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Storia contemporanea situazione operaia dell'800, Schemi e mappe concettuali di Storia Contemporanea

riassunti di storia contemporanea sulla situazione lavorativa dell'800 in Inghilterra e in Italia

Tipologia: Schemi e mappe concettuali

2016/2017

Caricato il 13/01/2017

Lauramene
Lauramene 🇮🇹

4.5

(2)

2 documenti

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Scarica Storia contemporanea situazione operaia dell'800 e più Schemi e mappe concettuali in PDF di Storia Contemporanea solo su Docsity! Storia Contemporanea Questione operaia, povertà urbana e assistenza sociale tra ‘800 e ‘900 1.Terra e telai. La rivoluzione industriale e la sottrazione dei mezzi di sussistenza L’estensione e i caratteri della povertà erano soprattutto legati alla questione del lavoro, infatti la massa dei poveri era costituita da lavoratori che però avevano guadagni insufficienti alla vita molti disoccupati, tessitori e agricoltori diventarono la caratteristica strutturale della società industriale. Espropriazione della popolazione rurale e suo allontanamento dalle terre. La rivoluzione industriale ebbe il suo inizio di turbolenze nei primi decenni del XVI massa di proletariati messi al bando venne gettata sul mercato del lavoro e ingombravano ed erano privi di utilità, inoltre il grande signore feudale era in guerra con la monarchia e il parlamento e generò un proletariato che allontanò i contadini dalle loro terre impossessandosi di quei terreni. In Inghilterra invece, le turbolenze furono date dalla manifattura laniera fiamminga e dal conseguente aumento del prezzo, le grandi guerre avevano fatto crescere la nuova nobiltà sul principio che il denaro era il potere di tutti i poteri trasformare le terre arabili in pascoli. Le abitazioni dei contadi e i cottage degli operai rurali vennero demoliti o abbandonati, molte città vennero rase ai suolo per i pascoli e restavano solo le abitazioni dei grandi signori. Queste trasformazioni causarono una diminuzione della popolazione e quindi una decadenza delle città, delle chiese, delle decime, le cure portate dal re e dal parlamento nel rimediare a questo flagello dimostrarono un’ammirevole saggezza infatti essi presero delle misure contro tale usurpazione devastatrice delle terre comuni. Un Atto di Enrico VII, 1489, c. 19, vietò la demolizione di ogni casa di contadini circondata da almeno 20 acri di terreno. In un Atto, 25, di Enrico VIII viene rinnovata la medesima proibizione. Inoltre molte fattorie e molte enormi mandrie di bestiame, soprattutto greggi di pecore, si vanno accumulando in poche mani, e questo ha portato a un aumento delle rendite fondiarie e a un decadimento dell’aratura dei campi e molte famiglie non riuscivano più a mantenersi la legge dà disposizione per ricostruire le fattorie demolite, stabilisce la proporzione tra la terra coltivabile a grano e quella da pascolo. La legislazione di Enrico VII però, non portò a nulla, in seguito ci fu un processo di espropriazione violenta della massa del popolo nel secolo XVI e dal conseguente furto dei beni ecclesiastici. Per la maggior parte i beni ecclesiastici furono donati ad avidi favoriti di corte oppure furono venduti a prezzo bassissimo, fondendo i poderi in grandi domini. Sotto la restaurazione degli Stuart i proprietari fondiari riuscirono a commettere una usurpazione sul continente, abolirono la costituzione feudale della terra, cioè addossarono allo Stato le sue prestazioni obbligatorie, rivendicarono la proprietà privata e infine una concessione di quelle leggi sul domicilio. Con la gloriosa rivoluzione con Guglielmo d’Orange, portò al potere i fabbricanti di plusvalore, proprietari fondiari e capitalisti, che inaugurarono la nuova era commettendo un furto a danno dei beni dello Stato insieme ai beni ecclesiastici, la base delle principesche proprietà dell’attuale oligarchia inglese. Il progresso del secolo XVIII appare nel fatto che ora la stessa legge diviene uno strumento per rubare al popolo le sue terre, inoltre questo secolo non comprese così bene come il XIX l’identità tra ricchezza nazionale e povertà popolare Non solo le terre incolte, ma molte volte anche le terre coltivate in comune oppure dietro un determinato pagamento alla comunità, venivano incorporate dai ‘landlords’ limitrofi con il pretesto della recinzione. I piccoli fittavoli divengono persone che debbono guadagnarsi di che vivere lavorando per conto di terzi e che sono costrette a comprare sul mercato tutte le cose di cui necessitano ... Probabilmente viene svolta una maggiore quantità di lavoro, ma giacché v’è una maggiore costrizione di effettuarlo ... Sorgeranno città e manifatture, in quanto vengono ributtate nelle città e nelle manifatture più persone che cercano lavoro si genera il plus-prodotto per le manifatture, e quindi quest’ultime, costituiscono una miniera d’oro della nostra nazione. L’ultimo, grande processo di espropriazione dei contadini espulsi dalle terre è stato infine il cosiddetto clearing of estates (il diradamento dei fondi). Si prosegue con il «diradamento» dei ‘cottages’, in maniera che gli operai agricoli non posseggono sulle terre da loro lavorate neanche lo spazio necessario per una casa. La rivoluzione industriale. Saggio sulle origini della grande industria moderna in Inghilterra I contadini non essendo autosufficienti nella lavorazione della terra, gli altri membri della famiglia iniziano a lavorare nel settore industriale. I mercanti si erano trasformati in imprenditori e quindi si occupavano anche della trasformazione della materia prima in un prodotto da vendere, essi quindi dovevano assumere degli operai per eseguire le varie fasi di lavorazione operai molto diversi da quelli della fabbrica poiché lavoravano sia per la fabbrica sia nelle terre. L’uomo lavorava nei campi, mentre la moglie filava la lana portata dal mercante della città vicina, a volte l’agricoltura e l’industria erano legate l’una all’altra in modo tanto stretto che ogni incremento in una di queste attività implicava una equivalente diminuzione nell’altra. La lana veniva affidata al tessitore che aveva una sua indipendenza assumeva anche il ruolo di imprenditore e si incaricava di dirigere la lavorazione facendo eseguire, a proprie spese, la cardatura e la filatura e procurando gli attrezzi e parte del materiale sussidiario. Inoltre, non era legato ad un unico padrone ma a diversi mercanti di panni. il telaio del tessitore, che dopo essere divenuto lo strumento di un lavoro salariato, cessava ora di appartenere al produttore. Fu così che, dopo la materia prima, anche gli strumenti di lavoro caddero nelle mani del capitalista, all’inizio del XVIII il mercante possedeva la lana, il filo e la stoffa assieme al mulino per i panni e i negozi per vendere il prodotto. Il produttore aveva una condizione precaria e ancora di più se viveva nella città dove risiedeva il mercante dei panni; l’operaio invece lavorava ancora a domicilio senza essere sottomesso dalla fabbrica e il padrone garantiva l’ordine e la successione dei procedimenti tecnici. Il mercante di panni radunava i telai nella propria casa e ne riuniva 10 o 12 continuando a dar lavoro a operai a domicilio passaggio da mercante che acquistava al mercato la stoffa tessuta dal piccolo produttore al fabbricante destinato a divenire il grande industriale dell’epoca. A Bradford si tessevano due tipologie di lana: lane pettinate e cardate: • L’industria della lana pettinata impiegava lane a fibra lunga, di qualità superiore e di prezzo elevato: aveva bisogno di capitale • L’industria della lana cardata impiegava lana corta e ricciuta, meno costosa ma più difficile da lavorare: bisogno di manodopera esperta Nell’est dell’Inghilterra invece, predominava l’industria dei pettinati di lana la loro principale funzione (mastri pettinatori) era la pettinatura della lana, operazione assai delicata e affidata agli abili operai, successivamente i viaggiatori percorrevano le campagne recapitando la lana ai filatori e tornando a prendere il filo e pagando la somma dovuta per il lavoro eseguito. L’Inghilterra era famosa per la sua industria laniera e la piccola industria riuscì a sopravvivere e anche le vecchie forme dell’industria a domicilio non scomparvero e alimentarono l’illusione che nulla fosse cambiato. 2. Nuove immagini di povertà. Questione sociale e questione operaia nell’inchiesta Il dibattito sulla povertà si accese nel corso degli ultimi decenni del XVII secolo quando a causa della progressiva trasformazione capitalistica dell’agricoltura. Nel corso del XIX secolo ogni paese industrializzato ebbe numerose inchieste sulla condizione operaia inchieste private e promosse da istituzioni pubbliche. Le diverse istituzioni promossero inchieste con diversi scopi: valutare l’opportunità di provvedimenti legislativi, offrire suggerimenti sul modo di affrontare la crisi, migliorare le condizioni sanitarie e moralizzare la società. All’inizio degli anni ’20 inizia a diffondersi il termine pauperismo indica una condizione di massa dal carattere permanente “malattia della società”. La massa dei poveri è costituita da lavoratori cui guadagni sono insufficienti alla vita: disoccupati o sottoccupati, tessitori, agricoltori immigrati e immiseriti, il lavoro non è più fonte di virtù come nel XVIII secolo ma della degradazione. I poveri erano più numerosi in Spagna, in Portogallo e anche nei vari distretti francesi. Ora il povero, non è il vagabondo socialmente inutile, ma un lavoratore colui che crea la ricchezza della nazione, la società industriale creando nuovi bisogni, crea allo stesso tempo nuove privazioni e la grande paura delle classi popolari non era la carestia ma la perdita di una giornata di lavoro. Anche Engels nei suoi testi parla della rivoluzione industriale e si basa soprattutto sulle condizioni disumane in cui questo sviluppo aveva ridotto la classe lavoratrice inglese- capitalismo più maturo a produrre miseria e emarginazione mentre al contrario di sviluppo di nuovi settori quali la chimica e la meccanica leggera, modificarono profondamente il mercato del lavoro e favorirono l’ingresso nelle fabbriche di un gran numero di adolescenti a cui venivano attribuite mansioni non qualificate. In Italia, i ragazzi che emigravano con gli adulti nella seconda metà dell’Ottocento non erano più destinati a imparare un mestiere ma erano avviati al lavoro di strada ma erano avviati ai lavori di strada, ai lavori edili o a quelli pericolosi. La società industriale non appariva in grado di garantire il controllo sulla moralità dei giovani lavoratori ed i loro comportamenti irrispettosi divennero il simbolo della rapida industrializzazione e del tumultuoso processo di urbanizzazione. Se nei decenni precedenti era diminuito il numero dei fanciulli lavoratori grazie alla legislazione sull’obbligo scolastico che ne innalzava i limiti di età e si erano quindi attenuate le forme più brutali di sfruttamento, si stava ora profilando un modo nuovo di abusare degli adolescenti: la riduzione delle opportunità di un lavoro stabile e qualificato. La fabbrica inoltre, rispetto al servizio domestico, alla fatica del lavoro dei campi o al mestiere di calzolaio, sarta o altri lavori svolti a domicilio, si rivelò attraente per molti adolescenti, anche le ragazze erano portate a valorizzare il lavoro industriale per la maggior libertà e le maggiori occasioni di socializzazione che offriva. I conflitti sul salario e i contrasti con i genitori per una maggiore libertà sono invece evidenti nei luoghi di emigrazione. Nelle grandi città americane, i giovani immigrati si dimostrarono inclini a non dare per scontata la propria subordinazione ai bisogni della famiglia. All’interno della famiglia, il lavoro dei giovani era riconosciuto, mentre riceveva una scarsa considerazione all’interno delle organizzazioni sindacali i giovani erano propensi a fare scioperi e atti di protesta per le condizioni in cui lavoravano, esprimevano il proprio malcontento per le condizioni di lavoro e di salario con l’indisciplina o l’abbandono del lavoro. L’estensione del servizio militare obbligatorio a tutti i giovani, l’enfasi crescente posta sull’importanza della difesa nazionale e sul valore civico del servizio militare attribuiva alla gioventù un ruolo centrale. A partire dagli ultimi anni dell’Ottocento sino allo scoppio del conflitto in tutti i paesi europei si avverte da parte dei giovani operai una nuova volontà di far sentire la propria voce che si manifesterà apertamente nel corso della Grande guerra. La Grande guerra In tutti i paesi industrializzati coinvolti nel conflitto l’aumento straordinario della produzione nel settore dell’armamento, la diffusione della lavorazione in serie, la mobilitazione della gran parte della classe operaia, ampliarono grandemente le opportunità occupazionali per i giovani nell’età compresa dai 14 ai 21 anni. Le lavoratrici nelle industrie di guerra, le “munitionnettes” erano in prevalenza donne molto giovani, mentre le donne sposate si dedicarono prevalentemente al lavoro a domicilio. Nelle fabbriche la protesta dei giovani, assunse un rilievo nuovo presero l’iniziativa degli scioperi e nel corso delle manifestazioni si dimostrarono i più attivi e i più determinati. Anche all’interno delle famiglie la guerra portò mutamenti di grande rilievo, impose un continuo riadattamento delle modalità di convivenza, alterò le relazioni di dipendenza, ridefinì responsabilità e ruoli adolescenti divennero capifamiglia, e il loro salario era indispensabile per la sopravvivenza. Ai giovani inoltre fu negato il diritto allo svago e alla socializzazione al di fuori delle forme ufficialmente previste dalla mobilitazione e dalla propaganda ed essi reagirono valorizzando in modo ancora più accentuato rispetto al passato forme di socializzazione spontanea. Il tempo libero dal lavoro era trascorso per le strade dove si andarono moltiplicando le condanne per alcuni reati: aggressione nei confronti delle guardie, azioni irriverenti e ritorsioni violente nei confronti della classe media aumentarono le condanne in molti paesi, per questi reati. 5. L’emigrazione negli Stati Uniti e il movimento dei settlements (1889-1917) A partire dagli anni Sessanta dell’Ottocento la rivoluzione industriale toccò gli altri paesi dell’Occidente, Il grande flusso migratorio verso gli Stati Uniti assorbì la popolazione “in soprannumero” nelle campagne europee per gli effetti dell’industrializzazione consentendo lo sviluppo accelerato dell’economia americana. La vita nei quartieri più poveri delle metropoli americane dove sorgevano i settlements, la condivisione dei problemi dei nuovi arrivati, lo sforzo riformatore volto a garantire agli immigrati la cittadinanza politica e sociale condusse ad una riflessione originale e profonda sui nuovi sul significato e sui nuovi compiti della democrazia. Jane Addams (1860-1935) Le qualità che le sono state riconosciute sono per lo più l’intuizione, la generosità, il buon senso, in Italia è sconosciuta. In un’epoca in cui le donne non avevano che scarse possibilità di far sentire la propria voce, le realizzazioni di Jane Addams ci appaiono straordinarie. La sua attività fu determinante per l’istituzione dell’ufficio dell’ispettorato del lavoro dell’Illinois nel 1893 e del tribunale dei minorenni nel 1898, per l’approvazione della legge sul lavoro minorile (1902) e per il sorgere di numerose associazioni. Nata a Cedarville, nell’Illinois nel 1860, apparteneva ad una delle famiglie più ricche ed influenti di quella piccola comunità. Restò presto orfana di madre; il padre, a cui Jane Addams fu sempre molto legata, era un giurista amico di Abraham Lincoln, un uomo di successo negli affari e un banchiere. I sette anni che seguirono, dai 21 ai 28 anni, sono caratterizzati da un penoso senso di smarrimento, acuito dalla morte del padre, avvenuta nel 1881, e dall’incertezza sul proprio futuro. Jane Addams infatti appartiene alla prima generazione di donne che nel periodo di prosperità che seguì alla guerra civile ricevettero un’istruzione, si diplomarono e dovettero affrontare il problema del proprio ruolo in una società che continuava a negare loro l’accesso alle carriere e a campi d’azione diversi dall’ambito domestico, Provò lo stesso senso di disperazione e di rabbia di fronte alle fatiche cui erano sottoposte le donne nell’industria. Nel 1889, al suo ritorno negli Stati Uniti, prese in affitto un piano di Hull House, un quartiere molto povero di Chicago, abitato prevalentemente da immigrati italiani. Hull House divenne anche un centro di elaborazione di riforme sociali, di mediazione nel corso degli scioperi e un punto di riferimento per l’organizzazione operaia. Tra il 1880 e il 1930 la città ebbe un tasso di crescita tra i più elevati degli Stati Uniti, dopo essere stata vittima di un incendio, Chicago nel 1893, anno della maestosa esposizione universale, Chicago celebrò il suo trionfo. Ben 27 milioni di visitatori provenienti da tutto il mondo poterono ammirare i grattacieli imponenti. In quegli anni, Chicago era già il nodo ferroviario più importante degli Stati Uniti, situato proprio nel cuore del paese. Chicago divenne l’epicentro del movimento riformatore americano; in quei 60 anni la sua popolazione aumentò da 150.000 a oltre 2 milioni di abitanti, per l’85% immigrati o figli di immigrati più grande centro di allevamento del bestiame, la sede di numerosi stabilimenti industriali, della confezione e della finitura a domicilio dei capi di abbigliamento a cui si dedicavano prevalentemente le immigrate italiane. I compiti che Hull House si prefiggeva erano così espressi nel suo statuto: Offrire un centro per una vita sociale e civica più elevata; intraprendere e conservare iniziative filantropiche ed educative, indagare e migliorare le condizioni dei distretti industriali di Chicago ma prima di tutto Hull House voleva rappresentare una protesta, contro l’esclusione sociale e una visione angusta dell’educazione. Le residenti di Hull House iniziarono la loro vita nel quartiere semplicemente invitando i vicini alle serate sociali. I primi servizi avviati ad Hull House furono una cucina, per andare in aiuto alle donne del quartiere impegnate nella finitura dei capi di abbigliamento a domicilio, e un asilo che custodiva i bambini delle donne che lavoravano fuori casa.
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