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La drammaturgia del primo Cinquecento: Commedie e spettacoli in Italia - Prof. Petrini, Sintesi del corso di Storia del Teatro e dello Spettacolo

La commedia italiana del Cinquecento, che si distingue per la sua mescolanza di tradizione latina e boccacciana. Vengono presentate figure come Niccolò Campani, Angelo Beolco (Ruzante) e Callimaco, e i loro contributi alla commedia e al teatro mimico. anche della specializzazione di Siena nella commedia rusticana e della spettacolarità fiorentina.

Tipologia: Sintesi del corso

2018/2019

Caricato il 19/10/2021

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Scarica La drammaturgia del primo Cinquecento: Commedie e spettacoli in Italia - Prof. Petrini e più Sintesi del corso in PDF di Storia del Teatro e dello Spettacolo solo su Docsity! Storia del teatro e dello spettacolo Capitolo 4 La drammaturgia del primo Cinquecento La commedia italiana del Cinquecento si pone come punto d'incontro tra la tradizione Latina e la tradizione di Boccaccio, in particolare del Decameron percepito come uno straordinario serbatoio di vicende drammaturgiche, pieno di situazioni comiche, fondate sul piacere della beffa, ma anche di intrecci che stimolano la curiosità più piccante. D'altra parte, il moralismo della società romana consentiva che le commedie di Plauto e di Terenzio trattassero di amori di giovani scapoli con giovani nubili, ma sicuramente non ammetteva vicende di adulteri, che costituiscono invece quasi la norma dell'universo giocoso di Boccaccio. Niccolò Campani detto Strascino + accanto alle rappresentazioni di commedie latine e di commedie italiane, troviamo anche diversi tipi di spettacoli mimico — gestuali di buffoni, giocolieri, mimi, danzatori che inventano talvolta delle vere e proprie maschere teatrali. Uno di questi è Campani di cui sono rimasti tre testi teatrali pubblicati tra il 1511 eil 1520, uno di questi è, appunto, lo Strascino . Campani è la figura più nota di una realtà senese fatta di piccoli intellettuali di modesto livello culturale, che amano scrivere e recitare una ricca gamma di testi teatrali e la novità più significativa tra questi è /a commedia rusticana o commedia alla villanesca. Nasce nel Medioevo e si prolunga fino al Cinquecento una violenta polemica contro i contadini, i “Villani” che affonda nel contrasto città — campagna. L'aria senese si specializza nella definizione del personaggio teatrale del villano, presentato come grossolano, bestiale, maligno. Campani impone sulla scena questo personaggio, apprezzato alla Corte del Papa e richiesto anche alla Corte del marchese di Mantova. È probabile che gli operasse con una troupe ristretta, recitando lui stesso almeno tutte le battute dei quattro contadini che vanno a contrastare sia il proprietario con cui sono in lite, sia il giudice che dovrebbe risolvere la lite, imponendo con la minaccia il punto di vista villanesco. C'è una testimonianza di un funzionario estense che descrive al duca di Ferrara una performance di Campani in cui mette in rilievo come questi reciti “da sé solo”, facendo intendere come questa sia una pratica insolita e per questo degna di lode. C'è una differenza notevole tra la modesta qualità della scrittura e l'entusiasmo dei contemporanei, segno che la composizione scritta è soltanto un pretesto per esibire un'abilità tutta attorica e che mostra principalmente le doti di imitatore. Da queste rappresentazioni abbiamo la conferma che la Corte apprezzava sia la spettacolarità bassa, sia quella alta. Venezia > fuori dalla rete delle corti centro — settentrionali, il gusto del teatro si diffonde con un certo ritardo. A Venezia, dove non c'è una Corte, il teatro è percepito come una potenzialità trasgressiva ed il motore trainante è rappresentato dalle Compagnie della Calza (sorta di calzamaglia attillata che portavano i gentiluomini del tempo). C'erano diverse associazioni che si preoccupavano di organizzare eventi ludici e festivi per le ricorrenze del carnevale, ma anche per onorare l'arrivo di ospiti illustri. Accanto ai dilettanti troviamo giocolieri, buffoni e professionisti del teatro più impegnato culturalmente, come l'attore lucchese Francesco Nobili, detto Cherea ed è grazie a lui 1 che il pubblico veneziano comincia a conoscere volgarizzamenti dei testi di Plauto e Terenzio. L'industria tipografica veneziana, dal punto di vista dei testi teatrali, è assai viva nei primi dieci anni del secolo, in risposta a una partecipazione progressiva sempre più ampia agli eventi teatrali. Si consuma teatro, su invito, nelle case Patrizie delle Compagnie della Calza, ma anche a pagamento, in altre sale aperte a un pubblico più variegato. Angelo Beolco detto Ruzante > si impone in questo ambiente di varietà, scrive (in dialetto padovano) e recita i suoi testi che presenta spesso a Venezia, introdotto probabilmente dai circoli delle Compagnie della Calza. Sappiamo poco della sua vita e anche la cronologia delle sue opere è controversa. Sappiamo che è un borghese abbastanza agiato, dotato di una certa cultura e operante sul piano pratico come uomo di fiducia di un ricco latifondista e anche per questo ha una grande conoscenza del mondo della campagna. Le sue prime opere la Pastoral (1517 — 18) e la Bètia (1524) sono entrambe scritte in versi, mentre la restante produzione sarà in prosa. | dialoghi Parlamento e Bilora e la commedia Moschetta, si ha una sorta di superamento parodistico nei confronti della realtà contadina probabilmente dovuta all'esperienza della terribile carestia, in questo periodo, infatti, Beolco acquista, per conto del suo padrone, case e terreni dai contadini affamati. La fame, dunque, non è più ingordigia buffonesca, ma è fame autentica, tragica, il contadino non è più uno strumento per la polemica, ma diventa protagonista. Parlamento e Bilora sono i suoi due altissimi capolavori, ambientati a Venezia, quindi in città, e introducono una novità rispetto alle altre opere ambientate in campagna. Beolco mette in evidenza le contraddizioni della società, il rapporto di alienazione e sfruttamento della campagna. Nel Parlamento il villano Ruzante è reduce dal campo militare. Andato in guerra per arricchirsi e sfuggire la fame, ritorna più miserabile di prima con in più la paura dell'esperienza vissuta. Inoltre, la sua donna è andata in città e si accompagna ad un uomo poco raccomandabile. La tensione sta proprio nel desiderio di Ruzante di riavere la sua donna, unico punto di riferimento, e il rifiuto della donna di tornare a vivere la miseria con lui. La fine conferma il destino di sconfitta e di frustrazione del villano. In Bilora il contadino arriva in città per riprendersi la moglie che gli è stata portata via da un vecchio mercante veneziano. Anche qui la moglie rifiuta di tornare con lui e di vivere una vita di fame di stenti. La tensione teatrale si accende nel contrasto tra i due uomini. Il finale, che vede l'avversario ucciso dal villano, non modifica comunque il destino di eterno sconfitto che è in lui. Inoltre, Bilora non uccide per un senso dell'onore, ma uccide sotto l'effetto del vino, in modo involontario. Viene così delineata la loro vita in un continuo stato di eccitazione che gli è necessaria per superare le avversità. In Moschetta, Ruzante è già in qualche modo integrato nella realtà cittadina di Padova, anche se è rigettato ai margini e vive di esperienti. Questi espedienti però tendono a perdere carica polemica, ma si avvicinano ai giochi delle commedie tradizionali, incentrate su colui che crede di essere più furbo degli altri mentre è più sciocco. Ritroviamo qui gli equivoci e i travestimenti di tante commedie del Cinquecento. La Moschetta segna indubbiamente il passaggio all'ultima fase della produzione di Beolco dichiaratamente classicheggiante con rifacimenti a Plauto e Terenzio. 2
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