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Storia dell’architettura e del territorio pt.3, Sbobinature di Storia Dell'architettura

Lezioni 8, 9 e 10 di Storia dell’architettura e del territorio

Tipologia: Sbobinature

2022/2023

Caricato il 13/06/2023

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Scarica Storia dell’architettura e del territorio pt.3 e più Sbobinature in PDF di Storia Dell'architettura solo su Docsity! Lezione n.8 04/05/2023 La Prsospettiva Lezione sulla prospettiva che si articola in due parti: una panoramica e una parte su un caso studio della manifattura tessile di San Giovanni. La prospettiva è una tecnica di rappresentazione degli oggetti su un piano in modo da farli apparire come l’osservatore li vede nella realtà da un determinato punto di vista, rendendo la sensazione del volume, della profondità, del rilievo e della distanza. I tecnici per far comprendere una proposta progettuale utilizzano la prospettiva. Per chi si occupa di patrimonio, la prospettiva costituisce uno strumento essenziale. La prospettiva oggi è regolata da regole ben precise che costituiscono un grande apparato teorico universale. Laddove si interviene nella progettazione di complessi, la prospettiva è ampiamente applicata, soprattutto nel patrimonio, magari prospettive e spaccati prospettici che hanno lo scopo di descrivere le tecniche costruttive. Non dobbiamo dimenticare nemmeno le fonti iconografiche e gli studi di prospettiva. In realtà la prospettiva non è figlia della geometria, ma nasce dall’ottica e dagli studi sia matematici che filosofici. L’applicazione di questi approfondimenti è ben rappresentata, ad esempio, dall’Ottica e dagli Elementi di Euclide. La presenza delle correzioni ottiche nella realizzazione dell’architettura templare, ad esempio, conferma la volontà, da parte dei progettisti, di risolvere le eventuali problematiche percettive. Lo scopo era indagare la percezione umana dello spazio e soprattutto trovare delle codificazioni in grado di trovare delle risposte a queste domande. Nell’antichità classica del mondo greco non abbiamo cicli pittorici o murali, ma sappiamo che le regole dell’ottica e gli studi sulla percezione erano non solo ampliamento indagati ma anche applicati nella costruzione degli edifici templari. Questo lo sappiamo dai rilievi e dalle analisi strutturale, dai quali sono uscite una serie di visioni ottiche. I templi greci, soprattutto quelli importanti, sono caratterizzati da una serie di correzioni ottiche per impedire una percezione distorta da parte dell’ osservatore, ad esempio il posizionamento del triglifo in asse con la colonna. Sono modifiche impercettibili ma che facilitano la visione del monumento. La percezione dello spazio è un tema che si lega ad un aspetto che è quello della propaganda politica, le opere non sono mai fini a se stesse. Nell’architettura romana la percezione dello spazio assume un ruolo rilevante sioprattuto nei fori, dove la propaganda imperiale si lega all’architettura e alla percezione dello spazio. Gli studi di ottica, matematica e filosofia del mondo greco in realtà vengono assorbiti dal mondo romano e quindi anche nella progettazione di un foro, l’aspetto scenografico e la percezione dello spazio è comunque un elemento che discende dal mondo greco e non si escludono l’applicazione di correzioni ottiche destinate a migliorare la percezione del monumento stesso. Pannello Arco di Tito. Rappresentazione del saccheggio di Gerusalemme. Altro esempio è la colonna di Traiano. Ma gli esempi più significativi sono offerti dalla pittura romana. Gli affreschi di epoca romana sono la maggiore testimonianza delle applicazioni di principi specifici tesi a realizzare un fondale scenografico constraddistinto dalla dilazione virtuale dello spazio. Vitruvio concepisce la rappresentazione in base a tre strumenti: la pianta, il prospetto e la scenografia, ovvero la rappresentazione prospettica di un oggetto reale È molto interessante perché oltre a rappresentazioni legate al mondo vegetale ci sono anche delle architetture dipinte. Se noi applichiamo le regole della prospettiva su un affresco possiamo notare che qualcosa non torna, quindi l’architettura dipinta in realtà non segue delle regole precise; questo conferma che è stata applicata una prospettiva più intuitiva, cosa tipica di tutta la pittura romana. Ovviamente l’evoluzione dell’arte romana che dura nei secoli conosce una sua evoluzione dove la rappresentazione dello spazio si perde. (Decorazioni dell’arco di Costantino.) Lo spazio si chiude. Nella storia dell’arte romana c’è un’evoluzione: nel corso della storia di roma l’esigenza dello spazio viene abbandonata e ci si affida ad un altro paradigma. Gli studi di ottica continuano comunque. Palazzo Vecchio, la Loggia dei Lanzi e probabilmente il Palazzo della Mercanzia. La tavoletta era sagomata lungo il profilo superiore degli edifici in modo che si potesse guardare stagliata nel cielo. Non a caso il primo a scrivere un trattato è Alberti che scrisse il De Pictura, 1435-36 e introdusse il principio fondamentale della pittura prospettica, vale a dire il taglio della piramide visiva per messo di un piano corrispondente al quadro del pittore. Perché scrive il trattato in questi anni e lo dedica a Brunelleschi? Perché in quegli anni viene completata la cupola di Brunelleschi. Alberti divide l’opera in tre libri e il punto, la linea e la superficie diventano tangibili e non legati alla sfera astratta della filosofia e il trattato nasce per guidare i pittori e quindi codifica tutte quelle regole. Il De pictura è il primo tentativo di ordinamento teorico della nuova disciplina artistica definita perspectiva artificialis o prospectiva pingendi. I tre libri che lo compongono hanno lo scopo di istruire il pittore nel perfetto esercizio della propria arte. Con Alberti, il punto, la linea e la superficie perdono la loro astrazione filosofica per divenire elementi tangibili della rappresentazione. Alberti quindi concepisce la prospettiva come insieme di regole, dove la distanza dell’ osservatore dall’oggetto osservato riveste un ruolo importante, ma tutto nasce da un preciso principio; il cono visivo Alberti lo concepisce come la base su cui costruire le regole prospettiche tramite l’inserimento di un piano ortogonale, quindi l’intersezione di un piano col cono visivo determina l’oggetto in prospettiva. Alberti introduce il concetto di “intersegnazione” della piramide visiva con un piano e propone un metodo razionale per costruire il pavimento quadrettato, componente, componente essenziale che forniva la perfetta misura degradata di tutti gli elementi della composizione pittorica. Si passa così da una prospettica intuitiva a una prospettiva dettata da regole. Alberti, per il disegno delle figure e degli oggetti di piccole dimensioni raccomandava l’uso di un velo trasparente, forse montato su un telaio, posto tra l’occhio e la cosa veduta. Alcuni fili più grossi, orizzontali e verticali ne dividevano la superficie in paralleli, ossia maglie quadrate. Santa Lucia de’ Magnoli, in cui c’è lo spazio costruito in maniera prospettica. Ghiberti scrive i Commentarii tra il 1448-1454 suddivisi in tre sezioni dedicate all’arte antica, all’arte moderna e alle scienze dell’arte e tratta temi legati alla prospettiva, se osserviamo l’edificio dell’Incontro della regina di Saba con Salomone vediamo… La prospettiva viene applicata anche in oreficeria. In questa placchetta il tema è Cristo che libera un indemoniato. Non sappiamo chi concepisce il disegno preparatorio e la cosa interessante è che l’edificio sullo sfondo in realtà funziona per conto suo; l’architettura è plausibile ed ha una propria autonomia linguistica ed espressiva. Pietà di Perugino. Anche in questo caso una prospettiva dal basso verso l’altro. L’episodio è inserito all’interno di un loggiato qualificato da un ordine architettonico e anche in questo caso… Prospettiva utilizzata anche per creare illusionisticamente lo spazio. Abbiamo la Crocifissione di Perugino. In questo caso la crocifissione è inserita in peducci che diventano capitelli… Altro personaggio che da un contributo notevole è Piero della Francesca che scrive un trattato prima del 1482 ed è il De prospectiva pingendi. Si concentra sulla proporzionalità della figura umana e sulla distanza dell’osservatore. Piero della Francesca è il primo protagonista non fiorentino della storia prospettica rinascimentale. Il De prospectiva pingendi, scritto in età matura, è un vero manuale del disegno prospettico. Egli si concentra sulle regole del disegno. Il trattato è suddiviso in tre parti come quello di Alberti, ma sono evidenti profondi richiami all’Ottica e agli Elementi di Euclide. Piero sottolinea l’importanza della giusta distanza dell’osservatore compresa in un angolo ottico di 60 gradi. Piero, inoltre, elabora due metodi per realizzare degli oggetti in prospettiva: - Primo metodo prevede, partendo dalla pianta, l’uso della diagonale. - Secondo metodo, invece, usa la proiezione ortogonale. Abbiamo alcune opere avvolte dal mistero che sono le tavole della città ideale. Quello che soprende è che l’architettura dipinta diventa tema stesso della rappresentazione. Prospettiva centrale, con edificio a pianta centrica col proprio linguaggio architettonico. Così come la tavola di Baltimora dove le figure servono a far comprendere le dimensioni degli edifici dell’antichità sullo sfondo. Sulla prospettiva un contributo è offerto anche da Leonardo Da Vinci che si occupa di indagare la percezione dello spazio e come questa possa essere rappresentata. Leonardo introduce la prospettiva aerea, ossia la rappresentazione dell’aria. Leonardo cerca di restituire anche la consistenza dell’aria tramite una serie di velature, tanto che possiamo definirla prospettiva aerea. Donato Bramante applica le regole della prospettiva nella chiesa di Santa Maria presso San Satiro a Milano, dove, per ovviare all’impossibilità di costruire l’abside, realizza un’interessante illusione prospettica sfruttando lo spazio ridotto alle spalle dell’altare maggiore. (Tre navate a croce commissa.) In questo contesto viene creata un’illusione prospettica e tramite un bassorilievo viene proposta una volta a botte cassettonata e la dilatazione dello spazio in realtà è un’illusione ottica, però è interessante perché l’espediente fa percepire uno spazio che non esiste. Scuola di Raffaello nelle stanze vaticane. Per comprendere come all’inizio del 500 il bagaglio sulla prospettiva non solo acquisito ma approfondito. La scuola di Atene ci fa comprendere una comprensione dello spazio impeccabile. Seconda parte: la prospettiva come strumento di indagine. Quando si affronta lo studio di un’opera d’arte bisogna porsi le domande giuste. Chi: chi commissiona l’opera? Chi realizza l’opera? Quando: cronologia dell’intervento. Come: analisi del supooorto, del materiale e delle tecniche, analisi del cantiere e analisi della restituzione grafica. Perché: perché avviene la realizzazione dell’opera, quali le motivazioni, perché sono impiegate determinate tecniche, materiali e scelte compositive. (Ad esempio perché è utilizzato il marmo per la lanterna? Per bilanciare le spinte della cupola) L’artista manifesta una solida maturazione professionale aggiornata alle innovazioni culturali presenti in città. Pollaiolo non concepisce tanto edifici ideali e strutturalmente corretti ma fondali scenografici plausibili. A differenza del fratello, Antonio declina le regole della prospettiva per facilitare la percezione dell’osservatore. Lezione n.9 05/05/2023 Brunelleschi, Alberti e l’architettura del Rinascimento Uno dei miti che la definizione di Rinascimento ha reso più duraturo è il fatto che ci sia stata una netta cesura tra il Medioevo e il Rinascimento. La situazione è più complessa e i rapporti tra i linguaggi tradizionali e i linguaggi innovativi sono stati certe volte di opposizione ma c’è stato anche un linguaggio che si è sviluppato in continuità. Lo spedale di Brunelleschi inizia nel 1419 e 30 anni dopo a Milano ci si occupa della stessa tipologia ma il linguaggio è diverso. C’è sempre un porticato che però viene tamponato, mentre le bifore nel piano superiore. Filarete non avrà vita facile e non riuscirà a imporsi più di tanto perché a Milano il panorama architettonico è dominato dai Solari. Il nuovo linguaggio si innesta sul preesistente andando a creare un dialogo particolare come vediamo nella facciata di Santa Maria Novella, dove la continuità si diffonde come novità. Un altro appunto fondamentale che vale non solo per la pittura e scultura ma anche nell’architettura è la riscoperta dell’antico. Questo tema in realtà inizia ad affiorare già con l’umanesimo e poi si diffonde. Si parla di ricoperta perché nel Medioevo l’antico non era mai morto, non si era mai creata una cesura netta. Adesso si instaura un rapporto del tutto diverso perché adesso c’è la consapevolezza della distanza storica e critica tra l’epoca in cui si vive e il passato. Nel Medioevo questo distacco non si sentiva, è chiaro che c’è stata una caduta nella continuità e c’è un distacco coi tempi precedenti. Addirittura molto uomini sentono di dover competere con l’antichità e questo innesca l’idea di superamento. Vediamo un documento importante che è l’Incisione Prevedari di Bramante, in cui rappresenta un tempio pagano trasformato in chiesa cristiana in cui sono presenti elementi all’antica. Altro punto fondamentale è la prospettiva, gli uomini del Rinascimento capiscono che dallo studio dell civiltà classica, l’arte antica era un’arte un po’ limitata. E la prospettiva diventa uno strumento di dominio sul mondo. La prospettiva si basa sull’idea che linee parallele si incontrano in un punto e l’altro elemento fondamentale è che le dimensioni rimpiccioliscono man mano che si guarda lontano. Altro elemento è la consapevolezza che l’uomo ha una nuova consapevolezza di sé e del proprio valore. Questo si riflette anche nell’architettura nei temi dell’antropocentrismo e della proporzione. Questa idea avrà delle grandi ripercussioni nella teoria della progettazione architettonica. Vediamo il disegno di Leonardo, l’uomo vitruviano, che si ispira a un passo di Vitruvio dove racconta come il corpo umano abbia il suo centro nell’ombelico e quindi se divarica le gambe con le braccia alzate può disegnare un cerchio, mentre se si mette a forma di croce può disegnare un quadrato. L’architettura può essere proporzionata anche in relazione al corpo umano. Vitruvio raccontava che la natura aveva fatto in modo che il corpo fosse proporzionato. Questo tema del rapporto col corpo umano trova riscontro con l’architettura e nei trattati di Francesco Giorgio Martini vediamo delle illustrazioni, a sinistra la figura umana che può proporzionare una pianta a croce latina. Ma la figura dell’uomo può essere usata anche per definire la sezione della chiesa vista dalla facciata. Infine il corpo umano può diventare anche sistema proporzionale di alcuni dettagli come i capitelli, che sono disegnati sulla base dei rapporti proporzionali del volto. Brunelleschi. In realtà come gli altri architetti non nasce come architetto ma come orafo. Quindi nel Rinascimento l’approdo all’architettura è l’ultima tappa che nasce dalle altre arti. Un’eccezione è ad esempio Antonio da Sangallo e Andrea Palladio. La cupola diventa un problema di campanilismo, la chiesa era stata fondata secoli prima, poi ampliata e a un certo punto rimane questo vano enorme di 54m di diametro totalmente aperto. Il che cominciava a diventare un problema di prestigio di Firenze nei confronti delle altre città toscane. Si comincia,dunque, a partire dal 1417 come poter gestire questa cosa e Brunelleschi inizia a lavorarci. Sarà nel 1418 che l’arte della lana bandisce un concorso (bandito perfino per la realizzazione della lanterna), che lo vince Brunelleschi che insieme a Donatello e a Nanni di Banco presentano un modello ligneo. Lo vince e nel 1420 Brunelleschi viene nominato provveditore e si emana un atto notarile con delle disposizioni e i lavori iniziano. Nel 1425 sarà completata la parte inferiore e poi nel 1432 si realizza un ulteriore modello per la parte finale. Nel 1436 il papa inaugura la cupola, anche se la lanterna non c’era. Il progetto della cupola esisteva già, Brunelleschi non ha avuto campo libero in ambito formale, ma il modello risale al 1300 e lo vediamo in una rappresentazione di Bonaiuti (immagine). Il problema quindi non è mai stato formale ma un problema strutturale ed esecutivo, quindi come riuscire a chiudere una cupola di enormi dimensioni e collocata a un’altezza elevata. Per dipiù il tamburo è ottagonale, quindi dal punto di vista statico è irregolare, perché le forze nella parte dei lati si comportano in modo diverso dagli spigoli ed è inoltre forato da oculi che lo indeboliscono. Per costruire una cupola si deve realizzare una centina (forma in negativo, armatura in legno che riproduce la forma che la cupola dovrà avere, la si utilizza per appoggiarci sopra i materiali e una volta che si chiude il cervello della cupola, questa diventa stabile e l’armatura viene smantellata.) La centina è un’opera provvisionale. Naturalmente realizzare una centina per la cupola avrebbe significato creare una struttura in legno molto pesante con una quantità di legno alta e con un costo elevato. Quindi il primo problema è come realizzare una cupola senza centina. Quindi Brunelleschi pensa a una cupola autoportante in tutta la fase di costruzione, quindi senza armatura. Vediamo un’ipotesi di come doveva essere il punteggio, ma il fatto che la cupola si sostenesse per anelli concentrici è dovuta alle scelte tecniche della costruzione, come la disposizione dei mattoni messi a spina di pesce. Questo tipo di ponteggio consente una costruzione di una cupola autoportante e all’idea di una cupola autoportante si associano queste tecniche costruttive e lo schema strutturale, che è realizzato da due calotte collegate da 8 costoloni di pietra e poi all’interno di ciascuna delle 8 vele, altri due costoloni che però sono destinati a essere nascosti. Questo non basta per irrigidire la struttura ma è necessarie creare un ulteriore scheletro composto da una serie di anelli paralleli al terreno che tengono insieme i costoloni. Elemento fondamentale è la lanterna in pietra, molto pesante per aiutare nella distribuzione del peso, che altrimenti si divaricherebbe. La lanterna equilibra le forze. La cupola è a doppia calotta, quella interna è quella con lo spesso maggiore, mentre quella esterna è meno spessa. Tra una e l’altra c’è un sistema di scale che consentono la salita. Lo Spedale degli Innocenti viene considerato come l’edificio simbolo del Rinascimento. Nasce per accogliere gli orfani e viene commissionato dall’arte della seta. L’area su cui sorge è ancora periferica e diventa la premessa per creare la piazza che vuole richiamarsi agli esempi degli antichi romani: piazza porticata. Brunelleschi compare in cantiere dal 1419-23, poi però i lavori saranno completati da altri come Francesco della Luna. La cosa che lo caratterizza è il fatto che ci sia questo leggero porticato di nove campate innalzato su uno stilobate di nove gradini e il secondo livella presenta … La pianta viene organizzata attorno al cortile centrale, c’è poi il cortile detto chiostro delle donne, dove Brunelleschi utilizza l’ordine ionico, perché nella sua architettura di solito usa il corinzio. Quindi il prospetto con queste nove arcate che vengono chiuse da due pareti. Arcate corinzieggianti con una ghiera d’arco molto marcata e con il cervello dell’arco tangente all’architrave della trabeazione maggiore. Il materiale con cui Brunelleschi lavora è la pietra serena per le parti strutturali e portanti, mentre l’intonaco bianco per le parti portate. C’è una chiara differenziazione tra lo scheletro e la carne. Abbiamo lo schema proporzionale e vediamo che ciascuna arcata ha una luce che ha esattamente la stessa dimensione dell’altezza e quindi l’arco ha una altezza che è la metà e il raggio dell’arco si ritrova nell’altezza della finestra. Così come l’altezza da terra fino all’imposta della finestra è il doppio della larghezza. C’è tutta una serie di incastri che ci fanno percepire questo edificio come armonico. Il portico è coperto con delle volte a vela, una sezione di sfera, che nel caso dello Spedale appoggia verso la piazza sui capitelli e verso il muro appoggia sui peducci, capitelli all’interno del muro. Ciascuna delle volte disegna una campata che diventa un modulo cubico. Questo sistema di quattro sostegni prende il nome di sistema a baldacchino. C’è questa sequenza dello spazio che lo rende misurabile. Vediamo un capitello con le volute carnose e soprattutto il pulvino e il modello per Brunelleschi è il capitello di San Miniato a Monte. Spesso la critica ha voluto vedere degli errori, uno di questi è stato individuato nel dettaglio della trabeazione, è un fregio che doveva essere strigilato come i sarcofagi romani. L’architrave dovrebbe finire dove finisce il capitello, ma gira a 90 gradi e scende fino a terra. Ma Brunelleschi ce l’ha presente, prende infatti a modello il Battistero. Sul fianco notiamo che c’è questa sequenza di arconi su pilastri e sotto gli arconi avrebbero dovuto trovare posto i sarcofagi degli umanisti della sua corte. Anche per il fianco ha in mente modelli romani, come gli acquedotti o gli archi del Colosseo. Il tempio è stato fortemente bombardato nella seconda guerra mondiale ed è stato parzialmente rifatta. A Firenze si impegna per la committenza di Giovanni Rucellai, mercante che se ne sta ai margini della vita politica e quindi si dedica all’architettura, capendo che può essere un modo attraverso il quale si può dimostrare la propria importanza all’interno della società. Alberti realizza il palazzo, la facciata di SMN e una piccola chiesa dove c’è la cappella Rucellai. Il palazzo parte dall’ aggregazione di diverse proprietà che i Rucellai riescono a comprare e il lavori partono dalla ristrutturazione interna, mentre agli inizi degli anni 50 viene iniziata la facciata, inizialmente costituita da 5 campate. L’operazione che fa Alberti è la stessa del tempio malatestiano: rivestire gli edifici precedenti. Ha il compito di mettere una placca intorno agli edifici. In realtà se guardiamo la fotografia sembra che il palazzo, svoltato l’angolo continui nel suo rivestimento, ma in realtà si interrompe. A Rimini poteva fare gli spessori che voleva, mentre a Firenze il problema è che ci sono gli allineamenti stradali, quindi deve fare un bugnato sottile e mantenersi abbastanza attaccato ai muri esistenti. Il riferimento è Palazzo Medici realizzato da Michelozzo e che diventa il prototipo per l’architettura palazziale del Rinascimento. Costituito da tre piani con la particolarità che il piano terra ha un bugnato molto grezzo e mano mano che si sale il bugnato diventa meno spesso e più grazioso. Alberti non può non confrontarsi con Palazzo Medici, ma non lo copia e diventa un’alternativa. Innanzitutto perché il bugnato è molto più sottile, ma poi perché per la prima volta viene impiegato l’uso dell’ordine architettonico in una facciata. Se il Palazzo Medici è il modello contemporaneo, Alberti si deve anche confrontare con l’antichità, riprendendo il Colosseo, da cui riprende anche il cornicione. Schema facciata originaria a 5 assi. Ritmo AABAA, la campata centrale è leggermente più grande. Come risolve il problema degli archi nei piani superiori? Se le campate sono uguali e Alberti impone questa logica serrata per cui c’è l’intelaiatura di paraste dove si incastrano le ghiere degli archi. Risolve questa cosa allargando la ghiera dell’arco. Altro intervento per Rucellai è la facciata di SMN, che fino alla metà del 1400 era stata realizzata fino al primo livello. Rucellai nel 1458 ottiene il permesso dall’arte del cambio di finanziare la facciata, lavori che iniziano nel 1460 che saranno se non finiti ma a ottimo punto nel 1470. Quali interventi realizza? Innanzitutto il portale che ricostruisce. Impone questa scansione di colonne in marmo verde e ridisegna il cantonale. Poi costruisce l’attico, fascia decorata con quadratini, sul quale si appoggia l’altro intervento: specie di tempio tetrastilo e infine le enormi volute che hanno funzione di nascondere gli spioventi dei tetti. I modelli a cui attinge sono quelli della tradizione locale (San Miniato, Battistero e Duomo) che vengono ibridati con motivi all’antica che sono ad esempio il riferimento nell’angolo dove lui associa la colonna con il pilastro zebrato e sopra con l’attico con un pilastrino che nasce dal prolungamento del pilastro sottostante e il modello è quello degli archi di trionfo, con una differenza: nel caso dell’arco il pilastro dell’attico è allineato con la colonna sottostante, ma poiché essa non è allineata con l’angolo, Alberti lo sposta sopra il pilastro in modo che l’angolo ottenga la sua perfetta conclusione. Ancora questa idea dell’associazione del pilastro con la colonna gli viene con un edificio antico che nel 1400 poteva ancora essere visto, osssia al Basilica Emilia nel foro romano. Vediamo tutta una serie di spunti e di fonti che Alberti rielabora fondendo l’antico con il contemporaneo. L’altro intervento è quello che riguarda l’attico, che però Alberti pensa con un preciso inganno ottico; vuole correggere quello che potrebbe diventare un errore. Alberti deve mettere la parasta allineata col portale già esistente, quindi c’è il problema che il pieno cade sul vuoto, ma se si mette una striscia decorata non si nota. Maschera questo potenziale difetto grazie a questo sistema decorativa. L’ultimo è il sistema del tempio tetrastilo con pilastri e timpano e le volute che riprende in parte dalla lanterna di Brunelleschi ma che sono diverse perché sono il pretesto per sfoggiare qualcosa di medievale. Committenza Ludovico Gonzaga a Mantova. Negli ultimi 12 anni di vita di Alberti, questi è l’architetto ufficiale dei Gonzaga. San Sebastiano. Edificio che si innalza su un podio sotto il quale è ricavata una cripta. Probabilmente il marchese vuole un mausoleo personale, però si tratta anche un intervento di qualificazione urbana. Un documento dell’epoca ci racconta che il progetto arriva al duca in sogno. In pianta è perfettamente centralizzato e c’è una vano centrale coperto a crociera e i vani laterali coperti a botte con absidiole. (Riproposizione schema sacrestia vecchia) La cripta è costituita da una selva di pilastri che aveva impiegato anche a Rimini. Invece l’aula centrale presenta enormi spazi alla romanza, è come se fosse la riproposizione degli spazi dei romani. Sant’Andrea, Mantova. Impianto a croce latina, navata unica, transetto, cupola all’incrocio che sarà realizzata nel 1700. Esisteva progetto preesistente ma Alberti lo rivisita. La struttura compositiva nell’interno è detta trabata ritmica: trabeazione disposta con luci piccole e grandi. All’interno degli spazi più grandi si apre la cappella coperta a botte. L’interno è tutta una concatenazione di archi di trionfo. Convento di Santa Maria delle Grazie 1492-97. E’ un vero e proprio unicum, dato che è l’unico caso in cui un edificio rinascimentale venga sostituito in pochissimi anni da un altro edificio rinascimentale: la famiglia dei Solari, che aveva la gestione di tutta l’architettura rinascimentale, aveva appena completato la chiesa di Santa Maria delle Grazie, intorno al 1460, di lì a poco Bramante distrugge la parte terminale della chiesa, innestandosi con la tribuna; Il rinnovamento bramantesco partirà dalla facciata: un protilo, che pur imitando quelli medievali, è completamente aggiornato al linguaggio fiorentino e urbinate, colonne di ordine corinzio su alto basamento e ribattute (contro il muro, a pochi centimetri di fronte, trovo un altro elemento), e trabeazione con medaglioni sul fregio, il tutto si conclude con una volta a botte cassetonata. All’interno si vede il linguaggio dei Solari, con pietre di solizio, tipica milanese, con capitelli arcaici che reggono archi tardo gotico che generano volte a sesto acuto. Le vele e i sottarchi sono decorati ad affresco, con gusto medievaleggiante. Bramante crea una mediazione tra un impianto nuovo ed esemplato sul classicismo fiorentino, e dal punto di vista linguistico, molto vicina alla tradizione lombarda. La commistione tra l’impianto classico data anche dalla serliana che diventa il pretesto per dispiegare un cromatismo tipico dell'architettura lombarda, in particolare sul grande arcone ritroviamo 12 tondi che presentano otto raggi, numero della Madonna. E’ stato rilevato come Bramante abbia perso il controllo del cantiere, sostituito con qualcuno non alla sua altezza, lo vediamo dalle paraste con soluzioni diverse. Nell’esterno i Solari progettavano con schema ricorrente: tetto a capanna, contrafforti in facciata, cappelle laterali con due finestre, oculo centrale e mattoni a vista. La parte successiva ha la parte basamentale che è probabilmente bramantesca, dato che è molto semplice con un tentativo di dare la sensazione della massa, data anche dall’ombra delle nicchie; la parte superiore, probabilmente non bramantesca, ha una decorazione molto variegata. La chiesa come Mausoleo Federico il Moro volle trasformare la chiesa in mausoleo familiare. La larghezza è esattamente la stessa della navata centrale con le due laterali, ritroviamo lo stesso impianto della sacrestia vecchia di Brunelleschi. L’idea è quella di dilatare il più possibile lo spazio. Quando il ducato di Ludovico il Moro cade all’arrivo dei francesi, Bramante scappa da Milano, trasferendosi a Roma. Tempietto di San Pietro in Montorio, Roma – 1502. Tra le prime opere che vengono realizzate a Roma, considerato il prototipo della vera e propria architettura all’antica, come se nell’edificio l’architettura degli antichi fosse risorta con un’evoluzione per fini cristiani. Non abbiamo molti dati certi sulla cronologia, la cosa significativa è che i committenti sono il Re e la Regina di Spagna: Ferdinando d'Aragona e Isabella di Castiglia. Decidono di finanziare il tempietto sul luogo dove si pensava fosse avvenuto il martirio di Pietro. In pianta è un periptero con crepidoma di tre gradini, cella centrale rotonda scavata internamente da nicchie di diametro più grande e piccolo, esternamente da nicchie semicircolari e di pianta circolare. La tripartizione dell’edificio è data dalla parte della cripta raggiungibile solo all’esterno, la parte centrale e la parte della cupola estradossata su tamburo. L’area su cui sorge è molto stretta, la visione è ravvicinata, con scorci molto forti. Il giro di colonne è costituito da granito egizio di rimpiego. I capitelli e le basi sono stati rifatti a doc, riportando in vita il dorico. L’interno presenta una scansione ritmica con un ritmo a b a, che non è altro che una travata ritmica non rettilinea ma disposta su circonferenza. La cupola presenta un tamburo poco sviluppato in cui si aprono solo 4 finestre e il ritmo alternato dei sostegni viene ripreso anche nell’intradosso. Da subito questa architettura entra nell’architettura specialistica. Palazzo Caprini, poi casa di Raffaello - 1501-10. Sarà distrutta da Mussolini per creare la via della circonvallazione. Ha una facciata su due piani, con al piano terra botteghe e al piano nobile le abitazioni. Bramante riesce anche in un intervento modesto, a riportare in vita l’antichità, è la versione moderna delle insulae romane. Non è un bugnato di pietra, ma mattoni stuccati, risparmiando così soldi e tempo. Belvedere in Vaticano – 1503. Nel 1502 Giulio II diventa Papa, volendo restaurare l’impero romano. E’ un complesso con area vastissima tra palazzi vaticani e basilica di San Pietro, con in fondo la villa di Innocenzo VIII. L’area è posta su dei dislivelli, si deve creare un collegamento per il Papa senza dislivelli, una specie di via trionfale. Il corridoio del Belvedere Vi sono due lunghi corpi di fabbrica che abbracciano il cortile sui due lati, un grande spazio prospettico chiuso da un’esedra. Terrazzamenti su quote diverse, scalinate e fontane con una rampa. Questo grandioso cortile viene modificato da Sisto V con la biblioteca Apostolica e l'archivio Spostolico Vaticano. La cupola è anch’essa una citazione, l’alternanza di campate e le finestre ricordano quella di San Pietro in Montorio, con la differenza che i costoloni vivi diventano scansioni per la decorazione, che decide di realizzare in mosaico, tecnica caduta in disuso. C’è l'idea che l’esterno della cappella sia spoglio, con l’interno ricco con decorazione fatta di marmi decorati, lesene e capitelli che sono la fotocopia del pantheon, dipinti, mosaici... L’ambiente doveva simulare lo sfarzo imperiale che avrà pari sulo nella Villa Madama 1516-17. Il committente fu Giulio de’ Medici, poi Papa Clemente X. Soltanto una piccola parte della villa sarà realizzata, per la morte di Raffaello e per il sacco del 1527. La committenza è papale, e l’idea è quella di ricostruire una villa come nell’antica Roma; l’edificio è suburbano, e alla pari del Palazzo Caprini, diventerà un prototipo. Doveva essere un luogo di ozio alla latina. Gli spettacoli si dovevano svolgere in un teatro alla greca. Nel cortile circolare si innestano altri ambienti, con una vasca e un giardino pensile. Il modello di riferimento di quegli anni era il Belvedere, niente era paragonabile a quel progetto. Il cortile ad oggi lo vediamo a forma di semicerchio, con un porticato virtuale. La villa doveva avere anche una scuderia enorme. La Loggia. È un ambiente che si apre sul giardino pensile, ha tre campate e triabsidata, con copertura a cupola e le due campate laterali sono volte a crociera; la superficie è un pretesto per dispiegare una decorazione ricchissima esemplata sui modelli delle grottesche. Lettera a Leone X 1519. Scritta in occasione di un incarico a lui conferito: una pianta di Roma antica, che rappresentasse gli edifici principali. Raffaello immagina gli edifici con proiezione ortogonale. In quegli anni, disegnare in proiezione era una novità, che non da tutti era decifrabile, così Raffaello pensò di aggiungere alla pianta una funzione esplicativa. Michelangelo Buonarroti. Il mito nasce già quando egli stesso è in vita, in parte con Vasari ma anche con Condivi, considerata la biografia dell’artista. A quarant'anni comincia a lavorare nell’architettura. Sagrestia Nuova di San Lorenzo 1519-25. I primi impegni arrivano a Firenze nel complesso Laurenziano. Diventa la seconda occasione per confrontarsi con Brunelleschi. Doveva diventare il mausoleo della nuova generazione dei Medici. Per far costruire la sacrestia nuova, Leone X fa smettere il progetto della facciata a Michelangelo. Il confronto tra Vecchia e Nuova. L’impianto è lo stesso: corpo centrale e scarsella con copertura a cupola. La differenza è nell’alzato: Michelangelo interpone tra la parte basamentale e gli arconi su cui si poggia la cupola, un piano che chiamiamo attico, risulta un ambiente con la stessa pianta ed estensione, ma più alto in altezza, diventando più drammatico. La serliana in Michelangelo viene interrotta, dato che abbiamo il piano dell’attico con l’ordine bastardo che inquadra le finestre timpanate, ne risulta quindi un arco di trionfo. La cupola non appoggia direttamente sulla modanatura, e si differenzia da Brunelleschi dato che è una semisfera perfetta che ripropone il motivo dei cassettoni all’antica. La Biblioteca Laurenziana 1525. Doveva diventare la biblioteca aperta alla cittadinanza, rendendo fruibili i codici dei Medici. E’ costituita da due ambienti: uno quadrato chiamato ricetto e la sala di lettura molto stretta e lunga con i banchi disposti verso il muro, che deve essere alleggerito dato che si poggia sul piano del vecchio convento. Il motivo decorativo del soffitto in legno cassettonato si riproduce anche nel pavimento. Il ricetto, ovvero la parte d’ingresso, ha la facciata simil palazzo rivolta verso l’interno, con finestre cieche. Michelangelo gioca con gli elementi per negare la valenza strutturale dell’architettura, sovverte le regole: le colonne si trovano generalmente davanti al muro, ma l’artista crea delle nicchie e spinge delle colonne dentro il muro, le cosiddette colonne alveolate. Le mensole sporgono in avanti, quindi non hanno una funzione portante. Gioca con le parole per creare un linguaggio nuovo, gli elementi sono classici ma la sintassi diversa. La scala occupa quasi tutta la superficie, è tripartita, con il vano principale per i nobili. E’ stata realizzata quando Michelangelo era a Roma, ed è stata realizzata in maniera diversa rispetto al volere dell’artista.
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