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Storia dell’architettura e del territorio pt.1/4, Appunti di Storia Dell'architettura

Appunti del corso con immagini

Tipologia: Appunti

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Scarica Storia dell’architettura e del territorio pt.1/4 e più Appunti in PDF di Storia Dell'architettura solo su Docsity! STORIA DELL’ARCHITETTURA E DEL TERRITORIO Lezione n.1 05/04/2023 Tre testi: Bruno Zevi “Saper vedere l’architettura” AA.VV “Lineamenti di storia dell’architettura” (capitoli indicati) K.Frampton “Storia dell’architettura moderna” (capitoli indicati) Cos’è l’architettura? Domanda attuale ma anche antica. Possiamo dare molte definizione che sono molto variate a seconda di chi ha scritto che cos’è. L’architettura, secondo Vitruvio, è una scienza, che è adornata di molte cognizioni. Si compone di Pratica e Teorica. La pratica è una continua e consumata riflessione sull’uso, e si esegue con le mani dando una forma propria alla materia necessaria di qualunque genere ella sia. La teorica è poi quella che può dimostrare e dar conto delle opere fatte con le regole della proporzione. Il trattato di Vitruvio è uno dei più importanti perché è l’unico che ci è pervenuto. Nel suo trattato “De architectura” cerca di dare i principi fondamentali della disciplina attraverso la sua definizione. Spiega che non è una disciplina esclusivamente legata al fare ma è una vera e propria scienza. L’architettura è una scienza che si suddivide in una parte pratica e in una parte teorica. Vitruvio poi spiega che l’architettura nasce da un pensiero, quindi ha una forte componente intellettuale e poi una componente pratica che si manifesta nella costruzione. Secondo Vitruvio le due cose sono complementari e sono legate l’una all’altra. Le molte cognizioni che l’architetto deve avere spaziano, comprendendo cognizioni che oggi non sono richieste. Inoltre Vitruvio in questo trattato racconta come l’architettura per essere definita tale debba soddisfare tre requisiti: - Firmitas (solidità- statica) - Utilitas (utilità- funzione) - Venustas (bellezza- estetica) La categoria più debole e che cambia con il passare del tempo è l’ultima proprio perché la bellezza varia. Arrivando alle soglie del Rinascimento emerge questa figura importante che è Leon Battista Alberti che intorno alla età del secolo scrive un trattato, il “De re aedificatoria”. Anche questo è in latino, suddiviso in dieci libri su modello di quello di Vitruvio, anche se in realtà scrive il trattato per correggere e criticare le importazioni di quest’ultimo. La prima edizione esce postuma negli anni 80 del 1400. La cosa interessante è che Alberti non definisce l’architettura ma definisce l’architetto. (Da guardare slides). L’architetto è colui che ha le conoscenze tanto teoriche quanto pratiche. È quella figura che ha la teoria e la pratica come spiegava Vitruvio che consentono di gestire tanto le questioni statiche (firmitas) quanto quelle compositive per rispondere alle esigenze degli uomini (utilitas ) in maniera dignitosa (venustas). Alberti si rifà alla categorizzazione vitruviana. A pochi anni di distanza c’è il trattato di Antonio Avellino Filarete, definito come un gran romanzo tardo gotico, mentre quello di Alberti è un trattato puramente teorico e tecnico. Nel suo trattato Filarete ci dice che cosa è l’edificio e lo paragona a un essere vivente, in particolare un uomo che viene concepito dal padre che è il committente e dopo una lunga gestazione portatata avanti dalla madre che è l’architetto. Andando avanti di tre secoli vediamo Francesco Milizia, che è stato un teorico dell’architettura del 700. È uno di quei propugnatori del classicismo che ha demonizzato il barocco e in particolare si scaglia contro l’architettura bizzarra di Francesco Borromini. Milizia a fine 700 pubblica il suo trattato dove spiega che l’architettura è l’arte di fabbricare e prende denominazioni differenti a seconda della diversità dei suoi oggetti. Si chiama architettura civile se il suo oggetto si aggira attorno alla costruzione delle fabbriche destinate al comodo e ai vari usi che gli uomini civili usufruiscono in una società. Schinkel, architetto prussiano, nella sua opera inizia a emergere una prima sensibilità romantica, infatti per la prima volta compare la parola natura; l’architettura è la continuazione della natura nella sua attività costruttiva. In Schinkel si inizia a far entrare la natura nel panorama di che cosa è architettura. Il tema viene ampliato da William Morris, il fondatore del movimento Arts and Crafts, quel movimento che può essere considerato capostipite del design moderno. Siamo a fine 800, in un momento in cui i danni della Rivoluzione industriale si sono ormai palesati. Morris con la sua visione da socialismo utopico ritiene che la bellezza possa educare e generare una società più giusta. Anche la sua visione di architettura è interessante perché dice che l’architettura è l’insieme delle modifiche e delle alterazioni operate sulla superficie terrestre, in vista delle necessità umane, eccettuato il puro deserto. Quindi l’architettura non la fanno solo gli architetti ma la fanno tutti gli uomini. La modifica del territorio è già un atto di architettura. L’architettura per Morris non è il singolo edificio ma è il risultato dei cambiamenti che l’azione dell’uomo imprimono all’ambiente in vista delle loro necessità materiali e spirituali. Adolf Loos è stato uno dei fondatori dell’architettura moderna e ci dà questa definizione molto poetica: “Se in un bosco troviamo un tumulo, lungo sei piedi largo tre, disposto con la pala a forma di piramide, ci facciamo seri e qualcosa dice dentro di noi: qui è sepolto qualcuno. Questa è architettura.” All’apparenza può sembrare una semplice storiella finita male, ma presa pezzo per pezzo possiamo apprezzarne la profondità della definizione. Innanzitutto incontriamo intanto il senso del luogo; siamo in mezzo alla natura non in uno spazio popolato. Questo ci suscita una predisposizione di animo diversa. In questo luogo naturale troviamo qualcosa di artificiale quindi ecco il contrasto tra artificio e natura. Ci facciamo dunque seri, l’architettura quando è tale è qualcosa che ci fa diventare seri e suscita in noi un’emozione. Questo tumulo è fatto con una pala, simbolo della tecnologia: l’architettura senza tecnologia non può esistere. Anche la forma è simbolica e ha dimensioni precise che sono quelle della tomba di un uomo. Secondo Loos è fondamentale che un edificio per essere architettura faccia capire qual è la funzione di quell’architettura. Molto interessante perché controcorrente è il pensiero di Antonio Sant’Elia, un futurista morto a 28 anni in guerra. Lo si può considerare un architetto di carta perché non ha costruito niente, lasciandoci un corpus di 300 disegni. In linea con le idee che il futurismo portava avanti, Sant’Elia propone la fine del passato ed esalta i nuovi valori del dinamismo e della modernità. Infatti lui dice chel problema dell’architettura moderna non è un problema di rimaneggiamento lineare, ma di creare di sana pianta un edificio. (-51 minuti) Altro architetto fondamentale è Les Corbusier. Definisce l’architettura come il gioco sapiente, corretto, magnifico dei volumi sotto la luce. Lascia perdere la dimensione funzionale dell’architettura per soffermarsi su quella compositiva. Albert Aalto ci dice che l’architettura non è una scienza. L’architettura è, e resta, un meraviglioso processo di sintesi in cui sono coinvolte migliaia di componenti umane: essa rimane pur sempre architettura. La sua missione è ancora di armonizzare il mondo materiale con la vita. Quindi sposta l’attenzione sulla dimensione processuale, sul fare dell’architettura. Vasari coglie molto bene questo rapporto di grande comlplicità di intesa tra il committente e l’architetto, anche se l’architetto fino a Michelangelo rimane un artigiano e non una figura intellettuale, quindi socialmente è molto inferiore rispetto al principe. L’idea iniziale è quella di un piccolo Lugo e poi piano piano l’edificio diventa una villa. Altro rapporto fondamentale è proprio quello tra i papi e gli architetti di San Pietro, in particolare vediamo un affresco che rappresenta papa Paolo III che dopo un grande periodo di stasi del cantiere di San Pietro, riesce a portarlo avanti e quindi c’è questo affresco per omaggiare il papa. Michelangelo ha assunto una statura talmente alta che riesce ad imporsi anche al papa. Questo rapporto committente-architetto è un rapporto che si sviluppa nel corso dei secoli. Altro esempio del rapporto tra architetto e committenza è quello tra Miuccia Prada e l’architetto, con il quale ha intrapreso una grande collaborazione. Categoria fondamentale per studiare l’architettura: tipologia, lo studio dei tipi. La tipologia è suddivisione distribuzione, classificazione di una molteplicità di individui. Noi abbiamo un gruppo di oggetti e andiamo a selezionare quelli che per forma o per funzione sono simili. È importante perché consente di fare delle categorizzazioni e semplificare il percorso di studio. La tipologia è uno schema ideale a cui possono riferire diversi oggetti con caratteristiche comuni. Ogni tipologia ha delle caratteristiche determinate dalla funzione: stiamo vedendo 4 edifici che appartengono alla stessa tipologia, ossia di edificio religioso, ma che a seconda del tipo di culto hanno una forma molto diversificata. Lezione n.2 20/04/2023 … altro esempio del 900 di Louis Khan: pur essendo di fronte a un edificio differente al precedente perché in questo caso è una biblioteca, la composizione è la medesima. Abbiamo una corte centrale in parte aperta sulla quale sono affacciati gli spazi più importanti della biblioteca. Un altro edificio di un’altra epoca storica è Sant’Andrea a Mantova di Leon Battista Alberti. È il rifacimento di una chiesa medievale del 1472. Esaminando la facciata vediamo che le tipologie architettoniche romane che ci vengono in mente sono il motivo di un tempio tetrastilo, con quattro appoggi e un arco di trionfo. Due tipologie tipiche antiche che Alberti riutilizza per questo edificio del 400. Parlando sempre di spazio e volume, altro esempio calzante è il rapporto che c’è tra il duomo e il battistero di Pisa. La distanza tra i due edifici è importante: il duomo costruito poco prima del battistero e la distanza non è casuale, chi doveva essere ancora battezzato entrava nel battistero da nord per uscire da est direttamente davanti alla chiesa. Il volume può essere plasmato e modellato a seconda anche della sensibilità dell’architetto. Le Corbusier realizza questa chiesa a Ronchamp, sempre su un sistema costruttivo simile alla villa Savoye, ma realizza una sorta di grande volume che caratterizzava la sua ricerca architettonica e artistica, dal momento che era anche pittore e scultore. Un altro elemento fondamentale è il concetto di modulo: abbiamo la chiesa di Santo Spirito progettata da Brunelleschi, costruita nel 1444 e portata avanti da Antonio Manetti, Giovanni da Gaiole e Salvi d’Andrea. Qui emerge il concetto di modulo; la ripetizione di un elemento o di una distanza secondo una serie di regole geometriche sempre uguali, attraverso le quali le dimensioni di un edificio sono sempre messe in rapporto con altri elementi e sono a loro volta in rapporto con tutto l’edificio. Il modulo è uno ma esistono anche dei sottomultipli e multipli che regolano le proporzioni dell’edificio. Questa distanza tra una colonna e l’altra da una chiesa o altri tipi di distanze si chiama campata, distanza tra due colonne o pilastri consecutiva. La costruzione non è caratteristica del rinascimento e nemmeno dell’antichità. Mies Van der Rohe costruisce una casa particolare che non ha uno spazio diviso, è tutto libero. Sono chiusi soltanto gli spazi dei bagni. È interessante vedere come lo spazio principale della casa è tutto regolato da un tracciato regolatore. Aldo Rossi è un architetto di fine 900, che costruisce tra le tante cose il cimitero di Modena, il cui edificio principale è l’ossario che è un cubo in cemento armato portato all’estremizzazione del concetto. Cerca di fissare un’immagine iconica di quell’edificio. Parlando di superficie e colore in architettura dobbiamo pensare che molto spesso la colorazione di un edificio è data dal materiale. I due esempi principali sono Palazzo Rucellai e Palazzo Vecchio a Firenze, edifici costruiti in pietra forte, materiale tipico dell’architettura fiorentina che si trovava in luoghi molto vicini alla città. La colorazione è sul giallo sporco, tipico di questo materiale. Vediamo anche un altro modo per realizzare la superficie, che non è liscia né intonacata. Sono caratterizzati dal bugnato: ossia grandi conci di pietra con il quale l’edificio cresce. Ovviamente anche l’utilizzo dei pilastri accentua l’elemento del ritmo, come vediamo nel Cortile del collegio dei Gesutiti a Brera, dove troviamo delle colonne binate, ossia due colonne che hanno in comune la stessa trabeazione e lo stesso capitello. Il ritmo viene ricercato anche dagli architetti contemporanei come fa Santiago Calatrava nella stazione di Reggio Emilia. La parte più strutturale fondamentale è la parte delle fondazioni: che possono essere di tantissime tipologie e sono alla base degli edifici. Le grandi categorie sono le fondazioni continue e le fondazioni discontinue. Le fondazioni sono strutture direttamente poste a contatto col terreno ed hanno la funzione di trasmettere a questo le azioni dovute ai carichi delle strutture sovrastanti. Possono essere continue o discontinue, in terreno o idrauliche. Gli elementi di sostegno possono essere puntiformi (colonne o pilastro) o continui, mentre gli elementi di copertura possono essere sia solai piani che volte/cupole. Gli elementi di sostegno puntiformi possono essere detti piedritti, il più comune è la colonna. Gli elementi verticali scaricano il peso dell’edificio alle fondazioni. Una colonna può essere una colonna monolitica, ossia composta da un unico blocco di pietra, oppure la colonna può essere composta da rocchi, ossia tanti pezzi uniti attraverso dei perni in metallo. Ma le colonne possono essere in diversi materiali come il mattone: in tante zone in cui non si ha nelle vicinanze delle cave di marmo o pietra veniva utilizzato il mattone, come a Pompei. I mattoni ovviamente non venivano lasciati a vista ma venivano intonacate e colorate. Questo anche nel tardo 500, un architetto come Palladio che lavora in area veneta, utilizza anch’egli colonne costruite in mattone e poi intonacate per simulare materiali più pregiati. Il pilastro è molto diverso da una colonna. Ha una sezione quadrangolare o poligonale, se è circolare è una colonna. I pilastri possono avere diverse complicazioni, come delle semicolonne addossate, ma può avere anche una forma molto semplice. La parasta è un pilastro con funzione portante, incorporato nella parete e sporgente di poco dal filo della parete stessa. È anche un elemento che serve per dare ritmo alla facciata. C’è poi la lesena che è un elemento architettonico che non ha funzione portante ma ha funzione puramente decorativa. Di soliti a forma di semipilastro leggermente sporgente dalla superficie muraria ma senza funzione portante. Quando parliamo di architettura non possiamo non individuare quello che è il sistema più importante della costruzione per gli antichi greci: ossia il sistema trilittico o architravato, in cui si ha il piedritto e l’architrave. La distanza tra i piedritti si chiama luce. Dobbiamo stare attenti a sistemare i piedritti a una distanza giusta, se viene allargata troppo la luce la trave non regge e la struttura collassa, ci deve dunque essere una proporzione. Altro sistema importante è il sistema ad arco, sistema che dà molti problemi statici ma ci permette di coprire delle luci molto più ampie rispetto al sistema trilittico. Dà problemi perché gli archi spingono verso l’esterno, quindi c’è bisogno di porre una forte resistenza a queste forza. Vediamo l’arco a tutto sesto: una semicirconferenza formato dalla luce (distanza dei piedritti) che è il doppio della freccia situato nel punto centrale dell’arco chiamato chiave. Vediamo che si sono tanti conci legati tra loro da malta o calce. L’imposta è il punto in cui si imposta l’arco, quindi sullo stesso piano della luce. Nell’arco poi troviamo sempre l’intradosso e l’estradosso. Non ci sono solamente il sistema costruttivo a piedritti ma ci sono sistemi costruttivi con muri portanti che hannno bisogno di fondazioni continue. Ovviamente non tutti i muri sono portanti, quelli che servono per dividere lo spazio sono muri di tramezzo. La muratura può anche essere di tamponamento, quando abbiamo una struttura a piedritti e vogliamo chiudere lo spazio. Un tipico esempio di solaio piano è caratterizzato da questi elementi che sono i travicelli che si appoggiano sulle travi più grandi dette travetti e sopra abbiamo diversi elementi fino all’ultimo che sono le mattonelle. Molto spesso in edifici religiosi ma non solo abbiamo degli elementi che non ci permettono di vedere la struttura del solaio. Un tipico esempio è la copertura a cassettoni, formata da elementi tipicamente romani che sono agganciati al solaio. La copertura nel corso del tempo acquista diverse valenze, in particolare con Le Corbusier, che inizia a considerare la copertura piana dell’edificio come elemento importante che doveva essere sfruttato. Mentre invece la copertura più comune è quella a falde inclinate, le cui angolazioni differiscono da regione a regione. Dobbiamo affrontare alcuni elementi base delle volte. Le volte possono essere di tanti tipi, uno dei più comuni è la volta a botte, una sorta di arco a tutto sesto, detto anche direttrice, che scorre lungo due rette parallele. Per costruire una volta è necessaria una centina solitamente in legno che serve per dare la forma dell’arco. La centina viene posta all’imposta dell’arco e poi sopra di essa mettiamo il materiale per l’arco. La centina è solo l’elemento che serve a dare la curvatura, ma tutto l’insieme degli elementi in legno viene detto armatura. Un’altra volta importante è la volta a crociera, ossia l’intersezione di 90 gradi di due volte a botte. Abbiamo due esempi di edifici religiosi di volta a crociera, dove vediamo questi elementi particolari che segnano lo sviluppo della volta e sono chiamati costoloni. Abbiamo poi le volte complesse a cui appartengono le cupole, complesse appunto dal punto di vista statico, come nel caso della cupola di Firenze. Due esempi di cupole sono quella del Pantheon e di Firenze. Il Pantheon è in calcestruzzo mentre la cupola fiorentina è in mattoni con una sezione molto più complessa. Il Pantheon ha una cupola che ricopre uno spazio circolare, detta cupola a rotazione. È anche una delle più semplici da costruire dal punto di vista statico: costruiamo l’armatura e poi pian piano il volume. Ben diverso è uno spazio ottagonale quindi con degli angoli. Sono in sostanza due cupole, una interna e una esterne e c’è l’utilizzo di questi elementi costolonati in pietra all’esterno. Elemento importane quando si parla di cupole sono i pennacchi: elemento di raccordo fra l’imposta di una cupola e la struttura ad essa sosttostante generalmente costituita da appoggi. Le cupole possono essere estradossate su tamburo, che si simpostano su un alto tamburo. In questo caso vediamo lo sviluppo vero e proprio della cupola. Se all’esterno noi non vediamo la cupola, come in Santa Maria delle Grazie a Milano, vediamo che all’interno c’è la cupola ma all’esterno no. Questo elemento si chiama tiburio, che ha una funzione statica di protezione e serve a dare un’altra forma alla copertura. Lezione n.3 21/04/2023 Per un architetto il disegno è il linguaggio, quindi capire che cosa è stato il disegno. Parlare del disegno è un tema molto importante. L’uomo dalla sua esistenza ha sempre manifestato un’attitudine, cioè quella di trasmettere delle informazioni e di comunicare con gli altri in società. Queste informazioni sono anche molto antiche, come ad esempio l’alfabeto stesso. Infatti il disegno in realtà ha una radice ben precisa che è quella di segnare un qualcosa che può essere trasmesso e può essere comprensibile. E questo avviene sempre, abbiamo sempre a che fare con dei segni, ovvero frutto di un’elaborazione personale. Quindi alla base di qualsiasi forma artistica c’è sempre un disegno. Ovviamente abbiamo testimonianze interessanti sul disegno riguardo la storia dell’arte e dell’architettura Un esempio è l’evoluzione della figura romana. Dove c’è architettura c’è sempre un disegno, disegno che può essere materiale o immateriale, ad esempio un costruttore di capanne per il ricovero degli animali, in un contesto sociale, politico ed economico ben definito, ovviamente una capanna avrà una tradizione costruttiva che permetterà di fare delle capanne, ma nella sua mente c’è già un disegno dato dall’esperienza, quindi il concetto del disegno può essere immateriale. In edifici più complessi c’è progettualità e ci sarà dunque sempre un disegno. Il disegno è un concetto che deve essere trasmesso e fortunatamente ci sono delle testimonianze documentali che confermano questo dialogo tra colui che concepisce questo edificio e coloro che sono destinati a realizzarla. È su questo principio che noi dobbiamo porre la nostra attenzione al disegno non soltanto su supporto cartaceo ma su tanti tipi di supporto. Il disegno interessa diversi tipi di supporto che deve essere però realizzato con molta attenzione. Il primo consiglio è l’interdisciplinarietà e ci deve essere sempre il confronto qualora si debba valorizzare il patrimonio. Bisogna sempre analizzare il supporto dove il disegno è impresso, mai fermarsi all’apparenza o a un giudizio personale. Il primo passaggio fondamentale è il supporto perché è quello che ci dà tutta una serie di informazioni, anche sul contesto storico ed economico. Naturalmente supporti come la pietra, bisogna chiederci che tipo di pietra sia, da dove arriva il supporto, come mai lo si è scelto ecc.. È naturale che questo apre un ventaglio di domande che necessitano risposte, ma è soprattutto con la carta che dobbiamo stare attenti. Noi abbiamo numerosi disegni, quindi se per il periodo greco- romano purtroppo non abbiamo disegni dell’epoca almeno su supporti non reperibili. Quando noi abbiamo la certezza che un monumento viene impresso in un affresco o disegno, dobbiamo sempre fare il passaggio successivo: è una restituzione fedele oppure no? In questo caso realizzando l’affresco della consegna delle chiavi, l’arco alla nostra sinistra è restituito perfettamente nell’apparato decorativo del fronte nord di Costantino, decorato inoltre con il simbolismo pagano. Mentre l’arco a destra presenta delle decorazioni a fantasia. Molto interessante è la versione di Botticelli (immagine). Botticelli fa un passaggio ulteriore e inserisce una serie di elementi lapidei sopra l’arco come se fossero delle rovine e in effetti l’arco di Costantino per un lungo periodo era compreso nelle fortificazioni della famiglia Frangipane e in alcune vedute aveva dei blocchi di pietra che erano i residui di queste fortificazioni. In basso abbiamo San Gallo e questo riverbero noi lo troviamo in architettura. Quello a sinistra è un arco di trionfo di San Gallo. Ma anche l’architettura in sé ha dei riverberi, non a caso nella storia degli edifici a pianta centrale a Firenze avviene un episodio importante, ossia Luca Pancelli direttore dei lavori del cantiere di San Sebastiano di Mantova, su richiesta di Lorenzo il Magnifico porta a Firenze il modello ligneo della chiesa. Quindi artisti e architetti hanno la possibilità di visionare un modello ligneo. Questo segna una svolta nella progettazione degli edifici a pianta centrale nello stato mediceo. Il disegno come fonte di informazione. Fondamentalmente le vedute o le restituzioni possono fornire informazioni. (Giulio II della Rovere). Un’altra tipologia di disegni è la veduta, che non è un progetto ma immortalare su un supporto uno stato di fatto, quindi questo per noi costituisce un bacino di informazioni importanti. Avere una fonte iconografica (immagine San Pietro in costruzione) come le vedute sono una fonte di informazione importante per noi. Il cortile del Belvedere è stato avviato dal Bramante sotto volere di Giulio II. Anche in questo caso una veduta successiva alla morte di Bramante ma che comunque rappresenta una fonte documentale. Ovviamente laddove si fa una ricerca storica, queste fonti devono essere prese in cosiderazione. Inoltre maggiore attenzione va riservata laddove c’è un disegno che ha la finalità di essere un vero e proprio progetto e anche in questo caso dobbiamo fare due distinzioni: il disegno che un artista elabora per fissare la propria idea personale e poi il disegno di presentazione. In questo caso abbiamo il progetto per la facciata di San Lorenzo, il cui committente è Leone X e il cui concorso è stato vinto da Michelangelo. Noi abbiamo uno schizzo e altri segni che identificano che la carta era già stata utilizzata. Lo schizzo progettuale è una tipologia di disegno, che magari ha soltanto uno scopo di imprimere un’idea su un supporto. Diverso invece è il disegno di presentazione, il quale è un disegno che un artista realizza per la committenza, è un disegno che quindi ha una finalità: comunicare al committente quello che si vuole realizzare e il ruolo del committente è fondamentale perché è colui che paga. Quindi laddove ho una serie di disegni, che possono essere legati sia ad opere che ad architettura possono essere frutto di un desiderio dell’artista di imprimere in quel momento un’idea oppure devono essere collegati ad un’opera voluta da un committente. Opera Vasari: Cosimo de’ Medici tra gli artisti della sua corte. Opera che meglio rappresenta il ruolo del committente. Come vediamo c’è il disegno di presentazione in basso ma insieme al disegno di presentazione c’è anche la realizzazione dell’opera in scala con supporti in legno. Quindi laddove un artista si presenta alla committenza questi porta con sé dei disegni. (Immagine progetto facciata di San Lorenzo di Giuliano da San Gallo). Vediamo che è una restituzione grafica, pulita e proporzionata, realizzata con strumenti tecnici, con delle ombreggiature per conferire anche un valore classico e trasmettere al meglio l’idea finale. E su una stessa opera noi dobbiamo immaginare più disegni di presentazione, ci potevano essere disegni anche dei dettagli dell’opera. Insieme al disegno di presentazione i disegni venivano accompagnati da un modello di legno (esempio Antonio da San Gallo il giovane 1539-1546, modello di San Pietro). Oggi noi abbiamo numerosi disegni e alcuni moderni, ma tante cose sono andate perdute perché il supporto cartaceo e ligneo sono facilmente deperibili. Sagrestia nuova. Commissionata da Papa Leone X, il quale interrompe la realizzazione della facciata per realizzare un degno monumento funebre per la propria famiglia perché erano morti Giuliano duca di Nemours e Lorenzo duca di Urbino, che erano coloro che portavano avanti la famiglia. Si decise dunque di realizzare un luogo di sepoltura a Firenze, il cantiere però subisce numerose interruzioni a causa di vari avvenimenti, viene conclusa nel 1534 alla morte di Clemente VII però rimane senza apparato decorativo. Sicuramente il confronto con Villa Madama, sempre voluta da Leone X, nella parte che è stata conclusa ci fa capire che c’è qualcosa di strano su quello che hanno concepito i Medici a Roma e su quello che invece hanno fatto a Firenze. Tanti studiosi si sono sempre interrogati sull’aspetto che doveva avere la sagrestia nuova nelle idee progettuali della committenza. Un’opera importante perché oltre ad essere la committenza papale, c’è un richiamo a Roma spaventoso che ha un carattere prettamente politico e lo si vede bene dalla sezione (immagine sezione). In questa sezione c’è un riferimento ad un edificio romano che è il pantheon, riferimento dato dalle file di lacunari. Perché? Nell’antichità era considerato un edificio legato agli imperatori e la stessa Villa Madama doveva richiamare una villa imperiale, così evocare il Pantheon era evocare quella che era la grandezza imperiale e ovviamente i Medici non erano nobili con nobiltà feudale, ma erano banchieri. In questa maniera il papa cerca di nobilitare la propria famiglia. Quindi molti dubbi e molti interrogativi sono stati sciolti dalgli studiosi; in questo contesto nel dibattito storiografico si è sempre inserito questo disegno, conservato a casa Buonarroti, il numero 127A, è un disegno di limitate dimensioni A4 e molti studiosi si sono confrontati su questo disegno perché è un disegno di presentazione perché realizzato con strumentazione tecnica. La storiografia ha dibattuto per molto tempo su questo disegno e questo viene in gran parte attribuito a Michelangelo Buonarroti e questi studiosi hanno identificato il disegno come disegno di presentazione per i lacunari della Sacrestia Nuova di San Lorenzo. Il problema fondamentale è che questo disegno non è parte di un taccuino e nemmeno di una raccolta, è un disegno decontestualizzato. Fa parte di una raccolta che non è legata da un vincolo archivistico o da una logica. Il disegno non trova cossispondenza con altri. È stata analizzata la carta, la filigrana ha un simbolo che purtroppo non ha dato indicazioni. (Immagine ricostruzione grafica del disegno 127a e quando si dice ricostruzione grafica si parla di piante, prospetti e sezioni ma in questo caso dobbiamo anche parlare di restituzioni grafiche). Questo punto è stato fatto con un confronto i con i rilievi dei lacunari della sacrestia e con quelli del Pantheon e da una prima analisi è venuto fuori che il 127a rapportato in scala si avvicina più al Pantheon che alla sacrestia. Un’ altra tipologia di disegno è quella legata al cantiere, luogo dove fisicamente viene realizzata un’opera. E se lo schizzo progettuale serve all’ideatore per fissare un’idea, il disegno di presentazione serve per presentare il disegno alla committenza, chi concepisce un’opera lo deve poi comunicare a quelle maestranze chiamate a realizzarla. Ovviamente nel cantiere edile il progettista poteva seguire il cantiere oppure no. Naturalmente l’architetto per comunicare le sue idee deve continuare a fare disegni che dovevano anche interessare al cantiere. In alcuni casi anche l’uso di supporti come i profili dovevano dare indicazioni a che poi doveva realizzare determinati elementi architettonici. Sempre in relazione ai disegni di studio ma che si legano al cantiere sono le idee progettuali, che magari non vengono presentate alla committenza ma che danno informazioni sul cantiere. (Disegni di Leonardo Da Vinci, fonte per noi di informazioni) Nel cantiere il disegno relativo ad esso è un disegno tecnico con informazioni ben precise e risponde principalmente a figure specializzate che potevano avere più o meno un grado di istruzione. Lezione n.4 26/04/2023 Il Partenone e l’architettura greca. Edificio fondativo dell’architettura occidentale. Partiamo a ritroso per poter andare a evidenziare come in realtà quando si parla di architettura greca si possa ritrovare una continuità di forme. Partiamo dall’isola di Creta con la sua città palazzo. Quando si parla di architettura greca, punto fondamentale è l’architettura cretese, che si unisce anche al racconto mitico di Dedalo, considerato primo architetto costruttore del palazzo di Minosse. Per quanto riguarda l’architettura palazziale viene data una cronologia dal punto di vista storico che ci porta a un periodo precedente la costruzione dei primi palazzi. Poi c’è un periodo pre-palazziale, poi un periodo neo-palazziale che è quello a cui ascrivono le testimonianze. Nell’osservare il palazzo di Cnosso, quello che si nota è una sorta di composizione addensata da vari volumi che si vanno a disporre a partire dalle varie curve di livello. Si nota poi la presenza di una serie di superficie di parti cieche e allo stesso tempo la presenza di vari porticati. In realtà tutti gli spazi vanno ad addensarsi intorno ad un cortile rispetto al quale è interessante notare le proporzioni, perché si vede come nella realtà siamo vicini alla proporzione 1:2. Ancora è stato notato come in questo periodo siano stati messi in atto determinati rapporti proporzionali e geometrici che si avvicinano alla sezione aulica o alla frequenza di Fibonacci. Si tratta di un palazzo che non ha soltanto la funzione di residenza, ma anche amministrativa ed economica. Dovremmo poi introdurre il discorso sull’utilizzo dell’ordine architettonico. In questo caso si vede la colonna che si restringe man mano che dall’alto si procede verso il basso e la presenza di un capitello a toro che va a completarla sulla sommità. Lasciando l’isola di Creta ci spostiamo verso la Grecia continentale per raggiungere il Pelopponneso ed accennare all’architettura micenea. Vedremo come la civiltà e l’architettura sia diversa nello sviluppo delle proprie città rispetto a Creta. Questa è una tomba a tolos. È un edificio funerario molto monumentale che è caratterizzato da una camera funeraria di pianta circolare, anche se poi nella realtà la camera sepolcrale è un ambiante di pianta quadrangolare spostato a destra rispetto alla porta di ingresso. Se noi lo osserviamo potremmo pensare che il funzionamento statico di questa struttura di copertura sia pari a quello di una cupola o di una volta. In questo caso invece la copertura si regge per gravità, ovvero una serie di pietre squadrate che vengono poste l’una sopra l’altra, e successivamente i conci vengono tagliati per ottenere una superficie liscia. La tomba di Agamennone ci dà la possibilità di parlare di un altro elemento che si ritrova nell’architettura micenea che è quello del triangolo di scarico, inserito nel portale d’ingresso. Vediamo come al di sopra dell’architrave si trovi un triangolo che è vuoto. Questa struttura fa sì che il peso che proviene dalla struttura possa essere meglio convogliato sui piedritti inferiori e allo stesso tempo abbiamo un ulteriore vantaggio che è quello di evitare di gravare con un peso inutile sull’architrave. Quello che vediamo noi oggi è priva di quelle che erano le decorazioni che in origine la caratterizzavano. Questa tolos si trovava decorata all’interno con un serie di rosette in bronzo che davano l’idea di un cielo stellato e anche all’esterno vediamo come il portale di ingresso presentava una serie di semicolonne addossate alla porta e che oltre a questo motivo a linea spezzata, all’interno presentava questo motivo a onde che prende il nome di fregio ondato. Sono tutti dei motivi che emergono in determinate architetture. Immagine della porta dei leoni a Micene, porta attraversata la quale si ha accesso a quella che era una città fortezza e di nuovo in questo caso l’immagine di due leonesse che sono separate tra di loro da una colonna che ci rimanda all’esempio della colonna minoica, a dimostrazione di come determinati motivi sopravvivono e siano il frutto di contatti economici che mettono in relazione più civiltà tra di loro. Vediamo le varie tipologie del tempio greco. Bisogna intanto notare alcune similitudini tra la sala del trono e il vestibolo che media l’ingresso rispetto all’esterno. Questa è una composizione che rivedremo nella sequenza pronao e naòs del tempio. Siamo nel periodo del medioevo ellenico che coincide con la fondazione delle prime città ed è un periodo in cui le civiltà si spopolano. Dopo si ha il periodo arcaico fino al 480 a.C. ed è in questo periodo che compaiono i primi templi. Poi c’è il periodo classico fino al 323 a.C. dopo il quale si avrà il perido ellenistico con la conclusione della conquista da parte dei romani della Grecia. Schema della reggia di Lefkandi, una di quelle strutture che viene messo in relazione con la definizione della tipologia del periodo greco. Questa tomba monumentale in Eubea, datata all’inizio del X secolo a.C, si tratta di una grande capanna divisa in 5 vani che presenta una copertura retta da 67 sostegni lungo tutto il perimetro esterno. Abbiamo qui un accenno di peristasi. Abbiamo accennato anche allo schema del modello della casa greca, che utilizza delle pareti in mattoni crudi, materiali che ritroviamo anche nei templi come nell’Heraion ad Olimpia, con una copertura in falde in legno e paglia. Tipologie: quali sono gli elementi principali che caratterizzano l’architettura greca? Innanzitutto la cella che prende il nome di naòs che serve ad ospitare la statua della divinità. Salvo qualche eccezione la cella ha pianta rettangolare, solitamente si entra all’interno dal lato volto verso oriente e dal punto di vista della luce c’è un contrasto. È un ambiente poco rischiarato dalla luce e da lampade. Abbiamo poi l’elemento del pronao, spazio intermedio tra l’esterno e l’interno. Abbiamo poi le colonne che a seconda del numero che troviamo sul fronte, poi ci aiutano anche nella nomenclatura; può essere ottastilo, esastilo, tetrastilo ecc. Vitruvio parla dell’origine degli ordini delle colonne, che sono doriche, ioniche e corinzie. C’è uno sviluppo anche delle tecniche che sono necessarie per realizzare le architetture. Nella colonna dorica non c’è un fusto unico, ma ci sono una serie di rocchi che vengono tenuti insieme da un perno in metallo. Parlando dell’ordine dorico, per quanto riguarda la terminologia, si trova una rampa d’accesso su cui si innalza il crepidoma e lo stilobate. Al di sopra dello stilobate si innalzano le colonne formate dal fusto che è scanalato e rastremato fino ad arrivare al capitello che è formato da questo elemento leggermente schiacciato che è l’echino sormontato poi dall’abaco. Al di sopra si sviluppa poi la trabeazione, quindi l’architrave, il fregio e la cornice. All’interno del fregio dell’ordine dorico è costituito dall’alternarsi delle metope e triglifi. All’interno troviamo questa suddivisione data da due file di otto colonne che dividono lo spazio in tre navate e per via della presenza di questi piccoli tratti di muro che avanzano vengono ricavati una serie di nicchioni ai lati destinati ad ospitare le statue. (Confronto dal punto di vista delle proporzioni). Acropoli di Atene. All’interno del tempio, ai lati dell’ingresso si trovano due scale, di cui si è giustificata la presenza con l’esigenza di avere una sorta di epifania di rappresentazioni che venivano poi guidate dai sacerdoti. Un altro aspetto interessante del tempio di Atena è che troviamo la compresenza dell’ordine dorico e ionico e questo ci porta al Partenone. L’ordine ionico rispetto al dorico presenta il fusto della colonna che poggia su una base, formata da toro (convesso), scozia (concavo), toro. La presenza di scalantura è maggiore che nell’ordine dorico e in più ci sono gli spigoli che non sono ad angolo vivo ma smussati. La parte del capitello è formata da echino che presenta due volute laterali, ma che in alcuni casi arrivano ad avere un andamento diagonale. Al di sopra l’elemento dell’ abaco, che nel caso del capitello dell’ordine ionico diventa estremamente sottile fino quasi a scomparire e invece nella trabeazione è scomparso l’alternarsi di triglifi e di metope in favore di un fregio continuo con al di sotto un architrave a fasce, ognuna aggettante sopra l’altra. (Immagine eretteo, caratterizzato da questo collarino al di sopra delle scalanature con una serie di foglie.) Altro esempio sono i capitelli dell’Artemision di Efeso. Ordine corinzio: abbiamo la presenza di un elemento a forma di tronco di cono attorno al quale si dispongono più corone di foglie di acanto e le volute sono disposte lungo i vertici dell’abaco, che acquista in questo caso un profilo con andamento leggermente curvilineo e delle piccole volute di dimensione minore che prendono il nome di edici. Serie di esempi che dimostrano come essendo il capitello corinzio contraddistinto da un lavoro a rilievo, la decorazione stessa del capitello dà origine a una maggiore varietà di soluzioni. L’inserimento delle figure all’interno del frontone che faticano ad adeguarsi in questo spazio fino alle soluzioni del tempio di Regina, dove si rendono attraverso la postura dei personaggi raffigurati, ma mantenendo le medesime proporzioni delle figure. L’acropoli di Atene risulta abitata fin dall’epoca preistorica e addirittura è sede di un palazzo fortificato miceneo. Questo ci dimostra che la funzione di questo spazio era differente da quella che poi avrà in seguito. Invece l’area occupata dall’areopago e dall’agorà era adibita a necropoli. Di tutti gli edifici che esistevano sull’ acropoli di Atena prima dell’invasione persiana, non è rimasto nulla, rimangono le descrizioni ma non abbiamo alcun altro documento. Sono giunti fino a noi solo delle statue con dei frammenti che gli ateniesi hanno seppellito prima di una battaglia. Dopo una vittori ateniese sui persiani di Serse si prosegue alla ricostruzione degli edifici sacri che si trovavano sulla spianata dell’acropoli. Sotto il governo di Cimone avviene la ricostruzione in parte di edifici sacri e con l’architetto Calicrate, al quale è assegnato parte del Partenone e la realizzazione del tempietto di Atena Nike. Se parliamo di architetto, è un termine che non non tanto indica un vero e proprio progettista ma quanto una persona alla quale è affidata la direzione dei lavori e assegnava le singole mansioni alle varie maestranze specializzate a lavorare i blocchi lapidei. Partenone. Nel 447 a.C. i lavori del Partenone erano in una fase di grande attività e si pone la fine dei lavori per quanto riguarda la scultura architettonica al 438 a.C. Serviranno poi altri anni fino al 432 a.C. perché sia completato anche nella decorazione. Dal punto di vista della periodizzazione è ormai ben noto che al Partenone come lo vediamo oggi, periptero ottastilo, era stato iniziato un altro tempio sempre dedicato ad Atena, denominato come Partenone anteriore e i tamburi alla base del colonnato furono messi in opera nel 480 a.C. quando arriva poi l’invasione persiana. Tra il 468-465 a.C. per iniziativa di Cimone con Callicrate viene progettato un nuovo tempio ma quello che vediamo oggi fu frutto della direzione di Ictino. Nell’immagine dell’acropoli il monumento che spicca è il Partenone al quale si accedeva dopo aver passato i propilei e aver costeggiato il lato settentrionale. Il fronte occidentale invece è di dimensioni minori perché al di là del naòs si sviluppa questo ambiente che è quella stanza decorata e caratterizzata dalla presenza di quattro grandi colonne di ordine ionico, all’interno della quale le fanciulle tessevano il peplo per la dea Atena. Se osserviamo l’immagine vediamo che siamo di fronte a un tempio di ordine dorico che serve per quanto abbiamo enunciato. Si aveva un perimetro di 10x5 colonne con le colonne dell’ordine superiore di altezza inferiore e al centro la statua elefantina della dea. Ma un aspetto su cui soffermarsi è questo fregio (immagine) ionico realizzato che si trova appena prima di entrare all’interno del naòs. È un fregio ionico perché continuo, nel quale si trova la regula come se fossimo in presenza del fregio che caratterizza l’ordine dorico. Per entrare all’interno dell’acropoli si passa attraverso i propilei, datati dal 436-432 a.C. realizzati su progetto di Mesicle. In questo caso ancora una volta ritroviamo la commissione dei due ordini, da una parte l’ordine dorico e dall’altra quello ionico. In questo caso perché questi propilei si stagliano su altezze differenti. Per risolvere questo salto di quota si inseriscono due file di tre colonne ciascuna di ordine ionico, che ha proporzioni più snelle e slanciate, tanto che la trabeazione dell’ordine ionico va ad appoggiarsi direttamente sull’ architrave appartenente all’ordine dorico. Si avevano dei soffitti cassettonati e si è ipotizzato fosse stato rinforzato da delle barre di metallo. Lezione n.5 27/04/2023 Architettura romana. L’arte e l’architettura romana nascono e prendono forma in un mondo che è dominato già dalle conquiste avvenute, date da parte dell’architettura e dell’arte greca. All’architettura e l’arte greca dobbiamo però aggiungere un altro elemento che è quello legato all’Etruria. Nell’architettura romana si trova invece una maggiore varietà almeno, sopratutto per quanto a noi è giunto. Troviamo ponti, acquedotti, quindi opere che sono anche legate a una funzione, a una necessità soprattutto pratica che dobbiamo far rientrare nella categoria delle opere di ingegneria, quindi opere pubbliche alle quali dobbiamo aggiungere anche gli archi di trionfo, quindi le architetture onorarie che appunto hanno la funzione e lo scopo di ricordare le gesta e l’impresa di una determinata figura, di una determinata personalità o condottiero o piuttosto un imperatore. Nell’affrontare l’architettura romana può essere utile partire innanzitutto dalle tecniche costruttive. Qui vediamo alcune delle macchine, si trovano rappresentate. Questa altro non è che la ruota calcatoria, vediamo che c’è una grande ruota e si individuano figure umane che muovendosi all'interno di questa ruota poi facevano sì che per via di una serie di funi si riuscivano a mettere in opera i materiali all’interno del cantiere. SISTEMA VOLTATO Dicevamo, ricollegandoci invece ai materiali ma soprattutto alle strutture, ieri ci siamo confrontati con il sistema trilitico, quello dato dai 2 sostegni verticali e da un elemento orizzontale, ovvero l’architrave, quindi un sistema trilitico e sistema architravato, invece ciò che contraddistingue l’architettura romana è il sistema dell'arco e quindi conseguentemente della volta che dà origine al sistema archivoltato. Su questo aspetto, cioè sulla questione dell’invenzione e dell’utilizzo dell'arco e piccoli blocchetti troncopiramidali di cui vediamo in realtà solamente la base quadrangolare che vengono affogati nel calcestruzzo (questa immagine rende bene l’idea) disposti secondo a creare appunto una sorta di reticolo, una sorta di scacchiera ma inclinata di 45° rispetto all’orizzontale. Ritornando sempre a Vitruvio, egli sconsiglia l'utilizzo dell'opus reticulatum perché ritiene che dal punto di vista della durata e della solidità sia appunto inferiore rispetto ad altre soluzioni. All’opus reticulatum va a preferire invece l’opera incerta. Perchè? Perché in realtà l’opera incerta contrasta la formazione di linee di frattura lungo appunto la linea stressa di disposizione del materiale. E’ chiaro però che Vitruvio non teneva conto della presa, della qualità della presa e della tenuta delle malte pozzolaniche che venivano impiegate anche appunto nella realizzazione dell'opus reticulatum. ● OPUS VITTATUM: Venivamo poi al terzo modo, quello che è l’opus vittatum cioè una sorta di nastro (questo è il significato del termine latino) dove si impiega materiale di piccola pezzatura, possono essere ad esempio anche blocchetti di pietra che vengono disposti secondo corsi tra di loro paralleli. ● OPUS TESTACEUM: Abbiamo poi l’opus testaceum ovvero sempre corsi tra di loro paralleli orizzontali ma composti, formati da mattoni cotti mentre l’opus latericium ci indica un'apparecchiatura, una muratura realizzata invece in mattoni crudi. ● OPUS SPICATUM: L’opus spicatum come se fosse una lisca di un pesce oppure una spiga di grano perché i materiali vengono disposti secondo le linee diagonali a creare appunto questo schema geometrico, questo disegno. ● OPUS MIXTUM: Infine da ultimo l’opus mixtum dove a corsi realizzati con blocchetti lapidei si alternano corsi invece realizzati con mattoni. Qui ha inserito altri esempi. Siamo a Pompei in questo caso, abbiamo appunto l’opus spicatum un'immagine più grande, di dimensioni maggiori rende meglio l’idea. Qui abbiamo un altro esempio di opera mista, l'esempio delle murature a bugnato e infine le ultime due apparecchiature: da una parte l’opus africanum che è costituito da queste catene ad andamento verticale formate da blocchi lapidei di dimensioni significative, disposte alternativamente favorendo il lato maggiore o il lato minore in altezza per cui si crea questa alternanza. Tra queste catene verticali invece una serie di blocchi lapidei di dimensioni minori e soprattutto di dimensioni varie disposte secondo filari orizzontali. Da ultimo l’opus craticium, l'opera a graticcio che è formata da quello che è un vero e proprio telaio, da un telaio in legno all'interno del quale poi si crea questo reticolo, questo telaio che appunto vediamo. Gli spazi che si creano all'interno di questo telaio ligneo vengono poi in seguito tamponati con altri materiali e per la precisione disposti secondo lo schema dell’opus incertum. Vediamo l'applicazione dell’arco rispetto ai ponti e soprattutto acquedotti. Un’immagine di nuovo un po’ a fumetto del cantiere. Queste erano le immagini delle mura serviane, in questo caso ci troviamo nelle vicinanze della stazione di Roma Termini per la precisione con questi grandi blocchi. ARCHITETTURA TEMPLARE Venivamo a parlare di quelle che sono le architetture nell’antica Roma, visto che ieri abbiamo osservato i templi nell'architettura greca, guardiamo ora quelli che sono i templi nell'architettura romana. Dobbiamo considerare che nell’antichità, Roma appariva come una città di templi. Questo paesaggio sacrale poi continuerà anche in età imperiale seppur con alcune differenze. Siamo di fronte a templi consacrati alle divinità della città. Un esempio è il tempio della triade capitolina consacrato a Giove Capitolino, a Giunone e Minerva. Ci sono poi i templi che hanno funzioni specifiche: per esempio il tempio di Saturno all'interno del foro romano, che ha la funzione di custodire il tesoro dello Stato; nel tempio dei Dioscuri si incontrano i cavalieri romani; ancora nel tempio di Vesta sempre all’interno del foro romano viene conservato il fuoco eterno. Dicevamo tra IV e III secolo a.C. nasce poi una nuova categoria di templi cioè templi donati dai fondatori che vogliono ricordare le proprie gesta o le vittorie militari ottenute. Da questo si comprende che non sono edifici, non sono architetture strettamente collegate alla sola funzione sacra ma sono piuttosto legate anche a quelle che noi oggi denomineremmo “funzioni profane”. In epoca augustea i templi si impostano poi tutti su degli alti podi. Qua inizia a darci l’idea questa immagine del tempio di Saturno all'interno del foro romano. Sono circondati da una serie di colonne e gli altari vengono inseriti negli impianti delle scale. La diversità che subito andiamo a notare è che abbiamo perso la simmetria che si notava invece nei templi greci. Questo schema in realtà che viene adottato per l’architettura templare romana è uno schema che si ricollega anche al modello del tempio etrusco italico. Quindi si lega lo sviluppo del tempio romano non solo alla tradizione, all’architettura greca ma si lega anche all’architettura etrusca. Vediamo quelli che sono i vari schemi. ● Tra i tanti abbiamo il tempio circolare periptero, che potrebbe ricordarci il tempio circolare periptero greco o tholos ma in questo caso viene subito indicato il punto in cui deve avvenire l'accesso all’interno del tempio attraverso l'inserimento di questa rampa. Un esempio appunto è il tempio di Vesta all'interno del foro romano. ● Poi abbiamo il tempio prostilo cioè un tempio dato da una cella in muratura di pianta quadrangolare che presenta sul fronte una serie di colonne a formare questo colonnato sulla parte da cui avviene l’ingresso all'interno del tempio. Anche in questo caso un esempio lo troviamo nel tempio di Saturno anche questo all'interno del foro romano. ● Abbiamo poi lo schema del tempio pseudo periptero ovvero un tempio nel quale le colonne sono disposte solamente su 3 dei 4 lati del tempio ma in prossimità della muratura della cella queste colonne finiscono per snellirsi, per divenire delle vere e proprie semicolonne. ● Si ha poi un ulteriore esempio, il periptero che può essere collocato su un alto podio, come doveva essere per il tempio dei dioscuri nel foro romano. ● Infine poi abbiamo il periptero sine postico cioè privo dell’opistodomo con colonne solamente su 3 lati. “Postico” è un termine che si riferisce alla parte posteriore del tempio, è come se fosse un periptero che ha perso però la parte posteriore quindi sia l’opistodomo sia quell'elemento aggiunto dai greci per garantire una perfetta simmetria al volume creato e ha perso anche in realtà parte del suo colonnato. Esempi del periptero sine postico sono i templi all'interno di alcuni dei fori imperiali, il tempio di Marte Ultore e il tempio dedicato a Venere Genitrice. Vediamo anche come in alcuni di questi esempi l’andamento della cella del tempio inizi ad apparire curvilineo. Chiaramente serve per andare ad ospitare inizialmente la statua della divinità ma questa convessità che si presenta nella struttura muraria in realtà poi rimarrà prima nella basilica dell’architettura romana e poi anche oltre. TEMPIO DELLA TRIADE CAPITOLINA: Vediamo ora il tempio della triade capitolina. Sappiamo che questo tempio viene dedicato nel 509 a.C., anno della cacciata dell'ultimo dei 7 re di Roma, ma di questo tempio che sappiamo essere stato completato in quell’anno non si hanno testimonianze. Si hanno invece testimonianze di un tempio ricostruito nel I secolo a.C. Accennavamo prima che si tratta di un tempio dedicato a quella che è la triade capitolina ovvero Giove, Giunone e Minerva. Come vediamo sono state inserite in questo caso 3 celle una accanto all’altra e soprattutto ognuna dedicata a una delle 3 divinità. Possiamo ben osservare come il tempio si suddivida in una parte anteriore o pars antica e invece una parte posteriore, corrispondente poi in alzato al volume delle tre celle, che è appunto detta pars postica come abbiamo visto prima. Dal punto di vista della disposizione delle colonne possiamo vedere ci sono 3 file di 6 colonne ciascuna sul fronte del tempio e sui due lati lunghi quindi ai lati ulteriori 6 colonne. TEMPLI FORO BOARIO: Con questo esempio ci troviamo nel foro Boario quindi nel foro che era legato al mercato del bestiame, sono il tempio di Ercole vincitore, il tempio di Vesta e il tempio di Portuno, divinità fluviale o della fortuna virile. Nel caso del tempio di Ercole vincitore ritroviamo una sorta di gusto ellenistico quindi questo schema legato al periptero circolare. Come possiamo osservare si tratta di colonne di ordine corinzio, 20 colonne dal fusto scanalato che sono però oggi prive della trabeazione. Nel caso invece del tempio di Portuno o della fortuna virile è un cosiddetto tempio pseudo periptero, pseudo periptero perché possiamo notare qui sul fianco che le colonne diventano semicolonne in corrispondenza della cella del tempio con un fronte tetrastilo e queste colonne di ordine ionico. Il timpano è decorato da una serie di dentelli e per quanto riguarda il podio invece è un podio realizzato in tufo e rivestito poi di travertino. Le colonne e anche le semicolonne dovevano essere originariamente intonacate e poi dipinte a imitare il marmo. TEMPIO DI VENERE E ROMA: Ritornando invece al tempio di Venere e Roma, di cui abbiamo detto rispetto a questo schema che in realtà è uno schema diptero, quindi un tempio che è maggiormente legato alla tradizione ellenistica. Era un diptero con 10 colonne sul fronte quindi decastilo di ordine corinzio poggiante su un crepidoma di 7 gradini. Quindi non si ha più quell'alto podio che caratterizza normalmente il tempio romano e non si ha neanche la presenza di una scalinata. Questo tempio è dedicato sia a Venere sia a Roma e vediamo che da una parte si aveva la cella dedicata a Venere e dall’altra la cella dedicata a Roma, due celle contrapposte con una copertura in legno piana. Questo tempio subì un incendio motivo per il quale venne poi restaurato da Massenzio all'inizio del IV secolo d.C. e nel fare ciò viene anche trasformato perché quella che era la terminazione piatta della cella legata alla divinità a cui il tempio è dedicato muta, diventano due vere e proprie absidi coperte da un catino absidale con una serie di cassettoni che però hanno un andamento a losanghe. Lungo poi i lati del tempio si trovava una serie di colonne di porfido collocate su una base continua che andavano a scandire l’andamento delle pareti. In questo caso tra una colonna in porfido e l’altra si apriva poi una serie di nicchie che dovevano andare ad ospitare le statue di divinità alternatamente centinate o architravate e poi a loro volta affiancate da ulteriori colonnine, si dice in questo caso colonnine pensili. ARCHI DI TRIONFO Lasciando l’architettura religiosa andiamo ad affrontare quelli che sono gli esempi di architettura onoraria e per la precisione gli archi di trionfo quindi monumenti che nascono con lo scopo di onorare e ricordare personaggi importanti chiaramente da onorare per le imprese che questi hanno compiuto. E’ chiaro che tra i personaggi da ricordare si ritrovano poi gli stessi imperatori che vengono celebrati per le vittorie riportate in guerra. I romani utilizzano in questo caso la struttura dell’arco, appunto arco di trionfo, ma in realtà con uno schema ben più complesso che andiamo ad analizzare. ARCO DI AUGUSTO A RIMINI: In questo caso ci troviamo a Rimini, l’arco di Augusto. Dobbiamo considerare che sotto Augusto arrivano ad essere costruiti in suo onore ben 17 archi di trionfo. Siamo sul finire del I secolo a.C. Questo arco ha un solo fornice quindi una sola apertura. L’arco appoggia chiaramente su dei piedritti ma vediamo che in questo caso l'arco viene inquadrato dall’ordine e soprattutto dall’ordine che termina con la trabeazione. In questo caso sia l'arco che le semicolonne che stanno ai lati (vediamo che in questo caso sono colonne scanalate di ordine corinzio) e vediamo che sono impostate entrambe su questo basamento. Al di sopra si sviluppa poi la trabeazione, trabeazione che significativamente aggetta (e non potrebbe fare altrimenti in realtà) in corrispondenza del capitello delle semicolonne. Vediamo che questo tratto di trabeazione è aggettante e poi torna ad appiattirsi invece in corrispondenza della muratura. Il timpano è dentellato; al di sopra del timpano c’era in origine una terminazione con la presenza dell’attico che vediamo qui e inserimento all'interno dell'attico dell’epigrafe dedicatoria. In questo caso possiamo osservare che ci sono i merli perchè è stato modificato poi in età medievale, inglobato nelle fortificazioni della città così come si è persa poi la quadriga che doveva stare appunto anch’essa sulla sommità. Ha inserito qui l’immagine del tabularium. Perchè? In realtà è un edificio che si trova nel foro romano (noi dobbiamo osservare questa ricostruzione data nell’800). Ci troviamo nel foro romano immediatamente dietro al Campidoglio: altro non abbiamo se non lo stesso schema che abbiamo appena osservato nell’arco di trionfo cioè quello di un arco che viene inquadrato dall’ordine. ARCO DI TITO: All'interno del foro romano si innalza ancora oggi, anche se frutto in parte di restauri avvenuti all'inizio dell’800. Parliamo con la precisione dell’arco di Tito costruito per celebrare le vittorie dell'imperatore Tito Flavio Vespasiano e del figlio Tito nella guerra giudaica che si era poi conclusa con la distruzione del tempio di Gerusalemme. In questo caso il fatto che ci siano colonne che hanno in parte il fusto scanalato e altre invece che hanno il fusto liscio è legato ai restauri cioè il fatto che il restauro integrativo si sia voluto lasciare traccia del fatto che si fosse intervenuti aggiungendo materiale che era irrimediabilmente andando perduto, trattando in maniera diversa la superficie e quindi semplificando anche appunto il trattamento stesso dei fusti delle colonne. Vediamo che anche in questo caso abbiamo sempre un arco di trionfo ad un solo fornice con questa volta a botte cassettonata che sta al di sotto, al centro poi di ogni cassettone è inserito un’ulteriore rosetta di decorazione. Tralasciamo gli altorilievi che narrano le imprese compiute dall’imperatore. Che cosa dobbiamo ricordare? Erano tutte semicolonne dal fusto scanalato impostate su questo alto piedistallo che corre tutto intorno e che presentano l’ordine composito. L'ordine composito lo dice il termine stesso “composto”, è dato dalla composizione dell’ordine ionico e dell’ordine corinzio. La volta a botte cassettonata che abbiamo mostrato prima è introdotta da un arco che presenta un concio di chiave formato da una doppia voluta. Qui l’arco di Tito con il disegno dell’ordine architettonico, appunto dell’ordine composito. Per concludere questa introduzione sugli archi di trionfo osserviamo altri due esempi che non sono più a un semplice fornice ma invece presentano, mostrano tre fornici: questo è l’arco di Settimio Severo, poi vedremo anche quello di Costantino. ARCO DI SETTIMIO SEVERO: Nel caso dell’arco di Settimio Severo si tratta di un arco costruito per celebrare le guerre partiche. I tre fornici sono tra di loro comunicanti e anch’essi sono coperti da volte a botte cassettonate decorate ulteriormente da rosoni. Anche qui notiamo sempre le doppie volute in corrispondenza del concio di chiave dell'arco. Che cosa notiamo? Notiamo che i vari archi sono inquadrati da un ordine architettonico composito ma non abbiamo più delle semicolonne bensì delle colonne libere che quindi avanzano sopra il proprio piedistallo, dunque emergono e nell'emergere anche la trabeazione in corrispondenza delle colonne si fa maggiormente aggettante. ARCO DI COSTANTINO: Infine dicevamo l’arco di Costantino di cui parliamo anche per un motivo legato alla struttura. Anche in questo caso vediamo che ci sono 3 fornici, lo schema quindi è simile in realtà all'arco di Settimio Severo perché ritroviamo sempre le colonne libere ma nell’arco di Costantino vengono riutilizzati parti di costruzioni preesistenti quindi è un'architettura di spoglio. Appartengono a monumenti di età traianea, adrianea e anche di Marco Aurelio. A tal proposito è stato notato che è proprio differente la struttura dell'arco se noi analizziamo la struttura della parte inferiore e la parte superiore dell'arco perchè la parte inferiore è costituita e formata da opera isodoma di marmo mentre l'attico è stato realizzato in muratura con un riempimento in calcestruzzo e solo il rivestimento invece esterno in lastre marmoree.
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