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storia dell'arte contemporanea ada lombardi (riassunto), Sintesi del corso di Storia dell'arte contemporanea

riassunto del libro di Ada Lombardi (storia dell'arte contemporanea)

Tipologia: Sintesi del corso

2019/2020
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Caricato il 06/02/2020

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lucas-begendi 🇮🇹

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Scarica storia dell'arte contemporanea ada lombardi (riassunto) e più Sintesi del corso in PDF di Storia dell'arte contemporanea solo su Docsity! SECONDO DOPOGUERRA EUROPA Scenario Europeo Con la fine della seconda guerra mondiale, si apre in Europa un periodo di devastazione senza precedenti, oltre che la fine del vecchio regime e l’avvio di un nuovo corso degli eventi Democratico. Il divario tra Europa del nord e sud si accentua notevolmente: nascita di una nuova Europa ‘’Unita’’ ma diffidenza verso i Paesi responsabili del conflitto, a favore invece dei risolutori: l’Europa Occidentale e Meridionale si affiliò agli Stati Uniti mentre quella orientale all’ URSS. I Paesi che si schieravano stavano dunque accettando un nuovo sistema politico: liberale e democratico americano o comunista sovietico. American way of life: diffusione di un logo pubblicitario Statunitense volto ad esportare il modello di vita Americano, diffondendo l’illusione di un benessere collettivo a cui tutti potevano aspirare, costruito sui consumi e sul tempo libero, a sfavore dei legami fondati sulla vita rurale. Piano di aiuti Marshall e dichiarazione universale dei diritti umani Si comprese che la politica doveva avere un carattere transnazionale e superare i limiti geografici e culturali, sradicando i concetti di ‘’popolo’’, legati a valori etnici, culturali e demografici. Nel frattempo, dagli anni 30, grazie al presidente americano Roosvelt che aveva dato vita al New Deal, l’America appoggiava le teorie anti liberaliste di John Keynes. Venne introdotto il piano di aiuti economici Marshall, decisivo per sviluppare le economie dei paesi Europei e porli definitivamente sotto l’egemonia Americana. Nel 1945 a San Francisco venne fondata l’ONU e nel 1948 firmata la Dichiarazione universale dei diritti Umani. Questi due eventi sancirono il diritto alla vita di ogni essere umano, diritto al lavoro, sanità e cultura. Diffusione dell’Informale in Europa Gli anni 40 furono caratterizzati da una scarsa produzione artistica a causa della guerra appena finita, ma allo stesso tempo si sviluppò un sentire comune che stava portando verso uno stadio di forte condivisione umane: esigenze, sensazioni, aspettative, sogni; un senso di collettività che partiva dall’America e arrivava in Giappone, mettendo le basi per la futura globalizzazione. In questo contesto storico, prendendo vita da Parigi (città che dall’inizio del 900 era stata la ville lumiere, casa che accoglieva artisti da tutto il mondo), si diffonde il movimento artistico che prende il nome di Informale, dal nome dell’opera di uno dei maestri di questa corrente: Jean Dubuffet. Michel Tapiè afferma che l’Informale voleva fare tabula rasa su tutti i linguaggi e condizioni formali affermati fino a quel momento. L’Informale rinnegava la progettualità e la forma razionale a favore del segno, del gesto e della casualità. Le ragioni di tale rifiuto derivano dal disagio degli artisti di fronte ai terribili delitti di cui il mondo si era macchiato. Si riferiva così ad un internazionalismo mai visto prima, ponendo in analisi l’essere e l’esperienza umana più che il linguaggio. Jean Dubuffet ( 1901 – 1985 ) Artista più emblematico tra gli Informali, si afferma definitivamente con la mostra Haute Pates del 46 a Parigi. Porta avanti le sue idee sull’automatismo e libertà assoluta del gesto creativo, eseguendo una ricerca sperimentale su quello che lui definiva Art Brut, ovvero del gesto eseguito al di fuori di qualsiasi modello estetico, ricercando la forza creativa originaria fuori da qualsiasi schema. Dubuffet lavora in particolare sull’iconografia della figura umana che si fa strada tra impasti di colore e segni incisi. Jean Fautrier ( 1898 – 1964) Iniziatore dell’arte Informale insieme a Dubuffet. Catturato dalle opere di William Turner, con forme assenti e attenzione incentrata sull’infinito e lo spazio aperto. Fu uno di quegli artisti che espressero con le loro opere tutti gli orrori della guerra in forma esplicita: Otages (Parigi, 1943-1945), 33 opere tutte con lo stesso titolo, che in francese vuol dire ‘’ostaggio’’. Parigi in quel periodo era invaso dai nazisti e il senso delle opere era mostrare la crudeltà inferta ai cittadini. Le 33 tele erano state create dipingendo con pasta alta e spatole, con colori sfumati e che ricordavano la luminosità di Turner. Le opere rimandavano, con la totale assenza di forma, a qualcosa di organico come teste, braccia, pelle; sembrava ciò che rimaneva di qualcosa che prima era umano e ora non più. Lucio Fontana ( 1899 – 1968) Fontana e Burri sono tra i maggiori esponenti dell’Informale Italiana. Dopo la sua permanenza in Argentina, Fontana ritorna in Italia e qui pone le basi per un nuovo movimento di natura astratta, attraverso la pubblicazione di due manifesti e successivamente i primi lavori ‘’spaziali’’, come quello realizzato nel 49 per la galleria Il Naviglio, in cui un elemento di cartapesta arricciata era imbevuto in una tinta fluo e posto su soffitto viola. Realizza delle tele dove il supporto viene bucato con degli strumenti, a ricordare i vortici delle costellazioni. Successivamente inizia a sostituire i buchi con dei tagli e delle lacerazioni nette, frutto di un azione netta senza ripensamenti. I titoli di queste opere saranno ‘’ATTESA’’ dove è presente un unico taglio, ‘’ATTESE’’ dove i tagli sono molteplici. Il significato della parola è molteplice: da una parte indica il momento giusto in cui viene realizzato il taglio, come parto dell’attesa e senza ripensamenti, dall’altra indica un tempo di ricerca di carattere riflessivo e energetico. Alberto Burri ( 1915 – 1995) Viene influenzato e colpito dal clima politico e viene trascinato in una corrente figurativa di tipo realista-socialista. Burri iniziò una ricerca molto sperimentale dal 51, applicando brandelli di sacchi di iuta su opere pittoriche, cancellando la forma applicando la materia. Una materia povera che probabilmente ricorda il suo passato umile e da contadino, in cui i raccolti erano inseriti e trasportati in sacchi di iuta. Questi sacchi, all’interno delle tele erano circondati di colori delle terre bruciate di campagna. Dal 59 sperimenta nuovi materiali, come legno, ferro e plastiche, lavorandoli con il fuoco della fiamma ossidrica. Dopo il ciclo di lacerazioni con il fuoco, Burri sperimenta un miscuglio di caolino, bianco di zinco e vinavil, steso su una superficie e lasciato esposto davanti a fonti di calore: il risultato è la creazione di superfici con delle screpolature e solchi, molto simile alle terre argillose in estate. Stessa opera, appartenente ai ‘’Cretti’’, fu realizzata in grande scala nel cimitero di Gibellina in Sicilia. PRESTITI DA ALTRE CULTURE: IL GIAPPONE Primi contatti tra cultura occidentale e orientali si hanno quando nel 1876 viene istituita a Tokyo l’Accademia Nazionale delle Arti e il governo chiese l’intervento di artisti occidentali per una formazione di successo. Da questo momento in poi i contatti artistici tra i due luoghi si intensificano e in Giappone si diffondono le avanguardie Europee a partire dal 1910 mentre gli artisti orientali si recano sempre più spesso in occidente per la loro formazione. Per comprendere le similitudine tra arte Informale occidentale ed orientale, partiamo dal fenomeno di ‘’apprendimento’’ che il Giappone praticò nei confronti dell’Occidente e delle avanguardie Europee. All’inizio dei contatti tra queste due civiltà, in Giappone pervenivano una serie di informazioni estetiche e linguistiche estranee alla loro cultura, come la diffusione del Simbolismo, postimpressionismo, Impressionismo. In seguito le avanguardie Giapponesi si affermarono con le stesse modalità: nelle opere di Kambara Tai e Sejii Togo, considerate futuriste, comparivano elementi cubo-futuristi ed espressionisti. In quelle di Murajama Tomoyoshi convivevano elementi del Dadaismo Berlinese e Astrattismo tedesco. Questo fenomeno è spiegabile in parte considerando che gli artisti Giapponesi in viaggio percorrevano e visitavano diverse città simultaneamente, amalgamando e uniformando le informazioni estetiche in un unico stile e accentuando il già proprio linguaggio figurativo e tendente all’astratto. AMERICA completa indipendenza nazionale ma anche la sopravvivenza della nazione, arrivando alla sua attuale prosperità economica. Il cambiamento immane è attuato nell’arco di 50 anni. Il partito di Mao, di ispirazione al modello sovietico, conquistò il consenso della popolazione attraverso la ‘’lunga marcia’’: in un anno (1934-35) 100.000 contadini attraversarono il paese affrontando le truppe del presidente oppositore Chiang Kai-shek, che si diceva non facesse gli interessi della propria nazione. Nel 49 le truppe dell’armata rossa cinese entrarono a Pechino e proclamarono la Repubblica Popolare Cinese, estromettendo Kai-Shek e costringendolo a fuggire. Mao intraprese una politica che estendeva la riforma agraria a tutta la popolazione, estromettendo il ceto di nobili e notai e distribuendo i loro territori, senza onere, ad oltre 300 milioni di contadini. Alle donne venne assicurato divorzio e diritto al voto. La politica cinese, di stampo russo sovietica, costò l’inimicizia da parte degli USA e dell’ONU. Il grande piano politico di Mao stava giungendo al fallimento, costando anche una grave carestia con numerosi morti, ma non diminuiva il consenso popolare. Questo servì a far capire a Mao di cambiare rotta. Dal punto di vista artistico, Mao aveva in mente il modello russo, cioè il REALISMO SOCIALISTA, che era messo a servizio del partito e comunicava un’idea propagandistica. Tutta l’attività artistica venne programmata e comunicata a partire dal luglio del 49 con il primo congresso dei LAVORATORI DELL’ARTE E DELLA LETTERATURA. Gli artisti vennero chiamati a decorare grandi opere pubbliche e ad intervenire in tutto ciò che poteva essere visibile alla popolazione, raccontando inoltre le vittorie del partito. Nel 56-57 il Ministero della Cultura avvia il progetto CENTO FIORI, con l’imperativo di Mao ‘’CHE IL PASSATO SERVA IL PRESENTE’’, avviando un passaggio graduale al REALISMO SOCIALISTA, in modo che venisse eliminato il rischio che artisti praticassero in clandestinità la secolare forma d’arte. SHI LU (1919-1982) Cercò di modernizzare il vecchio stile alle esigenze moderne del partito. Una delle opere più esemplari è un dipinto di oltre 2 metri che rappresenta la lunga marcia di Mao durante il momento di maggior resistenza. Il nome è COMBATTENDO NELLO SHAANXI SETTENTRIONALE. Mao compare sulla sommità della montagna, dipinta con il rosso vivo, che allude alla vittoria finale della marcia e alla svolta storica del Paese. La tradizione si fonde con le idee, il colore acquista un carattere simbolico. Tuttavia fu proprio il suo essere fedele interprete della tradizione gli costò molte critiche al punto da essere condannato poiché aveva rappresentato un atto calunniante: Mao era stato ritratto lontano dalle folle. FU BAOSHI (1904-1965) Anche lui tentò di trovare una mediazione tra pittura tradizionale GUOHUA e le nuove esigenze di rinnovamento, sfociando nella pittura paesaggistica di grandi dimensioni. Ebbe il compito di realizzare un grandioso dipinto che celebrasse la Cina, da inserire all’interno della Sala Del Popolo, che riuniva le più alte cariche di governo a Pechino. Come era consuetudine nell’arte GUOHUA, l’opera prese il nome da una poesia, di Mao in questo caso: Tale è la bellezza delle nostre montagne e corsi d’acqua. (1959) L’opera ebbe dimensioni di 9 metri in lunghezza per 6 di altezza. Il paesaggio disegnato comprendeva tutta la Cina, dalla Grande Muraglia alle montagne innevate del Nord, schiacciando l’intera Cina, attraverso la prospettiva, in una mappa ideologica. QI BAISHI (1863 – 1957) Uno degli artisti preferiti di Mao, regalando addirittura i suoi dipinti durante incontri con autorità straniere, eleggendo l’artista presidente dell’associazione degli artisti cinesi, nel 53. Eppure il suo stile era totalmente tradizionale e utilizzava la tecnica della pittura ad inchiostro. Strano che il governo prima cercasse artisti che modernizzassero l’arte e poi offriva appoggio a personaggi come Qi Baishi. Il motivo è da ricercare nella vita di questi artisti: essendo una persona di ceto basso e provenienti da una famiglia di contadini, la sua fragile costituzione gli permetteva di operare solo nel campo artistico. Fu proprio la mancanza di studio e di virtuosismi a rendere fresche e vitali le sue immagini. LIN FENG MIAN (1900 – 1991) Tra i pochi a trovare una fusione funzionante tra arte occidentale e orientale: il suo segreto fu recarsi sul posto. Durante il suo soggiorno a Parigi, apprese il sintetismo astratto di Matisse e Van Gogh. A questa tendenza espressiva, aggiunge il simbolismo e la forza sintetica cinese in un perfetto connubio. Si spostò in Germania, dove si sposò con Roda che morì durante il parto, lasciando un profondo dolore nell’uomo che dovette imparare a gestire. Tornò in Cina e qui fu totalmente accresciuto da ciò che aveva vissuto, unendo l’espressionismo di Matisse all’espressionismo tedesco di Nolde. Lin utilizza in maniera eccellente il colore, dimostrando di essere un grande colorista unendo la gamma di colori del periodo Song alla gamma Nordica con la brillantezza dei colori di Matisse. PAESAGGIO TRADIZIONALE CINESE Nell’ottavo secolo in Cina, sotto la dinastia mongola che rese ufficiale il buddhismo, si formarono due grandi scuole di pensiero: nel nord la teoria gradualista del monaco Shen Xiou, con la pittura di corte; nel sud la teoria del monaco Hui Neng, dove si pensava che l’illuminazione si potesse ottenere immediatamente senza preparazione graduale. Quest’ultima ebbe un consenso maggiore, si apprezzò di essa la tendenza ad unire pittura e calligrafia (poesia calligrafica) che presto si estese anche in Giappone. Wang Wei determinò le caratteristiche principali della pittura di paesaggio cinese buddhista, stabilendone un canone per le epoche successive: grande formato orizzontale, prospettiva ad uccello e poesia calligrafica laterale al paesaggio. Questa pittura si raggruppò in tipologie cicliche riguardanti le quattro stagioni, da intendere come metafora della vita umana. La definizione ‘’blu e verde’’ derivò dai pigmenti di minerale blu e verdi che vennero uniti al carbonato ramato d’azzurrite e malachite. Talvolta venne aggiunto anche l’oro lungo i bordi delle rocce per aumentarne la brillantezza. GIAPPONE Sconfitta, bomba atomica e occupazione Americana 1945 – 1950 furono il periodo forse più difficile nella storia giapponese. Da sempre il Giappone aveva avuto un concetto integro e coeso di popolo e di nazione unico al mondo, con un concetto di cooperazione e solidarietà reciproca che hanno fatto si che il Giappone risorgesse dalla disfatta e distruzione della guerra ( e della bomba atomica). Il panasiatismo (la volontà di voler controllare l’intera Asia) portò il Giappone ad allearsi con la Germania nazista e l’Italia fascista durante la guerra. Nel pieno della guerra fredda, negli anni 60 il Giappone comprese che la vera supremazia non potesse più essere né militare né politica, bensì economica. L’epurazione dei peccati di guerra in Giappone non fu violenta come quella in Germania: venne cancellata l’adesione obbligatoria allo Shintoismo e al culto dell’imperatore come divinità. Gli Americani però presero il controllo totale della nazione e avviarono un processo politico di tipo liberale a discapito del partito socialista. Il governo liberale, che aveva vinto le elezioni, dipendeva totalmente dalla politica Americana. L’INFORMALE GIAPPONESE E LA CALLIGRAFIA TRADIZIONALE Il Giappone, vissuto per oltre due secoli e mezzo isolato dall’Occidente, decide, da metà dell’800 in poi, di acquisire la conoscenza Europea su tecniche moderne e struttura organizzativa. Questo fece capire ai giapponesi di trovarsi in uno stato debole che non poteva competere con il progresso tecnologico e industriale dell’Occidente. Da qui l’accettazione di doversi mettere alla pari in termini di progresso. In Arte questo significò la divisione in due scuole di pensiero: NIHONGA : scuola protezionistica che voleva salvaguardare l’arte antica e la tradizione. Un gruppo di discepoli e il proprio maestro, utilizzavano la tecnica della calligrafia e della pittura ad inchiostro chiamata SUIBOKUGA, la pittura di paesaggio e altre forme tradizionali. YOGA : scuola a favore del rinnovamento e della conoscenza delle scuole occidentali. All’interno si svilupparono forme individuali di apprendimento e l’affermazione del proprio stile. Quest’ultima faticava a trovare la sua strada e rendersi autonoma rispetto all’Occidente. Ma finalmente, dagli anni 30, si svilupparono due tendenze: una astratta e l’altra surrealista. Dopo la seconda guerra la linea astratta predominò su quella surrealista: era forte l’esigenza di rifiutare la sensazione dolorosa di collegamento con la realtà che, seppure surreale, affiorava nell’iconografia. Il Secondo Dopoguerra segna a livello mondiale un momento di sconfitta: la violenza bellica e la tragedia atomica innescano il pressante desiderio di recidere i legami con il passato. GRUPPO GUTAI E NASCITA DELL’HAPPENING Gutai è un gruppo di artisti giapponesi nato a metà degli Anni Cinquanta attorno alla figura di Jiro Yoshihara. Movimento di avanguardia che ha stabilito un ponte tra Oriente e Occidente con la proposta di una nozione di arte che rigetta la tradizione e invoca la libertà dell’artista, la sua interazione con lo spazio e con il pubblico. Concetti cardine furono “Non imitare gli altri”, “Creare un’arte che non sia mai esistita prima”. Come nella contemporanea Action Painting (Yoshihara fu estimatore di Pollock) il fuoco si sposta dall’opera quale oggetto finito all’azione creatrice dell’artista che plasma la materia. Le opere degli artisti Gutai si caratterizzano proprio per due aspetti ricorrenti: un nuovo modo di dipingere che si manifesta nell’abbandono delle tecniche pittoriche tradizionali e il nuovo aspetto performativo. E’ proprio l’aspetto sperimentale-performativo di tali opere a rendere Gutai imprescindibile per lo sviluppo di alcune tendenze artistiche occidentali. Allan Kaprow cita Gutai come pioniere dell’Happening. In effetti il modus operandi del gruppo sarà tipico della performance e anche della Land Art. Lo spazio è agibile e mutevole grazie all’intervento artistico e il pubblico “vive” l’opera come esperienza legata al momento della realizzazione più che come prodotto finito. Shimamoto realizza un’opera intitolata Prego, camminate qui sopra, un percorso fatto di gradini traballanti che si muovono quando lo spettatore li calpesta: l’opera è apparentemente passiva e inerte, ma capace di prendere vita nel momento in cui il pubblico la fruisce. Dopo questa prima fase, Gutai subisce rallentamenti e trasformazioni fino allo scioglimento definitivo nel 1972, anno della scomparsa del fondatore. JIRO YOSHIHARA ( OSAKA 1905 – OSAKA 1972) Dipinse quadri di matrice Fauvista, Surrealista e Astrattista per poi approdare, nei suoi anni finali, alla ripetuta rappresentazione di cerchi che ricordassero il "Satori", ossia il concetto di Risveglio Spirituale presente nella filosofia Zen. Durante gli anni '20 e '30, Yoshihara fu attratto dal lavoro di Giorgio De Chirico, Joan Mirò e Kandinsky. Durante gli anni '30 dipinse utilizzando uno stile vicino al Surrealismo, che in quel periodo era molto popolare tra gli artisti d'Avanguardia Giapponesi. Gradualmente concentrò il suo interesse pittorico verso l'Astrazione geometrica. Negli ultimi anni concentrò la sua arte attorno ad un tipico soggetto del buddhismo zen: il cerchio, elemento vuoto e pieno al contempo, rimanda alla vita e alla morte fuse insieme, simbolo dell’universo. KAZUO SHIRAGA ( 1924 – 2008 ) Apparteneva al Gruppo Zero che decise di confluire nel 55 nel gruppo Gutai grazie alla condivisione della personalità carismatica di Yoshihara, riconosciuto come leader e maestro. Praticante fervo del Buddismo Zen, riscoprì il modo di reinterpretare le idee, mettendo a punto una sorta di pittura-azionismo. Partì dall’artista americano Pollock e il suo DRIPPING, interpretandolo per primo come vero azionismo. Shiraga fuse la sua arte e la sua azione pittorica a ciò che lui già era: maestro di arti marziali. garantendo allo stesso tempo l'uguaglianza dei diritti. Il nuovo pensiero femminista identifica le differenze sessuali e biologiche come base della discriminazione, peculiarità che si traducono poi in differenze sociali e culturali, relegando la donna a un ruolo subalterno. Per porre fine a queste discriminazioni vengono quindi rifiutate le teorie di Freud secondo le quali le caratteristiche anatomiche femminili definiscono e determinano la psiche, i sogni e l'intero futuro della donna. Si vuole rompere il binomio anatomia-ruolo della persona. Non si tratta di un movimento unico e organizzato a livello centrale, nascono molti gruppi, spesso differenti tra loro. Il primo movimento femminile organizzato in Italia è il Movimento di liberazione della donna, nato nel 1969. I suoi obiettivi primari sono la legalizzazione dell'aborto e la creazione di asili-nido. È aperto sia alle donne sia agli uomini. Gli anni settanta sono gli anni delle grandi conquiste femminili in diversi ambiti, da quello lavorativo a quello sociale. Nel 1963 viene istituita la pensione alle casalinghe, il divieto di licenziamento per matrimonio e il riconoscimento del diritto della donna ad accedere a tutte le cariche, compresa la Magistratura. Vengono in tal modo riconosciuti il valore sociale della maternità e l'importanza del lavoro extradomestico della donna, il cui posto era tradizionalmente tra le mura di casa. L’ARTE SCONFINA NELLA VITA Dagli anni 60 ai 70, ci sono importanti cambiamenti strettamente connessi: dalla politica alla cultura, alla scienza e al costume, sfociando poi nell’arte. Ogni ambito del vivere umano subisce una trasformazione, poiché quello che viene rivalutato in questi anni è proprio la vita, posta finalmente all’apice dei valori umani. Il massacro da cui il mondo era uscito aveva portato l’uomo ad un punto di non ritorno, mai aveva calpestato in maniera così colossale il valore della vita umana. Ora si assiste ad una trasformazione di tutto ciò che è connesso alla vita, dall’uomo alla sua relazione con l’ambiente, un posto da salvaguardare; dal trionfo della libertà personale al riconoscimento dei diritti umani. L’arte di questo ventennio si distingue dunque ponendo la vita come oggetto di studio e sperimentazione, ridimensionando tutti i valori dell’arte del passato. Nasce un tipo di arte performativa che pone lo spettatore al centro dell’opera e che inoltre teneva conto della sensibilità umana e del piacere estetico, totalmente differente a quello del passato. Le opere d’arte iniziano a moltiplicarsi e a differenziarsi, grazie alla spinta liberatoria della propria creatività (ormai non considerata più un’abilità per pochi virtuosisti) e della nascita di nuove forme di comunicazione in larga scala: internet. NOUVEAU REALISME. LA GLOBALITA’ DELL’ARTE CONCRETA Dopo la seconda guerra mondiale, l’Europa perde la centralità avanguardistica a favore dell’America, dove politica ed economia sono più fiorenti che mai. A Parigi nel frattempo nasce il Noveau Realisme ad opera del critico Pierre Restany. Il 16 aprile 1960 egli ne pubblica il primo manifesto, non rendendosi conto di quanto questa pratica fosse ormai obsoleta; nonostante ciò il manifesto in se’ rappresentava un’opera d’arte fatte di parole su sfondi monocromi. Restany nel 63 pubblica un bilancio sulle nuove direzioni di ricerca, non confinabili più nella sola America o Europa, ma aventi caratteristiche globali di una nuova modalità di costruzione estetica. ARTE PROGRAMMATA E OPERA APERTA Bruno Munari forgia il termine di arte programmata in occasione della mostra omonima a Milano nel 1962. Lo scritto in catalogo è di Umberto Eco che ne illustrerà le finalità. "L'opera artistica non può essere un pezzo unico, diceva Munari, ma bisogna mirare alla serialità per dare così la possibilità a più persone di possedere un'opera d'arte anche se riprodotta ." Per venire incontro al mercato di massa, dunque, gli artisti adottarono la riproduzione in serie attraverso la replica dello stesso oggetto per una serie numerata, offrendone così la vendita a basso costo e ridimensionando di conseguenza il valore estetico dell’opera stessa. Umberto Eco conia il termine ‘’Opera Aperta’’, per indicare il cambiamento delle neo-avanguardie che rifiutavano una formula estetica definita e accettavano l’indefinito come caratteristica del nuovo immaginario estetico. SITUAZIONISMO Nasce in Italia nel 1957 ad opera del filosofo francese Guy Debord e Pinot Gallizio. Questa corrente ha un programma non solo artistico, ma anche politico. Debord si rese conto che per la volontà di creare arte come fine ultimo la felicità di ciascun individuo, fosse un qualcosa di strettamente collegato al contesto politico. Si forma così un progetto politico in cui le persone comuni possono partecipare per costruire una loro creatività sociale, dando importanza vitale alla propria autoaffermazione e tempo libero, organizzando attività comuni e happening che dovevano sfociare in interventi urbani. Importante fu, tra i situazionisti, la presa posizione sul copyright: su ogni opera situazionista era specificato che le repliche erano consentite a patto che non ci fosse scopo di lucro. AZIONISMO VIENNESE Nasce negli anni 60 ed ha aspetti dissacratori, nonostante si fondasse sul concetto di riappropriazione del sacro attraverso azioni rituali e tribali. Le azioni erano tutte concentrate sul corpo e ruotavano attorno alla ritualizzazione delle tragedie greche di Euripide e Sofocle, cioè quelle che conservavano riferimenti ai rituali dionisiaci. Il corpo viene trasformato in modo raccapricciante, grande è l’importanza della teatralità della scena, si utilizza del sangue e interiora di animali. Gli azionisti mostrano se stessi nelle condizioni più estreme. C’è chi si è fatto crocefiggere, c’è chi ha scuoiato agnelli in una sorta di chiesa. Il tutto per dimostrare quanto vicino siano la colpa e la redenzione, recuperando una certa religiosità, colpiti dalle tragedie della seconda grande guerra. BODY ART Si tratta di una tendenza partita dagli anni 70 negli Stati Uniti per poi espandersi a livello globale. Più che performance, inizialmente si parlava di azioni in posa, realizzate principalmente per delle installazioni fotografiche in cui protagonisti sono il corpo e la sua decadenza. Importanti esponenti furono Gina Pane in Francia, che sperimenta una nuova ricerca estetica interagendo con il colore bianco dei vestiti amplificato dalle pareti e una rosa bianca su cui faceva sgocciolare il sangue scarlatto da tagli che lei stessa si procurava, e Marina Abramovic, che portava avanti una sperimentazione e ricerca totale con il corpo. ( IMPONDERABILIA: La donna e il marito si dispongono nudi davanti alla porta, la gente per entrare nella galleria deve scivolare sui corpi nudi) JOSEPH BEUYS Durante la seconda guerra mondiale fu pilota dell’aviazione tedesca. Partecipò all’offensiva nazista contro i russi, ma il suo aereo cadde oltre le linee nemiche. Beuys riuscì a salvarsi perché fu trovato moribondo da un gruppo di tartari nomadi che lo curarono avvolgendolo in grasso e pelli di feltro. Riuscito a sopravvivere, finì in un campo di prigionia inglese. Da questa esperienza ne esce rinato, intraprendo un forte legame spirituale con la natura tanto da essere definito "sciamano dell’arte". Negli anni Sessanta divenne uno dei membri più attivi del gruppo "Fluxus", che riunì molteplici artisti accomunati dalla volontà di ricreare non il linguaggio artistico ma il senso dell’arte in relazione alla fruizione sociale della stessa. Una frase di Beuys, divenuta celebre: "Ogni uomo è un’artista". È un modo per riaffermare il concetto di «arte totale», riportando l’esperienza estetica al vissuto quotidiano da cui nessuno è escluso. L’opera di Beuys, fatta soprattutto di azioni concettuali e di happening, lo resero famoso soprattutto negli Stati Uniti, dove trovò tra l’altro l’amicizia e la stima di Andy Warhol. Beuys è l’espressione più radicale dell’intellettuale europeo che cerca di rinascere da un passato ingombrante. E lo fa con i tratti, appunto, dello sciamanesimo: una sapienza antichissima costruita non sui rapporti di forza tra gli uomini, ma sul rapporto costante e profondo con la natura. LETTRISMO Il Movimento lettrista fu lanciato nella Parigi del Secondo dopoguerra dal rumeno Isidore Isou e dal francese Gabriel Pomerand. Nel 1947 l’illustre casa editrice Gallimard pubblicò il manifesto del lettrismo di Isou, Introduction à une nouvelle poesie et à une nouvelle musique. Oltre ad avere una funzione autopromozionale, questo volume delineò la credenza dell’autore che lo sviluppo della poesia dovesse basarsi sulla scomposizione delle parole nei loro elementi costitutivi. La parola, per come esisteva a quel tempo, doveva essere abolita del tutto, e si doveva trovare una sintesi tra poesia e musica. Il risultato sarebbe stato “una sola arte” che non avrebbe recato alcuna traccia “delle precedenti differenze”. Isou dichiarò che l’evoluzione di qualunque arte è caratterizzata da due fasi: ampliamento e rifinitura. La fase “amplifica” è un periodo di espansione, ed è seguita dalla fase di rifinitura, durante la quale le acquisizioni del periodo precedente vengono sistemate e infine distrutte. Benché le teorie di Isou meritino qualche attenzione, la cosa più interessante nel suo libro sta nell’affermazione “il surrealismo è morto”. POP ART INGLESE La Pop Art si manifesta in Gran Bretagna prima di qualunque altro luogo al mondo. Ad un artista inglese, Richard Hamilton, spetta il merito di aver coniato il termine "Pop Art" nel 1957. Le origini della Pop inglese risalgono alla seconda metà degli anni '50. A promuoverla è un gruppo di artisti e critici, che si interessano alle diverse manifestazioni della cultura popolare e all'impatto dei mass-media e della tecnologia sull'espressione artistica, raccontando e parlando di tutte quelle nuove tecnologie entrate a far parte della vita quotidiana (per facilitarla) e del cosiddetto new American style life. POESIA VISIVA In Italia e Francia, dal 1963 parte una fiorente produzione editoriale di riviste, incontri e dibattiti sui temi della nuova realtà tecnologizzata e sulle sperimentazioni linguistiche in parte dovute alla presenza del lettrismo e sull’attività di filosofi e letterati iniziatori di ricerche verbo-visuali sperimentali. Si forma così una sorta di lettrismo incentrato principalmente sulla fusione tra immagine e parola, realizzando delle opere collage con parole e fotografie. VIDEO Quando tra i vari elettrodomestici si diffuse anche il televisore, fu un fatto di notevole importanza grazie agli effetti che questo avrebbe avuto sulla comunicazione. Il televisore e successivamente il video rappresentavano degli strumenti che per la prima volta distorcevano il concetto spazio- tempo su cui l’uomo aveva fondato la conoscenza del mondo, facendo diventare l’uomo stesso creatore di campo spazio-tempo. In America il video prese piede e si diffuse come nuovo potente linguaggio nel decennio 60-70, in Europa invece dovremmo aspettare più tempo prima che questo riscuota lo stesso successo. Tra i primi ad affacciarsi a questo nuovo linguaggio troviamo Andy Warhol. Inizialmente il video fu usato come testimonianza e reportage, per fissare in digitale opere e performances, in particolare quelle meno durature come la Land Art e l’arte effimera. Il video ebbe il suo primo impiego in America grazie al gruppo Fluxus e in particolare Nam Jum Paik nel 1965. L’artista inizialmente utilizzava questo strumento per documentare le sue mostre e performance, poi ne scoprì il carattere innovativo e iniziò ad inserire l’’’oggetto trasmittente’’ (il televisore) all’interno delle sue installazioni, come nel caso del violino creato da tre televisori che trasmettevano dei video; oppure come i 13 televisori attaccati a dei magneti che ne alteravano il segnale e ne mostravano le interferenze elettromagnetiche, grigi pattern astratti. In particolare, ciò che veniva esaltato era ‘’l’attimo presente’’ contrapposto a ciò che invece veniva mostrato nel televisore, in un gioco di percezioni alterate. Tra gli artisti che poi diventarono più famosi nella produzione video troviamo Bill Viola, che applicò ampiamente i concetti di spaesamento temporale e che seppe dare un indirizzo ben preciso alla sua produzione video incentrata principalmente sugli opposti e sul binomio vita morte, creazione distruzione, esplorando il fenomeno della percezione dei sensi e della conoscenza di se’ stessi. Quest’attitudine lo portò a studiare in Giappone insieme ad un maestro buddista zen. LUCA PATELLA E LO STRUMENTO TECNOLOGICO Uno degli esempi tra gli artisti che hanno indirizzato il concettuale in maniera diversa rispetto agli States. Infatti l’artista si rifà alla poetica Platonica applicando l’estetica e la metafisica in una ricerca della realtà della vita. Per lui l’idea è ciò che conta e l’investigazione rappresenta la ricerca JOHN CAGE E I SUONI DEL MONDO Una delle figure più importanti nel panorama del dopoguerra Americano. Fu infatti alla base della creazione delle neo-avanguardie grazie alla sua vocazione duale tra musica e arte. Infatti, l’artista, non volendo scegliere se intraprendere una strada o l’altra, iniziò a concepire la sua arte come un misto di cose, facendo musica intesa come ‘’musica-mondo’’: tutto può produrre musica, ogni suono, ogni rumore, ogni vibrazione, persino il battito del cuore è musica. Trasferendosi a Parigi si avvicina alla figura di Eric Satie e da lui capisce l’importanza della decostruzione dell’armonia e la possibilità timbrica di ogni oggetto a produrre un suono. La sua indeterminazione lo porta a concepire la musica senza progetto e senza struttura, poiché solo in questo modo la musica diventa non un’astrazione ma un evento naturale. Nelle sue opere e performance infatti il suono è generato da ogni tipo di oggetto, dalle posate alle uova, dai movimenti dei musicisti alla platea che mormora e si lamenta. FLUXUS Gli anni 50 a New York vedono emergere un nuovo gruppo che si fa chiamare Fluxus. Esso era la fusione tra le idee trasgressive degli anni 50 e le idee progressiste degli anni 60, appoggiando il Greenwich movement e la volontà di creare una nuova filosofia di vita lontana dal consumismo. Gli artisti Fluxus infatti, sull’onda delle filosofie orientali, concepivano la vita come un flusso continuo e un movimento senza fine partecipe dell’evoluzione dell’universo, in cui ogni persona attraverso le proprie abilità creatrici poteva prenderne parte. Gli artisti sono accumunati inoltre dalla partecipazione al corso di musica sperimentale di Cage e vedevano nell’arte un’identificazione totale con la vita. Soltanto un gruppo di personalità forti con una forte filosofia alle spalle poteva superare il concetto del bello per gettarsi nel totale potere creativo ed espressivo. Appartengono a questo movimento persone come Yoko Ono, le opere realizzate erano invece opere-non opere, cose, oggetti e intuizioni, come quella della stessa artista con l’opera ‘’Painting of the wind’’, in cui suggeriva di creare un buco nella borsa, di metterci dei semi dentro e di lasciare la stessa dove soffiava il vento. LIVING THEATRE Il living theatre si forma in maniera adiacente al gruppo Fluxus, condividendone filosofie ed utopie, speranze e progetti tipici della beat generation, in una fusione umana totale tra teatro e pittura. Nasce lo spazio-teatro, un luogo in cui l’importanza è data dall’immagine e non dalla costruzione progettuale della regia. In una prima fase il living theatre non si discosta dalle rappresentazioni comuni, però si affaccia alla messa in scena di drammaturgie appartenenti a scrittori contemporanei come Garcia Lorca e Pirandello. In una seconda fase questa pratica diviene una fusione totale tra musica, principalmente jazz, vita, teatro e improvvisazione, in uno scorcio di vita reale e non più in una mera rappresentazione, fino ad arrivare ad una fase in cui il testo drammaturgico e la regia sono totalmente assenti. Infine il living theatre viene allontanato e il luogo delle rappresentazioni chiuso dalle autorità per la presenza scomoda di questi artisti che portavano avanti a gran voce un cambiamento radicale e autentico. Si spostano così in Europa e girano il mondo, fino ad arrivare ad attuare la loro arte nelle Favelas del Brasile, rafforzando il carattere etico e politico del linguaggio e parlando a sconosciuti di tutto il mondo, in teatri e nelle strade. MINIMAL ART Si discosta dai gruppi newyorkesi contemporanei, poiché più della pop art, non c’è nessuna ideologia alla base e rappresenta un tipo di arte molto vicino a quella astratta. Vengono usati materiali così come venivano trovati in natura o presi dagli scarti delle fabbriche, togliendo il colore e trattandolo come un eccesso, dipingendo i loro materiali e fondendo pittura e scultura. Il gruppo minimalista si compatta verso il 65, in particolare con Frank Stella, creatore di superfici astratte monocrome, associando la forma all’emozione, dunque l’arte alla psiche dell’individuo, nonostante la critica definisca l’arte minimale fine a se’ stessa. Il gruppo lavorava principalmente con le installazioni, create in site-specific e dunque tenendo conto dell’ambiente espositivo. ARTE CONCETTUALE L’arte concettuale nasce come un tipo di arte in opposizione al circuito ufficiale estetico, si pone inoltre come uno strumento di denuncia e di accusa dell’illegalità e dunque spesso cade nel politico; come l’opera dell’artista Haacke che durante una mostra fu vittima di censura delle sue 146 foto rappresentanti atti giudiziari e fascicoli su un costruttore newyorkese accusato di speculazione edilizia. Il pilastro dell’A.C. è quello di voler liberare la creatività progettuale dalla realizzazione pratica, dando valore all’idea e non alla messa in atto di essa e presentando persino opere idealmente maestose ma irrealizzabili. In Ameria, in particolare, ci si soffermerà maggiormente sull’uso e significato della parola. Kosuth, maggiore esponente dell’A.C., intendeva l’arte come un qualcosa di insito nel tessuto sociale e non confinabile in un circuito esclusivamente estetico e privato come quello museale. Per l’artista, dopo Duchamp, l’estetismo in arte era totalmente superato e l’arte stessa era semplicemente veicolo dell’idea dell’artista. Una sua opera famosa fu ‘’One and three chairs’’, un’opera composta da tre elementi: la foto di una sedia, la sedia come oggetto reale e la stampa della descrizione sul dizionario della parola sedia. L’opera risultava dunque un’analisi sul significato stesso e sulla relazione tra il significato e la realtà con un atteggiamento scientifico di ricerca. LAND ART Verso la fine degli anni 60 era ormai attivo un tipo di movimento che educava le nuove generazione a nuovi valori, non più solo antropocentrici, ma che si spostavano verso una visione più grande e ampia della vita e del mondo. Diversi artisti avevano già lavorato all’aperto, come Gutai, Fluxus e living, inoltre si stava diffondendo sempre di più l’interesse verso l’ambiente e la sua salvaguardia. La guerra in Vietnam e l’utilizzo di gas, acidi e agente arancio che lasciarono danni permanenti nell’ecosistema del posto, spinse gli artisti ad unire l’arte in esterno con la necessità di salvaguardare l’ambiente, finendo così per creare delle opere nelle natura, dando importanza ad un nuovo macrorganismo di dimensioni enormi che non poteva certo essere rinchiuso nello spazio delle gallerie. Nello stesso periodo nasce il Greenpeace e nel 1970 istituito l’Earth Day. A capo del movimento della land art ci fu Robert Smithson, tra le sue opere più significative troviamo ‘’spiral jetty’’ 1970, in cui l’artista crea in un lago un molto di terra lungo 400 metri e disegnante una spirale, l’opera adesso è totalmente sommersa, ma quando venne progettata, grazie a diversi microrganismi presenti nella terra inserita, l’acqua intorno alla spirale cambiava colore durante le varie stagioni, grazie ad un nuovo ecosistema che si stava creando intorno all’opera. Inoltre Smithson iniziò a documentare le effimere opere di land art con foto e video, in modo da poterle successivamente inserire in un contesto di galleria e accessibili agli spettatori che non potevano recarsi sul posto. CINA LA RIVOLUZIONE CULTURALE CINESE “Senza distruzione non c’è costruzione”. Fu il motto, nel 1958, di Mao Zedong nel tentativo di dare un radicale cambiamento al paese che avrebbe consentito il “Grande Balzo in avanti” , attraverso un più rigido inquadramento della società, una organizzazione militarizzata del lavoro, e uno spostamento di enormi proporzioni di manodopera dal settore agricolo a quello industriale. Il risultato di tale operazione fu la grande carestia degli anni 1959-61 e l’impoverimento della società. Egualitarismo e sottomissione dell'individuo alla collettività e allo stato, oltre che il disprezzo della cultura, furono le principali caratteristiche della rivoluzione culturale che mirava ad eliminare l'ideologia borghese, a radicare l'ideologia proletaria, a rimodellare l'anima del popolo, a consolidare e sviluppare il socialismo. Ma il maggiore impegno del regime era orientato verso la creazione di una società disciplinata. I rapporti interumani fra le persone si raffreddarono, gli altoparlanti per tutto il giorno frastornavano con i loro slogan politici i passanti, venne obbligata l'uniformità dell'abbigliamento mentre l'individualità veniva soffocata, gli oggetti di lusso e di consumo vennero proibiti e bruciati in grandi falò, sale da tè, caffè e teatri vennero chiusi, matrimoni e funerali vietati, finanche alle passeggiate mano nella mano e gli aquiloni. Vittime principali della grande mobilitazione furono nuovamente come negli anni Cinquanta gli intellettuali; scuole, università, centri culturali e librerie vennero chiuse e gran parte del personale docente e degli studenti vennero inviati al lavoro agricolo nelle province più remote. Tale concezione ebbe effetti fortemente negativi sull'economia del paese, e favorì una serie di altri fenomeni come la distruzione del patrimonio storico-artistico e la chiusura totale verso qualsiasi influsso culturale straniero. Le persone uccise deliberatamente o in seguito ai maltrattamenti subiti, secondo alcuni autori arrivano addirittura ad un milione. Come molte altre dittature del nostro secolo le restrizioni politiche non colpivano solo la società ma anche lo stesso partito al potere che cessò nel corso degli anni di essere luogo di dibattito politico e prevalse il senso di subordinazione dell'individuo alla collettività e allo stato. La scintilla però incendia l’intera Cina, che arriva a un passo dalla guerra civile. Con le scuole chiuse e le fabbriche in sciopero, orde di guardie rosse, invitate da Mao a “bombardare il quartier generale”, danno la caccia a insegnanti, intellettuali, quadri di partito, chiunque sia sospettato di atteggiamento borghese e “controrivoluzionario”, distruggendo qualunque simbolo del passato, con una furia iconoclasta senza precedenti. REALISMO SOCIALISTA: i ritratti di Mao durante la Rivoluzione Culturale Dal 1949 i ritratti di Mao divennero un vero e proprio genere e dalla Rivoluzione Culturale divennero l’unico soggetto che si poteva rappresentare con qualche eccezione di rappresentazione di masse di lavoratori e contadini, preferibilmente sovrastati dalla figura di Mao, più in alto e imponente. I ritratti di Mao vennero standardizzati con dei canoni e criteri precisi (inserimento di colore rosso, tinte brillanti e splendenti) imposti dal Dipartimento Centrale di propaganda. Presto la tradizione millenaria cambiò, diventando sempre più simile al realismo socialista russo. La tecnica stessa cambiò e si utilizzò soltanto la pittura ad olio. Gli artisti non erano obbligati a realizzare ritratti, ma erano loro stessi partecipi dell’euforia collettiva e dipingevano il Timoniere, come Mao si faceva chiamare, in maniera idealistica. La figura di Mao passò indenne dalla Rivoluzione Culturale alla Cina successiva. Nonostante oggi nessuno gli darebbe il proprio assenso, la sua figura è rimasta però uno dei maggiori punti di riferimento Cinesi. Il realismo cinese presenta una forma molto contemporanea di pittura, questo giustificato dal fatto che il realismo nelle altre parti del mondo è stato frutto di un’evoluzione nelle epoche, mentre il realismo orientale si era sviluppato solo nell’arco di 50 anni, prendendo caratteristiche appunto più contemporanea e simili graficamente alla pop inglese. Gli scambi tra Oriente e Occidente, inoltre, non erano assenti in Cina a differenza del Giappone dei due secoli precedenti, sia in ambito economico che culturale, sia in quello politico che guardava agli altri paesi comunisti del mondo. Chen Yanning fu tra i maggiori esponenti del realismo socialista, grazie anche ai suoi studi e lavori in Occidente e a New York, dove potè perfezionare il suo stile fotografico e aggiudicarsi la commissione del dipinto alla regina Elisabetta. ARTE DI DISSIDENZA Il 1976 segnò una svolta decisiva con la morte di Mao, creando un’apertura verso la democrazia e la modernizzazione. Intellettuali e artisti precedentemente demonizzati, ritornano a far parte della vita del paese e creano una frangia artistica definita ‘’arte di dissidenza’’, formando inizialmente dei gruppi, tra cui uno dei più famosi il Gruppo Stars, composto di amatori e autodidatti. Nonostante le loro opere non furono esaltanti, fu importante la loro decisione di opporsi allo stato di oppressione e alienazione imposto da anni di autoritarismo. Venne rifiutata la pittura ad olio e tutta la pittura realista, non solo quella ideologica, guardando verso le Neo-avanguardie che erano ciò che di più liberale e trasgressivo avesse prodotto l’Occidente. Questo per due motivi: la sete di libertà per anni repressa e una riappropriazione del proprio linguaggio, dettato dal fatto che le neoavanguardie nascono proprio dal Gruppo orientale Gutai e dal loro azionismo. AI WEIWEI La sua attività è interamente incentrata sulla comunicazione e sulla rivendicazione di tutto ciò che Mao aveva tolto a lui e alla famiglia, costretti ad allontanarsi dalla propria terra durante la dittatura. LA SCULTURA INGLESE DEGLI ANNI ’80 Con la transavanguardia si diffonde la tendenza a recuperare l’immagine figurativa, anche se spesso essa era tratta da nuove forme di iconografia (fumetti e videogames). Come la transavanguardia non si crea un vero e proprio movimento, si tratta di artisti che portano avanti una ricerca stilistica individuale ma con caratteristiche simili. Tra queste, stava fiorendo un’ideologia che avvicinava all’ ‘’arte mercato’’. Per le gallerie, gli artisti rappresentavano un business, ma era difficile supportare un numero di artisti in continua moltiplicazione, troppe cifre stilistiche diverse, singolari e ingiustificate, senza un progetto ideologico o valore collettivo da condividere. In questo panorama si afferma ciò che viene definito come ‘’scultura inglese’’, che si muoveva principalmente tra le installazioni e la sua personale poetica urbana. CYBERPUNK O POSTAVANGUARDIE MEDIALI Nelle gallerie si stava riaffermando la pittura, mentre tra le frange giovanili continuavano la sperimentazione e una via secondaria che si contrappone a quella commerciale dell’arte. Con Cyberpunk si iniziano a definire una serie di fenomeni artistici, anche se all’inizio il nome fu coniato per definire un movimento letterario di fantascienza legato ad una cultura musicale rap e hip-hop. Si inizia a parlare di interzona, uno spazio virtuale oltre lo spazio-tempo reale in cui si scopre la possibilità di una comunicazione individuale e democratica. Questo porta ad una diffusione veloce dei computer lungo tutti gli anni 80. Il tipo di attività creativa che emerse da queste nuove tecnologie fu incentrata sulla sperimentazione e la comunicazione, anche se questa fu vittima di una perdita di intensità emotiva a causa del suo carattere virtuale. In Germania si formarono i gruppi più interessanti, come il CCC (Chaos Computer Club), impegnato in manovre più politiche che estetiche, come il sabotaggio delle poste tedesche. I Mutoid erano invece una tribù di creativi riciclatori Inglesi, organizzati in un villaggio nomade per scelta, vivendo nei caravan in mezzo a rottami e pezzi meccanici, intraprendendo ogni tipo di iniziativa: dalla rivendita dei pezzi all’organizzazione di raves, musica e performances teatrali, prediche, mutazioni dal vivo. Vengono definiti predicatori urbani mutanti. I Pantom Media European Lab, in Germania, realizzarono sui loro camper una stazione televisiva mobile che faceva programmi tramite etere, cavo e network. Il canale prende il nome di Van Gogh Tv, una mini tv che entra in vari eventi e riprende principalmente il pubblico, vero protagonista. Questi gruppi mutarono la consapevolezza che il loro operare travalica la sfera estetica diventando attività politica a tutti gli effetti, cercando di salvaguardare la società della comunicazione come un bene della società. Questo fu l’ultimo grido di un’arte che dal dopoguerra in poi aveva creduto in un nuovo inizio. Con la nascita nel 90 del ‘’sistema dell’arte’’ si vedrà l’avvento di individui sempre più cinici che considerano la creatività strettamente collegata al successo e alla retribuzione economica, concependo l’arte in una condizione purovisibilista. AMERICA NEOLIBERALISMO: REAGANOMIC DEGLI ANNI 80 L’economia mondiale, dalla crisi del 1929, fu caratterizzata da una forte presenza dello Stato, volta a promuovere politiche mirate a migliorare le condizioni sociali e ad assistere la popolazione con servizi ritenuti essenziali. La situazione cambiò radicalmente con la crisi petrolifera del 1973 che mise in luce alcuni limiti intrinseci dell’economia keynesiana e portò l’avvento di nuove teorie economiche basate sul libero mercato. I fautori politici di tale rivoluzione neoliberista furono Margaret Thatcher nel Regno Unito e Ronald Reagan negli Stati Uniti. Il neoliberismo è un orientamento di politica economica favorevole ad un mercato privo di regolamentazione e di autorità pubblica, governato cioè delle sole forze di mercato (domanda ed offerta), senza alcun intervento statale. Ronald Reagan fu eletto nel 1980 con un largo consenso, conquistando oltre il 90% dei grandi elettori. Fin dai primi mesi della sua presidenza, la politica economica fu impostata in modo da risanare il debito pubblico e diminuire la disoccupazione. I pilastri della sua visione economica (la cosiddetta Reaganomics) si basarono essenzialmente su quattro punti: Riduzione della crescita del debito pubblico; Riduzione delle tasse sul lavoro; Riduzione della regolamentazione dell’attività economica; Riduzione dell’inflazione. Tali teorie furono pressoché speculari a quelle adottate nel Regno Unito. Tale periodo (1981-1989) fu caratterizzato così da una politica economica d’impronta individualista in cui veniva esaltata l’autosufficienza dell’individuo rispetto allo Stato assistenzialista. Gli effetti di tali politiche economiche portarono ad un aumento della produzione industriale e dell’occupazione. Al contempo si registrò un aumento del divario tra la borghesia e la classe operaia. Oggi Reagan e la Thatcher sono considerati in modo negativo da larga parte dell’opinione pubblica, che li vede come coloro che hanno portato alla deregulation selvaggia, ma il loro insegnamento tuttavia è molto chiaro: soltanto con scelte radicali è possibile risollevare un Paese. GRAFFITISMO o Graffiti Writing Il graffitismo è il termine più noto dagli anni 80 per identificare sia il writing che la street art e si pone più come fenomeno sociale che artistico. Dalla cultura underground degli anni 70 emerge un tessuto giovanile che riesce a trovare i propri spazi per continuare ad esprimere le proprie necessità di comunicazione e creatività. Nascono i clubs, soprattutto a New York. Le grandi metropoli americane rappresentavano a livello internazionale una metropoli molto ambita, facendo avvenire una crescita caotica, soprattutto nei sobborghi intorno alle City, laddove la vita costava molto meno. I territori intorni a NY portarono a raddoppiare l’estensione della città, ma al contempo erano luoghi particolarmente degradati, come il Bronx, in cui chi aveva la sfortuna di viverci ne ha narrato il degrado; quartieri composti principalmente da gente di colore e immigrati latinoamericani. Il degrado creò violenza e criminalità senza che ci fosse un intervento adeguato da parte delle istituzioni (forse era proprio questo che aveva generato il degrado). Protagonisti del tempo, come Charlie Ahearn, raccontano che ciò che la gente chiamava Gang in termine dispregiativo, in realtà erano chiamate crew e volevano rappresentare dei gruppi con un vero e proprio stile originale. Nel South Bronx vi fu un’organizzazione nera molto attiva, il Bronx River Project, che si prodigava per innalzare la qualità di vita del proprio quartiere e a cui erano connesse diverse gang che creavano un’arte di strada alla portata di tutti. L’hip hop nacque attraverso le feste di strada che prevedevano una serie di competizioni tra le diverse crew attraverso il ballo, la musica e il canto. La musica era creata con strumenti improvvisati e solitamente due giradischi collegati ad un mixer e un amplificatore. Una competizione di creatività fuori dai giri economici e dal circuito artistico internazionale, mossa da obbiettivi sociali di innalzamento della qualità della vita. Il Writing accompagnava questo tipo di competizioni e divenne un segno riconoscibile tra le diverse gang e individui che attraverso il proprio personale Tag lasciavano un’impronta stilistica definita e riconoscibile, che avrebbe permesso di essere al centro dell’attenzione e dunque di uscire dall’anonimato affermando la propria identità. I Kids sono i dominatori della nuova scena Newyorkese, portatori di un’estetica dell’eterna infanzia che gioca a ‘’guardia e ladri’’ a rischio della propria pelle. Queste pratiche erano e sono infatti ai limiti della legalità, dunque la rapidità era fondamentale e la crew serviva spesso a garantire la sicurezza e la sorveglianza durante queste azioni che venivano praticate solitamente di notte. Seppure alcune gallerie si aprirono alla novità del graffitismo, questo rimase un fenomeno rilegato alla strada poiché rinchiuderlo in uno spazio museale asettico avrebbe voluto dire snaturare le ragioni creative. Questo fenomeno dagli anni 80 in poi continuò ad evolversi e diffondersi e dalle metropoli americane presto si sarebbe diffuso in tutto il mondo. JEAN MICHEL BASQUIAT Questo artista fu tra i più noti graffitisti e uno dei pochi che è riuscito a far accettare la sua arte di strada al sistema dell’arte. Nonostante l’esperienza di graffitismo vero è durata un solo anno, questo è servito a segnare la sua intera poetica. Per lui il graffitismo prende vita dal 1977 grazie all’amicizia con Al Diaz, con cui si firmava SAMO, le iniziali del loro motto ‘’SAMe Old shit’’ (sempre la stessa merda). Come Warhol, egli era ambivalente e da una parte si nutriva dell’emarginazione e dall’altra voleva essere accolto e amato da chi era in una situazione privilegiata e ‘’contava’’. Infatti divenne amico di Warhol e questo gli valse la possibilità di entrare in contatto con i più famosi galleristi del mondo, che inizialmente furono scettici ma ammaliati dalla poetica di strada dell’artista, che riesce a portare il suo linguaggio iconico e astratto ad un’estrema semplificazione per renderlo di facile lettura per tutti. Il punto di forza della strada risiedeva nella forte componente reale e cruda, un’arte che parlava di vita avvelenata come nella sua più celebre opera ‘’acque pericolose 1981’’. KEITH HARING Fu vittima e protagonista insieme del suo tempo, forte anello di congiunzione tra anni 80 e 90, soprattutto negli States. Il suo limite fu quello di lavorare da solo senza una crew. Morì di morte prematura a causa della malattia degli anni 80: l’AIDS che principalmente si diffuse nella comunità gay. Si da piccolo si interessa al disegno e ai cartoons, ai graffiti di Basquiat che ebbe occasione di conoscere nella sua stessa scuola e nell’ambiente gay di Paradise Garage. Dopo essersi appassionato per un anno alle tecniche di calligrafia orientali, trova il suo linguaggio trasformando il suo stile grafico astratto in un codice di pochi elementi stilizzati, ripresi dai personaggi dei cartoon minimali, in un’ottica di linguaggio ambientale in cui coprirne le superfici con una tecnica di ‘’tassellatura’’ infinita, in cui codici e disegni si ripetevano ad oltranza. Il suo linguaggio si estenderà ad una sorta di pittura-performance sui corpi negli eventi dei clubs, trasformando l’arte in un ‘’fatto sociale’’ condiviso e partecipato dal pubblico. Importante per l’artista è l’uso dei colori primari che hanno potenziato le sue capacità minimali ed esteso la sua comunicazione identificativa. WILD STYLE DELL’EAST VILLAGE Il wild style o wildstyle è una forma complessa ed intricata di graffiti writing. Questo stile incorpora lettere intrecciate e sovrapposte, forme indipendenti e associazioni con frecce, picche ed altri elementi decorativi che dipendono dalla tecnica utilizzata. Le numerose componenti di questo stile lo rendono difficile da riprodurre omogeneamente, tale riproduzione omogenea è uno degli obiettivi e delle maggiori sfide dell'artista, nell'intento di concepire uno stile proprio. Le realizzazioni in wildstyle sono conosciute anche come "burner", ovvero calde come il fuoco, e usualmente sono utilizzate dall'artista più che altro per dimostrare le proprie capacità artistiche, piuttosto che per rappresentare un messaggio politico o sociale. Per realizzare un wild style bisogna innanzitutto partire dalla tipica forma iniziale del writing, il "lettering" che si forma con la costruzione delle lettere scelte. Le lettere devono essere molto intrecciate e talvolta costruite le une dalle altre. Spesso si aggiungono elementi come tribali e frecce. I pionieri di tale particolare genere furono i writer Tracy 168 e Stay High 149, e successivamente colui che più si distinse in tale arte fu Zephyr, dotato di un stile particolarmente personalizzato. Wildstyles comunemente include una serie di curve e letters talmente trasformate e plasmate da diventare di difficile discernimento per un occhio non abituato all'arte dei graffiti. È inoltre comune la pratica di inserire elementi tridimensionali nell'opera, o addirittura di trasformare tutta la struttura della parola in un elemento tridimensionale, aggiungendo la percezione di profondità. Così facendo un writer inizia a sviluppare la sua bozza aggiungendo elementi come frecce, puppets, distorsioni. Con il tempo e con l'allenamento ogni writer può riuscire a sviluppare il proprio stile. DAVID HAMMONS David Hammons (Springfield, 1943) è un artista, scultore e performer statunitense. Le opere e le azioni di Hammons contengono sempre una forte ironia e anche sarcasmo, che, a seconda del caso, danno un'aria aggressiva al suo lavoro. È conosciuto soprattutto per i lavori realizzati nella città di New York, dagli inizi degli anni settanta. Dopo i suoi 'Body Prints', si dedicò alla creazione di sculture costruite con materiale di recupero, come capelli afro, sterco di elefante, ossa di pollo, preferendo sempre patterns colorati. Da qui si nota come l'artista sia molto interessato a integrare le tradizioni africane nel suo lavoro. DAGLI ANNI OTTANTA AL NUOVO MILLENNIO CINA DENG XIAOPING E IL SOCIALISMO DI MERCATO. ESPLODE IL DISSENSO: I FATTI DI THIENANMEN Deng Xiaoping, gradualmente emerse come leader de facto nei primi anni successivi alla morte di Mao STROKEN TO EACH, una grande installazione di letti e sedie trasformati in tamburi, un’installazione sonora che gli spettatori potevano suonare o colpire con gli oggetti più disparati messi a disposizione. CONCLUSIONI Sotto la guida di Mao la Cina ha intrapreso un deciso distacco dal formalismo e dai modelli tradizionali, sfociando nella pittura realista che ha generato a sua volta un forte spaesamento e spostamento verso modelli occidentali. Successivamente si è assistito al rifiorire della cultura tradizionale e al suo libero ibridarsi ai nuovi modelli occidentali, non più realisti e obsoleti, ma contemporanei e digitali. L’attuale arte cinese risulta dunque formalmente molto dinamica e attiva e c’è da auspicare che il prezioso dialogo tra oriente e occidente continui fino a sfociare in qualcosa di nuovo, segnando una crescita in tutti i sensi. GIAPPONE DAL MIRACOLO ASIATICO DEGLI ANNI 80 ALLA RECESSIONE DEGLI ANNI 90 In un mondo globalizzato i vari Paesi tendono a convergere nelle stesse strategie di sviluppo economico e politico. Il Giappone, pur convergendo, è riuscito a mantenere intatta la sua struttura, frutto di secoli di isolamento, modificandola solo leggermente. Una formula che negli anni 80 sembrava vincente e aveva portato il Giappone ad essere la seconda potenza economica. Ma quando il Paese fu trascinato nel vortice di neo-liberalismo internazionale, si registrò un boom nello sviluppo che portò successivamente uno ‘’scoppio della bolla’’ e il Giappone si ritrovò, subito dopo la guerra del Golfo, immerso di problemi e situazioni a cui non aveva mai fatto capo. Tra queste ci fu il bisogno di più energia a causa della richiesta superiore, il Paese scelse dunque di buttarsi sul nucleare che allora sembrava presentarsi come una grande risorsa e opportunità. Ma il territorio Giapponese poco si prestava a questo tipo di energie, a causa delle frequenti e forti scosse sismiche, perciò gli incidenti non furono pochi. Ultimo tra questi quello di Fukushima, il più potente nella scala delle esplosioni nucleari registrate (livello 7 come Cernobyl). INDIVISUALISMO E NON INDIVIDUALISMO DEGLI ANNI 80-90 Dopo Gutai e le neo avanguardie, sono ormai sporadici gli artisti che decidono di riunirsi in gruppi poiché negli ultimi anni risulta assente una poetica di confronto verso il sociale e gli artisti lavorano in maniera individuale, accentuando i contatti con l’Occidente e spesso trasferendosi in maniera permanente in quei luoghi. Gli anni 80 appaiono come il decennio d’oro per il Giappone che abbraccia una politica neoliberalista; gallerie e musei iniziano a diffondersi in maniera esponenziale ma l’arte sembra aver abbandonato ogni tipo di ideologia. Grazie all’arte contemporanea, però, si riesce a rivalutare e rimodernizzare la tradizione artistica secolare, sviluppando il concetto di ‘’relazione’’ tra la materia e l’uomo, l’io e il cosmo. L’ampliamento di linguaggi nell’arte contemporanea porta gli artisti ad effettuare delle scelte artistiche individuali che rispettano la diversità dei singoli, riuscendo anche a mantenere una poetica che vada oltre al sistema di mercato, consolidando i valori tipici della tradizione, che vedeva l’arte come un mezzo privilegiato di comunicazione con l’Universo. RAPPORTO TRA UOMO, PSICHE E COSMO; TRA VISIBILE E INVISIBILE L’arte degli anni 80 e 90 rafforza il rapporto e la ricerca tra l’uomo e il cosmo che gli artisti giapponesi avevano già individuato negli anni 60, 70. Uno dei pilastri di questa ricerca è Yayoi Kusama, che mette a fuoco un concetto di proliferazione ossessiva di una forma trasformandola in un modulo estetico tale da creare un forte legame tra espressione individuale e ambiente. Egli incarna l’incontro della cultura tradizionale giapponese a quella occidentale per eccesso, arrivando all’espressione performativa e all’ossessione del modulo estetico: il pois, il punto con il quale trasforma gli ambienti e i copri in unicum status percettivo, che diventa il suo mondo surreale. Alla fine degli anni 80 Kusama mette a punto le sue INFINITY ROOMS, ambienti ossessivamente dipinti a pois con delle sculture realizzate con specchi o, al contrario, in cui gli oggetti sembrano sparire e ricomparire riproducendosi all’infinito, in un’idea di ‘’arte totale’’ e di ‘’ambiente mondo’’. Un altro gruppo che accoglie visivamente il concetto di proliferazione di icone post-pop realizzate con colori sgargianti e psichedelici è il gruppo KYUPI KYUPI, che attraverso cinema, videoclip, musica, danza, grafica, accoglie il carattere trasgressivo e spettacolarizzante dei nuovi comportamenti comportamentali e riguardante gli approcci sessuali. Tra le donne che ricalcano le esperienze di Kusama, c’è Mariko Mori (studi in occidente), che prende l’immaginario tradizionale per trasformarlo con la tecnologia digitale. Lei è la protagonista delle sue performances che vengono filmate per poi essere elaborate in video e foto digitali. Tra le sue opere più apprezzate troviamo ‘’Burning Desire’’ 1998, un video tridimensionale in cui l’artista assume le sembianze di una dea buddista e visto dagli spettatori attraverso la tecnologia di occhiali 3d. Gli spettatori sono immersi nello spazio illusorio del video, chiamati a contemplare da vicino le trasformazioni della dea, la cui eterea presenza è accompagnata da profumi, musiche e vento. Miyajima, tra gli artisti uomini che trasformano gli spazi interni in ambienti che sconfinano con il concetto del tempo e dello spazio, crea delle installazioni ambientali con dei counter led principalmente rossi, programmati per contare fino a 9 per poi oscurarsi e ricominciare subito dopo la numerazione. L’intento è quello di trasmettere il senso di transitorietà della vita, in un ciclo continuo tra nascita e morte, filosofia di netta derivazione buddista. L’artista comunica infatti quanto forte sia la connessione tra tutte le cose in una relazione che soltanto nell’insieme può manifestarsi. CONTINUITA’ SPAZIO TEMPO NEGLI AMBIENTI SPAZIO-NATURA Quando il Gutai inventò la formula opera-ambiente in spazi aperti, in realtà coglieva un aspetto fondamentale della cultura Giapponese e di come la natura inficiasse nell’immaginario del Paese. Sull’onda di proliferazione ossessiva di un modulo o pattern, troviamo un’artista che ha operato in maniera simile ma in spazi aperti: Tadashi Kawamata. Le sue opere utilizzano materiali poveri e di riciclo (vecchie porte, assi, finestre) e sono destinati a non durare nel tempo. Le sue opere sono infatti costruzione dell’effimero, come il Project Roosvelt Island 1992, dove l’artista ha costruita una complicata struttura di assi in legno che abbracciava un ospedale dismesso e abbandonato destinato a curare gli immigrati. Un’opera che riporta all’attenzione il contrasto tra architettura ricca e la precarità dell’architettura povera che punta ad obbiettivi minimi, come in questo caso una necessità immediata di riparo. Attraverso l’arte, dunque, questa architettura povera ha potuto sottolineare, grazie all’intensità del contrasto, gli effetti di una volontà sociale non sempre visibile, che mira a deragliare gli interessi collettivi per quelli individuali, costruendo architetture per pochi privilegiati (grattacieli). CONCLUSIONI L’arte giapponese del dopoguerra, attraverso il Gutai recupera completamente la propria tradizione culturale rinnovandola, raggiungendo la sua piena autonomia e liberandosi dall’occidente che aveva imposto nel tempo modelli culturali e percorsi volti alla modernizzazione. Il giappone grazie al Gutai diventa questa volta precursore dell’occidente, suggerendogli il percorso delle neo avanguardie lungo il ventennio 60-70. Negli anni 80 i gruppi si rarefanno e si afferma una sorta di individualismo e non, recuperando cioè il senso dell’identità che non si fonda però sull’artista-artefice come in occidente. L’artista infatti, più che un artefice si considera un esperto di uno strumento e di un linguaggio (il proprio), utile a metterlo in comunicazione con il mondo e a svelarne un aspetto e talvolta un’ossessione. Compito dell’artista è evidenziare le diverse relazioni tra l’uomo e le cose, tra l’uomo e il cosmo, rifacendosi agli insegnamenti ereditati dal Gutai e dal Monoha. Interessante è il fatto che molti artisti continuano a lavorare negli spazi aperti, interessati dal concetto di spazio mondo, guardando verso un superamento del dualismo tra individuo e il mondo, tra l’io e l’universo. Una poetica che conferma la tradizione millenaria giapponese. Inoltre mentre in Occidente si crea un cosiddetto ‘’sistema dell’arte’’ chiuso in un circuito autoreferenziale, in Giappone l’arte, seppure come un bene di lusso, continua ad operare al servizio del sociale e della comunità. EUROPA LA GUERRA DEI BALCANI La guerra jugoslava fu una guerra di tutti contro tutti che coinvolse sia le etnie che le fedi religiose: Sloveni, Croati, Bosniaci, Serbi e Montenegrini, Macedoni, Albanesi, Musulmani, Cattolici, Ortodossi. La guerra fu scaturita dalle pressioni per una maggiore democrazia e autonomia. Fattori interni ed esterni portarono alla disgregazione; una dopo l'altra, Slovenia, Croazia, Macedonia e Bosnia- Erzegovina (1991-1992), che male avevano sopportato il predominio serbo, si dichiararono indipendenti. Questo si trasformò in un dramma per la Bosnia dove l'estremo frazionamento etnico e religioso alimentò una sanguinosa guerra civile che nessun accordo e neppure l'intervento dell'Onu riuscivano a fermare. La guerra si concluse, dopo violentissimi scontri, con il riconoscimento dell'indipendenza della Croazia e l'espulsione della popolazione serba di Croazia. L’assedio di Sarajevo da parte dell’esercito serbo diventò il simbolo di una guerra atroce e per certi versi assurda, nella quale il maggior numero delle vittime si contò fra i civili. Fu la più crudele delle guerre civili, nel corso della quale serbi, croati e musulmani di Bosnia tentarono di eliminare qualsiasi presenza estranea nelle zone in cui prevaleva la propria etnia. Ogni mezzo fu ritenuto valido: violenze fisiche sulle persone, distruzione di villaggi, espulsione oltre confine e internamento in campi di concentramento delle popolazioni. 1995 Gli sforzi della diplomazia internazionale ottengono che i contendenti firmino la pace a Parigi. Tuttavia non fu possibile fare accettare alle parti in lotta una sistemazione definitiva dell'area; in verità si trattò piuttosto di un precario equilibrio tutelato dalla massiccia presenza militare dei paesi della Nato. La guerra civile jugoslava, ispirata al principio della "pulizia etnica" cioè allo sterminio degli avversari, è stata la più sanguinosa e disumana: milioni di persone sono state uccise e orrendamente mutilate, milioni di donne sono state stuprate e violentate, migliaia sono stati deportati in campi di concentramento, a milioni hanno dovuto abbandonare le case e le proprietà. NUOVO MILLENIO ED EUROPA UNITA L’impero Romano fu il primo evento storico ad unire i diversi popoli e le diverse culture europee, a livello linguistico e giuridico, fondando un terreno comune all’interno del Sacro Romano Impero. Nel 1700 abbiamo richiamo che fanno riferimento ad una volontà di unificazione, in particolare grazie alle filosofie illuministe di Kant e Voltaire. Per un’idea di unità politica bisogna invece aspettare Mazzini nel 1800. La seconda guerra mondiale e soprattutto il dopoguerra, fecero riemergere decisamente questa volontà rendendola condivisa. Nel secondo dopoguerra l’Europa si trova in una fase di forte difficoltà poiché dilaniata in due blocchi, dominata dagli Stati Uniti nella parte occidentale e dall’URSS nella parte orientale. Il muro di Berlino segnava concretamente una linea di divisione e demarcazione che si estendeva lungo tutta la Germania. Inoltre le basi Nato e Russe avevano disseminato di armi nucleari l’intero territorio, giocando su un clima di costante terrore. Ci furono diverse idee sul come riunificare l’intera Europa, il primo passo fu un tentativo di unità principalmente economica, con la costituzione di un accordo monetario (CECA) e l’istituzione della Comunità economica europea (CEE). Nel 1992 fu accettata la decisione di abolire le frontiere residue per la completa libertà di circolazione delle merci. Ma la decisione più decisiva di tutte fu quella del 1999 di aderire ad una moneta comune: l’euro, che venne attuato nel corso di un anno, istituendo anche una banca centrale Europea e avviando definitivamente un periodo di pace e collaborazione. LES MAGICIENS DE LA TERRE Mostra organizzata nel Centre Pompidou nel 1989, con la volontà di sostituirsi per una volta alla Biennale di Parigi, offrendo anche un’impronta nuova nella compagine culturale internazionale. L’intenzione era quella di voltar pagine e provocare un atteso cambiamento, trasformando la vetrina internazionale elitaria che si stava affermando, in un’arte realmente internazionale e di tutta l’umanità, non solo dei paesi occidentalizzati. La mostra prevedeva 100 artisti, dei quali la metà erano tra i più affermati in occidente e l’altra metà comprendeva i creativi del sud del mondo, dall’Africa all’Asia, dall’Australia al Sud America. Quello che ne emerse sorprese critici ed esperti del settore, non preparati ad affrontare culture diverse. Le opere dei Magiciens infatti, pur reggendo il confronto con le opere occidentali, non parlavano la stessa lingua, riferendosi ad universi decisamente diversi, tanto che gli occidentali faticavano a concepirle come opere e venne sottolineato l’immenso divario ancora esistente tra il mondo occidentale e il mondo primitivo, tra il cittadino del mondo e il selvaggio, tra il mondo ricco e il mondo povero. Una realtà dura da accettare che fece diventare la mostra uno dei maggiori eventi di arte contemporanea. ritorna indietro nello sconfinamento dei linguaggi tipico degli anni 60-70. Ma l’arte si presenta differente dal passato, priva di un progetto sociale propositivo. Mentre nel ventennio 60-70 l’arte scendeva dal piedistallo per andare incontro al mondo e dialogare negli spazi aperti, ora si costringe lo spettatore a ritornare nei musei e dialogare con opere lontane dalla sua esperienza. Gallerie e musei portano ormai il segno del loro tempo, forgiati nel periodo illuminista e da allora rimasti invariati. L’arte del terzo millennio parla un linguaggio contemporaneo ma dentro contesti risalenti a due secoli fa. L’arte relazionale nata intorno al 95 conferma tutto questo, poiché si tenta di recupere il contesto reale e il concetto di valore del ventennio caldo, offrendo attenzione alle relazioni umane e al contesto sociale, adottando linguaggi performativi, installativi e uno sconfinamento negli svariati linguaggi attuali. L’arte relazionale ha dimostrato che c’è un’effettiva esigenza di recuperare un contesto sociale, con il limite che essa ancora si svolge in luoghi chiusi e autoreferenziali (galleria, museo) che rende il coinvolgimento dello spettatore anaffettivo. CONCLUSIONI L’Europa dagli anni 50 cede il suo primato ed inizia a riconoscere l’ampiezza del mondo, il dialogo con l’oriente si fa determinante e le neo-avanguardie acquisiscono un valore politico e sociale. La cosiddetta ‘’fine delle ideologie’’ è in Europa, più che nel resto del mondo, molto sentita e la volontà degli anni 80 di ritornare alla pittura ne è una conferma, in quanto mostra la sconfitta delle istanze utopiche. La mostra dei maghi rappresenta la volontà evidente di volere impostare una chiara lettura dell’arte a livello globale e non eurocentrico. Negli anni 90 le gallerie si duplicano, a causa dell’imposizione globale della ‘’vetrina internazionale’’, e i linguaggi delle neo-avanguardie vengono ripresi ma decontestualizzati dai loro obbiettivi e finalità, trasformati in mere pratiche estetiche. AMERICA INDISCUSSA PRIMA POTENZA DEL MONDO DAGLI ANNI 90 LA GUERRA DEL GOLFO E TORRI GEMELLE Negli anni 90, dopo la caduta dell’URSS, gli Stati Uniti si pongono alla guida politica internazionale. Ma la vita nel globo era troppo complessa e diversificata per poter essere controllata da un unico ente, anche fosse questo un colosso come gli USA. Gli anni Novanta e il primo decennio del nuovo secolo hanno visto scatenarsi le due guerre del Golfo, per la loro posizione geografica nel Golfo Persico. È scoppiata da gennaio a febbraio del '91. È stata originata dall'invasione irachena del Kuwait per mano di Saddam Hussein (2 agosto 1990), azione però immediatamente contrastata dall'O.N.U. che decretò l'embargo totale verso il Paese invasore. Contestualmente gli Stati Uniti, su invito dei governi kuwaitiano e saudita, iniziarono l'operazione "Scudo del deserto", inviando nella Penisola Arabica ingenti quantitativi di mezzi e di truppe che venivano via via affiancate da quelle di molti Paesi arabi e di numerose altre nazioni, tra cui la Gran Bretagna, la Francia, l'Italia. Per oltre un mese, al ritmo di circa 2-3.000 missioni giornaliere, supportate da sofisticatissime tecnologie belliche, l'Iraq subì un devastante bombardamento (oltre 20.000 tonnellate di esplosivo nel solo primo giorno). La risposta irachena fu pressoché nulla, affidata al lancio di qualche missile verso la Penisola Arabica e verso Israele (paese non in guerra). Il 24 febbraio iniziò la penetrazione terrestre che in quattro giorni completava la liberazione del Kuwait. Nel marzo del 2003 con l’accusa di possedere armi di distruzione di massa, gli Stati Uniti con a capo il figlio del precedente presidente George W. Bush, decise di attaccare nuovamente l’Iraq. Saddam fu catturato nel 2003. Ma si aprì un difficile dopoguerra, con continui attacchi terroristici. L’11 settembre 2001 si è verificato negli Stati Uniti un terribile attacco terroristico: quattro aerei di linea sono stati dirottati da kamikaze, due hanno distrutto le Torri Gemelle, un terzo si è schiantato sul Pentagono, un quarto in Pennsylvania. L’attacco non è stato rivendicato ma si sospetta che sia stato ordinato da Osama Bin Laden, capo del fondamentalismo islamico. Bush impose un ultimatum, e scaduto il 7 ottobre l’esercito americano iniziò i bombardamenti su Kabul, per poi occupare il paese. POSTHUMAN E NEO-GEO Di questa elite planetaria, facevano parte artisti di diverse nazionalità. Essi non avevano idee particolari da difendere, ma erano individui isolati con una loro poetica e personale interpretazione del mondo. Professionisti pronti ad essere esposti ed avere successo. In molti casi la produzione artistica di molti di loro subì una battuta di arresto, non riuscendo a rimanere all’altezza del passato e spesso cadendo in alcuni clichè ripetitivi e cristallizzandosi. Questa generazione, meno legata ai progetti sociali e alle ideologie, più di ogni altra generazione di artisti ha avvertito il fenomeno della perdita di ispirazione. La ripetizione del modello garantiva però il successo della comunicazione e il consenso, fatto ampiamento provato dalla pratica di Andy Warhol. Già nella filosofia classica la ripetizione è cosa intrinseca all’arte stessa e ne svela il suo meccanismo. Platone però riferendosi alla ripetizione parlava di una forma divina. Da Aristotele in poi la bellezza è sinonimo di una copia, ma il modello reale doveva essere un’inconfutabile verità oggettiva. Si avverte così tra gli artisti dell’elite occidentale, la necessità di una fondazione mitologica che rappresenti la verità aristotelica a cui poi rinviare la ripetizione. Cioè una verità oggettiva che giustifiche la ripetizione compulsiva e all’infinito dell’immagine. JEFF KOONS Si dedica all’arte dopo aver lavorato inizialmente alla borsa di Wall Steet. Un’indecisione di molteplici vie che riguarderà molti degli artisti della sua generazione, preoccupati soprattutto di trovare una sistemazione nel sociale e che in un secondo momento scoprono ciò che può essere realizzabile attraverso l’arte. La lettura che Koons fa della società, è una lettura molto cinica, incarnando bene sogni e gli ideali dell’immaginario collettivo del proprio tempo. Utilizza degli oggetti che diventano sculture a tutti gli effetti ma risultano inconsistenti, principalmente oggetti quotidiani, oggetti kitsch, palloncini, giocattoli, elettrodomestici privi di qualsiasi concettualismo. Si rende in questa maniera uno dei migliori interpreti degli anni 90 e miglior erede della poetica pop di Andy Warhol, continuatore della cinica osservazione della pop art sul consumismo. E nelle sue opere, infatti, conta più la vernice che la sostanza, riflettendo la situazione del sociale in cui la comunicazione si era appiattita e banalizzata su messaggi e argomenti di superficie. Per le sue sculture arriverà ad utilizzare l’acciaio cromato rivestito di colore trasparente, creando il suo ciclo di sculture che simulano palloncini modellati giganti, tipici delle feste dei bambini, con cinque versioni con differenti colori e intitolate Ballon Dog 1994. STAR OCCIDENTALI E LA PERDITA DELL’UTOPIA Postmodernismo è un qualcosa che offre la possibilità di creare e riprodurre qualsiasi cosa in tutti i modi possibili. Un momento di mezzo tra il modernismo e qualcosa che arriverà in futuro, come il medioevo è stato la via di mezzo tra età classica e rinascimento. In quest’evo di mezzo, dagli anni 90 in poi, si assiste alla nascita di vari artisti osannati all’interno della vetrina internazionale che si impone definendosi sistema dell’arte. Tra queste ‘’star’’ troviamo Matthew Barney che realizza un’opera grandiosa con il suo ciclo ‘’THE CREMASTER’’, cinque film realizzati nel decennio 1994-2002. I film, in linguaggio surreale tratto da una cultura fantasy, sono incentrati sulle sculture che riprendono delle forme ancestrali. Il ciclo offre il senso del viaggio della vita. JANNY HOLZER: LE DONNE COME PONTE TRA NEO AVANGUARDIE E TERZO MILLENNIO Artiste donne che in controtendenza non hanno deragliato dal percorso ideologico e politico segnato dalle neo-avanguardie, lo hanno perseguito rinnovandolo con nuove istante. Tra queste donne troviamo Jenny Holzer che manifesta un linguaggio espressivo concettuale e si manifesta come street artist, trovando spazio nel sociale e nelle strade, interagendo anche con il pubblico. I suoi primi lavori sono i Truism, un ciclo di poster che raccoglieva le cosiddette ovvietà, cioè massime che grazie al senso ovvio e comune sono condivisibili dalla massa. Si confrontava dunque con la street art tra le strade di New York, come Haring o Basquiat, pur rimanendo prettamente di stampo concettuale e neo-avanguardistico. Non è un caso che le artiste donne siano rimaste fedeli alle tematiche sociali, questo probabilmente per il ruolo della donna e per l’impatto continuo che essa ha con il quotidiano che ancora oggi colpisce più la donna che l’uomo. Accanto alla donna infatti troviamo una serie numerosa di artiste femminili che ne condividono l’approccio sociale, come Judy Chicago. Una sua opera che è rimasta molto impressa è ‘’Dinner Party’’ 1979. L’opera consiste in una colossale cena imbandita a forma di triangolo trinitario, simbolo dal quale la donna era esclusa, ma il pasto e il cibo sono il mezzo stesso con cui la donna diventa la principale artefice. Questo stava a significare quanto la forma fosse contraddetta dalla sostanza, e come la cultura femminile sia la colonna portante che sostiene l’umanità e da sempre il cibo quotidiano e la sua vera essenza. Queste donne operano così una fusione tra le tematiche del reale e sociale urbano, alla realtà intima di tutti i giorni che le schiaccia. CONCLUSIONI APERTE L’arte americana del secondo 900 è passata dalla poetica libertaria che ne ha determinato l’indipendenza dall’arte europea, a quella sociale e rivoluzionaria degli anni 60-70 nata in stretto contatto con la cultura millenaria orientale. Approdando nell’urbanesimo interculturale degli anni 80 per finire nella vetrina internazionale degli anni 90, che vede l’arte non come un bene disponibile alle masse, ma diffusa dall’alto come merce elitaria, internazionale e globalizzata, che fa capo al circuito chiuso e autoreferenziale del sistema dell’arte. Questo percorso viene però contraddetto dalla figura femminile che risulta la vera proposta positiva del terzo millennio e indica una strada che cuce il passato delle neo-avanguardie con il presente e traghetta la filosofia di una nuova poetica e rivoluzione della vita, ricostruendo un’utopia che non serva solo l’ uomo, ma anche la donna e il neutro, cioè l’ambiente. Una filosofia che dunque mette in atto un dialogo definitivo e totale tra Oriente e Occidente.
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