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Storia del Cinema. Il cinema. Percorsi storici e questioni teoriche, Sintesi del corso di Storia Del Cinema

Sintesi dettagliata del libro 'Il cinema. Percorsi storici e questioni teoriche' per la materia di Storia del cinema

Tipologia: Sintesi del corso

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Scarica Storia del Cinema. Il cinema. Percorsi storici e questioni teoriche e più Sintesi del corso in PDF di Storia Del Cinema solo su Docsity! STORIA DEL CINEMA 1 DAL CINEMATOGRAFO AL CINEMA 1. Il momento simbolico della nascita del cinema è ricondotto alla prima proiezione pubblica (a pagamento) del Cinèmatographe Lumière, il 28 dicembre 1895, al Grand caffè di Parigi. La storica presentazione del dispositivo di ripresa, inventato e brevettato dai fratelli, acquista senso solo a seguito e parallelamente ad una serie di altrettante invenzioni. L'invenzione dei fratelli Lumière non è riferibile ad un contesto univoco e ad una singola personalità. (Thomas Edison) Il cinematografo si pone come una sintesi che giunge al culmine di acquisizioni diverse riguardanti la realizzazione di visioni ed immagini riprodotte tecnologicamente, che hanno una svolta decisiva alla fine dell’800, quando si creano le condizioni industriali, non solo per un significativo perfezionamento tecnologico, ma anche per quelle ricadute economiche e commerciali che lo sfruttamento del cinematografo presto fa immaginare. È importante sottolineare che l'invenzione del cinematografo riguarda un contesto cronologicamente e geograficamente ampio, incontrando le diverse esigenze dei protagonisti di questa storia. Lo sfruttamento commerciale del cinematografo segue una serie di esperienze di visioni individuali che avvengono in fiere ambulanti e successivamente in sale dedicate, definite “Nickelodeons”. Il cinema delle origini è profondamente legato ad altri spettacoli d’intrattenimento, senza contare i rapporti con altri media ed altre forme culturali, come fotografia, letteratura, teatro tradizionale e musica. La storiografia del cinema, in un lungo processo che conosce diversi momenti di sviluppo, tende ad individuare una suddivisione piuttosto netta tra le primissime rappresentazioni, definite “Modo di rappresentazione primitivo”, e le successive, definite “Modo di rappresentazione istituzionale”. -MRP: proiezioni primitive, dal 1895 al 1908 (Noel Burch), basandosi su attrazioni mostrative con inquadratura unipuntuale, trattando di scene esilaranti (gag), spesso riproposte in ordine e luoghi diversi; -MRI: sostanzialmente lavora sulla costruzione lineare del percorso narrativo, organizzando la successione e la continuità di una visione costruita su più inquadrature, aprendo così la strada ad una istituzionalizzazione della produzione cinematografica e del suo linguaggio. Il sistema delle attrazioni mostrative in vigore dal 1895 al 1908 (MRP) non pone necessariamente al centro l'interesse narrativo; anche quando nel 1903 si passa dall’inquadratura unipuntuale a quella pluripuntuale, si tratta per lo più di inquadrature di per sé autonome, a macchina fissa, caratterizzate da riprese frontali. L'assenza di montaggio continuo costruito su raccordi e soluzioni di continuità tra una ‘veduta’ e l’altra costituisce il sistema mostrativo in cui vengono sperimentate quelle figure del linguaggio cinematografico che ne costituiranno le basi espressive. La dimensione pluripuntuale della rappresentazione e della narrazione non coincide con un assetto definitivo, con uno statuto ‘testuale’ stabile e chiuso. Fabbricazione delle vedute: le vedute, talvolta, erano commercializzate singolarmente, oppure rimontate in nuovo ordine o proiettate con commenti musicali. Per questo cinema contano soprattutto gli effetti di mostrazione, di esibizione del potenziale filmabile (The Kiss, 1896, Edison). Grandma's Reading Glass: possibilità dell'occhio del cinema di mostrare come mai prima di allora il mondo referenziale, come il piano ravvicinato. In Grandma’s Reading Glass è sfruttato l’artificio di una lente d’ingrandimento per esaltare la potenzialità dell'occhio del cinema ed i suoi effetti mostrativi. (messa in scena e spettacolo del fatto stesso di guardare) La nuova spinta narrativa giunge a rendere necessario un sistema che regola i raccordi tra le inquadrature ed una macchina da presa sempre più mobile. Lo sviluppo di forme e modi di produzione e di rappresentazione nuovi interessa pienamente il cinema europeo ed italiano degli anni Dieci del Novecento. Il lungometraggio si affermerà come nuovo standard produttivo. 2. Dal 1905, in Italia si diffondono sale cinematografiche stabili; nello stesso anno viene realizzato ‘La presa di Roma' di Albertini & Santoni, considerato primo film a soggetto italiano. Dopo la crisi del 1909, le società diversificano sempre più le loro produzioni per accrescere competitività e qualità, specializzandosi in generi o filoni (comica seriale, Itala film — Cretinetti, la Cines — Tontolini). In questi anni si sperimentano i primi tentativi di proporre al pubblico film con contenuti culturali più alti (funzione artistica del film), sono i cosiddetti ‘film d’arte’, con soggetti storico-letterali, che propongono film colti, con una recitazione fortemente evocativa. Alla fine degli anni ‘10 si amplia la lunghezza dei film, creando così il genere ‘kolossal’, che permette di sperimentare con accuratezza maggiore. Cabiria, kolossal storico di Pastrone si pone come caso decisivo per lo studio dei rapporti fra scrittori e cinema delle origini, infatti sarà D'Annunzio a scrivere le didascalie ed i nomi di alcuni protagonisti (anche se gli viene attribuito il merito per scopi promozionali). Messa in scena e stile: la forza della singola inquadratura ‘autarchica’ è messa in rapporto all'ambiente, allo spazio, soprattutto rispetto alla profondità ed alla tridimensionalità. In Cabiria si fa un uso molto frequente del carrello per gli standard dell’epoca; viene utilizzato per mostrare la grandezza delle scene, ma anche con funzione di approfondimento narrativo. “In realtà lo sviluppo del racconto resta un aspetto centrale anche nei film muti italiani: la differenza, rispetto ad esempio al cinema americano degli stessi anni, è che ciò che più conta non è il rapporto fra le inquadrature, ma quello tra gli elementi interni alla singola inquadratura.” 3. Un'altra grande area produttiva del cinema di inizio secolo è costituita dai paesi del Nord Europa, esportando film in tutto il mondo, trattando di trame poliziesche e melodrammi. Autore universalmente conosciuto è Dreyer, conosciuto per produzioni fuori paese, come La Passione di Giovanna D'Arco. Altra importante figura è Sjostrom, che grazie al suo più grande successo, // carretto fantasma, influenzerà cineasti di ogni paese e si aprirà le porte di Hollywood. Reclutato a metà degli anni 20 dalla Metro-Goldwyn-Mayer realizzerà The Scarlet Letter e The Wind. In generale, i risultati espressi dalle diverse cinematografie nordiche di questi anni risultano fondamentali sui piani espressivo e narrativo. Le ricerche sulla luce e sullo spazio, la rappresentazione del sentimento della natura, le sperimentazioni visive nel trattare il fantastico entrano in dialettica con quanto si realizza e si sviluppa in altri paesi, che porterà al passaggio dal cinematografo al cinema. 4. Il passaggio dal cinema primitivo a quello istituzionale è un processo molteplice, dove contribuiscono diverse esperienze e diversi rapporti, di cui non solo il leggendario Griffith è protagonista; anche se noto come padre del cinema e di aver posto le basi del modo in cui gli storici della settima arte hanno guardato e guardano tuttora al ruolo di Griffith per quanto riguarda lo sviluppo tecnico, espressivo e produttivo del cinema americano, se non del cinema ‘tout court’. Anche se le invenzioni di Griffith (le figure ingrandite in primo piano, le inquadrature a distanza, il switchback, la suspense prolungata, la dissolvenza, il contenimento dell'espressione, ecc.) non sono direttamente riconducibili all'autore, Griffith rivendica, non una proprietà di tipo legale, quanto una proprietà di tipo artistico. Intende dare al regista una funzione precisa. passato o alla natura, ormai avvertiti come inefficaci per rappresentare il mondo moderno. Le avanguardie si misurano su due fronti: -Operano sul linguaggio, considerandolo come materia principale dell'espressione e come contenuto stesso dell’opera, compiendo un lavoro sulla grafia, sul colore, sullo scorrere della pellicola, sul suono che si fa immagine, col fine di proporre un linguaggio in grado di significare solo per sé stesso o orientato al rifiuto di una logica narrativa. -Matura anche una consapevolezza sull’insufficienza che contraddistingue il ricorso ai singoli mezzi di espressione e a specifiche tecniche artistiche: artisti dal multiforme ingegno si trovano a condividere progetti comuni, esaltando un’accezione moderna dell’opera d’arte, riforma estetica wagneriana di ‘opera d’arte totale’. L’interesse degli artisti d'avanguardia per il cinema si accende e si impone come come riflessione “non sul cinema come è, ma sul cinema come potrebbe essere”, ancora da scoprire ed esplorare. Il cinema, liberato dal giogo narrativo, per le avanguardie è come uno strumento artistico con cui si possono fondere esigenze poetiche e materiali provenienti da diversi ambiti disciplinari, separandolo dai circuiti del cinema istituzionale ed i modelli offerti dalla produzione simbolica. La stagione avanguardistica va’ però identificata con base geografica, che passa quindi in rassegna le peculiarità dei contesti nazionali. 2. Nel 1909, Marinetti lancia il primo appello per la creazione di un’arte nuova, ispirata al dinamismo della vita moderna e promotrice di una rinnovata sensibilità estetica. La stessa esigenza di rinnovamento radicale la troviamo nel Manifesto della cinematografia futurista, dove i rapporti fra Futurismo e cinema, entrambe espressioni delle promesse di modernità, si saldano nel 1916. Il Futurismo italiano diviene così la prima delle avanguardie cinematografiche europee, l’unica prebellica. Restano però più tracce sulla sua teoria che sugli stessi film. Ad esempio, l'elaborazione artistica di Boccioni di una diversa concezione del movimento, inteso come dinamismo universale: un principio che investe l’intera realtà in quanto ogni oggetto è dotato di un moto assoluto, sia in riposo che in movimento (potenzialità dinamica dell’oggetto che l'artista coglie nelle sue linee), e di un moto relativo (spostamento fisico dell'oggetto nell'ambiente). Per Boccioni il dinamismo è l’azione simultanea dei due moti e deve essere espresso una modalità che considera l’oggetto e l’ambiente insieme, che attraverso la continuità nello spazio porta ad un'inedita percezione del reale. Corra sviluppa una forma di pittura intesa come arte temporale e non più spaziale; l’incontro tra forme di colore e ritmo musicale portano Corra ad una fase di sperimentazione tra il 1910 ed il 1912. Il cinema viene ad incontrarsi con il colore e la musica in cui il fine era quello di impiegare il cinema come estensione delle altre arti. Dopo la pubblicazione del Manifesto si cercherà di liberare il cinematografo dalla schiavitù di semplice riproduttore della realtà per innalzarlo ad arte, poiché capace di soddisfare richieste di dinamismo e performatività espresse dalla sensibilità estetica del tempo. 3. Nel primo dopoguerra, uno dei contesti nazionali in cui è più presente la sperimentazione avanguardistica è sicuramente la Francia. La prima tendenza è quella dell’Impressionismo. L'indirizzo che la denomina ha un impianto narrativo, votato all’illusione di realtà, spartito tra opere che possono essere d’avanguardia e progetti invece più tradizionali. Una nuova generazione di registi (Dulac, Epstein, Delluc, ecc.) cerca di esplorare l'orizzonte del cinema senza volerlo smantellare, ma mirando a recuperarne le possibilità ancora inespresse. La poetica impressionistica individua uno spirito unitario fra percorsi differenti, dove coincidono la condizione spettatoriale con un'esperienza emotiva, volendo suscitare appunto impressioni. Per lo spettatore del cinema impressionista la suddetta dimensione emotiva deve però essere il risultato di un’allusione o di un’evocazione più che di una chiarezza espositiva, un intento che giustifica così l’impiego di caratteri formali volti a suggerire un'esplorazione della soggettività dei personaggi che lavora nella direzione di colpire empaticamente lo spettatore: la sovrimpressione, il flashback, l’utilizzo di suggestive location en plain air, effetti ottici, filtri, sfocature, accelerazioni progressive nel montaggio di brevi inquadrature o alterazioni temporali (ralenti), sperimentazioni sullo stesso supporto schermico. L’Impressionismo si concede anche preziosi momenti di riflessione teorica, volti a sviluppare un ragionamento sulla natura dell'immagine cinematografica e la sua pertinenza estetica: fotogenia (l’intima bellezza delle cose, svelata dalla fotografia o dal cinema), il primo piano (sua manifestazione più evidente, ciò che permette l'avvicinamento tra immagine e spettatore) e la fisionomia (la ‘voltificazione’ delle cose, ciò che permette l'incarnazione emotiva e corporea del visibile) costituiscono i termini fondativi di quella fenomenologia della percezione di cui il cinema sarà protagonista durante il corso di tutto il XX secolo. Dadaismo: uno dei movimenti più radicali nel campo artistico e culturale del primo Novecento. Gli esponenti, riunitosi al Cabaret Voltaire di Zurigo, definiscono ‘dada’ uno stato d'animo, una condizione dello spirito prima che un modo di fare, in risposta allo smarrimento ed alla perdita di senso provocati dal primo conflitto mondiale, cosicché nel rifiuto di ogni valore si possa manifestare la rivolta contro quella società che aveva portato alla catastrofe bellica. Lo spirito di rivolta sceglie lo scandalo come strumento di espressione, la rottura di ogni schema razionale e di ogni rassicurante certezza, allo smantellamento di valori stabili e costituiti, che secondo ‘l’esprit dada’ formano una mentalità acritica e definiscono le aspettative del pubblico borghese. Marcel Duchamp ed i suoi ready-made (oggetti di uso comune ‘strappati’ al loro ambiente naturale ed innestati nel contesto di un'esposizione artistica e museale, in cui assumono tutt'altra funzione e significato), con cui viene abolita l’esperienza concreta di produzione dell’opera e contemporaneamente si mette in crisi la relazione diretta tra segno visivo e referente reale. (Fontana, Duchamp) Il cinema per i dadaisti pare costituire l’unico mezzo, grazie al suo linguaggio (mutamento repentino, la contrapposizione, il parallelismo dei tempi, dei luoghi, delle immagini) ed al suo rapporto con gli spettatori, che ha potuto riprendere e portare avanti in termini oggettivamente progressivi le questioni messe sul tappeto dalla ricerca avanguardistica. Duchamp, insieme al pittore e fotografo Man Ray, firma Anèmic cinèma, una breve opera in cui alcuni dischi circolari vengono fatti roteare alternati fra loro, mentre altri contengono strambi giochi di parole, organizzando un contrasto ottico tra la forma dei dischi ed il loro movimento tale da conferire alle immagini un carattere tridimensionale senza tuttavia l'ausilio di particolari macchine, bensì per mezzo di un processo percettivo che si attiva negli occhi dello spettatore. Il film simbolo del Dadaismo cinematografico degli anni Venti è Entr’acte, René Clair, 1924, proiettato a mo' di intervallo dello spettacolo Relàche di Satie, composto da gags comiche grottesche, situazioni assurde, sconnesse e irriconducibili ad una trama ordinaria; il suo significato, dal sapore fortemente anarchico e ludico, si spiega in questa sua programmatica volontà di superare le barriere tra l’arte e la vita e di dissolverle nella frenesia del presente. Surrealismo: insoddisfatti dalle tendenze classiciste allora in voga nella letteratura, Breton, collaborando con altre personalità come Aragon e Pèret, fondano la rivista “Littérature”, tra il 1919 ed il 1921. Del Dadaismo i giovani intellettuali condividono lo spirito ribelle ed anticonformista, nonché la tendenza alla provocazione dissacrante. Breton e compagni danno corso ad un nuovo procedimento creativo, il “dettato automatico”, che, a partire dalla poesia, si pone il fine di dare voce all’ininterrotta emersione del flusso psichico (automatismo). | surrealisti si propongono di dare voce all’lo sepolto e represso, di modo che all'uomo, inibito dalle convenzioni, vengo così restituita la sua libertà, anche se quest’ultima non si dà in una società fondata sull’alienazione e sullo sfruttamento: alla negazione totale del Dadaismo i surrealisti oppongono un progetto che fa dell’arte uno strumento di rinnovamento dell’uomo, della società e della politica, e la conquista della libertà sociale viene identificata nella realizzazione del pensiero di Marx. Per i surrealisti l'artista non deve imitare la realtà, ma ascoltare la parola interiore, grazie alla catena delle libere associazioni, così gli oggetti, dissolti dal loro uso consueto ed associati tra loro, rivelano un inedito potere evocativo, sprigionando una serie ininterrotta di sollecitazioni nascoste. La visionarietà della pittura surrealista (Dalì, Mirò, Magritte) si ripercuote presto sul cinema mosso, oltre che dal disprezzo per una tradizione estetica conforme, da un gusto per associazioni libere ed imprevedibili che cerca di tradurre in immagini il linguaggio incoerente dei sogni senza interferenze dalla parte conscia, con storie anomale, dalla narrazione non lineare e sessualmente più che allusive, data l’importanza che la sessualità riveste nell’elaborazione freudiana. Un importante contributo è quello dell’esordiente Luis Bufiuel (Un chein andalou, 1929, realizzato con Dalì), in cui domina uno stile che rifiuta alcuni procedimenti tipicamente avanguardistici (flou, sovrimpressioni, filtri, ralenti, accelerazioni), preferendo lavorare sul montaggio come espediente per creare nessi visivo-simbolici aperti all’interpretazione: come l’accostamento nuvola/luna e rasoio/occhio, che rappresenta un taglio netto dal cinema del passato a quello di avanguardia. 4. Nel 1917 nasce la più grande casa di produzione e distribuzione tedesca (UFA), che realizza l'impresa di unificare una pluralità di piccole case produttive in un ente unitario capace di concorrere con gli studios hollywoodiani; durante la Repubblica di Weimar e fino all'avvento del nazismo la produzione cinematografica tedesca è seconda solo a quella statunitense. Espressionismo: indirizzo cinematografico che si configura come una svolta pianificata dall'industria cinematografica tedesca più che come una vera e propria avanguardia; si hanno insistite deformazioni scenografiche, la focalizzazione su un immaginario irreali ed onirico, l’uso ricorrente di prospettive alterate, il ricorso ad illuminazioni fortemente contrastate, definizione di atmosfere inquietanti ed allucinatorie, dove si susseguono tentativi di plagio e di manipolazione psicologica (I/ gabinetto del Dottor Caligari, di Robert Weine, 1920). Nuova oggettività: movimento artistico nato in Germania alla fine della Prima guerra mondiale; in ambito cinematografico, definita anche ‘nuovo realismo’, in contrapposizione con l’Espressionismo, cerca di utilizzare il dramma individuale per fare una sineddoche della più universale condizione umana, viziata da un’apatica e rassegnata disillusione, così come il grigiore della vita metropolitana. Kammerspielfilm: genere cinematografico, di forte impatto psicologizzante, nato agli inizi degli anni Venti, fondato da Reinhardt. Intrecci drammatici, cast ridotti a pochi attori, scenografie scarne e spesso allestite in interni ed in un quotidiano comune e piccolo-borghese (L'ultima risata, Murnau, 1924). I tratti distintivi nel panorama della sperimentazione tedesca sono principalmente due: la riaffermazione di una dimensione artigianale del cinema e della creazione artistica più generale; il ricorso all’astrazione antifigurativa come nuovo fondamento del cinema. Viking Eggeling, Diagonal Symphonie (1924), esperimento grafico in cui le immagini astratte sono concepite come l'equivalente di una composizione musicale; variazioni di linee diagonali bianche che creano andamenti complessi su sfondo nero si muovono in oscillazioni e modulazioni, finché un raggiunto assetto formale si schiude per poi dissolversi e riprendere daccapo, quasi a formulare un codice cinetico, una lingua universale dell’arte capace di oltrepassare il tradizionale limite della staticità pittorica, ricorrendo sì alla proiezione di elementi lineari nello spazio, ma per intenderla come un lavoro dinamico compiuto dalla forma nel tempo. Oskar Fischinger, Opus (1919-25), l'artista cerca di connettere visualità, movimento ed astrazione sfruttando modelli musicali, partendo da molteplici strutture astratte che rendicontano infinite finale del film, la fine di ogni violenza, attira su Griffith accuse di pacifismo in un momento in cui è imminente l’entrata degli Stati Uniti nel primo conflitto mondiale. Nel 1919, Griffith fonda con Charlie Chaplin, Douglas Fairbanks e Mary Pickford, la United Artists Corporation, che rappresenta un tentativo inedito di controllo della fase produttiva da parte dei responsabili della fase creativa dei film; cercano di innalzare la qualità artistica dei film e combattere la battaglia per cui il riconoscimento di registi e divi come autori dei film a cui lavorano. Lo scopo della United Artists è quello di sostenere la libera produzione e distribuzione dei film dei propri associati ma rimarrà un caso isolato, non riuscendo a fermare il consolidamento degli studio system. 2. Gli anni Venti sono caratterizzati da una piena consapevolezza espressiva da un lato e dal consolidamento delle strutture dall’altro. In questo periodo si assiste ad un vertiginoso aumento del pubblico, dei capitali investiti e del numero delle sale, i cosiddetti movie places, sale di prima visione concepite per accogliere spettacoli. Il cinema diventerà l’arte del Novecento. In America si dimostra capace di fornire miti, modelli sociali e comportamentali, ed attraverso le sue star di divenire un vero e proprio oggetto di culto, talvolta di fanatismo. Negli anni Venti la macchina hollywoodiana diventa una ‘fabbrica dei sogni’: un complesso industriale solido, compartimentato e votato al profitto, strumento propagandistico capace però di generare una produzione culturale che, insieme all’American way of life, ha diffuso narrative, tecniche linguistiche, schemi iconografici che hanno influenzato la cultura del Novecento, raggiungendo un equilibrio, una coerenza ed una riconoscibilità, diventando canonicamente ‘classico’: stabilità di modi di produzione e di rappresentazione, ma anche espressione di una cultura capace di proseguire e ricreare una mitologi, degli archetipi, degli stereotipi, di fondare una nuova civiltà culturale, di segnare un'epoca. L'importanza di Hollywood non risiede soltanto nei film che vengono realizzati, ma anche su tutto l'apparato che sostiene il prodotto, il processo industriale, le strategie che consentono un predominio commerciale che diventa una supremazia culturale. La complessità di questo nucleo industriale è di solito sintetizzata con la nozione di ‘sistema’: il cinema hollywoodiano classico è il frutto di una serie di strategie che si addensano in più sistemi che finiscono per dare forma ad un apparato dinamico, articolato e multiforme; come lo ‘studio system’, legato ai modi ed ai piani di produzione e diffusione dei film. Nell'era degli ‘studios’ Zukor e la Famous Players-Lasky saranno da esempio, anche se le pratiche utilizzate saranno illegali. Dal 1921, la Federal Trade Central apre un’inchiesta sull'operato della FPL, prendendo atto di un’aperta violazione delle leggi antitrust. Sarà solo nel 1948 che la Corte suprema emetterà un verdetto di colpevolezza, decretando la rinuncia alla proprietà delle sale ed alla vendita dei pacchetti. Però questo processo consente alle grandi case, le majors, di aumentare in mezzi ed in numero, inizialmente tre negli anni venti, le ‘Big Three’ (Paramount-Publix, Metro-Goldwyn-Mayer e First National), a cinque negli anni trenta, le ‘Big Five’ (Paramount, MGM, 20th Century Fox, Warner Bros. e RKO). Tutte queste majors possiedono teatri di posa e stipulano contratti con il personale, dai tecnici alle star. Nonostante fosse stata la FPL a dettare una linea poi fatta propria dalle altre grandi case, la supremazia della società è destinata a terminare di fronte al progressivo sviluppo della MGM, che non solo possiede molte delle sale di prima visione più capienti del paese, ma ha anche sotto contratto alcuni dei maggiori registi dell’epoca e diverse star importanti. È infatti in contemporanea all'ascesa della MGM che lo ‘studio system’ si perfeziona e si fa maggiormente dinamico, con il modello di ‘producer-unit system’, dove la supervisione è affidata non più ad un solo ‘central producer’ ma divisa in più unità specializzate, spesso composte dagli stessi tecnici ed organizzate attorno ad un numero limitato di divi e generi. Accanto alle majors troviamo le minors, società con capitali ridotti; Fox, Warner Bros., Universal, PDC e Film Booking Office compongono le ‘Little Five’, che grazie ad alcuni grossi successi arrivano ad una politica di espansione e ad una progressiva acquisizione di sale. Universal, Columbia e United Artists sono invece le ‘Little Three’ negli anni che vanno dall’introduzione al sonoro alla Seconda guerra mondiale. Per quanto non possiedano una propria rete di sale cinematografiche, esse possono essere capaci di alcuni notevoli sforzi produttivi, nonostante il grosso dei ricavi provenga sicuramente da produzioni più contenute, su cui queste case puntano maggiormente. Le ‘Poverty Row’, sono piccole società, come la Monogram o la Republic, le cui realizzazioni sono quasi esclusivamente produzioni a basso o bassissimo costo. All’opposto, vi sono le produzioni indipendenti che puntano su un numero limitato di opere costose e di grande richiamo, come David Selznick, infatti per opera sua verrà realizzato Via col vento, in Technicolor, è uno dei più grandi investimenti del periodo della Hollywood classica. Il film è davvero il risultato di una catena di montaggio, di un lavoro del tutto plurale, condotto sotto la supervisione di un produttore dalla forte personalità che omogeneizza tutti gli apporti, intervenendo a diversi livelli, a partire dalla sceneggiatura sino al montaggio finale. In questo senso il ruolo di Selznick è sicuramente più significativo rispetto a quello del regista, Fleming, anche se nel caso di questo film e di Casablanca sono totalmente frutto dello studio system; danno prova della straordinaria capacità di distillare, attraverso questo tipo di processo creativo, un immaginario dalle molteplici fonti e provenienze, anche in senso geografico, data la massiccia presenza di maestranze di origine europea impiegate negli studios hollywoodiani. Un sistema così organizzato condiziona profondamente lo stile visivo dei film a scapito della visione personale del regista. Lo stile non è dunque un fattore individuale, ma diviene paradigma comune, anche se non standardizzato, infatti ciascuna opera è caratterizzata da un'impronta e da un taglio che definiscono la casa di produzione che l’ha generata. Questo fenomeno viene definito ‘studio look’ o ‘house style’. Dunque lo spettatore dell’epoca, fin dal logo della Warner in apertura attiva una serie di aspettative che l’opera è chiamata a soddisfare. Il sistema dei generi e lo star system, in questo senso, funzionano esattamente come apparati volti a fissare alcuni ruoli definiti, come dei principi d'indirizzo da parte degli spettatori, che scelgono i film in virtù del nome e del volto che appare nelle locandine, ma anche come principi che regolano l’industria. Ciò non vuol dire che ogni divi sia per forza specializzato in un unico genere, ma che esso viene richiesto di lavorare su un particolare ‘tipo’, riconoscibile anche attraverso più generi diversi (ciò vale anche per i professionisti hollywoodiani, come anche i registi). Dopo una serie di scandali, nel 1922, i più importanti studios istituiscono la Motion Pictures Producers and Distributors of America (MPPDA), che stabilirà una serie di parametri e misure che regolamentino il contenuto morale dei film. Questa iniziativa di autocensura viene formalizzata nel 1934, con un vero e proprio Codice di produzione che contribuisce alla definizione del sistema produttivo hollywoodiano, completando in qualche modo un meccanismo di standardizzazione nella diversificazione che interessa tutti i livelli del ciclo produttivo. Anche il passaggio al sonoro non modifica sostanzialmente gli equilibri e gli scenari delineati nel corso degli anni Venti, ma li stabilizza. Nonostante la modificazione di generi e l’affinarsi di strategie formali di racconto e messa in scena, gli anni di transizione dai silent films ai talkies sono in piena continuità. L'introduzione del sonoro porta alla nascita, alla revisione o all'incremento produttivo di molti generi, come il western che nel corso degli anni Trenta subisce una dequalificazione. Attraverso il musical il cinema sonoro americano produce il proprio genere più rappresentativo, nonché quello maggiormente autoriflessivo. Sarà // cantante di jazz, 1927, il primo lungometraggio con alcuni dialoghi sincronizzati prodotto dalla Warner, sull'onda del successo di Don Giovanni e Lucrezia Borgia, 1926, la novità è presentata al pubblico non tanto dalle battute di dialogo, bensì dai nove brani musicati e cantati in sincrono. Il musical sembra farsi immediatamente epitome della nuova stagione hollywoodiana. | film musicali, in virtù della loro intrinseca componente antinaturalistica, trascinano spesso nel fantastico; il musical è un genere che in molti casi comporta un grosso impegno produttivo. Così la dimensione onirica, fantastica e lo sfarzo di scenografie, costumi e numeri di danza concorrono a fare del musical il genere di punta della ‘fabbrica dei sogni’. È la possibilità di riprodurre il suono a perfezionare uno stile che si è sviluppato parallelamente al consolidamento dell’industria hollywoodiana e dei suoi modi di produzione. Tutti gli elementi della rappresentazione sono ora ricondotti alla proiezione sullo schermo di mondi inventati, dove la riproduzione di spazi e suoni è una realtà verosimile, in cui lo spettatore si immerge senza mettere in dubbio la sua credibilità. Il continuity system, si può definire come una sorta di parametro normativo e convenzionale, un vero e proprio canone istituzionale che afferma il principio della narrazione come vocazione e finalità primaria; il montaggio è il luogo dove ciò avviene. Secondo Bazin, il montaggio per avere un effetto paradossale di continuità e farsi invisibile, il décupage classico deve fondarsi su tre caratteristiche fondamentali: motivazione, chiarezza e drammatizzazione. | raccordi sono ponti che attenuano o rendono invisibili gli stacchi di montaggio, creano diverse soluzioni di continuità fra un’inquadratura ed un’altra, costituendo così quella fluidità caratteristica del cinema hollywoodiano; da ciò deriva l’essenzialità del linguaggio classico, l'estrema scioltezza nell’accompagnare lo spettatore ad immergersi nelle storie raccontate, a credere alla verità di questi mondi finzionali. Tutto ciò porta ad una narrazione forte, un modello orientato da un narratore che guida la storia attraverso una serie di eventi uniti fra loro. Normalmente, il film classico prevede un double plot, la combinazione di due, o più, linee organizzate in base ad un rapporto gerarchico, che riguardano uno o più personaggi principali. Il plot narrativo che risulta dominante è quello che definisce il genere cui appartiene il racconto. Bisogna però dire che lo stile classico non è estremamente omogeneo; Wells e Hitchcock dimostrano quanto un lavoro possa forzare la convenzione, esplorare i limiti, che sono meno netti e prescrittivi di quanto sembri. Il melodramma, ad esempio, poggiando sull’eccesso da un punto di vista narrativo, ne amplifica i caratteri utilizzando eccessi anche a livello di stile. Il cinema classico stabilisce quindi una norma che non si presenta come un modello formale rigido, ma come una serie di ricorrenze capaci di modularsi in maniera flessibile. Se la Hollywood di questi anni poggia dunque su alcuni perni ed alcune strutture logistiche ed espressive stabili, è al contempo una realtà che al suo interno ha ospitato personaggi che hanno consentito in molti casi che lo scarto superasse la norma. Questo perché Hollywood è un ‘melting pot’ geografico e culturale, composto da immigrati europei, che contribuiscono a portare sguardi differenti che non vengono soffocati ma entrano piuttosto inrelazione con le convenzioni narrative, retoriche e linguistiche già stabilite. L'industria hollywoodiana, sicuramente spietata sul piano economico, da vita ad un modello in cui il piano narrativo e quello stilistico sono indissociabili, ad uno stile omogeneo e riconoscibile; ma questa standardizzazione ha continuamente forme di diversificazione che operano sulla dialettica dello scarto rispetto alla norma. Queste ‘rotture’ del canone non avvengono quindi solo attraverso le esperienze di registi sovversivi e controcorrente, ma sono in realtà pratiche diffuse che trovano terreno fertile in generi ed approcci non direttamente legati a singole personalità autoriali. 3. Il periodo aureo del cinema classico hollywoodiano ha una sua conclusione storicamente definita: nell'immediato dopoguerra l’era degli studios conosce infatti un momento di crisi legato a diversi fattori, il principale dei quali è costituito dalle leggi antitrust che nel 1948 decretano la fine del potere spazio svuotato. Questa nuova modalità, con una nuova autonomia dell'immagine, ha naturalmente le sue cause sociali, economiche e politiche, ma si concretizza in un diverso stile, non più concentrato sul rapporto causa-effetto, percezione-azione; il nuovo modo di narrare rende irriconoscibili il vero ed il falso sin dalla scelta del tema, riconoscibile dall'uso di décadrages e falsi raccordi. 2. Con ‘nuovo cinema’ si indicano diverse esperienze cinematografiche nate in diversi contesti geografici, ma tali movimenti hanno sviluppato dei tratti simili, distinguibili in tre livelli: -negli intenti: tutti i movimenti prendono infatti le mosse da una spiccata insofferenza verso il cinema del passato, percepito come obsoleto, superato tanto nei contenuti quanto nelle forme, introdurranno infatti nuovi temi, scardinando la linearità narrativa, svincolando il linguaggio cinematografico dall’impostazione della grammatica classica e quella di ripensare il rapporto che il film intrattiene con ilsuo spettatore; -nelle modalità operative: si ha un generale rinnovamento delle politiche produttive che rifiutano l'impianto dello star system e promuove invece tentativi di produzione e distribuzione indipendenti, spesso controllati dagli stessi registi. Un cinema ‘povero e leggero’, estremamente libero, sovraffollato da film a basso costo, girati in bianco e nero ed in ambienti naturali, aperti all’improvvisazione; -negli esiti: l'elaborazione di un atteggiamento registico in cui realismo documentale e artificio finzionale interagiscono insistentemente, ‘rivelando’ la realtà invece di ‘riprodurla’, ripensando pertanto la relazione sottesa tra macchina da presa ed esistente. L'esplosione diffusa di un’incontentabile libertà creativa corrisponde a svariati gradi di riformulazione linguistica, da quello estremo della Nouvelle Vague a quelli più contenuti del Free Cinema e Kitchen Sink, anche se non sviluppati in modo uniforme, così come non è uniforme anche il rapporto che i registi della modernità instaurano con le rispettive istituzioni governative ed i particolari apparati di potere. Nouvelle Vaque: ‘nuova onda’, è un'espressione giornalistica introdotta a fine anni cinquanta, presto identificata come termine cinematografico. Il clima di rinnovamento si concretizza in un movimento collettivo ma non unitario, che comprende figure molteplici e di diversa estrazione, come ‘i giovani turchi’ Godard, Truffaut e Chabrol: generazione di registi che si schiera apertamente contro l’impersonalità dell'offerta cinematografica coeva, cioè il cosiddetto ‘cinéma de papa’, un cinema industriale, distante dalla realtà ed influenzato dalla tradizione letteraria. Il film deve coincidere esclusivamente con la sensibilità di colui che l’ha girato. La Nouvelle Vague è infatti uno dei movimenti più radicali della modernità, con un trasgressivo linguaggio cinematografico. Truffaut, con stacchi di montaggio approssimativi, ha come obiettivo quello di distruggere il cinema commerciale, rinnovandolo ed arricchendolo. Ascolta le esigenze del pubblico e gioca con il cinema del passato, inserendo spezzoni muti ed incorniciando l'inquadratura con mascherine ad iride. Godard è invece più intellettuale e provocatorio: alternanze tra piani sequenza e brevi inquadrature, ricorrenti citazioni dei grandi registi di Hollywood, ma con forti sgrammaticature (sguardi in macchina, scavalcamenti di campo, jump-cuts) esaltano la sua voglia di scardinare i codici del cinema classico. La Nouvelle Vague può essere quindi considerata un intrico di film, idee e di approcci registici elastici, che diventa difficile individuare con nettezza gli aspetti che collegano fra loro le sue opere ed i suoi esponenti. Il movimento avrà vita solo fino alla metà del decennio, successivamente prenderanno il sopravvento i percorsi individuali. Free Cinema e Kitchen Sink: furono i due grandi movimenti che caratterizzano il periodo moderno in Inghilterra, il primo per cortometraggi e documentari girati tra il 1956 ed il ‘59, il secondo comprende lungometraggi girati all’interno del Free Cinema dopo il ’59, esprimendo la difficile cita quotidiana delle classi meno abbienti. Il Free Cinema, nato prima della Nouvelle Vague, sorge come movimento di sintesi di una serie di agitazioni che scuotono la cultura inglese negli anni ‘50; esponenti furono Karel Reisz, Lindsay Anderson e Tony Richardson, che si rivolgono apertamente ad un pubblico popolare. Il contesto scoiale e la quotidianità delle classi lavoratrici sono gli elementi privilegiati da entrambi i movimenti, dove in particolare nell’ambito del Kitchen Sink i protagonisti si spogliano dei panni della borghesia di Truffaut e Godard, rivelandosi di estrazione umile, esempio ‘Sabato sera e domenica mattina’, Reisz, 1960. Entrambi i movimenti concentrano l'innovazione sul piano dei contenuti e del discorso ideologico, mentre il loro approccio alla sperimentazione delle forme è meno sconvolgente rispetto a quello della Nouvelle Vague, rimarcando che il loro cinema è appunto ‘free’ e non sperimentale, in quanto il loro interesse non è rivolto a questioni tecnico-linguistiche bensì attinente all'autonomia operativa con cui i film vengono realizzati. lunger Deutscher Film: movimento nato nel 1962 come atto di nascita del ‘Giovane cinema tedesco’ (espressione riferita alla sola Germania federale), creato da giovani cineasti che sottoscrivono un manifesto in cui dichiarano la nascita di un cinema socialmente impegnato e libero da vincoli commerciali. Il movimento dimostra una predilezione per le tematiche come l'emarginazione, lo smarrimento generazionale e la mancata integrazione sociale. Il regista Kluge era la mente teorica e politica del gruppo. Tra gli anni 60 e 70 appaiono altre personalità di rilievo come Werner Fassbinder, Herzog e Wenders. Werner Fassbinder fu autore di un cinema segnato da una forte teatralità, fondando anche il teatro di Monaco, l’Antitheater, e dalla rivisitazione in chiave moderna del melodramma classico. Herzog è il regista più visionario del movimento, con uno sguardo più complesso rifiuta l'impostazione teatrale, optando invece per ambienti incontaminati che potevano riproporre una natura maestosa, come in Fata Morgana, 1972, girato in Africa. Wenders, amante della cultura statunitense, realizza un cinema che acquista il significato di ‘una inesauribile ricerca della quotidianità’, le sue opere sono prive di veri e propri accadimenti fattuali, in cui il nomadismo è l’unica scelta di vita solo a patto di sostituire il raggiungimento della meta con l’esperienza del viaggio, unico rimedio per colmare i vuoti dell’esistenza. New American Cinema: negli stati uniti spicca la figura di Jonas Mekas esponente del New American Cinema che si scaglia contro l'industria cinematografica hollywoodiana, che in quel momento si trova in crisi. Vediamo che sulla costa occidentale le politiche produttive delle majors iniziano a stagnare a causa delle invasioni domestiche dagli apparecchi televisivi, dall’altra parte invece sulla East Coast vi sono cineasti che si animano a New York, cercando una continuità tra letteratura beat e l’underground. Mekas, attento al percorso della Nouvelle Vague francese, inventa nuove forme di cooperazione e distribuzione indipendente, formando insieme ad altri registi il New American Cinema Group nel 1961, il primo film fu Guns of the trees’. Il New American Cinema non ha un'unica matrice teorica, ma è il risultato di diversi modus operandi dove i registi che si riconoscono producono opere diverse fra loro; lo vediamo con Anger (Hollywood Babilonia) che possiede uno stile onirico e surrealista con motivi occulti, trattando anche di tematiche omosessuali (Scorpio Rising, 1964), o come Maya Deren, incoronata ‘madre’ dell’underground, artista molto eclettica e trasgressiva, gira nella sua casa di Los Angeles Meshes of the Afternoon, 1943, in cui lei stessa è protagonista, dove la figura spettrale ed i movimenti regolano un intrico di immagini cariche di mistero. Questi ed altri film vengono considerati trance film’, opere che si caratterizzano per un alto grado di sperimentazione raggiunto tramite l’utilizzo libero della cinepresa, a sua volta concepita come elemento della danza. 3. Diverse linee storiografiche considerano la modernità cinematografica come una serie di esperienze eterogenee che hanno rivoluzionato il sistema stilistico e produttivo nel contesto del cinema europeo. La modernità si intende come un insieme di fenomeni diversi, un pluristilismo della modernità, dove da un lato abbiamo un moderno come momento storico, cioè dal Neorealismo fino agli anni ‘60, e dell’altro si intende un moderno come modo, stile, modello di rappresentazione e sistema produttivo. Ciò instaura il superamento delle norme classiche e la sperimentazione di nuovi linguaggi, che vanno considerati come il tentativo di ricerca di un'identità stilistica attraverso nuove forme di rappresentazione, dove l'indagine sui linguaggi sono il cardine della modernità. Il cinema moderno è contraddistinto da alcuni caratteri che differenziano rispetto al passato i modi della narrazione e lo stile della messa in scena; non è più importante raccontare solo una storia, ma conta l’azione cinematografica che si compie e si sviluppa nell'istante in cui avviene l’azione reale. Lo stile moderno non si contraddistingue solo da realistici piani di sequenza identici all'effettivo arco temporale della realtà, ma anche da stacchi decisi, frammentazione del montaggio, dall’astrazione di primi piani e dettagli. Quelle che Deleuze ha definito situazioni ‘sensorio-motrice’ ed ‘ottico-sonora’, si accompagnano al taglio del montaggio ed ai movimenti della macchina, per mostrare anche i meccanismi del cinema. Lo ‘sguardo moderno’ riconduce ad una indecifrabilità del reale e all’impossibilita di cogliere le complessità del mondo, ad ampliamento del visivo- sensoriale, ad una costante esplorazione dei luoghi (flàneur), in una temporalità sempre più rarefatta ed ambigua. Rossellini: regista che rappresenta l’esperienza neorealista tramite i suoi film a tema bellico o resistenziale, realizzati alla fine del secondo conflitto mondiale, i film Roma città aperta, Paisà e Germania anno zero (1945-6-8) compongono una trilogia ed accomunati da una spinta comune appartenente al clima culturale dell’epoca. Nella trilogia si distingue un realismo improntato sull’immagine-fatto, nel quale lo sguardo morale verso ciò che accade di fronte alla cinepresa permette la scoperta del mondo nel momento stesso in cui i fatti vengono raccontati; l'insistenza sull'uomo e sui piccoli fatti quotidiani offrono una visione del periodo storico. Il cinema rosselliano viene visto come strumento di registrazione e riproduzione di una realtà autentica e non mediata, che si presenta nella sua autenticità. Il suo è un cinema antispettacolare e ciò lo vediamo sia sul piano narrativo, dove le azioni dei personaggi acquistano una diversa ‘credibilità’ che annulla la spettacolarità, che sul piano del linguaggio, che non indugia sulla drammaticità dei fatti. Paisà: considerato il film simbolo del neoclassicismo per molteplici opzioni stilistiche, tra cui la dimensione documentaristica e la rappresentazione simbolica dei luoghi; viene ripresa la micro quotidianità di un paese martoriato, ma viene inoltre rappresentato l’attraversamento dell’Italia vera e propria, perché Rossellini va alla ricerca di vari set per girare il film. L’attraversamento dei vari luoghi e paesi diversi è una costante del neorealismo, infatti la perlustrazione dei luoghi, i paesaggi differenti danno vita ad una vera e propria geografia neorealista. Roma città aperta: possiamo notare il concetto anche in questo film manifesto neorealista, dove Rossellini sceglie una Roma non ancora liberata dagli alleati. Germania anno zero: o nelle macerie di una Berlino completamente distrutta dai bombardamenti. È però in Paisà che si vede meglio il tentativo di mostrare un'Italia colpita, animata però dalla voglia di rinnovamento. Cinema-vérité: tra gli anni 50 e 60 il cinema documentario si diversifica ed in particolare il cinema- vérité, che si sviluppa in Francia dove Jean Rouch è il suo principale esponente. Il suo documentarismo visuale si esprime dapprima in corti e mediometraggi sulle popolazioni africane, Cronaca di un'estate, 1960, ma in seguito è considerato il film simbolo del cinema-vérité; si tratta di un documentario- reportage in cui una serie di persone vengono intervistate sui temi generali dell’esistenza, ma i ruoli poi si invertono, dove chi intervista viene poi intervistato. Il cinema-vérité è strettamente correlato ad un altro genere documentario, che è il cinema diretto, che si sviluppa negli stessi anni negli USA, seguendo Flaherty. Alla base del cinema diretto vi è una rivoluzione tecnologica, come l’uso della cinecamera 16mm con magnetofono portatile, che rende possibile una vicinanza appunto diretta con i le logiche spaziali si indeboliscono. Negli anni 80 le immagini pubblicitarie cominciano a funzionare come il motore di una nuova iper-realtà, tant'è che si è soliti etichettare il postmodernismo come la ‘società dello spettacolo o dell'immagine’. Il postmodernismo sarebbe quindi un’età di esperienze superficiali in cui non si perde solo il rapporto con la realtà, ma anche il valore dell’esperienza individuale. Il postmodernismo è da considerarsi un’espressione diretta, in sui la produzione culturale contribuisce direttamente a definire lo spirito di un'epoca, creando una crisi delle avanguardie, perché ormai il metalinguaggio da loro usato è passato e deve essere rivisitato. Umberto Eco introduce tre concetti chiave del postmodernismo: rivisitazione del passato, ironia e metalinguaggio, ciò porta a riscrivere, riutilizzare, ma con ironia. Vengono messe in gioco due categorie, lo spazio ed il tempo. Quest'ultimo è sottoposto a continue frammentazioni, rotture e moltiplicazioni, fino a trasformarsi nell’oggetto stesso dei racconti. Altro aspetto che emerge da questo periodo è la prevalenza della dimensione formale di un gusto per la superficie, il privilegiare di un’estetica delle forme; quando Jamerson dichiara che l'oggetto artistico è caratterizzato da una mancanza di profondità intende una sorta di divorzio tra forma e contenuti dei testi. 2. In questo clima, il cinema rappresenta un tassello fondamentale, assumendo un ruolo cruciale ed al tempo stesso sul piano dell’organizzazione dell’industria del cinema vi sono delle conseguenze sulla forma filmica, quindi sullo stile e sulle modalità di racconto del film. Esempio più eloquente è il caso del blockbuster, termine usato dopo la Seconda guerra mondiale, con l'intento di definire un prodotto capace di imporsi sul mercato. L'industria cinematografica ha generato nel corso del 900 casi di successo inaudito, come Via col vento e Tutti insieme appassionatamente. Il film smette di essere il prodotto primario e l'industria del cinema passa a quella dell’intrattenimento filmato. La logica industriale fa leva su due valori: la costruzione di sinergie sempre più forti con altri settori dell'industria e dell’intrattenimento; valorizzazione dei mercati secondari alternativi allo sfruttamento commerciale del film (home video). Questa costruzione di sinergie sempre più forti conclude l’epoca dello studio system, in cui il cinema è stato sempre autonomo dedito alla produzione di film destinati alle sale. Questi processi di integrazione prendono avvia negli Stati Uniti nel corso degli anni 80, con l'esplosione del mercato dell’home video e delle TV private. Un esempio è dato dalla Paramount che nel 1966 viene acquistata dalla Gulf and Western Industries, venendo così a far parte di un ampio conglomerato industriale; nel corso degli anni 80 anche molte majors vengono acquistate da conglomerati industriali. Negli anni 90 questi conglomerati si definiscono in termini di presenza globale (Sony, Walt Disney, Viacom). La logica alla base di questi è un'azione sinergica fra diversi settori dell’intrattenimento, traducendosi sotto il profilo anche estetico, in cui la trasposizione di contenuti si afferma come strategia abituale. Un caso emblematico è quello di Star Treck, in cui la saga trova una continuazione ed uno sviluppo a cui si affiancano alla serie di romanzi, fumetti e videogiochi, dove il mondo di Star Treck può essere letto, ascoltato e giocato. Inoltre nel 1983 la Paramount decide di distribuire le cassette di Flashdance di Adrian Lync quando il film è ancora nelle sale, aumentando così il box office; ricordato come uno dei primi esempi in cui il cinema usa la TV come canale promozionale, in cui Lync rimonta scene tratte dal film realizzando quattro video musicali (What a feeling, Imagination, Maniac e Romeo). Questo esperimento ha generato un fenomeno che ha continuato fino ad oggi, trasformando i video musicali nella promozione dei film. 3. Secondo Jullier il momento simbolico di avvio della stagione post moderna coincide con l’uscita nelle sale di Star Wars, nel 1977 di George Lucas. Il film possiede due caratteristiche stilistiche che caratterizzano il postmodernismo: da un lato il riuso di elementi narrativi, stilistici ed iconografici provenienti dal passato della storia del cinema; l’uso di stimoli visivi e sonori potenziati che sollecitano lo spettatore ad una partecipazione emotiva; gli effetti speciali impiegati creano un effetto dei Luna- park all’interno delle giostre. Queste due tendenze sono intrecciate perché la valorizzazione ritmica e sensibile degli elementi visivi e sonori del film, dati dal montaggio e dalle tecnologie di ripresa, è la strategia attraverso la quale il cinema del passato e la sua storia vengono ripresi e riscritti. Il postmodernismo è un aggregato di stili e di contenuti che definiscono la forma e la funzione del cinema, imponendosi come principale tendenza di questo periodo. Necessita fare una distinzione tra film postmodernisti e film della postmodernità: i postmodernisti sono le opere quali quelle di Woody Allen, De Palma, Tarantino che si fanno interpreti di un rinnovamento estetico del nuovo cinema, grazie al loro lavoro il postmodernismo cinematografico formalizza strategie di racconto, ripresa e montaggio; la postmodernità è dove la ricerca degli autori postmoderni è per semplice moda, ad esempio Pulp Fiction di Tarantino del 1994, ha per effetto di trasformare l’uso di strutture narrative complesse e non lineari in pura moda. Ciò che caratterizza la messa in scena di questo cinema è un'azione tecnico-linguistica sulla performance registica, come l’uso della macchina da presa e la stadycam, che ne facilita il movimento e le variazioni delle inquadrature che si impongono come effetto speciale, dove lo spettatore è coinvolto emotivamente. Infatti il cinema postmoderno mira a liberare la macchina da presa dialogando con il cinema classico hollywoodiano e quello moderno europeo alla ricerca di un confronto con la tradizione. Velluto blu: il postmoderno come un modo di usare gli stili, potenzialmente tutti; un esempio ci è dato da questo film del 1986 di David Lynch, che possiede elementi provenienti dal cinema classico usati per rivelare le contraddizioni del cinema hollywoodiano. Lynch sottopone il linguaggio classico ad un lavoro di deformazione volto a scardinare l'ordine apparente del reale per rivelarne la dimensione misteriosa: si appannano i riferimenti storici, in quanto il film sembra ambientato negli anni 50 e la relazione casuale degli eventi appanna la logica ordinata del racconto tra un plot principale ed alcuni subplots fino a produrre quest'atmosfera tipica del cinema di Lynch, cioè né realtà né sogno, ma un mondo dreamlike, cioè una realtà velata di onirismo. All’interno del film notiamo un'attenzione particolare ai colori pastello, la morte, la malattia e l'ossessione; alcune scene sono prive di spiegazione, altre servono a spettacolarizzare, altre ancora a recare angoscia. Metalinguaggio: il cinema postmoderno da particolare rilievo narrativo alle forme di comunicazione metalinguistica, una comunicazione di tipo referenziale dove conta il ‘mostrare il mondo’ e quindi ‘vederlo’. Le strategie ed i mezzi con il quale prende forma questo tipo di comunicazione sono: dare del tu allo spettatore, enfatizzare il dialogo fra diversi codici del linguaggio cinematografico. Forme di narrazione: nel film di Lynch il modello della continuità classica viene ripreso e deformato; la questione investigativa del personaggio principale difetta di coerenza, l’eroe stesso è qui un antieroe. Velluto blu racconta quindi la sua storia in modo misto, tra narrazione debole ed antinarrazione: il primo è dominato da personaggi ed ambienti enigmatici ed opachi; il secondo è dominato da sospensione e stasi, la diegesi appare disconnessa dove il tempo di dilata. Questo tipo di narrazione diegetico-narrativa non è l’unica, ma è la più caratteristica del postmoderno, che porta lo spettatore ad una partecipazione inedita. La narrazione del cinema postmoderno funziona in un regime costane di sovradrammaturgia in quanto dominano tendenze alla sovrasensazione ed alla sovraimmaginazione, la misura di questo ‘sovra’ è il modello della continuità classica sul piano dello stile e dell'estetica. Il dialogo realtà-cinema, parte integrante della tradizione hollywoodiana, appare quindi sostituito dalla realtà del cinema, nel desiderio di ricreare grandi avventure. Lasciarsi colpire dall'immagine diventa più importante di crederla vera. Tarantino ed Anderson insistono sulla dimensione plastica e formale dell'immagine, valorizzando la composizione dell’inquadratura in rapporto al formato panoramico: lo schermo largo usato nel cinema classico come possibilità di apertura viene trasformato in superficie pittorica. Ciò che caratterizza la messa in scena del cinema postmoderno è un'azione tecnico-linguistica sulla performance registica, così l'esibizione del lavoro della macchina da presa diventa uno degli aspetti caratteristici dello stile postmoderno, che grazie alla stadycam (regia digitale), facilita e fluidifica il movimento della camera. L'esito è quello di un cinema ipercinetico, dove azione e movimento della macchina da presa si impongono come effetto speciale, portando lo spettatore ad aderire emotivamente. Jullier vede nel cinema postmoderno un dispositivo stilistico orientato verso lo spettatore, che è immerso in un bagno di sensazioni visive e sonore; proprio questa immersione nella finzione, secondo Jullier, rappresenta la logica fondamentale del postmodernismo, grazie alle tecnologie, che va a suscitare nello spettatore pure sensazioni. Rispetto al cinema classico, quello postmoderno, con le nuove tecnologie di ripresa, mira a liberare la macchina da presa, consentendo così nuove possibilità di esplorazione dello spazio diegetico, in cui ogni movimento diventa possibile; da qui l’idea dello spettatore postmoderno come passeggero di una giostra, assorbito dalle sensazioni. 6 IL CINEMA CONTEMPORANEO 1. Si diffonde un nuove ‘linguaggio’ digitale e la nuova ‘grammatica’ del network. Questi definiscono concetti di informazione e conoscenza; cresce l’importanza dell'individuo, ora in grado di agire nel ‘cyberspazio’. La rivoluzione digitale si afferma a fine degli anni 90, guidata da quattro fenomeni: la diffusione mondiale di un nuovo ‘medium’ (Internet) dal 2000, la digitalizzazione di tutti i tipi di informazione, potenziamento e semplificazione dei software (Facebook dal 2004) e lo sviluppo tecnologico degli hardware (laptop, tablet...). L'esito di questi processi è la convergenza dei media. La disponibilità di un unico linguaggio (la codificazione digitale) per rappresentare informazioni di tipo diverso permette un livello di integrazione tra codici diversi. La nuova idea di ‘medium’ è che nessun linguaggio aderisce ad una soltanto di esse: posso guardare un film non solo al cinema o in TV, ma anche al computer, sul tablet, con tecnologie mobili e multifunzionali. | contenuti sono quindi liberi di interagire, di migrare da un supporto all’altro, così ne consegue un fenomeno di rilocazione mediale. Nasce anche un nuovo spettatore, che può appropriarsi del contenuto, consumarlo nei ‘media environments’ che preferisce, organizzando in modo personalizzato i contenuti. Prima si potevano vedere le serie TV ad appuntamenti fissi, ora si può guardarle in streaming. Le caratteristiche del nuovo consumatore sono la personalizzazione del consumo, la competenza tecnologica e l’interattività. Il ricettore può divenire produttore di contenuti (come con YouTube, che riunisce iniziative create dall’audience) e può interagire e partecipare alla produzione di contenuti. | vecchi consumatori erano considerati soggetti passivi, i nuovi sono soggetti attivi. C'è un dialogo tra i media, i cui ogni medium influenza un altro e viceversa, creando una rete di intermedialità. | linguaggi associati ai singoli media subiscono fenomeni di fusione semantica e riorganizzazione sintattica: ci sono linguaggi che accomunano più media, non c'è un modo specifico in cui ogni linguaggio deve presentarsi, ma tutto è possibile. Nasce una riflessione ontologica a causa del processo di perdita dei media. La discussione è causata da questo ‘allarmismo’: la rivoluzione digitale mette in discussione alcune caratteristiche del cinema; il
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