Docsity
Docsity

Prepara i tuoi esami
Prepara i tuoi esami

Studia grazie alle numerose risorse presenti su Docsity


Ottieni i punti per scaricare
Ottieni i punti per scaricare

Guadagna punti aiutando altri studenti oppure acquistali con un piano Premium


Guide e consigli
Guide e consigli

Storia culturale della Francia dal XVIII secolo al XX, Appunti di Cultura Francese

Appunti sulla storia culturale della Francia dalla Belle Époque agli anni ‘90 integrati al libro “Histoire Culturelle de la France au XX siècle”

Tipologia: Appunti

2021/2022

Caricato il 30/06/2022

allegra.pradelli
allegra.pradelli 🇮🇹

4.5

(6)

6 documenti

1 / 79

Toggle sidebar

Spesso scaricati insieme


Documenti correlati


Anteprima parziale del testo

Scarica Storia culturale della Francia dal XVIII secolo al XX e più Appunti in PDF di Cultura Francese solo su Docsity! 1 CULTURA FRANCESE I Gli intellettuali di oggi e l’impegno: dall’“engagement” classico alle nuove forme di “intervento” nella società Unità 1 – Fondamenti di storia culturale della Francia Al termine “cultura” diamo tre significati: 1. ciò che la contrappone alla natura, studiata dagli antropologi, quindi, le tecniche e la pratica attraverso le quali le comunità di individui si allontanano dallo stato di natura per identificarsi in quello di cultura. Queste tecniche vanno dalla scoperta dell’agricoltura e si sviluppano in dipinti rupestri, il pensiero, le riflessioni, canti, cucina, vestiti etc. Questi aspetti entrano a far parte di nozioni culturali identitarie che contrappongono un gruppo ad un altro e che si identificano con gli elementi sopracitati; (es. razzismo: l’istinto umano naturale è respingere qualcuno diverso da me; con la cultura ci si muove ad un livello successivo che vede l’accoglienza anche di persone diverse da noi) 2. cultura come creazione → Ministro della Cultura si configura come un ente che difende le creazioni umane che, con il tempo, includono sempre più prodotti artistici; 3. cultura come trasmissione, trasmissione che avviene nella scuola, tutto il patrimonio di conoscenze – immateriale – reputato fondamentale da essere trasmesso da generazione in generazione. Questi tre livelli non sono tre compartimenti stagni, ma si intersecano reciprocamente: un artista che crea un certo prodotto dipende dal tessuto culturale in cui nasce → un artista di oggi crea un prodotto che risente della mentalità, dello stile, del gusto del contesto in cui nasce – cultura come primo livello; molti grandi artisti sono capaci però di dialogare anche con le generazioni future. Allo stesso modo, un’opera d’arte può essere così dirompente da cambiare il gusto e la mentalità dell’epoca. Le opere d’arte entrano a far parte del patrimonio culturale, ma viene comunque fatta una selezione perché non tutto viene giudicato degno di essere trasmesso a seconda del panorama differente e dell’audience. L’idea dell’intersecarsi dei piani lo si nota bene nel tema dell’intellettuale engagé e del cambiamento della sua funzione a cavallo dei due secoli. Gli intellettuali engagé, nutriti dal clima culturale che li circonda, decidono di scrivere opere che hanno il potere di cambiare la società (in Italia, Saviano). Il nuovo clima culturale italiano determinato dalla diffusione del covid ha ridato importanza ai filosofi che hanno preso posizioni su temi sociali e politici. Gli anni ’80 dell’edonismo sono gli anni disimpegnati, anni di una dimissione dall’intervento politico nelle opere degli intellettuali che si contrappone all’engagement degli anni ’60. La “storia culturale” è un’invenzione relativamente recente; la cattedra universitaria in Francia nasce negli anni ’80, una nascita che dipende da determinati fattori come: - le nuove correnti di studio della storia che nascono alla fine del ‘900; in precedenza, c’era la storia dei grandi événements che studiava esclusivamente gli avvenimenti storici; negli anni ’80 del secolo scorso si afferma, soprattutto in Francia, una storia che studia differenti aspetti della storia, quale la storia delle mentalità degli uomini, quindi delle diverse concezioni che avevano gli uomini nei diversi periodi storici; - un altro filone narrativo che si sviluppa negli anni ’70 è quello della storia dell’editoria e del libro perché, fino a che non sono stati inventati i mezzi di comunicazione attuali, l’informazione si diffondeva attraverso la carta stampata; si andò ad indagare, per esempio, la relazione di prezzi tra guadagni e costo dei libri. Tutto questo viene studiato come forma di rappresentazione di un essere umano come membro di una società; studiamo un oggetto per capire come un essere umano esprima il suo modo di essere e pensare all’interno del gruppo di individui cui appartiene e in cui si riconosce. Si cerca di comprendere, quindi, l’origine dei prodotti culturali, attraverso quali pratiche – individuali e collettive – si esprimono gli uomini e attraverso quali supporti si diffondono queste rappresentazioni culturali (media e quindi come il linguaggio dei media influenzi il linguaggio delle persone). In Francia lo Stato ha una grande rilevanza sui fatti culturali: la cultura – come creazione – è sempre stata vista come un fortissimo valore identitario: tutti i monarchi – e poi i presidenti – hanno sempre voluto lasciare un segno tangibile nella cultura dei loro anni di potere. C’è un patrimonio culturale identitario molto forte. Il rapporto tra lo Stato e la cultura è uno dei livelli su cui viene studiata la storia culturale dal libro Histoire Culturelle de la France au XXe siècle. Gli altri livelli sono lo studio delle pratiche culturali in Francia che porteranno a una progressiva affermazione di una cultura di massa, a un più libero accesso alla cultura e all’educazione, a uno sviluppo dei mezzi d’informazione e alla progressiva emergenza della civiltà del tempo libero. Il terzo livello di studio consiste nel mantenere uno sguardo sui grandi mediatori culturali che hanno portato a dei mutamenti culturali importanti – es. giochi di parole della pubblicità che sono diventate di pubblico dominio anche grazie alla corrente artistica del “surrealismo” che plasmava la propria arte proprio su questi giochi di parole, giochi che servivano 2 a scardinare la mentalità standard del rigore logico. La figura dell’intellettuale in Francia appare a partire dall’Affaire Dreyfus. Chapitre 1 : La Belle Epoque ou la naissance du XX siècle culturel en France (1890-1914) Se il XX secolo dal punto di vista politico comincia con gli avvenimenti della Prima Guerra Mondiale, il XX secolo culturale comincia a profilarsi con l’inaugurazione della Tour Eiffel e le grandi luminarie della Grande Esposizione Universale del 1889. Il XX secolo in Francia è un secolo in cui assistiamo al rafforzamento della Repubblica, ad una ripresa economica e alle prime leggi sociali guadagnate con una dura lotta; tutto questo contribuisce alla speranza nel progresso e a condizioni di vita migliori. Questo periodo di speranze termina con la Prima Guerra Mondiale. I. La parte d’Etat : la République creuset d’une culture commune La Torre Eiffel viene creata per l’Esposizione Universale del 1889 in occasione dei cento anni della Rivoluzione Francese; ai tempi da molti viene considerata un obbrobrio perché andava contro i dettami artistici dell’epoca: viene costruita da un ingegnere (Eiffel) con un materiale industriale, il ferro. Se per molti, come lo scrittore Maupassant, viene vista come segno di degrado, per altri viene vista come il segno della nascita del XX secolo anche per le differenti funzioni a cui può adempiere: stella del cinema, telegrafo etc. La Tour Eiffel vien costruita in quel periodo storico che viene definito Belle Époque che va dalla fine degli anni ‘70/‘80 del ‘800 e che termina con lo scoppio della Prima Guerra Mondiale. Dal punto di vista politico siamo nella Terza Repubblica, che si instaura in Francia nel 1870, alla fine della Guerra franco-prussiana che termina con la sconfitta di Sedan, grande umiliazione per la Francia che perde i territori dell’Alsazia e della Lorena che passano nelle mani della Prussia. La perdita di questi territori determina la diffusione del fenomeno del revanchisme, una volontà di rivalsa che determina, quindi, anche una forte inimicizia nei confronti della Germania che sarà anche alla base dello scoppio del Primo Conflitto Mondiale. Dal punto di vista politico si vede la fine del Secondo Impero Francese alla cui guida c’era Napoleone III, nipote di Bonaparte. - La Prima Repubblica viene proclamata durante la Rivoluzione Francese dopo la fine della monarchia; - La Seconda durante i moti rivoluzionari del 1848; - La Terza Repubblica dura fino alla Seconda Guerra Mondiale, fino al 1940 quando, a seguito dell’invasione, della Germania vien proclamato il regime di Vichy, una dittatura nazista; - La Quarta Repubblica nasce dopo la Seconda Guerra mondiale e dura fino al 1958; - La Quinta Repubblica nasce nel 1958 quando ci fu una profonda revisione della costituzione con De Gaulle e dura fino ad oggi. La Terza Repubblica nasce con una forte vocazione identitaria: si vuole porre fine per sempre a qualunque rigurgito monarchico, come se la Francia volesse chiudere con la stagione della monarchia. La Repubblica è fondata sul potere di rappresentanza del parlamento con suffragio universale e con il rifiuto di qualsiasi potere personale. Nasce, quindi, insieme alla volontà di consolidare i valori democratici, dell’uguaglianza e della libertà – almeno formalmente. Ci sono così una serie di interventi fatti dallo Stato per promuovere un insieme di valori comuni e condivisi, valori della Repubblica che si vogliono far affermare a tutti i livelli della nazione. Questi valori comuni sono al contempo della democrazia e dell’orgoglio della nazione. Il nazionalismo, il sentimento della grandeur francese non è associato alla destra politica, è di tutte le parti: i valori repubblicani e di identità nazionale coincidono. Interessante notare come uno Stato repubblicano e di diritto, come quello della Terza Repubblica, non imponga dei valori dall’alto, ma cerchi di influire sulla mentalità delle persone affinché determinati valori si diffondano naturalmente e autonomamente – è questo un metodo molto più efficace. Ci sono dei provvedimenti più o meno simbolici per veicolare questi valori quali: • nel 1879 si stabilisce che la Marsigliese, canzone della Rivoluzione, diventi inno nazionale; • nel 1878, l’anno successivo, viene stabilito che il 14 luglio diventi festa nazionale. Sono provvedimenti simbolici ma di grande rilevanza che stabiliscono un collegamento diretto tra i valori della Rivoluzione e la Terza Repubblica che non si ispira, quindi, all’Ancien Régime né ai suoi valori di disuguaglianza di classi. 1. Le projet scolaire : l’éducation au cœur de l’identité française I repubblicani al governo sono convinti che la stabilità del regime dipendesse dalla formazione di un popolo di cittadini illuminati ed emancipati dalla supervisione clericale conservatrice e mettono quindi in atto dei provvedimenti profondi e capillari che si concentrano molto sulla scuola, in quanto base dei più profondi cambiamenti perché educatrice dei cittadini ideali e delle future generazioni; è, quindi, il terreno su cui stabilire e far fiorire i valori progressisti della Terza Repubblica. Jules Ferry è il fautore della riforma dell’insegnamento primario e forte sostenitore di una chiara distinzione tra “le scienze 5 di grande importanza. Le università rimangono quindi appannaggio delle classi sociali più alte e più ricche accentuando così la disuguaglianza sociale e formativa. C’è ancora inoltre una forte disparità tra coloro che vivono nella capitale e coloro che sono invece lontani nonostante i programmi di decentramento. 2. Le projet laïque : la fin de la France concordataire Elemento centrale nella cultura e nella società francese è proprio la questione della laicità dello Stato; sia la religione sia l’assenza di questa sono un elemento identitario molto forte per i popoli. Durante la Rivoluzione Francese c’è stato un fenomeno molto significativo per la religione, ovvero la forte ondata di scristianizzazione: gli anni della Rivoluzione Francese sono uno dei momenti meno cristiani della storia della Francia – quello che vede una maggiore fede è il periodo del Medioevo – e questo dipende dal fatto che la Rivoluzione sia figlia dell’Illuminismo, corrente filosofica che si basava sulla priorità della ragione sulla fede – se avesse mai supportato una religione non sarebbe stata assolutamente una di quelle rilevate; inoltre, la Rivoluzione viene portata avanti dal Terzo Stato, ovvero quello escluso dalla società e dai suoi privilegi (il primo stato era il clero, il secondo la borghesia). C’erano dei privilegi fortissimi per le classi più alte e quindi in un’epoca in cui si vogliono abbattere i simboli del privilegio è comprensibile il forte sentimento anticlericale che si diffonde nella popolazione. I rivoluzionari più convinti e feroci ritenevano che le suore fossero vittima di una congregazione che aveva l’obbiettivo di sminuire le donne che, nella loro ottica, erano costrette a prendere i voti. Durante questo periodo vediamo quindi il fenomeno della “liberazione” delle suore e delle monache dai luoghi di fede. È un’ondata distruttiva. Nell’epoca della Restaurazione, Napoleone riprende i contatti con la Chiesa Cattolica e nel 1801 fa con questa un concordato – poi esteso anche alla fede protestante e alla religione ebraica – che stabiliva che gli officiali ecclesiastici fossero considerati dei salariati dello Stato, pagati quindi come funzionari del culto. Nel concordato veniva stabilita inoltre la libertà di culto religioso che per molti anni, ai protestanti, era stata interdetta. Apparentemente, quindi, ridava potere alla Chiesa Cattolica che aveva ricostruito nel frattempo il suo tessuto di congregazioni, spazzate via dalla Rivoluzione, ma dall’altra non faceva più del cattolicesimo la religione di Stato: dando libertà di culto era come se già implicitamente negasse l’importanza statale della religione. Durante il regime del concordato i culti protestanti e ebraici godono di una maggiore libertà e integrazione all’interno della società francese. Per i protestanti termina il periodo della persecuzione e anche i pastori diventano dei salariati dallo Stato che finanzia anche la costruzione di facoltà di teologia; ci sono due gruppi di protestanti: i calvinisti e i luterani. Anche gli ebrei in Francia si integrano nella società e nella comunità francese. Quando Ferry toglie l’insegnamento religioso proclamando la laicità della scuola c’è un passo ulteriore verso il distaccamento tra Stato e Chiesa; il clero si oppone violentemente a queste leggi affermando che la Terza Repubblica volesse una scuola senza Dio e quindi senza morale; la sfida della Repubblica era, però, quella di instillare una morale civica, quindi non religiosa, ai suoi cittadini. Questo rende più tesi i rapporti tra Chiesa e Stato, rapporti che si acuiscono durante l’affaire Dreyfus e dal conseguente clima di violenza. Nei primi del ‘900 vediamo numerosi provvedimenti emanati per togliere importanza alla Chiesa: 1. nel 1901 viene emanata una legge che obbliga qualsiasi congregazione religiosa a chiedere formalmente il permesso di potersi formare, pena l’esilio per i membri delle congregazioni vietate dalla legge; 2. nel 1904 viene emanata una legge che vieta a tutte le congregazioni religiose di insegnare: la chiesa non può più avere una scuola per formare i bambini; 3. nel 1905 viene presentato dal deputato Aristide Briandt un progetto di legge, “legge di separazione tra Chiesa e Stato” che rompe, quindi, il concordato. Sulla linea della tradizione liberale del 1789, si precisa che la Terza Repubblica assicura la libertà di coscienza e garantisce il libero esercizio dei culti nel rispetto dell’ordine pubblico, ma consacra la fine del sistema concordatario. La religione diventa così un fatto meramente privato e il patrimonio religioso preesistente diventa proprietà dello Stato che lo mette a disposizione dei fedeli attraverso un escamotage, attraverso la creazione delle associazioni del culto che permettono ai fedeli di continuare ad andare in chiesa. Questa legge ha forti ripercussioni sull’opinione pubblica: i protestanti ed ebrei si adattano tranquillamente al pacchetto di leggi così come molti cattolici perché abituati a non essere protagonisti in Francia. Il Vaticano rimane invece offeso non solo per il fatto che effettivamente il concordato venga rotto in maniera unilaterale – addirittura vieta ai cattolici di prestarsi all’escamotage delle associazioni del culto invitando ad una resistenza passiva –, ma anche per l’impatto culturale della legge: questa divisione è il culmine di un’idea di vita e dello Stato in cui la religione non appartiene più al pacchetto di valori da inculcare e trasmettere. Si arriva alla rottura di qualsiasi forma di concordanza tra Chiesa e Stato che era partita dalla libertà di culto stabilita da Napoleone. [Si ha un parziale ritorno alla religione durante il regime di Vichy + il tema della laicità torna nell’attualità per la questione dei simboli religiosi.] 6 3. Le projet culturel : les beaux-arts républicains Malgrado la Terza Repubblica ritenga che la cultura – quella alta – sia fondamentale, non ritiene che si debba creare un Ministero ad hoc; esiste una specie di istituzione, la Direction des Beaux Arts che viene accorpato al Ministero dell’Istruzione la cui particolarità era quella che, di fatto, si occupava soltanto della difesa del patrimonio esistente: lo Stato non entra nella creazione contemporanea e la Direction des Beaux-Arts si occupa della protezione, ad esempio, degli archivi nazionali, della biblioteca nazionale, del museo del Louvre e dell’amministrazione dei monumenti storici. L’istituzione ha per missione la protezione del patrimonio culturale e la resa dei tesori artistici e storici strumenti per l’educazione dei cittadini. La Direzione garantisce anche la libertà di associazione tra artisti e la libertà imprenditoriale. Occupandosi quindi solo della protezione, non è lo Stato che commissiona ad artisti lavori e installazioni e questo nella Terza Repubblica avrà delle conseguenze nel mondo della cultura intesa come creazione. II. La transformation des pratiques culturelles : la transition vers une culture de masse Analizziamo il modo in cui i processi culturali promossi dallo Stato – che durante la Terza Repubblica dà priorità alla scuola – si sviluppano orizzontalmente, quindi, come vengono recepiti dalla popolazione che subisce quindi profondi mutamenti che portano, infine, alla cosiddetta cultura di massa. 1. L’âge d’or de l’imprimé : l’essor de la presse et du livre La conseguenza più immediata delle leggi sulla scuola è l’abbattimento del tasso di analfabetismo che scende radicalmente grazie al fatto che un numero più ampio di persone può accedere alla lettura. Questi anni sono considerati gli anni d’oro della stampa che si amplia grazie all’allargamento del pubblico dei lettori e allo sviluppo del nuovo campo dell’editoria scolastica che si dota di macchinari più efficienti; si aprono così possibilità di guadagno per editori sia di giornali sia di libri. Alcune invenzioni tecniche molto importanti del secolo nell’ambito dell’editoria sono, per esempio, l’introduzione di una rotativa meccanica e di una macchina linotype grazie alla quale si compongono più pagine alla volta: la rotativa è in grado di stampare tantissime copie del giornale e va a sostituire la stampa manuale. Un altro fattore di tipo tecnologico che ha una forte influenza sull’attività della stampa è la diffusione capillare della rete ferroviaria sul territorio francese perché questo significa che i giornali, così come i libri, possono essere portati da qualunque parte sul territorio. La casa editrice Hachette è la prima che si muove in questo settore firmando un contratto con la compagnia ferroviaria per avere il monopolio sul mercato librario. Prima che si affermasse il trasporto ferroviario, che è precedente a questi anni ma che in questi conosce uno sviluppo capillare, nelle campagne c’era la figura del colporteur, ovvero una sorta di venditore ambulante che andava di villaggio in villaggio con tutto il necessario, tra cui libri e giornali da vendere; i libri non erano gli stessi che si leggevano nella capitale, si trattava bensì di libri fatti apposta per essere venduti su questo mercato parallelo di persone più povere e che non potevano quindi avere accesso alla cultura o che avevano esigue possibilità di farlo. Anche questo contribuiva a una grossa differenza tra ambiente di campagna e città. Quest’epoca, la prima vera epoca che va nella direzione della cultura di massa, conosce una relativa omogeneizzazione culturale proprio perché libri e giornali possono arrivare ovunque. La più ampia produzione e diffusione dei giornali permette un costo inferiore del prodotto e questa è una grande novità, perché nel corso dell’Ottocento libri e giornali erano ancora prodotti estremamente costosi, elitari. Per esempio, una famiglia di contadini poteva possedere al massimo un libro, due, non di certo avere una libreria. Il popolo non aveva accesso al libro perché troppo costoso, lo era meno il giornale; per esempio, nell’Ottocento si erano affermati con successo i cabinets de lecture, fondati in realtà nel Settecento: erano dei luoghi nei quali si potevano prendere in prestito dei libri o semplicemente leggerli, così come i giornali e le riviste, pagando solo un piccolo abbonamento. Anche questo contribuì ad abbattere l’analfabetismo, il quale può venir meno se viene ridotto il costo per accedere alla lettura. Se si vendono più copie, è possibile abbassare il prezzo di vendita. [Le biblioteche esistevano ma non erano quelle in cui si andavano a prendere in prestito i libri, erano frequentate dagli studiosi che andavano appunto a studiare; il luogo della conservazione dei libri. Si affermerà più tardi l’idea di biblioteca come luogo di presa in prestito dei libri. I cabinets de lecture facevano le veci delle biblioteche. In genere avevano i romanzi più in voga dell’epoca]. C’era un altro canale di diffusione della cultura, con il quale il popolo poteva avere accesso alla lettura di un libro: il romans feuilletton. Questo si era sviluppato durante tutto il corso dell’Ottocento e nel periodo della Belle Époque è ancora sviluppatissimo. I grandi romanzieri dell’Ottocento, compreso Balzac, pubblicavano questo genere di romanzo. Si trattava di romanzi di appendice, pubblicati a puntate sui giornali ed erano un incentivo all’acquisto dei giornali; quindi, molti di questi editori di giornali che avevano deciso di pubblicare i feuilletton, conobbero dei guadagni straordinari. 7 Il fenomeno della comparsa di questa tipologia di romanzo è molto interessante e potremmo accostarlo a quello delle serie televisive, ma con una differenza fondamentale: le serie che compaio su Netflix, ad esempio, ciascuno di noi sceglie quando guardarle, quando iniziarle, se e quando stopparne la visione, mentre quelle un po’ meno recenti che venivano fatte vedere in tv avevano una programmazione, dunque usciva in un determinato giorno e sempre alla stessa ora; di queste il giorno dopo se ne parlava nei luoghi d’incontro pubblici, come le scuole e gli ambienti di lavoro. Con i romanzi feuilleton succede qualcosa di simile: si ha l’ansia di leggere come va a finire, alcuni sono pensati per essere pubblicati in questo formato, volti alla creazione di suspence; è capitato che il pubblico di lettori protestasse nei confronti dei romanzieri affermando che il continuo dei contenuti del romanzo non fosse adeguato, a dimostrazione di quanto fossero coinvolti nella lettura. È un tipo di romanzo che ha, infatti, un successo straordinario e moltiplica così le vendite dei giornali permettendo di abbassare i prezzi di questi, i quali a loro volta si rendono ancora più accessibili. Oggi i giornali sono letti pochissimo perché sostituiti da altri media, ma in questo momento è il giornale il mezzo più interessante, che veicola soggetti di interesse. *da tenere in conto che la lettura dei romanzi interessava soprattutto il pubblico femminile, il quale vedeva la lettura di questi come un momento di svago, infatti i contenuti non erano seri, altrimenti sarebbero stati indirizzati agli uomini. Erano però un fattore di grande distrazione dal lavoro, quindi i domestici non potevano dedicare troppo tempo alla lettura altrimenti non avrebbero adempito ai propri doveri. È possibile, a seconda della famiglia di signori, che i domestici avessero accesso alla lettura di qualche romanzo presente nelle loro librerie. Un altro elemento che bisogna fare entrare nel computo di questo grande successo sono le agenzie di stampa, le quali diventano agenzie pubblicitarie. La pubblicità sui giornali è un altro fattore di guadagno enorme per i giornali. Il numero di copie stampate – che coincidevano abbastanza con le copie lette – su una popolazione di 40 milioni di persone, dall’inizio della Belle Époque e proseguendo per il successivo ventennio, passa da 1 milione a 12 milioni di copie: mai più la stampa avrà questo successo in relazione alla popolazione, in un’epoca in cui il cinema era poco frequentato e non esisteva la televisione. I giornali più venduti in Francia in quegli anni sono quattro: Le Petit Parisien, Le Petit journal, Le Journal, Le Matin. Sono giornali popolari, non di opinione, non seriosi come quelli letti dagli uomini di affari, ed erano i più venduti. Come se immaginassimo delle trasmissioni televisive su canali popolari. Le Petit Journal – dalla pagina del 2 gennaio 1891 possiamo ricavare diverse informazioni: il giornale costa 5 centesimi e si possono fare abbonamenti da 3,6 o 12 mesi; ci sono notizie di vario genere, ma l’attenzione è da puntare sul feuilletton che si trova nella parte bassa del giornale – per questa posizione viene coniato un nome, “rez de chaussée surélevé”, come se fosse il piano terra o piano rialzato del giornale. Questo feuilleton dura due pagine ed è dell’autore Xavier De Montpin, il quale doveva pensare a un finale abbastanza intrigante da far andare il lettore, ma ancora di più la lettrice, il giorno dopo ad acquistare il giornale. C’era anche il supplemento abbinato al giornale in cui erano scritti altri romanzi/libri a puntate. Abbiamo anche informazioni sul tipo di pubblicità: vediamo una del rum, del vino, un filantropo gratis che spiega i metodi di guarigione da varie malattie/sintomi, come l’asma, la sciatica, reumatismi, il verme solitario da cui si può guarire in due ore, malattie contagiose ecc. Venivano inoltre pubblicizzati i saldi nei grandi magazzini: le cose che si possono acquistare come la cera per le scarpe. È interessante perché attraverso queste pubblicità è possibile capire quale fosse la mentalità della popolazione, a cosa credessero e con quale facilità si affidassero a quanto scritto nei giornali. È un pubblico molto ingenuo. Dato che stiamo analizzando il giornale come prodotto culturale è interessante notare che nella parte superiore l’articolo è rivolto ai malati, un altro articolo a una veggente che legge le carte e la mano, fa l’oroscopo, prevede il futuro, ipnotizza, cura dal sonnambulismo; ci sono anche articoli dedicati a chi presta soldi dietro la firma, a chi è interessato a divorziare e che si può rivolgersi a determinati soggetti indicati: tutto questo compariva sul giornale e ci fa capire la mentalità di quell’epoca. Ci sono poi i giornali d’opinione, che si occupano di questioni politiche, che hanno chiari orientamenti politici: alcuni di sinistra, come la Petite République, l’Humanité che diventerà il giornale ufficiale del Partito Comunista Francese, l’Aurore, molto importante perché sarà il giornale su cui Zola pubblicherà “j’accuse”; tra quelli della destra conservatrice annoveriamo “Le Figaro” che ad oggi ha lo stesso posizionamento, potremmo chiamare della destra moderata. In questi anni nascono anche i giornali della destra estrema, la stessa che sarà vivacissima nella febbre Dreyfus, durante la Prima Guerra Mondiale, ma anche fra le due guerre; ne citiamo due: l’Action Française, un giornale che sarà anche un partito nazionalista, monarchico, fieramente antirepubblicano; il secondo è “La Libre Parole” fondato da Drumont, giornale di destra estrema ed antisemita, estremamente attivo durante la febbre Dreyfus e seguito da altri giornali collaborazionisti attivi durante la Seconda Guerra Mondiale. 10 o Di questi cabarets è famoso lo Chat Noir, sempre a Montmartre, quartiere piuttosto agreste e contestatario, dove tutta l’avanguardia politica – anarchica – nasce proprio qui; non è quindi un caso che queste figure nascano e fioriscono qui, in questa parte piuttosto popolare. In questa parte sono famose anche le sale da ballo all’aperto, luoghi tra l’onesto e il disonesto; o Ricordiamo anche il cabaret des assissins, poi “du lapin agile” – dal nome del pittore Gil che disegnò un coniglio nel locale (à gil); In questi anni nasce anche il cinema, preparato dalla diffusione delle locandine pubblicitarie e delle cartoline; il 22 dicembre 1895 viene fatta la prima proiezione cinematografica dei fratelli Lumière attraverso un aggeggio, un cinematografo, che proietta sul muro la rappresentazione dei filmati grazie ad una persona addetta a ruotare una componente della macchina. Portano quest’invenzione in giro per fiere e avendo molto successo cercano altri manovratori per continuare le proiezioni; nonostante si pensi ad un possibile fallimento, in pochi anni il grande successo smentisce le iniziali previsioni. La prima proiezione avviene in uno scantinato di un ristorante e i primi “film” erano dei brevissimi documentari realisti; filmavano, infatti, le cose che li circondano e per questo chiamati anche “vues”. Ricordiamo il filmato “La Sortie de l'usine Lumière” che rappresentava l’uscita dalla fabbrica Lumière a Lione di alcuni operai, principalmente donne. Rapidamente si comprende che il cinema può diventare un mezzo per raccontare storie e quindi utilizzato per adattare dei romanzi di successo; uno dei primi film narrativi, un film di fantascienza è quello creato da George Méliès – un mago che introduce nel cinema gli effetti speciali – del 1902, “le Voyage dans la Lune” di Jules Verne. È cinema muto e quindi i movimenti sono molto ridondanti perché l’unico mezzo per comunicare. Interessante come già qui ci sia l’elemento fantastico nelle storie narrate nel cinema. Un altro ambito nel quale la Belle Époque rappresenta l’inizio della cultura moderna è anche quello dello sport, come si vede da questa fiche (ppt) – è l’epoca d’oro anche dei manifesti pubblicitari. Questa locandina pubblicizza Etretat, una località della Normandia a quattro ore da Parigi raggiungibile grazie alla ferrovia dell’ovest il cui treno parte dalla Stazione Saint Lazare. A Etretat c’è il tennis club, il casino, il teatro e interessante notare come il tennis era all’epoca, come è rimasto per molti anni, uno sport elitario – come si nota anche nella letteratura, Proust e “giardino di Finzi Contini”. Il tennis nasce anche come sport femminile, è quindi per entrambi i sessi di classe comunque agiata. La ragazza nella locandina spinge la bicicletta, oggetto culturale della Belle Époque; diventa in quest’epoca accessibile grazie alla riduzione del prezzo e quindi un mezzo tipico di quest’epoca. Interessante anche il suo abbigliamento: indossa la cravatta perché, ai tempi, la donna sportiva, con grande scandalo dei ben pensanti, così si vestiva. Anche nell’opera di Proust vediamo un passaggio in cui vediamo la comparsa di un gruppo di ragazze sportive che spingono la bicicletta; gli sembrano delle ragazze libere e libertine. Nasce, nel luglio 1803, il Tour de France – il giornale “l’Auto” promuove la competizione – che è grande vetrina pubblicitaria anche per coloro che fabbricano biciclette. Tutti questi sport, che erano prima elitari, diventano ora democratici, come il rugby che si diffonde principalmente nel sud della Francia, e il calcio che comincia a costituirsi al nord e all’ovest; diventano sport popolari, più del tennis e del ciclismo. Vengono formati i primi club che raggruppano i praticanti dello sport. Lo sport è una grande vetrina anche di propaganda politica e immagine stessa di un’epoca che si vuole dinamica e progressista ed è anche in buona salute. La pratica culturale dello sport è uno dei massimi luoghi di autorappresentazione della Bella Époque, epoca che vuole essere spensierata. 3. Des disparités culturelles toujours visibles I due eventi considerati la fine della Belle Époque sono il naufragio del Titanic (1912), immagine del progresso e dell’uomo senza limiti che vede però una fine; e la Prima Guerra Mondiale che mostra all’uomo la sua capacità di uccidere i suoi simili così crudelmente e in poco tempo; la Bella Époque aveva già delle contraddizioni intrinseche, come la Terza Repubblica stessa che si voleva dipingere come democratica ed ugualitaria, ma che tale era solo di facciata. La diseguaglianza non era solo scolastica, ma anche tra sessi: il suffragio universale era solo maschile – le donne voteranno nel 1944 – e questo fatto è di forte autolimitazione della donna che non si vede motivata a diventare protagonista dei processi culturali. La disuguaglianza tra i sessi a livello scolastico si manifesta nell’educazione secondaria, perché in quella primaria si era già appianata con le leggi di Ferry. In quest’epoca ricordiamo Colette, grande autrice, donna libera, anticonformista ed emancipata, che sfidò le convenzioni e restrizioni morali contribuendo a rompere alcuni tabù femminili. Vuole rompere lo schema della società patriarcale nelle sue pubblicazioni: si sposa con un grande autore e firma i primi romanzi con il cognome del marito, Willy, come se non si ritenesse degna di firmarsi con il suo nome per poi firmarli con il suo vero nome. La sua condotta libera sia nel matrimonio sia nella maternità viene considerata scandalosa perché vuole rompere con impostazioni precedenti. 11 Un’altra forte disuguaglianza, tratto prettamente francese, è quello tra Parigi e il resto della Francia; l’Italia non è un paese dove la capitale ha un luogo culturalmente egemone, è un paese, culturalmente, di tante città – vd. la distribuzione omogenea nel territorio di case editrici. Lo stesso non si può dire della Francia e nello stesso ambito del loisir, le opportunità di svago sono tutte a Parigi. Ci sono città di provincia in cui cominciano ad arrivare delle opportunità simili, ma la maggior parte della provincia va ad una velocità diversa rispetto alla capitale. Tutti aspirano al capitale culturale di Parigi, al suo progresso, al suo dinamismo e alle sue opportunità. Questo fa sì che si assista ad un’omogeneizzazione, una democratizzazione della cultura parigina che tende a diffondersi in ogni zona del paese – nostra globalizzazione che porta però alla mortificazione di culture locali. Lo stesso avviene nella Belle Époque, dove l’idea che certe pratiche cultuali dei paesi – come sagre e veglie – sia meno attraente dei piaceri parigini. Con il tempo, parallelamente all’annullamento della cultura popolare in favore di quella alta cittadina, vediamo la nascita di una voce nostalgica verso il passato – soprattutto nella destra nazionalista e questo chiaramente esploderà durante il Regime di Vichy che aspirerà ad un ritorno alla Francia rurale, lo stesso sotto il fascismo italiano. III. Mouvements des idées, mouvements culturels : de la création à l’engagement Analizziamo ora come i creatori si fanno anche da mediatori dei processi culturali, di grandi eventi che si costituiscono anche come specchio per la situazione e per la mentalità dell’epoca. I creatori e gli eventi sono profondamente collegati gli uni agli altri: il modo in cui i creatori intendono l’arte ha una valenza sociale e politica anche se apparentemente non sono interessati a ciò. L’evento più significativo dal punto di vista storico, sociale ed economico è l’Affaire Dreyfus e non sarà un caso il modo in cui si posizionano gli artisti, perché strettamente legato al modo in cui concepiscono l’arte. Non è solo attraverso i contenuti che uno può influenzare i processi culturali, ma anche e soprattutto attraverso la forma. Vediamo alcuni esempi di ciò nell’arte pittorica di questo periodo (ppt): • William-Adolphe Bouguereau, pittore accademico, rispetta, quindi, i dettami impartiti dall’Académie de Beaux Arts. È un pittore officiale che esponeva le proprie opere nei salons. All’Accademia si dipingeva sempre attraverso il modello classico, con soggetti mitologici e un esempio di questo è proprio questa tela. Di quest’artista ricordiamo: o “La nascita di venere” (1879) e “Amore e Psiche” (1899) – da un punto di vista formale, è uno stile conservatore, tipico di dipinti accademici sia nella forma sia nei contenuti; non è assolutamente un dipinto rivoluzionario; • Claude Monet – nonostante la fama che possiede oggi, Monet ai tempi era considerato incapace di dipingere e dovette esporre questo quadro in uno studio fotografico, di Nadal. Ricordiamo: o “Impression, soleil levant” (1872); “Boulevard des Capucines” (1873/4) che rappresenta la folla di Parigi che si assembra nei boulevard di Parigi; è arte contemporanea, non mitologica o classica. “La gare Saint- Lazare” (1877) e “Ninfee” (1890-99); in questi anni, Monet, a causa della sua condizione fisica che lo porta quasi alla completa cecità, di quasi diventa un artista astratto; • Gauguin – “La Orana Maria” (1891) Gauguin si reca a Tahiti e qui prede ispirazione per le sue tele; in questa rappresenta un soggetto tradizionale nell’arte occidentale, la Madonna con il bambino, ma in una nuova concezione artistica. C’è una forte rottura non solo con la visione artistica della Belle Époque, ma anche con la sua concezione – Gauguin voleva tornare “primitivo”, abbandonando l’evoluzione tecnica derivante dalla Rivoluzione Industriale e tutti gli agi della Bella Époque. Di Gauguin ricordiamo anche “Due donne Tahitiane”. • Derain, inserito nella corrente dei fauves, si forma in Accademia, ma ben presto abbandona i dettami di questa per dedicarsi ad una propria concezione di pittura, in contrasto con quella tradizionale. Così come quelli di Matisse, anche i nudi di Derain non hanno nulla che li possa collegare all’arte classica o alla mitologia, anzi. Di Derain ricordiamo “Estaque” (1905) e di Matisse “La joie du vivre” (1906). • Un altro artista molto rivoluzionario fu Picasso, provocatore e in franca rottura con i codici precedenti. Dipinge “Les démoiselles d’Avignon” nel 1907 quadro quando è a Parigi – a Montmartre non a caso; qui entra in contatto con le cerchie anarchiche che ai tempi queste non erano minoritarie, come oggi, perché tutto il sindacato è a grossa componente anarchica, quasi come fosse un fenomeno di massa. Picasso è un pittore éngagé e il suo modo di dipingere rivoluzionario è in stretto legame con la sua posizione politica. In questa tela, vediamo delle prostitute di un bordello di Avignon, in posizione provocatrice e sguaiata; due di loro, a destra, hanno sul viso delle maschere africane – siamo nell’epoca coloniale in cui nelle grandi esposizioni arrivavano tanti di questi prodotti, dell’arte nera. Mettere queste maschere, quindi, a delle signore di Avignon significava mettere un elemento altro nella cultura occidentale. Tutto il cubismo di Picasso trae ispirazione dall’arte africana in una frattura dal modello occidentale che si rifà all’arte greca. In un atteggiamento violentemente e volutamente anticlassico anche per contestare la superiorità che gli occidentali si sono attribuiti nei confronti di altri paesi e che, nei loro occhi, ha legittimato le conquiste coloniali. Si sentivano il diritto e il dovere di conquistare per portare la civiltà laddove, per loro, non c’era. L’affaire Dreyfus ha delle ricadute storiche e sociali molto importanti, ma è anche quell’evento che mette in evidenza la mentalità dell’epoca. È proprio in seno all’affaire Dreyfus che nasce il concetto di “intellettuale” che prima esisteva come 12 aggettivo; diventa ora un ruolo, qualcuno le cui capacità, che hanno a che vedere con l’aspetto spirituale, gli permettono di poter parlare in nome di una categoria e di un gruppo di persone; rappresenta le istanze, le necessità della comunità e le rappresenta nella misura in cui questa comunità non sarebbe in grado di formularle o esprimerle. È una figura che parla in nome di qualcuno con una ricaduta pratica e concreta nella vita sociale sfruttando la sua notorietà acquisita nel campo delle arti, delle scienze e delle lettere. L’uomo culturale diventa un uomo politico applicandosi in cause politiche, sociali e umanitarie. L’engagement nasce proprio con l’affaire Dreyfus, quindi durante la Belle Époque. Nel 1894 il controspionaggio francese, che si serviva di una donna delle pulizie per scoprire misteri, trova in un cestino della spazzatura quello che viene un bordereau, carta straccia, nel quale l’autore si rivolge a un officiale tedesco promettendo di dare delle informazioni di carattere militare – siamo nell’epoca del revanchismo contro la Germania, vista come nemica, quindi un fatto particolarmente grave. L’autore di questo bordereau, a seguito di una perizia calligrafica, viene identificato con il capitano Alfred Dreyfus, colpevole ideale perché alsaziano di origine – quindi sa il tedesco ed è possibile sia in combutta con il nemico – ed è inoltre un ebreo, quindi non completamente francese nella mentalità del tempo, nonostante ormai assimilato e non praticante – emerge l’antisemitismo. Viene fatto un processo sommario e Dreyfus viene giudicato colpevole, pubblicamente degradato e condannato al confinamento perpetuo all’Isola del Diavolo nella Guyana Francese. La famiglia cerca di organizzare la difesa di Dreyfus e incarica il giornalista Bernard Lazar, anche lui ebreo, che nel 1896 pubblica un pamphlet “un erreur judiciaire, la vérité sur l’affaire Dreyfus” in cui afferma che le prove a carico di Dreyfus non sussistono. Nel frattempo, c’è un cambio di guardia del dipartimento di spionaggio e il nuovo capo, il colonello George Picquart, giudicato l’eroe della vicenda perché si gioca la carriera, si rende conto, facendo lui dei confronti calligrafici, che le due grafie non coincidono, ma scopre anzi che coincide con quella di un comandante dell’esercito francese, Esterhazy. Comunica ciò e per questo scacciato dalla posizione di comandante; ormai, però, la voce si è diffusa e viene fatto un processo a Esterhazy, ma il tribunale lo assolve. Entra ora in campo Emile Zola che, indignato, il 13 gennaio del 1898 pubblica sull’Aurore, diretto da Clemenceau, una lettera per il Presidente della Repubblica intitolata “j’accuse”; in questa chiede la revisione del processo. Interessante chiedersi come mai Zola abbia indagato su ciò essendo lui un naturalista – naturalisti avevano l’idea di applicare metodi scientifici all’analisi della società con uno scopo diagnostico, per poterli curare, non con un atteggiamento di giudizio morale, ad esempio nei confronti di prostitute, ladri e briganti, che vede invece come frutto della società, dell’ambiente in cui vivono. Zola è rivoluzionario anche perché accoglie nella sua letteratura l’argot, il linguaggio del popolo per la descrizione del popolo; è una novità in cui si esprime una contestazione di tutto un modo di pensare. Non è quindi un caso che Zola si metta nella posizione di contestare un sistema, l’esercito e la giustizia. Il suo “j’accuse” gli varrà un processo per diffamazione e a seguito di questo un’ammenda di 3000 franchi e l’esilio, pena massima, che sceglierà di passare in Inghilterra; paga quindi in prima persona la causa che ha abbracciato e che non lo riguardava personalmente. “J’accuse” non è l’unica forma di protesta, ricordiamo anche “une protestation”, una petizione proposta sempre da l’Aurore il 14 gennaio 1898, che raccoglie 1500 firme. Il testo cita “I sottoscritti, protestando contro la violazione delle forme giuridiche al processo del 1894 e contro i misteri che circondavano il caso Esterhazy, continuarono a chiedere la revisione”; tra i sottoscritti: Zola, la prima, poi Anatole France, autore membro anche dell’Académie, Duclaux, personaggio culturalmente molto in vista, Lugné Poe, uomo di teatro, Halwy, amico di Proust. Il direttore del giornale, Clemenceau, a fronte del gran numero di firme raccolte e dello stampo degli uomini che firmano, afferma che c’è un grande numero di “intellettuali” che si sono radunati in nome di un’idea; questa definizione, “intellettuali”, verrà ripresa in seguito, con connotazione spregiativa da Maurice Barrès nel suo articolo, pubblicato su Le Journal, molto più diffuso e popolare de l’Aurore, “la protestation des intellectuels” utilizzando la parola “intellectuel” in senso spregiativo, facendo il verso a Clemenceau, volendo screditarlo. Sempre, un termine usato in senso spregiativo ha una grande fortuna – lo stesso termine “impressionisti” nasce per screditare gli artisti reputati incapaci di dipingere secondo i dettami classici. Nel frattempo, il movimento di opinione scatenato dall’affaire Dreyfus si diffonde anche nell’opinione pubblica; la maggior parte dei giornali sono contro Dreyfus – Le Figaro aveva provato a fare degli accenni a favore di Dreyfus, ma i lettori avevano protestato, rendendo evidente l’opinione della comunità. I giornali che sostengono Dreyfus sono L’Aurore e La Petit République. Nell’estate viene reso noto il dossier segreto compilato contro Dreyfus e viene scoperto che è un falso, fabbricato apposta da un altro colonnello dell’esercito, Henry che, smascherato per la vergona, si suicida. Aveva fabbricato apposta questo dossier per difendere l’onore dell’esercito. Viene finalmente rifatto il processo nel 1899 e in questo Dreyfus viene ancora una volta considerato colpevole, ma con delle attenuanti – verdetto talmente fittizio che subito dopo il Presidente della Repubblica concede la grazia a Dreyfus, permettendogli di rientrare dall’Isola del Diavolo. Solo nel 1906 in cassazione la sua accusa viene cancellata e potrà essere reintegrato nell’esercito. In questo affaire è implicato un giudizio astratto di giustizia per cui si è divisi tra l’accusare un innocente e conservare, secondo la ragione di Stato, l’ordine delle cose per non creare scossoni nella nazione – tra condannare un innocente e 15 radicale, Gustav Hervé, scrive un pamphlet molto duro, “Leur Patrie” la cui préface spiega la posizione di coloro che rimangono fino in fondo pacifisti, la posizione socialista radicale – comunista – rispetto alla Prima Guerra Mondiale. _________________________________________________________________________________________________ G. Hervé, Leur patrie, 1905 Ce livre contre la Patrie n’est pas l’œuvre exclusivement personnelle d’un intellectuel que des petites mésaventures universitaires auraient aigri contre la Société, ou qui aimerait à jongler avec les idées abstraites, par gout de la logique pure, ou pour le vain plaisir de soutenir des paradoxes. C’est l’expression fidèle de la pensée d’un groupe important d’instituteurs, d’ouvriers d’industrie, de petits commerçants, de journaliers agricoles, de petits propriétaires ruraux, rencontrés au cours de trois ans de propagande dans le département de l’Yonne. Tous, ont été des patriotes : il fut un temps où nous aurions donné notre vie pour la patrie, où nous nous serions fait tuer presque joyeusement pour reprendre l’Alsace-Lorraine. Et aujourd’hui, nous sommes antipatriotes. Questo libro contro la Patria non è opera esclusivamente personale di un intellettuale che delle piccole disavventure universitarie avrebbero amareggiato contro la Società, o che vorrebbe destreggiarsi con le idee astratte, per gusto della logica pura, o per il vano piacere di sostenere paradossi. È l'espressione fedele del pensiero di un gruppo importante di maestri, di operai d'industria, di piccoli commercianti, di braccianti agricoli, di piccoli proprietari rurali, incontrati nel corso di tre anni di propaganda nel dipartimento della Yonne. [dà una definizione del concetto di “intellettuali”]. Tutti sono stati patrioti: un tempo avremmo dato la vita per la patria, dove ci saremmo fatti uccidere quasi felicemente per riprendere l'Alsazia-Lorena. E oggi siamo antipatriottici. Qu’on nous entende bien, d’ailleurs. Nous ne prétendons nullement que l’amour du village natal, que le patriotisme de clocher – qui n’est nullement le patriotisme national – ne soit pas un sentiment naturel, très vivace cher beaucoup : nous qui détestons les patries actuelles, nous avons conservé pour le coin de terre où nous sommes nés une sorte de piété filiale. Nous n'avons jamais soutenu non plus qu'il n'y a pas, entre les nations actuelles, telles que la race et l'histoire les ont faites, des différences de caractères et de tempéraments assez notables. Che ci sentano bene, comunque. Noi non pretendiamo che l'amore del villaggio nativo, che il patriottismo di campanile - che non è patriottismo nazionale - non sia un sentimento naturale, molto vivace caro a molti: noi che odiamo le patrie attuali, abbiamo conservato per l'angolo di terra dove siamo nati una sorta di pietà filiale. Né abbiamo mai sostenuto che tra le nazioni attuali, come la razza e la storia le hanno fatte, non vi sono differenze di carattere e di temperamenti abbastanza notevoli. Nous sommes convaincus, autant que n'importe quel patriote, que les patries ont eu, un temps, leur raison d’être ; et la meilleure preuve, c'est qu'elles sont nées et qu'elles ont vécu ; nous pensons même que leur existence a pu, à certaines époques et dans certaines circonstances, contribuer au perfectionnement général de notre espèce. Enfin, nous comprenons parfaitement que nos pères, les révolutionnaires de 89 et de 93 aient été patriotes, et à leur place, nous l'aurions été tout comme eux. Siamo convinti, come qualsiasi patriota, che le patrie hanno avuto, un tempo, la loro ragion d'essere; e la migliore prova è che sono nate e hanno vissuto; pensiamo anche che la loro esistenza abbia potuto, in certe epoche e in certe circostanze, contribuire al perfezionamento generale della nostra specie. Infine, capiamo perfettamente che i nostri padri, i rivoluzionari dell'89 e del 93, erano patrioti, e al loro posto, saremmo stati proprio come loro. Ces considérations ne nous empêchent pas de nous proclamer antipatriotes. C'est l'adhésion pleine et entière au socialisme qui nous a conduits à cet état d'esprit. Le patriotisme groupe les hommes d'après leur pays d'origine, tel que les vicissitudes de l'histoire l'ont délimité ; au sein de chaque patrie, riches et pauvres, grâce au lien patriotique, forment bloc contre l'étranger. Queste considerazioni non ci impediscono di proclamarci antipatriottici. È stata la piena adesione al socialismo a condurci a questo stato d'animo. Il patriottismo raggruppa gli uomini secondo il loro paese d'origine, come le vicissitudini della storia l'hanno delimitato; all'interno di ogni patria, ricchi e poveri, grazie al legame patriottico, formano blocco contro lo straniero. Le socialisme groupe les hommes, pauvres contre riches, classe contre classe, sans tenir compte des différences de race et de langage, par-dessus les frontières tracées par l'histoire. Même entre les patriotes républicains, antimilitaristes et pacifistes tels que M. Clemenceau, et les socialistes internationalistes que nous sommes, le socialisme creuse un véritable abime : les patriotes de la bourgeoisie républicaine attachent une importance capitale aux formes politiques; nous, au contraire, sans nier la supériorité de la forme politique républicaine sur la forme politique monarchique, nous considérons les différences politiques comme secondaires quand elles recouvrent des formes économiques semblables. 16 Il socialismo raggruppa gli uomini, poveri contro ricchi, classe contro classe, senza tener conto delle differenze di razza e di linguaggio, oltre i confini tracciati dalla storia. Anche tra patrioti repubblicani, antimilitaristi e pacifisti come il Sig. Clemenceau, e i socialisti internazionalisti come noi, il socialismo scava un vero abisso: i patrioti della borghesia repubblicana attribuiscono un'importanza capitale alle forme politiche; noi, al contrario, senza negare la superiorità della forma politica repubblicana sulla forma politica monarchica, Noi consideriamo le differenze politiche come secondarie quando coprono forme economiche simili. Des républicains comme M. Clemenceau, considèrent la forme politique de la France actuelle comme tellement supérieure à la forme politique anglaise ou allemande, qu'ils combattraient les armes à la main pour la défendre et, avec cette forme politique, le génie français qu'elle abrite et dont elle est comme l'expression concrète. Nous, au contraire, nous ne nous bâtirons que pour réaliser ou pour défendre, quand nous l'aurons réalisée, une organisation sociale supérieure aux autres non seulement par la forme politique, mais par le mode de production e de répartition des richesses. Repubblicani come M. Clemenceau, considerano la forma politica della Francia attuale così superiore alla forma politica inglese o tedesca, che combatterebbero le armi a mano per difenderla e, con questa forma politica, il genio francese che ospita e di cui è come espressione concreta. Noi, al contrario, ci costruiremo soltanto per realizzare o per difendere, quando l'avremo realizzata, un'organizzazione sociale superiore agli altri non solo per forma politica, ma per modalità di produzione e di ripartizione delle ricchezze. […] Ce qui nous contriste davantage, c'est de froisser les sentiments intimes d'une foule d'honnêtes gens, pour qui le patriotisme a été comme une religion, et un principe de moralité. Après tout, pour fonder la société laïque, il a bien fallu, et il faut encore chaque jour heurter des préjugés religieux aussi respectables que le patriotisme. Ce n'est point notre faute si une société nouvelle qui veut naitre ne sort des entrailles de celle qui va mourir que par un pénible et douloureux enfantement. [… ] Ciò che ci contrista di più è di offendere i sentimenti intimi di una moltitudine di persone oneste, per le quali il patriottismo è stato come una religione, e un principio di moralità. Dopo tutto, per fondare la società laica è stato necessario, e dobbiamo ancora ogni giorno scontrarsi con pregiudizi religiosi altrettanto rispettabili come il patriottismo. Non è colpa nostra se una nuova società che vuole nascere esce dalle viscere di quella che sta per morire solo da un travagliato e doloroso parto. *L’affermarsi di movimenti comunisti determina l’adesione ad altre dittature – “meglio Hitler che la rivoluzione dei Soviet”. *Le vere categorie non sono politiche, ma economiche-scoiali. Hervé non è pacifista perché sebbene contro la guerra tra nazioni – quella mondiale – vuole la lotta tra classi. *La propaganda degli interventisti è quella di difendere la Terza Repubblica dalle teorie degli imperi centrali che promuovono disuguaglianze. *Questa testimonianza fa capire che questa fetta si identifica con il socialismo che rimarrà sempre contrario ad una guerra che reputa essere borghese: i poveri non dovrebbero combattere contro i poveri della Germania perché i poveri devono stare assieme. ________________________________________________________________________________________________ In questi mesi pre-guerra una voce interventista molto forte è Charles Maurras che, sulla scia dell’Affaire Dreyfus, aveva creato l’Action Française; la sua posizione è la più radicale di tutte perché addirittura è avverso alla Terza Repubblica: ritiene, infatti, che tutti i mali della Francia derivino dal Regime Repubblicano e auspica ad un ritorno dell’Ancien Regime. Dietro questa posizione c’è un pensiero nostalgico verso tutto ciò che costituiva la pace sociale in tempi di monarchia essendo il suo tempo contemporaneo sconvolto da rivendicazioni e lotte sociali; nell’Ancien Regime non c’erano aspirazioni, ognuno rimaneva nella propria classe sociale senza auspicare ad un cambiamento. Secondo Maurras la democrazia parlamentare è fragile e la sfiducia ciclica verso le istituzioni democratiche dipende dagli scandali e corruzione insiti in questa forma istituzionale. Maurras ritiene inoltre che c’è una specie di stemperarsi delle responsabilità perché se il potere è diluito al popolo, come tale è in una democrazia, allora anche la responsabilità è diluita e non si trovano i veri responsabili di determinate colpe. Sostiene che il regime repubblicano sia vantaggioso solo per delle determinate categorie, nocive e nemiche della Francia, ovvero tutte quelle minoranze che hanno una vocazione transnazionale quali: • i protestanti perché hanno un legame con la nazione di nascita del protestantesimo, la Germania, acerrima nemica della Francia; • i massoni, società segreta transnazionale nata nel ‘700 in contrasto con poteri tirannici; • i metechi, termine greco che indicava gli stranieri che vivevano in Grecia senza cittadinanza, ma che controllavano il commercio; • gli ebrei, i “metechi” della Francia; 17 Gli schieramenti erano dunque chiari: c’erano i socialisti pacifisti rappresentati da Hervé, i cattolici di Charles Péguy – patriottico che riteneva occorresse recuperare Alsazia e Lorena e autore di Notre Patrie, in risposta ad Hervé – e gli antirepubblicani di Maurras, monarchico, severissimo nei confronti della Germania e nazionalista. 2. Les vecteurs de la culture de guerre La tensione internazionale cresce però così tanto che le posizioni pacifiste non riescono più a tenere. Il 31 luglio 1914 venne assassinato da un nazionalista fanatico in un caffè parigino Jean Jaurès padre della SFIO e pacifista convito. La sua visione pacifista viene vista come una forma di debolezza e quando in parlamento si tenne un discorso per onorarlo, si inneggia ad un’unità francese che sembra però essere diretta ad un’unione per la guerra, une union sacre, dove si uniscono partiti da destra a sinistra. Questo effettivamente avverrà a seguito della dichiarazione di guerra della Germania alla Francia, 3 agosto, ed in questa unione si unirà anche lo stesso partito socialista e perfino il sindacato, CGT, fortemente anarchico, finisce per aderire alla guerra, ma con un pensiero che auspicava ad un possibile rinnovo della patria e della società al termine della guerra. Questa idea porterà molti socialisti, tra cui Hervé, ad arruolarsi nella guerra. Inoltre, di fronte al danger de la patrie, di fronte al percolo della patria è difficile rimanere pacifisti. Si arruolerà persino Maurras, nonostante sia fortemente antirepubblicano; la Prima Guerra Mondiale viene comunemente vista come una lotta delle democrazie contro gli imperi centrali. Partecipa ai combattimenti per difende la sua patria, la Francia. Tutte queste diverse sfumature e posizioni di pacifismo ed interventismo riemergeranno non appena la guerra perderà la connotazione idealizzata e patriottica che le si era data, quindi, non appena ci si troverà davanti agli orrori della guerra e della trincea. Dal punto di vista intervento dello Stato, come sempre, non appena si entra in guerra, in cultura avvengono delle censure, la cosiddetta “censura di guerra”: ci deve essere una sola voce, quella che sostiene la guerra e i soldati. Sarebbe impensabile mandare al fronte dei soldati in un clima scettico e diffidente, bisogna sostenere sia loro sia l’idea di una battaglia. Per quanto riguarda le pubblicazioni, c’è una sola fonte, quella ufficiale, e tutti i giornali riportano le stesse notizie nello stesso modo; quando a fine agosto la Germania conquista tutta la Francia e si vedono forti sconfitte per l’esercito francese, la notizia non viene immediatamente comunicata perché così facendo si smentirebbe la retorica eroica che era stata così a lungo alimentata. Durante tutto il periodo della guerra si assiste ad un bourrage de crâne, un lavaggio del cervello per cui si fa credere alle masse la necessità della guerra che viene ricoperta da una patina idealista. Molti artisti appoggiano la guerra e sviluppano tutta la loro ideologia intorno a questa, mentre altri, tra cui Proust, la demonizzano. Proust nella sua opera “alla ricerca del tempo perduto” parla della descrizione del nemico tedesco da parte della stampa francese che lo dipinge come selvaggio e malvagio, al contrario dei buoni francesi, sempre nella prospettiva di alimentare l’orgoglio nazionale e quindi una partecipazione univoca alla guerra. Nell’ambiente degli artisti tanto la retorica nazionalista aveva sfondato che si comincia a smettere di studiare e demonizzare i grandi pensatori tedeschi quali Kant e scrittori come Goethe o artisti come Wagner e Beethoven. I giornali hanno una voce univoca, ma sono comunque presenti voci fuori dal coro, ovvero i giornali pubblicati in trincea che sono redatti dai soldati stessi; tra questi ricordiamo Le Canard Enchaînée e Le Crapuillot. Dato che venivano scritti e pubblicati dai soldati stessi la censura era più leggera e questi ci premettono di vedere la guerra attraverso gli occhi di chi la fa davvero, senza, quindi, toni idealizzanti che avevano spinto tantissimi giovani ad arruolarsi volontariamente – es. il poeta Apollinaire decide spontaneamente di andare in guerra con l’idea che partecipare alla guerra sia un modo di assimilarsi meglio alla cultura e alla società francese date le sue origini italiane; anche Celine nel suo romanzo “Voyage au bout de la Nuit” racconta come la retorica patriottica lo avesse convinto ad arruolarsi volontario e di come ne era uscito fortemente antimilitarista. Dal punto di vista culturale era come se ci fossero due guerre: quella del fronte e quella delle retrovie, nell’arrière, ovvero tra i civili; l’arrière percepisce con ambiguità coloro che non si sono arruolati, additati come vili ed imboscati e quindi si sente in dovere di sostenere, con idolatria e idealismo, coloro che sono al fronte; questo lo vediamo chiaramente nei giornali, ma anche nei testi di satira che mettono ben in evidenza questo fatto – vd. le crapuillot. Le Crapouillot – premier numéro, août 1915 “gazette poilue” = gazzetta pelosa → “poilu” era il modo di chiamare i soldati del fronte che non potevano radersi; è quindi la gazzetta dei soldati del fronte. Si legge la lista dei direttori e degli amministratori del giornale, tutti soldati. Courage les civils ! 20 Ah! voi che avrete fatto tutta la grande guerra con le vostre mani, tutta la potenza che non serve ancora a fare il bene [intuisce dalla forza delle persone semplici che gli stanno accanto che questa forza potrebbe essere utile per instaurare un regime giusto – utopia socialista], o voi, poveri innumerevoli operai delle battaglie, folla terrena di cui ogni faccia è un mondo di dolori, e che, sotto il cielo, dove lunghe nuvole nere si squarciano e si strusciano come angeli malvagi, sognate, piegati sotto il giogo di un pensiero! - Sì, avete ragione. C'è tutto contro di voi. Contro di voi e il vostro grande interesse generale, che si confonde infatti esattamente, l'avete intravisto, con la giustizia, non ci sono solo i branditori di spade, i profittatori e gli azzannatori. Non sono solo i mostruosi interessati, finanziari, grandi e piccoli imprenditori, corazzati nelle loro banche o nelle loro case, che vivono della guerra, e vivono in pace durante la guerra, con le loro fronti serrate di una dottrina sorda, le loro figure chiuse come una cassaforte [coloro che si arricchiscono durante la guerra]. Il y a ceux qui admirent l'échange Étincelant des coups, qui rêvent et qui crient comme des femmes devant les couleurs vivantes des uniformes. Ceux qui s'enivrent avec la musique militaire ou avec les chansons versées au peuple comme des petits verres, les éblouis, les faibles d'esprit, les fétichistes, les sauvages. Ceux qui s'enfoncent dans le passé, et qui n'ont que la mot d'autrefois à la bouche, les traditionnalistes pour lesquels un abus a force de loi parce qu'il s'est éternisé, et qui aspirent à être guidés par les morts, et qui s'efforcent de soumettre l'avenir et le progrès palpitant et passionné au règne des revenants et des contes de nourrice. Ci sono quelli che ammirano lo scambio scintillante dei colpi, che sognano e gridano come donne davanti ai colori vivi delle uniformi. Quelli che si ubriacano con la musica militare o con le canzoni versate al popolo come piccoli vetri, gli abbaglianti, i deboli di spirito, i feticisti, i selvaggi. Coloro che si addentrano nel passato e che hanno solo la parola d'un tempo in bocca, i tradizionalisti per i quali un abuso ha forza di legge perché è durato a lungo, e che aspirano ad essere guidati dai morti, e che si sforzano di sottomettere il futuro e il progresso emozionante e appassionato al regno dei redivivi e dei racconti di nutrice. Il y a avec eux tous les prêtres, qui cherchent à vous exciter et à vous endormir, pour que rien ne change, avec la morphine de leur paradis. Il y a des avocats économistes, historiens, est-ce que je sais! qui vous embrouillent de phrases théoriques, qui proclament l'antagonisme des races nationales entre elles, alors que chaque nation moderne n'a qu'une unité géographique arbitraire dans les lignes abstraites de ses frontières, et est peuplée d'un artificiel amalgame de races; et qui, généalogistes véreux, fabriquent aux ambitions de conquête et de dépouillement, de faux certificats philosophiques et d'imaginaires titres de noblesse. La courte vue est la maladie de l'esprit humain. Les savants sont en bien des cas des espèces d'ignorants qui perdent de vue la simplicité des choses et l'éteignent et la noircissent avec des formules et des détails. On apprend dans les livres les petites choses, non les grandes. Con loro ci sono tutti i sacerdoti, che cercano di eccitarvi e di addormentarvi, perché nulla cambi, con la morfina del loro paradiso. Ci sono avvocati economisti, storici, lo so! che vi confondono con frasi teoriche, che proclamano l'antagonismo delle razze nazionali tra loro, mentre ogni nazione moderna ha soltanto un'unità geografica arbitraria nelle linee astratte dei suoi confini, ed è popolata da un artificiale amalgama di razze; e che, genealogisti corrotti, fabbricano alle ambizioni di conquista e di spoglio, falsi certificati filosofici e immaginari titoli di nobiltà. La vista breve è la malattia della mente umana. Gli studiosi sono in molti casi specie di ignoranti che perdono di vista la semplicità delle cose e la spengono e la anneriscono con formule e dettagli. Nei libri si imparano le piccole cose, non le grandi [dopoguerra violenta contrapposizione tra figli e padri che hanno mandato i figli a morire] Et même lorsqu'ils disent qu'ils ne veulent pas la guerre, ces gens-là font tout pour la perpétuer. Ils alimentent la vanité nationale et l'amour de la suprématie par la force. « Nous seuls, disent-ils chacun derrière leurs barrières, sommes détenteurs du courage, de la loyauté, du talent, du bon gout, De la grandeur et de la richesse d'un pays, ils font comme une maladie dévoratrice. Du patriotisme, qui est respectable, à condition de rester dans le domaine sentimental et artistique, exactement comme les sentiments de la famille et de la province, tout aussi sacrés, ils font une conception utopique de cancer qui absorbe toutes les forces vives, prend toute la place et écrase la vie et qui, contagieux, aboutit, soit aux crises de la guerre, soit à l'épuisement et à l'asphyxie de la paix armée. La morale adorable, ils la dénaturent : Combien de crimes dont ils ont fait des vertus, en les appelant nationales avec un mot ! Même la vérité, ils la déforment. A la vérité éternelle, ils substituent chacun leur vérité nationale. Autant de peuples, autant de vérités, qui faussent et tordent la vérité. E anche quando dicono che non vogliono la guerra, queste persone fanno di tutto per perpetuarla. Alimentano la vanità nazionale e l'amore per la supremazia con la forza [gli autori contestatari manifestano anche con la loro arte la loro opposizione alla guerra, il loro sradicamento al contrario di tutti quegli autori che sostengono la guerra e la nazione perché fortemente attaccati alle loro origini culturali che li trasformano in nazionalisti convinti]. Solo noi, dicono dietro le loro barriere, siamo detentori del coraggio, della lealtà, del talento, del buon gusto, della grandezza e della ricchezza di un paese, fanno come una malattia divoratrice. Del patriottismo, che è rispettabile, a condizione di 21 rimanere nel campo sentimentale e artistico, esattamente come i sentimenti della famiglia e della provincia, altrettanto sacri, fanno un disegno utopistico di cancro che assorbe tutte le forze vive, prende tutto il posto e schiaccia la vita e, contagioso, porta, sia alle crisi della guerra, sia all'esaurimento e all'asfissia della pace armata. La morale adorabile, la snaturano: Quanti crimini di cui hanno fatto delle virtù, chiamandoli nazionali con una parola! Anche la verità, la deformano. Alla verità eterna, sostituiscono ciascuno la loro verità nazionale. Tanti popoli, altrettante verità, che falsano e distorcono la verità. Tous ces gens-là, qui entretiennent ces discussions d'enfants, odieusement ridicules, que vous entendez gronder au- dessus de vous : « Ce n'est pas moi qui ai commencé, c'est toi ! Non, ce n'est pas moi, c'est toi ! Commence, toi! -- Non, commence, toi ! », « Non, commence, toi ! », puérilités qui éternisent la plaie immense du monde parce que ce ne sont pas les vrais intéressés qui en discutent, au contraire, et que la volonté d'en finir n'y est pas ; tous ces gens-là qui ne peuvent pas ou ne veulent pas faire la paix sur la terre ; tous ces gens-là, qui se cramponnent, pour une cause ou pour une autre, à l'état de choses ancien, lui trouvent des raisons ou lui en donnent, ceux-là sont vos ennemis ! Tutte queste persone, che intrattengono queste discussioni infantili, odiosamente ridicole, che sentite urlare sopra di voi: Non sono io che ho cominciato, sei tu! No, non sono io, sei tu! Comincia tu! -No, comincia tu! », «No, inizia tu! » e puerilità che perpetuano l'immensa piaga del mondo perché non sono i veri interessati a discuterne, al contrario, e la volontà di farla finita non c'è; tutte queste persone che non possono o non vogliono fare la pace sulla terra; tutte queste persone, che si aggrappano, per una causa o per un'altra, allo stato di cose antiche, gli trovano delle ragioni o gliene danno, questi sono i vostri nemici! Ce sont vos ennemis autant que le sont aujourd'hui ces soldats allemands qui gisent ici entre vous, et qui ne sont que de pauvres dupes odieusement trompées et abruties, des animaux domestiques... Ce sont vos ennemis, quel que soit l'endroit où ils sont nés et la façon dont se prononce leur nom et la langue dans laquelle ils mentent. Regardez-les dans le ciel et sur la terre. Regardez-les partout ! Reconnaissez-les une bonne fois, et souvenez-vous à jamais ! Sono vostri nemici tanto quanto lo sono oggi questi soldati tedeschi che giacciono qui tra di voi, e che non sono altro che poveri imbroglioni odiosamente ingannati e stupidi, animali domestici... Questi sono i tuoi nemici, indipendentemente da dove sono nati e da come si pronuncia il loro nome e dalla lingua in cui mentono. Guardateli in cielo e sulla terra. Guardateli ovunque! Riconosceteli una volta per tutte, e ricordate per sempre! [perorazione antimilitarista esemplare che afferma che i veri nemici non sono i tedeschi ma sono coloro che si aggrappano a questi miti privi di verità]! ________________________________________________________________________________________________ 2. La part des populations : des sociétés durement éprouvées L’effetto della guerra sulla popolazione fu molto duro: 8,5 milioni di francesi andarono in guerra e si trovarono a contatto con la sporcizia e promiscuità nelle trincee, la violenza dei combattimenti, la paura dei bombardamenti e l’onnipresenza della morte – morivano 900 francesi al giorno. Il cambio di routine e di ambiente in cui vivere fu molto sentito dai combattenti e acuito dalla difficoltà di parlare con i famigliari che potevano contattare solo raramente attraverso lettere. La cultura di guerra si manifesta in profondi cambiamenti dei modi di vivere e di sentire: le percezioni sensoriali diventano più fini, cambia il modo di esprimersi e per alcuni torna un attaccamento alla religione o alla superstizione che fa da stampella ai soldati traumatizzati. Da parte delle masse c’è meno patriottismo di quanto venne propagandato dal governo e, grazie ai libri dei maestri, leggiamo i sentimenti di rassegnazione ad una via caratterizzata da penuria e restrizioni. Per l’assenza degli uomini, le donne si devono prendere carico di determinati mestieri, ma la loro emancipazione è comunque limitata: ci si aspetta ancora che svolgano il loro ruolo di buone madri e spose. Se in un primo momento il patriottismo aveva portato a numerose attività come collette e feste comunali, con il tempo la stanchezza aveva preso il loro posto; si viveva costantemente con il timore che l’arrivo del sindaco fosse per annunciare la morte di un famigliare o con l’attesa di ricevere posta da questi. Gli storiografi moderni si chiedono se sia stato l’amore per la patria, molto rafforzato dalla Terza Repubblica, o il peso di apparato statale repressivo che abbia messo a tacere le proteste e le violenze. Abbiamo visto che il governo della Terza Repubblica diede molto peso a rafforzare la base patriottica e il sentimento nazionale attraverso la politica scolastica, la fine del concordato e la nascita della cultura di massa. Il peso e l’ombra della guerra rimangono sulla società francese a lungo anche per la grande mortalità: 1,3 milioni di morti e 1 milione di invalidi; in ogni paese c’è un monumento per i caduti. 9 mila insegnanti persero la vita a causa delle posizioni di comando che assunsero durante la guerra per la loro cultura. Chapitre 3 : l’entre-deux-guerres culturel I. Les interrogations sur le rôle d’Etat : la démocratisation culturelle en question 22 La guerra rappresentò un trauma, uno spartiacque che mise in discussione molti aspetti della società; la stessa organizzazione scolastica vuole essere modificata perché la scuola fu lo strumento primo per attuare il lavaggio del cervello volto ad abbattere le differenze individuali per omologare l’intera popolazione verso lo stesso scopo, supportare ciecamente e patriotticamente la guerra. L’organizzazione scolastica venne messa in discussione sotto due punti di vista: 1. a livello statale si forma il “Sindacato Nazionale dei Maestri” che combatte per far mettere fuori commercio i manuali che inneggiavano alla guerra patriottica; non è più ritenuta essere all’ordine del giorno, anzi, negli ultimi anni del conflitto e dopo, vediamo la nuova generazione che incolpa fortemente i padri per i traumi e le morti di guerra. Molte sono le persone che tornano dalla guerra e che non riescono a reinserirsi nella società che non vuole più parlare di patriottismo; 2. a livello sociale, nasce un movimento, “les compagnons de l'université nouvelle”, professori ex combattenti che si fanno promotori della necessità di porre all’attenzione dei governi la riforma scolastica in senso democratico; i promotori sono gli stessi professori universitari che al fronte avevano sperimentato qualcosa largamente testimoniato sia in letteratura sia nel cinema: la convivenza tra ricchi e poveri, tra professori e operai, ci si incontra con persone di classi sociali inferiori che, sebbene di una media intelligenza, non hanno avuto la possibilità di studiare a causa dell’inaccessibilità della scuola a livello economico; erano persone che, grazie alla loro intelligenza, avrebbero potuto accedere alla classe dirigente e forte è il contrasto con le persone a capo del governo che, nonostante l’educazione, non sono così intelligenti. Il sistema scolastico francese chiudeva le porte della scuola secondaria a una grande parte della popolazione, non permettendole di proseguire con gli studi e quindi nemmeno avanzare professionalmente. Questo livellamento e presa di coscienza che avviene per lo stretto contatto tra persone di classi sociali differenti porta alla democratizzazione della scuola, alla volontà di creare une école unique; precedentemente la scuola francese era divisa in due ordini di insegnamento ben divisi; finito il periodo delle elementari c’erano due possibilità parallele: la scuola secondaria o primaria superiore. La divisione dipendeva fortemente dalla classe sociale di appartenenza e la vita del bambino era segnata sin da principio. I primi tentativi di modificare l’istruzione sono da parte del governo di sinistra che vince le elezioni del 1924 grazie ad un’alleanza elettorale tra la parte radicale e la SFIO; viene istituita una Commissione della Scuola Unica ma la realizzazione viene frenata dai difensori delle discipline umanitarie spaventati dalla possibilità di una democratizzazione e dall’assenza dei fondi necessari per realizzare il progetto. Nel 1926 il Ministro dell’Istruzione Pubblica, Edouard Herriot, consapevole delle difficoltà di realizzare il progetto cerca degli escamotages, delle soluzioni più modeste senza mettere in discussione la dualità della scuola primaria e secondaria tanto cara ai più conservatori: moltiplica le passerelle che permettono il passaggio tra una all’altra, quindi le borse di studio, ed estende la gratuità anche alla scuola secondaria. Di fatto, però, anche gratuita, era comunque complicato per i figli degli operai permettersi il prolungamento del percorso di studi perché significava un grande sacrificio per la famiglia che doveva sostenerlo economicamente e rinunciare a delle braccia in più per il lavoro. Questo modello della scuola unica per cui tutti avevano la possibilità di fare tutto il percorso scolastico, incontrò la resistenza di tradizionalisti e arroccati sull’idea degli studi umanistici ritenuti gli studi migliori; era chiaro che una democratizzazione implicava anche un cambiamento di programmi. Ci fu una querelle e il modello viene adottato solo successivamente. Questa necessità di una democratizzazione della scuola e della società la si sperimenta in tutta Europa perché la guerra porta alla conoscenza e all’unità tra gli uomini. Nel 1936 vince le elezioni il Fronte Popolare che sta al governo per tre anni, fino al ’38; nonostante il poco tempo al governo, rimane comunque una sorta di esperienza mitica nella storia francese; il Fronte Popolare è il cartello che riunisce tutti i partiti di sinistra della Francia (comunista, socialista, radicale e la SFIO) ed è il primo governo della Terza Repubblica. Tutti i futuri provvedimenti socialisti guarderanno sempre ai provvedimenti attuati dal Fronte Popolare. Da un punto di vista culturale è molto rilevante perché segna anche una specie di svolta nel rapporto tra Stato e cultura; negli anni della Belle Époque, infatti, lo Stato era intervenuto in maniera molto delicata sulla politica culturale con pochi interventi solo per la scuola, rimanendo escluso dalla cultura intesa come creazione, lasciando libera iniziativa dei creatori. In questo contesto l’arte rimane appannaggio solo delle classi ricche e la classe borghese in particolare è quella che ne fruisce maggiormente. Il Fronte Popolare, come capita in tutti i governi di sinistra, ha un pallino per la cultura con il progetto di democratizzazione della cultura, per cercare di aprirla a più persone, per emanciparle dallo stato subordinato. Il Fronte Popolare opera affinché anche le persone con pochi soldi abbiano accesso alla cultura. Ottengono ciò dando il tempo materiale ai lavoratori per poter fruire della cultura attraverso alcune riforme sul lavoro: la settimana lavorativa viene ridotta a 40 ore e vengono inventate le ferie pagate di 15 giorni. Questo fa scoprire anche le vacanze che vengono 25 Marchons vers la gloire et le monde Marchons au devant du bonheur (…) Et nous saluerons la brigade Et nous sourirons aux amis Mettons en commun, camarades Nos plans, nos travaux, nos soucis Camminiamo verso la gloria e il mondo Camminiamo davanti alla felicità (…) E salutiamo la brigata E sorrideremo agli amici Mettiamo in comune, compagni I nostri piani, il nostro lavoro, le nostre preoccupazioni Di "La Ronde des Saint-Simoniens" : Compagnons de tous les métiers Aimez-vous en frères Pour abattre la misère Unissez vos mains et vos coeurs. L'union a brisé le joug Qui tenait la liberté L'union donnera l'essor A nos rêves fraternels. Peuples frères de tous pays Écoutez nos chants d'espoir En sagesse, en bonheur rivaux Nous serons toujours unis. Compagni di tutti i mestieri Amatevi come fratelli Per abbattere la miseria Unite le mani e i cuori. L'unione ha spezzato il giogo Che aveva la libertà L'unione darà lo slancio Ai nostri sogni da fratelli. Popoli fratelli di tutti i paesi Ascoltate i nostri canti di speranza In saggezza, in felicità rivali Noi saremo sempre uniti. Come tutte la propaganda, la storia viene presentata come una fiaba: comincia con il lavoratore disperato per aver perso il lavoro, si aggiunge al gruppo comunista, grazie a questo trova lavoro sostituendo un lavoratore malato e grazie al quale lavoro può sfamarsi. Tutta questa felicità è ovviamente data dal contatto con il partito comunista che non solo gli promette un felice avvenire, ma gli garantisce anche un presente stabile. min 54 – focus sull’ufficio di Marcel Cachin, direttore de l’Humanité e futuro fondatore del Partito Comunista; vediamo un elogio delle figure comuniste come Lenin, Marx, Stalin, Dimitrov (dirigente del Komintern) e André Marty, politico antifascista comunista. Vidéo - Pathé-Journal – octobre 1935 Prima della diffusione dei film c’erano le actualités, i cine giornali che avranno grade importanza durante gli anni dell’occupazione. Siamo nell’anno della campagna di Etiopia italiana e vediamo come viene riportato dai cinegiornali francesi. ________________________________________________________________________________________________ Il grande successo del cinema è legato ai film di intrattenimento, quelli appassionanti che catturano l’attenzione del pubblico per le storie narrate. Uno dei registri più importante dell’epoca è Carné che fa una serie di film scegliendo come sceneggiatore Jacques Prévert, un grande autore di sceneggiature. La corrente cinematografica rappresentata da questo duo si chiama realismo poetico: sono film che trattano situazioni popolari i cui protagonisti sono persone comuni segnate, però, dal senso della fatalità e del tragico in cui l’amore è fatale e sconfitto magari dalla logica dei potenti o perché segnato da un destino sfortunato. Le persone del popolo si esprimono con parole di Carné e Prévert, con un linguaggio poetico. È un cinema di grandi attori che entrano nell’immaginario delle persone, che fanno sognare; sono film mai girati negli ambienti reali, ma ricostruiti in studio con grande sapienza tecnica, tecnicamente raffinati con musiche molto importanti che costituiscono una specie di proiezione di vita ideale per pubblico e spettatori. Negli anni ’30, le persone amavano questo spettacolo grazie ai quali potevano nutrire la loro immaginazione. Uno dei film più famosi è “Quai des Brumes” (“il porto delle nebbie”) del 1938; durante il regime di Vichy si dice che questo film era stato il responsabile della sconfitta francese in guerra in quanto disfattista, profondamente pessimista affermando l’inutilità del lottare, con un forte sentimento di fatalismo. Questo, secondo i nazi-fascisti avrebbe alimentato il senso di rassegnazione con cui francesi sono andati in una guerra che non sentivano propria causando così una grande disfatta in pochi mesi. Questo film ha come protagonista Jean Gabin, un disertore della guerra coloniale francese che arriva al porto di Le Havre con l’intenzione di andare via dalla Francia – forte sentimento antipatriottico. Nel bar del porto incontra una donna, Michèle Morgan, la quale è perseguitata dal suo patrigno, un personaggio sinistro Zabel, che secondo lei avrebbe ucciso fidanzato Maurice, ed è anche infastidita dal gangster Lucien. Il protagonista e la 26 donna si incontrano, passano una notte d’amore, ma poi lui, il giorno seguente, deve partire per Venezuela con una nuova identità, viene però assassinato in mezzo alla strada a colpi di pistola da Lucien, un giovane gangster locale del quale aveva scatenato l'odio, umiliandolo e prendendolo a schiaffi pubblicamente in diverse occasioni. Il cinema non viene considerato “arte” dalla classe intellettuale, lo sarà solo alla fine degli anni ’50; in un primo momento viene considerato solo un prodotto artigianale, ben fatto, ma che racconta storie facili. Inoltre, è un’industria quindi con un’idea di arte commercializzata, mentre l’arte autentica deve essere, nella loro opinione, svincolata dalla logica commerciale. Gli anni ’20 sono anni che danno illusione, “Les Années Folles”, si ha l’idea che dopo la Grande Guerra non ce ne sarà un’altra e che c’è una speranza e possibilità di ricostruzione dopo la distruzione della Prima Guerra Mondiale. Gli anni ’30, invece, sono più pessimisti: anno che fa da spartiacque è il ‘29 che con la sua crisi economica fa mettere in discussione tutti i valori acquisiti, come quello della fratellanza e dell’uguaglianza sociale; non ha caso negli anni ‘30 risale ondata antisemita, ebrei come capri espiatori. IV. L’entre-deux-guerres des intellectuels français 1. Le paysage intellectuel de l’après-guerre All’indomani della Grande Guerra, Parigi si ritrova ad essere la capitale culturale della Francia e ad avere grande importanza a livello internazionale; il cuore della vita intellettuale è la rive gauche, centro della vita universitaria – sede della Sorbone, dei grandi lycées, della Ecole Normale Superieure –, delle case editrici e delle riviste culturali, tra le quali, in questi anni, ha molta importanza “La Nouvelle Revue Française”, fondata prima della guerra, ma che ha il suo apice nel periodo tra le due guerre. È la rivista più importante d’Europa e tutti grandi scrittori pubblicano su questa. Proprio dalle pagine de “La Nouvelle Revue Française” nasce una condanna al revanchismo esagerato contro i tedeschi. La rivista si era distinta per una vocazione cosmopolita, non nazionalista: considerava la letteratura un porto franco in cui si trovava una sorte di fraternità nelle lettere. È un’idea che continua anche nel secondo dopoguerra e che si rispecchia in un’area radicale, quella del partito radicale, ovvero una sinistra non marxista o comunista che si richiama a valori Repubblicani della Terza Repubblica e alla Rivoluzione Francese; era lo schieramento che era stato dalla parte di Dreyfus e che quindi tiene alle libertà individuali contro ogni autoritarismo. Ha anche un’idea elitaria dell’arte e della letteratura che si devono porre sopra l’agone politico, come se la letteratura e l’arte fossero qualcosa che trascenda dalle vicende umane contingenti; se ancora oggi leggiamo certi testi è anche per questa idea: se fosse troppo legata al contingente e al contemporaneo non avrebbe il valore universale che ha. Il campo intellettuale del dopoguerra rimane per grande parte uguale a quello dei conflitti della Bella Époque; vediamo un rafforzamento del campo nazionalista che si assume i meriti della vittoria in guerra e la definizione dell’area radicale e l’opposizione delle rispettive riviste. Lo schieramento nazionalista si riconosce ne “L’Action Française”, prima movimento, poi rivista e infine partito; fortemente nazionalista, crede in una Francia tradizionalista richiamando i grandi valori che hanno resa tale la Francia. La vittoria in guerra contro la Germania incoraggia l’ideale patriottico. Contro l’idea cosmopolita dell’arte che si apre anche alle traduzioni di opere francese de “La Nouvelle Revue Française”, gli esponenti del “L’Action Française” pubblicano il loro manifesto, “Pour un Parti de l’Intelligence” che invoca ad un rinnovamento intellettuale dell’Europa sotto l’egida del nazionalismo francese. Pour un parti de l’intelligence, Le Figaro, 19 juillet 1919 Certains intellectuels ont récemment publié un manifeste où ils reprochèrent à leurs confrères d'avoir « avili, abaissé, dégradé la pensée » en la mettant au service de la patrie et, de sa juste cause. Les signataires de l'appel que nous publions aujourd'hui eussent laissé de tels propos sans réponse comme ils laissent leurs auteurs s'exiler eux-mêmes, si leur action ne semblait susceptible d'agir comme un mauvais ferment et de menacer l'intelligence et la société. Ils pensent, en effet, que l'opinion publique, troublée par ces folies, a besoin d'être guidée et protégée, et ils estiment que c'est le rôle d'écrivains vraiment conscients du péril et qui entendent servir. Alcuni intellettuali hanno recentemente pubblicato un manifesto in cui rimproveravano ai loro confratelli di aver «umiliato, abbassato, degradato il pensiero» mettendolo al servizio della patria e della sua giusta causa [la cosa spiaciuta agli intellettuali di questo manifesto è che all’indomani della guerra gli intellettuali cosmopoliti dicono che hanno sbagliato quelli che hanno messo penna a favore del nazionalismo come ad esempio Roman Roland]. I firmatari dell'appello che pubblichiamo oggi avrebbero lasciato tali dichiarazioni senza risposta, come lasciano che i loro autori si esilino, se la loro azione non apparisse suscettibile di agire come un cattivo fermento e di minacciare l'intelligenza e la società. Pensano, infatti, che l'opinione pubblica, turbata da queste follie, abbia bisogno di essere guidata e protetta, e ritengono che sia il ruolo di scrittori veramente consapevoli del pericolo e che intendono servire [delinea definizione di “intellettuale”: secondo loro gli intellettuali devono prendere parola per guidare massa perché questa non sarebbe in grado di prendere la parola come intellettuali]. 27 Contre le bolchevisme de la pensée [l’internazionalismo intellettuale come l’internazionalismo politico alla base del bolscevismo], contre le parti de l'ignorance, ils entendent organiser une défense intellectuelle. Et c'est dans ce dessein qu'ils ont signé l'affirmation collective que voici : Contro il bolscevismo del pensiero, contro il partito dell'ignoranza, intendono organizzare una difesa intellettuale. Ed è in questo disegno che hanno firmato l'affermazione collettiva che qui: La victoire apporte à notre génération des possibilités magnifiques. C'est à ceux qui survivent qu'il appartient de les réaliser, en pensant cette victoire où ne doit pas s'achever leur effort. Pour ne pas se détruire, il faut que les volontés s'accordent. Une doctrine intellectuelle peut seule les unir, en leur proposant un but identique et des directions transmissibles. La vittoria porta alla nostra generazione delle possibilità magnifiche. Spetta a coloro che sopravvivono realizzarli, pensando a questa vittoria in cui non deve terminare il loro sforzo. Per non autodistruggersi, bisogna che le volontà si accordino. Solo una dottrina intellettuale può unirle, proponendo loro un obiettivo identico e direzioni trasmissibili. Une œuvre immense de reconstruction s'impose à l'univers bouleversé. Citoyen d'une nation ou citoyen du monde, il nous faut des principes identiques qui nous rendent aptes à l'action la plus particulière comme à l'action la plus universelle. Où les trouver, sinon dans les lois de la pensée qui sont la condition même de notre progrès individuel et du progrès de l’espèce ? Un'immensa opera di ricostruzione si impone all'universo sconvolto. Cittadini di una nazione o cittadini del mondo, abbiamo bisogno di principi identici che ci rendano idonei all'azione più particolare e all'azione più universale [lo chiamano partito dell’intelligenza perché si basa sul razionalismo cartesiano che aveva fondato la Francia e vedono nella ragione e nel pensiero le uniche cose che possono salvare gli uomini]. Dove trovarli, se non nelle leggi del pensiero che sono la condizione stessa del nostro progresso individuale e del progresso della specie? C'est à un apostolat intellectuel que nous voulons nous consacrer, en tant que Français d'abord, mais aussi en tant qu'hommes, en tant que gardiens de la civilisation. Le salut public et la sauvegarde de la vérité sont les points de vue qui nous guident : ils sont assez largement humains pour intéresser tous les peuples. Si nous mettons au premier plan la préoccupation des besoins de la France et la reconstitution nationale, si nous voulons avant tout servir et accepter nos obligations citoyennes, si nous prétendons organiser la défense de l'intelligence française, c'est que nous avons en vue l'avenir spirituel de la civilisation tout entière. Nous croyons et le monde croit avec nous qu'il est dans la destination de notre race de défendre les intérêts spirituels de l'humanité. La France victorieuse veut reprendre sa place souveraine dans l'ordre de l'esprit, qui est le seul ordre par lequel s'exerce une domination légitime. È ad un apostolato intellettuale che vogliamo consacrarci, in quanto francesi prima, ma anche in quanto uomini, in quanto custodi della civiltà. La salvezza pubblica e la salvaguardia della verità sono i punti di vista che ci guidano: sono abbastanza ampiamente umani da interessare tutti i popoli. Se mettiamo in primo piano la preoccupazione per le esigenze della Francia e la ricostituzione nazionale, se prima vogliamo servire e accettare i nostri obblighi di cittadini, se pretendiamo di organizzare la difesa dell'intelligenza francese, è perché abbiamo in vista il futuro spirituale della civiltà intera. Noi crediamo e il mondo crede con noi che è nella destinazione della nostra razza di difendere gli interessi spirituali dell'umanità. La Francia vittoriosa vuole riprendere il suo posto sovrano nell'ordine dello spirito, che è l'unico ordine con cui si esercita un dominio legittimo [da una parte c’è la barbaria e la forza con cui questi vogliono dominare; affermano che il compito della “razza” europea in senso lato stare a capo della civiltà umana – con questo si legittima il colonialismo. Si parla di dominio intellettuale e scandalizza gli avversari cosmopoliti perché sembrerebbe che l’indagine del cuore umano e la ricerca filosofica si collochino in confini di una singola nazione ben definiti]. Mais une telle hégémonie a pour condition nécessaire de s'appuyer sur une patrie bien assise. Pour agir, il faut être. Aussi entendons-nous nous rallier de toute notre raison et de tout notre cœur aux doctrines qui protègent et maintiennent l'existence de la France, aux idées conservatrices de sa substance immortelle. L'intelligence nationale au service de l'intérêt national, tel est notre premier principe. Ma una tale egemonia ha come condizione necessaria di appoggiarsi su una patria ben seduta. Per agire, bisogna essere. Per questo intendiamo aderire con tutta la nostra ragione e con tutto il nostro cuore alle dottrine che proteggono e mantengono l'esistenza della Francia, alle idee conservatrici della sua sostanza immortale. L'intelligenza nazionale al servizio dell'interesse nazionale, questo è il nostro primo principio [dice dove si collocano politicamente, né vicino a chi vuole la rivoluzione né a chi inneggia l’internazionalismo]. […] 30 qui reste de mode ne permet de considérer que des faits relevant étroitement de notre expérience. Les fins logiques, par contre, nous échappent. Inutile d’ajouter que l’expérience même s’est vu assigner des limites. Elle tourne dans une cage d’où il est de plus en plus difficile de la faire sortir. Elle s’appuie, elle aussi, sur l’utilité immédiate, et elle est gardée par le bon sens. Sous couleur de civilisation, sous prétexte de progrès, on est parvenu à bannir de l’esprit tout ce qui se peut taxer à tort ou à raison de superstition, de chimère, à proscrire tout mode de recherche de la vérité qui n’est pas conforme à l’usage. C’est par le plus grand hasard, en apparence, qu’a été récemment rendue à la lumière une partie du monde intellectuel, et à mon sens de beaucoup la plus importante, dont on affectait de ne plus se soucier. Il faut en rendre grâce aux découvertes de Freud. Sur la foi de ces découvertes, un courant d’opinion se dessine enfin, à la faveur duquel l’explorateur humain pourra pousser plus loin ses investigations, autorisé qu’il sera à ne plus seulement tenir compte des réalités sommaires. L’imagination est peut-être sur le point de reprendre ses droits. Si les profondeurs de notre esprit recèlent d’étranges forces capables d’augmenter celles de la surface, ou de lutter victorieusement contre elles, il y a tout intérêt à les capter, à les capter d’abord, pour les soumettre ensuite, s’il y a lieu, au contrôle de notre raison. Viviamo ancora sotto il dominio della logica, ed è questo, naturalmente, il punto che volevo affrontare. Ma i processi logici, al giorno d'oggi, si applicano soltanto alla risoluzione di problemi di interesse secondario. Il razionalismo assoluto, che resta di moda, permette di considerare solo fatti strettamente attinenti alla nostra esperienza. I fini logici, invece, ci sfuggono. Inutile aggiungere che all'esperienza stessa sono stati assegnati dei limiti. Sta girando in una gabbia dalla quale è sempre più difficile tirarla fuori. Anch'essa si basa sull'utilità immediata ed è protetta dal buon senso. Sotto il colore della civiltà, con il pretesto del progresso, si è riusciti a bandire dallo spirito tutto ciò che si può tassare a torto o a ragione di superstizione, di chimera, a bandire ogni modo di ricerca della verità che non è conforme all'uso [secondo la corrente razionalista, tutto ciò che non è razionale e quindi scienza, deve essere bandito]. È per il più grande caso, in apparenza, che recentemente è stata restituita alla luce una parte del mondo intellettuale, e a mio avviso una parte molto importante, di cui ci si preoccupava di non preoccuparci più. Dobbiamo ringraziare le scoperte di Freud [sarà lo stesso Breton a spiegare in che senso le scoperte di Freud hanno ribaltato la conoscenza umana che il pensiero razionalista aveva eliminato con la sua imposizione della ragione che aveva eliminato la parte irrazionale del pensiero umano]. Sulla base di queste scoperte, una corrente di opinione si delinea infine, al favore del quale l'esploratore umano potrà spingere oltre le sue indagini, autorizzato che sarà a non tenere più soltanto conto delle realtà sommarie. Forse l'immaginazione sta per riprendersi i suoi diritti. Se le profondità della nostra mente nascondono strane forze capaci di aumentare quelle della superficie, o di lottare vittoriosamente contro di esse, c'è tutto l'interesse a catturarle, a catturarle prima, per poi sottometterle, se necessario, al controllo della nostra ragione [nella psicoanalisi, una parte fondamentale del pensiero umano è dato all’inconscio, quella parte dimenticata e soppressa dall’uomo e dalle sue parti coscienti, ma che riemerge solitamente durante il giorno – con lapsus o sogni in cui il super io, il censore, non controlla più l’es, la parte incontrollabile che appunto risale in queste occasioni. Le scoperte di Freud mettono in evidenza come la razionalità sia solo una parte della nostra vita e del nostro processo cognitivo. Inoltre, il pensiero di Freud penetra a fatica in Francia perché il suo irrazionalismo e pansessualismo vengono viste come un prodotto germanico che rompe con l’idea che la civiltà coincida con la ragione. Freud scopre anche l’importanza del sogno, momento in cui l’inconscio parla]. C’est à très juste titre que Freud a fait porter sa critique sur le rêve. Il est inadmissible, en effet, que cette part considérable de l’activité psychique (puisque, au moins de la naissance de l’homme à sa mort, la pensée ne présente aucune solution de continuité, la somme des moments de rêve, au point de vue temps, à ne considérer même que le rêve pur, celui du sommeil, n’est pas inférieure à la somme des moments de réalité, bornons-nous à dire: des moments de veille) ait encore si peu retenu l’attention. L’extrême différence d’importance, de gravité, que présentent pour l’observateur ordinaire les événements de la veille et ceux du sommeil, a toujours été pour m’étonner. C’est que l’homme, quand il cesse de dormir, est avant tout le jouet de sa mémoire, et qu’à l’état normal celle-ci se plaît à lui retracer faiblement les circonstances du rêve, à priver ce dernier de toute conséquence actuelle, et à faire partir le seul déterminant du point où il croit, quelques heures plus tôt, l’avoir laissé: cet espoir ferme, ce souci. Il a l’illusion de continuer quelque chose qui en vaut la peine. Le rêve se trouve ainsi ramené à une parenthèse, comme la nuit. Et pas plus qu’elle, en général, il ne porte conseil. Ce singulier état de choses me paraît appeler quelques réflexions: Freud ha giustamente rivolto la sua critica al sogno. È inammissibile, infatti, che questa parte considerevole dell'attività psichica (poiché, almeno dalla nascita dell'uomo alla sua morte, il pensiero non presenta alcuna soluzione di continuità, la somma dei momenti di sogno, dal punto di vista del tempo, da considerare anche solo il sogno puro, quello del sonno, non è inferiore alla somma dei momenti di realtà, limitiamoci) abbia ancora così poco attirato l'attenzione [noi sogniamo ininterrottamente durano il sonno e quindi perché non dovrebbe essere importante? Proprio per il pregiudizio della ragione]. L'estrema differenza di importanza, di gravità, che presentano per l'osservatore ordinario gli eventi della vigilia e quelli del sonno, è sempre stata per stupirmi. È che l'uomo, quando smette di dormire, è prima di tutto il giocattolo della sua memoria, e allo stato normale questa si diverte a ripercorrere debolmente le circostanze del sogno, a privare quest'ultimo di ogni conseguenza attuale, e a far partire l'unico 31 determinante del punto in cui crede, poche ore prima, averlo lasciato: questa speranza ferma, questa preoccupazione. Ha l'illusione di continuare qualcosa che ne vale la pena. Il sogno si trova così ridotto ad una parentesi, come la notte. E non più di lei, in generale, non porta consiglio. Questo singolare stato di cose mi sembra chiamare alcune riflessioni (…) Tout occupé que j’étais encore de Freud à cette époque et familiarisé avec ses méthodes d’examen que j’avais eu quelque peu l’occasion de pratiquer sur des malades pendant la guerre, je résolus d’obtenir de moi ce qu’on cherche à obtenir d’eux, soit un monologue de débit aussi rapide que possible, sur lequel l’esprit critique du sujet ne fasse porter aucun jugement, qui ne s’embarrasse, par suite, d’aucune réticence, et qui soit aussi exactement que possible la pensée parlée. Il m’avait paru, et il me paraît encore — la manière dont m’était parvenue la phrase de l’homme coupé en témoignait — que la vitesse de la pensée n’est pas supérieure à celle de la parole, et qu’elle ne défie pas forcément la langue, ni même la plume qui court. C’est dans ces dispositions que Philippe Soupault, à qui j’avais fait part de ces premières conclusions, et moi nous entreprîmes de noircir du papier, avec un louable mépris de ce qui pourrait s’ensuivre littérairement. La facilité de réalisation fit le reste. À la fin du premier jour, nous pouvions nous lire une cinquantaine de pages obtenues par ce moyen, commencer à comparer nos résultats. Dans l’ensemble, ceux de Soupault et les miens présentaient une remarquable analogie : même vice de construction, défaillances de même nature, mais aussi, de part et d’autre, l’illusion d’une verve extraordinaire, beaucoup d’émotion, un choix considérable d’images d’une qualité telle que nous n’eussions pas été capables d’en préparer une seule de longue main, un pittoresque très spécial et, de-ci de-là, quelque proposition d’une bouffonnerie aiguë. Mentre ero ancora occupato di Freud in quel momento e familiarizzato con i suoi metodi di esame che avevo avuto un po' l'opportunità di praticare sui malati durante la guerra [Breton e Aragon si erano conosciuti in un ospedale dove curavano i feriti di guerra che spesso in seguito allo shock per le esplosioni avevano avuto paralisi momentanei agli arti o parestesie che spesso venivano curate dalla psicoanalisi], ho deciso di ottenere da me ciò che si cerca di ottenere da loro, sia un monologo quanto più rapido possibile, sul quale lo spirito critico del soggetto non faccia esprimere alcun giudizio, che non si imbarazzi, di conseguenza, di alcuna reticenza, e che sia il più esattamente possibile il pensiero parlato [facendo un auto psicoanalisi voleva tirar fuori un monologo più rapido possibile cosicché la ragione non potesse censurarlo linguisticamente o imbrigliarlo nelle reti preesistenti]. Mi era sembrato, e mi sembra ancora - il modo in cui mi era giunta la frase dell'uomo tagliato ne testimoniava - che la velocità del pensiero non è superiore a quella della parola, e che essa non sfida necessariamente la lingua, né la penna che corre. È in queste disposizioni che Philippe Soupault, al quale avevo fatto partecipi di queste prime conclusioni, ed io ci misi ad annerire della carta, con lodevole disprezzo di ciò che potrebbe seguire letterariamente [critica ad un certo tipo di sapere accademico che impone un certo modo di scrittura]. La facilità di realizzazione fece il resto. Alla fine del primo giorno, potevamo leggerci una cinquantina di pagine ottenute con questo mezzo, cominciare a confrontare i nostri risultati. Nell'insieme, quelli di Soupault e i miei presentavano una notevole analogia: stesso vizio di costruzione, carenze della stessa natura, ma anche, da una parte e dall'altra, l'illusione di una verve straordinaria, Un'enorme quantità di emozioni, una notevole scelta di immagini di qualità tale da non essere stati capaci di prepararne una sola di lunga mano, un pittoresco molto speciale e, di tanto in tanto, qualche proposta di una buffoneria acuta [valenza rivoluzionaria di questo metodo che per tirare fuori delle immagini creative sostiene sia meglio affidarsi ad una scrittura diretta piuttosto che affidarsi alle regole della lingua. Da qui la definizione di surrealismo:] C’est de très mauvaise foi qu’on nous contesterait le droit d’employer le mot SURRÉALISME dans le sens très particulier où nous l’entendons, car il est clair qu’avant nous ce mot n’avait pas fait fortune. Je le définis donc une fois pour toutes: È in malafede che ci verrebbe contestato il diritto di usare la parola SURREALISMO nel senso molto particolare in cui lo intendiamo, perché è chiaro che prima di noi questa parola non aveva fatto fortuna. Lo definisco quindi una volta per tutte: SURRÉALISME, n. m. Automatisme psychique pur par lequel on se propose d’exprimer, soit verbalement, soit par écrit, soit de toute autre manière, le fonctionnement réel de la pensée. Dictée de la pensée, en l’absence de tout contrôle exercé par la raison, en dehors de toute préoccupation esthétique ou morale. ENCYCL. Philos. Le surréalisme repose sur la croyance à la réalité supérieure de certaines formes d’associations négligées jusqu’à lui, à la toute-puissance du rêve, au jeu désintéressé de la pensée. Il tend à ruiner définitivement tous les autres mécanismes psychiques et à se substituer à eux dans la résolution des principaux problèmes de la vie. Ont fait acte de SURRÉALISME ABSOLU MM. Aragon, Baron, Boiffard, Breton, Carrive, Crevel, Delteil, Desnos, Éluard, Gérard, Limbour, Malkine, Morise, Naville, Noll, Péret, Picon, Soupault, Vitrac. Le surréalisme est le « rayon invisible » qui nous permettra un jour de l’emporter sur nos adversaires. « Tu ne trembles plus, carcasse. » Cet été les roses sont bleues ; le bois c’est du verre. 32 La terre drapée dans sa verdure me fait aussi peu d’effet qu’un revenant. C’est vivre et cesser de vivre qui sont des solutions imaginaires. L’existence est ailleurs. SURREALISMO, n. m. Puro automatismo psichico con il quale ci si propone di esprimere, sia verbalmente, sia per iscritto, sia in qualsiasi altro modo, il reale funzionamento del pensiero [si vuole completamente reprimere la ragione e i suoi metodi repressivi per permettere alla parte irrazionale della mente umana di esprimersi liberamente]. Dettata dal pensiero, in assenza di qualsiasi controllo esercitato dalla ragione, al di fuori di ogni preoccupazione estetica o morale. ENCYCL. Philos. Il surrealismo poggia sulla credenza nella realtà superiore di alcune forme di associazioni trascurate fino a lui, all'onnipotenza del sogno, al gioco disinteressato del pensiero [tutta la mentalità borghese poggia sull’idea dell’utilità: qualcosa è buono quando è utile e produce. Breton dà importanza alle cose disinteressate perché l’uomo ha anche delle idee che non hanno a che fare con la ragione o con la produttività; è quindi necessario liberare l’uomo dalla logica del pragmatismo e dell’utilità, non solo dalla ragione]. Tende a rovinare definitivamente tutti gli altri meccanismi psichici e a sostituirsi a loro nella risoluzione dei principali problemi della vita [il surrealismo si pone come soluzione di tutti i problemi della vita; il manifesto del partito dell’intelligenza era sul versante opposto perché metteva l’accento della razionalità come tratto distintivo del pensiero francese. I tre esponenti del surrealismo vogliono invece rivoluzionare questo modo di pensare e di parlare]. Hanno fatto atto di SURREALISMO ASSOLUTO MM. Aragon, Baron, Boiffard, Breton, Carrive, Crevel, Delteil, Desnos, Éluard, Gérard, Limbour, Malkine, Morise, Naville, Noll, Péret, Picon, Soupault, Vitrac. [I firmatari sono tutti giovani, è un manifesto di giovani che vogliono cambiare il mondo dalle fondamenta al contrario di quello dell’intelligenza caratterizzato da esponenti conservatori e vecchi] Il surrealismo è il «raggio invisibile» che ci permetterà un giorno di prevalere sui nostri avversari. «Non tremi più, carcassa». Quest'estate le rose sono blu; il legno è vetro. La terra drappeggiata nel suo verde mi fa poco effetto quanto un redivivo. È vivere e smettere di vivere che sono soluzioni immaginarie. L'esistenza è altrove. ________________________________________________________________________________________________ I surrealisti si richiamano al nome di Freud e alla psicoanalisi come un momento di forte mutamento culturale; ma la vera rivoluzione culturale assume dei connotati che possano davvero determinare un cambiamento importante nella società solamente quando si associa a quella politica. Quando Breton scrive il Manifesto del Surrealismo esisteva la rivista “la Révolution Surrealiste”; riconoscono che il surrealismo può garantire l’inizio e lo svolgimento di una rivoluzione, ma ad una certa si pone il surrealismo in rapporto con la rivoluzione del proletariato, un incontro inevitabile essendo entrambi di natura antiborghese. Nel 1927, infatti, Breton e altri surrealisti si iscrivono al Partito Comunista Francese. Sempre nel 1927 viene pubblicato un altro importante libro, “La Trahison de Clercs” di Julien Benda al quale dobbiamo il conio del termine “Clerc” per designare l’intellettuale; è un testo di svolta perché ci obbliga a porci delle domande, su come e se l’intellettuale debba impegnarsi politicamente e quindi sul ruolo che l’intellettuale all’interno della società. Per Benda, l’intellettuale deve consacrarsi ad un culto disinteressato dell’arte e del pensiero collocandosi al di sopra delle classi e delle nazioni; Benda denuncia aspramente “l’organizzazione intellettuale degli odi pubblici”. ___________________________________________________________________________________________ La trahison de clercs – J. Brenda (1927) Cap. III « Je l’avais fait pour être spirituel dans sa chair ; et maintenant il est devenu charnel même dans l’esprit. » « L'avevo fatto per essere spirituale nella sua carne; e ora è diventato carnale anche nello spirito. » BOSSUET, Elévations, VII, 3. En tout ce qui précède je n’ai considéré que des masses, bourgeoises ou populaires, des rois, des ministres, des chefs politiques soit cette partie de l’espèce humaine que j’appellerai laïque, dont toute la fonction, par essence, consiste en la poursuite d’intérêts temporels et qui ne fait, en somme, que donner ce qu’on devait attendre d’elle en se montrant de plus en plus uniquement et systématiquement réaliste. In tutto quanto sopra ho considerato soltanto masse, borghesi o popolari, re, ministri, capi politici questa parte della specie umana che chiamerò laica, la cui intera funzione, In sostanza, è il perseguimento di interessi temporali che, in sostanza, non fa che dare quello che ci si doveva aspettare da essa, mostrandosi sempre più unicamente e sistematicamente realista. A côté de cette humanité que le poète peint d’un mot : « O curvæ in terram anima et cælestium inanes », on pouvait jusqu’à ce dernier demi-siècle en discerner une autre, essentiellement distincte, et qui, dans une certaine mesure, lui faisait frein ; je veux parler de cette classe d’hommes que j’appellerai les clercs, en désignant sous ce nom tous ceux dont l’activité, par essence, ne poursuit pas de fins pratiques, mais qui, demandant leur joie à l’exercice de l’art ou de la science ou de la spéculation métaphysique, bref à la possession d’un bien non temporel, disent en quelque manière : « Mon royaume n’est pas de ce monde. » Et, de fait, depuis plus de deux mille ans jusqu’à ces derniers temps, 35 Pierre Drieu La Rochelle combatté nella Prima Guerra Mondiale da cui esce traumatizzato e internamente lacerato come tanti altri reduci che rimangono disgustati dalla guerra e dall’uso delle bombe che violano il rispetto per il corpo umano e per l’uomo in sé; rimangono particolarmente scioccati perché molti si arruolarono volontariamente per la propaganda del mito del coraggio e della virilità dei soldati in guerra, ma dopo pochi anni si rendono conto della reale distruzione che questa provoca. Una volta tornati dalla guerra questi personaggi non sanno più collocarsi nella società: nell’esaltazione della guerra avevano trovato un senso, nella pace non sanno più stare. La Rochelle negli anni ‘20/’30 si avvicina al Partito Radicale che è però sconvolto da numerosi scandali – come quello Stavisky – e rimane stimolato dalla sommossa del 6 febbraio del 1934 che lo porta a dichiarare la sua adesione al fascismo che considera un perfetto equilibrio tra nazionalismo e socialismo. Nel 1935, La Rochelle va ad assistere al Congresso annuale del Partito Nazista a Norimberga e quando ritorna si iscrive ufficialmente al partito francese più vicino ai fascismi, ovvero quello Popolare mettendosi anche al servizio della propaganda. Tra le basi dell’ideologia nazionalista francese c’era l’antisemitismo che riprende vigore sia per la condizione di crisi economica sia perché lo Stavisky al centro dello scandalo è ebreo. La Rochelle sarà deluso anche dall’esperienza con il Partito Popolare Francese, ma durante l’occupazione nazista si mette tra i collaborazionisti. Robert Brasilliach è più giovane e non vive quindi in prima persona l’esperienza della guerra; è un tipico giovane di quegli anni che ha la sua maturazione negli anni di inquietudine tra le due guerre. Il momento che sancisce la sua effettiva partecipazione alla politica e alla destra francese e che determina la sua fascinazione per il fascismo è la manifestazione del 6 febbraio del ’34; ammira, in particolar modo, la vitalità e il fermento del movimento. A seguito dell’ascesa del Fronte Popolare, si mette a capo del giornale settimanale Je suis partout, piattaforma dei giovani di estrema sinistra e tristemente famoso durante l’occupazione perché sarà il giornale culturale campione dell’antisemitismo con il quale gli intellettuali danno un avvallo teorico. Il modello nazionalista per questi giovani non è più il modello dell’Action Française di Maurras come ai tempi, ma è ora il modello nazista che tanto fa per la giovinezza – l’importanza dell’educazione del giovane nel regime nazista e fascista. Brasillach nel 1937 va ad assistere al Congresso del Partito Nazista di Norimberga di cui lascia una testimonianza nell’opera Cent Heures avec Hitler; rimane affascinato dai cerimoniali fascisti, dalle celebrazioni popolari e dal raduno della comunità intorno ad un capo carismatico. Questi congressi erano come dei cerimoniali religiosi che suscitavano forte fascinazione; la grande “intelligenza” di queste ideologie fu quella di fare appello alla parte spirituale dell’essere umano che può molto di più della sua parte materiale; per loro, il socialismo e il comunismo pensavano troppo alla materia, mentre i nazifascisti vantavano il loro interesse ai grandi ideali che hanno sulla grande massa delle persone una presa straordinaria. Cent heures chez Hitler – Brasillach, 1 octobre 1937 pg. 56 : Point de village qui ne soit pavoisé, sur ces voies triomphales qui mènent à Nuremberg, pendant cette semaine du 6 au 13 septembre où le parti national-socialiste tient ses assises dans la vieille ville de Franconie, la semaine sainte du Reichsparteitag. Le décor raffiné nous introduit simplement aux cérémonies que nous sommes venus voir, et nous prépare aux rites sacrés de l'Allemagne nouvelle. De grandes banderoles, ici et là, ous souhaitent la bienvenue, et aux portes des villes on en a placé d'autres qui nous invitent pour l'année prochaine. Pas d'autres inscriptions, sauf celles que l'on peut voir à l'entrée des villages et de quelques auberges, où il est simplement déclaré, avec une politesse contenue : « Les Juifs ne sont pas souhaités ici. » A l'extérieur, hors des emplacements consacrés à la célébration du nouveau culte, rien autre que les fleurs et les drapeaux. Si nous voulons en savoir davantage, il faudra aller au-delà de cette apparence de grâce et de fraicheur. Nessun villaggio che non sia pavoneggiato, su queste vie trionfali che conducono a Norimberga, durante questa settimana dal 6 al 13 settembre in cui il partito nazionalsocialista tiene le sue assise nella vecchia città di Franconia, la Settimana Santa del Reichsparteitag [analogia con la fede cristiana e in generale con le religioni]. L'arredamento raffinato ci introduce semplicemente alle cerimonie che siamo venuti a vedere, e ci prepara ai riti sacri della nuova Germania [è questa la retorica di Hitler, quella di creare una nuova Germana; nella guerra espansionistica la retorica si allarga all’idea di creare una “nuova Europa”]. Grandi striscioni, qua e là, vi auguriamo il bene venuto, e alle porte delle città ne abbiamo piazzati altri che ci invitano per l'anno prossimo. Non ci sono altre iscrizioni, tranne quelle che si possono vedere all'ingresso dei villaggi e di alcuni ostelli, dove è semplicemente dichiarato, con una cortesia contenuta: «Gli ebrei non sono voluti qui.» All'esterno, fuori dai luoghi dedicati alla celebrazione del nuovo culto, nient'altro che fiori e bandiere. Se vogliamo saperne di più, dovremo andare oltre questo aspetto di grazia e freschezza [tutto è presentato come una celebrazione religiosa utilizzando anche termini e riferimenti simbolici – “culto”, “celebrazione”, “Settimana Santa” etc]. […] 36 pg. 59 : Mais quand Hitler est entré, la foule n'y pensait guère, et ne songeait sans doute qu'à s'enivrer de tant de païennes splendeurs. A l'instant précis où il franchissait le stade, mille projecteurs, tout autour de l'enceinte, se sont allumés, braqués verticalement sur le ciel. Ce sont mille piliers bleus qui l'entourent désormais, comme une cage mystérieuse. On les verra briller toute la nuit de la campagne, ils désignent le lieu sacré du mystère national, et les ordonnateurs ont donné à cette stupéfiante féerie le nom de Licht-dom, la cathédrale de lumière. Ma quando Hitler entrò, la folla non pensò affatto, e non pensò che ad inebriarsi di tanti pagani splendori [siamo sì all’interno di una retorica che trae dalla religione il linguaggio e i culti, ma è comunque una celebrazione ed un culto pagano, vengono adorati nuove divinità, Hitler]. Nel preciso istante in cui attraversava lo stadio, mille proiettori, tutt'intorno al recinto, si sono accesi, puntati verticalmente sul cielo. Sono mille pilastri blu che la circondano ormai, come una gabbia misteriosa. Li vedranno brillare tutta la notte della campagna, indicano il luogo sacro del mistero nazionale, e gli ordinatori hanno dato a questa stupefacente fata il nome di Lichtdom, la cattedrale di luce [era stato incaricato di creare tutta la scenografia un amico di Hitler, Albert Speer che aveva creato tutta questo gioco di luci attorno alla figura del capo]. […] pg. 71 : Pourtant, il faut regarder ses yeux. Dans ce visage insignifiant, eux seuls comptent. Ce sont des yeux d'un autre monde, des yeux étranges, d'un bleu profond et noir où l'on distingue à peine la prunelle. Comment deviner ce qui se passe en eux ? Qu'y a-t-il d'autre qu'un rêve prodigieux, un amour sans limites pour le Deutschland, la terre allemande, celle qui est réelle et celle qui est à construire encore ? Qu'avons-nous de commun avec ces yeux ? Et surtout, la première impression, la plus prodigieuse, subsiste : ces yeux sont tristes. Une angoisse presque incontestable, un désespoir inouï y demeurent. Nous y devinons en un éclair tout ce que cache une façade brillante, les difficultés présentes, la guerre possible, la crise économique, la crise religieuse, tous les soucis du chef responsable. Nous sentons fortement, physiquement, quelle épreuve terrible c'est de conduire une nation. Surtout lorsqu'il s'agit pour ce chef de la transformer de telle sorte qu'une homme nouveau » comme il le dit à chaque instant, puisse x naitre et y vivre. Eppure, bisogna guardare i suoi occhi. In questo volto insignificante, solo loro contano. Sono occhi di un altro mondo, occhi strani, un blu profondo e nero dove si distingue a malapena la pupilla. Come faccio a sapere cosa succede in loro? Cosa c'è di diverso da un sogno prodigioso, un amore senza limiti per il Deutschland, la terra tedesca, quella reale e quella ancora da costruire? Che cosa abbiamo in comune con questi occhi? E soprattutto, la prima impressione, la più prodigiosa, sussiste: questi occhi sono tristi. Un'angoscia quasi incontestabile, una disperazione inaudita vi rimangono. Vi intuivamo in un lampo tutto ciò che nasconde una facciata brillante, le difficoltà presenti, la guerra possibile, la crisi economica, la crisi religiosa, tutte le preoccupazioni del capo responsabile. Sentiamo fortemente, fisicamente, che terribile prova è guidare una nazione. Soprattutto quando si tratta per questo capo di trasformarla in modo che un uomo nuovo» come dice in ogni istante, possa nascere e vivervi. C’è una visione molto romantica e idealizzata del sogno nazista da parte di Brasillach che risulta molto sensibile alla mistica nazionalsocialista che viene instillata attraverso una capillare propaganda, un culto della personalità di Hitler e tutta la macchina che si mette in modo per mostrare come il partito nazista possa restituire alla Germania la sua gloria e quindi uscire dalla delusione e dall’umiliazione della Prima Guerra Mondiale. ________________________________________________________________________________________________ 3. Les recompositions de l’avant-guerre Alla fine degli anni ’30 ci sono due momenti fondamentali che rimescolano gli schieramenti politici degli intellettuali. Il primo fatto è la Guerra Civile Spagnola che scoppia nel 1936 a seguito del colpo di stato militare di Francisco Franco che rovescia la giovane Repubblica Spagnola di marca socialista; questo attacco alla Repubblica Spagnola è un fatto che suscita molta indignazione in tutta Europa e la Guerra Civile diventa un mito anche nell’immaginario collettivo degli intellettuali – ricordiamo “l’Espoir” di Malraux e “per chi suona la campana” di Hemingway ai quali rimane impresso il mito della Guerra Civile, a cui partecipano anche attivamente in prima persona, nella misura in cui tutti gli intellettuali che si proclamano antifascisti si sentono in dovere di intervenire al fianco degli spagnoli. Nel 1936 in Francia c’era il Fronte Popolare e Malraux, uno di questi intellettuali antifascista, in qualche modo sollecita il governo francese, capeggiato da Léon Blum, ad intervenire a sostegno degli spagnoli, gli omologhi del fronte popolare ma in Spagna. Tuttavia, siccome a sostegno di Francisco Franco sono già intervenuti i Regimi Fascisti – Germania e Italia – entrare a sostegno dei repubblicani spagnoli significa entrare in guerra con loro, allargando il conflitto, cosa che il governo francese non si sente di fare. Nel comitato degli intellettuali antifascisti ci son personaggi che vogliono l’intervento della Francia, ma c’è una parte maggioritaria, guidata da Alain, che vuole invece che la Francia si tenga fuori dalla guerra. Prima della Prima Guerra 37 Mondiale si vedeva da una parte i pacifisti di sinistra e gli interventisti di destra, negli anni ‘30 invece le cose cambiano: il sostegno alla Guerra di Spagna viene vista come un modo per difendere i valori repubblicani, quindi, viene sostenuta anche da alcuni rappresentati di sinistra, determinando così la rottura del fronte di sinistra. Anche il fronte di destra è variegato: ci sono alcuni cattolici, come Claudel, che sono favorevoli al regime di Franco che ritengono possa difendere il clero e i Cattolici perseguitati dalla Repubblica socialista; sullo stesso fronte si collocano anche Maurras e Brasillach, favorevoli al regime di Franco. Ma ci sono altri intellettuali di destra cattolici come Mauriac che, dopo il famoso bombardamento di Guernica, rifiuta l’idea che Franco si erga come difensore della causa cattolica. Un altro scrittore cattolico, molto intransigente, Bernanos, collocato molto più a destra di Mauriac, durante la Guerra Civile Spagnola si trova alle Isole Baleari e con sgomento assiste alla repressione nazionalista dei repubblicani portata avanti con la complicità del clero. L’altro evento che sconvolge gli schieramenti è la famosa conferenza di Monaco del 1938 nella quale le potenze europee danno l’autorizzazione a Hitler di annettere al proprio Reich la zona dei Sudeti, in Cecoslovacchia; è importante perché viene portata avanti la teoria dell’appeasement, quella strategia di pace, all’idea di non entrare in conflitto con la Germania che vedevano come il baluardo contro la Russia Sovietica sostanzialmente dando però di fatto il via libera a Hitler e alle sue successive annessioni. Rispetto alla Conferenza di Monaco ci sono in Francia posizione variegate: c’è la destra estrema filonazista – di Brasillach – che sarà paradossalmente ultrapacifista, non vorrà la guerra contro Hitler; in quest’area di destra ci saranno posizioni diverse, Beranons accuserà i suoi amici nazionalisti di aver abdicato al proprio patriottismo. Nello schieramento antifascista anche Alain sarà favorevole agli accordi di Monaco mantenendo la sua posizione pacifista, mentre Romain Roland – prima pacifista ed europeista – parlerà della Conferenza di Monaco come una degradante capitolazione e dalla stessa parte si porranno anche due intellettuali comunisti come Aragon e Nizan che considereranno la politica dell’appeasement portata avanti da Chamberlain e Daladier una forma di viltà, un sottrarsi ad un dovere morale ed etico. Quando nel ’39 sarà firmato il patto di non interventismo Ribbentrop-Molotov tra Russia Sovietica e Hitler, questo spiazzerà gli intellettuali comunisti che avevano invece mostrato di andare contro le mire espansionistiche di Hitler. Chapitre 4 : la vie culturelle des années noires Con l’espressione « années noire » si indicano gli anni dell’occupazione nazista e del Regime di Vichy, anni che cominciano con la disfatta dell’esercito francese contro le truppe tedesche che entrano nel territorio del nord della Francia e Parigi nel giugno del 1940; la guerra tra i due schieramenti – chiamata drôle de guerre – è rapidissima: va dall’estate del ’39 al giungo del ’40 e si conclude con la sconfitta dell’esercito francese. Il 17 giugno del 1940 si invoca da parte del maresciallo Pétain il cessate il fuoco e il giorno seguente, il 18 giugno, è il giorno in cui dai microfoni di Radio Londra (BBC) il generale Charles De Gaulle invita i francesi a non arrendersi ai nazisti e sottolinea il fatto che la vera Francia non fosse quella nei confini occupati dai tedeschi, ma che fosse fuori e proprio dalla “Francia di fuori”, De Gaulle guiderà la resistenza evocando l’ipotesi che la Francia possa essere supportata militarmente anche dagli Stati Uniti. La Terza Repubblica non sopravvive alla sconfitta e il 22 giugno viene firmato l’armistizio e la Francia viene divisa in due parti: nella parte nord c’è l’occupazione diretta dei nazisti (zone occupée) che subisce cambiamenti anche topografici; nella parte a sud (zone libre ou non occupée) si instaura un nuovo governo a Vichy dove vengono dati pieni poteri come capo dello Stato al Maresciallo Pétain, eroe della Prima Guerra Mondiale che aveva sufficiente carisma per poter essere visto come capo della Francia; vuole dare l’immagine di una Francia che ancora c’è e che ancora esiste – è di fatto una menzogna perché il governo di Vichy è completamente soggiogato ai nazisti e non ha autonomo potere decisionale. La vita culturale è determinata da questo nuovo contesto storico: è caratterizzata dalla scomparsa di diversi esponenti culturali che vengono imprigionati, esiliati o uccisi o da Vichy o dai nazisti. La Rive Gauche crolla: una parte si rifugia nella zona non occupata, a Lione o Marsiglia, o all’estero. La vita culturale è sottomessa alle vicende materiali e politiche del tempo, quindi alla penuria, alla censura e alla repressione. Come non mai nel periodo degli anni neri si vede quanto sia importante l’aspetto culturale del Paese; è attraverso la cultura che vengono veicolate le idee che avranno una ricaduta a livello sociale e politico. In entrambi i regimi della Francia si esercita il potere di intervenire a livello culturale attraverso due tipi di azioni, apparentemente opposte ma di fatto complementari: 1. la propaganda, sempre menzognera perché falsifica la realtà offrendo una verità più o meno edulcorata, dando così un’immagine più positiva di quella che è la realtà con un’attitudine propositiva, proponendo qualcosa di diverso per avere consenso; 2. la censura ha invece un valore contrario, nel senso che non aggiunge come la propaganda, ma toglie; elimina i pensieri dissidenti, evitando che questi si diffondano. 40 Désireux de contribuer à la création d'une atmosphère plus saine et dans le souci d'établir les conditions nécessaires à une appréciation plus juste et objective des problèmes européens, les éditeurs français ont décidé de retirer des librairies et de la vente, les œuvres qui figurent sur la liste suivante et sur des listes analogues qui pourraient être publiées plus tard. Il s'agit de livres qui, par leur esprit mensonger et tendancieux ont systématiquement empoisonné l'opinion publique française ; sont visées en particulier les publications de réfugiés politiques ou d'écrivains juifs, qui, trahissant l'hospitalité que la France leur avait accordée, ont sans scrupules poussé à une guerre, dont ils espéraient tirer profit pour leurs buts égoïstes. Les autorités allemandes ont enregistré avec satisfaction l'initiative des Editeurs français et ont de leur côté pris les mesures nécessaires. Desiderosi di contribuire alla creazione di un'atmosfera più sana e nell'intento di stabilire le condizioni necessarie ad una valutazione più giusta e obiettiva dei problemi europei, gli editori francesi hanno deciso di ritirare dalle librerie e dalla vendita le opere che figurano nell'elenco seguente e in elenchi analoghi che potrebbero essere pubblicati in seguito. Si tratta di libri che, con il loro spirito menzognero e tendenzioso, hanno sistematicamente avvelenato l'opinione pubblica francese; si riferiscono in particolare alle pubblicazioni di rifugiati politici o di scrittori ebrei, i quali, tradendo l'ospitalità che la Francia aveva loro concesso, hanno senza scrupoli spinto ad una guerra, che speravano di trarre profitto per i loro scopi egoistici [uno degli argomenti più vergognosi della propaganda filonazista era che la guerra fosse stata provocata dall’internazionale ebraica – vedendo quello che poi succede agli ebrei in guerra si rende evidente il lavaggio del cervello messo in atto dalle autorità naziste]. Le autorità tedesche hanno registrato con soddisfazione l'iniziativa degli editori francesi e hanno da parte loro adottato le misure necessarie. Qualche titolo e autore censurato: - Léon Blum, ebreo e socialista; - Roland Dorgelès che aveva parlato nelle sue opere della vita al fronte durante la guerra; - libri inglesi perché l’Inghilterra era nemica; - rifugiati politici o dissidenti; - socialisti e comunisti; - autori ebrei come Weil, Lévy etc - Mein Kampf di Hitler e altri testi tedeschi molto importanti per il Reich che vengono interdetti perché le autorità non si fidavano della traduzione francese, quindi, onde evitare che venisse detto qualcosa di inesatto, viene interdetto qualsiasi libro che parlasse della Germania; _______________________________________________________________________________________________ Viene messa in atta in Francia la politica dell’arianizzazione economica per cui tutto ciò che era nelle mani degli ebrei venne confiscato e affidato ad ariani; questo fenomeno ha un prolungamento anche nel settore culturale – es. editore Calmann-Lévy la cui direzione viene affidata a pubblicatori ariani; la stessa cosa avviene anche alle gallerie d’arte che sovente erano nelle mani di famiglie di origine ebraica e le opere stesse vengono confiscate e spedite in Germania – i nazisti erano grandi collezionisti, Göring in primis. Anche a livello di opere d’arte si registrano atti di resistenza silenziosa: alcuni lavoratori del Louvre, da cui venivano sottratte le opere, magari non registravano delle opere cosicché non venissero confiscate o avvertivano i resistenti della partenza di convogli carichi di opere così che non li bombardassero. 2. En zone non occupée : la politique culturelle de Vichy Dove si installa il Regime di Vichy viene messa in atto dallo Stato francese stesso una politica che vuole trasmettere un’idea ben precisa della Francia attraverso specifiche e studiate politiche culturali – propaganda e censura che sono ancora più marcate nel Regime di Vichy perché se nella parte occupata i nazisti si preoccupavano solo che nessuna opera parlasse del nazismo, Vichy vuole anche trasmettere un’immagine ben precisa della Francia applicando una forte censura. L’ideale promosso da Vichy è quello di una Révolution Nationale, una rivoluzione con caratteri reazionari: auspica, infatti, ad un ritorno, ad uno slancio indietro, ad una restaurazione di quello che c’era prima della Terza Repubblica. Viene diffusa l’idea che la sconfitta francese in guerra fosse meritata perché la Francia – e quindi i francesi – si era fortemente indebolita, anche dal punto di vista morale, a causa della politica e della cultura promossa dalla Terza Repubblica; questa causa l’infiacchimento del senso patriottico e della morale del popolo francese che non sa per quale Francia sta combattendo o difendendo durante la drôle de guerre – J. P. Sartre dirà che i francesi si erano arruolati in guerra senza avere però una vera immagine della Francia da difendere, proprio perché durante la Terza Repubblica era stata sfigurata da numerosi scandali, perdendo credibilità agli occhi della nazione. Quindi, di fronte a questi scandali, torna la retorica – che spesso emerge sotto i regimi autoritari – che con una repubblica parlamentare e una democrazia è inevitabile che ci sia debolezza e corruzione che sono per di più favorite dall’organo istituzionale; secondo questa idea sarebbe quindi meglio avere una mano forte che guida il paese. 41 Come abbiamo visto, la Terza Repubblica si riagganciava ai valori della Rivoluzione Francese il cui motto, una triade di valori che derivano dall’illuminismo – liberté, fraternité, égalité, era stato riportato in auge. Il regime di Vichy rimpiazza questi valori con un'altra triade: travaille, famille, patrie. Il Regime di Vichy sicuramente non poteva adottare la triade precedente perché nella sua politica abbiamo una negazione insita di questi: la liberté viene negata dalle politiche liberticide; l’égalité non può sussistere per le politiche che mirano ad un ritorno della divisione ben distinta in classi e per le leggi antisemite che portano i cittadini ebrei a diventare dei “cittadini di serie b”; la fraternité viene annullata dalla promozione della delazione che metteva i cittadini gli uni contro gli altri portando, infine, ad una guerra civile tra collaborazionisti e partigiani annullando l’idea di fratellanza di cittadini figli della stessa patria. Il concetto repubblicano di fraternité si allargava anche ad un concetto internazionalista, annullato dal Regime che spingeva invece al patriottismo nazionalista. La triade di valori del Regime di Vichy con il concetto di travaille spingeva ad un ritorno alla Francia agricola e rurale e a tutti i suoi valori tradizionalisti: esaltando il lavoro agricolo, si contrastava la nuova società inaugurata dalla Rivoluzione Industriale che aveva portato alla coscienza di classe e quindi alla lotta. Tornando alla società contadina si tornava anche alla netta divisione delle classi sociale e quindi all’armonia che regnava grazie a questa. Tra i valori della Francia agricola c’era il valore della famille al centro della società; con questa derivava anche l’idea della donna come “angelo del focolare”, quindi una donna dedita alla maternità e alla cura sia della casa sia della famiglia annullando l’emancipazione ottenuta grazie alla Prima Guerra Mondiale. Il focus sul concetto di patrie spinge al nazionalismo, cancellando i ponti con le altre nazioni che si erano creati grazie all’internazionalismo. C’è anche un’opposizione tra concreto e astratto: la triade di valori della Rivoluzione Francese si ispirava chiaramente a valori astratti, opposta a quella di Vichy strettamente concreta con valori che hanno diretto riscontro nella realtà concreta. C’è una rivalutazione del folklore del mondo agricolo con le sagre e le feste che erano state abbandonate per l’internazionalismo che aveva portato ad una disaffezione per la Francia e quindi alla disfatta bellica e militare. Per questo, il Museo delle Arti e delle Tradizioni diventa la vetrina dell’idea che il governo vuole veicolare, ovvero l’idealizzazione della cultura tradizionale. In questo senso vengono anche promosse le inchieste etnografiche al fine di salvaguardare il patrimonio francese. Il forte antisemitismo emerso nell’affaire Dreyfus era già presente in Francia ben prima dell’occupazione nazista: non è, infatti, il prodotto di una volontà hitleriana, ma aveva già delle stabili radici nella società francese e riemerge negli anni ’20 per la crisi economica. Il 3 ottobre del 1940 viene pubblicato lo statuto degli ebrei (Statut des Juifs), poi ripubblicato nel giungo del 1941, che instaura la disuguaglianza tra francesi ebrei e non. ________________________________________________________________________________________________ Loi du 2 juin 1941 remplaçant la loi du 3 octobre 1940 portant statut des Juifs art.2 L'accès et l'exercice des fonctions publiques et mandats énumérés ci-après sont interdits aux Juifs : 1. Chef de l'État, membres du Gouvernement, du conseil d'État, du conseil de l'ordre national de la Légion d'honneur, de la cour de cassation, de la cour des comptes, du corps des mines, du corps des ponts et chaussées, de l'inspection générale des finances, du corps des ingénieurs de l'aéronautique, des cours d'appel, des tribunaux de première instance, des justices de paix, des tribunaux répressifs d'Algérie, de tous jurys, de toutes juridictions d'ordre professionnel et de toutes assemblées issues de l'élection, arbitres. 2. Ambassadeurs de France, secrétaires généraux des départements ministériels, directeurs généraux, directeurs des administrations centrales des ministères, agents relevant du département des affaires étrangères, préfets, sous-préfets, secrétaires généraux des préfectures, inspecteurs généraux des services administratifs au ministère de l'intérieur, fonctionnaires de tous grades attachés à tous services de police. 3. Résidents généraux, gouverneurs généraux, gouverneurs et secrétaires généraux de colonies, inspecteurs des colonies. 4. Membres des corps enseignants. 5. Officiers et sous-officiers des armées de terre, de mer et de l'air, membres des corps de contrôle de la guerre, de la marine et de l'air, membres des corps et cadres civils des départements de la guerre, de la marine et de l'air, créés par les lois du 25 août 1940, du 15 septembre 1940, du 28 août 1940, du 18 septembre 1940 et du 29 août 1940. 6. Administrateurs, directeurs, secrétaires généraux dans les entreprises bénéficiaires de concessions ou de subventions accordées par une collectivité publique, titulaires de postes à la nomination du Gouvernement dans les entreprises d'intérêt général. 42 Gli ebrei sono quindi esclusi da tutti gli ambiti della cultura, non possono fare nessuna professione liberale che permetta loro, quindi di esprimere le loro idee – sì a lavori manuali, non insegnati, scrittori etc. ________________________________________________________________________________________________ La scuola era il fiore all’occhiello della politica della Terza Repubblica ed è proprio a livello della scuola che ci sarà una presa di potere moto forte della politica di Vichy proprio per annullare i valori imposti dalla Terza Repubblica. La riforma della scuola è comunque un punto importante di tutti i governi in cui c’è sempre la volontà di fare delle riforme a livello scolastico o universitario per lasciare il proprio segno. Pétain, L’Education Nationale – 15 aout 1940 Con questa pubblicazione sulla rivista Revue du Monde il 15 agosto 1940, Pétain mette in evidenza l’esigenza di un cambiamento nell’ambito dell’educazione nazionale; secondo Pétain, la scuola della Terza Repubblica era da ritenersi responsabile per aver privilegiato l’apprendimento di conoscenze astratte, d’aver incoraggiato lo sviluppo individuale del cittadino a detrimento dei valori della comunità ed aver contribuito a sradicare i giovani francesi dalla propria patria. Secondo Pétain è quindi necessario ripristinare un’educazione più concreta, concentrata ai mestieri professionali e alla formazione del carattere. Il testo sembra già essere un discorso programmatico su come dovesse essere lo Stato, la Nazione e i suoi cittadini. M. le Maréchal Pétain, chef de l'Etat français, a fait le grand honneur à la Revue de lui adresser les pages suivantes dont nos lecteurs apprécieront la haute portée ; nous le prions de bien vouloir trouver ici l'expression de notre vive gratitude et de notre respectueux attachement. Il Sig. le Maréchal Pétain, Capo di Stato francese, ha fatto il grande onore alla Revue di inviarle le pagine seguenti, di cui i nostri lettori apprezzeranno l'alta portata; lo preghiamo di trovare qui l'espressione della nostra viva gratitudine e del nostro rispettoso attaccamento. Français, Parmi les tâches qui s'imposent au Gouvernement, il n'en est pas de plus importante que la réforme de l'éducation nationale. Il y avait à la base de notre système éducatif une illusion profonde : c'était de croire qu'il suffit d'instruire les esprits pour former les cours et pour tremper les caractères. Francese, Tra i compiti che si impongono al Governo, non è più importante della riforma dell'istruzione nazionale. C'era alla base del nostro sistema educativo un'illusione profonda: era credere che bastasse istruire le menti per formare i corsi e immergere i caratteri [la pedagogia moderna sa che la formazione culturale di per sé ha una ricaduta etica e morale e che quindi non ci sia il bisogno dell’imposizione affinché nasca il senso morale in un bambino; è questa la scommessa di un’educazione libera e non autoritaria, ovvero che attraverso la cultura e la formazione si formi la morale e che quindi non siano necessaire le regole. Pétain mette in discussione questa idea]. Il n'y a rien de plus faux et de plus dangereux que cette idée. Le cœur humain ne va pas naturellement à la bonté ; la volonté humaine ne va pas naturellement à la fermeté, à la constance, au courage. Ils ont besoin, pour y atteindre et pour s'y fixer, d'une vigoureuse et opiniâtre discipline. Vous le savez bien, parents qui me lisez : un enfant bien élevé ne s'obtient pas sans un usage vigilant, à la fois inflexible et tendre, de l'autorité familiale. Non c'è niente di più falso e pericoloso di questa idea. Il cuore umano non va naturalmente alla bontà; la volontà umana non va naturalmente alla fermezza, alla costanza, al coraggio. Hanno bisogno, per raggiungervi e per fissarvisi, di una vigorosa e persistente disciplina. Lo sapete bene, genitori che mi leggete: un bambino ben educato non si ottiene senza un uso vigile, al tempo stesso inflessibile e tenero, dell'autorità familiare [un’educazione autoritaria rispecchia l’autorità del regime: si impongono delle regole di cui non è necessario dimostrarne la bontà o l’efficacia perché non c’è né la necessità né il bisogno di discuterle]. La discipline de l'école doit épauler la discipline de la famille. Ainsi, et ainsi seulement, se forment les hommes et les peuples forts. Une autre grave erreur de notre enseignement public, c'est qu'il était une école d'individualisme. Je veux dire qu'il considérait l'individu comme la seule réalité authentique et en quelque sorte absolue. La disciplina della scuola deve sostenere la disciplina della famiglia. Così, e così solo, si formano gli uomini e i popoli forti [se le leggi della scuola della Terza Repubblica intendevano formare uomini e popoli liberi, l’idea di Pétain e di Vichy è di formare uomini e popoli forti perché la sconfitta della guerra è stata percepita come una debolezza del popolo francese; bisogna quindi riportare in auge le virtù che l’astrazione della Terza Repubblica avevano fatto scomparire]. Un altro grave errore del nostro insegnamento pubblico è che era una scuola di individualismo. Voglio 45 En nous donnant ta vie Ton génie et ta foi Tu sauves la patrie Une seconde fois Dandoci la tua vita Il tuo genio e la tua fede Tu salvi la patria Una seconda volta La giovinezza è un punto fondamentale di ogni regime, ma un altro ambito in cui si esercita la propaganda è lo sport e anche nel Regime di Vichy assume una grande importanza: si cerca infatti di ridare forza non solo mentale ma anche fisica al popolo francese che si era infiacchito durante l’epoca democratica. Alcuni provvedimenti: - viene incaricato di fare una riforma il grande campione del tennis dell’epoca, Jean Borotra che ha il compito di riformare lo sport favorendo un certo elitismo amatoriale, non professionale: a livello di eccellenza lascia all’amatore la possibilità di approfondire lo sport; - vengono fondati i Chantiers de la Jeunesse in cui si promuove il senso civico dei giovani francesi; - vengono fondate delle scuole molto prestigiose per la formazione della classe dirigente e in particolare due di queste diventano di così alto profilo che sfuggono al controllo di Vichy e alla sua stretta morsa; - nasce il movimento della Jeune France incaricato di promuovere una decentralizzazione culturale portando in tutte le province francesi il teatro, favorendo così lo sviluppo di truppe teatrali in tutto il territorio francese. Jeune France ha così tanto successo che insospettisce i dirigenti di Vichy che quindi proibiscono questa attività e molti degli esponenti finiranno nelle fila della Resistenza. La stessa cosa accadde anche a L’école des Cadres d’Uriage, una scuola in cui insegnano grandi esponenti e filosofi di area cattolica; anche questa finirà per diventare invisa ai dirigenti di Vichy, soprattutto a Pierre Lavale, braccio destro di Pétain, quello più violentemente antisemita, che nel ‘43 chiude la scuola; alcuni di coloro che avevano contribuito a costruirla finiranno nelle fila della Resistenza. Il regime di Vichy, quando all’inizio si era instaurato, aveva goduto di notevole consenso perché sembrava voler tenere alto il valore della Francia grazie anche alla figura di Pétain che si presentava come un padre di famiglia che aveva riappacificato i disordini seguiti alla Terza Repubblica. Si guarda inizialmente al Regime di Vichy come una situazione di compromesso accettabile di fronte all’ipotesi di essere schiacciati dalla Germania, ma via via perde popolarità; nasce così il dissenso che poi sfocia nella lotta armata a seguito di atti estremi portati avanti dai generali di Vichy, come le retate degli ebrei francesi che agli occhi della popolazione suscitavano sconcerto, mostrando un volto odioso e difficile da legittimare. Un’altra pratica che lo renderà inviso alla popolazione sarà l’istituzione delle STO – Service du Travail Obligatoire; questo era l'arruolamento forzato e la deportazione di centinaia di migliaia di lavoratori francesi nella Germania nazista per permettere alla macchina della guerra di andare avanti. La Germania chiedeva ai paesi occupati di fornire braccia per il lavoro, dato che molti dei suoi giovani erano a combattere. Questo porterà molti giovani a darsi alla macchia e quindi ad arruolarsi successivamente nelle fila della Resistenza. In generale, il Regime di Vichy che prima era stato salutato con una certa simpatia dia liberali, a questi stessi verrà inviso quando mostrerà il proprio volto violento. II. La culture vécue : pratiques et engagements 1. Des pratiques pour tempes de guerre : entre évasion et réarmement moral La vita culturale, in contrasto con il degrado della quotidianità, sembra procedere apparentemente come sempre: è attiva, viva e, da parte della popolazione, c’è una grande sete di consumazione culturale e i francesi cercano un bene che la penuria di carta ha reso molto prezioso, il libro. Si assiste quindi ad un boom di vendita di libri – solo quelli ammessi – e i librai riescono a vendere tutti i libri che avevano nei loro magazzini. Questa fame di lettura è giustificata da una volontà di distrazione dalla quotidianità e quindi si ricercano libri di intrattenimento; questi libri non vengono toccati dalla censura, ma spesso dietro questa apparente lettura di evasione si cala un altro significato, si veicolano messaggi sovversivi sotto il velo dell’allegoria. Ricordiamo in questo senso “Premier de cordée” di Roger Frison-Roche che parla della storia di una guida alpina che, a causa di un incidente, rimane bloccato sulla montagna, ma grazie alla sua forza riesce a risollevarsi e a salvarsi; questo racconto è stato visto sia come metafora del regime di Vichy che ha risollevato la Francia, sia come incitamento a liberarsi dalla schiavitù del regime; ad avvalorare questa tesi sarà il fatto che verrà creata un’adattazione cinematografica da parte del regista Louis Daquin molto vicino al Partito Comunista Francese e alla Resistenza. Anche il teatro è estremante frequentato e si sviluppa particolarmente il teatro brillante, non quello intellettuale. Il più famoso esponente è il grande attore Guitry che incarna bene la situazione di queste persone di spettacolo durante gli anni di Vichy; spesso, infatti, i rappresentanti del mondo dello spettacolo si trovano in una situazione complicata, perché sovente gli spettacoli teatrali erano frequentati anche da generali nazisti che assistono con piacere. La questione si pone sul comportamento che possono assumere gli artisti: continuare a fare spettacoli sapendo che sono un fonte di divertimento per il nemico con la possibilità di essere tacciati come collaborazionisti? o rifiutarsi di fare teatro contribuendo all’idea 46 che tutto sia armonioso e pacifico? Smettere di fare spettacoli vorrebbe però anche dire non solo perdere il lavoro, ma far spegnere la fiamma francese del teatro e dell’arte, ciò in cui i francesi sono sempre stati eccellenti. È un grande dilemma per gli artisti del tempo ed infatti Guitry che aveva continuato nel suo lavorano anche negli anni dell’occupazione, post-guerra verrà tacciato di collaborazionismo e finisce nel mirino dell’epurazione, di coloro che vogliono cancellare traccia di collaborazionismo. In verità, queste figure ambigue hanno anche agito per aiutare i resistenti: infatti, col fatto che fossero amici dei nazisti, potevano fare doppio gioco e aiutare le persone avverse ai nazisti. È una zona grigia complessa da gestire in cui si trovano ad operare molti uomini di spettacolo. Negli anni ’30 il centro nevralgico della cultura europea è Parigi e soprattutto i luoghi della cosiddetta Rive Gauche, la sponda sinistra della Senna, attorno ai quali si riuniscono molti intellettuali che, con le loro opere e azioni, si pongono al centro del fermento culturale. Sono anche gli anni in cui Camus e J. P. Sartre mettono in scena le loro opere che hanno già gli echi dell’esistenzialismo e sono dominati dal sentimento dell’assurdo. Delle pièce di Sartre ricordiamo in particolar modo Hius clos – “a porte chiuse” – e les Mouches – “le mosche”; quest’ultima in particolare passa la censura perché sembra apparentemente essere la riscrittura di una tragedia greca, del mito di Oreste. Il mito racconta di Oreste, figlio di Clitennestra e Agamennone, ucciso dall’amante della moglie, Egisto; tornato ad Argo, vendica la morte del padre uccidendo Clitennestra ed Egidio. La pièce di Sartre ha, in realtà, una forte coloritura allegorica sotto cui si legge l’occupazione nazista e il Regime di Vichy; Sartre, infatti, racconta di come Elettra, sorella di Oreste, dopo avergli affidato il compito di uccidete Egisto, sia presa dal rimorso e quindi assalita da mosche – simbolo del senso di colpa. Le mosche sono in chiave allegorica i nazisti che la città, quindi la Francia, mentre Egisto e Clitennestra rappresentano il governo di Vichy; il senso di colpa di Elettra è, nella realtà francesi di Vichy, il senso di colpa instillato dalla propaganda secondo la quale la Francia avrebbe meritato la sconfitta e l’occupazione per la debolezza morale dei francesi rispetto ai tedeschi. Anche un altro drammaturgo francese, Jean Anouilh, si occupa della riscrittura in chiave modernistica delle tragedie greche; nella sua opera Antigone, egli riscrive il mito dell’omonima eroina che si ribella ai voleri del re Creonte per dare una degna sepoltura al fratello Polinice. Scoperta nell’atto di trasgredire gli ordini del re, si suicida; scritta al tempo del Regime di Vichy viene letta come un’opera sulla Resistenza e in generale sulla ribellione del singolo all’ordine stabilito. La pratica culturale maggiormente frequentata è il cinema che passa attraverso la censura del Regime che impedisce film americani ed inglesi; questo porterà, nel dopoguerra, alla febbre per i film americani ed inglesi. La censura è molto marcata e porta a molta produzione francese; nasce infatti la Continentale che è apparentemente privata, ma è in realtà in mano al Regime creando così film che non prendono spunto dalla realtà e che per di più sono impregnati della propaganda e quindi dei valori del Regime. Uno di questi è Le Voile Bleu del 1942 di Jean Stelli che racconta della storia di una donna vedova di un eroe della Prima Guerra Mondiale che mette al mondo un bambino che muore, però, il giorno seguente; lei, spezzata dal dolore, decide di rimanere comunque fedele al primo marito e, siccome non può essere più madre, di dedicarsi interamente all’educazione e alla cura di bambini dagli altri, diventando una governante; nel futuro ritroverà poi tutti i bambini, ormai adulti, che aveva accudito. Abbiamo quindi una valorizzazione della figura materna in linea con il trittico di valori del regime – travaille, famille, patrie – che debbano essere ben interiorizzati dai francesi. Tutto quello che viene messo in scena corrisponde alla volontà della trasmissione dei valori tradizionali, quindi della donna come “angelo del focolare”, il cui ruolo è meramente legato alla maternità e alla cura della famiglia. Questo lo si vede bene anche nel messaggio iniziale del film: « ce film est dédié à toutes celles qui sacrifient les joies de l’existence aux enfants des autres… à ces enfants qu’elles soignent, protègent, défendent et qu’il leur faut quitter et prendre à jamais, alors qu’elles les aiment peut-être comme s’ils étaient les leurs ». Durante il periodo des années noires torna in auge la religione, uno dei bersagli culturali della Terza Repubblica; c’è una specie di alleanza con la Chiesa che invita i suoi fedeli ad aderire al regime di Vichy che stabilisce nuove forme di aggregazione, cerimonie e feste religiose. Soprattutto nei primi tempi nel mondo cattolico viene veicolata l’idea che la sconfitta possa essere intesa come una punizione divina per le colpe commesse contro la religione; anche negli alti ranghi della Chiesa francese, quando poi si rivela il volto oscuro di Vichy, ci sono voci contrastanti. L’arcivescovo di Tolosa, Monsignor Saliège, dopo le retate dell’estate del ’42, scrive una lettera pastorale invocando al rispetto della dignità umana. Anche il vescovo protestante Boegner condanna le politiche antisemite di Vichy. 2. La choix des intellectuels 47 Gli intellettuali hanno sostanzialmente due diverse opzioni di scelta su come continuare la loro attività creativa, ma pongono tutte un problema; la questione è sempre quella se tacere piegandosi alla censura e quindi vivere o continuare a creare con il rischio però di essere puniti; l’atteggiamento più largamente diffuso quello di adattamento alla situazione, standoci dentro senza però apertamente collaborare con il nemico: si continua il proprio percorso creativo cercando in maniera realistica di sopravvivere portando avanti la propria creazione pur nelle restrizioni e costrizioni dell’epoca. I giornalisti e scrittori che decidono di allinearsi alle linee culturali imposte dal regime pubblicano per case editrici che hanno firmato accordi con l’occupante o si piegano alla censura; lo fanno, di fatto, anche per ragioni materiali: smettere di scrivere voleva per loro dire perdere il lavoro e quindi non potersi più sostenere. Alcuni invece continuano attivamente ed autonomamente la propria attività letteraria perché continuare a pubblicare vuole dire mantenere viva la fiamma della cultura francese. Ma spesso il confine tra il piegarsi alla compromissione e l’opera come una testimonianza del génie français è molto labile: gesti compiuti anche da clercs di alto profilo sono molto ambigui, come Mounier che partecipa agli stage della scuola d’Uriage tenendo anche lezioni; ma lo fa perché è collaborazionista o per non lasciare completamente il campo a chi è sottomesso al potere e per portare quindi una voca contrastante? Anche il caso di Lucien Febvre è ambiguo: lo storico francese chiede all’amico e collega di origine ebrea Marc Bloch di cancellare il suo nome dal Comitato di Direzione delle Annales d’histoires social per poter continuare a pubblicare – vengono pubblicati anche gli articoli di Bloch che scrive sotto pseudonimo; ma anche in questo caso ci si chiede se lo fa perché cede alle leggi antisemite o per permettere all’amico di continuare a pubblicare? Ci sono invece coloro che apertamente collaborano con il regime, come Drieu La Rochelle, tipico rappresentante degli anni della Prima Guerra Mondiale, a cui viene dato l’incarico di dirigere la rivista letteraria più importante dell’epoca, la Nouvelle Revue Française pubblicata da Gallimard, uno di quegli editori che ha dovuto firmare la lista Otto, quindi accondiscendendo a togliere una serie di libri dal catalogo. Gallimard vuole però salvare la rivista, suo fiore all’occhiello, e all’epoca il direttore era Jean Polain, antifascista. L’ambasciatore tedesco a Parigi, Otto Abez, pare abbia detto “il y a trois forces en France: le communisme, la haute banque et La NRF – ci sono tre potenze in Francia: il comunismo, l’alta finanza e la Nouvelle Revue Française”; quest’ultima aveva grande prestigio nel legittimare le idee; Gallimard per poter continuare a pubblicare, affida direzione a La Rochelle con la promessa che rimanesse solo di stampo letterario e non politico, ma il primo numero che esce nel dicembre del 1940, è redatto solo da campioni della collaborazione perché gli altri si rifiutano. La NRF verrà chiusa nel ‘43 per la sua perdita di prestigio e riapre con il nome di “Nouvelle Nouvelle Revue Française” per evidenziare il rinnovamento e un distacco da quella precedente. La Rochelle sarà al centro dell’epurazione alla fine dell’occupazione e della Seconda Guerra Mondiale, ma riuscirà a sfuggire all’esecuzione perché scappa in Sud America. Brasillach è ancora più spinto nelle sue simpatie verso il nazismo, ha una grande ammirazione per la forma di esaltazione della virilità adombrata dall’ideologia nazista e in particolare dell’idea dell’amicizia virile. Dirige il settimanale Je Suis Partout, emblema dell’antisemitismo, anti-bolscevismo, della collaborazione e dell’opposto di tutte le idee della Terza Repubblica. A seguito della liberazione, Brasillach sarà giustiziato non tanto per il reato ideologico commesso, ma perché nel suo giornale si praticherà molta delazione e perché, a seguito dei commenti indignati dell’arcivescovo di Tolosa sulle retate del ’42, su cui Brasillach era d’accordo, lo scrittore commenterà affermando “il faut se séparer des Juifs en bloc et ne pas garder de petits – è necessario separarsi dagli ebrei in blocco e non tenere con noi i bambini”. Questo sarà il motivo principale per cui sarà condannato perché le sue affermazioni vanno ben oltre il crimine ideologico. → ossessione che i nemici interni della Francia siano gli ebrei; nella vignetta si dice “Ah Blum, toute augmente, oû sont les 30 derniers de ton ancètre?”, quindi si evidenzia il pregiudizio e la propaganda contro gli ebrei che ai loro occhi sono avidi; presente anche l’allusione a Giuda e quindi all’idea che gli ebrei siano quelli che hanno ucciso Cristo. Tra gli intellettuali collaborazionisti ricordiamo anche Lucien Rebatet che scrive uno dei romanzi best seller del periodo dell’occupazione, “i detriti/Les Décombres”, un pamphlet violentissimo che non era solo antisemita ed esaltatore del nazionalsocialismo, ma si scagliava anche contro i nazionalisti francesi come Maurras che, più che essere nazionalisti, credono in un nuovo rinascimento che comincia e avviene attraverso l’assunzione dei principi del nazionalismo. Sostiene Vichy, ma allo stesso tempo se la prende con i nazionalisti, non comprendendo che siano di fatto la stessa cosa. Un altro intellettuale collaborazionista è Ferdinand Céline, però difficile da inquadrare perché molto fuori dagli schieramenti: era stato sedotto dalla retorica patriottica della Prima Guerra Mondiale, si arruola ma dopo aver conosciuto 50 Anche “le Chant de Partisans” come “maréchal à nous voilà” ha un ritmo di marcetta molto ritmato e facile da memorizzare che ha lo scopo di preparare i francesi alla guerra; questo è però quasi un canto di morte caratterizzato da un tono lugubre con parole molto dure contro il nemico e altre di fratellanza tra francesi, ma sempre nell’ottica di salvezza dall’occupazione (vd. ppt). Oltre alla letteratura di contrabbando si sviluppa anche la letteratura clandestina; nella primavera del 1941 a Parigi Jean Paulhan insieme a Jacques Decour e Georges Politzer fonda la rivista clandestina Les Lettres Françaises che riunisce le pubblicazioni di tutti gli intellettuali della zona occupata ostili alla collaborazione. A causa del clima di censura e dell’esecuzione di alcuni scrittori, questi intellettuali si riuniscono sotto il nome di “Consiglio Nazionale degli Scrittori” nel 1943. Dalla rivista verrà pubblicata “Marche Française”, una poesia di Aragon molto semplice ma sintomatica del linguaggio semplificato con cui la poesia resistente viene divulgata dalle riviste. Interessante come in epoca di censure il primo gesto di ribellione culturale sia quello di creare un giornale, inteso come il primo modo di agire concretamente; si organizzano dal ‘42 tutta una serie di pubblicazioni clandestine – molto pericolose sia per chi stampa sia per chi le pubblica – sia di contenuto politico – tutti i movimenti resistenti, come Combat, hanno un proprio giornale e viceversa – sia in ambito intellettuale. Gli intellettuali pubblicano un loro foglio, una loro opera sia per dare notizie vere come controinformazione alle actualités trasmesse nei cinema che nascondevano tutte le sconfitte della Germania Nazista e l’allargamento degli alleati, sia per fare la loro parte concretamente, anche non lottando. Jacques Solomon e Politzer furono i primi insieme a Decour a fondare delle riviste; la prime furono “Université Libre” e “Pensée Libre” che concretizzavano la loro volontà di fare qualcosa di materiale. Questa volontà si incontra con quella di Aragon ed uniscono le loro forze al di là delle loro differenze ideologiche allargando il fronte nazionale degli scrittori anche ai non comunisti. Con questo allargamento si accolgono tutte le sfumature antifasciste e determina la nascita de Les Lettres Françaises. I tre personaggi all’origine delle riviste vengono tutti giustiziati e non vedranno il successo della loro rivista il cui primo numero sarà stampato nel settembre ’42 su una carta scadente così come scadente era anche la stampa. 1 septembre 1942, Les Lettres Françaises – Front National des Ecrivains Au mois de février dernier, un certain nombre d’écrivains français, d’origine, de tendance, de croyance les plus diverses, mais qu’unissait un même amour de la patrie, lançaient l’appel suivant : Nel mese di febbraio scorso, un certo numero di scrittori francesi, di origine, di tendenza, di credenza le più diverse, ma che univa uno stesso amore della patria, lanciavano il seguente appello [si evidenza fin da subito come il Fronte Nazionale riunisca persone anche con ideologie differenti ma tutti accumunati dall’antifascismo]: Le peuple français ne s’incline pas. L’immense mouvement de résistance aux oppresseurs allemands et à leurs agents français a trouvé son expression dans le Front National de Lutte pour la liberté e l’Independence de la France. Le Front National groupe tous les Français, à l’exception des traîtres et des capitulardes qui font la besogne ou le jeu de l’envahisseur. Aux tentatives faites par l’adversaire pour diviser l’opinion française, les patriotes ont répondu par l’union dans le Front National, qui est des maintenant une force décisive dans le combat pour la libération du pays. Il popolo francese non si piega. L'immenso movimento di resistenza agli oppressori tedeschi e ai loro agenti francesi [Vichy] ha trovato la sua espressione nel Fronte nazionale di lotta per la libertà e l'indipendenza della Francia [fa riferimento al movimento della resistenza in senso lato, non solo intellettuale; si noti anche il tono propagandistico del movimento di resistenza che non è così immenso nel settembre del ‘42 ma è fondamentale far sentire che si è in tanti a resistere perché è proprio l’idea di essere pochi e fragili che potrebbe far desistere le persone dall’aderire]. Il Fronte Nazionale raggruppa tutti i francesi, ad eccezione dei traditori e di quelli che vogliono capitolare che fanno il bisogno o il gioco dell'invasore. Ai tentativi fatti dall'avversario per dividere l'opinione francese, i patrioti hanno risposto con l'unione nel Fronte Nazionale, che è sin da ora una forza decisiva nella lotta per la liberazione del paese. Mais le plan hitlérien d’asservissement de la France est aussi un plan d’assassinat de l’intelligence française, Hitler et ses complices rêvent d’assigner à nos Lettres, à notre Science et à nos arts une place de second plan dans une Europe livrée à la barbarie germanique. Ma il piano hitleriano di asservimento della Francia è anche un piano di assassinio dell'intelligenza francese [spiega perché sentono il bisogno di costituire un fronte degli scrittori perché la resistenza intellettuale deve opporsi al piano hitleriano che vuole asservire la Francia anche dal punto di vista culturale], Hitler e i suoi complici sognano 51 di assegnare alle nostre Lettere, alla nostra Scienza e alle nostre arti un posto di secondo piano in un'Europa abbandonata alla barbarie germanica. La grandeur française les offusque : il faut la mettre sous le boisseau. Le régime qui nos est imposé, où toute la liberté de pensée et d’expression est supprimé, où seuls, ont le droit l’écrire ou de parler ceux qui chantent les loges de l’ennemi, préfigure ce que serait dans « l’Ordre Nouveau » le sort de notre Culture. Ecrivaines françaises, nous devons jouer notre rôle dans la lutte historique engagée par le Front National. Les lettres Françaises sont attaquées. Nous les défendrons. La grandezza francese li offusca: occorre loro metterla sotto il moggio [è troppo grande per loro lo sfolgorio dell’intellighenzia francese che vogliono coprirla]. Il regime che ci è imposto, in cui tutta la libertà di pensiero e di espressione è soppressa, in cui soltanto hanno il diritto di scrivere o di parlare coloro che cantano le lodi del nemico, prefigura quello che sarebbe ne «l'Ordine Nuovo» la sorte della nostra Cultura [la Francia e l’Europa sotto il controllo di Hitler sarebbero costrette in letteratura e non solo a piegarsi ai voleri di Hitler e in queste avrebbero importanza solo coloro che sono in linea con le idee nazionalsocialiste]. Scrittori francesi, dobbiamo fare la nostra parte nella lotta storica intrapresa dal Fronte Nazionale [è proprio in questo momento che nasce la letteratura engagé: è qui che gli scrittori francesi si sentono in dovere di fare la loro parte]. Le lettere francesi vengono attaccate. Ci batteremo per loro. Représentants de toutes les tendances et de toutes les confessions : gaullistes, communistes, démocrates, catholiques, protestants, nous nous sommes unis pour constituer le Front National des Ecrivains Français. Nous proclamons notre admiration pour la lutte qu’emmènent contre la barbarie les peuples de Grande Bretagne, d’Union soviétique, des Etats Unis et de la Chine. Rappresentanti di tutte le tendenze e di tutte le confessioni: gallisti [coloro che sostengono De Gaulle], comunisti, democratici, cattolici, protestanti, noi ci siamo uniti per costituire il Fronte nazionale degli Scrittori Francesi. Proclamiamo la nostra ammirazione per la lotta che conducono contro le barbarie i popoli della Gran Bretagna, dell’Unione Sovietica, degli Stati Uniti e della Cina [tutti i nemici di Hitler, gli alleati di qualunque provenienza e ideologia – messe sullo stesso piano sia gli Stati Uniti sia l’Unione Sovietica]. Nous proclamons notre admiration pour les victimes de le terreur organisé en France par Hitler et son valet, le gouvernement de Pétain. Nous saurons faire vivre dans la mémoire des Français les noms de ces héros. Nous sauverons par nos écrits l’honneur des Lettres Françaises. Nous fustigerons les traitres vendus à l’ennemi. Nous rendrons l’air de notre France irrespirable à ces scribes de l’Allemagne. Proclamiamo la nostra ammirazione per le vittime del terrore organizzato in Francia da Hitler e dal suo valletto, il governo di Pétain. Sapremo far vivere nella memoria dei francesi i nomi di questi eroi. Salveremo con i nostri scritti l'onore delle Lettere Francesi. Noi condanneremo i traditori venduti al nemico. Noi renderemo l'aria della nostra Francia irrespirabile a questi scribi della Germania. In questo scritto programmatico è già inscritto ciò che succederà poi nel momento della liberazione, quindi quella epurazione condotta contro coloro che avevano mostrato di essere fedeli al nemico. Interessante che dicono che loro salveranno l’onore de Les Lettres Françaises, tenendo alto l’onore in clandestinità, quindi non secondo quell’atteggiamento ambiguo che voleva continuare a scrivere per tenere alta la voce della cultura francese. Decidono di parlare, ma in clandestinità per non scendere a patti in alcun modo con il nemico. Viene creata anche una casa editrice clandestina, Les Éditions de la Minuit, dell’ombra, del segreto – nome suggestivo che rende evidenti le sue origini – che pubblicherà Le Silence de la Mer. ________________________________________________________________________________________________ C’è un altro gruppo di intellettuali che hanno pagato con la loro vita la resistenza, un gruppo di antropologi che già nel ‘41 avevano pubblicato il loro foglio resisté; questo gruppo di antropologi rimasto alla storia come Réseau du Musée de l’Homme di cui facevano parte Boris Vildé, Anatole Lewitsky, Yvette Odon, Germaine Tillion. Alcuni di questi saranno uccisi e Germaine Tillion sarà deportata nel campo di concentramento di Ravensbrück dove morirà. Essendo un gruppo formatosi molto precocemente, nell’estate del 1940, non avevano ancora l’idea di poter prender le armi, quindi, puntano ad una resistenza interiore, intellettuale nel rifiuto di piegarsi alla logica della propaganda e della censura. È significativo che siano degli antropologi perché la loro stessa vocazione, internazionalista, non gli permette di accettare le idee di una superiorità di una “razza” sull’altra. 3. Les nouveaux enjeux de la Libération 52 Con la liberazione della Francia si determina anche la volontà di tutti gli scrittori della Resistenza di sbaragliare il campo della letteratura dalle voci che si erano date al potere del nemico. Dietro l’idea di epurazione che ha anche conosciuto ingiustizie e violenze, c’è l’idea di fare della Resistenza una sorta di rivoluzione che permetta di creare ed istituire un nuovo ordine sociale e politico più umano, più giusto; si vuole portare anche una giustizia nuova che sia in grado di allontanare i malvagi e lasciar solo i buoni – anche Camus ne parla affermando che anche lui stesso in un primo tempo aveva in mente l’idea di una giustizia rivoluzionaria che attraverso l’allontanamento di coloro che avevano portato la Francia sull’orlo dell’abisso si potesse fondare una nuova Francia su valori etici e morali esaltati dalla resistenza; ma poi Camus stesso si rende conto che questa giustizia rivoluzionaria tenda ad essere ingiusta e che la giustizia umana non può mai essere assoluta e perfetta e che spesso finisce nello sconfinare nel sopruso e nell’abuso; forgia così un nuovo concetto, quello di una giustizia modesta che non si pone obbiettivi di moralità assoluta, ma che cerca di fare il bene al più possibile. Appello all’unità : Les Lettres Françaises – 9 settembre 1944 È questo il primo numero de Les Lettres Françaises non clandestino che ci permette di capire meglio il clima che segue la liberazione della Francia e l’obbiettivo, dei primi tempi, di questi scrittori. MANIFESTE DES ECRIVAINS FRANÇAIESES Le Comité National des Ecrivains fut la seule organisation représentative et agissante des écrivains français qui, de toutes générations, de toutes écoles et de tous partis, sont venus à lui, résolus à oublier à tout ce qui pouvait les diviser, er å s'unir devant le péril mortel qui menaçait leur patrie et la civilisation. C’est grâce à lui que, dans les ténèbres de l'occupation, nous avons pu libérer nos consciences et proclamer cette liberté de l'esprit sans laquelle toute vérité est bafouée, toute création impossible. Il Comitato Nazionale degli Scrittori fu l'unica organizzazione rappresentativa e operante degli scrittori francesi che, di tutte le generazioni, di tutte le scuole e di tutti i partiti, vennero a lui, decisi a dimenticare tutto ciò che poteva dividerli, e unirsi di fronte al pericolo mortale che minacciava la loro patria e la civiltà. È grazie a lui che, nelle tenebre dell'occupazione, abbiamo potuto liberare le nostre coscienze e proclamare questa libertà dello spirito senza la quale ogni verità è disprezzata, ogni creazione impossibile. Paris est délivre ! Les Alliés, parmi lesquels combattent au premier rang les F. F. I. – les Forces Françaises de l’intérieur – s'avancent et triomphent soutenus par l'élan de la nation tout entière. Demeurons unis dans la victoire et la liberté comme nous le fûmes dans la douleur et l'oppression. Demeurons unis pour la résurrection de la France et le juste châtiment des imposteurs et des traitres. Notre Vois doit d’élever et notre mission d’affirmer dans le monde qui va naitre. Dans la confrontation féconde des idées, jurons qu’elle retentira toujours, cette voix, aussi résolue et unanime que pendant l’épreuve. Parigi è a posto! Gli Alleati, tra i quali combattono in prima fila i F. F. I. [Forze Francesi dell’Interno opposte a quelle dell’Esterno capeggiate da De Gaulle e dagli Alleati] avanzano e trionfano sostenuti dallo slancio dell'intera nazione [l’idea che tutta la nazione abbia respinto l’invasore, tranne quei pochi traditori, idea che occorre tramandare e su cui bisogna insistere in questo momento]. Rimaniamo uniti nella vittoria e nella libertà come fummo nel dolore e nell'oppressione. Rimaniamo uniti per la risurrezione della Francia e la giusta punizione degli impostori e dei traditori. Il nostro Veggente deve elevare e la nostra missione di affermare nel mondo che sta per nascere. Nel confronto fecondo delle idee, giuriamo che suonerà sempre, questa voce, decisa e unanime come durante la prova. Vediamo alcuni firmatari: - François Mauriac, scrittore cattolico; - Jean Poulhan, direttore della NRF prima che venisse scalzato da La Rochelle; - J. P. Sartre, scrittore che aderirà al partito comunista - Jean Vendal, colui che aveva detto che i clercs non dovevano impegnarsi in lotte politiche; - Alber Camus; - Malraux, poi braccio destro di De Gaulle quindi politicamente schierato dall’altra parte rispetto a Sartre; Se in un primo momento questa unità che supera le divisioni ideologiche in favore della sconfitta di un nemico comune è molto forte, sconfitto il nemico si disgregherà in fretta. Le divisioni affiorano nel caso più eclatante dell’epurazione, quello del processo di Brasillach. ________________________________________________________________________________________________ 55 In sintesi, la nostra intenzione è quella di contribuire a produrre alcuni cambiamenti nella Società che ci circonda [definizione dell’engagement secondo Sartre]. Con questo non intendiamo un cambiamento nelle anime: lasciamo ben volentieri la direzione delle anime agli autori che hanno una clientela specializzata [non vogliono agire solo nel pensiero delle persone, ma fare qualcosa di concreto]. Per noi che, senza essere materialisti, non abbiamo mai distinto l'anima dal corpo e conosciamo soltanto una realtà indecomponibile la realtà umana, ci schieriamo dalla parte di coloro che vogliono cambiare sia la condizione sociale dell'uomo sia la concezione che ha di se stesso [la concezione di Sartre della letteratura – poi meglio spiegata nell’opera “che cos’è la letteratura?” – è che questa debba essere una prassi che porti ad un’azione concreta e che cambi non solo la sua idea, la sua mente, ma anche la sua concezione concreta della vita, perché le due cose stanno assieme]. Pertanto, a proposito degli avvenimenti politici e sociali a venire, la nostra revisione prenderà posizione in ogni caso. Non lo farà politicamente, cioè non servirà alcun partito; ma si sforzerà di individuare la concezione dell'uomo da cui si ispireranno le tesi in essa contenute e darà il suo parere conformemente alla concezione che sostiene [scopo ultimo dell’intellettuale]. Se possiamo tenere quello che ci promettiamo, se possiamo far condividere le nostre opinioni ad alcuni lettori non concepiremo un orgoglio esagerato; ci rallegreremo semplicemente di aver ritrovato una buona coscienza professionale e di ciò che, Almeno per noi, la letteratura è tornata ad essere ciò che non avrebbe mai dovuto cessare di essere una funzione sociale. Nous faisons appel à toutes les bonnes volontés, tous les manuscrits seront acceptés, d'où qu'ils viennent, pourvu qu'ils s'inspirent de préoccupations qui rejoignent les nôtres et qu'ils présentent, en outre, une valeur littéraire. Je rappelle, en effet, que dans la " littérature engagée ", l'engagement ne doit, en aucun Cas, faire oublier littérature et que notre préoccupation doit être de servir la littérature en lui infusant un sang nouveau, tout autant que de servir la collectivité eu essayant de lui donner la littérature qui lui convient. Facciamo appello a tutte le buone volontà, tutti i manoscritti saranno accettati, da qualsiasi parte provengano, purché si ispirino a preoccupazioni che si uniscono alle nostre e che presentino, inoltre, un valore letterario. Ricordo, infatti, che nella "letteratura impegnata "l'impegno non deve, in nessun caso, far dimenticare letteratura e che la nostra preoccupazione deve essere quella di servire la letteratura infondendole un nuovo sangue, tanto quanto servire la collettività cercando di dargli la letteratura che le si addice [l’impegno sociale non deve far dimenticare il valore letterario]. ________________________________________________________________________________________________ Chapitre 5 : la grande mutation culturelle des « Trente Glorieuses » La ricomposizione del paesaggio culturale dopo la Seconda Guerra Mondiale è ben più radicale di quella che aveva seguito la Prima Guerra Mondiale. Agli anni difficili del dopoguerra segue una fase di crescita economica che porta ad una trasformazione radicale della società francese. A partire dagli anni ’60, complice anche la fine delle guerre coloniali, il paese si apre a nuovi orizzonti di prosperità e benessere e la cultura di massa può così prendere avvio. I nuovi rapporti di forza nel campo culturale sono determinati da questi profondi cambiamenti e la crisi del maggio del ’68 costituisce un esempio chiave del rinnovato campo intellettuale. I. Les évolutions de la IV République : prémices d’une mutation Nella memoria collettiva, la IV Repubblica lascia l’immagine di un governo mal gestito che ha delle difficoltà sin dall’inizio, con problematicità nella sua creazione che caratterizzano poi tutta la durata del governo, sconvolto da crisi ministeriali, critiche da tutte le parti anche per la questione algerina. La produzione intellettuale testimonia l’importanza di questo periodo di ricostruzione. 1. L’entrée dans les « Trente Glorieuses » : croissance économique et nouvelles consommations culturelles Dopo i primi anni del dopoguerra che ancora risentono delle privazioni della Seconda Guerra Mondiale, in Francia, come nel resto dell’Europa, assistiamo ad una grande crescita economica a partire dalla metà degli anni ‘50. Ci sono alcune scie culturali che evidenziano un nuovo benessere; innanzitutto, lo notiamo dalla percentuale del budget che le famiglie dedicano all’acquisto di beni di prima necessità rispetto ad altri tipi di acquisti legati alla cultura; tra il ‘49 e il ‘56 vediamo progressivamente aumentare la spesa per beni altri a quelli di primissima necessità – mangiare e vestirsi. Non solo, nel 1956 il governo di Mollet vara una terza settimana di vacanze pagate per i lavoratori che accresce il tempo per il loisir spesso e volentieri dedicato alla consumazione culturale – siamo in una società di massa. Gli anni ’50 si caratterizzano per una grandissima novità sul piano dell’editoria: il segretario generale della casa editrice Hachette, lancia una nuova collezione di libri destinata a cambiare le abitudini di lettura dei francesi: La collection de Livre de Poche, i libri tascabili. È una vera propria rivoluzione sia sul piano economico – è più piccolo, quindi costa meno 56 produrlo e sul mercato – sia sul piano della sua diffusione – essendo piccolo lo si può portare ovunque. La letteratura perde la sua sacralità perché i libri non sono più pregiati come prima. I primi libri tascabili sono libri di avventura, di intrattenimento per il grande pubblico e come carattere distintivo hanno delle copertine vistose, colorate e con illustrazioni per attirare l’attenzione anche del pubblico più semplice (vd. ppt). Inoltre, e questo lo notiamo anche oggi, più il libro è serio e quindi destinato ad un target di lettori più alto più la copertina sarà sobria, più è vistosa più tende ad essere più commerciale. Molti scrittori salutano questa innovazione con grande contentezza ritendendola il raggiungimento della democrazia anche nell’ambito della lettura, mentre alcuni la ritengono un carattere di svenimento, rendendo il libro alla stregua di altri prodotti che si possono comprare nei grandi magazzini. Vediamo comunque un grande successo di vendita e altre due case editrici, prima Plon nel 1962 e negli anni ’70 – piuttosto in ritardo per la fama di capitale culturale molto alto – Gallimard con la collezione “Folio”. Anche il cinema che già durante la guerra si era affermato conosce un momento di crescita diventando uno dei principali divertimenti e ambito di consumazione culturale dei francesi. Dal 1946 è stato creato un Centre National de la Cinématographie, un’istituzione che si occupa a tutto tondo del cinema, quindi, anche del finanziamento e del sostegno alla produzione e formazione di tutte le persone che lavoreranno nel cinema. Il CNC viene spostato dal controllo del Ministero dell’Industria al Ministero dell’Educazione Nazionale che si occupava di questioni culturali; il cinema comincia ad essere riconosciuto, quindi, per la sua valenza artistica. In realtà, il cinema di quegli anni viene ricordato con un’etichetta ben precisa: viene definito le Cinéma de la Qualité Française; questo perché viene concepito come un prodotto dal punto di vista tecnico ed artigianale estremamene raffinato; a fare un film concorrono figure professionali che si formano nel CNC. In questo senso, non hanno molta importanza i registi che vengono più intesi come dei coordinatori, ma sono particolarmente rilevanti gli sceneggiatori che per la maggior parte dei casi si occupano principalmente di creare adattamenti cinematografici dei grandi classici letterari dell’800. Questo fa capire che il cinema è ancora alla ricerca di una sua autonomia e legittimazione cercando di scrollarsi le sue umili origini e cerca di fare ciò dedicandosi alla letteratura che gode di grandissimo prestigio in Francia. Si scelgono romanzi dell’800 perché, in una situazione particolare e delicata del dopoguerra, non si vogliono creare divisionismi trattando di questioni della contemporaneità. Hanno anche grande importanza i tecnici perché i film vengono girati negli studi, ma hanno soprattutto grande rilevanza gli attori, grandi vedettes di questi anni. Tra i nomi più importanti di registi e attori ricordiamo René Clement, Christian Jacques, Jacques Becker et Claude Autant-Lara di cui abbiamo analizzato Le Rouge et Le Noir. Le Rouge et le Noir – Claude Autant-Lara (1954) Claude Autant-Lara è uno dei registi più importanti dell’epoca, anche se poco ricordati appunto perché il cinema ai tempi era un prodotto artigianale di più persone. Vediamo come il prodotto finale sia un prodotto perfetto, dalla recitazione e dialoghi degli attori che parlano come libri stampati, alla scenografia e al trucco e al parrucco. Viene adattato il grande classico dell’800, Le Rouge et le Noir, di Stendhal. All’inizio del film il regista ricorre all’escamotage dello sfogliare un libro per far passare i diversi nomi degli attori e registi; questo testimonia la necessità di legittimazione del cinema attraverso il libro che ha un valore sacrale. Gli attori sono Gérard Philippe e Danielle Darrieux, due vedettes del cinema di quegli anni. L’incipit fa vedere tutti coloro che hanno partecipato alla realizzazione del film. ________________________________________________________________________________________________ Contro il cinema della qualité française si scaglierà la Nouvelle Vague che mette in discussione generazionalmente quel tipo di cinema, non innovativo – si sceglie sempre l’adattamento di libri dell’800 – confortandosi nelle sue certezze, non aprendo nuove porte; non è poi un film per giovani data la formazione che ogni persona nell’industria deve seguire e che non permette di avere registi giovani. Non è poi un prodotto artistico, ma un prodotto artigianale, espressione di una mentalità collettiva e non del singolo regista. I cambiamenti culturali di quest’epoca della nuova società di massa non sono determinati da imposizioni dall’alto, ma nascono spontaneamente dal basso. Oltre al libro e al cinema vediamo come questa voglia di tempo libero e di cultura si esprima anche in altri ambiti, come quello della musica; viene messo appunto il microsolco – il disco in vinile – che porta ad una grande crescita di consumazione di musica determinando la nascita di nuove case di produzione musicale. Accrescendosi il cinema, la radio e la musica quello che diminuisce è il pubblico dei giornali – nell’800 i giornali, soprattutto quelli che pubblicavano anche i feuilletons, erano l’unico medium a disposizione ed intorno a questi, quindi, si giocava il desiderio di lettura e svago della popolazione. 57 I giornali vedono diminuire il loro lettorato e molti titoli, già estinti durante l’occupazione, scompaiono; alcuni giornali avevano collaborato, quindi, vengono screditati e sostituiti da altri: è il caso de Le Monde che prende il posto di Les Temps coinvolto nell’epurazione perché continuava a pubblicare durante il periodo nazista. Nel dicembre del 1944 esce il primo numero di Le Monde che nasce con un’idea figlia della resistenza – quella anche di Camus in Combat – quindi un giornale libero ed indipendente anche dai grandi gruppi finanziari che non permettono una piena libertà. I giornali di opinione, quelli politici, perdono lettori perché cresce l’offerta in altri settori e soprattutto cresce il bisogno di una consumazione culturale più leggera; un altro giornale della sera si adatta alla nuova cultura di massa, France Soir, pubblicando reportage di immagini, pagine di sport e cronaca – tipici ingredienti di un giornale popolare. Sulla scia di questa idea di una stampa popolare viene creato un settimanale, il Paris Match, che ha grande successo perché impostato con l’idea di una vicinanza della popolazione ai grandi personaggi della scena pubblica, ma anche del cinema e dello sport (vd. copertine sul ppt). Ci sono anche stampe femminili Elle e Marie Claire che acquisiscono molto successo; fumetti per bambini con Tin Tin e Spirou; nasce anche Express, serio e politico, in controtendenza sfidando questa perdita di interesse per questo tipo di lettura, dato che fa giornalismo di inchiesta. Nel lanciare un prodotto culturale o si cerca di accontentare il pubblico o si può decidere di scegliere una via più difficile facendo qualcosa di meno commerciale e quindi con meno guadagno che viene però compensata da prestigio culturale; è il caso de L’Express che acquisisce titoli di nobiltà perché sceglie una strada diversa da quella della rivista commerciale. Alla fine oltre al guadagno culturale ne acquisisce anche uno commerciale perché diventa un simbolo di appartenenza alla classe intellettuale che legge solo questo giornale perché permette loro di avere la marca di un’appartenenza culturale. L’Express viene fondato da Schreiber e Girou e viene inizialmente lanciato come supplemento di un giornale economico, L’Echos, per poi diventare autonomo. È un giornale di opinione politica che si colloca nella sinistra radicale che sostiene Pierre Mendès France poi Presidente del Consiglio negli anni 1955 e ‘56. La radio diventa il medium più importante degli anni ‘50 con il monopolio di stato della Radio Diffusion Française. Quanto alla televisione, questa muove i primi passi dall’ottobre del ‘47 trasmettendo regolarmente, ma solo il 10% del territorio è in grado di ricevere i canali; sono nel ‘54 ci sarà copertura su tutto il territorio nazionale, ma, a differenza della radio, non troviamo il televisore in tutte le case dei francesi. Journal Les Actualités Françaises : émission du 5 juin 1947 I telegiornali che prima venivano trasmessi al cinema negli intervalli cominciano ad essere diffusi anche dalla televisione. Qui vediamo da un lato notizie che fanno riferimento ad un ritorno alla vita e normalità dopo la guerra – lo sport, loisir, gioco, convivialità, moda – ma ci sono anche notizie che fanno riferimento alla guerra – vediamo un cimitero per giovani soldati americani caduti durante lo sbarco in Normandia e il processo contro un personaggio accusato di tradimento. C’è poi un’apertura finale sul mondo internazionale, sul desidero di auto-determinazione del mondo musulmano a lungo controllato dalle potenze occidentali – termina con focus sull’Algeria. ________________________________________________________________________________________________ 2. Le bilan de l’intervention publique Tutti questi cambiamenti culturali e la diffusione del movimento della cultura di massa sono accompagnati e indotti da interventi dello Stato che si palesa in modi diversi. La costituzione della IV Repubblica emanata nel 1946 parla di un uguale accesso del bambino e dell’adulto alla formazione professionale, all’istruzione e alla cultura – cultura in senso lato, non necessariamente quella che viene impartita a scuola, ma anche alla cultura come creazione. Viene riconosciuto il principio della democratizzazione culturale che assume grande importanza dal punto di vista teorico, ma in questi anni non è ancora la priorità dello Stato che è concentrato sulla ricostruzione, la guerra fredda e la questione della decolonizzazione. Non viene creato neanche in questa IV Repubblica un Ministero della Cultura – bisognerà aspettare ancora un altro decennio – e le questioni culturali rimangono sotto il dominio delle Beaux-Arts come durante la Terza Repubblica, nonostante venga istituito una specie di distaccamento della direzione che si occupa della cura e del mantenimento dell’arte già creata e non a caso in questi anni al governo c’è una coalizione di centro-destra che ha storicamente un ruolo estremamente conservatore. È quindi interessante vedere la coloritura diversa della politica culturale al succedersi dei governi: può essere in difesa del patrimonio – conservatore e classicista – o verso una direzione più progressista quindi della promozione culturale. Evidente in questi anni il carattere conservatore il cui esempio è la volontà e realizzazione del Segretario di Stato André Cornu che si occupò della restaurazione di Versailles e del suo castello; una tutela, quindi, del patrimonio artistico già esistente. Avere, invece, un atteggiamento di promozione significa investire del denaro nella 60 En 1939, Paul Boubal rachète le Café de Flore. Le gros poêle installé au milieu de la salle est une invitation aux longues permanences et les écrivains ne se privent pas d'en profiter. Simone de Beauvoir sera d'ailleurs une des premières à l'adopter. Jean-Paul Sartre écrit : « Nous nous y installâmes complètement : de neuf heures du matin à midi, nous y travaillions, nous allions déjeuner, à deux heures nous y revenions et nous causions alors avec des amis que nous rencontrions jusqu'à huit heures. Après diner, nous recevions les gens à qui nous avions donné rendez-vous. Cela peut vous sembler bizarre, mais nous étions au Flore chez nous ». Autre détail d'importance, sous l'occupation, on ne rencontrait pas d'allemands au Flore. Sartre invente la philosophie « existentialiste ». Il affirme « les chemins du Flore ont été quatre ans pour moi Les Chemins de la liberté... » «Alla Flora, abbiamo attraversato l'Occupazione come un oceano, gli schizzi degli eventi si rompevano sul bordo» Henri Pelletier (pittore) Nel 1939, Paul Boubal acquista il Café de Flore. La grande stufa installata al centro della sala è un invito alle lunghe permanenze e gli scrittori non si privano di approfittarne. Simone de Beauvoir sarà una delle prime ad adottarla. Jean-Paul Sartre scrive: «Ci installammo completamente: dalle nove del mattino a mezzogiorno, ci lavoravamo, andavamo a pranzo, alle due tornavamo e poi parlavamo con degli amici che incontravamo fino alle otto. Dopo cena, ricevevamo le persone a cui avevamo dato appuntamento. Questo può sembrare strano, ma eravamo al Flora da noi». Altro particolare di importanza, sotto l'occupazione, non si incontravano tedeschi al Flore. Sartre inventa la filosofia «esistenzialista». Afferma «i cammini della Flora sono stati quattro anni per me Le vie della libertà...» 4. Paris, après guerre L'existentialisme s'incarne en une jeunesse ivre de liberté, Juliette Gréco, Boris Vian... L'existentialisme est à la mode et Juliette Gréco impose son style longiforme. Boris Vian rédige « le manuel de Saint-Germain des Prés », joue de la trompette dans les caves, écrit des poèmes, il est de plein pied dans son époque et en est l'un des acteurs principaux. Saint-Germain-des-Prés est un lieu de rencontres et d'amitiés, un formidable laboratoire où chacun propose sa forme, sa couleur, son goût, sa vision de la liberté, car c'est bien de liberté dont il s'agit, avant toute chose. Arthur Koestler, Ernest Hemingway, Truman Capote, Lawrence Durrell sont des fidèles, ils sont tous membres du PCF, le Pouilly Club de France créé par Boubal, parti anecdotique portant le nom du fameux vin blanc servi au café. Le patron saluait à midi les amis surréalistes d'André Breton, et le soir Albert Camus ou les quatre hussards : Nimier, Déon, Kléber Haedens et Jacques Laurent, tandis qu'Albert Vidalie et Antoine Blondin engageaient de mémorables batailles d'oeufs durs (ou frais) qui éclaboussaient tantôt les frères Prévert et leurs amis du groupe Octobre, parfois Artaud ou Vian. Daniel Célin et Danielle Delorme sont jeunes et beaux. C'est au Flore qu'ils abritent leur amour, Jacques Tati les a surement croisés, Sacha Guitry probablement enviés. L'esistenzialismo si incarna in una gioventù ubriaca di libertà, Juliette Gréco, Boris Vian... [l’euforia del postguerra con grande voglia di divertirsi dopo l’occupazione e dopo la censura] L'esistenzialismo è alla moda e Juliette Gréco impone il suo stile longiforme. Boris Vian scrisse «il manuale di Saint-Germain des Prés», suonò la tromba nelle cantine, scrisse poesie, fu molto attivo nella sua epoca e ne fu uno dei principali attori. Saint-Germain-des-Prés è un luogo di incontri e di amicizie, un formidabile laboratorio dove ognuno propone la sua forma, il suo colore, il suo gusto, la sua visione della libertà, perché si tratta prima di tutto di libertà [esistenzialisti che cominciano a lavorare negli scantinati e nei locali e sono sempre vestiti di nero]. Arthur Koestler, Ernest Hemingway, Truman Capote, Lawrence Durrell sono dei fedeli, tutti membri del PCF, il Pouilly Club de France [sigla che scimmiotta partito comunista perché erano personaggi di sinistra ma in modo scherzoso e malizioso proprio per il clima; erano intellettuali esteti, desengagés] creato da Boubal, partito aneddotico che porta il nome del famoso vino bianco servito al caffè. Il patrono salutava a mezzogiorno gli amici surrealisti di André Breton, e la sera Albert Camus o i quattro ussari: Nimier, Déon, Kléber Haedens e Jacques Laurent, mentre Albert Vidalie e Antoine Blondin ingaggiavano memorabili battaglie di uova sode (o fresche) che spruzzavano a volte i fratelli Prévert e i loro amici del gruppo Ottobre, a volte Artaud o Vian. Daniel Célin e Danielle Delorme sono giovani e belli. È al Flore che riparano il loro amore, Jacques Tati li ha sicuramente incrociati, Sacha Guitry probabilmente invidiati. ________________________________________________________________________________________________ Saint-Germain de Prés – Ina Grazie a questo filmato vediamo il clima e il luogo all’epoca dove si fiancheggiavano due cotés, uno filosofico e uno più scanzonato. L’esistenzialismo che nasce come una filosofia diventa un fenomeno di costume: certi personaggi, come Sartre, diventano veri e propri miti viventi e i bar vengono frequentati nella speranza di vedere gli intellettuali – es. in un romanzo dell’epoca c’è un personaggio talmente ossessionato da Sartre che arriva alla rovina, perdendo tutto, per il suo 61 culto per gli intellettuali. Si vede anche la vita nei bar dove si canta e balla in modo trasgressivo sul jazz, musica trasgressiva, e in particolare sulle note di Boris Vian. Filmato Boris Vian al Tabou Il Jazz era uno di quegli ambiti fortemente colpiti dalla censura – perché afroamericano – e la trasmissione di questo nell’epoca dell’occupazione viene comunque permessa solo se le canzoni fossero state tradotte in francese. Accanto a questa rinascita culturale nel quartiere che si riuniva intorno agli intellettuali, c’è la rinascita di tutte quelle case editrici concentrate intorno alla Rive Gauche; Gallimard subisce un processo per sospetto di collaborazionismo – per aver appuntato La Rochelle direttore della casa editrice – ma alla fine ne esce pulita e riprende la sua attività; Seuil comincia a muovere primi passi in questo momento. L’alto prestigio di cui gode la letteratura francese è testimoniato dal fatto che dal 1947 al ‘74 ben cinque premi Nobel vengono dati a scrittori francesi: Gide, Mauriac, Camus, Perse, Sartre che però lo rifiuta dicendo che non vuole trasformarsi in istituzione e questo suo rifiuto è in linea con la sua posizione politica fortemente contestatrice delle istituzioni occidentali. Il secondo dopoguerra è marcato dal tema dell’impegno intellettuale con coloritura politica: gli intellettuali si sentono in dovere di prendere una posizione e il partito politico con maggiore prestigio a livello intellettuale è quello Comunista che esce dalla guerra con un grande prestigio sia per aver contribuito alla Resistenza sia per l’effetto Stalingrado, ovvero l’effetto che sulle coscienze europee ha avuto la battaglia di Stalingrado – prima sconfitta al nazismo – a partire dalla quale tutte le Resistenze si sono messe in moto e per il grande sacrificio acquisito dall’URSS soprattutto agli occhi dei più giovani che non hanno fatto in tempo a conoscere i soprusi che aveva commesso Stalin – come Gide che aveva scoperto le mancanze di libertà sotto il regime di Stalin. È il partito delle 75 mila persone iscritte al PCF che vennero catturate e fucilate nel periodo della Resistenza che determinano l’acquisizione di prestigio con il sangue; è inoltre il partito degli intellettuali, Picasso, Aragon, Eduard, Vaillant e Duras. Un’altra cerchia di intellettuali che non prendono la tessera del partito ma che fiancheggiano il partito e le sue azioni sono intellettuali come Vercors, Cassou e Martin-Chauffier che vengono chiamati “compagni di strada”. La parabola compiuta da Les Lettres Françaises fa capire lo slittamento della percezione della Resistenza verso il comunismo – la stessa rivista nasce come fronte antifascista di scrittori di ideologie diverse, ma alla liberazione diventa un giornale libero e sempre più nell’ottica comunista diventano il giornale di riferimento del PCF. L’ideologia viene diffusa anche da riviste come L’Ecran, rivista cinematografica, che pubblicherà fino al ’53; nella copertina del primo numero vediamo anche nomi di registi americani di film indipendenti, come Chaplain e Orson Welles, direttore di “Quarto Potere”. È sintomatico che L’Ecran non sarà una rivista d’avanguardia, anzi appoggerà la filmografia della Qualité nella misura in cui è un prodotto artigianale di corporazioni, è un prodotto collettivo che è quindi in linea con l’ideologia comunista. Chi si sottomette alla logica di partito deve rispettare anche i dettami estetici oltre che ideologici e siccome deve attirare il popolo, non può essere troppo trasgressivo altrimenti non può servire alla causa; l’ideologia comunista spinge inoltre sull’utilità pedagogica dell’arte. Indubbiamente il personaggio con più importanza in questi anni è Sartre; la parabola dell’autore è significativa per capire l’evoluzione del ruolo dell’intellettuale dagli anni ‘30. Sartre nasce nel 1905, si forma all’École Normale Supérieure, è figlio di clercs – viene quindi da una famiglia borghese – e aveva sviluppato la sua filosofia esistenzialista fondata sul concetto di libertà assoluta, nel senso del peso della scelta, affermando che l’uomo sia sempre in grado di scegliere, qualunque sia la situazione; pone nella sua idea l’esistenza prima dell’essenza: ritiene che non conti tanto quello che una persona eredita, ma cosa ne fa con quello che eredita. Parla inoltre dell’assoluta contingenza dell’essere umano: nessuno di noi è necessario ed insostituibile, nessuno incarna valori intoccabili e chi fa credere al contrario, inganna; chi non si accorge che la vita umana è assurda, insensata è cieco davanti all’evidenza. Nel suo pensiero la borghesia incarna la malafede perché vive come se pensasse di essere eterni e più importanti di altri. Fino alla guerra, questo suo disgusto verso la logica borghese, lo esprime in maniera individualista, con una ribellione individuale anarchica e sdegnosa fino a quando non viene implicato nella drôle de guerre nella quale riconosce l’insensatezza per il fatto che i soldati si trovano a combattere senza sapere per quale nazione lo stiano facendo. Nel 1947 viene fatto prigioniero e da questo contatto con altre persone, scopre la sua storicità, il suo stare nel mondo con gli altri: capisce che la rivolta non può essere individuale e solitaria perché se pensa che l’intellettuale sia l’unico a poter far qualcosa o l’unico a comprendere la situazione, cade lui stesso nella logica borghese. A partire da questo, elabora la sua teoria dell’impegno, fonda Les Temps Modernes e scrive una delle sue opere più importanti, “qu'est-ce que la littérature ?” e raggiunge il successo con l’opera “L’être et le néant”. 62 La destra francese venne messa al bando durante l’epurazione e l’unica destra che sopravvive è quella che ha fatto parte della Resistenza, la Destra Liberale antifascista che è rappresentata da romanzieri cattolici, come Bernanos e Mauriac. È uno schieramento politico moderato, di impronta liberale, quindi anticomunista, ma anche antifascista – questo accomuna tutti i partiti e gli intellettuali durante l’Occupazione. Un altro personaggio che fa parte di questo schieramento è Malraux, poi Primo Ministro della Cultura; Malraux è una figura di intellettuale avventuriero difficilmente inquadrabile, inquieto interiormente; ha una formazione diversa da quella di Sartre – si forma da solo – e negli anni ‘30 scrive La Condition Humaine, che parla della rivoluzione comunista di Shangai e viene quindi salutato da intellettuali come Sartre come un intellettuale del loro schieramento. Malraux negli anni ‘30 è vicino al Partito Comunista ma ha un’idea della politica quasi di fratellanza, di umanità, dello stare assieme per valori universali e questa sua idea sembra essere incarnata nel comunismo. Con questo spirito accorre in aiuto della Repubblica Spagnola pilotando una squadriglia di aerei ma è proprio la Guerra Spagnola che lo disillude sull’URSS perché il Partito Comunista Spagnolo ha una forte vocazione anarchica, più vicina a Trosky – teorico della Rivoluzione Permanente – che a Stalin che ha invece l’idea del socialismo in un solo paese – i partiti dell’Internazionale dovevano proteggere e salvaguardare il sistema comunista dell’URSS perché riteneva fosse difficile esportare il comunismo in tutti i paesi. Quando Malraux vede che URSS reprime i comunisti spagnoli capisce che la sua idea sull’URSS era ingannatrice. Durante l’Occupazione non è attivo pubblicamente fino a quando nel ‘44 non viene coinvolto nella Resistenza e messo a capo di una squadra di partigiani dell’Alsazia e Lorenza; diventa amico di De Gaulle e diventa nel ‘47 il responsabile della propaganda del partito di De Gaulle, le Rassemblement du Peuple Français. Malraux è appunto difficile da inquadrare perché è come se fosse passato dal Partito Comunista alla destra perché De Gaulle, pur essendo stato a capo della Resistenza, va a collocarsi nella destra liberale anti URSS e anticomunista. Questo nuovo schieramento deriva dalla nuova situazione composta dopo la Seconda Guerra Mondiale, il periodo della Guerra Fredda con due diversi schieramenti: da un lato ci sono i paesi che aderiscono al Patto Atlantico e sottostanno all’ideologia americana e quelli che aderiscono al patto di Varsavia. Anche gli intellettuali partecipano alla Guerra Fredda con dibattiti intensi; ci sono diversi congressi a cui partecipano anche gli intellettuali francesi, quello in Polonia nel 1948 e nel 1950 a Stoccolma; in quest’ultimo, in particolare, viene lanciata una petizione per vietare le armi nucleari dopo Nagasaki e Hiroshima contribuendo a far diffondere l’antiamericanismo. Gli intellettuali antistalinisti rispondono con il congresso di Berlino del 1950; tra i partecipanti ricordiamo Aron, amico e compagno di scuola di Sartre con il quale aveva lanciato Les Temps Modernes. Aron, nel periodo tra le due guerre e fino al 1947 era nell’area vicino ai comunisti, ma in quell’anno aderisce al nuovo partito gaullista. È uno dei primi teorici della Guerra Fredda con la sua opera “Il Grande Scisma” del ‘48 del quale ricordiamo la celebre frase del primo capitolo “la paix est impossible et la guerre improbable”. Nel ‘55 scrive “L’oppio Degli Intellettuali” in cui denuncia l’accecamento degli intellettuali verso l’URSS. L’affaire che coinvolge Les Lettres Française è quello del processo di Kravchenko, ex funzionario sovietico che durante la guerra era scappato negli Stati Uniti e che scrive “J’ai choisi la liberté” in cui denuncia URSS stalinista e rivela l’esistenza dei gulag e delle purghe staliniste. Les Lettres Françaises attaccano l’autore affermando che il suo libro è un tessuto di menzogna; Kravchenko, in risposta, li cita per diffamazione. Si svolge un processo che decreta la perdita de Les Lettres Françaises che, nonostante la sconfitta, non perdono la fiducia nel loro ideale. Oltre alla Guerra Fredda che oppone gli intellettuali, un altro tema “molto francese” è il tema della decolonizzazione che in Francia si concretizza in due momenti, quello della guerra di Indocina e della guerra di Algeria. La guerra di Indocina si combatte dal 1946 al ‘54 e vede la sconfitta dell’esercito coloniale francese e quindi la perdita dei territori del Vietnam, della Cambogia e del Laos; la guerra di Indocina rimbalza sì in Francia, ma viene sentita lontana anche perché combattuta dall’esercito coloniale; mentre la guerra di Algeria, combattuta dal 1954 al ’62, viene percepita come una decolonizzazione molto più dolorosa lacerando le coscienze dell’opinione pubblica. Filmato – la guerra d’Algeria In questo filmato viene spiegato perché la guerra d’Algeria fosse un elemento di grande emozione nelle coscienze dei francesi. Questa guerra di Indipendenza è così peculiare perché • c’è l’idea che la colonia sia strettamente connessa alla madrepatria poiché aveva attivamente partecipato alla Seconda Guerra Mondiale e alla liberazione della Francia; gli onori di guerra non vengono però riconosciuti così come non vengono riconosciuti i diritti di uguaglianza rispetto ai francesi. Questo fa nascere forti sentimenti di indipendenza – anche per un desiderio di dignità – che sfoceranno nella creazione del Fronte di Liberazione Nazionale; 65 Il caso di coscienza si è posto dall'inizio della guerra. Poiché quest'ultima si prolunga, è normale che questo caso di coscienza si sia risolto concretamente con atti sempre più numerosi di insubordinazione, di diserzione, nonché di protezione e di aiuto ai combattenti algerini. Movimenti liberi che si sono sviluppati ai margini di tutti i partiti ufficiali, senza il loro aiuto e, alla fine, nonostante la loro disapprovazione. Ancora una volta, al di fuori dei quadri e delle parole d'ordine prestabiliti, è nata una resistenza, per una spontanea presa di coscienza, cercando e inventando forme di azione e mezzi di lotta in rapporto ad una situazione nuova i cui gruppi politici e giornali d'opinione si sono trovati d'accordo, sia per inerzia o timidezza dottrinale, sia per pregiudizi nazionalistici o morali, a non riconoscere il significato e le esigenze reali. Les soussignés, considérant que chacun doit se prononcer sur des actes qu'il est désormais impossible de présenter comme des faits divers de l'aventure individuelle, considérant qu'eux-mêmes, à leur place et selon leurs moyens, ont le devoir d'intervenir, non pas pour donner des conseils aux hommes qui ont à décider personnellement face à des problèmes aussi graves, mais pour demander à ceux qui les jugent de ne pas se laisser prendre à l'équivoque des mots et des valeurs, déclarent : Nous respectons et jugeons justifié le refus de prendre les armes contre le peuple algérien. Nous respectons et jugeons justifiée la conduite des Français qui estiment de leur devoir d'apporter aide et protection aux Algériens opprimés au nom du peuple français. La cause du peuple algérien, qui contribue de façon décisive à ruiner le système colonial, est la cause de tous les hommes libres. I sottoscritti, considerando che ciascuno deve pronunciarsi su atti che è ormai impossibile presentare come fatti vari dell'avventura individuale, considerando che essi stessi, al loro posto e secondo i loro mezzi, hanno il dovere di intervenire, non per dare consigli agli uomini che devono decidere personalmente di fronte a problemi così gravi, ma per chiedere a coloro che li giudicano di non lasciarsi prendere all'equivoco delle parole e dei valori, dichiarano: Rispettiamo e giudichiamo giustificato il rifiuto di prendere le armi contro il popolo algerino. Rispettiamo e giudichiamo giustificata la condotta dei francesi che ritengono di dover dare aiuto e protezione agli algerini oppressi in nome del popolo francese. La causa del popolo algerino, che contribuisce in modo decisivo a rovinare il sistema coloniale, è la causa di tutti gli uomini liberi. ________________________________________________________________________________________________ Camus si trova in una situazione piuttosto lacerante essendo un pied noir; considera, quindi, l'Algeria la sua seconda patria; sin dal primo momento si batte per la libertà degli algerini avendo ben compreso che venivano considerati francesi di “serie b”. Nel romanzo L'Étranger si sente forte il tema del razzismo che emerge con il fatto che non venga mai fatto il nome dell'arabo – allegoria alla poca considerazione data dal governo francese nei confronti degli algerini. Camus non è convinto dell'idea dell'Algeria completamente araba, ma vorrebbe una confederazione, come quella Elvetica, tra Francia e Algeria perché ritiene che l’Algeria da sola non riuscirebbe a rimanere democratica perché potrebbero soccombere al fanatismo religioso. Nel ‘62 viene proclamata l’indipendenza in Alegria e molti pied noirs saranno costretti a tornare in Francia. La fine della guerra in Algeria crea uno spartiacque perché determina la fine del mondo coloniale e della sua propaganda e quindi di tutti quei miti culturali che non potevano più sussistere. II. Le tournant décisif des années soixante Gli anni Sessanta accelerano i processi di mutazione culturale già messi in movimento negli anni ’50; sono anni di continua crescita economica favorita anche dalla fine delle guerre coloniali che aprono così nuove prospettive di pace e prosperità. Nel 1958 viene creata la nuova Repubblica, la V Repubblica, creata a misura per De Gaulle; capisce l’importanza di una politica tout court, mostrando interesse anche per lo sviluppo della politica culturale del paese; ritiene essere necessario non lasciare l’ambito della cultura alla sua espansione autonoma, abbandonata a se stessa e alla sua libera interpretazione, ma creare degli organi ad hoc che possano supportare la creazione di nuova arte – al momento l'unica istituzione che si occupa della cultura è la direzione delle Beaux-Arts che si occupa della conservazione del patrimonio. In pratica però, la 66 sua politica non riesce ad adattarsi alla cultura di massa in costante movimento e la Crisi del Maggio del 68 rende evidente questo scarto. 1. La culture dans le « grand dessein » gaulliste : de la politique scolaire à la création du ministère des Affaires culturelles Negli anni della guerra e del dopoguerra, il budget per l'istruzione pubblica incrementa sempre più e lo aumenta anche De Gaulle stesso; come tutti i nuovi governi, il primo intervento nel tessuto culturale riguarda la scuola per cui vengono fatte varie riforme per cercare di rispondere alla crescente domanda di scolarizzazione da parte del popolo francese che chiede una maggiore democratizzazione dell’accesso alla secondaria e maggiore libertà di scelta. • viene innalzato l’obbligo scolastico ai 16 anni; nel momento in cui la legge passa nel 1959, il ciclo intermedio 14-16 è organizzato con: 1. un primo ciclo dei lycées che dipende completamente dalla scuola secondaria; 2. Les cours d'enseignements générales, dei corsi di completamento del primario che danno un insegnamento generale e che completano il ciclo per chi non va nel secondario; 3. Collèges techniques, scuole professionali. • viene introdotto un “ciclo d’osservazione” tra la quinta e la sesta costituito da un consiglio di orientamento che, dopo un’analisi sulle attitudini allo studio e gli interessi dello studente, consiglia un ciclo di studi che potrebbe essere buono per lo studente in questione; • Nel ‘63 viene introdotta una nuova istituzione, Les collège d'enseignements secondaire che si dividono in: 1. una prima filiera di studi classici che prepara al liceo; 2. una seconda filiera che prepara agli studi professionali; 3. una terza filiera, detta di transizione, per chi non continua gli studi Questa riforma porta al mutamento del primario e secondario; l’insegnamento primario viene riformato nelle discipline umanistiche, mentre per il secondario vengono istituiti nuovi bac, uno tecnico e uno generale diviso in umanitario, economico e matematico e scientifico. La novità è che per la prima volta c’è un aumento dei bacs in matematica a discapito delle materie classiche che cominciano a perdere il prestigio esclusivo che detenevano in passato. L’Università non viene toccata e non a caso che proprio qui scoppieranno le proteste studentesche in rivolta contro l'impianto gerarchico e anacronistico. La novità più grande è l'istituzione del Ministero della Cultura – istituzione a parte rispetto a quello dell’istruzione; questo ministero ha il compito di occuparsi della cultura come creazione, non come trasmissione. Il Ministero viene dato a Malraux che assume questo incarico occupandosi anche dello statuto istitutivo del ministero. Decreto d’istituzione del Ministère des Affaires Culturelles – Art. 1 "Le ministère chargé des affaires culturelles a pour mission de rendre accessibles les œuvres capitales de l'humanité, et d'abord de la France, au plus grand nombre possible de français ; d'assurer la plus vaste audience à notre patrimoine culturel, et de favoriser la création des œuvres de l'art et de l'esprit qui l'enrichissent." "Il ministero incaricato degli affari culturali ha il compito di rendere accessibili le opere capitali dell'umanità, e in primo luogo della Francia, al maggior numero possibile di francesi; di assicurare la più ampia audience al nostro patrimonio culturale, e di favorire la creazione delle opere dell'arte e dello spirito che la arricchiscono." Per De Gaulle l’importanza data all'istituzione deriva direttamente dall'idea della grandeur francese – comune anche a Malraux – che aveva sentito tanto forte anche nel periodo della Resistenza – Churchill riporta tale attitudine anche nelle sue memorie ricordando come De Gaulle mettesse in tutte le mosse la Francia sullo stesso piano degli Alleati nonostante fosse un paese occupato e poco popoloso. Questo primo articolo corrisponde all'idea della grandeur della Francia ma ci sono punti nuovi. 1. “il compito di rendere accessibili le opere capitali dell'umanità, e in primo luogo della Francia, al maggior numero possibile di francesi” rispecchia il principio di democratizzazione culturale. Malraux – scrittore – aveva un'idea particolare dell’arte che vedeva come anti-destino: la morte è il destino dell'uomo il cui spirito può però sopravvive alla morte grazie all’esperienza artistica. Malraux aveva anche un’idea universalista dell’arte nell’idea che le arti di tutti i popoli fossero comuni all’intera umanità. Era convinto che bastasse il contatto con l'opera d'arte perché avvenisse un corto circuito, una folgorazione nell'essere umano ed era quindi necessario permettere alle persone che in precedenza non potevano mettersi in contatto con le opere d’arte di vederle. 67 2. “di assicurare la più ampia audience al nostro patrimonio culturale”, valorizzando il patrimonio culturale francese facendolo vedere anche fuori dai confini della Francia, un compito che va oltre il compito di mera conservazione nei musei; 3. “di favorire la creazione delle opere dell'arte e dello spirito che la arricchiscono"; il ministero si occupa di dare impulso alla nuova arte, quella contemporanea, non conservando solo il patrimonio già esistente, ma anche stimolandone l’arricchimento. Dopo che era finita l’Ancien Regime e l'epoca delle signorie e della monarchia non era più successo che lo stato desse delle committenze per creare opere pubbliche. 1- rendere accessibili le opere francesi ai francesi e al mondo Per raggiungere questo obbiettivo, Malraux introduce un grande progetto che però si scontra con il parco budget per la cultura. Vuole, infatti, creare delle maisons de la culture che svolgerebbero la stessa funzione delle cattedrali del Medioevo che non erano solo luogo di culto, ma un luogo di aggregazione sociale attorno alla quale si svolgeva tutta la vita della società e si trovavano la maggior parte della attività commerciali; le attività commerciali e i commercianti erano poi rappresentati all'interno di questa con affreschi. Malraux crea questo parallelismo tra le maisons e le cattedrali perché intende la cultura come la nuova fede e nuovo nucleo dove si riunisce la popolazione; ne vuole costruire venti e su tutto il territorio francese, non solo a Parigi, ma per problemi di budget ne verranno create solo nove che avranno, però, grande importanza. Filmato - Les maisons de la culture (1964) Questo filmato fa vedere le funzioni e la creazione delle maisons. Il cuore di queste è lo spazio teatrale e di mostre – si faranno, ad esempio, esposizione di maschere antiche per portare nei luoghi della cultura oggetti artistici di solito non conosciuti. Le persone che vanno nelle maisons tutti i giorni – diventata presto un’abitudine – sono principalmente vecchi e giovani; la fascia di età di mezzo è quella più difficile da raggiungere perché è più impegnata a livello lavorativo e famigliare. Un altro settore non raggiunto dalle maisons è tutta quella parte di popolo francese – parte molto consistente – con lavori usuranti che se hanno a disposizione del tempo libero, lo utilizzano per rilassarsi, non per andare a vedere la cultura. Il ruolo delle maisons è di far familiarizzare tutte quelle persone che abitudine, situazione sociale, origini non oserebbero andare a teatro o nei musei perché non a loro agio. Le maisons vogliono dare alla cultura un basso profilo, renderla accessibile a tutti. Nello stesso ambito di rendere la cultura accessibile a tutti, si collocano altre iniziative come quello di fare grandi mostre ed esposizioni, come quella organizzata dalla famosa egittologa Christine Desroches-Noblecourt “Toutankhamon et son temps” che venne visitata da più di un milione di visitatori. 2- favorire l’irraggiamento della cultura ad un vasto pubblico Filmato - la Gioconda negli Stati Uniti (10 gennaio 1963) Nel 1963, Malraux organizza un trasferimento, un prestito della Gioconda agli USA. Anche per le forti implicazioni politiche-culturali, questa iniziativa scatena le ire dei conservatori del Louvre che non apprezzano il prestito agli americani che considerare barbari, un pubblico di massa incapace di godere della cultura. La Gioconda è l’emblema della capacità francesi di conservare e valorizzare il patrimonio dell’umanità, è l’opera simbolica della capacità francese di fare cultura. 3- favorire la creazione delle opere d'arte Malraux dà incarico a Chagall l’importantissimo compito di ridipingere il soffitto dell'opéra di Parigi – anche questo semina discordia perché se l’opéra è della seconda metà dell'Ottocento, la nuova opera d’arte commissionata a Chagall sarebbe contemporanea, rompendo quindi con tutta l’armonia e il gusto tutto ottocentesco. Filmato - Chagall : Scandale à l'Opéra de Paris In questo vediamo perché la scelta di Malraux di affidare la decorazione del plafond dell’opéra ad una artista contemporaneo suscitò tale indignazione. La leggenda narra che la decisione di Malraux venne presa quando c’era ospite all’opéra il presidente del Perù per la cui visita si tenne un balletto con costumi creati da Chagall; Malraux durante il balletto alza lo sguardo e vedendo il soffitto, decide che doveva essere migliorato e chiede proprio a Chagall nell’intervallo tra i due tempi dello spettacolo di modificarlo. Solo nel momento in cui si decide di rinnovarlo, l’opinione pubblica mostra di essere affezionata al teatro dell’opera così com’è: non si erano mai interessati al tetto, ma nel momento in cui si decide di modificarlo tutti gridano allo scandalo e alla necessità di mantenere una coerenza artistica. Le tout Paris – il pubblico, quello che conta – che andava lì per vedere ma anche per essere visti rimane indignato – la visita all’opéra era un evento mondano e la scalinata era concepita come se fosse un’esibizione dei bei vestiti dei ricchi parigini. 70 Tutto questo prepara la frattura del maggio del ‘68 che rappresenta una rimessa in discussione della cultura dei padri, una contrapposizione tra figli e padri sia a livello microstrutturale sia macro – quindi a livello dello Stato in quanto portatore di valori. Questa rimessa in discussione – che sfocerà nelle rivoluzioni studentesche – è preparata da rimesse in discussioni in tutti gli ambiti della cultura – nel cinema con la Nouvelle Vague che mette in discussione il film della Qualité mettendo ora nel campo cinematografico giovani che non seguono il percorso canonico precedente, ma sono autodidatti ed imparano a fare film andando al cinema e prendendo ispirazione dai loro film e registri preferiti; fanno dei film autoprodotti perché non possono sperare in altri finanziamenti – poi con Malraux avviene – e dovendo produrre film che costano poco, non li girano più negli studi – grande novità – ma nei luoghi naturali e reali: non fanno film in costume di epoche precedenti, ma film contemporanei sulla realtà contemporanea. Viene introdotta nelle pellicole anche la lingua dei giovani, ambientati in città e che parlano della loro vita – sono film personali girati nei quartieri che conoscono, utilizzando attori sconosciuti che possono pagare meno delle grandi star. Usano delle pellicole ultrasensibili per poter far a meno delle luci artificiali che vengono montate dai registi stessi che diventano dei veri autori dei loro film; spesso sono loro stessi che scrivono la loro sceneggiatura. Film - I film della Nuovelle Vague, Les Quatre Cents Coups di Truffaut Il titolo italiano “Quattrocento colpi”, traduzione letterale dal francese, fa perdere il senso che ha nella lingua originale, in cui si riferisce all'espressione “faire les quatre cents coups”, corrispondente più o meno al modo di dire italiano “fare il diavolo a quattro”, o meglio ancora, in questo caso, “combinarne di tutti i colori”, “esser turbolento, ribelle”. Il film parla di un bambino, Antoine, figlio di genitori molto autoritari che non hanno però un buon comportamento: il padre è infatti bonario, superficiale e interessato solo alle gare di rally; la madre è una donna non attenta al figlio e molto spesso lo tratta male. È un film autobiografico e, nella scuola, vediamo il metodo di insegnamento anacronistico, ben evidenziato nella scena iniziale dove i bambini durante la lezione si interessano a dei giornaletti e il compito assegnato dal maestro è quello di scrivere un tema sulla lepre. In questa forte critica alla famiglia, alle istituzioni e alla scuola, Les Quatre Cents Coups viene considerato uno dei film che meglio rappresentano la corrente cinematografica della Nouvelle Vague. III. De la crise de Mai 68 aux recompositions des années soixante-dix A metà degli anni ’60 il panorama nazionale ed internazionale cambia nuovamente; la curva del tasso di nascita, dell’inflazione e dell’occupazione comincia a riabbassarsi. La Repubblica gaullista comincia ad accusare le prime sconfitte quando De Gaulle viene messo al ballottaggio e si cominciano a sentire i malcontenti dei lavoratori per le condizioni di lavoro. A livello internazionale c’è un vento contestatario sollevato principalmente dagli oppositori della guerra del Vietnam. Tutto questa porta alla crisi del maggio del ‘68. 1. Le moment 68 : le temps de la contestation Le radici culturali del maggio del ‘68 sono da ricercarsi nelle numerose rimesse in causa a livello culturale che si sono sviluppate per tutti gli anni ’60, anni di contestazione contro la cultura dei padri, quelli forti e prestigiosi; nel cinema si concretizza nell’opposizione della Nouvelle Vague contro la Qualité Française, nella letteratura vediamo il Nouveau Roman con scrittori come Nathalie Sarraute, Marguerite Duras e Claude Simon che dissolvono il romanzo tradizionale, rimuovendo la narrazione lineare con un narratore onnisciente e inserendo spesso personaggi e oggetti con la stessa importanza in un contesto che dà poca importanza alla cronologia della narrazione e alla descrizione dei personaggi per interessarsi più invece all’inconscio e ai pensieri interiori. Anche dal punto di vista filosofico, se prima si sviluppa l’esistenzialismo che sì mette in discussione i valori precedenti, ma per metterne in campo altri in un contesto di grande fiducia ed ottimismo – che in politica si concretizza con la fiducia nel PC e nella Rivoluzione – negli anni ‘60 vediamo la filosofia della decostruzione applicata all’antropologia con Levi-Strauss, alla semiologia di Barthes, alla psicoanalisi di Lacan e alla filosofia di Foucault che nell’opera Les Mots et Les Choses denuncia “la morte dell’uomo” in un’ottica di rimessa in discussione del soggetto come coscienza libera, trasparente e astorica. Il pensiero radicalmente pessimista e decostruzionista del soggetto è strettamente legato alla crisi del PCF e in generale di tutti i Partiti Comunisti; la crisi fu innescata dalla rivelazione dei crimini commessi da Stalin e dall’invasione dell’Ungheria da parte URSS nel ‘56 a seguito di una rivolta antisovietica. Questo fa cadere il mito del paradiso comunista in URSS e il Partito Comunista viene ora sentito vecchio, antico, qualcosa in cui i giovani non si riconoscono più; a sinistra fioriscono altre formazioni politiche che non hanno più come modello l’URSS, ma il Vietnam libero, la Cina di Mao, Cuba di Fidel Castro e Che Guevara e a questi nuovi miti si collega al sorgere di nuovi gruppi anarchici, come L’Internationale Situationniste che, con una vocazione simile al dadaismo, propone delle situazioni al fine di creare uno shock e quindi spunti di riflessione; muove anche una forte critica alla società consumistica e al ruolo che in questa gioca la gioventù. Nel 1967 viene pubblicato da Guy Debord “La Société du Spectacle” in cui si critica il trionfo della mercificazione, della mera preoccupazione dell’apparenza fisica e, di nuovo, del consumismo. 71 È questa terra fertile che prepara il maggio del ‘68; la rivolta nasce nelle università proprio perché esentate dal rinnovamento portato avanti dal governo che conferma la visione obsoleta di queste che venivano ancora viste come un luogo elitario; questa visione contrasta fortemente con la realtà dei fatti che invece testimonia come ora sempre più famiglie decidono di mandare i propri figli all’università. C’è uno strabordare di numeri rispetto alle strutture e un insegnamento fortissimamente autoritario e gerarchico, caratterizzato da grandi abusi di potere. Questa situazione viene denunciata da un pamphlet situazionista “de la misère en milieu étudiant : considérée sous ses aspects économique, politique, psychologique, sexuel et notamment intellectuel et de quelques moyens pour y remédier” del 1966 e scritto da Moustafa Kayatti, un pamphlet che non solo denuncia il sistema universitario, ma che vuole anche scuotere dall’inerzia gli studenti universitari. De la misère en milieu étudiant, 1966, Kayatti Il titolo scimmiotta i pamphlet intellettuali ottocenteschi e il linguaggio è quello comunista. La mise en spectacle de la réification sous le capitalisme moderne impose à chacun un rôle dans la passivité généralisée. L’étudiant n’échappe pas à cette loi. Il est un rôle provisoire, qui le prépare au rôle définitif qu’il assumera, en élément positif et conservateur, dans le fonctionnement du système marchand. Rien d’autre qu’une initiation. La messa in mostra della reificazione sotto il capitalismo moderno impone a ciascuno un ruolo nella passività generalizzata. Lo studente non sfugge a questa legge. È un ruolo provvisorio, che lo prepara al ruolo definitivo che assumerà, come elemento positivo e conservatore, nel funzionamento del sistema commerciale. Nient'altro che un'iniziazione [la società capitalista non solo rende le persone delle merci, ma le esibisce pure in una società consumistica; il ruolo imposto a ciascuno è un ruolo passivo che ha come unico scopo la conservazione dell’ordine sociale e della società borghese. Accusa anche gli studenti universitari che mancano di spirito critico, quindi contestatario, contro la società borghese. Il ruolo di studente universitario è solo un rito di iniziazione verso la persona positif, quindi membro della società del progresso e di spirito conservatore]. Esclave stoïcien, l’étudiant se croit d’autant plus libre que toutes les chaines de l’autorité le lient. Comme sa nouvelle famille, l’Université, il se prend pour l’être social le plus « autonome » alors qu’il relève directement et conjointement des deux systèmes les plus puissants de l’autorité sociale : la famille et l’Etat. Il est leur enfant rangé et reconnaissant. Suivant la même logique de l’enfant soumis, il participe à toutes les valeurs et mystifications du système et les concentre en lui. Ce qui était illusions imposées aux employés devient idéologie intériorisée et véhiculée par la masse de futurs petits cadres. Schiavo stoico, lo studente si crede tanto più libero in quanto tutte le catene dell'autorità lo legano. Come la sua nuova famiglia, l'Università, si considera l'essere sociale più «autonomo», mentre dipende direttamente e congiuntamente dai due sistemi più potenti dell'autorità sociale: la famiglia e lo Stato. Egli è il loro figlio ordinato e grato. Seguendo la stessa logica del bambino sottomesso, partecipa a tutti i valori e mistificazioni del sistema e li concentra in lui. Ciò che era illusioni imposte agli impiegati diventa ideologia interiorizzata e veicolata dalla massa di futuri piccoli dirigenti [famiglia e Stato sono gli ambiti della contestazione più violenta; lo studente è lui stesso portatore dei valori ingannatori del sistema. I valori della società imposti ai dirigenti e impiegati, gli studenti lo veicoleranno convintamente e spontaneamente perché completamente interiorizzati nel contesto in cui studiano]. Récoltant un peu du prestige en miettes de l'Université, l'étudiant est encore content d'être étudiant. Trop tard. L'enseignement mécanique et spécialisé qu'il reçoit est aussi profondément dégradé (par rapport à l'ancien niveau de la cullure générale bourgeoise) que son propre niveau intellectuel au moment où il y accède, du seul fait que la réalité qui domine tout cela, le système économique, réclame une fabrication massive d'étudiants incultes et incapables de penser. Que l'Université soit devenue une organisation - institutionnelle — de l'ignorance, que la «haute culture» elle-même se dissolve au rythme de la production en série des professeurs, que tous ces professeurs soient des crétins, dont la plupart provoquerait le chahut de n'importe quel public de lycée l'étudiant l'ignore el continue d'écouter respectueusement ses maitres, avec la volonté consciente de perdre tout esprit critique afin de mieux communier dans l'illusion mystique d'être devenu un «étudiant», quelqu'un qui s'occupe sérieusement à apprendre un savoir sérieux, dans l'espoir qu'on lui confiera les vérités dernières. C'est une ménopause de l'esprit. Tout ce qui se passe aujourd'hui dans les amphithéâtres des écoles et des facultés sera condamné dans la future société révolutionnaire comme bruit, socialement nocif. D'ores et déjà l'étudiant fait rire. 72 Raccogliendo un po' del prestigio in frantumi dell'Università, lo studente è ancora contento di essere studente. Troppo tardi. L'insegnamento meccanico e specializzato che riceve è tanto profondamente degradato (rispetto all'antico livello della testa generale borghese) quanto il proprio livello intellettuale nel momento in cui vi accede, per il solo fatto che la realtà che domina tutto questo, il sistema economico, chiede una produzione massiccia di studenti ignoranti e incapaci di pensare. Che l'Università sia diventata un'organizzazione - istituzionale - dell'ignoranza, che la stessa «alta cultura» si dissolva al ritmo della produzione in serie dei professori, che tutti questi professori siano dei cretini, la cui maggior parte provocherebbe il caos di qualsiasi pubblico liceale lo studente lo ignora e continua ad ascoltare rispettosamente i suoi maestri, con la volontà cosciente di perdere ogni spirito critico per meglio comunicare nell'illusione mistica di essere diventato uno «studente»Qualcuno che si occupa seriamente di apprendere una conoscenza seria, nella speranza che le vengano confidate le ultime verità. È una menopausa della mente. Tutto ciò che avviene oggi nelle aule delle scuole e delle facoltà sarà condannato nella futura società rivoluzionaria come rumore, socialmente nocivo. Già adesso lo studente fa ridere [si riceve un livello di insegnamento degradato perché il sistema per auto conservarsi preferisce produrre una massa di studenti incolti e incapaci di pensare piuttosto che offrire un valido insegnamento. È una violenta requisitoria contro anche i suoi stessi compagni in nome di una rivoluzione]. Cominciano a nascere gruppi di sinistra distaccati dal Partito Comunista e fondati da ex membri dell’Unione degli Studenti Comunisti; ricordiamo Alain Krivine e Henri Weber che fondano la Gioventù Comunista Rivoluzionaria di ispirazione trozkista; ricordiamo inoltre la Gioventù Comunista marxista-leninista di ispirazione maoista. Filmato - Mai 68 - La Grande Explication (1968) Questo filmato mostra i presupposti della rivoluzione del ‘68, tra cui la situazione di stallo a seguito della crescita economica degli Anni Gloriosi che determina una coalizione tra studenti e operai che si manifesta nel passaggio dall’occupazione delle università all'occupazione delle fabbriche. La scintilla nasce a Nanterre, un annesso della Sorbone, creato proprio perché le strutture già presenti erano diventate insufficienti ad ospitare gli studenti. Il 22 marzo viene arrestato Daniel Cohn-Bendit, uno dei padri del ’68 francese che è ancora attivo in politica. Vediamo una contestazione a De Gaulle, uno di quei padri la cui cultura è fortemente contestata e che viene considerato di destra; durante gli anni ‘60 rimane al potere: di fronte alle rivolte studentesche scioglie l’Assemblea Nazionale e vince le elezioni del ‘68 per poi abbandonare la politica. Al termine dei momenti in cui le rivendicazioni e occupazioni erano più feroci, tutto sembra tornare all’ordine precedente ma nulla è come prima perché certe rivoluzioni sono irreversibili perché portatrici di valori che non possono essere repressi. 2. Les horizons culturels de l’après-68 : une postérité contrastée I politici a capo del paese non possono più ignorare gli eventi e nel novembre del ‘68 il nuovo ministro, nominato da De Gaulle che mostra qualche apertura, dell’Éducation Nationale, Edgard Faure, uomo di cultura dallo spirito liberale, promuove una nuova legge che si impegna a riorganizzare le facoltà universitarie intorno ad unito di insegnamento e di ricerca dotate di maggiore autonomia e amministrate in maniera più democratica. La categoria emblema dello sfruttamento era quella degli assistenti che stavano al seguito del professore con la speranza di diventare professori, ma senza essere retribuiti adeguatamente; con i provvedimenti di Faure vengono ora valorizzati. Viene creato un centro universitario autogestito e sperimentale a Vincennes da cui passano intellettuali contestatari nel ruolo di professori, come Deleuze, Michelle Foucault e Barthes. Anche nella scuola vengono attuate diverse riforme: 1. Nel primo anno di college – anno sesto – viene abolito il latino, considerato emblema dell’elitismo e del divario sociale e segno del potere dell’antico sul nuovo; 2. Nella scuola primaria si afferma il terzo tempo, un equilibrio fra discipline di base – francese e matematica –, discipline intellettuali – storia, geografia, scienze naturali etc – e le discipline sportive che vengono ora viste come discipline importanti. L’obiettivo dell’università come della scuola è ora quello di sradicare con forza il precedente modello verticale per promuovere l’autonomia e l’autogestione, come anche la partecipazione attiva, degli studenti. Come eredità del ‘68 a livello di pratiche culturale, emerge una controcultura che si oppone al pensiero dominante; nascono nuovi partiti come La Ligue Communiste Révolutionnaire, Vive la Révolution e La Gauche Prolétarienne. Nascono nuovi giornali, tra cui quello più longevo è Liberation. Il primo numero di Libération (18 avril 1973) 75 primo compito del Ministro è quello di coltivare lo spirito culturale dei francesi, ben evidenziando la nuova concezione della cultura come partecipazione attiva; viene reso libero l’accesso a tutti i francesi alla produzione artistica]; di preservare il patrimonio culturale nazionale, regionale [si evidenzia anche la periferia rispetto al centro] o di diversi gruppi sociali per il profitto comune della collettività tutta intera [quello che solitamente non rientrava nel concetto di cultura, quindi musica, saghe, canzoni, danze popolai etc., quindi tutti coloro che esprimono la loro creatività appartengono ad un patrimonio che è necessario conservare. La contestazione più forte del 68 contro Malraux era appunto la preservazione di una visione elitaria dell’arte, mentre qui abbiamo un forte allargamento della sfera culturale]; di favorire la creazione delle opere dell'arte e dello spirito e di dare loro il più vasto pubblico [si conferma la volontà di finanziare la produzione contemporanea]; di contribuire all'irraggiamento della cultura e dell'arte francese nel libero dialogo delle culture del mondo [anche questa è una novità: idea del multiculturalismo, del dialogo tra culture tenendo conto anche di altre culture del mondo]. ________________________________________________________________________________________________ Il motto di Lang è “tout est culturel”, tutto è culturale; un esempio dell’iniziativa immaginata da Lang destinata a grande successo e nella quale si esprimere bene questo motto, è l’invenzione nel 1982 della fête de la musique che si celebra in tutto il mondo nel solstizio d’estate e che permette un’abolizione degli steccati tra arti maggiori e arti minori dato che tutti si possono esprimere musicalmente in questa occasione, sia i professionisti sia i musicisti amatoriali permettendo maggiore inclusività. Filmato - prima festa della musica, 21 giugno 1982 Nella prima parte si descrive la festa della musica, dell’assenza di distinzione tra musicisti professionali e amatoriali, in quanto tutti possono suonare senza paura e timidezza, esprimendosi liberamente. Nella seconda parte viene messa in relazione la cultura e l’economia affermando che queste possano essere considerate un tutt’uno perché la festa della musica e la musica in generale posso dare una gioia in grado di rimettere in moto l’economia, facendo ritornare la gioia nel paese. Queste iniziative, nell’ottica di Mitterrand, servono anche a far dimenticare la crisi economica e le forti divisioni ideologiche che dal ‘68 in poi dividono la Francia anche rispetto all’unità data dalla Resistenza; ci sono forti contrapposizioni politiche che, nell’idea di Lang, si attenuano in questa concezione unitaria e non divisiva della cultura. Il discorso di Lang ci fa sentire la cultura, intesa come libera espressione, essenzialmente solo come gioia e divertimento antidepressivo. I lati positivi di questa visione culturale sono sicuramente il maggiore coinvolgimento che è in grado di abbattere le divisioni elitarie, permettere un’integrazione che coinvolga anche coloro con meno competenze e capacità e una forma di pacificazione culturale. I lati negativi, però, che emergono soprattutto da una visione conservatrice, sono il livellamento e la perdita di distinzione tra la grande arte e le espressioni artistiche amatoriali, quindi, la perdita di distinzione tra arte e artigianato che vengono entrambi considerati cultura e arte – l’arte ha un valore simbolico e veicola il pensiero del creatore a differenza del prodotto artigianale. Anche dal punto di vista dell’artista immaginare che quello che lui produce con profondo tormento sia appiattito e messo sullo stesso piano del quadro realizzato da una persona qualunque. Inoltre, l’arte non è mai qualcosa che acquieta e diverte, ma al contrario è qualcosa che mette in discussione i valori, che sollecita al cambiamento: l’arte non è gioia e non le si può attribuire una funzione rappacificatrice in quanto ci aiuta a mettere in discussione la nostra visione del mondo e dei nostri valori. Questa visione del tout culturel rischia di abbassare la cultura al divertimento e all’intrattenimento quindi come qualcosa di futile che non può cambiare la vita di un individuo. Questa idea finisce per stemperare la carica rivoluzionaria dell’arte perché diventa parte dello spettacolo – nell’opera l’art pour tous di ??, egli afferma che alla sua tutti pensano di poter diventare letterati dato che la letteratura si fa con le parole, mentre la musica, che si produce con le abilità proprie e che quindi richiede una maggiore competenza tecnica, rimane elitaria – evidenzia la chiara distinzione tra l’uso delle parole per la comunicazione quotidiana e per scrivere poesie. Jack Lang dà espressamente un’interpretazione della cultura come un mezzo per risollevare una nazione depressa. L’État Culturel, Marc Fumaroli, 1991 Uno dei più grandi critici di questa idea è Marc Fumaroli che nell’opera L’Etat Culturel contesta fortemente l’idea di uno Stato interventista che applica dei provvedimenti così capillari nell’ambito culturale. Toutes les démocraties libérales, donc prospères, ont vu se développer, dans leurs populations urbaines, ce qu'il est convenu d'appeler grossièrement des « besoins culturels ». Loisirs à occuper, temps libre à combler, distractions qui sont autant de détente après le travail. Les sports, la télévision ont répondu à cette demande massive. Un peu partout aussi, on a admis que le service public, ou le civisme privé, devaient soustraire à cette marée de loisirs de masse d'abord l'école, puis ce qui de près ou de loin touche à l'école, la complète, la favorise, 76 les arts et les lettres, pour ne rien dire des sciences, qui se défendent mieux. Le malheur a voulu (les mots ne sont pas innocents) que l'on range aussi dans la même « sphère culturelle » cet ordre des études et des œuvres de l'esprit qu'il faut soustraire au marché des loisirs de masse. Cette équivoque n'est pas seulement française. Ailleurs, parfois, souvent, elle est compensée par la diversité des protections et des ressources que se sont assurées les institutions éducatives et les travaux de l'esprit. La différence des ordres, des publics, des genres, des tons peut être ainsi préservée. Tutte le democrazie liberali, dunque prospere, hanno visto svilupparsi, nelle loro popolazioni urbane, ciò che è stato grossolanamente definito «bisogni culturali». Tempo libero da occupare, tempo libero da riempire, distrazioni che sono altrettanto rilassanti dopo il lavoro. Gli sport, la televisione hanno risposto a questa domanda massiccia. Un po' ovunque, si è ammesso che il servizio pubblico, o il civismo privato, dovevano sottrarre a questa marea di svaghi di massa prima la scuola, poi quello che da vicino o da lontano tocca la scuola, la completa, la favorisce, le arti e le lettere, per non dire la scienza, che si difendono meglio. La disgrazia ha voluto (le parole non sono innocenti) che si collochi anche nella stessa «sfera culturale» quell'ordine di studi e di opere dello spirito che bisogna sottrarre al mercato degli svaghi di massa [attacco diretto all’idea di Lang che mette nella sfera culturale anche delle espressioni artistiche che non dovrebbero essere considerate tali]. Questo equivoco non è solo francese. Altrove, talvolta, spesso, essa è compensata dalla diversità delle tutele e delle risorse che si sono assicurate le istituzioni educative e i lavori dello spirito. La differenza degli ordini, dei pubblici, dei generi, dei toni può così essere preservata [in altri luoghi nonostante tutto sia considerato cultura, comunque sussistono diversificazioni e c’è quindi meno un senso di amalgama]. En France, la « sphère culturelle » étant dans son ensemble de la responsabilité de l'Etat, qui jouit d'un monopole de fait sur l'Education, sur la Télévision, et qui pratique en outre une « politique culturelle » ambitieuse, on a affaire à un Etat culturel. On parle d'Etat douanier, d'Etat éducateur, d'Etat banquier. L'Etat culturel n'est pas si spécialisé : englobant dans son empire à la fois les loisirs de masse et les œuvres de l'esprit, il accoutume si bien la société civile à cet amalgame que celle-ci n'ose plus développer d'elle-même des initiatives et des institutions protectrices distinctes de celles de l'Etat. Le « mécénat » privé en France est étroitement dépendant des choix opérés par l'Administration culturelle, il offre un financement d'appoint, ou il calque ses initiatives sur le modèle officiel. La puissance de l'Etat-Providence français est devenue si envahissante qu'elle a besoin de se légitimer, de se célébrer. Ni l'Etat douanier, ni l'Etat éducateur, ni l'Etat banquier ne le font ni le peuvent. L'Etat culturel, le plus contestable de tous, s'en est chargé. La Culture est un autre nom de la propagande. Le prix à payer est lourd. Car au lieu de distinguer les ordres dans cette vaste « sphère culturelle » qu'il contrôle, la tentation est grande pour l'Etat, et il ne manque pas d'y céder, de faire de ce système un vaste échangeur qui permet aux loisirs de masse de refluer sur les œuvres de l'esprit, et inversement aux préférences de petites coteries au pouvoir d'envahir les loisirs de masse. Cet échangeur n'existe aujourd'hui à ce degré de puissance nulle part ailleurs, en Occident. En France, l'Etat en a les moyens et il en a développé les rouages. Le mot, d'origine noble, de « Culture », qu'il emploie si volontiers pour désigner ce qui est en principe un service public destiné à protéger les œuvres de l'esprit, sert à voiler la confusion des ordres et le renversement des rôles. Il a beau se mettre au pluriel, pour mieux « cibler » ses publics et mimer la « liberté », l'Etat culturel n'est pas libéral. On peut même se demander si, enclavé dans une démocratie libérale, il n'est pas un alibi et un obstacle à la vitalité de celle-ci, à sa capacité de répondre au défi que les sociétés modernes, même libérales, posent à l'esprit. In Francia, poiché la «sfera culturale» è nel suo insieme responsabilità dello Stato, che gode di un monopolio di fatto sull'istruzione, sulla televisione e che pratica inoltre una «politica culturale» ambiziosa, si ha a che fare con uno Stato culturale. Si parla di Stato doganale, di Stato educatore, di Stato banchiere. Lo Stato culturale non è così specializzato: inglobando nel suo impero sia gli svaghi di massa che le opere dello spirito, abitua così bene la società civile a questo amalgama che essa non osa più sviluppare anche iniziative e istituzioni protettive distinte da quelle dello Stato. Il «mecenatismo» privato in Francia è strettamente dipendente dalle scelte operate dall'Amministrazione culturale, offre un finanziamento di complemento, o ricalca le sue iniziative sul modello ufficiale. La potenza dello stato sociale francese è diventata così invadente che ha bisogno di legittimarsi, di celebrarsi. Né lo Stato doganale, né lo Stato educatore, né lo Stato [ce l’ha anche con l’atteggiamento paternalista dello Stato che interviene talmente tanto che non c’è più l’iniziativa di singole istituzioni]. Lo Stato culturale, il più contestabile di tutti, se ne è fatto carico. La Cultura è un altro nome della propaganda. Il prezzo da pagare è pesante. Perché invece di distinguere gli ordini in questa vasta «sfera culturale» che controlla, la tentazione è grande per lo Stato, e non manca di cedervi, di fare di questo sistema un vasto scambiatore che permette agli svaghi di massa di rifluire sulle opere dello spirito, e viceversa alle preferenze di piccole consorterie che possono invadere il tempo libero di massa. Questo scambiatore non esiste oggi a questo grado di potenza da nessun'altra parte, in Occidente. In Francia, lo Stato ne ha i mezzi e ne ha 77 sviluppato i meccanismi. La parola, di nobile origine, di «Cultura», che egli usa così volentieri per designare ciò che è in principio un servizio pubblico destinato a proteggere le opere dello spirito, serve a velare la confusione degli ordini e il rovesciamento dei ruoli. Anche se si mette al plurale, per meglio «mirare» i suoi pubblici e mimare la «libertà», lo Stato culturale non è liberale [questo movimento vasto del tout culturel è una fortissima propaganda di uno stato democratico che, nonostante lo spirito democratico, è comunque propaganda]. Ci si può anche chiedere se, chiuso in una democrazia liberale, non sia un alibi e un ostacolo alla sua vitalità, alla sua capacità di rispondere alla sfida che le società moderne, anche liberali, pongono allo spirito [è forse, paradossalmente, un modo per spegnare la vitalità della democrazia, la vera libera espressione]. Il est difficile de dissocier l'Enseignement, la Télévision, et la Culture. C'est pourtant ce qui se passe lorsque l'on isole celle-ci, ou prétend l'isoler dans un ministère qui lui soit propre. Ce ministère a été chargé de toutes les vertus, au point de faire oublier l'échec éducatif et la médiocrité de la télévision en France, tous deux sous la responsabilité quasi exclusive de l'Etat. Mais, à s'en tenir à la Culture du seul ministère qui porte ce nom, il est étrange d'observer que le grand « Elan culturel » dont il est animé depuis 1959, avec un second souffle en 1981, a trouvé ses grands hommes non pas dans des artistes, poètes ou écrivains qui lui devraient leur éminence, mais dans des hommes politiques qui s'en glorifient et qui en vivent. On voit Auguste et Mécène, mais où est Virgile ? On voit Jules II, mais où est Michel-Ange ? Les œuvres dont cette Renaissance planifiée énumère orgueilleusement le nombre et l'éclat ne sont pas des livres, des tableaux, des chefs-d'œuvre, mais des « événements », des « actions », des « lieux », des « espaces », et les statistiques de fréquentation à jour (du moins est-il permis de l'espérer) par classe d'âge, niveau de vie, et profil culturel. È difficile separare l'Insegnamento, la Televisione e la Cultura. Questo è ciò che accade quando la si isola, o pretende di isolarla in un ministero che le sia proprio. Questo ministero è stato incaricato di tutte le virtù, al punto da far dimenticare il fallimento educativo e la mediocrità della televisione in Francia, entrambi sotto la responsabilità quasi esclusiva dello Stato. Ma, attenendosi alla Cultura del solo ministero che porta questo nome, è strano osservare che il grande «Elan culturale» di cui è animato dal 1959, con un secondo respiro nel 1981, ha trovato i suoi grandi uomini non in artisti, poeti o scrittori che gli dovrebbero la loro eminenza, ma in politici che se ne glorificano e ne vivono [forte contestazione perché si nasconde, dietro l’enfasi della cultura, la mediocrità della televisione e dell’istruzione, altri ambiti culturali. Si evidenzia il successo della politica culturale per nascondere l’insuccesso degli altri due ambiti]. Vediamo Augusto e Mecenate, ma dov'è Virgilio? Vediamo Giulio II, ma dov'è Michelangelo? [Ci sono tanti mecenati, ma non ci sono artisti]. Le opere di cui questo Rinascimento pianificato elenca orgogliosamente il numero e lo splendore non sono libri, quadri, capolavori, ma «eventi», «azioni», «luoghi», «spazi», e statistiche di frequentazione aggiornate (almeno è lecito sperare) per fascia di età, tenore di vita e profilo culturale [questo stato culturale non ha prodotto grandi libri, grandi artisti etc, ma solo nuovi spazi ed eventi; è, inoltre, profondamente negativo che lo Stato abbia disinvestito sulla formazione culturale scolastica e invece abbia puntato sulla cultura estremamente scenografica che ha assuefatto la popolazione rendendola più ignorante]. Saint-Exupéry accusa en 1938 la III République bourgeoise d'assassiner ses petits Mozart enfants par indifférence et incurie. Saint-Exupéry accusò nel 1938 la III Repubblica borghese di assassinare i suoi piccoli Mozart bambini per indifferenza e incuria. ________________________________________________________________________________________________ Altre problematiche legate alla cultura sulle quali lo Stato interviene sono quelle atte al tentativo di scongiurare il completo amalgama tra divertimento e arte, per evitare la completa assuefazione tra arte e mercato, e per preservare il diritto d’autore, importante non solo dal punto di vista commerciale, ma anche morale e artistico. Nel 1981 viene promulgata la legge del Prix Unique de Livre che protegge le librerie indipendenti dalla lotta ineguale con i grandi rivenditori – quali supermercati – di libri. Inoltre, negli anni ‘90 ricordiamo la battaglia portata avanti dai ministri della cultura sulla cosiddetta exception culturelle: vengono fatti incontri tra le più grandi potenze commerciali mondiali e nel 1993 viene firmato il General Agreement on Tariffs and Trade (GATT) che permette una liberalizzazione della circolazione delle merci. Nel seno di questi accordi viene portata avanti battaglia per sottrarre i prodotti audio visivi da questa liberalizzazione perché, altrimenti, i prodotti francesi sarebbero schiacciati dai prodotti statunitense e la Francia che ha sempre fatto del cinema una bandiera identitaria avrebbe visto soffocato lo spazio dedicato al cinema francese – è una sorta di protezionismo sia per difende qualcosa che è considerato arte per difendere i valori francesi perché un prodotto audio visivo statunitense veicola un certo modo di
Docsity logo


Copyright © 2024 Ladybird Srl - Via Leonardo da Vinci 16, 10126, Torino, Italy - VAT 10816460017 - All rights reserved