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Crisi Europea 1933-1939: Ritiro Società Nazioni e Asse Roma-Berlino, Appunti di Storia

Le iniziative assunte da Berlino e Roma negli anni '30, a partire dal ritiro dalla Società delle Nazioni e l'invasione dell'Austria, fino all'Asse Roma-Berlino e il patto Molotov-Ribbentrop. Il testo illustra come le azioni di Hitler e Mussolini portarono allo sgretolamento degli accordi di Versailles e alla contrapposizione frontale all'Unione Sovietica.

Tipologia: Appunti

2021/2022

Caricato il 12/06/2022

Sara_Cestaro
Sara_Cestaro 🇮🇹

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Scarica Crisi Europea 1933-1939: Ritiro Società Nazioni e Asse Roma-Berlino e più Appunti in PDF di Storia solo su Docsity! VERSO LA CATASTROFE Il riarmo nazista e la crisi degli equilibri europei L'aggressiva politica estera nazista La Germania di Hitler non aveva certo fatto mistero della sua vocazione revisionista, vano le potenze continentali a non modificare il quadro territoriale definito a Versailles. Il Terzo Reich rivendicava anzi il "diritto" di espandersi. Le prime iniziative assunte in tal senso da Berlino furono, nell'ottobre 1933, il ritiro della delegazione tedesca dalla Conferenza di Ginevra (dove le potenze europee, gli Stati Uniti e l'Unione Sovietica discutevano i termini di un accordo sul controllo degli armamenti) e, pochi giorni dopo, l'uscita della Germania dalla Società delle Nazioni. Nel luglio 1934, poi, il cancelliere austriaco Engelbert Dollfuss venne assassinato da un gruppo di nazisti austriaci che, d'intesa con i tedeschi, miravano a impadronirsi del potere. A bloccare questo tentativo fu l'Italia, che considerava con favore l'esistenza di uno "Stato cuscinetto" ai suoi confini nord-orientali, tanto più in quanto Vienna era entrata di fatto nella sua area d'influenza. Mussolini perciò inviò immediatamente quattro divisioni al Brennero in difesa dell'indipendenza dell'Austria, riuscendo così a dissuadere Hitler dal proposito di annettere alla Germania quello che, con il trattato di Versailles, era stato ridotto a un piccolo paese. Il riarmo della Germania Questo smacco non indusse il Führer a mettere da parte i suoi progetti per la conquista di un Lebensraum, di uno "spazio vitale nei territori contigui alla Germania da assegnare alle comunità tedesche. Di qui il varo di una politica di riarmo: l'esercito tedesco, che nel 1933 era limitato a soli 100.000 uomini, venne progressivamente trasformato in una poderosa armata. La Wehrmacht giunse a contare 35 divisioni costituite grazie alla coscrizione obbligatoria, vietata alla Germania dal trattato di Versailles, ma reintrodotta nel marzo 1935. Nello stesso tempo venne ricostruita anche una grossa aviazione militare, la Luftwaffe. I capi di governo della Francia, della Gran Bretagna e dell'Italia, riunitisi nella conferenza di Stresa (11-14 aprile 1935), condannarono il riarmo tedesco, riaffermando la validità degli accordi di Locarno e ribadendo la necessità che venisse mantenuta l'indipendenza dell'Austria. Ma non assunsero alcun provvedimento concreto a carico della Germania. La nuova politica estera sovietica Se dall'incontro di Stresa sembrava essersi costituito un fronte compatto franco-ita lo-britannico, deciso a contenere le spinte militariste tedesche, di fatto ognuno tendeva invece ad agire per conto proprio. Nel maggio 1935 la Francia, provocando forti apprensioni a Londra, sottoscrisse con l'Unione Sovietica un accordo di reciproca assistenza, che impegnava le due parti a venirsi in aiuto nel caso di un attacco da parte di uno Stato europeo. Quest'intesa era stata sollecitata soprattutto da Mosca, che intendeva uscire dal suo isolamento e aveva già compiuto un primo passo in tal senso aderendo alla Società delle Nazioni nel 1934. D'altra parte il VII Congresso dell'Internazionale comunista dell'agosto 1935 elesse la lotta al fascismo quale principale obiettivo dell'azione politica del Comintern. I partiti comunisti europei avrebbero dovuto abbandonare il loro tradizionale atteggia mento di avversione nei confronti delle forze politiche "borghesi", e dar vita nei rispettivi paesi a "fronti popolari", ovvero a larghe coalizioni dei partiti della sinistra, che favorissero l'ascesa di governi democratici (e non pregiudizialmente diffidenti nei riguardi dell'URSS), impedendo così l'avvento di nuovi regimi fascisti. La guerra d’Etiopia L'accordo franco-sovietico non fu l'unica smagliatura del fronte "anti-tedesco costituitosi pochi mesi prima a Stresa. Nel giugno 1935 l'Inghilterra stipulò con la Germania un trattato navale che consentiva la ricostruzione della flotta tedesca, violando così il patto di reciproca consultazione sottoscritto con la Francia e l'Italia qualche mese prima. In vari settori della classe dirigente britannica era infatti diffusa la convinzione che una Germania più forte sul piano militare avrebbe costituito un solido baluardo contro l'Unione Sovietica. Ma a decretare la fine di quella così breve intesa sottoscritta a Stresa fu, ai primi di ottobre 1935. l'aggressione italiana all'Etiopia. Il mancato benestare da parte della Francia e della Gran Bretagna alle mire espansionistiche di Mussolini fini segnare per l'allontanamento di Roma dalle democrazie occidentali e l'avvicinamento a Berlino. Nel gennaio 1936 Mussolini dichiarò ai tedeschi che il "fronte di Stresa" era morto per sempre, e, soprattutto, che l'eventualità di un'annessione dell'Austria alla Germania non rappresentava più un problema per l'Italia. La rimilitarizzazione della Renania Il Führer approfitto della rottura del fronte anti-tedesco per procedere a rimilitarizzare la Renania in deroga alle clausole del trattato di Versailles. Contro l'opinione prevalente tra i suoi generali, che temevano una violenta reazione francese, il 7 marzo 1936 diede ordine alla Wehrmacht di stanziare dei reparti in quella porzione di territorio fino ad allora interdetta alle truppe tedesche. Ma né i francesi né gli inglesi volevano in quel momento una guerra contro la Germania, anche a costo di chiudere gli occhi sul peri colo costituito dalla crescente aggressività tedesca. Quanto alla Società delle Nazioni, si limitò a una deplorazione formale nei confronti del governo tedesco. La vittoriosa dimostrazione di forza accrebbe ulteriormente il prestigio di Hitler in patria; il dittatore nazista si convinse che certe mosse d'azzardo, ancorché temerarie, potevano premiare. La nascita del Fronte popolare in Francia La mancata reazione della Francia, tanto più inspiegabile in quanto essa aveva da temere per prima l'indirizzo revisionista della Germania nazista, era dovuta alla profonda crisi che affliggeva da tempo le istituzioni repubblicane e ai contrasti che dividevano le forze politiche francesi, incapaci perciò di dare vita a governi saldi e stabili. Anche a causa della depressione economica seguita al crack di Wall Street, tra il 1929 c il 1936 si erano succeduti in Francia diciassette governi. In questa situazione presero sempre più piede movimenti d'ispirazione antidemocratica e razzista, che miravano all'instaurazione di un regime autoritario di stampo fascista. Già nel febbraio 1934 gruppi di estrema destra, tra cui la clericale Action Française, avevano cercato di assalire la sede dell'Assemblea nazionale per impedire la formazione del governo presieduto dal radicale Édouard Daladier, ma erano stati bloccati dalla reazione dei militanti di sinistra e dalle forze dell'ordine fedeli alla repubblica. Di fronte al pericolo di un colpo di Stato, i partiti di sinistra (comunisti, socialisti e radicali) diedero vita a una coalizione, il Fronte popolare, che vinse le ele zioni politiche del maggio 1936. Il governo socialista di Léon Blum L'insediamento di un governo guidato dal socialista Léon Blum arginò momentaneamente la minaccia fascista, ma spinse l'estrema sinistra a coltivare il pro getto di una forzatura in senso rivoluzionario, con il risultato di rendere sempre più acceso lo scontro sociale e più dura l'opposizione degli ambienti industriali e finanziari al governo in carica. In questo frangente Blum si trovò a non poter dar corso al programma: svani così la prospettiva che la nuova coalizione di governo riuscisse ad avviare una politica estera più risoluta, in grado di contrastare le iniziative della Germania hitleriana. Blum fu costretto a dimettersi già nel 1937, concludendo così l'esperienza del Fronte popolare francese. La guerra civile spagnola Il prologo della guerra mondiale? La situazione internazionale venne aggravandosi ulteriormente allorché la Spagna fu travolta da una lunga e sanguinosa guerra civile, /Per il carattere che essa assunse di scontro ideologico frontale tra le forze democratiche e le forze fasciste, e per le reazioni che provocò, la guerra che si combatté tra il 1936 e il 1939 in terra iberica è stata spesso considerata un fondamentale spartiacque nelle vicende dell'Europa, un 1939. Con il crollo della repubblica si instaurò in modo definitivo il regime di Francisco Franco, che scatenò una repressione durissima, con decine di migliaia di vittime che andarono ad aggiungersi al mezzo milione di morti in guerra. Gli espatriati politici furono almeno trecentomila. La Spagna era ridotta allo stremo e l'Europa aveva preso così coscienza degli effetti devastanti che avrebbe potuto produrre uno scontro militare tra fascismo e antifascismo allargato al continente intero. Tra l'Asse Roma-Berlino e il patto Anticomintern L'Asse Roma- Berlino Allo scoppio della guerra civile in Spagna, la convergenza fra l'Italia e la Germania manifestatasi in occasione dell'occupazione italiana in Etiopia era appena agli inizi, ma nel corso del conflitto spagnolo i rapporti tra i due paesi divennero sempre più stretti. Nell'autunno del 1936 Galeazzo Ciano, il genero del duce nomi nato in giugno ministro degli Esteri anche per le sue posizioni filotedesche, dopo una serie di colloqui stipulò a Berlino un accordo, definito enfaticamente Asse Roma-Berlino. Pur non configurandosi come un'alleanza organica, esso definiva gli indirizzi di fondo della politica estera delle due potenze e ne coordinava obiettivi e strumenti. Di fatto, esso contemplava un sostegno comune alla lotta di Francisco Franco, l'impegno di entrambi i governi contro il "pericolo bolscevico rappresentato dall'URSS e la loro collaborazione economica nell'area dei Balcani. Anticomintern tra Germania e Giappone Il patto Nei piani di Hitler figurava non solo la disarticolazione del sistema di equilibri emerso con la fine del primo conflitto mondiale, soprattutto attraverso un indebolimento della Francia, ma anche la contrapposizione frontale all'Unione Sovietica, i cui territori, insieme a quelli dei paesi dell'Europa centro- orientale, erano nelle mire espansioniste di Berlino. Occorreva perciò stringere l'URSS in una sorta di tenaglia, anche se non in forma diretta ed esplicita. Così, il 25 novembre 1936, la Germania firmò con il Giappone il patto Anticomintern, che prevedeva una stretta cooperazione politica e ideologica per la "difesa comune contro l'opera disgregatrice dell'Internazionale comunista". Il 6 novembre 1937 anche l'Italia aderì al patto. Si delineava in tal modo l'embrione di quell'alleanza tri partita tra Roma, Berlino e Tokyo che sarebbe stata poi formalizzata nel corso della guerra mondiale, il 26 settembre 1940. L'annessione dell'Austria alla Germania Nel 1938 Hitler aveva ormai raggiunto l'obiettivo che si era prefisso per restituire alla Germania un ruolo da protagonista negli assetti geopolitici dell'Europa centrale. In più di un'occasione aveva affermato che il suo governo intendeva unificare nel Terzo Reich tutte le popolazioni di stirpe tedesca presenti in Europa, procedendo, se necessario, alla conquista militare delle terre in cui esse risiedevano. In cima a questo suo progetto figuravano l'annessione sia dell'Austria che del territorio dei Sudeti. Tanto in un caso quanto nell'altro, Berlino di fatto non ebbe bisogno di ricorrere alla forza. Il 12 marzo 1938 le colonne della Wehrmacht entrarono trionfalmente in Austria. senza sparare neanche un colpo, tra l'entusiasmo degli abitanti. Il giorno precedente il cancelliere Kurt Schuschnigg era stato costretto alle dimissioni dal Partito nazista austriaco, che aveva imposto il suo leader Arthur Seyss-Inquart. Fu questi, con il pretesto di porre freno ai disordini scatenati dagli stessi nazisti, a chiedere l'intervento tedesco "per salvare il paese dal caos". Il 13 marzo l'Austria venne incorporata nella Germania; il 10 aprile un plebiscito popolare sanzionò l'annessione (Anschluss), che riduceva il paese a una provincia del "Grande Reich" in via di espansione (l'Ostmark, letteralmente "marca", ovvero territorio dell'est). Mussolini, che nel 1934 aveva duramente reagito al primo tentativo tedesco di annessione, questa volta, dopo aver ottenuto da Hitler la garanzia dell'inviolabilità della frontiera del Brennero, non sollevò obiezioni. Tacquero anche le altre potenze europee. L’appeasement e le sue motivazioni Se Londra si astenne da qualsiasi intervento diretto nella questione austriaca fu perché il premier conservatore Neville Chamberlain perseguiva una politica di appeasement, fondata cioè sul convincimento che si potessero contenere le rivendica zioni espansioniste del Terzo Reich per via diplomatica. Alla base di questa linea politica vi erano diversi motivi. L'Inghilterra non si era ancora del tutto ripresa dai gravi effetti della crisi economica del 1929 e non si sentiva preparata a sostenere un duro conflitto; inoltre, l'opinione pubblica era in larga parte pacifista, tanto più che non erano passati nemmeno vent'anni dal massacro della prima guerra mondiale. Londra temeva che nemmeno i dominions l'avrebbero seguita in un altro conflitto europeo, soprattutto dopo che non aveva mantenuto le promesse in materia di concessioni politiche fatte a suo tempo per indurli a partecipare alla prima guerra mondiale. Il governo britannico era perciò propenso a riconoscere le pretese hitleriane soprattutto in merito alla riunificazione territoriale delle popolazioni di lingua tedesca. D'altronde l'Inghilterra, non avendo propri specifici interessi da difendere nell'Europa centro-orientale, non opponeva obiezioni ai piani della Germania; anzi, la presenza tedesca avrebbe costituito una barriera a eventuali mire espansionistiche dell'Unione Sovietica. Le uniche voci contrarie alla politica di Chamberlain erano quelle di alcuni gruppi minoritari sia di laburisti sia, soprattutto, di conservatori con a capo Winston Churchill. Il presupposto della politica britannica era che il Terzo Reich, una volta che fossero state riconosciute ed esaudite le sue richieste, avrebbe assunto una condotta "ragionevole" e "realista", appagandosi dei risultati ottenuti. Le incertezze della Francia Dal canto suo, la Francia, benché nutrisse forti apprensioni per il riarmo tedesco, era paralizzata perché incapace di elaborare una linea politica autonoma. Pur assistendo al progressivo sgretolamento degli accordi di Versailles e alla dirompente rinascita della potenza militare della Germania, sua storica antagonista, la Francia era non meno intimidita della Gran Bretagna dall'idea di una guerra, che molti consideravano inevitabile qualora non si fosse accondisceso alle pretese di Hitler. Il ricordo spaventoso della prima guerra mondiale era ancora troppo vivo: l'ipotesi di un nuovo conflitto era inaccettabile. A condizionare la politica francese verso il Terzo Reich erano anche le divisioni politiche interne tra le forze democratiche e la destra filofascista, che non celava le sue simpatie per il nazismo. Insomma, Londra e Parigi pensavano che il prezzo della pace potesse venire pagato da altri, confidando la prima nella potenza della propria flotta e la seconda su un esercito e un sistema di difesa, la linea Maginot, che avrebbero dovuto porla al riparo da ogni rischio. Verso il conflitto Le rivendicazioni tedesche sui Sudeti Dopo l'Anschluss, fu la Cecoslovacchia, paese nato nel 1919, a entrare nelle mire tedesche sui sionistiche tedesche. Infatti, all'interno dei confini cecoslovacchi viveva una minoranza tedesca, di circa tre milioni di persone, concentrata nei territori dei Sudeti, un'area prevalentemente montuosa che confinava con la Germania e con la Polonia. Nel 1933 era stato fondato il Partito dei tedeschi dei Sudeti, che rivendicava l'autonomia da Praga per la regione abitata dalla comunità di matrice germanica. Di questo avamposto si servi Hitler per tenere sotto pressione le autorità di Praga, con un crescendo di rivendicazioni che avevano l'obiettivo di destabilizzare la giovane e fragile democrazia ceco slovacca in vista di un annessione dei Sudeti che, secondo la formula nazista, dovevano "ritornare nel Reich" ("heimins Reich"). La Cecoslovacchia era un paese industrializzato, legato alla Francia e all'Unione Sovietica da trattati di alleanza. Poteva contare su un esercito di discrete dimensioni, dotato di armamenti moderni e di un robusto sistema di fortificazioni difensive. Tuttavia, non confinava direttamente con nessuno dei paesi suoi alleati, e in più era alle prese con l'ostilità di altri vicini, come la Polonia e l'Ungheria. Le concessioni a Hitler Nel maggio 1938, in seguito al ripetersi delle minacciose pressioni tedesche, ormai a Hitler apertamente annessionistiche, il governo di Praga dispose la mobilitazione generale dell'esercito. La stessa decisione venne presa dalla Germania. La Cecoslovacchia, se era disposta a concedere l'autonomia amministrativa ai Sudeti, non poteva accondiscendere alle esorbitanti richieste tedesche che ne mettevano in discussione l'integrità territoriale. Il britannico Chamberlain aveva già chiarito ai francesi che l'Inghilterra non si sarebbe sacrificata per l'indipendenza della Cecoslovacchia e che non avrebbe intrapreso nessuna guerra per tutelarne la sovranità. La soluzione diplomatica inglese prevedeva, ancora una volta, di assecondare le pretese di Hitler. In settembre Chamberlain incontrò a due riprese il dittatore tedesco, prospettando un'ipotesi di compromesso che di fatto isolava la Cecoslovacchia e la consegnava in balia del Führer. In pratica, il governo inglese fini per giustificare le rivendicazioni di Berlino sui Sudeti e s'impegnò a con vincere la Francia a fare altrettanto. Malgrado l'arrendevolezza delle cancellerie europee, che s'erano impegnate a fare recedere il governo di Praga dai suoi propositi di resistenza armata. Hitler comunicò che il 1° ottobre avrebbe dato inizio all'occupazione militare dei Sudeti e, parallelamente, all'espulsione da questa regione dei gruppi etnici non tedeschi. La conferenza di Monaco A quel punto, un Chamberlain deluso e amareggiato chiese a Mussolini di fare da mediatore presso Hitler. Tra il 29 e il 30 settembre 1938 Hitler, Mussolini, Chamberlain e Daladier, nuovamente a capo del governo francese, si incontrarono nella conferenza di Monaco per decidere del destino della Cecoslovacchia, che non era stata neppure invitata al tavolo delle trattative. Anche l'Unione Sovietica fu esclusa dalla conferenza. La Germania ottenne di acquisire la regione dei Sudeti, un'area ricca di risorse minerarie e di impianti industriali dove risiedevano 2.800.000 tedeschi, un milione circa di cechi e in cui si trovava la quasi totalità delle fortificazioni difensive della Cecoslovacchia, L'esercito tedesco vi fece il suo ingresso il 1° ottobre. Inoltre alla Polonia venne riconosciuta l'acquisizione della Slesia e all' Ungheria quella di una por zione minore del territorio ceco. Dal canto suo, Chamberlain ottenne un impegno da parte di Hitler a regolare per via diplomatica, senza ricorrere cioé alle armi, eventuali future controversie tra la Germania e l'Inghilterra. Dagli accordi stipulati a Monaco usci un'Europa sempre più prona agli interessi e ai calcoli di Hitler. L'Inghilterra e la Francia erano venute meno al loro ruolo di garanti degli equilibri continentali e avevano abbandonato la Cecoslovacchia al suo destino in base a un accordo palesemente iniquo. L'Unione Sovietica, esclusa dalle trattative, ne aveva tratto il convincimento che in caso di guerra non avrebbe potuto contare sul sostegno delle potenze occidentali e che anzi quest'ultime volessero indirizzare a suo danno l'espansionismo tedesco. Il completo smembramento della Cecoslovacchia La tragedia cecoslovacca giunse ben presto al suo epilogo. Già nell'autunno dell'anno precedente la Germania aveva predisposto i piani per l'occupazione totale del paese. Il 15 marzo 1939, usando a pretesto le tensioni interne tra le due nazionalità maggioritarie, la ceca e la slovacca, le truppe tedesche invasero la capitale Praga e il resto del territorio, istituendovi il Protettorato di Boemia e Moravia, che diveniva parte del "Grande Reich". Contemporaneamente la Slovacchia - dove già esistevano correnti separatiste di ispirazione fascista-si costituì come Stato formalmente indipendente, ma di fatto configurandosi come un governo collaborazionista subalterno a Berlino. Le rivendicazioni tedesche sulla Polonia L'Inghilterra di Chamberlain e la Francia di Daladier constatarono perciò quali gravi errori di valutazione e di fatto avevano commesso con la loro politica di appeasement. Era ormai evidente che le mire di Hitler andavano ben al di là dei territori dove erano presenti popolazioni tedesche e che egli puntava a modificare completa mente la carta d'Europa. La Germania nazista aveva già avanzato un'altra rivendica zione: il 21
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