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Teatro in Francia nel Cinquecento: monopolio Hôtel de Bourgogne e sale Parigi, Dispense di Storia del Teatro e dello Spettacolo

La storia del teatro in francia verso la fine del cinquecento, con particolare riferimento al monopolio dell'hôtel de bourgogne e alle sale di parigi in cui si mettevano in scena spettacoli. Il documento illustra come l'hôtel de bourgogne divenne la sala delle compagnie italiane, come la farsa francese e come le regole classiche per la rappresentazione delle passioni. Vengono inoltre descritti gli anni del successo e delle 'querelles' di molière.

Tipologia: Dispense

2021/2022

Caricato il 23/02/2024

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martina-chiappetta-2 🇮🇹

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Scarica Teatro in Francia nel Cinquecento: monopolio Hôtel de Bourgogne e sale Parigi e più Dispense in PDF di Storia del Teatro e dello Spettacolo solo su Docsity! IL TEATRO FRANCESE NEL SEICENTO Compagnie, sale e generi drammatici Verso il “secolo d’oro” Il teatro in Francia verso la fine del Cinquecento • 1518 Il re Francesco I conferma ai membri della Confrérie de la Passion il privilegio delle rappresentazioni teatrali (Misteri e farse) nella città di Parigi (concesso per la prima volta da Carlo VI nel 1402). La Confrérie si installa nell’antico ospedale della Trinità, fino al 1543. • 1548 Un ordine del Parlamento di Parigi interdice alla Confraternita tutte le rappresentazioni “religiose”. La Confrérie trasferisce il proprio privilegio dalle rappresentazioni profane (spectacles) alla sala (salle). Inizia la costruzione dell’Hôtel de Bourgogne. I teatri a Parigi all’inizio del Seicento Nel primo ventennio del Seicento sono 4 le sale di teatro in cui si mettono in scena spettacoli nella città di Parigi: • La sala dell’Hôtel de Bourgogne, unica depositaria del privilegio per gli spettacoli “profani” • La sala del Théâtre du Marais • Le due sale del Palais des Tuilleries e del Petit Bourbon al Louvre, destinate al teatro di Corte dal 1582 La sala “alla francese” Le qualità distintive della sala francese possono essere così definite: • La sala ha una forma rettangolare (tale era la struttura del jeux de paume). • Il pubblico si ripartisce su tutti e tre i lati di questo rettangolo, in più livelli: il parterre situato al di sotto della scena; due o tre livelli di loges o gallerie, disposti parallelamente sui muri di fondo laterali e in posizione perpendicolare rispetto alla scena; un amphithéâtre, costituito da una serie di gradini posizionati nel fondo della sala e di fronte alla scena, al di sopra del parterre. • La scena, sopraelevata e in pendenza, ha una superficie ristretta e occupa, generalmente, un terzo della superficie della sala; non costituisce un quadro autonomo, piuttosto è delimitata dalle loges, i cui pilastri fungono da limite ottico. • Il rapporto tra sala e scena non è costruito per consentire una visione centrale, non è organizzato in funzione della verosimiglianza della scenografia prospettica, né, dunque, definito in funzione di un punto focale unico (più di due terzi degli spettatori sono seduti perpendicolarmente al quadro scenico, nelle gallerie laterali) Prospetto della Sala dell’Hotel de Bourgogne prima dei lavori di restauro del 1647 (Disegno di Dominque Leconte Pierre Pasquier, L’Hotel de Bourgogne e son evolution architectural, in Les lieux du spectacle dans l'Europe du XVIIe siècle Actes du colloque a cura di Charles Mazouer. La compagnia dell’Hôtel de Bourgogne • 1629 La troupe des Comédiens du Roi ottengono il privilegio esclusivo dell’Hôtel de Bourgogne (Novembre 1629). La Troupe royale è diretta a quest’epoca dall’attore Bellerose, allievo di Valleran le Conte, insieme a Robert Guérin (Gros Guillaume nella farsa e La Fleur nella commedia), Floridor e Hauteroche. La troupe contava tra gli attori più celebri dell’epoca: Valleran le Conte, e tre grandi attori della farsa francese, Gros Guillaume, Turlupin e Gaultier-Gaurguille, Bellerose, Mademoiselle Bellerose, Charles Le Noir, Jodelet, Floridor, Montfleury, Raymond Poisson, Baron e la Champmeslé (molti dei quali passeranno nella compagnia di Molière). Dal 1665, la troupe dei Comédiens du Roi divide il privilegio degli spettacoli dell’Hôtel de Bourgogne con la compagnia degli Italiani e con la troupe di Molière. Dal 1680 al 1783 Théâtre de la Comédie Italienne (interruzione tra il 1697 e 1716, in cui il teatro resta chiuso) La concorrenza tra l’Hôtel de Bourgogne e il Théâtre del Marais Dal 1622 una nuova troupe operava a Parigi, facendo concorrenza all’Hotel de Bourgogne, quella di Charles Le Noir e del celebre attore Montdory, tornato dopo una tourné in provincia (a Rouen). La troupe del Marais • 1622-1625 La troupe, sotto la protezione del Principe di Orange, mette in scena i suoi spettacoli in diverse sale (jeu de paume) di Parigi. Alla morte del principe di Orange, la troupe si installa stabilmente a Parigi, sotto la protezione di Richelieu, facendo concorrenza alla troupe dell’Hotel de Bourgogne. • 1629 Montdory incontra a Rouen il giovane Corneille e lo fa debuttare a Parigi, con Mélite., sulla scena del jeu de paume de Berthault, in cui resta con la sua compagnia fino al 1631. • 1632 La compagnia di Montdory s’installa al jeu de paume de la Fontaine, e mette in scena una nuova opera di Corneille, La Veuve, e una commedia di Georges Scudery. Una scena di farsa all’Hôtel de Bourgogne verso il 1633 Al centro da sinistra a destra Turlupin, Gaultier-Garguille e Gros-Guillaume (Gravure d'Abraham Bosse) La farsa francese I personaggi • Gros-Guillaume (nome d’arte di Robert Guérin), direttore della Troupe Royale, che sarà rilevata dopo la sua morte nel 1634 dall’attore Bellerose. Il personaggio indossa una casacca bianca e un copricapo rosso. Di fisico enorme e panciuto, infarinato (incipriato) in volto. Silenzioso, ricopriva il ruolo del servo o dell'ubriaco sciocco, che spesso veniva beffato dal furbo e astuto Turlupin. La farsa francese I personaggi • Gaultier-Garguille. Magro e allampanato, vestiva di nero, con maniche rosse e scarpette nere. In testa portava una calotta piatta e aveva una lunga barba a punta. Il viso era coperto da una maschera. Era in grado di controllare i movimenti del corpo alla perfezione, tanto da sembrare una marionetta. Impersonava la figura del marito geloso oppure quella del vecchio borghese avaro, nella tragedia quella del Re. • Turlupin Il suo personaggio era quello del servo astuto e scroccone. Per il costume di scena a bande verticali, è quello che più si avvicina alle maschere italiane, in particolar modo a Brighella. Altri generi • La tragicommedia In Francia, il termine compare per la prima volta in Robert Garnier nella sua opera Bradamante (1582), ispirato alle avventure dell’Orlando furioso di Ariosto. Il genere si sviluppa quindi all’inizio del XVII secolo con Alexandre Hardy, proponendo al pubblico spettacoli carichi di avventura ed emozione. Caratterizzata da: • ibridazione di comico e tragico; • abbondanza di peripezie e centralità dell’intrigo (trama complessa, avventure romanzesche); • personaggi eroici, di alta estrazione, ma carichi di contraddizioni (duello interiore); • finale lieto. Il teatro nel Seicento in Francia Una sommaria periodizzazione: • 1624-1642 • 1642-1659 • 1660-1680 1624-1642 Gli anni di Richelieu A partire dagli anni 30 cambia lo statuto sociale del teatro. • 1635 Richelieu fonda l’Académie Française • 1637 La querelle du Cid di Pierre Corneille • Una nuova generazione di autori drammatici: Pierre Corneille (1606- 1684), Georges Scudery (1601-1667), Tristan L’Hermite (1601-1655), Jean de Rotrou (1609-1650), Paul Scarron (1610-1660) Pre-classicismo Si gettano le basi teoriche ed estetiche dei generi “regolari” (Tragedia e commedia) e delle regole della drammaturgia “classica” ( le cosidette tre unità e i principi di vraisemblance, bienséance) Processo di “Nazionalizzazione” della cultura (def. di Sartre) come sistema economico organizzato (finanziamenti e tutele ufficiali) La genesi dei generi “classici” Durante il decennio 1630-1640 si elaborano le basi della drammaturgia classica. • La rilettura della Poetica di Aristotele • La questione della lingua. La tragedia come “poema drammatico”. Prima della creazione di uno stile tragico, fu necessario un rinnovamento della lingua poetica poetica (Malherbe 1555-1628, superamento del manierismo barocco e tentativo di “depurare e disciplinare “ la lingua francese con uno stile logico, chiaro e razionale) La genesi dei generi “classici” Nel 1630, Jean Chapelain pubblica la Lettre sur la règle des vingt-quatre heures • Il principio di imitazione degli Antichi (“Je pose pour fondament que l’imitation doit etre si parfaite qu’il ne paraisse aucune différence entre la chose imitée et celle qui imite”) • Catarsi (purificazione dalle passioni “déreglées”) come effetto dell’Imitazione (“le spectateur doit etre présente à l’action comme à une veritable action”) • Regola delle 24 ore: il tempo della rappresentazione deve svolgersi nell’arco di un giorno naturale (al fine di rendere “verosimile” l’imitazione) Caratteri della tragedia “pre-classica” • 1634 La Sophonisbe di Jean Mairet, prima tragedia “regolare”. A distanza di qualche mese vengono rappresentate altre 3 tragedie : Hyppolite di La Pinelière, La Mort de César di Scudery e Medée di Corneille. • Soggetto “storico” (principalmente ispirato alla storia romana) • L’azione “spettacolare” lascia progressivamente il posto alla “drammaturgia della parola” (ma, nel 1630 troviamo ancora la rappresentazione della morte sulla scena nella Crisante di Rotrou) • Conformità alle regole e ai precetti derivati dall’estetica e poetica classica (Aristotele e Orazio) Le critiche estetiche di Scudery • Sul concetto di vraisemblance: Secondo Scudery se lo storico racconta il vero, il poeta racconta il verosimile. Nel caso del Cid, Corneille ha raccontato il vero, ossia una “verità scioccante e scandalosa” (il matrimonio di Chimene con l’uomo che ha ucciso suo padre). Lo scopo della tragedia è dunque il racconto di un’azione verosimile e non vera. Nel concetto di verosimiglianza, secondo Scudery, è implicata innanzitutto la relazione tra autore e spettatore nei confronti di una percezione comune delle cose: della natura, del mondo, delle referenze, dei modelli. La verosimiglianza è, nell’estetica classica, la rappresentazione di una verità conforme a colui che vede la rappresentazione, che implica un aggiustamento della verità al mondo di credenze e di idee dello spettatore al quale la rappresentazione stessa si rivolge. Le critiche estetiche di Scudery Nel Cid, afferma Scudery lo spettatore percepisce che vi è qualcosa di extraordinaire (cioè non conforme alla natura comune, inverosimile) nella scelta di Chimene di sposare l’uccisore di suo padre. Inoltre, in questa azione non vi è niente di nobile. “È vero che Chimene sposa il Cid, ma non è affatto verosimile che una giovane donna d’onore sposi l’assassino di suo padre. Questa azione è adatta per uno storico, ma non vale per il poeta” “Il poema teatrale fu inventato per istruire divertendo: esso non manca di mostrare sulla scena la virtù ricompensata e il vizio punito. La pièce del Cid è un cattivo esempio: vediamo una giovane donna snaturata non parlare che di follie (d’amore), mentre dovrebbe parlare solo della sua sfortuna; dolersi per la perdita di un amante quando dovrebbe piangere quella di suo padre; amare ciò che dovrebbe odiare, e infine unire il suo destino a colui che ancora gronda del sangue di suo padre (…) Jean Racine (1639-1699) e la tragedia classica francese Nel teatro classico francese, il “tragico” (Tragique) si caratterizza per la disposizione all’interno di un intrigo di una crisi che determina uno o più “pericoli di morte” ai quali sono sottomessi questi personaggi. In sostanza, la tragedia detta “classica” francese è un genere sostenuto da un codice drammaturgico (le regole), da un codice recitativo (la declamazione), che determina uno specifico effetto (morale). Assistere ad una “tragedia classica” significa aspettarsi di veder rappresentata sulla scena un’azione corrispondente a ciò che si considera conforme alla tragedia, recitata nello stile che ci si attende da una tragedia, da personaggi conformi alle norme che definiscono l’”eroe tragico”. L’effetto della tragedia Nella drammaturgia classica, la nozione di catharsis (pietà e terrore) viene rielaborata, assumendo delle diverse accezioni. • Dalla pietà all’ammirazione È Corneille che nell’Examen di Nicomède (1660), critica la definizione aristotelica di catarsi (difficile da comprendere e da realizzare) proponendo di sostituire al principio di “pietà” quello di “ammirazione” che offre allo spettatore la possibilità di una maggiore distanza critica nei confronti del personaggio e dunque aumenta la capacità di elaborare un esame critico del suo carattere, isolare le passioni negative (ira, vendetta, ambizione ecc) dalle Virtù (clemenza, giustizia, prudenza ecc.). Racine parlerà di compassione e non di ammirazione. Per Racine il “tragico” della tragedia consiste nell’eccitazione delle emozioni (dal tragico al “patetico”). Nella Préface di Iphigénie, Racine scriverà: “Mes Spectateurs ont été émus des mêmes choses qui ont mis autrefois en larmes le plus savant peuple de la Grèce, et qui ont fait dire, qu’entre Les Poètes, Euripide était extrêmement tragique, c’est-à-dire qu’il savait merveilleusement exciter la compassion et la terreur, qui sont les véritables effets de la Tragédie” Fedra e Ippolito, analisi e lettura Nel 1677, Saint-Evremond scriveva: “Confesso che sia esistito un tempo in cui bisognava scegliere bei soggetti e trattarli adeguatamente; oggi c’è bisogno solo di Caratteri. Racine è preferito a Corneille e i caratteri trionfano sul soggetto” Phèdre è l’emblema di questo passaggio. Al centro di tutto c’è l’eroina tragica, dilaniata tra la passione e la coscienza dell’errore, straziata dal suo dolore che invoca in forma di lamento sublime. Lo scopo della scrittura di Racine appare quindi quello di fare una peinture della passione, vettore privilegiato dell’analisi psicologica umana. Racine scriverà: “Non sono affatto stupito del fatto che questo carattere abbia avuto un successo continuo dall’epoca di Euripide, poiché esso ha tutte le qualità che Aristotele richiede all’Eroe della Tragedia. Fedra non è né completamente colpevole, né completamente innocente”. Fedra è in effetti l’emblema della ricerca, dell’indagine all’interno della mente umana (quête) Ancora nella Préface di Bérenice, Racine ci offre una precisa definizione di tragedia: “una azione semplice, sostenuta dalla violenza delle passioni, dalla bellezza dei sentimenti e dall’eleganza delle espressioni”. L’intrigo di Phèdre Fedra, moglie del Re di Atene, Teseo, confessa a Enone il suo “vergognoso” sentimento nei confronti di Ippolito, il su figliastro (I,3). La notizia improvvisa della morte del Re, fa sperare a Fedra in un nuovo scenario: l’amore per Ippolito non è più colpevole e incestuoso, ma possibile (I,5) Spinta dalla sua confidente, Fedra confessa ad Ippolito il suo sentimento, che la respinge inorridito (II,5). Enone annuncia la notizia che Teseo è ancora vivo, Fedra cade di nuovo in preda al dolore e alla vergogna (III, 3). Per salvare l’onore della sua regina, Enone decide di intervenire con un’accusa falsa e infamante: fa credere a Teseo che Ippolito ha cercato di insidiare Fedra (IV, 1). Teseo condanna suo figlio Ippolito all’esilio e alla morte (IV, 2). Distrutta dal senso di colpa, Fedra rimprovera la sua confidente e la allontana, incitandola al suicidio (IV, 7). Teramene giunge a raccontare la morte eroica di Ippolito (V, 6), poi arriva Fedra che confessa a Teseo la sua colpa e muore dopo aver bevuto il veleno (V, 7). Genesi dell’opera Le fonti di Racine e gli elementi originali Phèdre et Hyppolite, che sarà ripubblicata solo nel 1687 con il titolo Phèdre, fu messa in scena il 1 gennaio 1677. Le Fonti: • Euripide, Ippolito coronato (I, 3: Enone costringe Fedra a confessare il suo amore per Ippolito//IV,2: Ippolito tenta di discolparsi davanti a Teseo// V,6: alcuni elementi del racconto della morte di Ippolito pronunciato da Teramene). Nella tragedia di Euripide, Fedra e Ippolito non si incontrano mai: Fedra si uccide dopo aver “ascoltato” il rifiuto di Ippolito, fatto alla nutrice fuori scena e dopo aver scritto la lettera di calunnia, che sarà poi ritrovata da Teseo e da cui deriverà la condanna di Ippolito e la sua morte. Tutta la seconda parte della tragedia di Euripide, dal terzo episodio in poi, si svolge dopo la morte di Fedra. • Seneca, Fedra (incontro Fedra-Ippolito, morte finale è quella di Fedra; la calunnia messa in opera da Enone) • Elementi originali nella tradizione della Fedra francese: Hyppolite, di Garnier (1573), di La Pinelière (1635); di Gilbert (1647); di Bidar, (1675) e la Phèdre e Hyppolite di Pradon (1677). Si elimina il matrimonio tra Teseo e Fedra; si sottrae la vicenda mitica al peso fatale del destino (fato divino) e lo si sostituisce con intrighi di corte (La Pinelière), inganni, finzioni o false lettere (Bidar), spostando l’attenzione da tragedia “mitica” a tragedia “politica”. Altra introduzione moderna è la gelosia di Fedra e l’amore tra Ippolito e Aricia. • Elementi originali in Racine: l’aggiunta della falsa notizia della morte di Teseo (I,4) Le tappe della carriera di Molière (1622-1673) •1643-1658 Gli esordi e gli anni in provincia. La farsa sul modello italiano •1658-1660 Il ritorno a Parigi e il teatro del Petit Bourbon. La commedia di attualità e la comédie critique •1660-1665 Gli anni del successo e delle “querelles”. La comédie des moeurs e la comédie de caractère •1666-1673 Gli ultimi anni. La canonizzazione della grande comédie e l’eccezione della comédie-ballet 1643-1658: gli esordi e gli anni in provincia • 1643 Utilizzando i soldi dell’eredità materna, dopo il rifiuto di seguire l’attività di famiglia, Molière firma un atto di associazione con altri 9 soci attori e apre L’Illustre Théâtre insieme ai membri della famiglia Béjart (i fratelli iMadeleine, Geneviève e Joseph). La sua personalità lo spinge a diventare attore, a calcare le scene, ma non abbandona la via dello studio e delle lettere, affiancando alla sua attività anche quella di autore. La prima sede dell’Illustre Théâtre era sulla rive gauche, in rue de Seine, al Jeu de Paume des Métayers, poi trasferitasi nel novembre 1644 sulla rive droit, nel Jeu de Paume de la Croix-Noire, fino alla chiusura definitiva del teatro nel 1645 e alla partenza della Troupe per la provincia. • 1653 La troupe è a Lyon. Nello stesso anno, la compagnia recita per il Principe di Conti nella residenza di Pézenas. Per tre anni, fino al 1656, la troupe di Molière sarà conosciuta con il titolo di “Comédiens di Prince de Conti”. Prima attività di Molière come autore: L’ètourdi ou le Contretemps (1653), commedia in 5 atti e versi, traduzione dell’Inavvertito di Beltrame e Le Dépit amoureux (1656), in 5 atti e versi. Per il resto la troupe di Molière rappresenta in questo periodo soprattutto farse ispirate al modello italiano della Commedia dell’Arte. 1660-1665: gli anni del successo e delle “querelles” • 1661 Il 4 febbraio, la compagnia di Molière mette in scena la commedia eroica Dom Garcie de Navarre. È l’ultimo tentativo di Molière attore nel genere della tragedia, dopo l’insuccesso del Dom Garcie, Molière si consacrerà interamente alla commedia. Il 24 giugno mette in scena L’École des maris che ottiene un tale successo da spingere il sovrintendente generale delle finanze, Fouquet, ad invitare la troupe di Molière a rappresentare nel suo castello di Vaux-le-Vicomte, davanti al re in onore dei festeggiamenti di corte, dal 15 al 20 agosto. Il 17 dello stesso mese, Molière mette in scena Les Fâcheux, una comédie- ballet (genere nuovo) che integra commedia, danza e musica, con l’apporto di Jean-Baptiste Lully (compositore), Pierre Beauchamps (coreografo) e Giacomo Torelli (scenografo) 1660-1665: gli anni del successo e delle “querelles” • 1662 Nel gennaio 1662, la compagnia italiana di Domenico Locatelli (Trivelino) torna stabilmente a Parigi e per ordine del re si installa al Palais Royal, recitando in alternanza con la troupe di Molière. Questa volta furono gli italiani, tra cui anche il celebre Tiberio Fiorilli (Scaramouche)e Domenico Biancolelli (Arlecchino), che dovettero recitare nei giorni “straordinari”. 1660-1665: gli anni del successo e delle “querelles” • 26 dicembre 1662 Dopo la rappresentazione dell’École des femmes, prima “grand comédie” in 5 atti e in versi, scoppia la querelle intorno alla “moralità” della commedia: sulla “oscenità” a causa della presenza di alcuni elementi da farsa (il tema del’infedeltà femminile e le allusioni volgari) e sulla “irreligiosità” per un riferimento parodico ai sermoni e ai comandamenti divini nelle raccomandazioni che Arnolphe propone ad Agnès nelle Maximes du mariage ou les devoirs de la femme mariée, avec son exercice journalier (I, 2). Il 1 guigno 1663, Molière mette in scena La Critique de l’École des femmes, in cui l’autore espone attraverso i suoi personaggi i motivi a favore o contro la sua precedente commedia, immettendo nella finzione anche un primo accenno ai una “teoria della commedia”: Uranie La tragedia è un qualcosa di molto bello quando è ben fatta, non c’è dubbio; ma anche la commedia hail suo fascino, e io credo che fare una buona commedia sia altrettanto difficile che scrivere una bella tragedia. Dorante Sicuramente, signora; e se anzi, quanto a difficoltà, metteste un più dalla parte della commedia, non credo che sbagliereste. Perché insomma, io trovo che è molto più facile scatenarsi sulle grandi passioni, sfidare in versi il Fato, accusare gli astri e ingiuriar gli eterni dèi, che penetrare con efficacia nel ridicolo dell’animo umano, e portare sul palcoscenico in modo gradevole i difetti del mondo. 1660-1665: gli anni del successo e delle “querelles” Molière modifica la prima commedia in Tartuffe ou L’Imposteur nel 1655, chiedendo di nuovo a Luigi XIV la possibilità di rappresentarla. Benché i personaggi siano molto mitigati nelle loro intenzioni polemiche, la commedia ebbe una sola rappresentazione. Solo nel 1669 si giunge alla versione definitiva di Tartuffe ou l’Imposteur, quando non più turbato dal mantenimento di una pace religiosa, finito il periodo di crisi aperto dalle polemiche gianseniste, Luigi XIV accordò a Molière l’autorizzazione a rappresentare la commedia, che fu messa in scena il 5 febbraio 1669 al Palais Royal, con un successo trionfante e immediato. • 1664 Molière mette in scena al Palais Royal la prima tragedia del giovane Jean Racine, La Thébaïde. Nello stesso anno arriva la rottura definitiva con Racine, a causa della rappresentazione di Alexandre le Grand 1660-1665: gli anni del successo e delle “querelles” • 1665 Il 15 febbraio, Molière e la sua “Troupe de Monsieur frère unique du roi” mette in scena Le Festin de Pierre, recitando la parte di Sganarelle. La commedia fu accolta con successo: ebbe 15 rappresentazioni consecutive nella sala del Palais Royal. Lo spettacolo provocò tuttavia altre “querelles”: la commedia non sarà mai ripresa durante la vita di Molière e il testo sarà pubblicato solo dieci anni dopo la sua morte. In agosto, in seguito ai molteplici successi, il re concede un contributo di 7000 livres e il titolo di Troupe du Roi alla compagnia di Molière. Stesso riconoscimento che guadagnerà Domenico Locatelli con la sua compagnia italiana e che continuava a recitare nello stessa sala di Molière. 1666-1673: gli ultimi anni • 1666 Molière mette in scena, il 4 giugno 1666, la sua nuova commedia Le Misanthrope, commedia in 5 atti e in versi. Modello esemplare della “grand comédie”. • 1668 Il 13 gennaio 1668, Molière mette in scena al Palais Royal, Amphitrion, commedia in 3 atti e versi liberamente adattata da Plauto. Nell’ambito dei Grand Divertissement royal per la pace di Aix-la-Chapelle (maggio 1668), Molière scrive una nuova commedia per uno spettacolo composito della composizione di Lully, è Georges Dandin, in 3 atti e in prosa. Il 9 settembre è la volta dell’Avare, nuova commedia tratta da Plauto. Insieme al Misanthrope e alle Femmes Savantes (1672) è considerata una delle tre “comédie serieuses” del repertorio molièriano. Non ebbe un grande successo presso i contemporanei, ben offuscato invece dal trionfo di Tartuffe che fu messo in scena pochi mesi dopo, nel febbraio del 1669.
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