Docsity
Docsity

Prepara i tuoi esami
Prepara i tuoi esami

Studia grazie alle numerose risorse presenti su Docsity


Ottieni i punti per scaricare
Ottieni i punti per scaricare

Guadagna punti aiutando altri studenti oppure acquistali con un piano Premium


Guide e consigli
Guide e consigli

Storia del Pensiero Economico, Appunti di Storia Del Pensiero Economico

Metodo di studio delle scienze economiche Antichità classica Medioevo Giusnaturalismo e Fisiocrazia Mercantilismo Classici Marginalisti Walras/Marshall Fisher/Hayek/Keynes Sintesi neoclassica Monetarismo Nuovi economisti classici

Tipologia: Appunti

2020/2021
In offerta
30 Punti
Discount

Offerta a tempo limitato


Caricato il 03/07/2021

nome69
nome69 🇮🇹

4.5

(2)

3 documenti

Anteprima parziale del testo

Scarica Storia del Pensiero Economico e più Appunti in PDF di Storia Del Pensiero Economico solo su Docsity! Storia del Pensiero Economico Temi/Direttrici di fondo di Storia del Pensiero Economico Le teorie del valore: le riflessioni degli economisti sui processi di ‘creazione di valore’ e sulle leggi alla base della determinazione dei valori di scambio (dei prezzi relativi). Il ruolo della moneta e del credito, l’interdipendenza tra mercati finanziari ed economia reale. Le determinanti delle crisi economiche e dei business cycles: ruolo dei fattori reali e monetari nelle crisi; tendenza o meno dei sistemi economici all’equilibrio. Il binomio Stato-mercato e il ruolo delle politiche economiche (liberismo vs statalismo, “regole” vs. politiche discrezionali). Le determinanti della crescita economica (il ruolo del risparmio e dell’accumulazione di capitale; il capitale umano; l’innovazione tecnologica). Le problematiche metodologiche: il metodo delle scienze sociali e, in particolare, dell’economia politica. Principali tappe del percorso Le origini: mercantilismo e fisiocrazia Il paradigma classico: Adam Smith e i capisaldi del modello classico, modello di David Ricardo (Milos) Il paradigma marginalista Il contributo di Carl Menger (Munger) e il "dibattito sul metodo" tra Menger e Schmoller (molle) della scuola teorica tedesca Il modello di equilibrio economico generale e la "Scuola di Losanna" Osanna) Alfred Marshall (amplificatore), il metodo degli equilibri parziali e la Scuola di Cambridge Irving Fisher (chess): la natura del capitale e del reddito, la teoria dell'interesse, debt- deflation theory La teoria austriaca: i contributi di Ludwig von Mises e Friedrich von Hayek (Ahi Eh :( ) J.M.Keynes: analisi degli anni 20 e dibattito sul gold standard, struttura della General Theory (1936 e le proposte di policy per affrontare la grande depressione La "sintesi neoclassica": i contributi di Hicks (X, Modigliani (Medaglioni) e Patinkin Pattini) Il monetarismo: il pensiero di Milton Friedman (Milito Freed Man) I "Nuovi economisti classici" e i "real business cycle models" Unità 1 Esistono 2 approcci per lo studio dell'economia dal punto di vista storico:  Metodo assolutista: considera l'evoluzione interna delle teorie  Metodo relativista: tiene conto del contesto storico-sociale e delle influenze che questo ha sulla riflessione teorica e le proposte di policy degli economisti Metodo assolutista Ipotesi specifiche di questo approccio: i) il metodo della scienza economica è lo stesso delle scienze forti (fisica/chimica) Approccio logico-positivista del Circolo di Vienna nel XX secolo con lo sviluppo del metodo scientifico. In base ad esso si considerano scientifiche solo: le proposizioni analitiche: le leggi della matematica e della logica (proposizioni tautologiche, per definire qualcosa definisce lo stesso detto prima) le proposizioni sintetiche a posteriori: proposizioni che possono essere verificate in base all'analisi empirica ii) l'economia come le altre scienze si sviluppa secondo un processo di consolidamento unidirezionale (incrementalismo, tanti piccoli progressi invece di grandi salti). Negli anni 60' la teoria incrementalista è stata messa in discussione dalla Teoria delle rivoluzioni scientifiche da uno dei più grandi storici e filosofi della scienza contemporanei, lo statunitense Thomas Khun Aguero). Nella sua analisi Khun distingue tra: attività scientifiche di routine attività scientifiche innovative/rivoluzionarie Attività scientifica di routine: fa riferimento a un corpus di nozioni e teoremi riconosciuti dalla comunità degli studiosi. Tende a consolidare e generalizzare modelli già noti in ambito di un dato paradigma. Paradigma: quadro concettuale condiviso all'interno di una comunitò scientifica (modelli teorici, linguaggio, tecniche di analisi). Kuhn sottolinea la centralità del “consenso” della comunità scientifica ai fini della determinazione di ciò che è scientifico e ciò che non va considerato tale. L’attività scientifica di ‘routine’ viene svolta all’interno di istituzioni accademiche riconosciute (pubbliche o private) e trasmessa mediante organi di pubblicazione consolidati (riviste accademiche caratterizzate da peer review). Parte dell'attività scientifica di routine è volta a difendere il paradigma contro risultati empirici che possano metterlo in discussione sulla base di dati analitici. Attività scientifica innovativa/rivoluzionaria: critica radicale al paradigma dominante. Khun: il progresso non avviene tramite accumulazione di nozioni, ma mediante paradigm shifts. Le fasi rivoluzionare sono caratterizzate da attività di ricerca innovative e una critica radicale nei confronti del paradigma corrente (che di solito tende a difendersi screditando i nuovi Giustizia commutativa: considera “equo” il prezzo risultante dalla libera concorrenza; il prezzo di monopolio è invece ritenuto ingiusto. Giustizia distributiva Aristotele è contrario ad ogni radicalismo egualitaristico, attribuire a “persone disuguali cose uguali” è contrario all’equità e potenziale fonte di conflitto. S.Tommaso d’Aquino nella sua opera "Summa theologiae" riprende il principio aristotelico di giustizia commutativa e lo applica al concetto di “giusto prezzo”, considerato quale prezzo corrispondente al ‘valore economico’ del bene, determinato in un mercato concorrenziale. Condanna da parte di Tommaso d’Aquino (vissuto nel 1200 dei prestiti di denaro a interesse (definiti usura). Egli riteneva infatti che la moneta, intesa sulla base del pensiero di Aristotele quale merce, fosse per sua natura sterile (a differenza di un albero che produce frutta ogni anno). Ammetteva tuttavia che, sempre con riferimento ai prestiti in denaro, il mutuatario potesse esigere un compenso per il rischio di non essere rimborsato. In generale, l’età medievale è caratterizzata da una avversione generalizzata nei confronti del credito e dell’attività bancaria. Nel sistema feudale medievale prevale una visione statica e rigidamente gerarchica della società e dell’economia: domina una generale avversione nei confronti delle attività imprenditoriali “innovative” e di ogni forma di mobilità sociale. Ci sono comunque eccezioni → sviluppo economico e civile nell’ambito dei Comuni del Nord e del Centro Italia nei secoli XII e XIII (rilevante dinamismo seppur con limiti e vincoli). Il mercantilismo Si afferma a seguito di:  Sviluppo dell’economia di mercato (capitalismo) in Europa. Emergono nuove opportunità di profitto (es. derivanti dal commercio internazionale) ma anche problematiche di natura monetaria e reale, che richiedono nuovi strumenti di analisi.  Nascita e consolidamento dei primi Stati nazionali. Ciò determina una nuova domanda di esperti economici, in particolare con riferimento alle questioni monetarie e di finanza pubblica. Caratteri distintivi: Arco temporale: dalla seconda metà del XVI secolo agli inizi del XVIII secolo (16501800. Area di diffusione: prima in Inghilterra e Francia, poi anche Italia, Spagna e gli Stati tedeschi. Gli autori: non sono economisti di professione ma operatori economici (soprattutto mercanti o banchieri), ovvero funzionari o esponenti del governo. Output delle riflessioni → La pubblicistica dell’età mercantilista è molto ampia ma caotica e priva di sistematicità: si tratta in genere di opuscoli, pamphlets, opere d’occasione scritte spesso in difesa di interessi settoriali o di categoria o su questioni contingenti di politica economica. Scritti che riflettono sulle problematiche del momento). Termine mercantilismo, il termine mercantile system fu coniato da Adam Smith. Ripreso nel XX secolo da E.F.Heckscher, Il mercantilismo, Stockholm, 1931. Prima distinzione tra primo bullionismo e mercantilismo vero e proprio. Primo bullionismo Si colloca nel XVI secolo. Idea dominante: timore di una progressiva rarefazione della base monetaria (oro e argento) all’interno del paese. Legge di Gresham (dal banchiere inglese Thomas Gresham): sul mercato tendono a circolare in prevalenza monete logore o comunque di valore intrinseco ridotto. Le monete ‘buone’, dotate di valore intrinseco elevato vengono tesoreggiate o esportate. Critiche severe degli autori bullionisti nei confronti delle alterazioni monetarie messe in atto dai sovrani che cercano di lucrare un guadagno riducendo il valore ‘intrinseco’ delle monete (signoraggio). Proposta di policy: impedire le alterazioni monetarie, punire con tutti i mezzi l’esportazione di monete ‘buone’ e di metalli preziosi e incoraggiare l’importazione degli stessi all’interno dello Stato. Il divieto assoluto di esportazione di oro e argento, tuttavia, si rivela una misura non solo inattuabile ma, in molti casi, controproducente. Caso della East India Company, accusata di esportare metalli preziosi nelle Indie e quindi di impoverire lo stock metallico dell’Inghilterra. Nel 1621 Thomas Mun, dirigente della East India Company, pubblica un famoso pamphlet (A Discourse of Trade, 1621. Obiettivo di Mun: dimostrare che le attività della Compagnia, valutate complessivamente, esercitavano un effetto positivo sulla bilancia commerciale dell’Inghilterra. Infatti, scrive Mun, le spezie e le sete, acquistate nelle Indie in cambio di oro o argento, venivano poi rivendute a caro prezzo nel Continente europeo. Il saldo complessivo era positivo e si traduceva in un flusso netto di metalli preziosi all’interno della Gran Bretagna. Nel Discourse of Trade viene esposto per la prima volta il concetto di multilateral balance of trade. Mercantilismo vero e proprio Si pone lo stesso obiettivo dei bullionisti (garantire un flusso netto positivo di metalli preziosi all’interno dello Stato) ma con strumenti meno primitivi: a tale proposito gli autori mercantilisti elaborano la dottrina della bilancia commerciale. Dottrina della bilancia commerciale: afferma la necessità, per un Paese che si proponga di aumentare la propria ricchezza economica (e la propria potenza politico-militare), di assicurarsi in modo continuativo un surplus della propria bilancia commerciale (surplus che in base alle regole dell’epoca andava saldato in metalli preziosi). A tal fine viene disincentivata (o addirittura vietata) l’importazione di manufatti dall’estero (e l’esportazione di materie prime considerate “strategiche”); viene invece incentivata l’esportazione di manufatti di produzione nazionale (e l’importazione di materie prime “strategiche”). I mercantilisti avevano una visione conflittuale e “pessimistica” del commercio e delle relazioni internazionali. La crescita economica e il benessere di un paese vengono fatti dipendere in larga misura dalla forza politica e militare. Idea di fondo: negli scambi internazionali un determinato paese può conseguire un profitto solo impoverendo un altro paese (commercio internazionale inteso come gioco a somma zero). Con riferimento alla dottrina della bilancia commerciale, quali sono le ragioni alla base dell’obiettivo di garantire un surplus nel medio-lungo periodo (un afflusso costante di metalli preziosi)? Critica di Adam Smith (La ricchezza delle nazioni, 1776, i mercantilisti commettevano l’errore di ritenere che i metalli preziosi costituissero l’unica forma di ricchezza. In realtà, la critica di Smith è eccessiva. E’ possibile individuare diverse motivazioni:  Concetto di tesoro→ riserva di liquidità a disposizione dello Stato da utilizzare in caso di emergenza. Si tratta di una questione rilevante in un’epoca nella quale i conflitti sono frequenti e i sovrani non sono in grado di finanziarli facendo ricorso alla tassazione o al debito.  Valutazione degli effetti positivi sull’economia nazionale derivanti da un incremento della domanda complessiva in conseguenza di NX0. Il surplus della bilancia commerciale determina, attraverso la componente domanda estera, un incremento dell’occupazione all’interno dello Stato.  Prime riflessioni sull’influenza positiva esercitata da un aumento dello stock di moneta sull’economia reale (non neutralità di breve periodo della moneta), compiute dagli autori mercantilisti soprattutto nel XVII e XVIII secolo. Riguardo quest’ultimo punto: Prima fase XVI secolo): si assiste al verificarsi di processi inflazionistici in un contesto di contratti a lungo termine. Analisi dei possibili nessi tra l’aumento dei prezzi e l’afflusso di metalli preziosi dalle colonie americane. Prime elaborazioni della teoria quantitativa della moneta da parte del giurista e filosofo Jean Bodin in "Réponse aux paradoxes du Monsieur de Malestroict" del 1568. J.Malestroit, consigliere del re di Francia, aveva scritto nel 1566 un opuscolo (Paradoxes) nel quale sosteneva che l’aumento dei prezzi era dovuto ad “alterazioni” delle monete (tesi bullionista). J.Bodin sostine al contrario che aumento dei prezzi era causato in primo luogo da un aumento dell’offerta di metalli preziosi. Bodin individua peraltro anche componenti “reali” dell’inflazione (riduzione dell’offerta di prodotti agricoli ecc...) Del giusnaturalismo si distinguono 2 fasi:  Antichità classica e medioevo: Aristotele, Tommaso d’Aquino  Età moderna: Grozio, Pufendorf, Locke Aspetti comuni: I fenomeni naturali e i rapporti sociali hanno alla loro base un ordine naturale fondato su specifiche leggi anteriori ad ogni norma giuridica positiva. L’ordine naturale può essere individuato mediante la ragione (ma anche compreso in modo intuitivo grazie al senso morale). Ogni violazione dell’ordine naturale ha conseguenze negative. Il suo rispetto, al contrario, è in grado di garantire il massimo benessere, compatibilmente con le risorse disponibili. L’ordine naturale dovrebbe essere sempre alla base del diritto positivo vigente nella società. Tra i teorici del giusnaturalismo nei secoli XVIXVIII ricordiamo: Ugo Grozio Huig de Groot) → compie studi giuridici a Leiden. Sostiene posizioni antidogmatiche in campo teologico e politico (fautore di tolleranza in ambito religioso) dopo essere stato condannato al carcere per le sue idee, si rifugia a Parigi, dove scrive De jure belli ac pacis (1625, pietra miliare del diritto internazionale moderno che si propone di basare l’ordine sociale su principi che non facciano direttamente appello a specifiche posizioni teologiche e confessionali. Avanza l’ipotesi di uno “stato di natura” preesistente all’ordinamento statuale. Gli ordinamenti politici, per essere legittimi, dovevano trarre ispirazione dai principi dello “stato di natura”. John Locke → compie studi di medicina e filosofia ad Oxford. Scritti principali: An essay concerning toleration (Saggio sulla tolleranza, 1667 Two treatises of government (Due trattati sul governo, 1690 An essay concerning human understanding (Saggio sull’intelletto umano, 1690 É uno dei fondatori del liberalismo moderno e tra i teorici ed ispiratori della Glorious Revolution che pose le basi della monarchia costituzionale e del sistema liberale in Gran Bretagna. Scrive vari saggi su questioni monetarie. Locke: il governo ha fondamentalmente il compito di garantire i diritti naturali(diritto alla vita, alla libertà, alla proprietà) che preesistono alle forme di organizzazione statuali. In particolare, il diritto di proprietà è un diritto naturale e si applica a tutti quei beni materiali che un individuo ha tratto dallo stato originario unendo ad essi il proprio lavoro: trae origine quindi dal fatto che ogni individuo è, per natura, proprietario della propria persona e del proprio lavoro. L’autorità dello Stato si basa sul consenso dei suoi cittadini. Lo Stato assoluto è arbitrario. Principio della divisione tra potere legislativo e potere esecutivo. Libertà: implica che ciascuno abbia come propria norma la legge di natura. Tolleranza in materia di religione: occorre rispettare le credenze religiose di tutti gli individui che compongono la società. Il pensiero fisiocratico Il giusnaturalismo esercitò un’influenza decisiva sul pensiero fisiocratico, sviluppatosi in Francia nella seconda metà del XVIII secolo (17501780. Esponenti principali: François Quesnay: medico di corte di Luigi XV Opere: Tableau économique Diversi saggi per l’Encyclopédie, la prestigiosa e influente iniziativa editoriale promossa da Denis Diderot e Jean-Baptiste d’Alembert, compendio del sapere filosofico, scientifico e tecnologico del tempo e “manifesto” dell’ideologia illuminista (tra le voci curate da Quesnay: fermiers; grains). Dupont De Nemours: dirige le Ephémérides du citoyen Mercier de La Rivière: è autore di "L’ordine naturale ed essenziale delle società politiche" Il Marchese di Mirabeau: scrive "L’ami des hommes" La fisiocrazia può essere considerata il primo “paradigma” in ambito economico. In conformità con il suo carattere di “scuola”, la fisiocrazia ebbe propri organi di stampa: Journal de l’agriculture, du commerce et des finances Ephémérides du citoyen Il contesto storico-istituzionale La seconda metà del XVIII secolo è un periodo di profonda crisi politica ed economica per la Francia, che esce sconfitta dalla guerra dei Sette Anni e subisce la perdita di gran parte dei possedimenti coloniali nel Nord America e in Asia e dei proventi derivanti dal commercio internazionale (fallimento del ‘modello’ mercantilista instaurato da J.B. Colbert nella seconda metà del XVII secolo). A ciò si aggiungono: Il dissesto della finanza pubblica e una inefficiente organizzazione del sistema fiscale. La segmentazione del mercato interno. Una scarsa competitività del settore manifatturiero, fortemente protetto. I fisiocratici sottolineano l’esigenza di rilanciare le risorse interne, a partire dal settore fondamentale dell’economia francese del tempo: l’agricoltura. Tesi di fondo (di matrice giusnaturalistica): i fenomeni economici e sociali hanno alla loro base un preciso ordine naturale. Dialogo tra Caterina di Russia e Mercier de la Rivière (in The Theory of Political Economy) → Leggi fatte sulla natura delle cose e degli uomini. Scienza del governare Studiare le leggi che così manifestatamente Dio ha impresse nella società umana sin dal tempo della creazione. Voler fare più di questo sarebbe un grande errore e una impresa disastrosa. Il Tableau économique di F.Quesnay Modello a 3 settori (classi sociali) diretto a rappresentare i rapporti di interdipendenza nell’economia. Tra i suoi caratteri distintivi vi è quello di essere un “flusso circolare” o stato stazionario: l’attività economica viene analizzata quale successione di cicli di durata annuale. Settori:  CLASSE PRODUTTIVA: imprenditori agricoli (fermiers). I fermiers effettuano 2 tipi di investimenti: - Avances primitives (investimenti in capitale fisso: macchinari agricoli, strumenti di lavoro, bestiame da allevamento). - Avances annuelles (capitale circolante: dotazioni monetarie e in beni di prima necessità per il sostentamento dei lavoratori e il pagamento dei salari). É l’unico settore in grado di produrre un sovrappiù, che viene ceduto agli altri settori.  PROPRIETARI: percepiscono l’intero “prodotto netto” dell’economia. Effettuano le avances foncières (investimenti ‘strutturali’ necessari a rendere i terreni coltivabili: lavori di sistemazione fondiaria, drenaggio e bonifica, realizzazione di canali di irrigazione, strade coloniche, ecc.).  CLASSE STERILE o ARTIGIANI: producono manufatti il cui valore è tuttavia pari al valore degli inputs utilizzati. Diversamente dagli imprenditori agricoli, non sono in grado di produrre alcun sovrappiù. OSSERVAZIONI Quesnay non elabora una vera e propria teoria del valore. Nel Tableau il “prodotto netto” viene definito in termini monetari. Ruolo centrale dell’agricoltura: secondo i fisiocratici è l’unico settore in grado di creare un sovrappiù o surplus. In tale ambito va segnalata la confusione tra produttività fisica e produttività in termini di valore (il prodotto netto trarrebbe origine dalla “fertilità della natura”). Centralità del concetto di equilibrio. Esso ha alla sua base l’idea di ordine naturale. Proposte di policy dei fisiocratici: Abolizione dei divieti all’esportazione dei cereali e in particolare del grano, accompagnata dalla soppressione dei privilegi dei commercianti all’ingrosso. Obiettivo: consentire ai fermiers di ottenere prezzo remunerativo (bon prix) senza gravare sui consumatori. Negli anni ’70 del XVIII secolo il nuovo ministro delle finanze di Luigi XVI, Robert Turgot, intellettuale vicino alle idee fisiocratiche e di orientamento liberista attuò misure dirette a ridurre i vincoli al commercio dei cereali. Tali misure, adottate alla vigilia di una grave carestia, suscitarono tuttavia malcontento e vennero abolite pochi anni dopo. “Imposta unica” sul prodotto netto: era diretta a tassare la proprietà fondiaria, abolendo i privilegi fiscali dell’aristocrazia e del clero. La decisa opposizione dei ceti interessati non consentì l’adozione di tale misura. Di fatto l’ancien régime in Francia si dimostrò incapace di riformarsi dall’interno. Esito: rottura rivoluzionaria dell’ordinamento istituzionale 1789 inizio della Rivoluzione francese). Tale ipotesi non appare direttamente applicabile alle attività economiche (che appaiono guidate prevalentemente da selfinterest). A.Smith:  Nella Teoria dei sentimenti morali pone alla base delle azioni umane la sympathy, peraltro anche il self-love può indurre ad azioni virtuose. Elogio del prudent man: caratterizzato da laboriosità, frugalità, cura dei propri beni.  Nell’Indagine sulla natura e le cause della ricchezza delle nazioni: Le attività economiche sono effettivamente guidate dal self-interest tuttavia la risultante di queste attività, purchè svolte in un ambito di mercato concorrenziale e in un contesto di regole condivise, non è il caos ma, di regola, un incremento del benessere della collettività. In altri termini, in ambito economico l’individuo contribuisce al benessere collettivo anche e soprattutto in quanto è guidato dall’interesse personale: “Ogni individuo si sforza continuamente di trovare l’impiego più vantaggioso possibile per qualsiasi capitale di cui possa disporre. In verità egli mira al suo proprio vantaggio e non a quello della società. Ma la ricerca del proprio vantaggio lo porta naturalmente, o piuttosto necessariamente, a preferire l’impiego più vantaggioso per la società”. Smith sottolinea peraltro la necessità che le attività economiche siano svolte nel contesto di una cornice giuridica ed istituzionale adeguata. Problema interpretativo: è individuabile una contraddizione fra la Teoria dei sentimenti morali e la Ricchezza delle nazioni? Secondo interpreti recenti (A. Sen) le due opere sono in effetti complementari: per Smith la condotta umana nella società non può essere spiegata solo sulla base di motivazioni egoistiche, anche se queste svolgono in effetti un ruolo centrale in ambito economico. Inoltre nell’analisi di Smith → Gli obiettivi dell’attività economica vengono perseguiti in modo ottimale in un contesto di cooperazione spontanea (concetto di “mano invisibile”). "Non è certo dalla benevolenza del macellaio, del birraio o del fornaio che ci aspettiamo il nostro pranzo, ma dal fatto che essi hanno cura del proprio interesse." Un altro punto centrale dell’analisi di Smith è che il governo non debba interferire nella allocazione dei fattori produttivi → “Ciascun individuo, nella sua situazione locale, può giudicare molto meglio di quanto potrebbe fare un uomo di stato o un legislatore quale sia la specie di attività produttiva a cui il suo capitale può essere applicato e il cui prodotto avrà probabilmente il massimo valore”. Il governo deve limitarsi a garantire un framework giuridico adeguato (protezione dei diritti di proprietà) e a fornire alcuni servizi essenziali nei seguenti settori: Difesa dalle aggressioni esterne e tutela dell’ordine pubblico. Amministrazione della giustizia. Creazione e mantenimento delle infrastrutture di base. Il liberoscambismo: consente di “spingere al massimo grado della perfezione la divisione del lavoro in un certo ramo delle arti e delle manifatture”, migliorando così il benessere degli individui. Ruolo cruciale dell’ampiezza dei mercati. Smith è peraltro cosciente del possibile insorgere di conflitti fra gruppi sociali. La struttura della Ricchezza delle nazioni, 1776 L’Indagine sulla natura e le cause della ricchezza delle nazioni è un’opera ponderosa e complessa che combina analisi teorica con ampie digressioni di carattere storico. Essa comprende 5 Libri, a loro volta suddivisi in capitoli: Libro Primo Delle cause e del progresso nelle capacità produttive del lavoro, e dell’ordine secondo cui il prodotto viene naturalmente a distribuirsi tra i diversi ceti della popolazione. Questo Libro contiene il core della teoria del valore e della distribuzione di Smith. In particolare si segnalano il Cap. I Della divisione del lavoro); Cap. V e VI (sulla teoria del valore); Cap. VIII Del salario del lavoro). Libro Secondo Della natura, dell’accumulazione e dell’impiego dei capitali. Analizza l’accumulazione del capitale quale fattore cruciale per la crescita economica. Libro Terzo Del diverso progresso della prosperità nelle diverse nazioni. Analisi delle dinamiche di sviluppo in Europa a partire dal medioevo. Libro Quarto Dei sistemi di economia politica. Critica serrata nei confronti del “sistema mercantile”; critica (più benevola) nei confronti della fisiocrazia. Difende “the system of natural liberty”. Libro Quinto Del reddito del sovrano o della repubblica. Si configura come un trattato di Scienza delle finanze, con un’analisi sistematica delle entrate dello Stato (imposte) e delle spese. I fattori alla base della crescita economica La crescita economica è un tema centrale nella riflessione di Smith. In sintesi, per Smith il tasso di crescita del sistema economico dipende da: Produttività del lavoro Quota di lavoratori produttivi sul totale della forza lavoro La produttività del lavoro dipendeva a sua volta dall’ammontare dello stock di capitale per addetto e dal livello di divisione del lavoro. La divisione del lavoro Due tipologie:  Divisione delle operazioni all’interno di un particolare impianto/processo produttivo. “Prendiamo dunque come esempio una manifattura di modesto rilievo. Un uomo trafila il metallo, un altro raddrizza il filo, un terzo lo taglia, un quarto gli fa la punta, un quinto lo schiaccia all’estremità dove deve inserirsi la capocchia, inserirla è un’attività distinta, pulire gli spilli è un’altra e persino il metterli nella carta è un’altra occupazione a sé stante. L’attività di fabbricare uno spillo viene divisa, in tal modo in circa diciotto distinte operazioni che, in alcune manifatture, sono tutte compiute da mani diverse”.  Specializzazione nella produzione di singolo bene. “In una tribù di cacciatori un individuo realizza per esempio archi e frecce con più rapidità e destrezza degli altri e li dà spesso ai suoi compagni in cambio di selvaggina. Alla fine si accorgerà che in questo modo può avere più selvaggina di quanta ne avrebbe se fosse andato a caccia di persona, e dunque in base al semplice interesse egoistico la fabbricazione di frecce si trasformerà nella sua occupazione principale. Un altro è il migliore nel fabbricare le strutture e le coperture delle capanne. Un terzo diventa allo stesso modo fabbro, un quarto conciatore di pelli. Così la certezza di avere la possibilità di scambiare tutto il sovrappiù del prodotto del proprio lavoro che supera il consumo con il sovrappiù del prodotto del lavoro degli altri individui di cui ha bisogno, incoraggia ogni uomo a dedicarsi ad una occupazione particolare, coltivando e portando alla perfezione il talento o l’inclinazione che si trova ad avere per un tipo particolare di attività”. La divisione del lavoro è limitata dall’estensione del mercato. La teoria del valore Due accezioni del termine “valore”: Valore d’uso: utilità derivante dall’utilizzo di un determinato bene. Valore di scambio: potere, proprio di un bene, di acquistare altri beni. Tesi di Smith: il valore d’uso (l’utilità) non svolge alcun ruolo nella determinazione del valore di scambio. Il paradosso dell’acqua e dei diamanti (in realtà un sofisma). “Le cose che hanno il maggior valore d’uso hanno spesso poco o nessun valore di scambio. Nulla è più utile dell’acqua, ma difficilmente con essa si acquisterà qualcosa, difficielmente se ne può avere qualcosa in cambio. Un diamante, al contrario, ha difficilmente qualche valore d’uso, ma in cambio di esso si può ottenere una grandissima quantità di altri beni”. Prezzo di mercato: prezzo effettivo al quale viene venduto il bene. Prezzo naturale: è il “prezzo medio intorno al quale gravitano continuamente i prezzi di tutte le merci”. Alla base del valore di scambio → il lavoro “Non è stato con l’oro o con l’argento ma col lavoro che sono state acquistate originariamente tutte le ricchezze del mondo; e il loro valore per coloro che le posseggono e vogliono scambiarle per qualche nuova produzione è esattamente uguale alla quantità di lavoro che esse li mettono in grado di acquistare o di avere a disposizione". “Il lavoro annuale di ogni nazione è il fondo da cui originariamente provengono tutti i mezzi di sussistenza e di comodo che essa annualmente consuma, e che sempre consistono del prodotto diretto del lavoro o di ciò che con esso viene acquistato da altre nazioni”. Per Smith il lavoro è, in linea di principio, sia causa che misura del valore. Lavoro incorporato: indica la quantità di lavoro che è stata necessaria per produrre una determinata merce. Principali autori: Adam Smith, Thomas Robert Malthus, David Ricardo, John Stuart Mill, John R. MacCulloch. Ai primi dell’Ottocento si assiste allo sviluppo in Francia di una specifica “variante” del paradigma classico, caratterizzata da un’accentuazione dell’orientamento liberista (laissez- faire). Autori: Jean-Baptiste Say, Frédéric Bastiat. Il paradigma classico (scuola classica) si sviluppa in un periodo contrassegnato da profonde trasformazioni economiche e sociali. In Gran Bretagna: Ristrutturazione radicale del settore agricolo. Creazione di unità produttive più ampie ed efficienti. Flussi migratori dalle campagne verso i centri urbani. Processo di industrializzazione. Aspetto centrale dell’analisi degli economisti classici → individuare i fattori fondanti del processo di crescita in atto al fine di: Favorirne la prosecuzione. Dare una risposta alle problematiche e alle sfide poste in essere da tale processo. Aspetti caratterizzanti: Teoria del valore di tipo oggettivo: nell’analisi smithiana e ricardiana, i prezzi relativi vengono spiegati sulla base del lavoro contenuto nei beni scambiati. Si prende in considerazione esclusivamente il “lato dell’offerta”. Analisi basata su prezzi naturali o di lungo periodo. Teoria della distribuzione: la ripartizione del prodotto tra fattori viene analizzata ipotizzando che ad ogni fattore corrisponda una specifica classe sociale: classe lavoratrice → salari “capitalisti” → profitti proprietari terrieri → rendite Ruolo delle grandezze monetarie: per gli economisti classici, la moneta è esclusivamente un mezzo di scambio e svolge in ogni caso un ruolo decisamente secondario (moneta come “velo” che nasconde in parte la realtà dei rapporti economici). Sono invece determinanti le grandezze reali: lavoro (capitale umano), disponibilità di capitali finalizzati all’attività produttiva, tecnologia. Ruolo del governo: non deve proporsi di interferire nelle attività produttive. É tuttavia chiamato a svolgere importanti funzioni: difesa dalle aggressioni esterne e tutela dell’ordine pubblico, amministrazione della giustizia, creazione delle infrastrutture di base. Verso metà Ottocento emerge inoltre l’esigenza di tener conto della crescente complessità della “questione sociale”, in altri termini dei conflitti tra classi sociali, aggravati a seguito del processo di industrializzazione. J.S. Mill arriva ad attribuire al governo compiti redistributivi e di attenuazione dei conflitti sociali. La teoria della rendita Corn laws: provvedimenti approvati dal Parlamento inglese a partire dalla fine del secolo XVII e diretti a limitare l’importazione di cereali dall’estero. Obiettivo: evitare riduzioni dei prezzi dei cereali all’interno e quindi proteggere il settore cerealicolo inglese, caratterizzato da costi di produzione piuttosto elevati. Inizio secolo XIX l’incremento della domanda interna e la drastica riduzione dell’import/export in conseguenza della guerra commerciale tra la Gran Bretagna e l’impero napoleonico (“blocco continentale” decretato nel 1807 da Napoleone nei confronti della Gran Bretagna e le misure di ritorsione di quest’ultima) determinano un sensibile aumento dei prezzi dei cereali in Inghilterra. 181415 la ripresa dei commerci con il Continente porta ad una forte riduzione dei prezzi dei cereali. Viene nominata una commissione parlamentare d’inchiesta al fine di individuare adeguate misure di policy. Vivace dibattito alla Camera dei Comuni e sui giornali tra i rappresentanti dei proprietari terrieri (favorevoli all’introduzione di forti dazi sulle importazioni di cereali) e degli industriali (nettamente contrari a tale misura). Al dibattito prendono parte gli economisti classici. Febbraio 1815 i più autorevoli economisti classici (Thomas Robert Malthus, Edward West, Robert Torrens, David Ricardo) intervengono sul tema con brevi saggi (pamphlets) che vengono fatti circolare presso l’opinione pubblica e i parlamentari. D. Ricardo: An Essay on the Influence of a low Price of Corn on the Profits of Stock (noto come Essay on Profits) 1815 il Parlamento inglese dopo il dibattito approva una nuova corn law favorevole ai proprietari terrieri. In particolare: viene introdotto il divieto all’importazione di cereali nei casi nei quali i prezzi all’interno fossero stati inferiori a un determinato ammontare. Il provvedimento suscita forti opposizioni a livello di opinione pubblica, soprattutto nel ceto manifatturiero e viene osteggiata dagli economisti classici (che fanno riferimento alla teoria ricardiana della rendita). Su queste basi si sviluppa l’azione della Anti Corn Law League, fondata nel 1838 da Richard Cobden. Notevole diffusione presso l’opinione pubblica delle idee liberiste e liberoscambiste: nel settembre 1843 James Wilson, pubblicista liberista e fautore del paradigma classico, fonda a Londra The Economist, destinato ad affermarsi come uno dei più autorevoli settimanali liberisti. L’abolizione delle leggi sul grano in Gran Bretagna, perseguita con forza dalla Anti Corn Law League, venne infine decisa nel 1846 dal leader conservatore Robert Peel sotto la spinta della “grande carestia” irlandese che, pur avendo cause specifiche (un agente patogeno, la peronospora, colpì i raccolti di patate, principale alimento delle classi povere della popolazione irlandese) pose in evidenza in modo drammatico l’esigenza di importare grano a buon mercato dal continente europeo. Tale provvedimento segnò una svolta nella politica doganale in Gran Bretagna e nell’Europa continentale: diversi Paesi, tra i quali la Francia e, dopo il 1861, l’Italia, stipularono trattati di commercio ispirati ai principi liberoscambisti. Anni 18701880 ritorno al protezionismo in un contesto caratterizzato dalla ripresa del confronto/scontro tra potenze europee e da politiche di riarmo. La teoria ricardiana della rendita Nell’Essay on Profits (1815 e successivamente nei Principles of Political Economy, Ricardo sottolinea l’esistenza di una relazione inversa tra profitti e rendite. Due i modelli utilizzati. Modello "estensivo" Ipotesi: Un solo output (grano) che svolge anche funzione di input. Unità produttive caratterizzate da medesima estensione ma da diversa produttività. Esse sono di proprietà dei landowners, che le concedono in affitto agli imprenditori agricoli. Ogni unità produttiva utilizza le stesse quantità di inputs (lavoro e grano). I salari sono a livello di sussistenza. Si ipotizza un regime concorrenziale e un’uguaglianza dei saggi di profitto del settore agricolo. All’aumentare della domanda di grano, a seguito dell’incremento della popolazione, vengono messe a coltura le terre via via meno fertili. La concorrenza tra gli imprenditori agricoli per aggiudicarsi le unità produttive concesse in affitto dai landowners determina una progressiva riduzione dei saggi di profitto e un aumento della rendita in tutte le unità produttive. Modello "intensivo" Ipotesi: Unità produttive caratterizzate da uguali livelli di produttività. autodidatta, matematica, chimica, scienze naturali. La lettura della Ricchezza delle nazioni di Adam Smith lo indirizza verso l’economia politica. 1810 scrive L’alto prezzo dei metalli preziosi The High Price of Bullion, a Proof of the Depreciation of the Banknotes). Dopo il 1815 si ritira dall’attività professionale presso la City e si dedica alla ricerca teorica in ambito economico. Discussioni con James Mill e con T.R. Malthus. 1817 pubblica i Principi di economia politica On the Principles of Political Economy and Taxation). 1819 pubblica la 2° edizione dei Principi. Viene eletto alla Camera dei Comuni. Interviene a favore della liberalizzazione del commercio dei cereali e su questioni monetarie. 1821 pubblica la 3° edizione dei Principi Prefazione ai Principi: “La determinazione delle leggi che regolano la distribuzione è il problema principale dell’economia politica”. Distribuzione → ripartizione del prodotto sociale tra le classi (proprietari terrieri, “proprietari del capitale”, lavoratori). Stretto collegamento tra distribuzione e crescita nello schema ricardiano. Infatti: Ricardo individua l’accumulazione di capitale quale fattore determinante della crescita economica. L’accumulazione di capitale presuppone a sua volta un elevato flusso di investimenti. Gli investimenti, nello schema classico, sono possibili solo grazie a un adeguato flusso di risparmi. Per Ricardo, tuttavia, l’unico gruppo in grado di effettuare risparmi consistenti è quello dei “possessori di capitali”. Quindi → ruolo strategico dei profitti, in quanto quota distributiva di spettanza dei capitalisti. La relazione inversa profitti/rendite (e quindi il conflitto distributivo tra proprietari terrieri e capitalisti) è l’elemento centrale nella determinazione delle dinamiche di crescita. Iter teorico “Essay on Profits” Il saggio di profitto (π) del settore agricolo tende a decrescere via via che vengono messe a coltura terre meno fertili. π del settore agricolo determina π di tutti gli altri settori (nell’ipotesi di mercati concorrenziali). Corn model: π = (output – input) / input Nell’interpretazione di Piero Sraffa il corn model, pur nella sua astrattezza, avrebbe permesso a Ricardo di calcolare il saggio di profitto dell’intera economia senza fare ricorso ad una specifica teoria del valore. In base al corn model, Ricardo dimostra che gli incrementi delle rendite in agricoltura sono destinati a compromettere la crescita dell’intero sistema economico. Tendenza verso lo stato stazionario (caratterizzato da tasso di crescita pari a zero). Malthus: nella sua corrispondenza con Ricardo critica il modello del corn model, pone l’accento sul fatto che è troppo astratto. Ricardo: prende atto delle critiche di Malthus e si propone di ripensare la teoria del valore quale punto di partenza della propria argomentazione. A partire dal 1815 si dedica a tempo pieno alla riflessione teorica e inizia l’elaborazione dei Principi di economia politica. I Principi di economia politica e il ripensamento della teoria smithiana del valore Nei Principi di economia politica, cap. 1 On Value), Ricardo riprende direttamente l’impostazione di A. Smith → L’utilità (valore d’uso) è condizione per lo scambio ma non è in grado di definire una misura del valore di scambio. Distinzione tra: Beni non riproducibili → opere d’arte, libri antichi, vini pregiati. Beni riproducibili → rientrano in questa categoria la maggior parte delle merci scambiate quotidianamente sul mercato. La teoria del valore elaborata da Ricardo si applica solo ai beni riproducibili. “There are some commodities, the value of which is determined by their scarcity alone. No labour can increase the quantity of such goods and therefore their value cannot be lowered by an increased supply. Some rare statues and pictures, scarce books and coins, wines of a peculiar quality are all of this description. Their value is wholly independent of the quantity of labour originally necessary to produce them and varies with the varying wealth and inclinations of those who are desiderous to possess them. These commodities, however, form a very small part of the mass of commodities daily exchanged in the market. By far the greatest part of these goods which are the object of desire, are procured by labour; and they may be multiplied almost without any assignable limit, if we are disposed to bestow the labour to obtain them”. Punto di partenza della teoria ricardiana del valore: la teoria di Smith, in base alla quale in un ipotetico rude stage i prezzi relativi di due beni erano determinati dalle quantità di lavoro contenute nei beni stessi. Secondo Smith, tale teoria non era applicabile alle economie avanzate (nelle quali occorreva prendere in considerazione anche rendite e profitti). Ricardo si propone invece di dimostrare che la teoria del valore smithiana era, in linea di principio e adottando alcune ipotesi restrittive, applicabile anche alle economie avanzate. Passaggi principali dell’argomentazione di Ricardo nei Principles: La rendita non è un elemento costitutivo del prezzo dei beni, al contrario è determinata dal livello dei prezzi. I profitti (remunerazione del fattore capitale) non modificano i valori di scambio, purché si adottino le seguenti ipotesi restrittive: Uguale durata dei processi produttivi. Uguale durata del capitale fisso in tutti i processi. Stesso rapporto tra capitale fisso e capitale circolante in tutti i settori. Esempio: si consideri solo il capitale circolante (salari anticipati ai lavoratori all’inizio del processo produttivo). Durata del processo produttivo = 1 anno. Sia: π = saggio di profitto p1  w1a11  π) p2  w2a21  π) Ipotesi → In concorrenza π tende ad essere uguale nei vari settori. Il lavoro è omogeneo: w1  w2. Ne segue che p1/p2  a1/a2. Le variazioni dei salari non modificano di per sé i prezzi relativi: Caso di un “aumento dei salari derivante da alterazioni nel valore della moneta” → si determina un aumento del livello generale dei prezzi. I prezzi relativi rimangono invariati. Caso di un aumento dei salari derivante da una “maggiore difficoltà di produzione dei beni salario” → si determina una riduzione del saggio di profitto. Limiti del modello ricardiano → il lavoro incorporato è in grado di misurare esattamente i prezzi relativi se e solo se si mantengono le ipotesi restrittive prima menzionate. Problemi (dei quali Ricardo per primo è cosciente) derivanti dal “fattore tempo” (“diversa durabilità del capitale”, “diversa proporzione tra capitale fisso e variabile”). Ipotesi → diversa durata dei processi produttivi (si considera solo il capitale circolante): x1 e x2 beni prodotti mediante processi produttivi di diversa durata (t1 diverso da t2 π = saggio di profitto p1  wa11  π)^t1 p2  wa21 π)^t2 da cui: p1/p2  (a1/a2 1  π)^(t1-t2 Il rapporto tra le quantità di lavoro permette di misurare esattamente i prezzi relativi solo se t1  t2. Le risorse così raccolte, per quanto ingenti, non appaiono tuttavia sufficienti. A livello governativo si fa strada l’esigenza di ricorrere alle riserve di liquidità della Banca d’Inghilterra. 1797: la minaccia di invasione dell’Inghilterra da parte della Francia e le precarie condizioni della finanza pubblica determinano una crisi del sistema bancario inglese, una “corsa agli sportelli” che coinvolge la Banca d’Inghilterra. La Banca d’Inghilterra viene autorizzata dal governo a sospendere la convertibilità delle proprie banconote. In cambio: cessione al governo di parte dell’incremento di liquidità reso possibile dalla sospensione della convertibilità per far fronte alle spese di guerra. A seguito di ciò si determinano: Una progressiva svalutazione della sterlina-carta (banconote della Banca d’Inghilterra) sulle principali piazze finanziarie europee. Un aumento del prezzo di mercato dell’oro, espresso in banconote della Banca d’Inghilterra. 1810 Nomina di una commissione parlamentare d’inchiesta → “Committee on High Price of Gold Bullion” (Bullion Committee). Vi prende parte, tra gli altri, il banchiere ed economista Henry Thornton autore di "Un’indagine sulla natura e gli effetti del credito cartaceo della Gran Bretagna". Dibattito vivace al quale prendono parte gli economisti (in particolare Ricardo) e i policy makers. Tesi di Ricardo e del gruppo “bullionista” (da non confondere con la prima fase del mercantilismo) con riferimento al deprezzamento della sterlina-carta e all’inflazione → all’origine di tali fenomeni, secondo Ricardo, vi era un’unica causa: la politica monetaria non corretta adottata dalla Banca d’Inghilterra dopo la sospensione della convertibilità. Era dunque necessario un rapido ritorno alla convertibilità. RICARDO 1809 interviene con alcuni articoli sul Morning Chronicle 1810 The High Price of Bullion, a Proof of the Depreciation of Bank Notes (L’alto prezzo dei metalli preziosi, prova del deprezzamento delle banconote). Tesi di Ricardo: A livello aggregato (mondiale): era individuabile una relazione causale diretta tra variazioni dell’offerta di moneta e variazioni del livello dei prezzi. Con riferimento ad un singolo paese: un aumento della quantità di oro (es. a seguito di un aumento della produzione mineraria) si traduce in una riduzione del prezzo relativo del metallo prezioso, che viene esportato. L’esportazione di metalli preziosi è di fatto analoga a quella di altre merci e va lasciata alla discrezione degli individui. Da notare come la posizione espressa da Ricardo su questo punto si contrapponga radicalmente a quella dei mercantilisti: "L’esportazione di moneta metallica può essere sempre lasciata in tutta sicurezza alla discrezione delle singole persone. Se diventa vantaggioso esportarla, nessuna legge potrà di fatto impedirne l’esportazione. Fortunatamente in questo caso, come accade nella maggioranza delle transazioni commerciali nei paesi dove esiste la libera concorrenza, gli interessi del singolo e quelli della comunità non sono mai discordanti" D. Ricardo, The High Price of Bullion, 1810. La creazione di una Banca centrale, in grado di emettere banconote convertibili esercita gli stessi effetti di un aumento della produzione aurifera. Parte dello stock monetario aureo può essere esportato in cambio di merci utili al paese. "L’istituzione della Banca e la conseguente emissione di biglietti agisce come stimolo all’esportazione di lingotti o moneta metallica. La Banca ci permette di trasformare i metalli preziosi (che, sebbene siano una parte indispensabile del nostro capitale, non fruttano alcun reddito) in un capitale redditizio". La convertibilità delle banconote costituisce una garanzia sufficiente contro i rischi di inflazioni incontrollate. Occorre però garantire: Piena convertibilità delle banconote. Completa libertà di coniazione e fusione dell’oro. Completa libertà di importazione ed esportazione dell’oro. Il rispetto di tali regole era in grado di per sé di garantire la stabilità del tasso di cambio. Se invece la moneta era inconvertibile, non vi era a priori alcun freno all’inflazione e al deprezzamento del tasso di cambio. Ricardo: “questo deprezzamento dell’attuale valore della banconote è dovuto alla quantità troppo abbondante di carta moneta che la Banca ha messo in circolazione”. “Se i direttori della Banca avessero mantenuto l’ammontare dei loro biglietti entro limiti ragionevoli; se avessero agito secondo il principio che, per loro stessa ammissione, regolava le emissioni quando erano obbligati a pagare i loro biglietti in moneta metallica, ossia il principio di limitare i biglietti a quell’ammontare che dovrebbe impedire un’eccedenza del prezzo di mercato rispetto al prezzo di zecca dell’oro, non saremmo esposti, adesso, a tutti i mali di una moneta deprezzata e perpetuamente instabile” D. Ricardo, The High Price of Bullion, 1810. Soluzione proposta: Riduzione per quanto possibile graduale delle banconote in circolazione. Ripristino della convertibilità. Le tesi degli “antibullionisti” Gli “antibullionisti” (in particolare R. Torrens e i dirigenti della Banca d’Inghilterra): Spiegano l’inflazione sulla base di fattori reali (cattivi raccolti, vincoli al commercio). Deprezzamento: dovuto al fatto che il governo inglese si era trovato nella necessità di effettuare consistenti trasferimenti unilaterali a favore dei propri alleati in Europa. La “dottrina” delle cambiali reali: In base a tale ipotesi, sostenuta dagli antibullionisti, gli incrementi di liquidità che traevano origine da esigenze dell’economia reale (banconote immesse a seguito dello sconto di “cambiali reali”, in altri termini cambiali create a fronte di operazioni connesse all’attività produttiva) non determinavano di per sé tensioni inflazionistiche. In realtà: Parte della liquidità aggiuntiva immessa nel sistema dalla Banca d’Inghilterra viene creata per acquistare titoli di Stato. Come osservato anche da H. Thornton, se la Banca centrale mantiene il tasso di sconto ad un livello inferiore al saggio di profitto di mercato, la domanda di prestiti da parte degli operatori economici (e l’emissione di banconote da parte della Banca centrale) è potenzialmente illimitata. Si determinano, in altri termini, dinamiche inflazionistiche incontrollate. Thornton è peraltro contrario (a differenza di Ricardo) a politiche monetarie rigidamente restrittive e deflazionistiche (in considerazione della rigidità verso il basso dei salari). Dibattito parlamentare nel 1811 si assiste al prevalere delle tesi antibullioniste e viene respinta la proposta di ritorno alla convertibilità (ipotesi peraltro poco realistica, dato che la Gran Bretagna si trovava impegnata in una guerra senza esclusioni di colpi contro l’impero napoleonico). Le tesi di Ricardo e dei bullionisti trionfarono tuttavia pochi anni più tardi con il Resumption act 1819: tale legge impose alla Banca d’Inghilterra il ripristino della convertibilità a partire dal 1821. Il Resumption act segna di fatto l’adozione del gold standard in Gran Bretagna: un regime monetario di importanza cruciale ai fini dello sviluppo del commercio internazionale nel XIX secolo, che rimarrà in vigore fino al 1914. Ricardo (Proposte per una moneta economica e sicura, London, 1816 propone, in quanto più razionale l’adozione di un gold bullion standard ovvero di un sistema monetario nel quale le riserve auree erano detenute in prevalenza dalla Banca centrale e il circolante era interamente costituito da banconote emesse da quest’ultimo. Tali banconote erano convertibili a vista in lingotti d’oro per finalità connesse al commercio internazionale. Unità 7 Il paradigma marginalista 1848 pubblicazione da parte di John Stuart Mill, filosofo ed economista classico inglese, della prima edizione dei Principles of Political Economy. Tale volume si affermò quale manuale di Ragioni del successo: il riferimento al contesto economico e sociale del periodo (spiegazione “relativista”) è in questo caso solo in parte appropriato. Più soddisfacente appare una spiegazione che faccia riferimento alla crescente specializzazione della scienza economica e alla professionalizzazione della figura dell’economista: il marginalismo (con l’eccezione di Carl Menger) utilizza in modo sistematico la formalizzazione matematica, in particolare il calcolo infinitesimale, e la statistica; perfeziona inoltre propri strumenti di indagine (in particolare attraverso il contributo di Alfred Marshall). La disciplina scientifica di riferimento per i primi marginalisti (anche in questo caso con l’eccezione di Menger) è la meccanica razionale. Era un fatto inoltre che il paradigma classico: Appariva lacunoso con riferimento all’analisi e alla spiegazione delle dinamiche e dei meccanismi di funzionamento dei mercati nel breve periodo. Con riferimento alle teorie del valore e della distribuzione, prestava il fianco a interpretazioni potenzialmente “eversive”, che i marginalisti, in primo luogo Menger, si propongono di contrastare a livello teorico. Unità 8 Carl Menger e le origini della “Scuola austriaca” Carl Menger 18401921 è considerato il fondatore della “Scuola austriaca”, corrente di pensiero caratterizzata a livello metodologico da un’impostazione rigorosamente soggettivista e, con riferimento alle proposte di policy, da un orientamento nettamente liberista e antistatalista. Autori principali: Friedrich von Wieser (18511926, Eugen Böhm-Bawerk (18511914; Ludwig von Mises 18811973, Friedrich Hayek= (18991992. Carl Menger, cenni biografici: 1867 completa studi di giurisprudenza presso le Università di Vienna e Cracovia. 186769 lavora come giornalista a Vienna; è tra i fondatori del Wiener Tagblatt; redige articoli di carattere economico. 1871 pubblica i Grundsätze der Volkswirtschaftslehre (Principi di economia politica). 1873 accetta un incarico di docente di economia presso l’Università di Vienna. 187678 è tutore del principe ereditario austriaco. Viaggi in Inghilterra, Francia, Germania. 1879 consegue la cattedra di economia presso l’Università di Vienna. 1883 pubblica le Ricerche sul metodo delle discipline sociali Untersuchungen über die Methode der Sozialwissenschaften). 1903 lascia l’insegnamento per lavorare a una nuova edizione dei Principi e a un nuovo trattato sul metodo (entrambe le opere rimangono incompiute). La “controversia sul metodo” con Gustav Schmoller e la Scuola storica tedesca. Si tratta di un dibattito cruciale, che ha per oggetto il campo di indagine e il metodo della scienza economica. Il dibattito vede contrapposti da un lato Carl Menger e dall’altro Gustav Schmoller, economista tedesco ed esponente di punta della “Scuola storica tedesca”. La Scuola storica tedesca Autori: Wilhelm Roscher (18171894; Karl Knies (18211898, Gustav Schmoller (1838 1917 Werner Sombart (18631941. Tesi principali della “Scuola storica tedesca”: Critica l’approccio “logico-deduttivo” proprio di David Ricardo e, successivamente, dei marginalisti, in quanto troppo “astratto”. Ritiene che i fenomeni economici possano essere compresi e interpretati in modo corretto solo se inseriti in modo “organico” in uno specifico contesto storico/culturale. Adotta un approccio metodologico storico/induttivo (di fatto, si trattò di una forma di naive empiricism): nelle loro opere, gli autori della Scuola storica si propongono di pervenire alla individuazione di “leggi di sviluppo” dell’economia attraverso un complesso e minuzioso lavoro di raccolta di dati statistici e di ricostruzione del contesto storico/istituzionale. Nel complesso, gli studiosi della Scuola storica elaborano opere di erudizione (o producono minuziose analisi storiche e/o lavori di statistica applicata) che poco hanno a che fare con l’analisi economica. Centralità del concetto di nazione, considerata un organismo caratterizzato da una propria esistenza autonoma e da finalità superiori a quelle dei singoli individui → Concetto di Volksgeist (“spirito popolare”). La Scuola storica tedesca è alla base, almeno in parte, dell’Istituzionalismo americano Thorstein Veblen, Wesley C. Mitchell, J.R. Commons). La controversia sul metodo, gli interventi: 1883 Carl MENGER, Ricerche sul metodo delle scienze sociali. 1883 Gustav SCHMOLLER, “Sulla metodologia delle scienze politiche e sociali”, Jahrbuch für Gesetzgebung. 1884 C. MENGER, Gli errori dello storicismo nell’economia politica tedesca. Tesi di Menger → L’oggetto delle “scienze teoretiche” (tra queste: l’economia teorica) è lo studio dei fenomeni che tendono a ripetersi con regolarità (tipi) e delle relazioni che li collegano (relazioni tipiche). Al contrario, le “scienze storiche” (in primo luogo, la storia economica) analizzano fenomeni individuali concreti, con riferimento a un determinato tempo e spazio. Sono caratterizzate da diversa metodologia. Menger (1883 “L’oggetto del nostro interesse scientifico può essere costituito dai concreti fenomeni nella loro collocazione spazio-temporale e nei loro reciproci rapporti concreti, oppure dalle forme nelle quali i fenomeni ricorrono pur nel mutamento di quei rapporti. Il primo indirizzo di ricerca è informato alla conoscenza del concreto, meglio dell’individuale; il secondo a quello del generale”. “La ricerca dei tipi e delle relazioni tipiche tra fenomeni è di importanza incommensurabile per la vita umana. Senza conoscere la forma dei fenomeni non ci sarebbe possibile comprendere la miriade di fenomeni concreti che ci circondano, né dar loro un ordine nella nostra mente. Senza la conoscenza delle relazioni tipiche ci mancherebbe non soltanto la comprensione profonda del mondo reale, ma evidentemente anche qualsiasi conoscenza in grado di superare l’osservazione immediata, ovvero qualsiasi previsione e dominio sulle cose". Il metodo delle indagini teoretiche: Individuazione di fenomeni “tipici” partendo dagli “elementi più semplici della realtà”. Analisi delle relazioni fra tali fenomeni (rapporti di causa-effetto). Individuazione di “leggi” mediante ragionamenti di tipo deduttivo. Secondo Menger, le leggi così individuate non erano suscettibili di verifica empirica: esse erano valide solo nell’ambito di specifiche condizioni restrittive. Postulato del self-interest Menger ammette senz’altro che le azioni umane potessero avere alla loro base altri moventi oltre a quello economico (es. considerazioni etiche, altruismo, rispetto della tradizione). L’economia teorica non si proponeva tuttavia di spiegare i fenomeni sociali nella loro totalità. L’economia, in quanto scienza teoretica, basava le sue argomentazioni su un preciso postulato: ovvero che la ricerca del benessere individuale fosse “il più diffuso e potente” tra gli impulsi umani. Obiettivo: analizzare a quali risultati conduce il self-interest nell’ipotesi che tale fattore sia libero di agire e sia “sottratto alle influenze di altre attività e di altri fattori”. Nella realtà le azioni umane hanno alla loro base anche altri moventi. Individualismo metodologico: i termini collettivi nelle scienze sociali sono riconducibili al comportamento di singoli individui. Si contrappone all'olismo metodologico. Problema dell’origine delle Istituzioni (l’ordinamento giuridico, la moneta, il mercato, il linguaggio): Contrattualismo Hobbes, Rousseau): la società e le istituzioni traggono origine da contratti stipulati in modo implicito od esplicito dagli individui. Scuola storica tedesca (e scuola storica del diritto, F. von Savigny): la società e le istituzioni sono “entità organiche” che traggono origine da una “razionalità superiore”. MENGER le istituzioni non traggono origine da “patti” o accordi espliciti ma sono comunque riconducibili all’azione di singoli individui. Il caso della Moneta. Origine della moneta quale merce più facilmente scambiabile. In un’economia di baratto l’individuo razionale ha l’incentivo ad accettare, in cambio delle proprie merci, una merce (es. l’oro) di cui non ha necessità immediata ma che, essendo facilmente accettata dalla generalità degli individui, facilita il reperimento delle merci da lui effettivamente desiderate. Il problema ammette una soluzione se la funzione di produzione presenta rendimenti costanti di scala, ovvero è una funzione omogenea di primo grado (Wicksteed). F(tK,tL  tf(K,L Teorema di Eulero → una funzione omogenea di primo grado può essere espressa come una somma di termini, ognuno dei quali è il prodotto di una delle variabili per la derivata parziale rispetto ad essi: f(K,L  MPLL  MPKK Moltiplicando ambo i membri per p: pf(K,L  pMPLL  pMPKK dove appunto: pMPL  w pMPK  r pf(K,L  pY da cui: pY  wL  rK Unità 9 Il modello walrasiano Léon Walras 18341910 nasce a Evreux, Francia. Il padre è un economista di orientamento classico. Studi di ingegneria. Si dedica quindi alle scienze sociali e all’attività giornalistica. 1860 partecipa a Losanna ad un convegno internazionale di finanza pubblica, segnalandosi per l’originalità del lavoro presentato. 1870 istituzione di una cattedra di economia politica presso l’Università di Losanna Walras ottiene l’incarico. 187477 pubblica gli ==Elementi di economia politica pura=. Obiettivo di Walras: elaborare una trattazione della scienza economica che includesse, oltre all’economia teorica, anche l’economia applicata e la politica economica. A tal fine: 1892 si ritira dall’insegnamento e nomina suo successore Vilfredo Pareto. 1896 Studi di economia sociale 1898 Studi di economia politica applicata L’approccio metodologico di Walras Nell’analisi di Walras l’economia politica si suddivide in: Economia pura, ovvero “teoria della determinazione dei prezzi” in un regime concorrenziale. Economia applicata: analisi della concreta organizzazione delle attività produttive. Economia sociale: indagine delle tematiche relative alla distribuzione personale del reddito e alle questioni di politica sociale. Economia pura: è una scienza “fisico-matematica”, analoga alla meccanica razionale. Adozione da parte di Walras del “metodo razionale”, distinto da quello “sperimentale”. Scrive Walras: “Le scienze fisico-matematiche derivano dall’esperienza in quanto da questa hanno mutuato i loro tipi. Esse astraggono da questi tipi reali, tipi ideali che esse definiscono e sulla base di queste definizioni costruiscono a priori tutta l’impalcatura dei loro teoremi e delle loro dimostrazioni. Rientrano, in seguito, nell’esperienza non per confermare ma per applicare le loro conclusioni” Walras, Elementi, Torino, Utet, 1974, p. 149 Analogamente: “L’economia politica pura deve mutuare dall’esperienza tipi di scambio, d’offerta, di domanda, di redditi, di servizi produttivi, di prodotti. Da questi tipi reali essa deve astrarre tipi ideali e ragionare su questi ultimi per ritornare alla realtà soltanto dopo aver fatto della scienza e in vista delle applicazioni” Ibidem) L’economista non deve proporsi, di per sé, di individuare le applicazioni pratiche della scienza: “A rigore, sarebbe diritto dello studioso fare della scienza per la scienza, come è diritto dello studioso di geometria studiare le proprietà più singolari della figura più bizzarra” Walras, Elementi, cit., p. 150 Tuttavia: “Si vedrà che le verità dell’economia politica pura forniranno la soluzione dei problemi più importanti, più dibattuti e meno spiegati dell’economia politica applicata e dell’economia sociale” Ibidem) Il modello di equilibrio economico generale Quadro teorico: molteplicità di mercati, con riferimento sia ai beni di consumo che ai fattori produttivi. Si vuole esaminare a quali condizioni ed entro quali limiti le decisioni adottate dagli individui sui vari mercati siano tra loro compatibili. Definizioni: Ricchezza sociale: insieme dei beni materiali e immateriali utili e disponibili in quantità limitata → distinta in Capitali (beni durevoli) e Redditi (beni e servizi utilizzabili solo una volta). Capitali: Capitali fondiari Capitali personali, ovvero capacità di lavoro Capitali in senso stretto (strumenti di produzione, case di abitazione) Redditi: Beni di consumo Beni intermedi Servizi dei beni capitali Categorie: Proprietari fondiari Lavoratori Capitalisti Imprenditori Tali categorie non sono riconducibili alle classi sociali del modello classico: i lavoratori, ad esempio, possono svolgere contemporaneamente anche funzioni imprenditoriali, effettuare risparmi e acquisire strumenti di produzione (caso degli artigiani). Modello: Pluralità di agenti massimizzanti, caratterizzati da un proprio sistema di preferenze (funzioni di utilità) e da dotazioni iniziali. Pluralità di mercati. Risultano invarianti: Le tecniche produttive Il numero dei lavoratori Le risorse disponibili Obiettivo → determinazione dei prezzi e delle quantità scambiate nell’ipotesi di: Completa interrelazione tra i mercati Concorrenza perfetta Tre gruppi di mercati: Mercati dei servizi produttivi. Offerta: proprietari fondiari, lavoratori, capitalisti. Domanda: imprenditori. Mercati dei prodotti. Offerta: imprenditori. Domanda: proprietari fondiari, lavoratori, capitalisti. Mercati dei capitali nuovi. Offerta: imprenditori (produttori di capitali in senso stretto, ovvero di beni strumentali). Domanda: proprietari fondiari, lavoratori, capitalisti. L’equilibrio concorrenziale walrasiano si ha in corrispondenza di un sistema di prezzi tale che: Su ogni mercato domanda=offerta Ogni agente vende od acquista in base a quanto programmato Tutti gli agenti massimizzano, rispettivamente, profitti ed utilità Problema di come pervenire ad un vettore di prezzi market clearing(sono escluse transazioni a prezzi non clearing). Nel sistema walrasiano i prezzi svolgono un ruolo strategico nel riportare il sistema in equilibrio. Sistema dei mercati d’asta e ruolo del banditore Al fine di illustrare il meccanismo di convergenza verso l’equilibrio, Walras fa ricorso alla metafora del banditore nel contesto di un ipotetico procedimento di vendita all’asta. (ed esponenti di primo piano della Scuola) ricordiamo: Cecil Pigou 1877 1959 e John Maynard Keynes 18831946. Ruolo chiave dell'economia politica quale strumento per avviare a soluzione i problemi più rilevanti della società. Tra questi, in particolare, la “questione sociale”. Tale concetto viene espresso con grande chiarezza nell’Introduzione ai Principles of Economics (1890 “La dignità dell’uomo fu proclamata dal Cristianesimo ed è stata confermata con forza crescente negli ultimi cento anni: ma soltanto con l’estendersi dell’istruzione in questi ultimi tempi cominciamo finalmente a intendere tutta la portata di quell’espressione. Ora finalmente ci siamo posti sul serio a studiare se sia proprio necessaria l’esistenza delle cosiddette ‘classi inferiori’; se cioè sia indispensabile l’esistenza di un gran numero di persone condannate fin dalla nascita a un duro lavoro, allo scopo di provvedere alle altre i mezzi necessari per condurre una vita raffinata e intellettualmente elevata, mentre la povertà e la fatica impediscono a quelle di avere alcuna parte in quella vita” A. Marshall, Principi di economia, Torino, Utet, 1972, p. 67 Ruolo del progresso scientifico e dell’innovazione tecnologica nel migliorare le condizioni dei ceti più poveri: “La speranza che si possa gradatamente eliminare la povertà e l’ignoranza trova certo un grande sostegno nell’incessante progresso delle classi lavoratrici durante il XIX secolo. La macchina a vapore le ha liberate da molto lavoro esauriente e degradante; i salari sono aumentati; l’istruzione è divenuta più generale mentre la crescente domanda di lavoro intelligente ha provocato un aumento così rapido delle classi artigianali che ora esse superano numericamente le classi composte di lavoratori non qualificati” “Tale progresso ha contribuito più di ogni altra cosa a conferire un interesse pratico alla questione se sia veramente impossibile che nel mondo tutti possano partire con un’equa probabilità di condurre una vita intellettualmente elevata, libera dalle pene della povertà e degli effetti deprimenti di un’eccessiva fatica fisica” “La questione non può essere risolta completamente dalla scienza economica, giacché la risposta dipende in parte dalle capacità morali e politiche della natura umana. Ma la risposta dipende in gran misura da fatti e da illazioni che rientrano nel dominio dell’economia ed è questo appunto che conferisce agli studi economici il principale e più alto interesse” Marshall, Principi di economia, p. 68 Opere: 1879 The Economics of Industry (con Mary Paley) 1879 The Pure Theory of Foreign Trade. Pone i fondamenti di una trattazione analitica del commercio estero. 1890 Principles of Economics 8 edizioni, l’ultima nel 1920. É la sua opera più famosa, pensata come prima parte di trattato più generale. 1919 Industry and Trade 1923 Money, Credit and Commerce 1925 Memorials, a cura di A.C. Pigou. Raccoglie i più importanti articoli scientifici di Marshall. 1926 Official Papers a cura di J.M. Keynes. Raccoglie gli interventi di Marshall nella veste di economic advisor in occasione di inchieste parlamentari. Impostazione metodologica Definizione di Marshall: “L’Economia politica, o Economica (Economics), è uno studio del genere umano negli affari ordinari della vita; essa esamina quella parte dell’azione individuale e sociale che è più strettamente connessa con il conseguimento e con l’uso dei requisiti materiali del benessere. Così essa è, da un lato, uno studio della ricchezza; dall’altro, il più importante, è una parte dello studio dell’uomo (Marshall, Principi di economia, p. 65 L’economia è una scienza (da qui il termine economics adottato da Marshall in sostituzione di political economy). Essa tuttavia è riconducibile alle scienze storicosociali (influenza degli economisti tedeschi). L’economia presenta inoltre affinità con la biologia (influenza di Herbert SPENCER 1820 1903, filosofo inglese fautore dell’applicazione dell’evoluzionismo darwiniano alle scienze sociali). Obiettivo di Marshall: divulgare i principi dell’economia non solo fra gli studiosi ma anche presso gli operatori economici. Esigenza di combinare rigore analitico con una attenzione costante alla “realtà” e ai dati storici. Importanza del metodo matematico: questo, tuttavia, è applicabile, secondo Marshall, soprattutto con riferimento alla statica comparata. Applicazione del metodo sperimentale e dell’ipotesi del ceteris paribus (a parià di altre condizioni). Metodo degli equilibri di tipo parziale Analizza la relazione tra prezzi e quantità domandate in un determinato mercato, ipotizzando l’invarianza dei prezzi degli altri beni nonché dei gusti e dei redditi dei consumatori. Vantaggio di questo approccio nelle analisi di economia applicata: Possibilità di confrontare varie configurazioni di equilibrio (STATICA COMPARATA La statica comparata, tuttavia, costituisce per Marshall solo il primo passo: necessità di analisi di tipo DINAMICO. La teoria del valore Costituisce una sintesi innovativa dell’analisi dei classici e di quella dei primi marginalisti. Domanda: viene determinata dalle scelte soggettive degli individui, in base ai principi dell’utilità marginale. Offerta: è determinata dai costi di produzione. DOMANDA Obiettivo di Marshall: elaborare una funzione di domanda fondata sul principio della utilità marginale decrescente. La curva di domanda individuale viene costruita sulla base della disponibilità marginale a pagare di un determinato soggetto. Tesi: l’utilità marginale può essere stimata sulla base dell’ammontare max. di moneta che un individuo è disposto a spendere per ottenere una unità aggiuntiva di un determinato bene (prezzo marginale di domanda o prezzo di riserva). In altri termini: il prezzo di riserva è un indice (proxy) dell’incremento di utilità che l’individuo si aspetta di conseguire. Tuttavia: per essere una buona misura dell’utilità, la moneta dovrebbe essere caratterizzata da utilità marginale costante. Questa ipotesi, ammette Marshall, appare accettabile solo per piccole variazioni di prezzo e nel caso di beni che non incidano troppo sul bilancio del consumatore. OFFERTA É basata sui costi dei fattori produttivi, ovvero lavoro e capitale. Lavoro: è caratterizzato da disutilità marginale crescente ne segue che il salario reale è funzione crescente della quantità di lavoro prestata. Capitale: il suo ammontare dipende dal risparmio, che a sua volta è funzione crescente del tasso di interesse. Teoria dell’interesse di Marshall: l’interesse è un premio per l’attesa. Concetto di costo reale di produzione: include “le prestazioni di tutte le diverse specie di lavoratori i quali cooperano direttamente o indirettamente alla produzione della merce, insieme con l’astinenza, o meglio l’attesa necessaria per risparmiare il capitale impiegato in tale produzione” Marshall, Principi di economia, Torino, Utet, p. 478 Valore di scambio: è dato dall’interazione tra domanda e di offerta. Metafora delle forbici: entrambi i ‘lati’ del mercato sono rilevanti per la determinazione del valore di scambio. Ruolo centrale del tempo (tempo logico o operazionale) nell’analisi di Marshall. Distinzione compiuta da Marshall tra: Periodo di mercato → la produzione è data (curva di offerta verticale). Il prezzo di equilibrio non è influenzato dai costi di produzione. Breve periodo → la capacità produttiva è data ma è possibile variare, entro certi limiti, la quantità prodotta. La curva di offerta (che riflette il costo marginale) è inclinata positivamente. Contrazione della base monetaria a seguito dell’adozione simultanea del gold standard da parte di vari Paesi a fronte di un’offerta internazionale di oro rigida (tra gli altri, Germania, 1871; Stati Uniti, 1879 Sensibile riduzione dei costi di produzione di diversi beni di consumo (in conseguenza di incrementi di produttività) e dei costi di trasporto (soprattutto con riferimento ai prodotti agricoli). Nomina di commissioni parlamentari d’inchiesta in Gran Bretagna: Commission on the Depression of Trade and Industry Commission on the Values of Gold and Silver Gold and Silver Commission) 188788 In entrambi i casi Marshall viene invitato ad esporre il proprio punto di vista in qualità di esperto. Queste in sintesi le posizioni di Marshall sul tema: Le fluttuazioni del livello dei prezzi esercitavano effetti rilevanti e indesiderati sull’economia reale, soprattutto a causa della vischiosità dei salari nominali. Sempre con riferimento alle fluttuazioni dei prezzi occorreva peraltro distinguere tra brusche variazioni nel breve periodo (destinate a destabilizzare i sistemi economici) e processi deflazionistici contenuti e diluiti nel tempo (più facilmente neutralizzabili dagli operatori). La stabilità dei prezzi costituiva la soluzione ottimale di policy e la precondizione per una crescita sostenibile. La riduzione dei prezzi verificatasi negli anni ‘80 era prevalentemente diluita nel tempo ed era dovuta a cause prevalentemente reali, non monetarie. I rimedi di carattere monetario alle tendenze deflazionistiche (quale l’adozione del bimetallismo) non erano dunque, a parere di Marshall, risolutivi. In scritti successivi, Marshall avanzò le seguenti proposte di riforma del sistema monetario inglese: “Symmetallism”: adozione di un’unità di conto convertibile in quantità proporzionalmente fisse di oro e argento (“Remedies for Fluctuations of General Prices”, Contemporary Review, 1887. Misure di indicizzazione: elaborazione da parte delle autorità di un indice dei prezzi basato su un paniere di beni rappresentativi. Tale indice avrebbe dovuto essere applicato su base volontaria con riferimento ai contratti a medio-lungo termine. Unità 11 Ordinalismo e "nuova economia del benessere", l'analisi di Vilfredo Pareto Vita in sintesi Vilfredo Pareto (18481923 formazione scientifica (si laurea nel 1870 presso la Scuola d’Applicazione per Ingegneri, attuale Politecnico di Torino). Studi approfonditi di matematica e meccanica razionale. Iniziale carriera manageriale (presso una società ferroviaria e la “Società per l’Industria del Ferro”, in Toscana). In questi anni completa la propria formazione culturale: studia da autodidatta lettere classiche, filosofia, economia politica Influenza di Auguste Comte (filosofo e sociologo francese, teorico del positivismo) e di Herbert Spencer. Partecipa ai dibattiti di politica economica e sociale del suo tempo. Denuncia su vari quotidiani e riviste le politiche economiche adottate dai governi italiani, con particolare riferimento alla politica doganale protezionista (in particolare la tariffa del 1887. Iniziale avvicinamento al movimento socialista, considerato portatore di nuove istanze politiche e sociali (negli anni successivi si sposterà tuttavia su posizioni decisamente conservatrici). 1890 entra in contatto con l’economista marginalista Maffeo Pantaleoni 18571924 e inizia a dedicarsi all’economia pura. 189293 pubblica “Considerazioni sui principi fondamentali della economia politica pura”, Giornale degli Economisti. 1893 su proposta di Léon Walras, ottiene la cattedra di economia politica presso l’Università di Losanna. 189697 pubblica il Cours d’économie politique. Nel Cours Pareto sviluppa il modello di equilibrio economico generale di Walras e affronta diverse tematiche di economia applicata. 1906 Manuale di economia politica: opera di sintesi. Estende l’analisi dell’equilibrio economico quale risultante del contrasto tra “gusti” ed “ostacoli”. Metodo: Pareto si allontana progressivamente dal positivismo (in particolare prende le distanze dal “sistema posivista” di Comte). Rimane convinto sostenitore del metodo sperimentale. Crescente interesse per la sociologia. 1911 Si ritira dall’insegnamento e si dedica a tempo pieno a tematiche sociologiche. 1916 pubblica il Trattato di sociologia generale. L’analisi del concetto di utilità: dal paradigma cardinalista a quello ordinalista I primi autori marginalisti consideravano l’utilità quale grandezza, in linea di principio, misurabile. Pareto: Cours (189697 rileva l’ambiguità del termine “utilità” e propone il termine ofelimità per indicare l’utilità in senso soggettivo. Ritiene peraltro che l’ofelimità sia, a livello teorico, una grandezza misurabile. Manuale (1906, passaggio ad una impostazione di tipo ordinale. Le scelte del consumatore vengono espresse mediante curve di indifferenza. Ogni curva di indifferenza viene contrassegnata con un “indice di ofelimità”. NB Il passaggio da una ipotesi cardinalista ad una ordinalista toglie ogni fondamento analitico ai confronti interpersonali. Questo punto, a prima vista astratto, ha implicazioni importanti per l’economia del benessere e per il fondamento teorico delle scelte di politica economica. Se si nega legittimità a confronti interpersonali, infatti, politiche economiche di tipo redistributivo non possono essere giustificate (come sostenuto dalla ‘vecchia economia del benessere’) sulla base dei principi dell’utilità marginale. La “vecchia” economia del benessere (J. Bentham, C. Pigou) Era basata sul criterio cardinalista e sosteneva la possibilità di confronti interpersonali: le utilità soggettive di individui diversi, in base a tale impostazione, potevano essere sottoposte a misurazione e sommate tra loro. Con riferimento alle scelte di policy, si riteneva dunque corretto affermare che una data politica di riforma era auspicabile e in grado di determinare un miglioramento del benessere complessivo se la somma delle utilità individuali conseguite dai beneficiari di tale riforma fosse stata superiore alla somma delle disutilità (utilità negative) degli individui danneggiati dalla riforma stessa. Esempio: si ipotizzi una riforma diretta ad espropriare grandi possedimenti fondiari (latifondi) incolti o scarsamente coltivati e a trasferire i diritti di proprietà e di utilizzo degli stessi ad una pluralità di farmers: secondo la ‘vecchia economia del benessere’, tale riforma fondiaria avrebbe determinato un miglioramento del benessere e quindi sarebbe stata auspicabile purchè la somma delle utilità generate dalla riforma presso i nuovi (numerosi) farmers fosse maggiore della somma delle disutilità dei (pochi) latifondisti espropriati. La ‘nuova economia del benessere' Nell’analisi di Pareto al contrario (basata sul criterio ordinalista e quindi diretta a negare legittimità ai confronti interpersonali di utilità) una allocazione è ottima quando non è possibile pervenire ad una allocazione alternativa nella quale almeno un individuo stia meglio e nessuno stia peggio (ottimo dello scambio), ovvero una allocazione è ottima quando è impossibile migliorare la posizione di qualche individuo senza peggiorare quella di qualcun altro (cfr. alla rappresentazione diagrammatica con riferimento al “box di Edgeworth”). I punti di ottimo sono infiniti: unendoli si ottiene una “linea di equilibrio rispetto ai gusti”, ovvero una curva dei contratti. Il criterio paretiano è molto restrittivo: in base ad esso gli unici interventi di policy ‘legittimi’ e auspicabili sono quelli nei quali è possibile migliorare la condizione di almeno un individuo senza peggiorare contestualmente quella di nessun altro. Come è evidente, ciò restringe molto le possibilità di intervento. Lo stesso criterio non tiene in nessun conto di aspetti di natura equitativa: una allocazione nella quale un ristretto gruppo di individui possieda gran parte della ricchezza disponibile e la maggior parte della popolazione si debba accontentare di una dotazione minima è ottima in senso paretiano alla stessa stregua di una distribuzione bilanciata. Possibile estensione del criterio paretiano mediante l’ipotesi di pagamento compensativo (teorizzato da J. Hicks e N. Kaldor negli anni ‘30 se i soggetti favoriti da una misura di policy Il capitale: una categoria controversa Mercantilisti: il capitale è costituito dalle scorte monetarie e dal complesso dei beni patrimoniali a disposizione degli individui. Scuola classica: il capitale è un fattore di produzione prodotto (è un fattore ottenuto mediante il lavoro e impiegato nell’attività produttiva). Non comprende la terra e le risorse naturali. W. Roscher: è quella parte di ricchezza che è in grado di fornire al proprio possessore una utilità dotata di valore di scambio. Include la terra, le case di abitazione, gli stock monetari, le provviste accantonate per bisogni futuri. Walras: ogni forma di ricchezza sociale suscettibile di molteplici utilizzazioni. La teoria del capitale in Fisher La teoria del capitale viene esposta da Fisher in: Alcuni articoli sull’Economic Journal e sul Quartely Journal of Economics (negli anni 1896 1904. The Nature of Capital and Income, 1906. Centralità della distinzione tra grandezze stock e grandezze flusso. Capitale: “stock of wealth existing in an instant of time” 1906, p. 52. Esso comprende “all material objects owned by human beings”, ovvero l’insieme della sua ricchezza. Più precisamente: La terra (productive land, building land, waterways, railways), gli edifici, le migliorie fondiarie. Le materie prime. I beni strumentali. Gli stock monetari. I beni di consumo, durevoli o meno, a disposizione degli individui (vestiti, tabacco, generi alimentari). Critica di Fisher alla nozione, propria dei classici, di capitale inteso come “productive wealth”: in realtà, scrive, “all wealth is productive in the sense that it yields services” 1906, p. 58. Servizi del capitale: “the services of an instrument of wealth are the desirable changes effected by means of that instrument” 1906, p. 19. Reddito (Income): viene definito come flusso di servizi (flow of services) forniti dal capitale. Money income: è solo una parte del reddito disponibile dagli individui. Il valore del capitale: è il valore attuale del flusso di servizi futuri attesi derivanti dal capitale stesso. Fisher accoglie la tesi, sostenuta dagli economisti austriaci, in base alla quale i costi sostenuti nel passato non esercitano alcuna influenza sulla determinazione del valore del capitale. La teoria dell’interesse Viene esposta in The Rate of Interest, 1907 e, quindi, in The Theory of Interest, 1930. In queste opere Fisher elabora una teoria diretta a spiegare le determinanti del tasso di interesse reale. Tasso di interesse: premio, in termini percentuali, pagato per la disponibilità di beni presenti. Possibilità di ipotizzare tassi di interesse specifici in termini di qualsiasi merce. Tuttavia, gli scambi tra presente e futuro vengono attuati prevalentemente in termini monetari. Fisher si propone di superare gli aspetti di circolarità propri della definizione neoclassica (esposta in particolare da K. Wicksell) del tasso di interesse (r) quale saggio di rendimento del capitale. Infatti: il capitale aggregato è composto da elementi eterogenei. Esso può essere misurato solo calcolando i prezzi dei beni strumentali che tuttavia vengono determinati in base ad r. In base alla definizione wickselliana, dunque, r si troverebbe ad essere contemporaneamente fattore di determinazione del valore del capitale e saggio di rendimento del capitale. Le determinanti del tasso di interesse reale Due fattori: Impazienza o preferenza temporale (time preference): tendenza ad assegnare a un reddito disponibile nel presente un valore maggiore di quello attribuito a reddito dello stesso ammontare disponibile nel futuro. Opportunità di investimento: trae origine dal fatto che gli individui possono scegliere tra varie utilizzazioni delle proprie dotazioni iniziali, ciascuna delle quali è in grado di fornire flussi di reddito differenziati. Il livello del tasso di interesse viene analizzato da Fisher quale risultante di un perpetuo conflitto tra “impulso a spendere” ed “impulso ad investire”. 1. La preferenza temporale É diversa a seconda degli individui (trae origine da diversità delle capacità previsive, di autocontrollo, di formazione culturale). Dato un determinato individuo, dipende inoltre da: Dimensione del flusso di reddito reale atteso. Sua distribuzione nel tempo. Incertezza. Fisher ipotizza in prima approssimazione che gli individui siano caratterizzati da una dotazione iniziale fissa in termini di valore attuale. Essi possono rinviare (anticipare) le proprie scelte di consumo percependo (corrispondendo) un interesse. L’ammontare dei consumi (e dei risparmi) viene determinato sulla base di scelte intertemporali. Tasso di equilibrio (ipotizzando dotazioni fisse): è la risultante di un processo di contrattazione tra gli individui che desiderano prendere a prestito e quelli che disposti a dare a prestito. Modello: consumatore caratterizzato da insieme di curve di indifferenza (la cui pendenza rappresenta il “grado di impazienza”) e da un vincolo di bilancio: c1  c2/(1+r) = m1  m2/(1+r). Grafico A: in D (dotazione) la pendenza della curva di indifferenza è maggiore della pendenza del vincolo di bilancio. Individuo prende a prestito fino a quando il suo “grado di impazienza” è uguale alla pendenza del vincolo -(1+r). Grafico B caso opposto. 2. L'opportunità di investimento Si ipotizza ora che l’individuo sia in grado di scegliere tra varie utilizzazioni della propria dotazione, ciascuna delle quali determina flussi di reddito (income streams) diversificati (caratterizzati da un diverso andamento temporale). Opportunità di investimento: possibilità di spostarsi da una tecnica produttiva (opzione) ad un’altra (ovvero: da un flusso di redditi ad un altro). Nella sua analisi Fisher definisce: “Rendimenti”: i maggiori redditi che è possibile ottenere (in futuro) scegliendo una nuova opzione. “Costi”: i minori redditi derivanti (nell’immediato) dalla attuazione di una determinata opzione. Tasso di rendimento rispetto al costo (rate of return over cost: ρ) tasso che eguaglia il valore attuale di due opzioni di investimento. Ovvero tasso in base al quale, in termini di valore attuale, il costo di scegliere una opzione rispetto ad un’altra è uguale ai rendimenti. L’investimento effettuato se e solo se r < ρ. Esempio: Opzione A Flusso di redditi annui = 50 Spese V.A.)  0 Opzione B Flusso di redditi annui = 75 Spese V.A.)  100 La teoria monetaria Equazione dello scambio: MxV  PxT dove: M  stock di moneta V  velocità di circolazione della moneta (n. medio di transazioni per unità di moneta in un dato periodo di tempo) P  livello generale dei prezzi T  volume fisico delle transazioni effettuate in un dato periodo di tempo. É possibile disaggregare M e V in: M’ (circolante), M’’ (depositi) V’ (velocità di circolazione del circolante), V’’ (velocità di circolazione dei depositi). Si ottiene: M’V’  M’’V’’  PT Il passaggio dall’equazione dello scambio alla teoria quantitativa richiede l’adozione di alcune ipotesi vincolanti sulle variabili. 1. Configurazione di equilibrio Ipotesi: V’ e V’’ sono determinati da fattori istituzionali e dalla consuetudine e indipendenti da altre grandezze dell’equazione. T fisso (ipotesi di pieno impiego delle risorse). I depositi (M’’) sono un multiplo stabile di M’ Ne segue che variazioni (esogene) di M hanno l’unico effetto di determinare variazioni esattamente proporzionali di P. 2. Periodi di transizione V’ e T non sono stabili. Il rapporto tra V’ e V’’ tende a modificarsi La moneta non è più neutrale (ipotesi di non neutralità della moneta). Centralità dei periodi di transizione nell’analisi di Fisher, le fluttuazioni monetarie vengono individuate quale principale causa dei business cycles. Configurazione di equilibrio: viene intesa da Fisher essenzialmente come un concetto teorico, come una “legge scientifica” la cui validità era subordinata a specifiche ipotesi restrittive. La teoria del ciclo Principale causa dei business cycles: variazioni dei prezzi non perfettamente previste o comunque non neutralizzabili dagli operatori. I MODELLO (in Appreciation and Interest, 1896 e The Rate of Interest, 1907. Due categorie di operatori: borrowers (imprenditori) e lenders (rentiers). Borrowers: caratterizzati da maggiore capacità previsiva. In previsione di una accelerazione dell’inflazione hanno incentivo a chiedere nuovi prestiti. Conseguenza: moltiplicarsi degli investimenti a carattere speculativo. II MODELLO vischiosità (stickiness) dei salari monetari. In un contesto di mercati non perfettamente concorrenziali e di imprese price makers, nel corso del processo inflazionistico vi è la tendenza a un aumento dei ricavi delle imprese maggiore dei costi NB Si tratta di un meccanismo individuato con chiarezza anche da Marshall). Ne segue: aumento (di breve periodo) dei profitti delle imprese, dell’attività produttiva e dell’occupazione. Con riferimento a tale modello, Fisher individua un trade-off di breve periodo tra tasso di inflazione e tasso di disoccupazione. Possibili soluzioni agli effetti destabilizzanti dell’instabilità dei prezzi sull’economia reale: Migliorare le conoscenze degli agenti economici Misure di indicizzazione Interventi di stabilizzazione I progetti di stabilizzazione Critiche di Fisher al gold standard: il prezzo relativo dell’oro nei confronti delle altre merci era tutt’altro che stabile: “In terms of general purchasing power, gold is no more stable than eggs and considerable less stable than carpets” Fisher, Stabilizing the Dollar, 1920. Progetto di “dollaro compensato”: piano diretto a sostituire al gold standard un sistema basato su un’unità monetaria definita con riferimento ad un paniere di beni e quindi stabile in termini di potere di acquisto. Anni 20 vengono individuati, da parte della Federal Riserve, nuovi strumenti di politica monetaria (in particolare le operazioni di mercato aperto). Appoggio di Fisher alla politica di stabilizzazione perseguita da Benjamin Strong (18721928, presidente della Federal Reserve Bank di New York. Fisher è promotore nel 1926 e nel 1928 di alcuni progetti di legge diretti a vincolare la Fed a perseguire la stabilità dei prezzi quale obiettivo prioritario di politica monetaria. La Grande depressione e la Debt-deflation Theory Nel volume The Stock Market Crash and After (1930, pubblicato all’indomani del crollo del mercato azionario a Wall Street, Fisher esprimeva valutazioni ottimistiche sulle prospettive dell’economia USA. Fisher: nel corso degli anni Venti si era verificato un forte incremento nella produttività delle imprese USA in conseguenza di innovazione tecnologica (“new era”). Ipotesi teorica: in equilibrio il prezzo delle azioni è pari al valore attuale del flusso di dividendi futuri attesi. Nel 193132 tuttavia, con l’aggravarsi della crisi, Fisher si convince del fatto che la Grande depressione è un evento non riconducibile ai normali business cycles e che è necessario pertanto elaborare una nuova spiegazione teorica: 1932 Booms and Depressions 1933 “The Debt-Deflation Theory of Great Depressions”, Econometrica, pp. 33757. Debt-deflation theory: interpreta la Grande depressione quale la risultante di una situazione iniziale di eccesso di indebitamento sulla quale si innesti un processo deflazionistico. Processo dinamico → Ipotesi: Sistema economico caratterizzato da forte indebitamento ma inizialmente in equilibrio Diffusione di bad news che minano “the confidence of either debtors, creditors or both”. Ciò si traduce in una prima ondata di liquidazioni, (“distress selling”) che a sua volta determina Riduzione dei prezzi dei titoli e contrazione dei depositi bancari Processo deflazionistico che determina un aumento dello stock del debito in termini reali. (risparmio forzato). La propensione al consumo delle famiglie è tuttavia invariata. Il punto è che le risorse per far fronte alle richieste dei consumatori sono state dirottate ad altri impieghi e non sono immediatamente disponibili. Conseguenze: eccesso di domanda dei beni di consumo ed eccesso di offerta di quelli di investimento. Si determina una variazione nei prezzi relativi tra queste due tipologie di beni. Crisi nel settore dei beni strumentali (beni di “ordine superiore”): nuove concessioni di credito possono solo posticiparla. La crisi tuttavia è inevitabile. Segue un processo di risanamento doloroso ma, secondo Hayek, necessario: diversi impianti produttivi vengono ridimensionati o abbandonati e si verifica l’espulsione dal mercato delle imprese meno vitali. Aspetti “ideologici” del modello di Hayek Alcuni case studies: Germania anni ’20 il “risparmio forzato” delle famiglie a seguito dell’inflazione elevata consente alle imprese di realizzare un rinnovamento su larga scala degli impianti produttivi, in particolare di quelli siderurgici e meccanici (questo miglioramento di efficienza verrà sfruttato dal nazismo per potenziare il settore militare). URSS durante i piani quinquennali staliniani il potenziamento dell’apparato industriale, in particolare nel settore siderurgico e in quello meccanico (anche in questo caso in vista di un rafforzamento delle capacità militari) venne conseguito mediante requisizioni dirette di risorse e una drammatica compressione dei consumi della popolazione, soprattutto nelle campagne. Hayek: “affinché l’offerta e la domanda di capitale reale siano uguali, le banche non devono prestare né più né meno di quanto è stato depositato presso di loro sotto forma di risparmio". In generale, le autorità monetarie non devono opporsi a riduzioni dei prezzi derivanti da aumenti della produttività (critica di Hayek alla politica di stabilizzazione dei prezzi perseguita negli anni ’20 dalla Fed). Concetto di moneta neutrale. Difesa del gold standard quale soluzione di “second best”. Stretto nesso tra riflessione teorica e aspetti di politica economica in Hayek: tra gli obiettivi di Prices and Production vi è quello di contrastare le politiche monetarie discrezionali. Aspetti di policy pessimism: secondo Hayek in situazioni di crisi (caso della Grande depressione degli anni ’30, politiche monetarie espansive potevano solo peggiorare la situazione e non andavano quindi adottate. La Grande depressione viene interpretata da Hayek come una crisi da sovrainvestimento, alimentata da politiche monetarie troppo permissive della Fed. La pubblicazione di prezzi e produzione è all’origine di un vivace dibattito teorico. Critiche espresse da Piero Sraffa in un articolo sull’Economic Journal, 1932. Hayek: avvia nel corso degli anni ’30 un complesso ripensamento critico della teoria del ciclo e del capitale. Esiti: Abbandono del concetto di periodo medio di produzione. Accentuazione della rilevanza della conoscenza nelle economie di mercato e analisi delle sue modalità di trasmissione tra gli individui. Il dibattito sul “calcolo economico” in una economia socialista Nei modelli walrasiani di equilibrio economico generale, i prezzi sono indicatori fondamentali, mediante i quali è possibile allocare in modo efficiente risorse scarse. Nel 1920 Ludwig. von Mises interviene con un articolo innovativo sul ruolo dei prezzi nelle economie di mercato, con l’obiettivo di dimostrare i limiti, a livello operativo e di efficienza, delle economie pianificate (“Il calcolo economico nello Stato socialista”, 1920). Mises (1920 I prezzi costituiscono l’indispensabile criterio-guida per le decisioni di produzione e di consumo per ogni sistema economico caratterizzato da risorse scarse e che si ponga obiettivi di efficienza. La determinazione dei prezzi è possibile solo in un contesto di mercati effettivamente funzionanti. Ne segue che le economie pianificate sono destinate ad operare in condizioni di inefficienza. L’articolo di Mises contribuì a screditare l’ipotesi che la pianificazione potesse essere attuata facendo riferimento esclusivamente a calcoli tecnico-ingegneristici, senza riferimento a valori e prezzi. Da parte di alcuni economisti di area socialista (in particolare Oskar Lange) si accetta in linea di principio questa obiezione. Si avanza tuttavia l’ipotesi che i prezzi possano essere determinati (e quindi il sistema dei prezzi possa svolgere la propria funzione) anche in assenza di mercati effettivi. Questo sarebbe il caso del modello di equilibrio economico generale walrasiano, riconducibile a un sistema di equazioni. Una volta note la tecnologia, le risorse disponibili, i gusti dei consumatori, è possibile, in via di principio, calcolare anche il vettore di prezzi di equilibrio. Pareto nel Manuale, 1906, aveva accolto, in via di principio, tale ipotesi (possibilità di determinare un vettore di prezzi di equilibrio anche in assenza di mercati effettivamente funzionanti). (Oskar Lange 19041965 economista polacco, si trasferì nel 1934 in Gran Bretagna e nel 1937 negli Stati Uniti, conseguendo la cittadinanza USA nel 1943. Tra il 1938 e il 1943 insegnò all’Università di Chicago. Convinto fautore del socialismo, nel 1945 rinunciò alla cittadinanza USA e fece ritorno in Polonia, dove collaborò con il governo filo-sovietico. Fu docente all’Università di Varsavia e alla School of Planning and Statistics). Il suo obiettivo, tuttavia, era quello di delimitare in modo rigoroso l’ambito di applicazione del modello socialista. In tale sistema, infatti, il “ministro della produzione” che si fosse posto l’obiettivo di max il benessere degli individui date le risorse, avrebbe dovuto adottare gli stessi criteri della concorrenza perfetta. Anche nel migliore dei casi, dunque, un sistema socialista avrebbe potuto conseguire un benessere non maggiore di quello ottenibile in un sistema concorrenziale. Analoghe considerazioni sono reperibili in Enrico Barone (“Il ministro della produzione nello stato collettivista”, Giornale degli Economisti, 19081909. Hayek (1935 Ribadisce l’impossibilità di risolvere il problema del calcolo economico facendo riferimento a grandezze fisiche o a coefficienti tecnici. Sottolinea l’impossibilità per l’ipotetico ente pianificatore di disporre di tutte le informazioni necessarie. Replica di O. Lange, (“On the economic theory of socialism”, Review of Economic Studies, 1936 37. Lange ipotizza un sistema di economia pianificata caratterizzato da: Simulazione del processo di tâtonnement (fissazione di prezzi da parte di un Ufficio centrale di piano attraverso il metodo walrasiano di “trial and error”) con riferimento ai mercati dei beni di consumo ed al fattore lavoro. Imprese di proprietà pubblica ma caratterizzate da sostanziale autonomia decisionale e incentivate a seguire i “segnali” dei prezzi. Tale sistema, secondo Lange, avrebbe permesso di combinare le caratteristiche di efficienza di un sistema concorrenziale con le proprietà di equità di un sistema socialista. Risposta di Hayek (“Il calcolo socialista: la soluzione concorrenziale”, Economica, 1940: Anche in questo caso l’ufficio centrale di piano avrebbe dovuto procedere ad un controllo minuzioso dell’attività produttiva. Il modello walrasiano-paretiano era per sua natura statico. Le economie di mercato erano invece in continua evoluzione e caratterizzate da informazioni incomplete e da incertezza. Solo un’economia di mercato caratterizzata da decentramento e da un effettivo processo concorrenziale era in grado di valorizzare e di mettere a disposizione della collettività il patrimonio di conoscenze e di informazioni possedute dai singoli agenti economici. La riflessione di Hayek dopo il 1940 ruolo della conoscenza, concorrenza, ordine spontaneo A partire dagli anni ’40 Hayek amplia notevolmente i suoi interessi di ricerca, includendo nelle proprie indagini l’epistemologia, la filosofia del diritto, la psicologia. 1950 si trasferisce presso l’Università di Chicago, dove entra a far parte del “Committee on Social Thought”. nell’ambito del corso di laurea in economia, creato da Marshall a Cambridge. Consegue inoltre una fellowship presso il King’s College. Alfred Marshall si era ritirato dall’insegnamento nel 1908 (suo successore alla cattedra di economia fu Cecil Pigou), rimanendo tuttavia fino al 1924, anno della sua scomparsa, il leader indiscusso della Scuola di Cambridge. Keynes ne sarebbe divenuto ben presto uno degli esponenti più in vista. 1911 viene nominato direttore dell’Economic Journal. Molteplicità degli interessi di Keynes Effettua investimenti finanziari presso la City di Londra e fa parte dei consigli di amministrazione di diverse compagnie di assicurazione. Partecipa al “circolo di Bloomsbury” (vi facevano parte artisti di avanguardia, quali Duncan Grant e Vanessa Bell e scrittori, quali Virginia Woolf e Lytton Strachey). Entra in contatto con alcuni tra i maggiori filosofi del tempo (tra gli altri, Bertrand Russell e Ludwig Wittgenstein). La scelta di dedicarsi con sempre maggiore intensità e passione agli studi di economia e alle problematiche di policy venne attuata da Keynes, secondo il suo biografo Robert Skidelsky, in larga misura in risposta agli sconvolgimenti causati dalla prima guerra mondiale: Nel periodo nel quale avviene la formazione di Keynes (età vittoriana) sembrava scontato che "la pace, la prosperità e il progresso costituissero l'ordine naturale delle cose" Skidelsky, Keynes, p. 9. L’egemonia della Gran Bretagna era indiscussa e l’ordine economico mondiale era a prima vista stabile e sorretto da larghi consensi (almeno in Europa e in America del Nord). La guerra distrugge le certezze dell’età vittoriana. Gli anni fra le due guerre sono dominati da conflittualità, instabilità politica e sociale e dall’emergere di regimi autoritari e totalitari. In molti Paesi le libertà fondamentali vengono cancellate. Keynes: condivide con Marshall la convinzione che la scienza economica abbia il ruolo di tutelare le condizioni materiali della civiltà. Compito degli economisti, affermò Keynes nel 1945, in uno dei suoi ultimi interventi pubblici, era di essere i “guardiani” (trustees) “not of civilization, but of the possibilities of civilization”. Coerentemente con questo concetto, Keynes svolse anche una intensa attività di economic advisor per il governo e partecipò a numerose commissioni parlamentari e governative. Tra queste: “Royal Commission on Indian Currency and Finance”, 1913. Collabora con il ministero del Tesoro britannico durante la prima guerra mondiale. Partecipa alla conferenza di pace di Versailles (quale componente della delegazione inglese), 1919. É uno dei più autorevoli consulenti economici del governo britannico durante la seconda guerra mondiale. É il principale artefice, insieme con lo statunitense H.D. White, degli accordi di Bretton Woods, 1944 che danno origine ad un nuovo sistema monetario internazionale in vigore fino agli anni ’70 del Novecento. Opere principali Indian Currency and Finance, 1913: analisi approfondita del funzionamento del sistema bancario e monetario dell’India e dei suoi collegamenti con il sistema monetario inglese. Prima teorizzazione del gold exchange standard. The Economic Consequences of the Peace, 1919: duro atto di accusa nei confronti delle politiche miopi e vessatorie perseguite dalle potenze vincitrici e in particolare dal primo ministro francese G. Clemanceau durante la conferenza internazionale di pace di Versailles. Tali politiche erano dirette, scriveva Keynes, a indebolire dal punto di vista economico e sociale la Germania, compromettendone le possibilità di ripresa e di sviluppo. Contrarietà di Keynes ad assoggettare la Germania al pagamento di tutte le spese di guerra (“riparazioni”). Nel suo scritto Keynes dimostra a livello teorico l’impossibilità per la Germania di risarcire tutti i danni di guerra, sostiene l’opportunità di favorirne la ripresa economica e propone la cancellazione dei debiti interalleati (ovvero quello stipulati da Francia, Italia e Gran Bretagna tra di loro e nei confronti degli Stati Uniti). A Treatise on Probability, 1921: analisi dei vincoli posti dall’incertezza all’azione umana, in un contesto nel quale vi è l’esigenza di pervenire comunque a decisioni razionali. Nell’analisi di Keynes la probabilità è da intendersi quale relazione logica tra proposizioni, cioè come grado di fiducia che è razionale avere in circostanze date. Scriveva Keynes: “The terms certain and probable describe the various degrees of rational belief about a proposition which different amount of knowledge authorize us to entertain”. “The theory of probability is logical, because it is concerned with the degree of belief which it is rational to entertain in given conditions, and not merely with the actual beliefs of particular individuals, which may or may not be rational” Keynes, 1921, pp. 23. Critica di Keynes alla concezione frequentista della probabilità, in base alla quale la probabilità di un evento è il limite al quale tende la frequenza relativa dell’evento. Keynes non condivide nemmeno la concezione puramente soggettivista della probabilità. Recente “riscoperta” della teoria della probabilità di Keynes quale chiave di lettura della General Theory, 1936. Il problema dell’incertezza e dei vincoli che questa pone alle scelte di policy è al centro della riflessione teorica come economista. A Tract on Monetary Reform, 1923: analizza il periodo di instabilità monetaria seguito alla prima guerra mondiale e individua quale obiettivo prioritario di policy la stabilità dei prezzi all’interno. Modello teorico di riferimento: la teoria quantitativa nella versione di Cambridge (approccio delle scorte liquide). “Meccanismo di trasmissione” da M a Y tramite le variazioni dei tassi di interesse (meccanismo marshalliano). Analisi dei danni prodotti dall’inflazione e dalla deflazione. Keynes individua nella stabilità dei prezzi uno dei fattori alla base degli elevati tassi di crescita dei sistemi economici nella seconda metà del XIX secolo: “L’inflazione ridistribuisce la ricchezza in modo molto dannoso per i risparmiatori, molto vantaggioso per gli uomini d’affari e probabilmente, date le condizioni dell’industria moderna, vantaggioso, nel complesso, per i salariati. La sua conseguenza più notevole è l’ingiustizia verso coloro che, in buona fede, hanno investito i loro risparmi in titoli monetari piuttosto che in beni reali. Ma l’ingiustizia, su così vasta scala, ha ben altre conseguenze. L’inflazione, mentre ha diminuito la capacità di risparmio della classe risparmiatrice, ha anche distrutto quell’atmosfera di fiducia che è condizione necessaria della volontà di risparmiare” J.M. Keynes, La riforma monetaria, Milano, Treves, 1925. Rist. Milano, Feltrinelli, 1978, p. 29. Ancora peggiori, per certi aspetti, i danni prodotti dalla deflazione: “La deflazione ha come effetto un trasferimento di ricchezza a favore delle classi a redditi fissi e dei portatori di titoli monetari ed a carico del resto della collettività. In particolare, essa apporta un trasferimento di ricchezza da tutti coloro che prendono somme in prestito, cioè commercianti, industriali e agricoltori, a coloro che le concedono, ossia dalle classi attive alle classi inattive". In caso di deflazione: “L’uomo previdente permuterà i suoi beni in denaro, si ritirerà dai rischi e dalle fatiche degli affari e aspetterà nel riposo il sicuro aumento del valore del suo denaro". L’aspettativa di una probabile deflazione è un male, l’aspettativa di una deflazione certa è un disastro perché il meccanismo del mondo degli affari è meno adatto alle fluttuazioni che aumentano il valore della moneta che alle fluttuazioni che lo diminuiscono alle classi inattive” J.M. Keynes, La riforma monetaria, cit., pp. 1112. In sintesi: “Il capitalismo individualistico, appunto perché affida la funzione di risparmiare ai singoli risparmiatori e la funzione di produrre ai singoli industriali, presuppone una stabile unità di misura del valore, e non può essere efficiente, forse non può sopravvivere, senza di essa” Ibidem, p. 35. Netta contrarietà di Keynes nei confronti delle proposte di ripristinare il gold standard, giudicato un “avanzo barbarico”. Nella sua analisi, Keynes sottolinea l’esistenza di un trade-off tra ‘stabilità esterna’ (stabilità dei tassi di cambio) e ‘stabilità interna’ (stabilità dei prezzi). Come accennato, per Keynes la stabilità dei prezzi all’interno costituisce una priorità, anche in considerazione della crescente ‘vischiosità’ di prezzi e salari e della comprensibile contrarietà delle trade unions a riduzioni dei salari nominali. A maggior ragione, Keynes è contrario alla proposta, avanzata dal governo inglese, di ripristinare il gold standard sulla base della parità prebellica. Tale decisione, scriveva, motivata da ragioni di prestigio, implicava una perdita di competitività per l’economia inglese. Di fatto, scrive Keynes, il gold standard era già una moneta regolata: il valore di scambio dell’oro era in larga misura determinato dalla politica seguita dalla Federal Reserve degli Stati Uniti. Il mercato dei beni Critica di Keynes alla “legge di Say” che escludeva che la domanda aggregata potesse essere insufficiente. Keynes: è la produzione che si adegua alla nuova domanda e non viceversa. Analisi dei fattori dai quali dipendevano le decisioni di spesa: scomposizione della domanda in domanda per consumi e per investimenti. Consumo aggregato: nel breve periodo è, secondo Keynes, una funzione stabile del reddito corrente. Due ipotesi: La propensione marginale al consumo (c = dC/dY è tale che: 0<c<1. La propensione media al consumo C/Y tende a ridursi all’aumentare del reddito. Dal momento che C ed S erano funzione del reddito corrente, era priva di fondamento, scriveva Keynes, la convinzione propria dei “classici” che l’astensione dal consumo (S costituisse un comportamento “virtuoso”, in grado di garantire elevati tassi di crescita. Nell’ipotesi in cui il reddito fosse inferiore a quello di pieno impiego (YYn), i risparmi non costituivano affatto la precondizione per effettuare investimenti: essi infatti venivano “formati” ex post: I↑ DA↑Y↑→ posto che S f(Y, S↑. Inoltre, un ritorno all’equilibrio era tanto più rapido quanto maggiore era la propensione marginale al consumo. Meccanismo del moltiplicatore (elaborato per primo da Richard Kahn, economista allievo di Keynes, in un articolo sull’Economic Journal, 1931 sottolinea l’interazione dinamica tra reddito e spesa. ΔI in grado di determinare una variazione più che proporzionale di Y. Ruolo cruciale degli investimenti produttivi quale componente della domanda caratterizzata da maggiore volatilità. Prescrizione di policy: se gli imprenditori non investono, è opportuno che il governo si sostituisca ad essi, prendendo a prestito risorse presso le famiglie per effettuare investimenti pubblici (ipotesi di deficit spending). La spesa pubblica aggiuntiva deve proporsi di realizzare opere di pubblica utilità. In mancanza di meglio, tuttavia, qualunque iniziativa che consentisse di tenere occupati i fattori produttivi era da considerarsi accettabile: “Il ragionamento di cui sopra mostra come la spesa ‘improduttiva’ finanziata con fondi presi a prestito possa arricchire in complesso la collettività. La costruzione di piramidi e perfino le guerre possono servire ad accrescere la ricchezza, se l’educazione dei nostri governanti secondo i principi dell’economia classica impedisce che si faccia qalcosa di meglio” J.M. Keynes, Teoria generale, p. 315. Segue un noto paradosso, scrive Keynes: “la più accettabile fra tutte le soluzioni è quella forma di scavar buche nel terreno nota come estrazione dell’oro, la quale non soltanto non aggiunge nulla alla ricchezza reale del mondo, ma implica la disutilità del lavoro” (pp. 31516. “Se il Tesoro si mettesse a riempire di biglietti di banca vecchie bottiglie, le sotterrasse a una profondità adatta in miniere abbandonate e queste fossero riempite poi fino alla superficie con i rifiuti delle città e si lasciasse all’iniziativa privata, secondo i ben noti principi del laissez faire, di scavare di nuovo i biglietti la disoccupazione non dovrebbe più esistere e, tenendo conto degli effetti secondari, il reddito reale sarebbe probabilmente assai maggiore di quanto sia attualmente. Effettivamente, sarebbe più sensato costruire case e simili ma se per questo si incontrano difficoltà, quanto sopra sarebbe meglio di niente". “Allo stesso modo che le guerre sono l’unica forma di spesa su larga scala di fondi presi a prestito, che gli uomini di governo abbiano ritenuta giustificabile, così l’estrazione dell’oro è l’unico pretesto per scavar buche nel terreno che si sia raccomandato ai banchieri come finanza sana” Ibidem, p. 316. La teoria dell'investimento Punti di contatto con l’analisi fisheriana. Concetto di prezzo di offerta dei beni capitali: è da intendersi come il costo di sostituzione, ovvero come “minimo prezzo sufficiente ad indurre un produttore a produrre una unità aggiuntiva di capitale”. L’investimento viene effettuato se e solo se il flusso di redditi attesi futuri, espresso in termini di V.A., è maggiore del prezzo di offerta del capitale. Efficienza marginale del capitale: tasso che eguaglia il V.A. del flusso di redditi futuri al prezzo di offerta del capitale. Possibilità per ogni impresa di ordinare i propri progetti di investimento in ordine decrescente sulla base della rispettiva efficienza marginale. Venivano realizzati quei progetti la cui efficienza marginale fosse > del tasso di interesse di mercato. A parità di tutto il resto una riduzione dei tassi di interesse consentiva di realizzare un maggior numero di progetti di investimento. A livello aggregato: I  I(i) e I’(i) < 0. La teoria dell’investimento di Keynes, tuttavia, si distingue nettamente da quella fisheriana (e "classica") per il fatto che sottolinea l’aleatorietà dei criteri da adottare per stimare il valore attuale del flusso di redditi futuri. Keynes, riprendendo un tema affrontato nel Treatise on Probability, richiama l’attenzione sul fatto che le decisioni economiche vengono adottate in condizioni di incertezza: “La nostra conoscenza dei fattori che governeranno il rendimento di un investimento fra alcuni anni è di solito assai scarsa e spesso trascurabile. Dobbiamo ammettere che la base delle nostre conoscenze per stimare il rendimento che una ferrovia, una miniera di rame, uno stabilimento di tessitura, una specialità medicinale daranno fra dieci anni, o anche soltanto fra cinque anni, è scarsa e talvolta evanescente” Keynes, Teoria generale, cit., pp. 3356. Le decisioni di investimento non sono la risultante di considerazioni razionali basate sul calcolo attuariale, ma degli animal spirits degli imprenditori, ovvero dell’impulso spontaneo all’azione piuttosto che all’inazione. “Se la natura umana fosse assolutamente insensibile all’attrattiva di tentare la sorte e alla soddisfazione (a parte il profitto) di costruire una fabbrica, una ferrovia, una miniera o una fattoria, il freddo calcolo potrebbe non essere sufficiente da solo a dar luogo ad un investimento cospicuo”. Ne segue che un peggioramento delle aspettative imprenditoriali, ad esempio, in seguito dell’adozione di politiche ostili all’attività economica o alla libertà d’impresa, aveva l’effetto di determinare riduzioni anche molto sensibili degli investimenti. Predizione → l’economia capitalistica di mercato ha in parte esaurito la propria ‘spinta propulsiva’: “In tempi trascorsi, quando le imprese erano principalmente di proprietà di coloro che le gestivano l’investimento dipendeva dall’esistenza di un numero sufficiente di individui di temperamento ottimista e di impulsi costruttivi, i quali si dedicavano agli affari come un modo di vivere”. La separazione crescente fra proprietà e amministrazione delle imprese nonché l’accentuazione degli aspetti speculativi nei mercati borsistici aveva messo in crisi quel modello. Nell’interpretazione di Keynes, la Grande depressione che stava sconvolgendo le economie di mercato a livello mondiale era essenzialmente la conseguenza di un crollo degli investimenti produttivi, in conseguenza di un radicale mutamento (peggioramento) degli animal spirits, che aveva determinato a sua volta una brusca contrazione della domanda aggregata e della produzione. Come accennato, per Keynes la via maestra per uscire dalla depressione consisteva in una politica di investimenti pubblici su larga scala e in generale in politiche fiscali espansive. Il mercato del capitale "Classici" Marshall e altri) S  S(r) con S’(r)>0 I  I(r) con I’(r)<0 Per i “classici” (in particolare Marshall), i risparmi e gli investimenti erano funzione, rispettivamente diretta ed inversa, del tasso d’interesse reale e riflettevano le decisioni di famiglie e imprese. Keynes S  SY con S’Y0 I  I(i) con I’(i)<0 Per Keynes, come si è visto, il risparmio era funzione del reddito corrente, gli investimenti invece, a parità di aspettative imprenditoriali (animal spirits) erano funzione inversa del tasso di interesse nominale. Sul mercato del capitale gli investimenti risultavano dunque indeterminati, salvo ipotizzare che il tasso di interesse venisse definito esogenamente su un altro mercato (l’ultimo): quello della moneta. Il mercato della moneta Raggiunta la piena occupazione invece: “L’unità di salario e i prezzi aumenteranno in misura esattamente proporzionale all’aumento della domanda effettiva” Ibidem). Aspetti della "filosofia sociale" di Keynes (cap. 24 La Teoria generale ha suscitato un vivace dibattito teorico e di policy che è proseguito fino ad anni recenti. Essa è stata alla base di politiche fiscali espansive negli anni ’50 e ’60 del Novecento. Tali politiche, peraltro, sono state sottoposte a ripensamento critico, soprattutto dagli anni ’70, da parte dei monetaristi, dei “nuovi economisti classici” e, con argomentazioni diverse, degli economisti della scuola austriaca e neo-austriaca. Da parte di questi ultimi Keynes viene presentato come un intellettuale statalista e quasi socialista, caratterizzato da ostilità preconcetta nei confronti dell’iniziativa individuale e dell’impresa. Queste critiche appaiono tuttavia infondate Keynes era di fatto un moderato, sostenitore dell’economia di mercato. Negli anni ’30, tuttavia, si convince che i valori liberali e la libera iniziativa in ambito economico siano sul punto di crollare, travolti dalla Grande depressione e dall’avanzata dei regimi totalitari: nazismo in Germania e stalinismo in Russia. L’unica via di salvezza viene individuata da Keynes in una profonda revisione del capitalismo, in grado di correggerne i limiti più gravi. Due in particolare: Persistere di forti disuguaglianze nella distribuzione dei redditi. Incapacità di garantire in modo duraturo la piena occupazione. Il primo punto era stato peraltro in parte corretto a partire dalla fine Ottocento da politiche fiscali redistributive. Più grave e urgente era per Keynes il secondo punto: questo poteva essere affrontato solo mediante investimenti pubblici che affiancassero quelli privati. Con queste correzioni, l’economia di mercato, basata sull’economia individuale, appariva a Keynes quale sistema decisamente preferibile, in grado di garantire efficienza e libertà personale, oltre a costituire la “migliore tutela della varietà della vita la cui perdita è la massima fra tutte le perdite dello Stato omogeneo e totalitario” Keynes, Teoria generale, cap. 24, p. 574. Unità 15 Il dibattito macroeconomico dopo la General Theory (la “sintesi neoclassica”, il monetarismo, i “nuovi economisti classici”) La Teoria generale di Keynes costituì un fondamentale punto di svolta con riferimento al dibattito teorico e alle scelte di politica economica nel corso del Novecento. Tuttavia, la teoria macroeconomica mainstream che emerse nei primi anni ’50 (e rimase dominante fino ai primi anni ’70 fu, di fatto, una sintesi tra il contributo di Keynes e la teoria pre-keynesiana: tale approccio è noto come sintesi neoclassica. Gli economisti che hanno elaborato la sintesi neoclassica sono stati, in primo luogo: John Hicks 19041989, Alvin Hansen 18871975, Paul Samuelson ==(19152009, Franco Modigliani 19182003, Don Patinkin 19221995. In questa sede analizzeremo in particolare il contributo di John Hicks e di D.Patinkin e l’elaborazione della Curva di Phillips da parte di P. Samuelson e R. Solow. John Hicks Laureatosi nel 1923 a Oxford, fu docente di economia alla London School of Economics di Londra (192635, a Cambridge (193538 e successivamente a Oxford (194671. Conseguì il premio Nobel nel 1972. Opere principali: 1932 The Theory of Wages 1939 Value and Capital 1965 Capital and Growth 1980 “ISLM An Explanation”, Journal of Post Keynesian Economics. Nel 1937 pubblica su Econometrica una lunga recensione alla General Theory (“Mr. Keynes and the Classics”) nella quale elabora il modello ISLM. Il modello ISLM di Hicks si affermò quale framework interpretativo “standard” della teoria di Keynes. L’interpretazione hicksiana (che Hicks stesso ritrattò in parte in un articolo pubblicato nel 1980 sul Journal of Post Keynesian Economics) si basa tuttavia soprattutto su: Un framework metodologico di tipo walrasiano. Determinazione simultanea dell’equilibrio mediante un sistema di equazioni, in contrapposizione con le relazioni di causalità e il metodo degli equilibri parziali proprio di Keynes). Gli scritti degli economisti svedesi: in particolare Hicks riprese la distinzione ex ante/ex post elaborata da Erik Lindahl (18911960. Il modello ISLM è, come noto, un sistema a 2 equazioni (che rappresentano rispettivamente il mercato dei beni e il mercato della moneta) e 2 incognite (Y,i). L’equilibrio del sistema economico (equilibrio “generale”) viene determinato simultaneamente mediante l’interazione delle relazioni IS ed LM. “Mr Keynes’ special theory”: nell’analisi di Hicks, la teoria keynesiana viene considerata una “special theory” riassumibile in estrema sintesi in tre equazioni: M  L(i) I  f (i) S  f (Y Rispetto alle equazioni “classiche”, le differenze erano date da: Preferenza per la liquidità: “the demand for money is conceived as depending upon the rate of interest”. Il risparmio è esclusivamente funzione del reddito: “any possibile influence of the rate of interest on the amount saved out of a given income is neglected”. Tuttavia, scrive Hicks: “Mr Keynes does not in the end believe that the demand for money can be determined by a variable alone, not even the rate of interest” Hicks, 1937, p. 152. Soluzione di Hicks: “Mathematical elegance would suggest that we ought to have Y and i in all three equations, if the theory is to be really General” Hicks, 1937, p. 156. M  L(Y,i) I  f (Y,i) S  f (Y,i) (come noto, la prima equazione è alla base della LM, le altre 2 della IS. Le differenze tra Keynes e i classici vengono analizzate da Hicks con riferimento alle rispettive pendenze delle curve IS e LM e quindi alle elasticità di risparmi, investimenti e domanda di moneta rispetto al reddito e al tasso di interesse. Don Patinkin Nato nel 1922, conseguì il Ph.D. nel 1947 presso l’Università di Chicago sotto la supervisione di Oskar Lange. Emigrato in Israele nel 1949, fu quindi docente di economia presso la Hebrew University di Gerusalemme. I suoi contributi teorici più importanti fanno riferimento all’economia monetaria e alle micro-fondazioni della macroeconomia keynesiana. Opere principali: “Price Flexibility and Full Employment”, American Economic Review, 1948. Money, Interest and Prices: an Integration of Monetary and Value Theory, 1956. Patinkin e il real balance effect In due articoli pubblicati nel 1943 e nel 1947, Cecil Pigou aveva osservato che se assumiamo “outside debt’ (moneta della banca centrale) una riduzione dei prezzi si traduce in un incremento della domanda aggregata (Pigou effect). Patinkin (in un articolo pubblicato nel 1948 e in Money, Interest and Prices, 1956 sottolinea la rilevanza analitica dell’analisi di Pigou. In base all’effetto Pigou (o real balance effect), sostiene Patinkin, un sistema colpito da shock negativo è in grado di ritornare all’equilibrio (contrariamente a quanto ritenuto da Keynes) posto che i salari non siano rigidi. Infatti: se i salari sono flessibili, u > un si traduce in una riduzione dei salari nominali e dei prezzi. Ne segue che M/P↑ (incremento dei saldi monetari reali), che è in grado di determinare di per sé un aumento di consumi e investimenti. Patinkin ammette peraltro che tale meccanismo è valido solo in un contesto statico. In un contesto dinamico, P↓ determina verosimilmente aspettative di ulteriore riduzione dei prezzi → effetto: riduzione della domanda. Critica di Patinkin 1969 l’approccio di Friedman non è basato sulla Chicago tradition ma riflette l’approccio di Cambridge (versione delle scorte liquide o cash balance approach). Offerta di moneta: è esogena ed è controllata dalle autorità monetarie. Aumenti dell’offerta di moneta esercitano effetti sull’economia reale (money matters). Tuttavia Friedman distingue tra: Breve periodo: variazioni di M determinano variazioni dei prezzi ma anche del reddito. Lungo periodo: il sistema è in equilibrio. Variazioni di M hanno effetti puramente nominali (variazioni proporzionali di P. Inflazione: è la conseguenza di un eccesso di creazione di moneta. Friedman: “l’inflazione è sempre e solo un fenomeno monetario”. Il “meccanismo di trasmissione” da M all’economia reale nell’analisi di Friedman. Meccanismo diretto: se Ms↑ le scorte liquide degli operatori (real balances) sono maggiori di quelle desiderate. L’eccesso di liquidità viene speso e si traduce in aumento del reddito nominale e dei prezzi. Variazioni di Ms sono efficaci nel breve periodo. Tuttavia, Friedman è contrario a politiche monetarie “attive” (contrarietà a politiche di fine tuning). Infatti nella sua analisi: Gli impulsi monetari esercitano un’influenza sulle variabili reali con sfasamenti temporali ampi e variabili. Il livello di conoscenze delle autorità è piuttosto limitato. Gli interventi discrezionali rischiano dunque di avere effetti destabilizzanti. La soluzione ottimale, secondo Friedman, è quella di adottare regole fisse (rules vs. discretion debate). In particolare, secondo Friedman, la regola ottimale è che il tasso di accrescimento di Ms sia pari al tasso di crescita di Y nel lungo periodo M. Friedman, A Program for Monetary Stability). Ipotesi sottostante: il mercato lasciato a sé è più stabile di quanto non sia in presenza di politiche discrezionali. Le fluttuazioni economiche non hanno origine da dinamiche interne al settore privato, che anzi è in grado di assorbire shocks esterni anche molto forti. I sistemi economici nella sua analisi tendono a convergere verso l’equilibrio: ipotesi implicita di natural order. Le fluttuazioni sono causate secondo Friedman da scelte arbitrarie del settore pubblico e da politiche fiscali e monetarie erronee. Analisi di case studies storici: in A Monetary History of the United States (scritto con A. Schwartz) la causa principale della Grande Depressione viene individuata nell’incapacità da parte della Federal Reserve di contrastare, con adeguati aumenti di base monetaria, una drastica riduzione di M1 (determinata a sua volta da una forte contrazione del moltiplicatore monetario). Contrariamente all’impostazione keynesiana, Friedman ritiene che la politica fiscale sia scarsamente efficace. Questa ipotesi viene rafforzata, in Friedman, dalla “tesi dello spiazzamento”: dato Ms, un aumento di spesa pubblica provoca un rialzo di i; di conseguenza risulta spiazzata la capacità degli imprenditori privati di prendere a prestito (ipotesi di LM verticale o molto inclinata). Negli anni ’60 e ’70 le tesi monetariste sono state alla base di un intenso dibattito teorico ed empirico con i keynesiani. Temi centrali in discussione: La stabilità della velocità di circolazione della moneta. L’elasticità della domanda di moneta rispetto al tasso di interesse. Ruolo delle aspettative, tasso naturale di disoccupazione e configurazione della Curva di Phillips. Concetto di Natural Rate of Unemployment (NRU e critica alla Curva di Phillips. Friedman: l’economia, purché non disturbata da politiche economiche erronee, tende a raggiungere l’equilibrio di piena occupazione. Anche in equilibrio, tuttavia, u > 0. Tasso di disoccupazione naturale (NRU: corrisponde in larga misura alla disoccupazione frizionale e può variare notevolmente a seconda dei contesti istituzionali. Può essere ridotto solo con interventi di tipo strutturale. Tentativi di ridurre “artificialmente” NRU mediante politiche monetarie e/o fiscali: nel breve periodo hanno qualche efficacia, ma solo a prezzo di inflazione crescente. Le critiche di Friedman alla Curva di Philips: la curva di Phillips di Samuelson-Solow era incompleta in quanto non teneva conto di NRU e aspettative degli agenti. Ipotesi di Aspettative adattive: nell’analisi di Friedman, gli individui formulano le proprie aspettative estrapolando rispetto all’esperienza passata. In particolare, rivedono proprie previsioni sulla base della differenza tra tasso di inflazione previsto nel passato e il tasso effettivamente verificatosi → . In corrispondenza di NRU si ha situazione di prezzi stabili. Critica di Friedman alle politiche interventiste di tipo keynesiano degli anni ’60: esse si proponevano di ridurre u al di sotto del “livello naturale” nell’illusione che il trade-off tra u e tasso di inflazione fosse stabile. Friedman: gli individui sono razionali, si preoccupano delle variazioni non del salario nominale ma di quello reale. Essi dunque incorporano nei propri calcoli . Nella formulazione di Friedman l’equazione della curva di Phillips diviene dunque: . Per Friedman e i monetaristi non è possibile parlare di un’unica curva di Phillips, ma di un insieme di curve di Phillips di breve periodo, una per ogni tasso di inflazione atteso. π π λ π π πe πt = πet − α t I "nuovi economisti classici" L’approccio teorico dei NEC inizia ad affermarsi in ambito macroeconomico negli anni ’70. Autori più importanti: Robert E. Lucas; Thomas J. Sargent. Contrapposizione frontale al paradigma keynesiano: “That these predictions (of the Keynesian doctrine) were wildly incorrect and that the doctrine on which they were based is fundamentally flawed are now simply matters of fact. The task now facing contemporary students of the business cycle is to sort through the wreckage, determining which features of that remarkable intellectual event called the Keynesian Revolution can be salvaged and put to good use and which others must be discarded” R.E. Lucas - Thomas J. Sargent, “After Keynesian Macroeconomics”, Fed. Bank of Minneapolis Quarterly Review, 1978. Obiettivo: fondare l’andamento aggregato dell’economia sul comportamento razionale e massimizzante degli individui. Due gli elementi fondanti dell’impostazione metodologica e del programma di ricerca dei NEC Esigenza di “microfondare” la macroeconomia (in conformità con il modello walrasiano di equilibrio economico generale e di equilibrio istantaneo). Adozione dell’ipotesi di aspettative razionali Rational Expectations Hypothesis: REH) J. MUTH, 1961. Muth: le aspettative si basano su un atteggiamento previsivo tendente a sfruttare tutta l’informazione disponibile. Nuovi economisti classici: tendono a combinare la REH con l’ipotesi NRU elaborata a suo tempo da Friedman. In conformità con il modello walrasiano, i NEC ritengono che i prezzi si aggiustino istantaneamente e siano in grado di “sgombrare” i mercati (clearing markets hypothesis). Di conseguenza, la curva di Phillips tende ad essere verticale anche nel breve periodo (non è individuabile alcun trade-off tra π e u). Ipotesi di inefficacia della politica monetaria Variazioni sistematiche (prevedibili) dell’offerta di moneta non hanno alcun effetto sull’economia reale. Le politiche monetarie possono essere efficaci e influenzare le variabili reali solo se imprevedibili. L'analisi dei business cycles Ipotesi di Lucas: il sistema economico tende ad essere stabile. Non vi è tendenza endogena allo squilibrio. Gli squilibri hanno carattere esogeno. Si ipotizzano in particolare: mercati isolati e information lags. In tale ambito si ipotizza che shocks monetari esogeni determinino aumenti di P interpretati erroneamente dagli individui come variazione dei prezzi relativi. In conseguenza di ciò gli individui modificano le proprie scelte di produzione e consumo. Tali errori tendono peraltro ad aggiustarsi nel tempo.
Docsity logo


Copyright © 2024 Ladybird Srl - Via Leonardo da Vinci 16, 10126, Torino, Italy - VAT 10816460017 - All rights reserved