con la convocazione di vertici internazionali. G8: il primo di questi vertici avviene nel 1975 e prende il nome di G8 (gruppo degli 8), dal numero di paesi che partecipano: Usa, Giappone, Germania, Francia, Gran Bretagna, Italia, Olanda. No global: nel 1999, durante il Wto (conferenza dell’Organizzazione mondiale del commercio)di Seattle, esplode la protesta del movimento no global. Ne fanno parte una serie di gruppi eterogenei e non sempre di sinistra che si battono per la distribuzione equa delle ricchezza, contro le multinazionali e in difesa delle attività locali e per l’abolizione del debito dei paesi del Terzo mondo. 17.5 – TENDENZE DEMOGRAFICHE Il tasso di crescita demografica globale è in costante aumento anche se i paesi industrializzati presentano una crescita vicino alle zero, mentre nei paesi del Terzo mondo l’alto numero di nascite è accompagnato da un forte calo della mortalità, soprattutto infantile. Paesi come l’Italia invecchiano precocemente e ciò solleva una serie di problemi derivanti dal fatto che la popolazione pensionata aumenta mentre diminuisce quella che lavora e, dunque, che versa i contributi che servono per tenere in piedi il sistema pensionistico. Questa diminuzione delle nascite nei paesi occidentali, nonostante alcuni governi tentino di portare avanti politiche demografiche, è frutto del maggior benessere che porta all’assunzione di comportamenti demografici “moderni”. 17.6 – MIGRAZIONI E SOCIETA’ MULTIETNICA Alla fine del millennio si intensificano anche le migrazioni, generalmente dalle zone più povere del mondo verso quelle ricche. Il carattere incontrastabile del fenomeno costituisce un problema di non facile soluzione per i paesi industrializzati. Le migrazioni aprono un dibattito all’interno di questi paesi: da una parte abbiamo gli schieramenti di sinistra e la Chiesa che si fanno promotori dell’accoglienza e della società multietnica dove le differenze sono viste come una ricchezza culturale, ma anche economica; dall’altra si sviluppa la paura per il diverso che a volte sfocia in razzismo. L’impatto della globalizzazione e del multiculturalismo mette in crisi anche l’idea ottocentesca di Stato nazionale, basata sulla presenza di una popolazione con i proprio caratteri culturali distinti da quelli degli altri. In quest’epoca si rafforzano anche le strutture sovrannazionali come l’Ue. In risposta a ciò nascono i localismi e i micro-nazionalismi, spesso fatti propri da partiti come la Lega Nord in Italia. 17.7 – LE DONNE NELLA SOCIETA’ CONTEMPORANEA Il crollo del muro di Berlino nell’89 segna simbolicamente la fine del mondo diviso in due blocchi, ma l’evento è la dissoluzione dell’Urss. All’inizio degli anni ’90 con l’aggravarsi della crisi economica, il crollo del muro, le spinte indipendentiste, Gorbacev cerca una mediazione tra le spinte liberalizzarci e l’ala intransigente del partito. Golpe fallito: questo fragile equilibrio si rompe nell’agosto del 1991 quando degli esponenti del Partito comunista, del governo e delle forze armate sequestra Gorbacev nella sua residenza in Crimea. I golpisti erano convinti di poter contare sull’appoggio della popolazione, provata dalla crisi economica, ma la popolazione reagì con manifestazioni di solidarietà verso Gorbacev. Smembramento dell’Unione: in seguito al golpe vengono sospese le attività e requisiti gli averi del Pcus, nel frattempo diversi paesi proclamano l’indipendenza: nel giro di poco tempo, dopo le repubbliche baltiche, ottennero l’indipendenza Georgia, Armenia, Moldavia e Ucraina. Csi: Gorbacev cerca di fermare questo processo proponendo un trattato d’unione meno rigido, ma tale da assicurare l’esistenza dell’Urss. La proposta di Gorbacev viene però scavalcata da quella dei presidenti delle tre repubbliche slave (Russia, Bielorussia e Ucraina). Questa proposta prevede la formazione della Comunità degli stati indipendenti (Csi), ovvero una comunità di stati sovrani. Tale comunità nasce ufficialmente il 21 dicembre 1991 in Kazakhstan e vede la partecipazione di undici repubbliche. Il 25 dicembre Gorbacev, preso atto di ciò, si dimette. 18.5 – GUERRE JUGOSLAVE Casus belli: fra il 1990 e il 1991 Slovenia e Croazia proclamano la loro indipendenza. Lo stesso fa la Macedonia. La Serbia accetta l’indipendenza di Slovenia e Macedonia ma non quella della Croazia che ha al suo interno una numerosa comunità serba. Ciò porto a una vera e propria guerra. Guerra: all’inizio gli scontri si svolgono sul confine tra Croazia e Serbia ma a partire dalla primavera del 1992 il conflitto si sposta in Bosnia, paese che a marzo ha dichiarato l’indipendenza. In Bosnia i serbi portano avanti una “pulizia etnica” con deportazioni e massacri della popolazione bosniaca. Né la mediazione della Comunità europea, né gli embarghi dell’Onu servirono a fermare la Serbia di Milosevic. Intervento degli Usa: tra maggio e settembre del 1995 l’America, agendo sotto la copertura della Nato, compie una serie di raid aerei contro le postazioni serbe. L’intervento armato statunitense e le vittorie croate spinsero la Serbia, nell’ottobre del 1995, a dichiarare il cessate il fuoco. Il 21 novembre 1995 viene firmata la pace tra Serbia, Croazia e Bosnia a Dayton, negli States. Tensioni politiche: nonostante la pace i problemi non sono finiti. In Serbia numerose manifestazioni sono rivolte contro il potere di Milosevic. In Croazia non mancano contestazioni contro il governo di matrice nazionalista e anticomunista. Crisi del Kosovo: nel 1998 si propone il problema del Kosovo: la popolazione a maggioranza albanese spinge per l’indipendenza, in questo periodo nasce anche un movimento di guerriglia che persegue questo scopo (l’Uck). I serbi rispondono alle manifestazioni per l’autonomia con una dura repressione che colpì soprattutto i civili. La Nato, a questo punto, intervenne prima facendo pressioni su Milosevic perché concedesse l’autonomia al Kosovo, poi con l’intervento armato. I serbi risposero intensificando la pulizia etnica. Dopo due mesi di bombardamenti, tra il marzo e il giugno del 1999, Milosevic fu costretto a cedere e ritirare le truppe dal Kosovo. Elezioni in Serbia: nel 2000 alle elezioni vince una coalizione democratica e Milosevic viene arrestato e condannato dal tribunale dell’Aja per crimini contro l’umanità. Morirà nel 2006 in carcere. Lo stesso anno della morte di Milosevic, il Montenegro proclama la sua indipendenza, mentre nel 2008 è la volta del Kosovo. 18.6 – CRISI ALBANESE Negli anni ’90 una serie di società finanziarie, che avevano raccolto i risparmi della maggio parte dei cittadini albanesi, falliscono. Ne seguono caotiche ribellioni, in particolare contro il Partito democratico al potere accusato di connivenza con queste società. Nel 1997 si assiste al crollo delle strutture statali, comprese l’esercito e le forze di polizia: il paese cade in una condizione di anarchia e solo l’intervento di un contingente di pace dell’Onu ripristinò l’ordine pubblico. Si riavviò dunque un processo di normalizzazione. 19 – IL NODO DEL MEDIORIENTE 19.1 – SITUAZIONE IN MEDIORIENTE Negli ultimi decenni del ‘900 questa zona del mondo ha assunto un’importanza sempre maggiore nello scacchiere internazionale. La presenza del petrolio, la questione arabo-israeliana e la diffusione del fondamentalismo islamico rendono incandescente questa zona del mondo. Fin dal periodo tra le due guerre mondiali la lotta contro il colonialismo occidentale si era espressa in due forme: quella nazionalista e laica, con influenze socialiste e autoritaria. A rappresentare al meglio questa tendenza è il Baath, partito panarabo che prende il potere in Iraq e in Siria; quella religiosa che invoca l’applicazione integrale della legge coranica. Uno dei principali gruppi di questa seconda tendenza è quello dei Fratelli mussulmani, attivi in Egitto fin dagli anni ’20. 19.2 – PACE TRA EGITTO E ISRAELE Dopo la guerra del Kippur il nuovo presidente egiziano Sadat cerca di far uscire il suo paese da un perenne stato di guerra con Israele. Nel 1977 l’Egitto avanza una proposta di pace a Israele, si arriva così, grazie anche alla mediazione del presidente americano Jimmy Carter, agli accordi di Camp David del 1978 con cui l’Egitto ottiene il Sinai. La maggior parte dei paesi arabi condanna questa politica e il presidente egiziano Sadat viene ucciso nel 1981 per mano di un gruppo integralista. 19.3 – RIVOLUZIONE IRANIANA Nel 1953 ritorna al potere lo scià Rheza Palhavi che attraverso una politica autoritaria cerca di trasformare il paese in una grande potenza militare senza però tener conto delle condizioni di vita generali nel paese. La politica dello scià lo porta a scontrarsi sia con i gruppi di sinistra, sia col clero islamico sciita che assunse il controllo di un vasto movimento popolare. Dopo diverse repressioni, nel 1979, lo scià è costretto a fuggire dal paese. In Iran si instaura una repubblica islamica integralista sotto la guida dello ayatollah Khomeini. Il nuovo governo si caratterizza per il suo violento antioccidentalismo e antiamericanismo entrando subito in contrasto con gli Stati Uniti rei di aver dato protezione allo scià. Per un anno gli ambasciatori americani a Teheran sono tenuti in ostaggio. Nel 1980 l’Iraq attacca l’Iran approfittando del grave dissesto economico che vive a causa dell’isolamento internazionale a cui il paese è sottoposto. La guerra dura otto anni e quando si conclude, grazie anche alla mediazione dell’Onu, trova i contendenti nei punti di partenza. Con la fine della guerra e la morte del Khomeini in Iran si apre qualche spazio anche per le componenti più moderate. 19.4 – LA QUESTIONE PALESTINESE Dopo gli accordi di Camp David sia gli stati arabi che l’Olp accusano l’Egitto di tradimento e rifiutano ogni mediazione con Israele. A partire dalla metà degli anni ’80, però, alcuni stati arabi moderati come Giordania e Arabia Saudita e la stessa dirigenza dell’Olp abbandona queste rigide posizioni. Con Israele si arriva ad un primo accordo: il riconoscimento di Israele in cambio del ritiro delle truppe dalla Cisgiordania e dalla Striscia di Gaza, ovvero da dove dovrebbe sorgere lo stato palestinese. Adesso sono però gli israeliani a rifiutare ogni mediazione con l’Olp in quanto uno Stato palestinese viene visto come una minaccia costante ad Israele. A partire dal 1987 i palestinesi dei territori occupati danno vita a una rivolta detta “intifada” contro gli occupanti. Gli israeliani reagiscono con la forza e reprimono la rivolta. 19.5 – GUERRA CIVILE IN LIBANO Il piccolo Stato multi-confessionale del Libano comincia a risentire della presenza dei molti palestinesi nel suo territorio. Qui l’Olp aveva trasferito le sue basi dopo il “settembre nero” e la presenza delle organizzazioni di guerriglia non tardarono a far saltare gli equilibri interni al paese. Dal 1975 il Libano entra in uno stato di guerra civile. La situazione degenera quando, nel 1982, l’esercito israeliano penetra fino a Beirut nel tentativo di stanare le basi dell’Olp in Libano. L’arrivo a Beirut di una forza multinazionale di pace da parte di Stati Uniti, Italia, Francia e Gran Bretagna consentì l’evacuazione dei combattenti dell’Olp, ma non riportò la pace nel paese. Le continue lotte intestine nel Libano divennero allora il pretesto per un’invasione militare da parte della Siria. 19.6 – LA GUERRA DEL GOLFO Nel 1990 Saddam Hussein invade il Kuwait, paese filo-occidentale e ricco di petrolio. Le Nazioni Unite votano subito l’embargo all’Iraq e gli Stati Uniti inviano in Arabia Saudita un contingente di 400mila uomini per premere su Saddam e costringerlo al ritiro. L’Urss di Gorbacev non interviene in difesa all’Iraq e dopo i numerosi inviti a lasciare il Kuwait scatta l’offensiva americana. Tra il 16 e il 17 gennaio 1991 inizia un attacco aereo su punti strategici dell’Iraq e del Kuwait e dopo quaranta giorni di bombardamenti inizia l’offensiva via terra in Kuwait contro le forze irachene. Liberato il paese il presidente George Bush decide di arrestare l’offensiva, ma, contro tutte le aspettative, Saddam Hussein sopravvive politicamente al fallimento. 19.7 – UNA PACE DIFFICILE IN MEDIORIENTE Conferenza di pace sul Medio Oriente, da Rabin a Netanyahu: Bush, forte dei risultati in Iraq, si pone come principale artefice dei tentativi di pace nella regione:  Conferenza di Madrid: a Madrid, nel 1991, il governo israeliano incontra i rappresentati palestinesi e delle nazioni arabe vicine. Nel 1992 a Israele si afferma il partito laburista di Itzhak Rabin che si mostra subito aperto al dialogo coi palestinesi, oltre a bloccare la costruzione delle nuove colonie nei territori occupati.  Accordi di Oslo e Washington: nel 1993 a Oslo, Rabin inizia a trattare con Arafat con cui firma degli accordi che prevedono il reciproco riconoscimento e l’avvio graduale di un autogoverno palestinese. Il 13 settembre 1993 l’accordo fu sottoscritto a Washington. Problematiche: nonostante gli accordi restavano ancora delle questioni aperte, la più importante delle quali era la sorta di Gerusalemme. Inoltre da una parte c’era l’ala intransigente dell’Olp e la destra israeliana, entrambe contrarie alla pacificazione. Altro problema erano i gruppi integralisti islamici. Furono proprio democratica Angela Merkel vince in Germania, mentre Blair viene sconfitto e sostituito dal collega Gordon Brown. 20.4 – ALLARGAMENTO DELL’UNIONE Convenzione europea: nel 2001 si decide di dar vita ad una Convenzione composta da parlamentari e membri di governo dei diversi paesi per dare all’Europa una propria carta costituzionale. I lavori durano 16 mesi e l’obiettivo è quello di delineare una serie di valori comuni per dare nuovo impulso ad una integrazione politica. Ma, nel 2005, con un referendum sia la Francia che l’Olanda si dicono contrari alla Costituzione europea. Allargamento dell’Unione: i primi anni del nuovo secolo vedono un sostanziale rallentamento nell’unità politica dell’Europa. Ma allo stesso tempo l’Ue si allarga ad est arrivando a contare 27 paesi membri che di fatto ricalcano i confini geografici del continente. 11.Difficoltà di integrazione: dopo il referendum fallito in Francia ed Olanda il processo di integrazione politica vede la resistenza anche di paesi di nuova annessione come la Polonia. Il nuovo trattato scritto a Lisbona, che prevede un allargamento delle competenze europee in materia di energia, sicurezza ed immigrazione, viene respinto da un referendum in Irlanda nel 2008. 21 – SVILUPPO E DISUGUAGLIANZA 21.1 – LA POVERTA’ Rapporto tra sud e nord del mondo: a partire dagli anni ’70 si assiste ad un cambiamento dei rapporti economici globali. Irrompono sulla scena i paesi del Medio Oriente esportatori di petrolio, crescono le così dette “tigri asiatiche” (Corea del Sud, Taiwan, Singapore, Malesia) ma allo stesso tempo ampie zone del mondo, a partire dall’Africa subsahariana, vivono una condizione di cronica povertà a causa del fallimento dei processi di modernizzazione, la distruzione di un’agricoltura di sussistenza in funzione del mercato internazionale, la fuga della manodopera dalle campagne alle città che creò problemi in queste, la forte crescita demografica. A ciò si sommano le ingenti spese militari e la corruzione. Molti paesi vivono quotidianamente il dramma della fame che provoca centinaia di migliaia di vittime l’anno. È un fenomeno non nuovo nella storia dell’umanità ma che adesso entra, grazie ai mass media, genera una forte reazione nell’opinione pubblica occidentale. Vengono allora avviate una serie di campagne umanitarie e politiche come quella che si batte per l’estinzione dei debiti di questi paesi, contratti in seguito a prestiti concessi per favorire lo sviluppo. Alla base delle difficoltà riguardanti il debito ci sono due elementi: i fattori politici (come la corruzione) e l’innalzamento dei tassi d’interesse che portano alla crescita del debito. 21.2 – RISVEGLIO DELL’ASIA Alla fine del XX secolo L’Asia è il continente che conosce la maggior crescita economica. Una crescita costante e fortissima, ben più alta di quella dell’occidente industrializzato.  Giappone: questo paese è l’unica eccezione, infatti l’economia nipponica conosce una brusca battuta d’arresto a metà degli anni ’90 a causa delle difficoltà del sistema bancario e l’instabilità politica causata dal declino del partito liberal-democratico. Nonostante ciò il Giappone rimane la seconda potenza economica mondiale.  Cina: dopo la morte di Xiaoping i suoi successori proseguono sulla strada da lui tracciata, lasciando ampi spazi all’iniziativa privata anche se in un quadro di uno stretto controllo statale. La Cina cresce in maniera elevata ma ha ancora un ruolo subalterno nell’economia mondiale. Nel 1997 viene ristabilita la sovranità su Hong Kong. Le potenze occidentali assecondarono l’evoluzione cinese chiudendo un occhio sulla repressione. Ciò viene fatto sia per interesse economico, sia perché si teme che un processo di democratizzazione possa far crollare le Cina alla stessa maniera dell’Urss.  India: il paese mantiene un assetto democratico nonostante gli squilibri interni, la povertà e l’arretratezza. Questo paese stava vivendo un forte processo di industrializzazione sia nei settori tradizionali come la siderurgia e il tessile, sia in quelli avanzati come la tecnologia informatica.  Pakistan: più travagliate sono le vicende in questa regione, dove sono forti le correnti integraliste islamiche. Qui, con un colpo di stato nel 1998, i militari salgono al potere.  Indonesia: nel 1998 si avvia il processo di democratizzazione in Indonesia, l’anno seguente vince le elezioni il partito democratico. Nonostante ciò nel paese sopravvivevano le difficoltà economiche e gli scontri etnico-religiosi.  Filippine: non molto diversa era la situazione nelle filippine, dove la maggioranza cattolica si trovava ad affrontare la minoranza islamica. Modello asiatico: l’Asia si presenta come una costellazione di democrazie fragili (Indonesia, Filippine), di regimi e dittature(Pakistan, Corea del Nord, Cina, Vietnam, Cambogia) che conoscono comunque una grande crescita economica, oltre che una certa aggressività in campo commerciale grazie soprattutto alla flessibilità, ai salari bassi e all’alta produttività. Nonostante l’iniziale successo del modello asiatico, tra il 1997 ed il 1998 esso subisce una flessione a cui segue una crisi finanziaria. Per risolvere la crisi intervengono le autorità monetarie internazionali. 21.3 – IL DRAMMA DELL’AFRICA Il continente africano è afflitto da diversi problemi: debolezza delle strutture statali, povertà diffusa, fame, inefficienza del sistema sanitario, eccessiva natalità, urbanizzazione selvaggia, guerre civili e colpi di Stato.  Sud Africa: alla fine degli anni ’80 il governo comincia a smantellare il regime di discriminazione razziale aprendo negoziati con Nelson Mandela, leader del partito anti-segregazionista African National Congress. Nel 1994 si svolgono le prime elezioni a suffragio universale che vedono il trionfo proprio di Mandela. Mandela per superare i problemi di convivenza istituisce una Commissione nazionale “per la verità e la riconciliazione” dinanzi alla quale vengono condannati i reati e le violenze commessi da entrambe le parti in lotta.  Mozambico ed Etiopia: segnali di pacificazione si vedono anche in Mozambico e in Etiopia, dove gli eritrei ottennero l’indipendenza.  Somalia: abbattuta nel 1991 una dittatura, il paese diventa teatro di guerra di bande rivali. L’Onu e gli Stati Uniti decidono di intervenire ma la situazione non migliora. In questo clima si inseriscono i movimenti estremisti islamici, le Corti islamiche, che nel 2006 si assicurano il controllo di gran parte del territorio. Nonostante ciò questi gruppi, alla fine dello stesso anno, furono sconfitti dall’esercito etiope, spaventato dalla diffusione dell’integralismo islamico.  Sudan: anche qui scoppiò una guerra civile dove le motivazioni politiche si scontravano a quelle etico-religiose.  Ruanda: qui scoppia una guerra civile quando, nel 1994, le milizie dell’etnia hutu iniziano a massacrare i tutsi  Congo: nel 1997 Laurent Désiré Kabila, al comando di una sorta di esercito di ventura, riesce a rovesciare la dittatura in questo paese che riprese il nome di Repubblica democratica del Congo. Nonostante ciò la pace non fu ristabilita nel paese. 21.4 – L’AMERICA LATINA FRA CRISI E STABILIZZAZIONE Gli anni ’90, in Sudamerica, sono all’insegna del ritorno delle democrazia ma sono caratterizzati anche dall’instabilità economica. Una prima risposta a questo problema è la costruzione dia aree di integrazione economica come il Mercato comune del sud. Brasile: qui l’attenuarsi delle politiche di austerità, il ricorso al denaro pubblico e la difficoltà del sistema finanziario internazionale, provocano una crisi finanziaria nel paese. Nonostante ciò in questo paese gli effetti della crisi furono limitati. Nel 2002 alla guida del paese sale il socialista Inacio Lula. Argentina: nell’Argentina del radicale Ferdinando La Rua scoppia una forte crisi finanziaria le cui cause sono le stesse che fanno scoppiare la crisi in Brasile. Per cercare di frenare l’inflazione, il governo ancora la moneta nazionale al dollaro. Questa scelta frena, però, le esportazioni le cui entrate erano essenziali per pagare il debito estero. Il governo nel 2001 è costretto a bloccare i depositi bancari. La protesta popolare che scoppia costringe il governo alle dimissioni. Nel 2003 prende il potere il peronista Nestor Kirchner con cui inizia un periodo di stabilizzazione. Venezuela: nel 1999 va sale al governo l’ex generale Hugo Chavez che qualche anno prima aveva cercato, senza successo, di compiere un colpo di Stato. Grazie anche alla ricchezza derivata dal petrolio, Chavez si pone come un nuovo punto di riferimento per il mondo di sinistra con un populismo dai forti contenuti sociali e anti-americani. Bolivia, Ecuador, Nicaragua: nel 2005 le elezioni in Bolivia premiano il socialista Evo Morales, un indio di umili origini che porta avanti un programma di nazionalizzazioni delle risorse minerarie e energetiche del paese. In Ecuador si afferma, invece, l’economista progressista Rafael Correa, mentre in Nicaragua tornano al governo i sandinisti con l’elezione di Daniel Ortega. 22 – NUOVI EQUILIBRI E NUOVI CONFLITTI 22.1 – UN MONDO INQUIETO Per molti, e in particolare per il filosofo Francis Fukuyama teorizzatore della “fine della storia”, dopo la caduta del comunismo il mondo si sarebbe avviato verso una fase di distensione, di cooperazione e di pace con l’affermazione a livello planetario dei valori delle democrazie occidentali. Sono scenari che però si dimostrano subito illusori. Infatti, il crollo dell’Urss determina il sorgere di una serie di conflitti locali. Alla base di questi scontri ci sono tendenze politiche, rivendicazioni nazionaliste e credenze religiose prima soffocate dar regime sovietico. La fine della contrapposizione tra blocco comunista e blocco capitalista fa sorgere un nuovo tipo di conflitto, quello tra Occidente e mondo islamico. Uno scenario che sembra confermare la teoria formulata negli anni ’80 dal politologo Samuel Huntington dello “scontro tra civiltà”. 22.2 – L’EGEMONIA MONDIALE DEGLI STATI UNITI Il crollo dell’Unione Sovietica coincide con un rallentamento dell’economia americana. Le amministrazioni repubblicane di Reagan e Bush si lasciano in eredità un aumento della disoccupazione, la divaricazione della forbice sociale, la diminuzione della produzione, delle spese sociali e soprattutto un crescente deficit statale che si cerca di colmare con una pressione fiscale maggiore. Bill Clinton: nonostante i successi in Iraq e in medio oriente, Bush paga la flessione economica e viene sconfitto alle elezioni del 1992 dal democratico Bill Clinton. Il nuovo presidente non apporta mutamenti sostanziali alla linea impostata da Bush, a livello di politica estera si mantiene un buon rapporto con la integralisti diedero inizio a una serie di attentati contro le truppe di occupazione e contro i civili. Né la formazione di un governo che rappresenta i diversi gruppi etnico-religiosi presenti, né la conciliazione tra pluralismo politico e fede islamica riuscirono a dare stabilità al paese. Gli attentati in Europa: una delle conseguenze della partecipazione alla guerra furono gli attentati in Europa che seguirono al conflitto: l’11 marzo 2004 un attentato a Madrid rivendicato dagli integralisti islamici causò duecento vittime. La colpa della Spagna era il suo impegno in Iraq. Il 7 luglio 2005 fu, invece, colpita Londra. Questi attentati accentuarono ancora di più l’ostilità europea verso la guerra in Iraq. Al contrario in America l’intervento fu visto in modo positivo, difatti Bush, nel 2004, fu rieletto. Nonostante ciò il prolungarsi del conflitto fu la causa della sconfitta dei repubblicani alle elezioni parziali del 2006. L’Iraq dopo la guerra: nel 2005 ci furono le prime elezioni per votare l’Assemblea costituente che vide trionfare la componente sciita, maggioritaria nel paese. in seguito, con un referendum, la nuova costituzione fu approvata. Nonostante questi progressi la guerra civile non finì. Agli attentati si sommarono le proteste dei sunniti che al tempo di Saddam dominavano il paese. L’impiccagione di Saddam nel dicembre del 2006 non fece altro che aumentare il risentimento verso il regime vigente in Iraq e verso gli States. 23 – LA SECONDA REPUBBLICA 23.1 – CRISI DEL SISTEMA POLITICO Nel linguaggio corrente è consuetudine indicare con il termine di Seconda Repubblica l’assetto politico che si afferma dopo Tangentopoli e con la fine dei partiti tradizionali. Economia: la crescita produttiva si arresta nel 1990. Molte imprese come la Fiat perdono terreno rispetto i concorrenti internazionali anche a causa dell’inefficienza della pubblica amministrazione. L’inflazione aumenta, la spesa pubblica è molto elevata e il deficit statale non si assorbe. Emergenza criminalità: la criminalità organizzata ormai ha un potere enorme e arriva ad inquinare sia la politica che l’economia. Queste organizzazioni hanno un forte controllo anche territoriale in Sicilia (Mafia), Calabra (Ndrangheta), Campania (Camorra) e in Puglia (Sacra corona unita). Dal Pci al Pds: la prima grande trasformazione politica è quella del Pci che, a partire dall’89 con la “svolta della Bolognina” guidata dal segretario Achille Occhetto, inizia il processo di trasformazione che lo porta ad assumere nel ’91 il nome di Partito democratico della sinistra (Pds). Nel congresso a Rimini che porta alla svolta il partito perde l’ala più radicale che da vita a Rifondazione comunista. Lega: nel versante politico opposto si afferma al nord la Lega Lombarda, un partito settentrionalista e anti- centralista. Referendum Segni: il comitato presieduto dal democristiano Mario Segni indice nel 1991 un referendum per cambiare alcune parti della legge elettorale. questo successo non è significativo per il contenuto del referendum, ma perché rappresenta un segnale di protesta contro il sistema vigente. Elezioni del 1992: il presidente della Repubblica Francesco Cossiga decide di sciogliere le Camere con lieve anticipo rispetto la fine della legislatura. Le elezioni si tengono in aprile e segnano un rafforzamento della forza anti-sistema del momento: la Lega Nord (nata dall’unione della Lega Lombarda con la Liga Veneta e altre leghe regionali) di Umberto Bossi. Il nuovo parlamento risulta frammentario ma, dopo le dimissioni di Cossiga, riesce a trovare un accordo sul nome del nuovo capo di Stato: il democristiano Oscar Luigi Scalfaro. Tangentopoli: già nel febbraio del 1992 era scoppiato uno scandalo che coinvolgeva un numero sempre maggiore di esponenti politici accusati di aver ricevuto tangenti per la concessione di appalti pubblici. L’inchiesta, avviata dalla magistratura milanese, mette in luce un vero e proprio sistema di corruzione, dove i più colpiti sono gli esponenti della Dc e del Psi. Stragi mafiose: in un clima politico ed economico difficile si inseriscono anche le stragi mafiose. Le due personalità più note colpite nel 1992 sono i magistrati Giovanni Falcone (23 maggio) e Paolo Borsellino (19 luglio). Governo Amato I: caduta la candidatura di Craxi, travolto anche lui da Tangentopoli, Scalfaro affida il governo al socialista Giuliano Amato che per prima cosa pensa una manovra per contenere le spese riducendo quelle per la sanità. Tali interventi, sommati alle privatizzazioni, si mostrano essenziali soprattutto quando la lira viene deprezzata del 20% dal mercato. 23.2 – UNA TRANSIZIONE DIFFICILE Referendum: il tema più discusso è quello della legge elettorale: il maggioritario uninominale sembra a molti la via più efficace per la riforma della politica. In questo modo il voto nominale a favore di singole personalità avrebbe ridotto al minimo l’ingerenza dei partiti. Il referendum del 1993 introduce il sistema maggioritario uninominale al senato e, altri due referendum, aboliscono il finanziamento pubblico ai partiti e alleggeriscono le pene per l’uso delle droghe. Inchieste giudiziarie: uomini politici come i segretari dei repubblicani Giorgio La Malfa, dei liberali Renato Altissimo, dei socialisti Bettino Craxi sono costretti a lasciare i loro partiti. L’ex segretario della Dc Forlani viene indagato per tangenti, mentre Andreotti viene accusato di collusioni con la mafia. Governo Ciampi: dopo i referendum il Amato si dimette e il presidente della Repubblica nomina il governatore della Banca d’Italia, Carlo Azeglio Ciampi, nuovo primo ministro. Viene formato un governo sostenuto da una maggioranza quadripartita formata da Dc-Psi-Psdi-Pli. Il primo compito del governo è favorire il varo della nuova legge maggioritaria per il Senato. Si continua inoltre la strada intrapresa dal governo Amato con le privatizzazioni, la riduzione della spesa pubblica e le riforme fiscali. Le nuove leggi elettorali prevedevano, sia per Camera che per Senato, un sistema misto dove il maggioritario uninominale era preponderante, ma il 25% delle camere era eletto col proporzionale. 23.3 – AVVIO DEL BIPOLARISMO Evoluzione dei partiti e nuovi soggetti politici: quando nel 1993 alcune forze politiche, tra cui Lega e Pds, rivendicano le elezioni, i vecchi partiti iniziano un’opera di rinnovamento nel nome, nei componenti e nei simboli: il Psi non riesce a riguadagnare la credibilità perduta, la Dc riprende il nome di Partito popolare ma deve affrontare due scissioni da cui nascono il Centro cristiano democratico e i Cristiani democratici uniti. Il segretario dell’Msi, Gianfranco Fini, avvia la trasformazione del suo partito in Alleanza nazionale. Ma la maggiore novità è la “discesa in campo” dell’imprenditore milanese Silvio Berlusconi che fonda Forza Italia. In pochi mesi Berlusconi riuscì a creare un’alleanza al nord con la Lega (Polo delle libertà) e una al centro- sud con Alleanza nazionale (Polo del buon governo). Elezioni del 1994: alle elezioni Berlusconi raggiunge la maggioranza assoluta alla camera e la sfiora al senato. Governo Berlusconi I: Berlusconi forma il nuovo governo con Lega, An e Ccd. I problemi principali che il problema si trova ad affrontare sono: tensioni interne alla maggioranza e deficit statale troppo alto. I conflitti interni sono insanabili e a dicembre del 1994 Berlusconi è costretto alle dimissioni. Governo Dini: Lamberto Dini forma un governo tecnico che ha l’obiettivo di varare alcune riforme per ridurre il deficit, come quella del sistema pensionistico che viene approvata nonostante l’opposizione del sindacato. Elezioni del 1996: alle nuove elezioni si fronteggiano Silvio Berlusconi, che questa volta si candida senza l’appoggio della Lega, e l’Ulivo di Romano Prodi, formato da Pds, Ppi e altre forze di sinistra, con l’appoggio esterno di Rifondazione. L’Ulivo ottiene la maggioranza assoluta al senato e quella relativa alla camera. 24.4 – L’ITALIA NELL’UNIONE EUROPEA Governo prodi I: per prima cosa il governo cerca di ridurre il deficit per rientrare nei parametri di Maastricht. Grazie al calo dell’inflazione e ai tagli alla spesa pubblica l’Italia riesce a rientrare nei parametri stabiliti dall’Unione. Per evitare che il costo del sistema previdenziale pesi sulle generazioni future si tenta una sua riforma con l’allungamento dell’età pensionabile. Questa riforma però trova l’opposizione dei sindacati e di Rifondazione che era essenziale per avere la maggioranza alla camera. Commissione bicamerale (Prodi I): nel frattempo Berlusconi costituisce in accordo col segretario del Pds Massimo D’Alema, una commissione bicamerale per creare una riforma istituzionale. L’elaborazione che esce dalla commissione prevede la nascita di un sistema semipresidenziale con l’introduzione di una serie di elementi di federalismo, ma i nuovi scontri tra centro-destra e centro-sinistra mettono fine al progetto. Nel frattempo attorno a Cossiga nasce l’Unione democratica per la repubblica (Udr). Governo D’Alema: nel 1998 a causa dell’ennesimo contrasto sulla politica economica, Rifondazione nega la fiducia a Prodi che si dimette. D’Alema forma un nuovo governo. Sostenuto anche dall’Udr e dal Partito dei comunisti italiani, nato da una scissione con Rifondazione. All’interno della sinistra continuavano le scissioni e le ricomposizioni, una delle quali portò alla nascita dei Democratici, formazione promossa da Prodi. Alle elezioni regionali del 2000 il centro-sinistra perde e D’Alema si dimette. Governo Amato II: allora si forma un altro governo Amato che porta avanti la riforma costituzionale degli enti locali, dando loro maggiori poteri: viene data maggiore potestà legislativa alle regioni e vengono attribuite ampie autonomie ai comuni. 23.5 – SOCIETA’ ITALIANA ALLE SOGLIE DEL NUOVO SECOLO Demografia: il paese ha una popolazione di circa 58 milioni di abitanti nel 2000, ma una crescita demografica prossima allo zero. A rompere il modello tradizionale è l’emancipazione della donna e il controllo consapevole sulle nascite. Consumi: ora il benessere diventa appannaggio della maggioranza: si moltiplica il possesso delle seconde case, aumentano le autovetture a disposizione e si diffondono i telefoni cellulari. Scuola: anche se l’Italia presenta un’alta scolarizzazione (il 90% dei ragazzi si iscrivono a scuola), ha la media più bassa di laureati e diplomati.
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