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Storia dell'arte moderna (1400-1800), Appunti di Storia dell'Arte Moderna

Riassunto del libro "Itinerario nell'arte" Il Cricco Di Teodoro. Dal 1400 alla fine del 1800. Correnti analizzate: - Primo Rinascimento (1400) - Secondo Rinascimento (1500) - Manierismo (1500) - Barocco (1600) - Rococò (1700) - Vedutismo (1700) - Neoclassicismo (1700)

Tipologia: Appunti

2020/2021

Caricato il 07/05/2021

Nicolò_Paganucci
Nicolò_Paganucci 🇮🇹

4.5

(24)

5 documenti

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Scarica Storia dell'arte moderna (1400-1800) e più Appunti in PDF di Storia dell'Arte Moderna solo su Docsity! Sommario 1 IL QUATTROCENTO RINASCIMENTO Il quattrocento corrisponde al Primo Rinascimento, che ha origine a Firenze. Giorgio Vasari è tra i primi a impiegare il termine Rinascimento per indicare il rinnovamento della pittura introdotto il 1300 da Giotto e Cimabue. Gli artisti rinascimentali competono con gli antichi, cercando di raggiungerli nella grandezza e anche di superarli. Rispetto agli antichi, gli artisti del 1400 hanno a disposizione novità artistiche e scientifiche, come la prospettiva. Le principali caratteristiche sono: - Il ruolo centrale dell’uomo nell’universo; - Il recupero dell’arte classica: in pittura, scultura e architettura gli artisti ricercano l’armonia, l’equilibrio, la proporzione tra le parti. Anche in campo urbanistico si assiste alla progettazione di città ideali, originate in modo rigorosamente geometrico; - La rappresentazione della realtà come appare; - I soggetti trattati in pittura non sono più solo religiosi; - Gli artisti rivestono un ruolo importante e prestigioso all’interno della società, non sono più semplici artigiani. Prospettiva: insieme di proiezioni di oggetti su un piano tale che quando è stato disegnato corrisponda agli oggetti reali come noi li vediamo nello spazio. All’inizio si trattava di una prospettiva intuitiva e non scientifica, ma Brunelleschi scopre le regole geometriche della rappresentazione prospettica -> realizza le celebri tavolette prospettiche, in cui rappresenta il battistero di Firenze e Palazzo Vecchio. Ora gli artisti disponevano di metodi scientificamente corretti per la realizzazione delle loro opere. La prospettiva, basandosi su leggi matematiche, consentiva una perfetta rappresentazione delle cose. Questo processo è stato semplificato e ridotto grazie a Leon Battista Alberti che scrisse il De Pictura, nel quale spiegò il procedimento prospettico chiamato costruzione abbreviata. Nel 1475, Piero della Francesca scrisse il primo trattato di prospettiva interamente illustrato, De prospectiva dipingendi, nel quale spiega che la prospettiva è un fatto grafico, rappresentativo a uso degli artisti. Piero aveva una grande fiducia nella scienza prospettica e afferma che senza di essa è impossibile diventare grandi artisti. Alla fine del ‘400, Leonardo da Vinci considera la prospettiva il timone della pittura, parla di una teorizzazione della prospettiva aerea, infatti le sue opere hanno una profondità spaziale il cui livello tecnico ed espressivo fu inimitabile e mai raggiunto da altri. Proporzioni: La riscoperta del mondo classico e lo studio del trattato di Vitruvio forniscono le basi per una nuova certezza rinascimentale, le proporzioni, che indica la corrispondenza di misure fra due o più parti in stretta relazione tra loro, rapporti matematici. Vitruvio, nel suo trattato De Architectura, scrive che per far si che un edificio avesse delle dimensioni armoniose doveva avere le proporzioni di un corpo umano, poiché la natura aveva fatto sì che il corpo dell’uomo fosse ben proporzionato -> è quindi logiche che anche un progetto architettonico si attenesse ai rapporti esistenti tra le varie parti del corpo umano. Leonardo da Vinci rappresenta l’uomo vitruviano, l’uomo descritto da Vitruvio, inscritto in cerchio e quadrato. Antico: uno dei caratteri più significativi del Rinascimento Italiano fu la curiosità e la passione per l’antico: le rovine, in particolare quelle di Roma, da sempre avevano riempito di meraviglia i pellegrini, sono ora guardate con occhi nuovi. Non stupiscono più solo per la loro magnificenza, ma costituiscono motivo di studio, ricerca, ispirazione e di confronto per gli artisti del 1400. I pittori e gli scultori, affascinati dall’equilibrio e dalla tridimensionalità delle sculture antiche, annotano pose complesse, muscoli tesi e attitudini. In questo modo gli artisti apprendono le regole della rappresentazione naturalistica direttamente dagli antichi. FILIPPO BRUNELLESCHI (1377-1446) Nato: 1377 Firenze Morto: 1446 Firenze Attività: Scultore e architetto Vita: Iniziatore del Rinascimento, studia l’architettura classica e recupera il linguaggio degli antichi (archi, colonne, volte) sottoponendole alle nuove leggi matematiche, cercando l’armonia tra le parti e creando spazi proporzionali ed essenziali, a misura d’uomo. Brunelleschi si formò come orafo e scultore e dopo l’insuccesso del concorso del 1401 per le porte del battistero di Firenze, muta indirizzo studiando l’architettura. Si trasferisce a Roma con Donatello e studia le rovine, indagando la planimetria, i sistemi di muratura, l’ideazione, le tecniche. Le architetture che Brunelleschi realizzò a Firenze tra il 1420 e il 1446 trasformarono completamente la città, da medievale a città rinascimentale. Sacrificio di Isacco Anno: 1401 Luogo: Firenze, Museo del Bargello Questa formella, rispetto a quella del Ghiberti, ha accenti più drammatici. Isacco al centro della composizione cerca di svincolarsi dalla presa del padre. Questa volta l’intervento dell’angelo è tutt’altro che simbolico, egli è rappresentato nell’atto di bloccare fisicamente il braccio di Adamo, afferrandolo con una mano, al fine di impedirgli il sacrificio. Le figure dei servi, nei due lobi inferiori, risultano quasi simmetriche e uno dei due è ispirato alla famosa opera dello Spinario, che richiama l’antichità. - Innovative aperture classiche di Brunelleschi; - Fasce orizzontali; - Disposizione spaziale per profondità successive; 2 Ghiberti porrà il suo ritratto. Ghiberti, ormai affermato, non riceve ordini/indicazioni su ciò che deve essere rappresentato e su come debba essere fatto. Ha la piena libertà di agire come vuole e la completa fiducia di tutti. Nei commentari scrive come ha agito nella creazione della porta, quali scelte stilistiche ha utilizzato, come ha utilizzato la prospettiva a suo favore (figure importanti in primo piano), vuole mettere anche in risalto l’imitazione della natura, ci racconta che l’opera era ricca di dettagli e che ogni forma raffigurava oggetti e ambientazioni molto diverse tra loro. “ Condussi detta opera con grandissima diligenza e con grandissimo amore”. JACOPO DELLA QUERCIA (1371-1438) Nato: 1371 Siena Morto: 1438 Siena Attività: Scultore Vita: Attivo a Siena, Lucca, Bologna. Nel 1401 partecipò senza successo al concorso per la porta nord del battistero di Firenze. Dato il carattere non programmatico ma intuitivo della sua adesione ai principi rinascimentali, converrà considerarlo un importante figura di passaggio dal gotico al rinascimento. Altre opere: Angelo e Annunziata, Porta Magna, Altare Trenta. Monumento funerario di Ilaria del Carretto Anno: 1406-1407 Luogo: Lucca, Duomo di San Martino L’opera fu ordinata da Paolo Guinigi, signore di Lucca, in onore della seconda figlia morta di parto nel 1405. Il sarcofago è diviso in due parti: l’arca, che si riallaccia alla tradizione delle sepolture romane (sarcofago costituito da cassa e coperchio) e la lastra di copertura che riprende l’uso medievale delle tombe terragne, le cui lapidi erano poste al livello del terreno. La cassa a forma di parallelepipedo è costituita da 4 lastre marmoree, decorate da 10 bambini angeli che reggono fiori e frutta. La figura della donna sembra generata dalla sovrapposizione di tre ellissi, contraddicendo le convenzionalità gotiche e prendendo tratti rinascimentali. DONATELLO (1386-1466) Nato: 1386 Firenze Morto: 1466 Firenze Attività: Scultore e pittore Vita: Cominciò la sua formazione artistica a 17 anni nella bottega del Ghiberti, dal quale acquisisce sia le tecniche della fusione in bronzo sia l’amore per l’arte classica. Donatello contribuisce in modo sostanziale al rinnovamento della scultura perché: studia oò rapporto uomo-ambiente e crea sculture che vivono nello spazio e cerca di rappresentarne correttamente i corpi, i sentimenti e gli stati d’animo. Tra il 1404 e il 1408 si reca più volte a Roma con Brunelleschi per studiare e ammirare le opere dell’antichità. Però la sua attività principale si svolgerà a Firenze. Con Donatello la scultura giunge a risultati irripetibili non solo perché è stato il primo a sapersi riallacciare alla tradizione greco-romana, ma anche perché per primo ha saputo superarla, infondendo ai suoi personaggi un’unanimità e un’introspezione psicologica che rimarranno a lungo uniche nella storia dell’arte. San Giorgio Anno: 1417 Luogo: Realizzata per la chiesa di Orsanmichele, Firenze. L’originale è posta nel Museo Nazionale del Bargello, Firenze. Storia: Secondo la leggenda San Giorgio uccise un drago che teneva prigioniera una principessa. L’eroe indossa un corto mantello usato da Greci e Romani; le sue armi sono soltanto uno scudo e una corazza. Il San Giorgio testimonia la nuova visione dell’uomo, centro del mondo e della natura, propria della cultura umanistica. La statua, nel decorativismo del panneggio, presenta ancora qualche traccia del gusto gotico. Ma l’orgogliosa postura, la tranquilla gravità del volto già prefigurano la nuova sensibilità rinascimentale e donatelliana. San Giorgio infatti ci appare solido e ben piantato al suolo, con le gambe leggermente divaricate e il grande scudo a forma di rombo che funge da ulteriore punto d’appoggio. Donatello conferisce al San Giorgio dei tratti pensosi: le sopracciglia sono contratte e la fronte aggrottata come per esprimere un’inquietudine interiore. San Giorgio e la principessa Nel basamento della statua Donatello realizza un bassorilievo con San Giorgio che trafigge un drago (simbolo del peccato e delle barbarie) e la principessa (personificazione della Chiesa). Alle spalle della donna vi è un portico in prospettiva (emblema di razionalità). In esso l’artista mostra di aver acquisito la padronanza delle tecniche brunelleschiane della prospettiva geometrica, che crea degli effetti di chiaroscuro simili a quelli ottenibili in pittura. I Profeti Geremia e Abacuc Anno: 1423-1435 Luogo: Realizzata per il campanile di Giotto, Firenze. Ora posti nel Museo dell’Opera del Duomo, Firenze. In queste opere emerge l’importanza degli effetti prodotti dal chiaroscuro, luce e ombra sembrano impigliarsi tra le pesanti pieghe del mantello, come se la stoffa avesse una rigidità innaturale, quasi 5 metallica. Questo contribuisce a dare alla figura un’imponenza e una dignità come non si era più visto dal periodo ellenistico. Per realizzare le statue Donatello si ispira a modelli vivi, quindi sono veri e propri ritratti, raffigurando il vero così come lo vede, e non facendosi condizionare dall’idea astratta che ogni artista tende a farsi. La bellezza dell’uomo donatelliano non sta nell’aspetto esteriore che può essere anche sgraziato, ma piuttosto nella grandezza d’animo e nella dignità morale. Il banchetto di Erode Anno: 1423-1427 Luogo: Battistero di Siena Donatello viene chiamato a collaborare insieme a Jacopo della Quercia e Ghiberti nella realizzazione della fonte battesimale del Battistero di Siena. In quest’occasione Donatello realizza questa formella in bronzo. A sinistra un servo inginocchiato offre a Erode un vassoio recante la testa mozzata del battista. Il sovrano, che aveva comandato la decapitazione per compiacere la giovane Salomè, è rappresentato da Donatello nell’atto di ritirarsi, con le palme delle mani aperte, in un gesto quasi di orrore di fronte a quella terribile vista. Anche gli altri partecipanti al banchetto si ritraggono agghiacciati dalla crudele esecuzione, quindi i personaggi del rilievo sono polarizzati ai lati e al centro si crea un vuoto. Donatello considera il rilievo come rappresentazione di un evento religioso, ma che in quanto tale è anche un fatto storico. L’artista costruisce un telaio architettonico fatto di piani paralleli e di linee ortogonali che serve oltre che a datare l’avvenimento (poiché l’architettura nel rilievo è antica) anche ad unire i due tempi della storia. Il geometrico succedersi degli archi sullo sfondo contribuisce a dare ulteriore profondità all’intera scena. Al di là degli archi si stanno svolgendo due altre fasi della narrazione: - Nel secondo livello un suonatore dio viola allude alla danza che Salomè, raffigurata a destra, sta ancora compiendo/concluso. - Nel terzo livello ritorna il servitore che, in un momento precedente, mostra la testa del Battista anche a Erodiade e a due ancelle. Cantoria Anno: 1433-1438 Luogo: Realizzato per la Cattedrale di Santa Maria del Fiore, Firenze. Oggi conservata nel Museo dell’Opera del Duomo, Firenze. Donatello viene incaricato dell’esecuzione di una Cantoria (dal latino cantare) per la Cattedrale di Santa Maria del Fiore. Si tratta di un balcone in marmo sul quale salivano i coristi per accompagnare le celebrazioni liturgiche. La cantoria di Donatello è gemella di quella a cui stava lavorando Luca della Robbia da qualche anno e che era posta sulla parete di fronte. Il tema delle due opere è il Salmo 150 dell’Antico testamento, nel quale tutti sono invitati a lodare Dio con canti, musiche e danze. Donatello inventa uno spazio prospettico nuovo dentro il quale far muovere i personaggi: - Davanti: serie di colonnette binate composte da mosaici policromi. - Dietro: il piano di fondo del bassorilievo viene variamente punteggiato da tessere dorate. - Centro: tra i due piano si svolge lo sfrenato corteo e la gioiosa vivacità dei putti danzanti. David Anno: 1435/1440 Luogo: Museo Nazionale del Bargello, Firenze. La statua venne realizzata per Cosimo De Medici. E’ la prima statua che dopo un millennio, raffiguri un nudo virile. La scelta del nudo e l’uso del bronzo rappresentano chiare riprese dell’arte classica, ma la posa irrequieta e la vivacità dei giochi di luce sulla superficie della statua costituiscono tratti stilistici del tutto originali. Il David in bronzo è un adolescente pensoso, quasi sorpreso di essere stato coinvolto in un’impresa così straordinaria. Tutto il peso del giovane corpo grava sulla gamba destra, imponendo così un corrispondente abbassamento del bacino a sinistra. Per contro la spalla sinistra è lievemente rialzata, mentre la mano destra impugna una lunga spada e il piede sinistro poggia, in segno di vittoria, sulla testa del nemico ucciso. La luce scivola dolcemente sulle membra adolescenti di David che finisce per addensarsi ai suoi piedi, dove crea ombre profonde sulla testa di Golia. Il corpo è leggermente sbilanciato, la gamba piegata nel passo non lo sostiene, deve far forza sull’altra. Maddalena penitente Anno: 1453-1455 Luogo: Museo Nazionale del Bargello, Firenze. Le opere del Donatello dell’ultimo periodo sono frutto del tormento esistenziale dell’artista che medita sul dolore e sulla morte. Un esempio è proprio quest’opera che ci appare non solo consumata nel fisico (digiuni e astinenza), ma anche dilaniata nell’animo. Il volto ossuto e sofferente, solcato da due profondi occhi, le mani 6 congiunte in preghiera, il corpo mortificato da un’informe cascata dio capelli che la ricopre, i piedi scheletrici modellati sul terreno come vecchie radici -> tutto esprime la grandezza interiore della peccatrice convertita a una vita santificata alla penitenza. Anche la scelta di utilizzare il legno non è casuale, si tratta infatti di un materiale umile e al tempo stesso vivo, nel quale lo scalpello sembra scavare ombre e luci, come drammatiche ferite di un corpo. 7 BEATO ANGELICO Nato: 1400 Firenze Morto: 1455 Roma Attività: Pittore Vita: Entra in convento come monaco. Nel 1437 inizia ad affrescare le celle e alcuni locali comuni del convento fiorentino di San Marco. Per volere del Papa Angelico è a Roma e nel 1449 affresca la Cappella Nicolina. Dal 1449 ricopre la carica di priore al convento, dove si ritira sospendendo tutte le attività artistiche. Quando è gravemente malato torna a Roma, dove muore nel 1455. Stile: Il nome “Beato Angelico” fa riferimento alla sua irreprensibile condotta morale sia alla straordinaria abilitò con la quale il maestro ha sempre saputo far coesistere la tecnica rinascimentale con l’ancora viva tradizione gotica, dando origine ad una pittura originale e personale. Annunciazione Anno: 1425 Luogo: Realizzata per il convento di San Domenico, Firenze. Oggi conservata al Museo del Prado, Madrid. Il tema dell’annunciazione è sempre stato caro ad Angelico per la ricchezza dei suoi valori simbolici, e lo propone spesso in varie opere. Nel pannello inferiore, più piccolo, sono raffigurate cinque scene tratte dalla vita di Maria. Il pannello superiore, il più grande, è occupato da una porzione di edificio messa in prospettiva, essa è composta da un ambiente chiuso (camera della vergine) e da un’ampia loggia colonnata sul davanti aperta da due lati. La camera è arredata con una semplice panca appoggiata sulla parete di destra, il capitello composito nasconde in parte una finestra dalla quale entra la luce che crea l’ombra della panca sul pavimento. Le vele sono dipinte d’un azzurro intenso punteggiato da stelline d’oro ad imitazione del cielo. L’angelo nunziante, dalle ali dorate, s’inchina verso Maria con le mani conserte sul davanti in segno di rispetto r devozione. Maria a sua volta si protende verso di lui mentre un fascio di luce dorata proveniente dalle mani di Dio accompagna il volo della colomba dello spirito santo verso il seno di Maria. A sinistra vi è il paradiso terrestre con Adamo ed Eva che sono cacciati via dall’angelo. I personaggi realizzati da Angelico, seppur ben studiati, risultano sospesi in atmosfere astratte e dalla dolce spiritualità. Deposizione di Cristo Anno: 1430 Luogo: Destinata alla Chiesa della Santa Trinità, Firenze. Oggi conservata al Museo Nazionale di San Marco, Firenze. Nonostante la cornice (tipicamente gotica) che forza la scena dentro i tre archi dorati a sesto acuto, l’Angelico unifica la scena e lo spazio della narrazione dentro i tre archi, dando profondità prospettica al dipinto. In quest’opera Angelico mostra si saper conoscere la nuova cultura prospettica. - Centro: Gesù, il cui corpo viene fatto calare dalla croce. - Alto: a sinistra una città ricca di case e torri variopinte, a destra degli angeli. - Destra: gruppo di donne in lutto, si preparano ad accogliere il corpo di Gesù. Il loro pianto aggiunge una nota dolorosa alla scena - Sinistra: le donne si contrappongono al gruppo di uomini a destra, che sembrano appartenere ad una dimensione più spirituale che alla realtà quotidiana. Cristo deriso Anno: 1437-1447 Luogo: Convento domenicano di San Marco, Firenze. Angelico affresca tutte e 44 le celle del dormitorio. In questo dipinto adotta uno stile diverso dal solito, più semplice, e ritrae Gesù e i gesti che gli furono afflitti prima della crocifissione. Non rappresenta i soldati che lo insultarono, si limita però solo ad indicarne i gesti: lo sputo, le mani che lo tormentano, gli schiaffi, un bastone. In basso, ai due lati, sono seduti San Domenico e la Vergine. Da sotto la benda che Gesù indossa si intravedono gli occhi tristi ma dignitosi del Cristo che sopporta con pazienza le ingiurie che gli vengono inflitti -> trasmette ideali e insegnamenti spirituali. 10 LEON BATTISTA ALBERTI (1404-1472) Nato: 1404 Genova Morto: 1472 Roma Attività: Architetto, Letterato Vita: Alberti fu il più importante teorico dell’arte rinascimentale, fu uno dei più colti e raffinati umanisti ma, al contrario di altri, non si dedicò alla ricerca di codici di opere classiche. Per lui l’antichità era fonte di inesauribile insegnamento: era il passato che giustificava il presente, un qualcosa che doveva essere continuato, con il quale confrontarsi e che poteva anche essere superato. Fece proprie le forme letterarie degli antichi e le attualizzò, modificandole e adattandole al proprio pensiero. Alberto ritiene che l’attività di architetto debba essere puramente mentale, cioè teorica, perciò non si occupava personalmente alla direzione dei lavori. - De Pictura: espone i principi della prospettiva e dà la definizione di disegno (importanza della composizione e della relazione tra luce e ombra). Ritiene che lo scopo della pittura sia, oltre che l’imitazione della natura, la ricerca della bellezza intesa come ciò che da piacere all’occhio. Soltanto la bellezza ha la facoltà di preservare le opere d’arte dalla violenza distruttrice dell’uomo. - De Statua: l’artista descrive la realizzazione e l’impiego di più strumenti utili per il rilievo di una statua. - De Re Aedificatoria: le conoscenze tecniche e letterarie danno vita ad una trattazione dell’arte di edificare. Parla del disegno, dei materiali da costruzione, dei procedimenti costruttivi, degli edifici, strade, ponti, fortezze. Palazzo Rucellai Anno: 1452 Luogo: Firenze Modello esemplare per l’architettura residenziale fiorentina, inteso come manifesto del benessere e del potere familiare. In quest’opera Alberti rivela la propria disposizione a considerare l’architettura romana come norma per l’architettura moderna, non solo religiosa ma anche civile: egli combina elementi classici con la rigorosa razionalità geometrica rinascimentale. La facciata è suddivisa orizzontalmente in tre fasce marcapiano classiche, mentre è suddivisa verticalmente da lesene in cui i capitelli propongono una sequenza di ordini classici. Facciata di Santa Maria Novella Anno: 1460 Luogo: Firenze Alberti seppe creare la prima facciata rinascimentale impostata su studiare proporzioni modulari e su un equilibrio classico. La facciata è composta da due ordini, separati da un’altra fascia decorata a riquadri e sormontata da un timpano di ispirazione classica. Il piano terreno è scandito da lesene che reggono un finto loggiato a disegni marmorei, mentre su quattro colonne corinzie poggia una trabeazione classica. Il secondo ordine è a forma di tempietto e le volute laterali, pensate per nascondere la sproporzione fra l’altezza della navata maggiore e quelle minori, sono un elemento innovativo che anticipa soluzione del rinascimento maturo del barocco. Chiesa di San Sebastiano Anno: 1460-1470 Luogo: Mantova L’Alberti realizza una pianta a croce greca preceduta, in uno solo dei bracci, da un pronao con cinque aperture in facciata. La chiesa è raggiungibile da due scalinate laterali che terminano con i 5 ingressi alla chiesa: i tre centrali sono architravate, mentre le aperture collocate all’estremità sono archivoltate. La facciata è suddivisibile in due fasce orizzontali: - Quella superiore è a prevalenza di pieni: ovvero prevale l’assenza di finestre, oculi, rosoni. - Quella inferiore è a prevalenza di vuoti poiché abbiamo la presenza di svariate aperture e le due scalinate. L’interno della chiesa, costituita da un’unica navata, ricorda le piante delle basiliche romane poiché si sviluppa su un unico piano ed ha un’importante apertura centrale che illumina la navata. Questa chiesa rappresenta lo stile dell’Alberti e la sua semplicità che influenzerà gli stili architettonici successivi. Chiesa di Sant’Andrea Anno: 1470-in poi Luogo: Mantova Questa è l’opera che meglio esprime le teorie albertiane dell’edificio come monumentum, ossia architettura che deve recuperare la classicità nella sua dimensione eroica, e come anima, organismo vitale in cui tutte le parti devono contribuire all’armonia, cioè alla bellezza. Tre sono le aperture frontali che immettono nel pronao, quella centrale è costituita da una grande arcata. L’interno è grandioso: un’aula unica con volta a botte, le pareti replicano in serie la struttura della facciata. Regna un’omogenea penombra, più mistica, che l’Alberti preferisce rispetto alla 11 luminosità abbondante. L’architetto raccomandava tavole e sculture al posto degli affreschi, che avrebbero ostacolato la lettura delle superfici architettoniche. PAOLO UCCELLO (1397-1475) Nato: 1397 Arezzo Morto: 1475 Firenze Attività: Pittore Vita: L’artista era poverissimo all’inizio, tanto da non potersi permettere di tenere neanche animali, e per questo si limitava a dipingerli, con particolare predilezione per gli uccelli, da cui il soprannome. Nel 1407 si forma nella bottega fiorentina di Ghiberti, dove lavora alla rifinitura della porta Nord del Battistero. Nel 1425 lascia la città per recarsi a Venezia, dove resterà fino al 1430, e dove lavorerà come mosaicista in San Marco. Tornato a Firenze, e scoprendo artisti come Masaccio, Brunelleschi e Donatello, decide di applicarsi alla nuova scienza della prospettiva, coinvolgendolo così tanto da estraniarlo dalla realtà. Monumento a Giovanni Acuto Anno: 1436 Luogo: Cattedrale di Santa Maria del Fiore, Firenze. L’opera celebra il condottiero inglese John Hawkwood che nel 1364, a capo dell’esercito di Firenze, aveva sconfitto i pisani nella battaglia di Cascina. Il dipinto raffigura un cavallo e un cavaliere, eretti sopra un sarcofago, che poggia su un basamento sporgente. La parte posteriore dell’animale è quasi un cerchio perfetto, l’attaccatura della testa al collo è sottile, il petto è arrotondato, le narici sono dilatate, gli occhi sono sporgenti, la bocca è socchiusa. Battaglia di San Romano Anno: 1438 Luogo: National Gallery, Londra – Galleria degli Uffizi, Firenze – Museo del Louvre, Parigi. I tre quadri raffigurano la battaglia nella quale le truppe fiorentine, sotto il comando di Niccolò da Tolentino, sconfissero l’esercito senese nel 1432. Il comandante è al centro della composizione su un cavallo bianco. Dietro di lui i molti cavalieri di Firenze sono indicati dalle numerose aste puntate verso il cielo. Il dipinto presenta: aste spezzate, elmi, scudi, un cavaliere a terra, cavalli impennati, armature metalliche, elmi -> trasforma la sanguinosa battaglia in un raffinato torneo cavalleresco. PIERO DELLA FRANCESCA (1412-1492) Nato: 1412 Arezzo Morto: 1492 Arezzo Attività: Pittore Vita: Il suo nome compare nel 1439 per la prima volta in un documento fiorentino relativo a Domenico Veneziano, pittore col quale aveva cominciato a collaborare. A Firenze Piero ebbe l’occasione di conoscere e studiare le opere di Masaccio, Beato Angelico, Paolo Uccello. Lavorerà poi a Roma, Urbino, Rimini, Ferrara ed Arezzo. Stile: Il disegno di Piero si caratterizza per il tocco leggero e sapiente e per l’estrema sottigliezza del segno operata per mezzo di una penna sempre molto appuntita. Ricorreva allo stile di metallo per graffiare le pergamene o lasciare sulla carta un tracciato invisibile di cui servirsi successivamente per il disegno a penna. Battesimo di Cristo Anno: 1443 Luogo: National Gallery, Londra. L’opera fu realizzata per la chiesa di San Giovanni a Sansepolcro. - La figura del Cristo immobile come una colonna occupa il centro della tavola; - A destra c’è Giovanni Battista che versa l’acqua sulla testa di Gesù, battezzandolo; - A sinistra tre angeli astanti assistono alla scena. Nella bibbia la scena è ambientata nelle acque del Giordano (Palestina) ma in realtà ciò che osserviamo è una veduta della valle del Tevere, con sullo sfondo la città di Sansepolcro. La solidarietà del corpo di Cristo è ripetuta dal tronco dell’albero a sinistra, la cui chioma determina una sorta di cupola che copre l’immagine di Dio sul quale si libera lo spirito santo sotto forma di colomba. A destra viene raffigurato un giovane nell’atto di spogliarsi: inteso sia come spogliarsi dei peccati o di vestirsi della veste bianca candida con l’allusione alla nuova vita dopo il battesimo. La forma delle tavole e lo stesso schema compositivo alludono alla trinità e pure gli stessi angeli (che sono 3 e vestono di rosso, blu e bianco). Storie della Croce Anno: 1452-(1466) Luogo: Chiesa di San Francesco, Arezzo. 12 Luogo: Galleria degli Uffizi, Firenze. Il quadro si ricollega perfettamente alla Primavera. Il tema scelto mostra il significato spirituale che la filosofia platonica attribuiva alla bellezza, cioè a Venere -> è tramite lei che l’uomo si avvicina a Dio ed è sull’amore che l’universo si regge. Composizione: Al centro c’è Venere appena nata dalla schiuma del mare, ma già donna, nuda su una conchiglia. - A sinistra c’è Zefiro, abbracciato a Clori, che la spinge col suo soffio verso l’isola di Cipro. - A destra, sull’isola, c’è Flora ad accogliere la dea -> le porge un mantello rosso cosparso di fiori. Alcune critiche: mancanza della profondità, paesaggio ridotto all’essenziale, le onde sono lievi. Però queste cose sono volute da Botticelli -> perché la mancanza di dettagli sullo sfondo spinge chi guarda ad osservare con attenzione i personaggi. Madonna del Magnificat Anno: 1483 Luogo: Galleria degli Uffizi, Firenze Il titolo del quadro deriva dal fatto che nel libro su cui la vergine sta scrivendo compaiono a destra le prime righe in latino del cantico che ella innalzò in risposta al saluto della cugina Elisabetta alla quale era andata a fare visita. Il dipinto è stato realizzato su una tavola circolare lungo la cui circonferenza è raffigurato il vano di una finestra, oltre la quale si apre un semplice paesaggio con un fiume serpeggiante, alberi e un castello lontano. Il polso sinistro della vergine tiene in mano, contemporaneamente al bambino, una melagrana (simbolo del sacrificio di Cristo). La madre pone l’attenzione alla penna, che tiene nella mano destra, mentre il bambino guarda in alto verso l’esterno del dipinto. I due angeli che le stanno di fronte si guardano negli occhi, tenuti abbracciati da un terzo angelo che li osserva teneramente. Gli altri due angeli all’estremità destra e sinistra volgono lo sguardo alla delicata corona di piccole stelle che tengono sospesa sulla testa della Vergine. Nel quadro viene usato moltissimo il colore dell’oro: orna gli abiti, forma le aureole, lumeggia i capelli degli angeli. La calunnia Anno: 1491/1495 Luogo: Galleria degli Uffizi, Firenze Antifilo, rivale di Apelle e invidioso dell’onore che godeva presso il re e geloso della sua arte, informa Tolomeo che Apelle avesse fatto parte di una congiura contro di lui, accusa/calunnia falsa. Descrizione di Luciano di Samosata: «Tolomeo, che in generale non poteva dirsi un uomo molto saggio e che per di più era cresciuto in mezzo alle adulazioni della corte, si accese e si sconvolse così tanto per questa accusa, che non si mise a vagliare ogni ipotesi verosimile né a considerare che il delatore (Antifilo) era un rivale di Apelle e che un pittore è una persona troppo umile per un tradimento così importante – un pittore, per giunta, che aveva ricevuto da lui benefici e onori più di ogni altro artista. Al contrario, senza affatto indagare se Apelle si fosse recato a Tiro, all'istante (ricevuto la notizia) era andato fuori di sé e andava riempiendo la reggia delle sue grida, chiamandolo "ingrato", "traditore" e "cospiratore". E se uno dei compagni di prigionia, provando indignazione per la sfrontatezza di Antifilo e avendo compassione per il povero Apelle, non avesse detto che l'uomo non aveva preso parte in alcun modo alla faccenda, egli avrebbe avuto la testa tagliata e avrebbe pagato le conseguenze del fattaccio di Tiro senza esserne in alcun modo responsabile. Si dice che Tolomeo si pentì e si vergognò a tal punto dell'accaduto che donò ad Apelle cento talenti e gli diede Antifilo come schiavo. Apelle, invece, memore del pericolo corso, si vendicò della calunnia con questo quadro. Sulla destra siede un uomo che ha orecchie grandissime molto simili a quelle di Mida; egli protende la mano verso la Calunnia che ancora sta avanzando verso di lui. In piedi gli stanno vicino due donne: l'Ignoranza e il Sospetto. Dall'altra parte del quadro sta arrivando la Calunnia, una donna straordinariamente bella, ma infuocata e agitata, come se fosse in preda all'ira e al furore. Porta una fiaccola accesa con la sinistra e con l'altra mano trascina per i capelli un giovane, il calunniato, che tende le mani al cielo e chiama a testimoni gli dèi. Le fa da guida un uomo pallido e deforme, con occhi acuti e scheletrito come chi ha avuto una lunga malattia, Livore/Invidia. Inoltre, ad accompagnare la Calunnia ci sono altre due donne, che la incitano, la coprono e l'adornano. Come mi spiegò la guida che illustrò il quadro, una era l'Insidia e l'altra la Frode. Dietro la segue una donna completamente vestita a lutto, con vesti nere e lacere – penso che il suo nome fosse Pentimento. In ogni caso essa si voltava indietro piangendo, e guardava piena di vergogna la Verità, una giovane donna nuda che, sollevando il braccio destro in alto e portando l’altro a coprirle il pube con un velo sottile, volge gli occhi al cielo. In questo modo Apelle rappresentò nel dipinto il pericolo che aveva corso, e allora coraggio, descriviamo anche noi se volete, secondo il metodo del lavoro del pittore di Efeso, il volto della calunnia.» 15 ANTONELLO DA MESSINA (1430-1479) Nato: 1430 Messina Morto: 1479 Messina Attività: Pittore Vita: Si deve ad Antonello l’avvio del rinnovamento artistico del Meridione in Italia, sperimentando la combinazione delle tecniche prospettiche con la cura meticolosa dei particolari di origine fiamminga. Nato a Messina di lui si hanno poche notizie, salvo per gli anni in cui lavorò a Venezia -> lasciata la città però continuò il suo lavoro nella nativa Messina fino al 1479, anno in cui morì. Fu probabilmente a Napoli che venne a contatto con le opere fiamminghe -> egli inserisce nelle sue opere una minuziosa ed accurata indagine microscopica. Un dipinto nordico è infatti dato dalla paziente e meticolosa sommatoria di particolari (minuti quanto perfetti), nulla del soggetto rappresentato viene dimenticato o lasciato all’immaginazione o all’interpretazione dell’osservatore. San Gerolamo nello studio Anno: 1475 Luogo: National Gallery, Londra Il dipinto raffigura lo studioso del IV secolo, Gerolamo, santo e dottore della chiesa. In quest’opera si distinguono già alcuni importanti tratti caratteristici della pittura rinascimentale, come la grande attenzione per i dettagli e la comprensione della prospettiva. La tavola mostra, al di là di un arco, un ombroso interno gotico con volte ogivali e bifore ambigue poiché non sappiamo se si tratti di una chiesa o di un edificio civile. - Al centro vi è San Gerolamo, illuminato dalla luce che entra dall’arco di accesso. Viene rappresentato nel suo studio mentre legge, indossa la veste rossa cardinalizia, sui ripiani della libreria ci sono molti oggetti e vari libri. - A destra c’è un lungo corridoio con esili colonne sormontate da archi che convergono verso le due aperture in fondo, da cui entra la luce e che lasciano intravedere un sereno paesaggio. Un leone, attributo del Santo, in ombra, cammina con passo felpato dirigendosi verso lo studio. - A sinistra invece lo sguardo corre libero verso l’ampia finestra, oltre la quale si intravede un paesaggio estremamente dettagliato. - Al centro, in basso, un pavone simboleggia l’eternità (si riteneva che le sue carni non si imputridissero mai), una pernice simboleggia la verità (era credenza che tra le tante voci riuscisse a riconoscere quella della madre). L’attenzione alla descrizione delle cose minute, la ricerca della qualità e gli effetti di luce d’ispirazione fiamminga -> si sommano alla spazialità prospettica in un insieme nuovo ed originale. Ritratto di giovane uomo Anno: 1473 Luogo: National Gallery, Londra. I numerosi ritratti che Antonello eseguì furono molto innovativi. I soggetti non sono più rappresentati di profilo, ma preferisce i tre quarti. Questa scelta, insieme allo sguardo acuto e penetrante rivolto verso chi guarda, conferisce al personaggio un’aria interessante, viva e una personalità che appare spesso enigmatica. In questo ritratto il giovane indossa un berretto rosso alla fiamminga, i suoi vivaci occhi grigio-azzurri guardano l’osservatore. I capelli sono tagliati a caschetto. Lo sguardo fermo contribuisce a conferire al personaggio un senso di calma e sicurezza di sé, ulteriormente evidenziata dal profondo rosso scuro. San Sebastiano Anno: 1478 Luogo: Staatliche Kunstsammlungen, Dresda (Germania). In questo quadro Antonello associa alla monumentalità di una piazza veneziana, animata da vari personaggi, quella della figura umana. San Sebastiano, dal dolcissimo volto inclinato e dagli occhi rivolti al cielo, legato ad un tronco d’albero che si erge solitario nel mezzo della piazza,, ha la stessa solidità delle architetture che gli stanno attorno. La spalla destra è leggermente avanzata rispetto a quella sinistra che si abbassa, l’inclinazione della gamba alza il bacino. La bellezza del corpo non è minimamente compromesso dalle ferite delle frecce che lo trafiggono -> non c’è contrazione dolorosa, solo un atteggiamento estatico, come se contemplasse i cieli che accoglieranno la sua anima. L’albero secco alla quale il santo è legato ha i rami troncati e mostra la perdita parziale della corteccia: la sua ruvidezza è l’elemento di contrasto sia per il corpo del giovane, sia per le architetture veneziane. Vergine Annunciata Anno: 1475 Luogo: Galleria Regionale della Sicilia di Palazzo Abetellis, Palermo. Gli elementi di spazio, forma, luce e colore possono riassumere l’arte di Antonello. Il leggio di legno, su cui poggia un libro dalle pagine sollevate, si inserisce nello spazio dell’osservatore quasi come un baluardo simbolico eretto per proteggere la Vergine. La mano protesa della donna è un elemento prospettico che misura lo spazio, ma nel 16 medesimo tempo configura un gesto imperioso che ci impedisce di avvicinarsi. La Vergine annunciata, completamente ammantata da un velo blu cobalto, si staglia contro uno sfondo scurissimo. Lei ci mostra il suo volto luminoso e dolce di donna del Sud. ANDREA MANTEGNA (1431-1506) Nato: 1431 Padova Morto: 1506 Mantova Attività: Pittore Vita: Ha il suo apprendistato a Padova nella bottega di Francesco Squarcione. Nel 1469 si trasferisce a Mantova, invitato dal marchese Ludovico II di Gonzaga, e dove dimorò fino alla sua morte. Si allontanò solamente per compiere due viaggi in Toscana e per lavorare a Roma. Gli anni di studio a Padova furono i più importanti perché la città era la sede di una prestigiosa università, riconosciuta a livello europeo. Tale cultura divenne il fertile terreno su cui Mantegna costruì la propria attività artistica. Ad essa si sommano l’osservazione diretta di antichi monumenti, lo studio di disegno di altri rinomati artisti di reperti di cui era ricca la bottega dello Squarcione, l’insegnamento avuto dalle opere padovane di Donatello, la pratica del disegno inteso alla maniera fiorentina (linea di contorno decisa e sicura) e la conoscenza della prospettiva. Orazione nell’Orto Anno: 1453 Luogo: National Gallery, Londra. Storia: Racconta la preghiera di Cristo nell’orto degli ulivi nella notte in cui fu tradito. Mantegna pone i suoi personaggi un una natura spoglia e pietrificata. Il Cristo solitario è inginocchiato sulla dura roccia, sagomata come se fosse artificiale e adattata all’occasione. I tre discepoli sono addormentati in riva al fiume Sion, immaginato come un canale scavato fra lisce pareti rocciose. La solitudine di Gesù è sottolineata dal fatto che volge le spalle all’osservatore, mentre medita e soffre, di fronte all’apparizione di 5 angeli che gli mostrano i simboli della passione (la colonna della flagellazione, la croce, la lancia, la spugna). Sulla destra, in lontananza, Giuda guida la folla armata che avrebbe catturato Gesù. Sull’albero di destra un uccello nero è una premonizione di morte, mentre le timide foglie sull’albero, i leprotti in strada, gli uccelli in riva, e i pesci nel fiume simboleggiano la vita e la resurrezione. Gerusalemme, la città sullo sfondo, è immaginata colma di monumenti presi in prestito da Venezia (campanile di San Marco), da Verona (l’Arena) e da Roma. Le mura, chiaramente restaurate, sono un riferimento ai passi biblici che narrano le loro numerose distruzioni e riparazioni -> questa attenzione colloca Mantegna in una posizione che non è solo attuale, ma anche di avanguardia (nei confronti della cultura del tempo). Pala di San Zeno Anno: 1456-1459 Luogo: Copia a Basilica San Zeno, Verona. L’originale a - Louvre, Parigi - Musee des Beaux-Arts, Tours (Francia). Le tavole che compongono la pala di San Zeno sono tre. La scena raffigura la Madonna in trono con il bambino in braccio, circondata da angeli e da otto santi. E’ ambientata in uno spazio architettonico unitario di pianta rettangolare, dove dieci pilastri sostengono una trabeazione. La Vergine, dal volto tondeggiante ornato dalle anse piene del velo che le copre la testa, sorregge il Bambino che, in piedi sulle sue ginocchia, le cinge il collo con un braccino e volge la testa e lo sguardo a sinistra, mentre la madre guarda dalla parte opposta. Tutti i santi sono raffigurati in atteggiamento riflessivo e tengono in mano, o leggono con attenzione, un libro. Solo San Lorenzo (destra) non ha libri e volge lo sguardo verso destra. Anche San Pietro (sinistra) guarda all’esterno, ma verso l’osservatore. In tal modo chi guarda, già colpito dai colori accesi della sua tunica, si sente chiamato a far parte della narrazione. I festoni, un rinvio all’antichità, ornano il fronte della pala. In particolare, nella tavola centrale, dai festono pende una doppia collana di ovali di corallo (simbolo di vita e prosperità). San Sebastiano Anno: 1480 Luogo: Museo del Louvre, Parigi. L’autentico interesse per il mondo classico e la venerazione dell’antichità sono ancora alla base di questo quadro. In primo piano è raffigurato il Santo, trafitto da frecce e dal volto sofferente, legato ai resti di un edificio classico. Le sue spalle si abbassano a destra mentre il bacino dallo stesso lato si solleva. Gli arcieri, relegati nella parte inferiore, sono delle presenze quasi ininfluenti perché altro sono gli interessi dell’artista: il corpo umano e l’antichità. San Sebastiano si staglia contro un pilastro decorato con motivi vegetali e una colonna con capitello corinzio. Ai resti dell’architettura crollata si aggiunge anche la porzione di una statua: un piede in un sandalo e l’abbozzo di una tunica. Un fico selvatico cresce tra le rovine. Lo sfondo è costituito da una stratificazione urbana: vi è un arco trionfale ispirato a quello di Costantino e costituisce la porta della città. 17 PIETRO PERUGINO (1445-1523) Nato: 1445 Perugia Morto: 1523 Perugia Attività: Pittore Vita: Iniziò la propria attività in Umbria ma ben presto volle recarsi a Firenze per migliorarsi. In città fu allievo di Andrea Verrocchio ed ebbe come compagno Leonardo da Vinci. Dal 1472 diventa un pittore indipendente ed apre una bottega a Firenze. Nel 1501, per far fronte alle numerose commissioni, ne apre un’altra a Perugia. Lentamente la sua fama viene oscurata dal coetaneo Leonardo, dall’allievo Raffaello e da Michelangelo. Perugino abbandona quindi i centri principali (Firenze e Roma) per ritirarsi in Umbria, dove operò fino alla morte. Nonostante la sua formazione, i caratteri della sua pittura furono gli stessi degli artisti fiorentini del ‘400: la linea di contorno e la prospettiva. Consegna delle chiavi a San Pietro Anno: 1481-1483 Luogo: Cappella Sistina, Città del Vaticano. L’episodio si svolge in una piazza situata davanti un grande tempio a pianta centrale affiancato da due archi di trionfo gemelli, le cui scritte riportate su di essi inneggiano a Sisto VI, committente della cappella, paragonando gli edifici da lui ordinati a quelli fatti edificare da Salomone. Il tempio centrale allude alla nuova chiesa fondata da Cristo. Perugino, per organizzare la composizione, ha fatto ricorso non solo alla prospettiva, ma anche ai rapporti numerici: risulta che il tempio abbia larghezza pari alla somma di quella degli archi trionfali. Inoltre ha collocato i personaggi su due fasce orizzontali: - Allinea le figure principali in primo piano: Cristo, alla presenza degli apostoli e di personaggi contemporanei, porge a San Pietro le chiavi del paradiso, quella d’oro allude al potere spirituale, quella di bronzo al potere temporale dei papi. - In secondo piano molte piccole figure. Il cielo, quasi bianco in basso e di un azzurro intenso in alto, è una caratteristica ricorrente nei quadri dell’artista, come lo è pure il paesaggio che va gradualmente a dissolversi al centro. In questo quadro Perugino unisce alla maestà dei personaggi la delicatezza dei gesti e la dolcezza dei lineamenti. Ciò contribuisce a infondere, nella solennità del momento, la serenità della contemplazione, creando così uno stile che può ben definirsi classico. San Sebastiano Anno: 1490 Luogo: Museo del Louvre, Parigi. Il santo martire in primo piano è raffigurato contro una colonna posta esattamente al centro della tavola. Un pavimento a riquadri si arresta a contatto con una bassa transenna oltre la quale si apre un paesaggio fatto di verdi colline punteggiate di arbusti e di lontani picchi scoscesi. Sono visibili, a destra e a sinistra del martire, due pilastri dal collarino rudentato, ma dalle facce ornate a grottesche in rilievo -> i pilastri contribuiscono alla perfetta simmetria del dipinto, che però viene rotta dal rudere di un pilastro sulla sinistra. Si tratta di allusioni alle rovine antiche che il perugino aveva avuto modo di ammirare durante il soggiorno a Roma. San Sebastiano, in quasi completa nudità e trafitto da due frecce, si mostra alla pietà dei fedeli con la testa sollevata appena reclinata indietro e con gli occhi rivolti al cielo. La gamba destra è tesa e sostiene il corpo, mentre la sinistra ha uno scarto laterale verso l’esterno. L’atteggiamento aggraziato, la nudità eroica e i lunghi arti sono tutti elementi che rinviano alla statuaria classica. Permeato di classicismo appare inoltre l’intero dipinto, con il perfetto equilibrio delle caratteristiche del paesaggio e dell’architettura. Ritratto di Francesco delle Opere Anno: 1494 Luogo: Galleria degli Uffizi, Firenze. Perugino ritrae Francesco delle Opere, un intagliatore di pietre dure, ed un ammiratore e seguace del Savonarola. Infatti lo si può vedere nel cartiglio che sporge dal cilindretto di carta arrotolata tenuto stretto nella mano destra di Francesco: “timete deum”, “temete dio”. Francesco è raffigurato dietro un muretto su cui appoggia la mano sinistra dist5esa e la mano destra chiusa a pugno. Indossa la camicia bianca, la veste rossa, il giubbotto marrone, il berretto nero -> ne rende decisa la figura. I capelli sottili e crespi incorniciano vaporosi il suo volto. Gli occhi fissi in quelli dell’osservatore rivelano la sua natura vigile ed accorta. Alle spalle del personaggio Perugino dipinge i numerosi piani di un paesaggio variegato, inquadrandoli tra le formazioni rocciose di destra e di sinistra. Una linea orizzontale definisce il confine tra il cielo e il mare. 20 IL CINQUECENTO MANIERA Nel 1550 Giorgio Vasari pubblicava la prima edizione di “Vite dei più eccellenti architetti, pittori e scultori italiani, da Cimabue fino ai tempi nostri”. Nella seconda edizione del 1568 l’opera venne ampliata e revisionata sia per quanto riguarda la questione linguistica, assumendo un tono più raffinato e letterario, ma aggiungendo artisti e facendo varie correzioni. Le vite sono divise in tre parti, ciascuna delle quali è riferita a una delle “tre età” -> 1300, 1400, 1500. Vasari vede un continuo progresso delle arti, ad ogni età corrisponde una determinata maniera, stile, un modo specifico con cui l’artista si manifesta. Nel ribadire che scopo dell’arte è l’imitazione della natura, vasari afferma che alla terza età corrisponde una terza maniera, cioè quella della perfezione delle arti. Tale maniera è detta anche moderna e viene iniziata con Leonardo Da Vinci che superò tutti i limiti degli artisti precedenti a lui, ma ci sono anche Bramante, Raffaello e Michelangelo, considerato l’apice dell’arte e che dopo di lui potrà esserci solo il declino dell’arte. Questi artisti furono davvero speciali, perché incarnarono l’ideale di artista completo e universale che supera i confini di una sola arte riuscendo, al tempo stesso, a essere perfetto anche in tutte quelle nelle quali si cimenta. Per essere definito un ottimo artista non erano più sufficienti la padronanza delle tecniche della propria arte e la conoscenza più o meno profonda di alcune discipline, MA occorreva esserne maestri. PARAGONE DELLE ARTI I tempi stavano cambiando, la condizione sociale dell’artista mutava in meglio, passando da quella di artigiano a quella di intellettuale. La pittura, la scultura e l’architettura si andavano ad allineare alle altre arti liberali proprie degli intellettuali. Tuttavia questa conquista non avvenne né naturalmente né pacificamente. Infatti per molti anni letterati, artisti e scrittori d’arte ebbero a discutere della superiorità della pittura sulla poesia e viceversa. Se un poeta può scrivere di argomenti elevati -> la stessa cosa può fare un pittore, riuscendo a dipingere persino i sentimento. Se la poesia tratta di comportamenti morali (bene e male) -> la pittura si interessa del mondo naturale e della scienza. Se la poesia a parole evoca patimenti, torture e l’inferno -> la pittura può fare lo stesso raffigurando quelle medesime cose. ROMA E IL SACCO DEL 1527 Nei primi venticinque anni del ‘500, durante il pontificato di Giulio II e Leone X, l’Italia è artisticamente predominata dalla città di Roma. Il desiderio di Giulio II era quello restaurare o far rivivere le antiche glorie e artistiche della Roma imperiale -> questo desiderio viene portato avanti anche dal suo successore Leone X -> promotore delle arti e delle lettere, contro gli ampliamenti territoriali della chiesa, fautore della pace e amante della carità. Purtroppo gli eventi politici in Europa dopo l’elezione al trono imperiale di Carlo V e l’inquietudine religiosa che scuoteva l’Europa, portarono ad esiti diversi. Nel 1527, durante il pontificato di Clemente VII de Medici, Roma subì un trauma profondissimo: l’umiliazione del sacco di Roma ad opera delle truppe di Carlo V. Il Vaticano, le chiese e in generale tutta la città fu messa a ferro e fuoco -> furono distrutti i dipinti, profanati altari, rubati tessuti e materiali preziosi. ROMA CITTA’ GUIDA DELLE ARTI LA città riuscì in breve tempo a risollevarsi tanto che il suo primato va ben oltre l’evento traumatico del sacco. La presenza più o meno continua di Michelangelo la portava ad essere una città sempre all’avanguardia, il che la trasformava in una sorta di città guida dal punto di vista artistico. Il sacco dette l’avvio alla diffusione delle concezioni artistiche e delle conquiste espressive a cui i grandi interpreti della maniera moderna (Leonardo, Michelangelo, Raffaello) erano pervenuti durante il primo ventennio del secolo proprio a Roma. Infatti gli artisti, fuggendo da Roma e trovando rifugio nelle varie corti italiane, portarono con loro le conoscenze acquisite. Questi, lavorando, cercarono così di imitare lo stile dei grandi maestri o né riproposero i soggetti -> ma ormai lontani da Roma, pervenivano a nuove conquiste personali aprendo la strada a ulteriori sviluppi nell’arte. COLLEZIONISMO Durante il ‘400 c’era stato il ritorno all’antico e con esso il recupero degli ideali e della cultura classica, con il conseguente formarsi, soprattutto a Firenze con i Medici, di collezioni di antichità. E’ tuttavia a Roma nel ‘500 che il collezionismo diviene un’attività capace, oltre che indirizzare il gusto, anche di influenzare le scelte classicistiche della cultura letteraria e artistica. Durante questo secolo, sia per le numerosi collezioni presenti nei palazzi, sia per gli studi antiquari, sia per le lettere, sia per le novità in campo artistico, fu considerato il secolo di Roma -> la città che vide l’attività di Bramante, Raffaello e Michelangelo. 21 DONATO BRAMANTE (1444-1514) Nato: 1444 Pesaro Morto: 1514 Roma Attività: Pittore e Architetto Vita: Bramante compì la sua formazione artistica come pittore presso la corte dei Montefeltro a Urbino. Dal 1478 era già attivo a Milano dove inizialmente opera sia come pittore sia come architetto, dimostrando di saper coniugare l’una e l’altra arte. Dagli anni ’80 Bramante fu in rapporti stretti con Leonardo -> questo e l’esperienza milanese alla corte di Ludovico Sforza, ebbe inizio quella riflessione sull’architettura che darà i suoi frutti migliori a Roma, dove si recò nel 1499. Durante il pontificato di Giulio II, per Bramante iniziò il periodo delle grandi imprese architettoniche che avrebbero cambiato il volto della città e dato l’avvio all’architettura del ‘500. Stile: la pittura prospettica di Piero della Francesco, la classicità dell’Alberti e del Mantegna -> saranno una costante nell’arte e nelle architettura di Bramante. Cristo alla colonna Anno: 1490 Luogo: Pinacoteca di Brera, Milano. Il quadro, dipinto nel 1490 per l’Abbazia di Chiaravalle, raffigura un interno classicheggiante rivelato da un pilastro di pietra grigia decorato con motivi vegetali dorato. Il mezzo busto di Cristo è trattato alla maniera fiamminga (piena di dettagli) -> il colorito è realistico, la corda legata al collo, il trattamento della pelle e dei muscoli che lasciano affiorare le tracce delle vene, i muscoli del braccio sinistro che si comprimono sotto la stretta della corda. Le ombre aiutano la modellazione anatomica che rivela un corpo perfetto e classico nelle proporzioni, mentre la barba e gli occhi chiari richiamano l’attenzione sul volto di un uomo sofferente. Oltre il vano della finestra si scorge un paesaggio con rocce e acque, attraverso la quale entra la luce che tocca un calice d’oro poggiato sul davanzale. Stampa Prevedari Anno: 1481 Luogo: Castello Sforzesco, Milano. Documento programmatico dell’architettura bramantesca degli anni ’80 del 1400, eseguita dall’incisore milanese Bernardo Prevedari su incarico del pittore Matteo Fedeli e su disegno di Bramante, il quale si ricorda nel basamento del grande candelabro a sinistra. L’opera, una veduta prospettica, mostra delle figure all’interno di un tempio in rovina, interpretabile come un composto da tre navate con abside poligonale. Rivela la conoscenza sia dei principi architettonici sia di quello di Brunelleschi che si fondono armoniosamente. Inoltre vi sono dei rinvii alla classicità nella base dei capitelli corinzi. Chiesa di Santa Maria presso San Satiro Anno: 1482-1486 Luogo: Milano L’edificio si compone di un corpo longitudinale a tre navate e di un transetto. La navata centrale e il transetto hanno una monumentale copertura a botte. Una cupola emisferica cassettonata inserita all’interno di un tiburio copre la crociera all’intersezione del corpo longitudinale con il transetto. La mancanza di spazio, dovuta alla presenza di una strada lungo il fianco del transetto e la conseguente impossibilità di sfondare in quella direzione, costrinsero Bramante a inventare un finto coro che razionalizzasse l’intera struttura. Esso quindi è una sorta di supporto psicologico-visivo all’equilibrio della cupola che altrimenti sarebbe apparsa precaria. Bramante, servendosi dell’illusione prospettica, ricavò un coro a tre arcate con un’ampia volta a botte. A conferire una maggiore realtà, utilizzò gli effetti degli ori luminosi, dei fregi azzurri, della ricchezza e della varietà degli ornamenti. Tempietto di San Pietro in Montorio Anno: 1502 Luogo: Roma Lo studio di Bramante su tempi e monumenti antichi fu messo a frutto in quest’opera commissionata nel 1502 dal re di Spagna per ricordare il luogo del martirio dell’apostolo. Il tempietto ha: - una ragione storico-commemorativa poiché sorge sul luogo dove si credeva che fosse stato crocifisso San Pietro - e una ragione storica poiché rappresenta la chiesa fondata da Pietro. La costruzione a due piani ha la forma di un cilindro. In basso è circondato da 12 colonne, dallo stile dorico, che poggiano su un basamento a gradini. In alto una balaustra con colonnine circonda il tamburo su cui poggia la cupola. Bramante riprende volutamente la classica forma rotonda dei tempi romani. La decorazione è limitata e si ricollega in parte al passato come nei tempi greci. Il tempio è quindi una delle massime espressioni dello stile rinascimentale, interpretato come il ritorno in vita dell’arte classica. La nuova Basilica di San Pietro Anno: 1506-1514 / 1626 Luogo: Disegni e stampe degli Uffizi, Firenze. Nel 1505 papa Giulio II aveva deciso di demolire il vecchio edificio costantiniano del IV secolo. Così nel 1506 affida la ricostruzione della Basilica di San Pietro a Bramante, che si cimenta nella progettazione di un’imponente struttura che sarebbe diventata il simbolo di tutta la cristianità. Il disegno prevedeva un grande edificio con una pianta a croce greca inscritta in un quadrato con 22 La Vergine delle rocce Anno: 1483-1486 Luogo: Museo del Louvre, Parigi. Il dipinto fu commissionato dalla confraternita dell’Immacolata Concezione. L’ambientazione della scena in un luogo ombroso e roccioso è dovuta al fatto che la tavola era destinata alla chiesa di San Francesco Grande che, come voleva la tradizione, sorgeva sul luogo che un tempo era un cimitero cristiano, detto grotta. Quindi, contrariamente alla tradizione che ha sempre raffigurato i personaggi di un cielo azzurro o dorato, Leonardo colloca i sacri personaggi in un ambiente scuro in modo da costruirne volto e parti del corpo attraverso la luce e tenui trapassi d’ombra. Le figure sono dunque alla soglia di una grotta, che riceve la luce dall’alto e dalle aperture del fondo, che lasciano intravedere un paesaggio d’acque e monti lontane. I personaggi sono la Vergine, al centro della scena, il cui braccio destro è teso ad abbracciare il piccolo San Giovannino, che è in adorazione di Gesù. Il braccio sinistro della Vergine si protende verso di lui. L’angelo in ginocchio sorregge il Bambino divino mentre guarda un ipotetico osservatore fuori del quadro e gli indica, con un gesto aggraziato, il piccolo San Giovannino. Leonardo realizza una composizione piramidale, si rendono evidenti le due principali concezioni dell’artista: - Un dipinto deve dare soprattutto la sensazione di rilievo; - La perfetta esecuzione e investigazione del paesaggio devono essere pari alla conoscenza della figura umana -> artista perfetto. Il cenacolo Anno: 1495-1497 Luogo: Refettorio del Convento di Santa Maria delle Grazie, Milano. Il dipinto fu eseguito per volere di Ludovico Sforza su una parete del refettorio del convento milanese di Santa Maria delle Grazie. Il tema raffigurato è quello dell’ultima cena di Cristo con gli apostoli a Gerusalemme, durante la celebrazione della Pasqua ebraica, trattato più volte a Firenze e In Italia durante tutto il ‘400. Solitamente Gesù veniva sempre rappresentato nell’atto di istituire il sacramento dell’eucarestia e gli apostoli prendono posto tutti dalla stessa parte, tranne Giuda che viene isolato e collocato di fronte a Gesù. Leonardo però decide di sconvolgere ogni tradizione -> i dodici apostoli stanno tutti dalla stessa parte del tavolo, sei a destra e sei a sinistra, mentre il momento raffigurato è quello in cui Gesù ha appena annunciato che uno di loro l’avrebbe tradito. Leonardo quindi non ha rappresentato un evento che riguarda la fede, ma un atto umano: il tradimento di un amico. Le parole di Gesù si propagano da un capo all’altro del tavolo generando angoscia, disapprovazione e stupore incredulo nei discepoli. Per il Cristo non c’è un’aureola sulla testa ad indicarlo quale essere divino, ma solo il luminoso cielo contro cui si staglia e che sovrasta le colline ondulate visibili al di là delle tre aperture. Leonardo scriveva che il “buon pittore” deve dipingere due cose: - L’uomo: facile, basta saper disegnare; - Il concetto della mente sua: difficile perché bisogna utilizzare gesti e movimenti delle membra e questo andava imparato. Nel cenacolo Leonardo rappresenta il pensiero e le emoziono con il linguaggio dei corpi, delle mani e dei volti. Quest’opera purtroppo già nel 1917 iniziò a deperire a causa della tecnica pittorica sperimentale utilizzata: non un affresco MA una tempera e olio su una preparazione a base di gesso. La gioconda Anno: 1503 Luogo: Museo del Louvre, Parigi. Leonardo esegue questo ritratto durante il suo soggiorno fiorentino per Giuliano de Medici. L’identificazione della donna è incerta: - Lisa Gherardini, moglie del mercante fiorentino Francesco del Giocondo e per questo detta Gioconda. - Isabella Gualandi, gentildonna napoletana che era in relazione con i Medici. All’opera Leonardo continuò a lavorare e modificare l’opera nel corso del tempo -> alla sua morte presentava ancora tratti non finiti. La tavola raffigura una giovane donna in posa al di qua di un parapetto, tra due colonnine di una loggia, mentre oltre quello si estende la più grandiosa visione geologica mai immaginata da un artista. Disegnata di tre quarti, con il braccio sinistro poggiante sul bracciolo di una sedia e con la mano destra su quella sinistra, la donna si volge verso lo spettatore e sorride lievemente. I lati della sua bocca e gli angoli degli occhi si perdono nell’ombra mentre, attraverso le velature che attenuano con gradualità gli occhi scuri, il volto emerge alla luci. I contorni sfumati della donna, fondono Monna Lisa con il paesaggio dietro di lei; un paesaggio deserto e roccioso che si dissolve combinandosi con il cielo. Due laghi color smerando su differenti livelli si amalgamano con le rive e le radici dei monti. Gli archi di un ponte lontano sono gli unici elementi progettati dall’uomo sull’intero paesaggio naturale: -> suggerendo il superamento degli ostacoli naturali e facendo incarnare al ponte la fiducia dei dotti e degli artisti del Rinascimento -> nella volontà dell’uomo e nella sua capacità di capire il mondo e persino modificarlo. 25 Il battesimo di Gesù Anno: 1475-1478 Luogo: Galleria degli Uffizi, Firenze. L’opera fu realizzata per il monastero di San Salvi a Firenze. - 1° momento: Andrea del verrocchio impostò la composizione e dipinse in parte le due figure principali del Cristo e del Battista, con il suo stile lineare. - 2° momento: vengono coinvolti due suoi collaboratori, uno responsabile della palma a sinistra e del paesaggio roccioso a destra. - 3° momento: venne chiesto a Leonardo da Vinci, allievo del Verrocchio, di finire il dipinto cercando di uniformare le parti già dipinte. A lui spetta il dolce volto dell’angelo di profilo, dove si può notare il suo caratteristico stile sfumato, ma anche le velature trasparenti ad olio che unificano i piani del paesaggio in profondità ed addolciscono il corpo del Cristo. Sempre sul corpo di Gesù sono alcuni dettagli minuziosamente naturalistici come i morbidi peli del pube, rispetto al lucido e spigoloso tessuto rosso realizzato dal Verrocchio. Suo è anche il velato paesaggio sulla sinistra e i dettagli del fiume in primo piano. La dama con l’ermellino Anno: 1488-1490 Luogo: Museo Czartoryski, Cracovia. L’opera è uno dei dipinti più belli di Leonardo Da Vinci, simbolo dello straordinario libello artistico da lui raggiunto durante il suo primo soggiorno milanese (1482-1499). Si ignorano ancora oggi le circostanze della commissione. Nel 1488 Ludovico il Moro ricevette il prestigioso titolo onorifico di cavaliere dell’Ordine dell’Ermellino dal re di Napoli. La donna viene identificata con la giovane amante del Moro, Cecilia Gallerani, e si basa sul rimando che rappresenterebbe l’ermellino, infatti oltre che simbolo di purezza e di incorruttibilità, in greco il suo nome allude al cognome della ragazza. I tipici ritratti quattrocenteschi riprendono lo schema: a mezzo busto e di tre quarti. Leonardo decide di concepire una duplice rotazione, con il busto rivolto a sinistra e la testa a destra. Vi è corrispondenza tra il punto di vista di Cecilia e dell’ermellino; l’animale sembra infatti identificarsi con la fanciulla, per una sottile comunanza di tratti, per gli sguardi dei due, che sono intensi e allo stesso tempo candidi. Un impercettibile sorriso aleggia sulle sue labbra (Leonardo, per esprimere un sentimento, preferiva accennare alle emozioni piuttosto che renderle esplicite). Viene dato grande risalto alla mano, investita dalla luce, con le dita lunghe e affusolate che accarezzano l’animale, testimoniando la sua delicatezza e grazia. L’abbigliamento della donna è curato ma non sfarzoso (assenza di gioielli), l’unica è la collana di granati simbolo di amore fedele. Tipicamente all’epoca i vestiti avevano le maniche un po’ più elaborate e adornate da nastri. Sant’Anna Anno: 1488-1490 Luogo: Museo del Louvre, Parigi. Il dipinto raffigura Sant’Anna, la Vergine ed il bambino che gioca con un agnello. I quattro personaggi sono immersi in un ambiente naturale e contro uno sfondo di acque e montagne azzurrate che virano nel celeste, sfumano nel bianco e si perdono nel cielo. Nello spazio erboso la Vergine siede sulle gambe della madre e si protende verso il Bambini, trattenendolo affettuosamente. Il piccolo Gesù, curvo verso destra, stringe giocosamente l’agnellino trattenendolo per un orecchio e bloccandolo con la gamba sinistra, mentre volge la testa verso la madre, rispondendo al suo tenero richiamo. In questo quadro si vedono le tecniche fondamentali di Leonardo: - Contrapposto: bilanciamento delle masse corporee, ad esempio la Vergine ha le gambe rivolte a sinistra e il busto a destra; - Sfumato: passaggio graduale dall’ombra alla luce, sia nella perdita graduale della precisione dei contorni che non sono più netti e continui, ma delineati da infinite linee spezzate. 26 RAFFAELLO SANZIO (1483-1520) Nato: 1483 Urbino Morto: 1520 Roma Attività: pittore, architetto Vita: Raffaello nasce a Urbino, dove ha modo di educarsi nella bottega paterna e dove entra in contatto con le opere della corte dei Montefeltro. Dai primo modi vicini a quelli di Perugino, Raffaello si volge successivamente all’esperienza leonardesca. Nel 1504 si reca a Firenze attratto dalla presenza di Leonardo e Michelangelo, volendone studiare le loro opere. Raffaello rimane fino al 1508 quando, su invito di papa Giulio II e con l’appoggio di Bramante, si trasferisce a Roma. Qui, a contatto con gli esponenti di punta della cultura letteraria della corte pontificia, stimolato dalla nuova architettura di Bramante, dalla pittura di Michelangelo e dal confronto con le più elevate manifestazioni dell’arte classica, si compie definitivamente la sua maturazione artistica. Raffaello morirà prematuramente a Roma nel 1520. Stile: L’arte di Raffaello cerca di rappresentare l’armonia e la grazia di un mondo ideale. Le composizioni sono ordinate ed equilibrate. I corpi hanno forme perfette, mentre i volti esprimono sentimenti semplici e spontanei. Le figure da lui disegnato sono precisate da una linea di contorno inizialmente n0on continua, ma realizzata con numerosi tratti che in parte si sovrappongono, mentre i volumi sono definiti da un tratteggio ondulato. Lo sposalizio della Vergine Anno: 1504 Luogo: Pinacoteca di Brera, Milano. Lo stile del primo Raffaello è molto simile a quello del già affermato Pietro Perugino, tanto da rendere impossibile distinguere fra un dipinto giovanile di Raffaello o uno di Perugino. Tuttavia col tempo acquista presto una propria autonomia e lo fa con un’opera che sembrerebbe mostrarlo ancora molto legato al maestro, cioè Lo sposalizio della Vergine, eseguito nel 1504 per la Chiesa di San Francesco a Città del Castello. Lo schema compositivo della tavola di Raffaello è ispirato alla Consegna delle chiavi di Perugino per la presenza di due gruppi di personaggi, per l’introduzione del tempio a pianta centrale sul fondo, per l’intelaiatura prospettica sottolineata, per la griglia della pavimentazione della piazza. Altre similitudini sono la scelta del soggetto, la forma centinata della tavola, gli atteggiamenti di alcune figure, la porta aperta del tempio che lascia intravedere la prosecuzione del paesaggio. Perugino affolla la tavola di personaggi, al contrario Raffaello dispone le figure secondo una curva che lascia vuoto lo spazio antistante il sacerdote. A destra ha voluto un maggior movimento che si contrappone alla calma del lato opposto dove ci sono le graziose figure femminili che accompagnano la Vergine. Tale movimento è sottolineato ed accentuato da San Giuseppe che sembra venire in avanti, e dal giovane in primo piano che spezza una verga con il ginocchio (figura presente anche in Perugino ma in secondo piano). Le figure sotto il porticato sono evidenti artifici per consentire a chi osserva di definire una scala di rapporti che rende il tempio misurabile, cosa che Perugino non fa. Madonna del prato Anno: 1506-1508 Luogo: Kunsthistorisches Museum, Vienna. Raffaello, durante il periodo fiorentino, manifesta in molte raffigurazioni delle Madonne le sue composizioni piramidali (estensione spaziale di quelle triangolari) e del linguaggio dei gesti e degli affetti, di cui Leonardo per primo si era servito. Questa Madonna, immersa nel verde calmo di un prato, è in posa contrapposta: la gamba destra si distende lungo una diagonale, mentre la gamba sinistra è piegata e portata indietro. Alla massa azzurra si contrappone quella rossa della veste. La testa di Maria, ruotata a sinistra e lievemente inclinata, è una sorta di sole raggiante contro il celeste tenue del cielo. La Vergine sorregge il bambino che si protende e prende la piccola croce che San Giovannino, inginocchiato di fronte a lui, gli porge. La precognizione del martirio e la sua accettazione da parte di Gesù sono suggerite dalla croce tenuta dai due bimbi, ma all’effusione del sangue allude anche il rosso dei papaveri e delle fragole in primo piano. Gli sguardi tengono assieme emotivamente i tre personaggi, ma c’è anche il legame fisico delle mani, che rinsaldano la struttura piramidale compositiva. 27 30 MICHELANGELO BUONARROTI (1475-1564) Nato: 1475 Arezzo Morto: 1564 Roma Attività: pittore, scultore, architetto Vita: Michelangelo nasce nel 1547 a Caprese, cittadina di Arezzo. A Firenze compì i suoi primi studi finché, nonostante l’opposizione del padre, andò a bottega da Domenico Ghirlandaio. Il giovane artista si formò soprattutto copiando gli affreschi di Giotto e di Masaccio rispettivamente in Santa Croce e al Carmine. Egli si applicò molto nello studio della scultura degli antichi frequentando l’ampia collezione medicea. Dopo le prime esperienze fiorentine come scultore si trasferì a Roma nel 1496 per far ritorno a Firenze nel 1501, ormai famoso. Nel 1505 papa Giulio II lo invitò di nuovo a Roma e, fino al 1536, Michelangelo si dedicò a varie imprese artistiche. Morì nel 1564 a Roma, all’età di ottantanove anni. Stile: Michelangelo riteneva che lo scopo dell’arte fosse l’imitazione della natura, solo l’indagine della natura avrebbe potuto consentire di arrivare alla bellezza. Era convinto che l’artista dovesse scegliere dalla natura i particolari migliori e che la sola fantasia potesse immaginare una bellezza superiore a quella esistente in natura. Esiste per lui un modello di bellezza che ogni artista concepisce nella propria mente, cioè un modello ideale al quale conformare ogni propria creazione. Il perfetto corpo umano, specchio della bellezza divina, è inizialmente per Michelangelo quanto di più bello ci sia nel creato. Michelangelo, divenuto profondamente religioso con la caduta dei tradizionali valori cristiani (a causa della riforma protestante e del sacco), cominciò a ritenere del tutto secondaria la bellezza fisica rispetto alla bellezza interiore -> artista al servizio della Chiesa. Più l’artista è devoto, più riuscirà a infondere credibilità e fede alle proprie figure -> così sapranno commuovere e ispirare. Durante gli ultimi anni di vita, Michelangelo si convinse che la bellezza esteriore distolga addirittura l’uomo dalla spiritualità. Disegno: alla base di ogni attività artistica c’è il disegno, che consiste nel rendere evidente e concreta l’idea che l’artista ha nella mente. Nei disegni giovanili egli ricorre essenzialmente alla penna e al tratteggio sottile e incrociato, al fine di modellare un’immagine di consistenza scultorea. I disegni della maturità mostrano invece il graduale abbandono del tratteggio, troppo forte e incisivo, per appropriarsi di una tecnica più dolce, morbida e leggera, quello dello sfumato, la cui resa è più pittorica. La pietà di San Pietro Anno: 1498-1499 Luogo: Basilica di San Pietro, Città del Vaticano, Roma. Nel 1948 il cardinale Jean Bilheres, volendo lasciare un ricordo di sé a Roma, incarica il giovane Michelangelo di scolpire un gruppo marmoreo rappresentante la pietà. Il tema, molto diffuso in Europa ma poco in Italia, consiste nel rappresentare la Vergine Maria che tiene fra le braccia il corpo senza vita di Gesù deposto dalla croce. Michelangelo, nella sua opera, attua uno schema piramidale. Nell’opera la Vergine è una fanciulla dal volto appena velato di tristezza che, così come teneramente l’aveva tenuto in grembo da bambino, sorregge amorevolmente il corpo giovane del figlio. L’ampio gesto del suo braccio sinistro, portato verso l’esterno, è un invito a chi guarda a provare per Gesù il suo stesso dolore. La fascia che le attraversa diagonalmente il busto mette ancora più in risalto la sua giovane figura. Il panneggio dalle ombre della veste e del velo sono i mezzi di cui l’artista si serve affinché, per contrasto, il corpo nudo, liscio e perfetto del Cristo abbia maggior risalto. Gesù ha la testa rovesciata indietro, il bacino si piega in corrispondenza dello spazio fra le gambe di Maria, il suo braccio sinistro accompagna la postura del corpo, mentre quello destro ricade abbandonato verso terra. Michelangelo propone di contemplare degli esseri giovani e senza imperfezioni nei quali si riflette la bellezza di Dio. La giovinezza della Vergine sta a indicarne la purezza. David Anno: 1501-1504 Luogo: Galleria dell’Accademia, Firenze. Al suo ritorno a Firenze da Roma, nel 1501 l’Opera del Duomo incarica l’artista di scolpire per la Cattedrale di Santa Maria del Fiore una statua di David, mettendogli a disposizione un enorme blocco di marmo che giaceva inutilizzato, ma che era stato già in parte sbozzato da uno scultore fiorentino oltre quarant’anni prima. L’incarico quindi presentava un problema tecnico in più, considerando che Michelangelo partiva in svantaggio -> ma comunque l’artista ne ricavò qualcosa di stupefacente. La scultura ritrae l’eroe biblico, Davide, un giovane pastore e futuro re d’Israele, nel momento che precede l’azione, cioè l’annientamento di Golia. La sua fronte è leggermente aggrottata in un atteggiamento che indica concentrazione e valutazione delle proprie forze rispetto a quelle dell’avversario. I suoi muscoli sono in tensione e le mani, nervose e scattanti con le vene in superficie, sono pronte a far roteare la fionda. Per le qualità morali che questo nudo incarna, rappresentando pienamente quei principi di libertà e indipendenza che i fiorentini stessi vedevano nelle proprie istituzioni repubblicane, fu deciso che la statua fosse collocata non più nel Duomo ma davanti a Palazzo Vecchio, sede del potere cittadino, diventandone il simbolo. 31 Tondo Doni Anno: 1504 Luogo: Galleria degli Uffizi, Firenze. A Firenze, proco prima di allontanarsene per tornare a Roma, Michelangelo dipinse una Sacra Famiglia. L’opera è nota anche come Tondo Doni in quanto richiesto in occasione del matrimonio del ricco mercante fiorentino Agnolo Doni con Maddalena Strozzi. In primo piano ha raggruppato i componenti della sacra famiglia: Maria, Giuseppe e Gesù. Al di là del muretto, alle spalle di Giuseppe, emerge sulla destra la figura di San Giovannino, dietro la quale sono disposti a semicerchio, su un rilievo roccioso, dei giovani nudi. La sacra famiglia rappresenta il mondo cristiano, i nudi simboleggiano quello pagano, San Giovannino costituisce l’elemento di mediazione fra l’uno e l’altro, essendo colui che è chiamato a preparare la strada alla predicazione di Cristo. A Michelangelo non interessa caratterizzare minutamente il paesaggio, ciò che gli interessa maggiormente è la raffigurazione del corpo umano: l’uomo è al centro della sua attenzione e delle sue riflessioni. I colori dell’opera sono vivaci e cangianti, la linea di contorno è netta e decisa, i corpi sono trattati in maniera scultorea -> Michelangelo riteneva che la migliore pittura fosse quella che maggiormente si avvicinava alla scultura, cioè quella che possedeva il più elevato grado di plasticità possibile (cioè volume e senso della tridimensionalità). Tomba di Giulio II Anno: 1533-1544 Luogo: San Pietro in Vincoli, Roma. A Roma. Nel 1505, fu commissionato a Michelangelo la costruzione della tomba di Giulio II, un progetto monumentario funebre da collocare nella Basilica di San Pietro. Il progetto originale consisteva in un monumento a quattro facce, che passò ad averne tre e infine ad un monumento a parete non più nella basilica ma nella chiesetta di San Pietro in Vincoli. L’architettura rivela l’attenzione dell’artista concentrata sulla figura del giacente posta al centro, tra un profeta e una sibilla, sostenuta da puttini e angeli. La sovrasta la Vergine in gloria con in braccio il bambino, collocata dentro una grande nicchia sommitale coperta da un catino e introdotta da paraste trabeate. Ad un secondo momento risalgono il Mose, lo schiavo ribelle e lo schiavo morente. Volta della Cappella Sistina Anno: 1508-1512 Luogo: Cappella Sistina, Città del Vaticano. Giulio II offrì all’artista di affrescare la volta della Cappella Sistina nel 1508 e inizialmente Michelangelo era riluttante a quest’idea, considerandosi più uno scultore che un pittore, ma alla fine accettò e la iniziò nel 1512. La volta venne organizzata fingendo delle membrature architettoniche alle quali l’illusione prospettica conferisce un realismo sconcertante. Essa si presenta attraversata in senso trasversale da arconi che appoggiano su una cornice al di sopra delle vele triangolari e sorretta da pilastrini che affiancano i troni di 7 profeti e 5 sibille. Gli arconi e la cornice ripartiscono la superfice centrale in nove riquadri con scene tratte dal libro della Genesi, cinque dei quali di dimensione ridotta poiché lasciano spazio a dieci grandi coppie di ignudi che reggono altrettanti medaglioni a monocromo con scene bibliche. Creazione di Adamo Nell’affresco i personaggi principali sono due: - Dio Padre (a destra) è in volo sorretto da numerosi angeli ed è avvolto da un manto rosa-violaceo che si gonfia al vento, richiamando il contorno di un cervello umano, simbolo di sapienza e razionalità, sede del pensiero. - Adamo (a sinistra), disteso a terra, si solleva perché attratto dalla potenza vitale che si sprigiona dalla mano destra di Dio. I due personaggi neppure si toccano, solo le loro dita si sfiorano al centro della composizione, stagliandosi contro un cielo chiarissimo. Nonostante il vigore muscolare e il peso, Adamo appare estremamente leggero. L’appoggiarsi a terra con il braccio destro e il fare forza sulla gamba sinistra piegata con il polpaccio contro la coscia, sembrano solo azioni che il primo uomo comincia ad apprendere, essendo appena diventato “altro” rispetto alla terra con cui è stato plasmato e sulla quale ancora in parte giace. 32 GIORGIONE DA CASTELFRANCO (1477-1510) Nato: 1477 Castelfranco Veneto Morto: 1510 Venezia Attività: pittore Vita: Giorgione nasce a Castelfranco Veneto ma si trasferisce presto a Venezia, dove frequenta fin da Giovanissimo la bottega di Giovanni Bellini. Da lui impara ed eredita l’attenzione per il colore e la rappresentazione dei paesaggi. Si dimostrerà molto capace, tanto da aprire una sua bottega che diventerà uno dei principali punti di riferimento artistico e culturale della città. In essa si formeranno anche Tiziano Vecellio, che nei confronti del maestro rimarrà sempre debitore di una straordinaria sensibilità per il colore. Giorgione dipinge quasi esclusivamente per una committenza patrizia, del quale condivide i gusti raffinati e gli ideali umanistici -> preferisce i soggetti mitologici rispetto a quelli religiosi. Stile: Le sue composizioni presentano spesso uno schema tipico, una figura o un gruppo ristretto di figure vengono ritratti in un paesaggio che si allunga molto in profondità. Giorgione adotta nelle sue tele un uso nuovo della luce, cioè che pervade tutta la scena senza soffermarsi a definire chiaramente gli oggetti. Per conferire al colore maggiore rilievo, l’artista evitava il disegno preparatorio e dipingeva direttamente sulla tela. Anche nella scelta dei soggetti della rappresentazione le opere di Giorgione presentano innovazioni importanti, soprattutto nell’interpretazione del paesaggio e del nudo femminile. Nelle sue opere il colore crea e definisce le forme, prevalendo sul disegno e sulla linea di contorno. Mediante le variazioni del tono, cioè del grado di luminosità di un determinato colore, Giorgione riesce a dare l’illusione della profondità spaziale. I soggetti dei suoi dipinti sono spesso di difficile interpretazione, ma è evidente l’interesse che l’artista nutre per il paesaggio e la natura. Pala di Castelfranco Anno: 1504-1505 Luogo: Duomo di Santa Maria Assunta e San Liberale, Castelfranco Veneto. L’opera venne commissionata a Giorgione dal condottiero Tuzio Costanzo, che intendeva arricchire la cappella di famiglia dentro al Duomo. La tavola presenta un’interpretazione assolutamente nuova di un tema ricorrente, quello di una sacra conversazione con la Vergine in trono fra santi (in questo caso Nicasio a sinistra e Francesco a destra). E’ significativo notare come la scena non sia ambientata come tradizione in un interno, ma sullo sfondo aperto di un ampio e dolce paesaggio agreste. Il trono marmoreo, le alte predelle e la balconata che separa la piazza dalla natura non hanno alcuna caratterizzazione di tipo architettonico, ma sembrano solo dei puri volumi geometrici, frutto di una visione simbolica e scenografica, come se si trattasse di un allestimento teatrale, quindi ricco ma provvisorio. La vergine veste i colori delle tre virtù teologali: l’abito verde (speranza),il mantello rosso (carità), il velo bianco (fede). La prospettiva di Giorgione è una prospettiva dipinta, cioè data dal colore piuttosto che dalle sole regole matematiche e geometriche -> le tonalità calde e fredde giustapposte danno all’osservatore l’idea della profondità spaziale. Questa tecnica è un’evoluzione delle teorie del colore veneziane e di quelle fiorentine del disegno, fu adottata maggiormente e ne furono i fondatori Bellini e Mantegna ed è conosciuta col nome di pittura tonale. Ogni personaggi è modellato con masse di colore. La tempesta Anno: 1502/1503 Luogo: Galleria dell’Accademia, Venezia. Il dipinto rappresenta un paesaggio agreste con sullo sfondo, oltre un ponticello di legno, un piccolo borgo fortificato in procinto di essere investito da un temporale (una tempesta appunto) che si annuncia all’orizzonte con un fulmine che squarcia i bassi nuvoloni grigio-azzurri del cielo accendendo per un istante di luce le bianca mura cittadine e le chiome degli alberi più lontani. Il quadro è ricco di simboli e riferimenti, allora assai diffusi e apprezzati nei colti ambienti veneziani. Nel dipinto tutto è simbolico e niente è sicuro, alcune interpretazioni: - la donna semi-nuda che allatta potrebbe essere Eva con il piccolo Caino, la figura maschile appoggiata all’asta e vestita con abiti tradizionale veneziani dell’epoca potrebbe essere Adamo, il ruscello il Tigri (uno dei rami del fiume del paradiso), le rovine che emergono dalla vegetazione sarebbero il simbolo della morte, la città lontana l’Eden e la tempesta simboleggerebbe Dio. - La donna è Venere e l’uomo è Marte, nei panni di una zingara e di un soldato, a questo punto il fulmine sarebbe Giove. Anche in questo quadro comunque il soggetto principale è il colore. Giorgione riesce a creare l’illusione di un orizzonte infinito come quello reale e di far sì che l’occhio vi si disperda come guardando l’orizzonte nella realtà. 35 I tre filosofi Anno: 1504 Luogo: Kunsthistorisches Museum, Vienna. I misteriosi personaggi rappresentati: due in piedi e uno seduto, sono stati nel corso degli anni avvicinati alle più varie interpretazioni: - Pitagora e i suoi maestri Ferecide di Siro e Talete di Mileto; - I Re Magi, come sembra apparire all’analisi radiografica del dipinto che ha rivelato l’originaria presenza di copricapi regali; - Rappresentano un’allegoria delle tre età della vita: giovinezza, maturità e vecchiaia. - Dei tre personaggi solo il giovane guarda verso il fondo della grotta: nel buio Giorgione ha voluto probabilmente simboleggiare il mistero nascosto nel cuore delle cose, nella natura che circonda i tre uomini. Questa incertezza interpretativa non deve essere assolutamente letta come una mancanza di chiarezza da parte dell’autore, perché la raffinata committenza veneziana dell’epoca amava circondarsi di dipinti pieni di allusioni e di simbologie così complesse da risultare spesso misteriose e volutamente incomprensibili. Dal punto di vista tecnico le figure dei tre personaggi appaiono prive di disegno e per staccarle dal fondo Giorgione giustappone colori caldi contro colori freddi e, all’interno di ciascun odi essi, tonalità chiare contro tonalità scure. In questo modo è possibile è possibile ricreare anche il senso della prospettiva che stabilisce una gerarchie di distanze legate alle tonalità del colore, che vanno via via schiarendosi, fino a perdersi nella foschia dell’orizzonte. La Venere dormiente Anno: 1508/1510 Luogo: Staatliche Kunstsammlungen, Dresda (Germania). L’opera, commissionata dal patrizio veneziano Girolamo Marcello in occasione del proprio matrimonio, rappresenta la dea dell’amore colta in un momento di dolce abbandono, morbidamente adagiata su soffici coltri accomodate in mezzo ad un prato. L’innocenza del volto e la posizione abbastanza naturale rivelano la volontà di Giorgione di rappresentare una DONNA e non una dea. Il suo fascino sta anche nella sua innocente inconsapevolezza della nudità. Alla bellezza umana infatti corrisponde quella della natura e del paesaggio che la circondano. Il prato fiorito e il cespuglio dietro a Venere sembrano volerle rendere più tranquillo il riposo. Anche il villaggio deserto che si staglia sulla destra, contro le nuvole bianche del cielo, sta a sottolineare la dolce immobilità del pomeriggio estivo. Più lontano, a sinistra, tra le campagne punteggiate da alberi, si nota la sagoma di un altro borgo e in fondo emerge dalla nebbia un imponente massiccio montuoso. Alla realizzazione del paesaggio ha partecipato, secondo la tradizione, anche Tiziano -> crea un ponte tra la pittura di Giorgione, al quale una morte precoce impedirà di portare a pieno sviluppo la sua arte, e quella di Tiziano che, muovendo i primi passi in queste esperienza arriverà ad essere, nel corso degli anni, il più importante e venerato tra i pittori del rinascimento veneziano. 36 TIZIANO VECELLIO (1490-1576) Nato: 1490 Piave di Cadore, Belluno (Veneto) Morto: 1576 Venezia Attività: pittore Vita: Tiziano nasce a Piave di Cadore nel 1490. La sua data di nascita, pur non essendo certa, è comunque verosimile, anche se posteriore a quella accreditata dallo stesso Tiziano, che amava fingersi più anziano di quanto in realtà non fosse, in modo da sbalordire per il vigore e la prestanza che ancora dimostrava. Si trasferisce ad appena nove anni a Venezia con la famiglia ed entra nella cerchia di Giovanni Bellini e poi di Giorgione, presso il quale approfondisce il tonalismo, dove assimila la sensibilità artistica e la tecnica del colore. Alla morte dei due, Tiziano diventa il primo pittore di Venezia e le sue commissioni aumentano a dismisura: affreschi e grandi dipinti per chiede ed edifici pubblici, ritratti che col corso del tempo erano sempre più richiesti. Nel 1533 divenne il pittore di corte di Carlo V di Spagna, per il quale realizzerà ritratti dalla grande profondità psicologica. Nel 1522 rientra definitivamente a Venezia dove, ormai ricco e famoso, fonda una bottega nella quale allievi e aiutanti realizzano le commissioni alla maniera “tizianesca”, riservandosi per sé solo le opere di maggior prestigio. Stile: Nonostante le iniziali influenze di Bellini e Giorgione, Tiziano svilupperà uno stile molto personale, stendendo i colori in fretta, quasi del tutto incurante dei contorni e non sempre in maniera precisa. La pittura che ne deriva è di forte immediatezza e espressività. Le forme sono spesso più accennate che inscritte in un disegno, cosa che le rende molto reali. Pala dell’Assunta Anno: 1516-1518 Luogo: Basilica di Santa Maria Gloriosa dei Frari, Venezia. Il dipinto rappresenta l’assunzione in cielo di Maria. La narrazione si articola su tre registri sovrapposti, in un continuo crescendo che dal mondo terreno, agitato dalle passioni umane e dal peccato, ci conduce idealmente alla perfezione e alla gloria divina. - In basso troviamo gli Apostoli animati da un senso di meraviglia e incredulità di fronte all’evento soprannaturale. Le loro braccia sono protese verso il cielo. - Al centro del quadro c’è Maria, in piedi sopra una nube biancastra, attorniata da una schiera festosa di cherubini. Il piede destro quasi completamente sollevato e le braccia levate al cielo sottolineano la tensione ascendente dell’intera figura, ormai in procinto di spiccare il volo. Anche il suo volto radioso è colto nell’attimo di estasi e l’espressione è intensa e sincera. Tiziano attenua questa atmosfera di luminosa spiritualità dipingendo il manto della vergine in modo estremamente realistico. Il vestito rosso della Vergine e di due Apostoli a terra da luogo ad un triangolo che conferisce stabilità alla composizione e rimanda all’unione simbolica fra cielo e terra. - In alto è rappresentato il Padre Eterno nella gloria dei cieli. La sua staticità va a contrapporsi con il moto che anima tutti gli altri personaggi, simboleggiando l’essenza divina. Dio ci appare in controluce perché la luce che lo circonda è intensissima. Questa scelta nella luce comporta due effetti pittorici: 1. attenua i contorni rendendo la scena simile ad una sorta di visione soprannaturale 2. Rischiara la metà superiore del dipinto con una fonte di luce autonoma e intensissima. Questa soluzione permette all’artista di svincolarsi dal realismo della luce naturale che, al contrario, illumina gli apostoli al di sotto delle nubi, che a loro volta gettano ombra sui personaggi più arretrati. Questo comporta anche che i corpi dei cherubini risultino perfettamente modellati anche senza la presenza di un disegno. Il dipinto racchiude i tempi più importanti della pittura di Tiziano: colore, luce, movimento. Venere di Urbino Anno: 1538 Luogo: Galleria degli Uffizi, Firenze. L’opera è stata commissionata da Guidobaldo II della Rovere, signore di Urbino. Il dipinto raffigura una giovane donna semidistesa su un letto in primo piano. Rispetto alla Venere Dormiente di Giorgione, la Venere di Urbino presenta caratteristiche diverse: - L’ambientazione non è all’aperto ma è all’interno di una ricca casa patrizia. Gli unici accenni alla natura sono dati dalle fronde di un albero che si intravedono attraverso un’apertura colonnata; - La Venere di Tiziano non è sola: sullo sfondo sono raffigurate due serve, una in piedi e una inginocchiata, intenta a cercare in un cassone gli abiti da portare alla padrona. - Ai piedi del letto dorme un cagnolino acciambellato, simbolo della fedeltà coniugale. - L’atteggiamento delle due donne è completamente diverso: quella di Giorgione appare quasi inconsapevole della propria nudità, quella di Tiziano, al contrario, ne è perfettamente cosciente e anche orgogliosa. Lei infatti fissa l’osservatore con uno sguardo deciso, senza alcun tipo di disagio nel mostrarsi. I colori del dipinto creano molto contrasto tra loro e la luce ambrata riesce a rendere evidente la forma del corpo femminile, dolce e decisa allo stesso tempo. I colori creano quindi il volume, all’altezza della donna più caldi, fino ad arrivare a quelli freddi in secondo piano. L’ambientazione complessiva, all’interno delle tranquille mura domestiche, ci conferma che la ragazza è, a dispetto del nome, una donna vera e non una dea. 37 Cupola del Duomo di Parma – Assunzione in cielo di Maria Anno: 1526-1530 Luogo: Duomo, Parma. L’affresco consiste nella scenografica decorazione della cupola del Duomo di Parma (con l’Assunzione in cielo di Maria) e dei sottostanti pennacchi (nei quali rappresenta i quattro patroni della città). Con le nubi in primo piano, Correggio dà vita a uno spazio prospettico di incredibile profondità, collocando una serie concentrica di ulteriori strati di nubi, la rende abitata da una moltitudine di profeti, sibille, santi, beati, angeli e cherubini in atto di muoversi concitatamente, quasi avvitandosi verso la sommità della cupola stessa. I personaggi sembrano quindi roteare nel cielo immaginario ideato dall’artista, e anche la Vergine vi partecipa, con gli occhi e le braccia levati in alto verso il soprannaturale volo che la porterà al centro del dorato vortice di luce. Il movimento dato dall’opera era al di fuori dello stile classico e venne quindi criticato. Piuttosto rispecchia il prototipo barocco, con quasi un secolo d’anticipo, visto che l’immaginazione supera la realtà e il bello viene dato proprio trasgredendo la natura e mettendo a nudo gli aspetti più strani e stravaganti. Tiziano fu uno dei pochi ad apprezzarla profondamente. Danae Anno: 1530 Luogo: Galleria Borghese, Roma. Dopo la delusione a Parma, Correggio tornò a lavorare nella città natale, dove ottenne commissioni meno impegnative da Federico Gonzaga, signore di Mantova. Il tema è quello degli amori di Giove. In Danae l’artista affronta in modo lieve e quasi giocoso un tema di grande sensualità. La bella figlia del re di Argo è colta nel momento in cui un cupido le sta delicatamente scostando il lenzuolo che le copre il sesso, al fine di rendere possibile a Giove di unirsi a lei. La giovane principessa si offre con grazia sorridente a una nube di pulviscolo dorato che le scende in grembo da una nuvoletta sopra di lei, verso la quale anche cupido rivolge uno sguardo di compiacimento. In basso a destra, ignari di quanto sta avvenendo sul letto, due amorini giocano con le frecce di Cupido, battendone le punta su una pietra per verificare se siano d’oro o meno. L’ambientazione, all’interno di una semplice stanza, è caratterizzata dalla presenza di un angolo di finestra, a sinistra, che si apre su un cielo azzurro e dalla quale si vede solo la cima di una vicina torre (inespugnabilità del rifugio di Danae). Il luminoso candore del corpo della fanciulla, amplificato dal bianco delle lenzuola, si contrappone con forza all’ombra dello sfondo e questo contrasto rafforza ulteriormente la sensazione di calda intimità che l’artista riesce sempre ad esprimere con grazia e leggerezza. 40 ANDREA DEL SARTO (1486-1530) Nato: 1486 Firenze Morto: 1530 Firenze Attività: pittore Vita: Fu allievo a Firenze di Piero di Cosimo. La sua carriera come pittore di affreschi comincia da giovanissimo con gli affreschi nel chiosco della Santissima Annunziata a Firenze. La sua fama cresce col suo talento, tanto da essere richiesto a Roma, Venezia e nella corte francese di Francesco I. Muore giovane, a 44 anni, nella sua città natale, a causa della peste. Stile: Il vuoto lasciato a Firenze da Michelangelo, Leonardo e Raffaello consente ad Andrea di ricoprire un posto di spicco ed essere sempre più ricercato nei primi anni del ‘500. Con lui infatti il linguaggio artistico del Cinquecento appare definitivamente acquisito e stabilizzato. Una delle cose che gli permise di acquisire tutta quella fama e seguito fu la sua capacità di fondere le caratteristiche principali dei grandi maestri: lo sfumato di Leonardo, l’equilibrio e la grazia di Raffaello, il volume e la monumentalità di Michelangelo -> trasformandola in una personale visione di perfezione. E’ dal delicato equilibrio formale delle sue composizioni, dalla malinconia dei suoi personaggi, dalla loro espressione sorridente o di attesa dai loro contorni incerti e inafferrabili che trarranno nutrimento molte delle inquietudini che costituiranno materia del nascente Manierismo, soprattutto tra i suoi allievi: Pontormo, Rosso Fiorentino e Giorgio Vasari. Disegno: disegnatore molto incisivo e prepotente, l’artista ha grande abilità e decisione di segno. Sposalizio di Santa Caterina Anno: 1512 Luogo: Staatliche Kunstsammlungen, Dresda (Germania). I colori e le figure sono molto morbidi, sembrano quasi soffici, e il sorriso gioioso del bambino investe tutto lo spazio della composizione conferendo alla scena un’atmosfera felice, quasi festosa. La scena è ambientata all’esterno e tutte le figure sono collocate su una breve scalinata che termina con un muretto sul quale due angioletti scostano la pesante tenda verde di un baldacchino collocato sopra la Vergine e il bambino. La gioia che traspare del dipinto è data dall’evento del matrimonio mistico tra Gesù e Santa Caterina d’Alessandria (identificata dalla ruota con le lame, strumento del suo supplizio, e il libro, che rappresenta la sapienza). Gesù sta per infilare l’anello nell’indice della santa inginocchiata davanti a lui -> il patto d’amore è suggellato dalla Vergine che porta la sua mano destra quasi sopra quella dei due sposi. Maria sorride, Santa Margherita (a destra) partecipa con trasporto all’evento. Il piccolo Gesù, nonostante la solennità del momento, appare distratto, guarda davanti a sé e ride. Nella parte inferiore del dipinto sta seduto San Giovannino, riccioluto e paffuto, mentre stringe a sé, in atto di protezione, un agnellino che gli si è accovacciato di fianco. Per lui è quasi un gioco: sorride mentre guarda un drago alato che minaccia l’agnello. Accanto a loro si trova una croce giocattolo fatta di pezzi di canna spezzati, ai loro piedi c’è un foglio che indica che quello è l’agnello di dio, che infatti simboleggia Gesù. Madonna delle arpie Anno: 1517 Luogo: Galleria degli uffizi, Firenze. Il dipinto, commissionato dal monastero fiorentino di San Francesco de Macci, deve il suo nome singolare ai mostruosi personaggi marmorei posti negli spigoli del piedistallo sul quale sta la Vergine con il Bambino. L’accentuato naturalismo dei personaggi trae spunto dalla complessa plasticità michelangiolesca, addolcita dallo sfumato di Leonardo e dal morbido colorismo veneziano, con cui l’artista era venuto in contatto. - San Francesco, a sinistra, è vestito con un’ampia tunica grigia; - San Giovanni, a destra, è stato raffigurato da giovane, in atto di scrivere, coperto da un manto rosso. E’ probabile che il soggetto si riferisca al capitolo nono dell’apocalisse di Giovanni. In tal caso le arpie sarebbero le locuste (il primo dei terribili flagelli annunciato dal suono della tromba), il fimo dietro la Vergine sarebbe quello sprigionato dal pozzo dell’abisso. Maria, in questa interpretazione, sarebbe la “donna avvolta di sole”, l’Immacolata Concezione. L’opera è da inquadrare quindi nel clima di predicazioni apocalittiche che agitarono le chiese fiorentine nei primi quindici anni del Cinquecento. 41 MANIERISMO Il manierismo è una corrente artistica che si sviluppa in Italia nel corso del 1500, in un periodo in cui molti artisti presero come riferimento principale per le loro opere il linguaggio di artisti del calibro di Leonardo, Michelangelo, Raffaello, ma dandone una nuova rielaborazione. Era un periodo in cui gli artisti italiani stavano cercando in tutti i modi di liberarsi dalle strutture tecniche e stilistiche tipiche del 1400. Il termine “maniera” era già presente nel lessico della letteratura, ma viene ripreso da Vasari nelle Vite, dove parla di “maniera moderna”: termine con il quale vuole definire una precisa fase dell’arte in cui gli artisti italiani dominano perfettamente tutti i mezzi tecnici utili nell’arte per poter essere in grado di descrivere la natura e rappresentare i sentimenti degli uomini. Il termine “maniera”, dunque positivo nell’opera del Vasari, che afferma l’assoluta conoscenza delle regole per potersi muovere liberamente all’interno di esse, si trasforma nel corso del 1600 nel termine “manierismo” che assume una connotazione negativa. Infatti questi nuovi artisti hanno smesso di prendere a modello la natura e si ispirano esclusivamente a Leonardo, Michelangelo e Raffaello, finendo solo per copiarli e per copiarsi tra di loro, senza mai aggiungere qualcosa di nuovo o di creativo. Solo nel 1900 avviene una rivalutazione dell’arte manierista, quando le opere vengono interpretate in termini di tensione, irrazionalismo, crisi, con l’intento di suscitare inquietudine. Un’opera manierista ricerca: - Grazia: eleganza, dolcezza e facilità dell’esecuzione, che consente di portare a termine un lavoro con grande maestria e celerità. Con facilità d’esecuzione dipende dall’esercizio del disegno, dall’aver copiato a lungo e dall’essere capaci di disegnare a memoria qualunque soggetto, senza che l’opera finita riveli la fatica e la difficoltà del lavoro. - Licenza della regola: è la possibilità di essere liberi all’interno delle regole, che però ha dei limiti, che non faccia confusione o guasti l’ordine. Ogni artista può infrangere quelle regole per far sì che il suo quadro abbia un’espressività migliore. Il segreto del 1500 è usare in modo personale le regole senza infrangerle, rendendo l’osservatore come spettatore di un naturalismo vero, è ancora il principio della natura che guida. - Virtuosismo: padronanza assoluta dei mezzi tecnici. - Eleganza e dolcezza: raggiunte ricorrendo a una composizione sinuosa, avvitata e alla rappresentazione di corpi spesso allungati e snelliti, allo stesso modo di come veniva fatto durante l’età ellenistica. - Leggera distorsione della prospettiva. - Luce: serve ad evidenziare le espressioni e i movimenti. - Grande varietà nelle pose dei soggetti e delle espressioni. - Inusuale, bizzarria, eccentrico, capriccio. PONTORMO (1494-1556) Nato: 1494 Pontormo, Empoli (Firenze) Morto: 1556 Firenze Attività: pittore Vita: Allievo di Andrea del Sarto, ebbe commissioni da parte dei Medici a partire dal 1519, quando venne incaricato di un dipinto murale per una villa dei Medici. Successivamente lavorò ad altre importanti commissioni. La sua vita fu triste e povera, era un asociale (stando alle fonti), di carattere scontroso e volubile -> venne poco compreso dai suoi contemporanei che spesso lo sottostimarono sia come uomo sia come artista. Disegno: Nonostante tutto, la sua arte è di altissima qualità e tenta di mettere insieme la ricerca volumetrica di Michelangelo con l’effetto luministico dello sfumato di Leonardo. Alabardiere Anno: 1530 Luogo: J. Paul Getty Museum, Los Angeles. Il dipinto ritrae il figlio di un ricco possidente fiorentino. L’adolescente si staglia davanti a una squadrata fortificazione e guarda spavaldo in direzione dell’osservatore, forte dell’essere armato. Un’alabarda è tenuta saldamente dalla sua mano destra. La giubba dal colore neutro, sulla quale spicca una catena d’oro, attenua il rosso dei pantaloni e del cappello. Le spalle spioventi, la vita sottile, i fianchi stretti, le braccia lunghe e le mani grandi sono sintomo di proporzioni ancora acerbe del giovane raffigurato. Deposizione Anno: 1526 Luogo: Chiesa di Santa Felicita, Firenze. L’opera riassume perfettamente tutti i temi manieristi. La scena ha un’ambientazione innaturale e i personaggi sono disposti secondo una tragica composizione teatrale. Ogni corpo è esageratamente esile, snodato, allungato -> accrescendo l’impressione di slancio e grazia. I gesti sospesi si concentrano verso il groviglio di mani intrecciate, vero centro della composizione, attorno a cui le figure si dispongono secondo un circolo sottolineato dal corpo abbandonato di Cristo. Gli sguardi pieni di stupore di alcuni personaggi sono rivolti in più direzioni all’esterno del dipinto. I vestiti, senza alcuna consistenza, appaiono come incollate ai corpi, come se fossero semplicemente dipinte sul corpo (busto del giovane in rosa, giovane in verde). I colori sono utilizzati nei toni più chiari del rosa, del giallo, del celeste e del verde, e le ombre appaiono inesistenti, tanto che il Vasari dice che le tinte impiegate sono così chiare da non distinguere le parti di luce da quelle di ombra. Questo che per Vasari era stravaganza, è oggi il fascino maggiore del dipinto -> 42 PARMIGIANINO (1503-1540) Nato: 1503 Parma Morto: 1540 Cremona Attività: pittore Vita: Si formò nella bottega degli zii e lavorò nel Duomo di Parma quando vi era ancora attivo il Correggio. Verso il 1523 si recò a Roma dove studiò l’opera di Raffaello e Michelangelo, e frequentò Rosso Fiorentino. Dopo il sacco di Roma del 1527 si rifugiò a Bologna. Rientrò definitivamente a Parma nel 1531, dove condusse il restio della vita all’insegna di una profonda inquietudine. Morì nei pressi di Cremona nel 1540. Madonna dal collo lungo Anno: 1534-1540 Luogo: Galleria degli Uffizi, Firenze. Il nome del dipinto è a motivo della caratteristica più appariscente della Vergine. Un esile ma lungo collo sostiene una piccola testa coronata da una ricercata acconciatura di capelli e gioielli. La vergine è seduta e poggia il piede destro su due cuscini, che le consentono di tenere la gamba destra più sollevata dall’altra. Il suo corpo ampio, dai fianchi larghi e dalle gambe lunghe, è messo in mostra da un abito leggero e aderente che rivela l’ombelico e fa risaltare i seni, evidenziati maggiormente da una fascia diagonale. Il Bambino addormentato è in braccio ed anche lui è innaturalmente allungato, ha un braccio abbandonato lungo le gambe della madre (simbolo della morte del Salvatore). In basso, sulla destra, San Girolamo mostra i suoi scritti ad un ipotetico interlocutore, stando in piedi in prossimità di un lontano e solenne tempio preceduto da un colonnato. BENVENUTO CELLINI (1500-1571) Nato: 1500 Firenze Morto: 1571 Firenze Attività: scultore Vita: Svolse inizialmente l’apprendistato presso la bottega di un orafo fiorentino. Cellini operò soprattutto a Firenze e a Roma, dove si stabilì nel 1519 e dove rimase fino al 1540. Nella capitale fu per qualche tempo allievo di Michelangelo e lavorò come orafo al servizio di papa Clemente VII. Nel 1540, su invito di Francesco I, si trasferì a Parigi, dove realizzò molte opere nel castello di Fontainebleau. Nel 1545 fece ritorno a Firenze, dove eseguì fusioni in bronzo, al servizio di Cosimo I. Perseo Anno: 1545-1554 Luogo: Loggia dei Lanzi, Firenze. La scultura, commissionata da Cosimo I, ritra,e le forme di Cencio, un giovane garzone della bottega dell’artista, nei panni dell’eroe Perseo, colui che ha sconfitto Medusa. La sua testa, grondante di sangue, p tenuta alta da Perseo, mentre il corpo, dal cui collo esce altro sangue a fiotti, gli sta accartocciato ai piedi. La mano destra del giovane impugna la spada, la gamba destra è portante, la sinistra è piegata, il busto è leggermente inclinato indietro e la testa è rivolta in basso. La posizione dell’eroe è concepita in modo da mostrare più punti di vista, infatti ogni parte della scultura risulta finitissima nei particolari. La drammaticità della scena è usata dal Cellini a puri fini decorativi: il sangue di Medusa, l’atteggiamento calmo di Perseo che si presenta con la solenne pacatezza di un dio vittorioso. 45 GIORGIO VASARI (1511-1574) Nato: 1511 Arezzo Morto: 1571 Firenze Attività: pittore, architetto, scultore, scrittore Vita: Vasari lavorò inizialmente come pittore a Firenze e a Roma. I suoi interessi mutarono con le amicizie romane e si ampliarono anche alla scultura, architettura, arti minori e trattatistica d’arte -> scrive le Vite (la prima edizione nel 1550 e la seconda nel 1568). A Firenze, al servizio del duca Cosimo I de’ Medici, fu responsabile dei lavori di ristrutturazione di Palazzo Vecchio, sede storica del potere mediceo, e ottenne l’incarico per la fabbrica degli Uffizi, nuova sede degli uffici del ducato. Viaggiò molto in Italia per studio, per ricercare informazioni per le Vite e per lavoro, sovrintendendo la ristrutturazione di Piazza Grande ad Arezzo e Piazza dei Cavalieri a Pisa. Disegno: secondo Vasari il disegno è il padre delle tre arti (pittura, scultura e architettura). Fonda nel 1562 a Fiorenze l’Accademia delle Arti e del Disegno, una scuola in cui gli artisti potevano apprendere tecniche, metodi e dove potevano fare esercizio. Lui stesso fu un ottimo disegnatore e raffinato collezionista dell’opera grafica di artisti a lui contemporanei. Giudizio Universale Anno: 1572-1579 Luogo: Cattedrale di Santa Maria del Fiore, Firenze. Nel 1568 Vasari venne chiamato ad affrescare la cupola di Santa Maria del Fiore, alla quale lavorò fino alla sua morte, Dopo di lui vi lavorò e lo condusse a conclusione Federico Zuccari. Il dipinto raffigura varie narrazioni tratte dall’antico e dal nuovo testamento, presenze visionarie provenienti dall’apocalisse di San Giovanni e improvvise citazioni dantesche. La figurazione termina, al di sotto del vano della lanterna, da un’architettura in prospettiva che finge otto aperture sostenute da angeli che sembrano portarla in alto, sono i Vegliardi dell’apocalisse. La pittura vasariana non tiene conto della distanza dalla quale l’affresco avrebbe dovuto essere guardato e si presenta, inutilmente ricca di partic olari: capelli, mani, occhi, vesti, elmi e corazze hanno la stessa qualità grafica che avrebbe un dipinto di piccole dimensioni. Gli uffizi Anno: dal 1560 Luogo: Firenze. Nel 1560 Vasari cominciò la costruzione degli Uffizi fra Palazzo Vecchio e il fiume Arno, L’edificio avrebbe dovuto essere la sede unica degli uffici amministrativi e giudiziari del ducato, mentre un intero piano avrebbe dovuto accogliere le collezioni artistiche medicee. Per poter fare spazio, nel cuore storico della città già densamente edificata, erano state abbattute varie case nei dintorni. Gli Uffizi si compongono di due corpi di fabbrica paralleli e di uno più piccolo, ad essi perpendicolare, racchiudendo una piazza stretta e lunga. L’edificio è composto da un piano terra porticato, da un mezzanino e da due piani superiori. Nel 1565 gli Uffizi vennero congiunti sia con Palazzo Vecchio sia con Palazzo Pitti tramite due passaggi coperti. Uno è chiamato Corridoio Vasariano, che si snoda sopra il Lungarno, valica l’Arno passando attraverso le costruzioni del Ponte Vecchio, costeggia il giardino di boboli e infine arriva a Palazzo Pitti. Il corridoio era una via sicura e segreta per il duca Cosimo I per passare inosservato attraverso la città. 46 JACOPO TINTORETTO (1518-1594) Nato: 1518 Venezia Morto: 1594 Venezia Attività: pittore Vita: Affascinato fin da bambino dai colori del laboratorio paterno, a quindi anni frequenta la bottega di Tiziano. Fondamentale per la sua maturazione artistica è il contatto con la scuola di disegno fiorentina e romana, avvenuta attraverso originali e stampe. Intorno al 1550 è a capo di una fiorente bottega, dove lavora per le importanti confraternite di San Marco e di San Rocco. Non mancano comunque molte commissioni private per affreschi e ritratti, che l’artista produce continuamente e per la quale è molto richiesto. Nella primavera del 1854 Tintoretto viene colto da una febbre alta che in pochissimo tempo lo conduce alla morte. Disegno: Nei propri dipinti usa il colore soprattutto per accendere di luce il disegno, staccando i personaggi e gli oggetti da qualsiasi contesto reale e proiettandoli nello spazio scenografico di una fantasia che prefigura già la futura sensibilità barocca. I suoi disegni sono realizzati a tratti nervosi, con una linea non cintinua, data dalla somma di trratti curvilinei/paralleli/sovrapposti -> dimosta che i suoi modelli non erano vivi e che si trattava solitamente di manichini. Miracolo dello schiavo Anno: 1547-1548 Luogo: Gallerie dell’Accademia, Venezia. Il soggetto del dipinto è tratto dal miracolo di San Marco che, secondo la tradizione, interviene rendendo invulnerabile uno schiavo il cui padrone pagano, dopo averlo sorpreso a venerare le reliquie del Santo, aveva comandato che venisse ucciso. La scena si svolge, come in un allestimento teatrale, sotto una sorta di pergola bordata di edera (alto), tra un edificio colonnato (sinistra) e delle rovine (destra), con sullo sfondo una piazza e un recinto che si affaccia su un rigoglioso giardino. I personaggi principali sono tre: - Lo schiavo a terra fra i tre torturatori e gli strumenti del martirio spezzatisi per intercessione divina; - In cielo appare San Marco, in posizione ancora arretrata, dunque visibile sono a chi osserva il dipinto , non a chi è rappresentato; - Un vecchio ben vestito, forse il padrone dello schiavo, siede in atteggiamento stupito mentre un uomo gli mostra l’ascia, utilizzata per la tentata uccisione, spezzata; La folla che assiste al prodigio è percorsa da un moto violento, le persone a sinistra si sporgono a destra per cercare di vedere meglio, mentre le persone a sinistra si ritraggono meravigliati/inorriditi. Il colore dà al disegno credibilià e forza: in primo piano è consistente e pastoso, verso lo sfondo è più tenue e incerto, conferendo l’idea dello sfondamento prospettico. La vera protagonista del dipinto è comunque la luce: cupa nei pressi dell’atto drammatico per evidenziare la tragicità del momento, vivace sullo sfondo, divinamente innaturale intorno a San Marco in volo. Ritratto del procuratore Jacopo Soranzo Anno: 1550 Luogo: Gallerie dell’Accademia, Venezia. Tintoretto realizza moltissimi ritratti durante la sua carriera, erano infatti un introito consistente per la sua bottega -> stupisce per la straordinaria varietà delle tipologia umane e per l’immediatezza della resa. Nonostante le diverse classi sociali delle persone ritratte, l’artista riesce sempre a far vivere in ciascuno di essi le caratteristiche e le individualità del singolo. In questo ritratto Tintoretto raffigura Jacopo Soranzo, appartenente a una delle famiglie più potenti e prestigiose di Venezia. L’anziano personaggio, dal portamento eretto e fiero, volge la testa a sinistra, con un’evidente torsione rispetto al corpo. I capelli che fuoriescono dalla berretta e la lunga barba bianca sono simbolo di nobiltà e saggezza. La veste in raso rosso bordata d’ermellino è realizzata con veloci pennellate giustapposte, a sottolineare luministicamente i rilievi del pesante panneggio. Sullo sfondo, oltre al drappo rosso, Tintoretto apre uno spiraglio che mostra Palazzo Ducale, simbolo della potenza veneziana. Crocifissione Anno: 1565 Luogo: Scuola Grande di San Rocco, Venezia. Tintoretto è un uomo di fede sincera, concentra le proprie energie artistiche nel riuscire a suscitare tramite la luce le emozioni e i sentimenti di chi osserva le sue opere. Così, quando egli si dedica alla realizzazione di grandi tele a sfondo religioso, egli si trova in linea con la dottrina della controriforma. Questa prevedeva che in campo artistico si realizzassero opere medianti le quali, nei credenti, rafforzassero l’abitudine di avere sempre presenti i principi della fede. L’opera, pullulante di personaggi intenti alle più varie attività, risulta apparentemente caotica, come se il dramma della morte di Cristo si propagasse non solo intorno a lui, ma anche in mezzo a coloro che osservano il quadro. Ai piedi di Cristo, solitario nel suo soprannaturale alone di luce dorata, spicca per drammaticià il gruppo compatto dei dolenti, realizzati non tanto nella ricerca delle forme ma sull’intento 47 IL SEICENTO L’evento che caratterizza e drammatizza il 1600 è la Guerra dei Trent’anni, che si protrasse dal 1 618 al 1648, e che insanguinò gran parte dell’Europa centro-settentrionale. Benché le motivazioni di fondo fossero di tipo religioso, poiché si voleva riaffermare il predominio degli stati cattolici su quelli protestanti, il conflitto nascondeva anche il forte desiderio delle potenze europee di ridisegnare in modo definitivo confini e alleanze. Anche se non direttamente, il conflitto si ripercosse anche sulla penisola italiana, nel quale viene a riconfermarsi un forte predominio spagnolo. Inizialmente un vantaggio in quanto la Spagna era una delle monarchie più ricche e potenti, ma ben presto mostrarono la propria inadeguatezza politica e organizzativa, che si tradusse in un sempre più insostenibile carico fiscale e, soprattutto nel sud, in un progressivo arretramento verso un’organizzazione feudale del territorio -> favorendo la nascita e il consolidamento di una mentalità parassita e antistatale. BAROCCO EMOZIONI Il seicento è stato il secolo della controriforma cattolica e della sua piena applicazione. La chiesa, nel tentativo di contrastare efficacemente il protestantesimo, finisce di fatto per irrigidirsi sui propri dogmi troncando definitivamente ogni possibilità di ricomporre lo scisma in modo pacifico. Architetti, pittori e scultori diventano, grazie alle loro opere, l’indispensabile mezzo mediante il quale arrivare a toccare con efficacia e immediatezza l’animo dei fedeli -> la chiesa vuole persuadere eretici e dubbiosi per ricondurli alla dottrina cattolica. L’arte seicentesca deve saper sedurre e commuovere, al fine di conquistare il gusto tramite la capacità di suscitare emozioni e sentimenti. STILE Il concilio di Trento raccomanda che Cristo fosse rappresentato afflitto, sanguinante, con la pelle lacerata, ferita e pallida, con lo scopo di suscitare facilmente nelle masse sentimenti di pietà e di devozione, facendo psicologicamente leva sulla compassione e sulla misericordia umana di fronte al dolore e alla sofferenza. L’arte dei seicento è quindi l’arte dei sentimenti, la cui rappresentazione arriva a degli estremi che a volte possono addirittura rasentare l’esagerazione. In architettura il gusto si esprime soprattutto attraverso la monumentalità delle costruzioni. Ai motivi architettonici si sovrappongono quelli scultorei. La presenza ornamentale di statue, cornici, fregi, decorazioni arriva ad essere più importante della stessa struttura architettonica -> la forma (ornamenti) ha il sopravvento sulla funzione (struttura). DISEGNO E’ barocco tutto ciò che è fuori misura, eccentrico, eccessivo, fantasioso, bizzarro, ampolloso, magniloquente, e che tende a privilegiare l’aspetto esteriore ai contenuti interiori. Le inquietudini esistenziali si tradussero in mobilità, instabilità, energia e tensione. L’arte è caratterizzata da linee curve, serpentine, spirali, torsioni. Ardite metafore della lirici contraddistinsero la letteratura. Furono privilegiati la monumentalità, gli effetti drammatici e i contrasti di luce. In particolare fu ricercato l’illusionismo, un effetto di inganno che traducesse in arte la perdita di certezze dominante nell’epoca. TERMINE Con il termine barocco non s’intende tanto individuare uno stile o una precisa corrente artistica quanto, più complessivamente, lo spirito stesso del seicento. La parola ha origini incerte, deriva forse dallo spagnolo barrueco (perla di forma irregolare e non perfettamente liscia), dunque di per sé particolare. Già nel cinquecento la parola ha il significato metaforico di strano e tortuoso, riferito a quei discorsi filosofici che dietro un’apparenza di grande complessità nascondevano la propria debolezza ed inconsistenza. Nel settecento la parola, applicata al campo artistico, assume un significato dispregiativo. Solo oggi la critica ha rimosso qualsiasi valore negativo, ora indica semplicemente il periodo del seicento. L’ACCADEMIA DEGLI INCAMMINATI La produzione seicentesca dei Carracci assume un rilievo nuovo e particolare nella storia dell’arte italiana ed europea. Intorno al 1582 il pittore bolognese Ludovico Carracci, il cugino Agostino e il fratello di questi Annibale, si riuniscono per fondare la prima scuola privata di pittura dell’arte moderna. Inizialmente chiamata Accademia Naturale, in quanto la sua finalità era quella di promuovere negli allievi la riproduzione del vero, venne infine chiamata Accademia degli Incamminati allo scopo di sottolineare l’impegnativo percorso di maturazione artistica al quale ogni allievo era chiamato. Secondo gli intenti dei Carracci la formazione di un artista deve svilupparsi non solo a livello pratico con la semplice acquisizione delle necessarie abilità tecniche, ma anche a livello teorico, maturando conoscenze culturali il più possibile ampie, eterogenee e approfondite. La volontà dei tre artisti è di superare le estremizzazioni del manierismo per ricollegarsi direttamente al gusto classico dei grandi maestri del rinascimento (Raffaello) e al naturalismo coloristico dei veneziani (Veronese). Comunque sia, l’accademia costituirà il prototipo di numerosissime altre accademie simili che, nel corso del seicento, fioriranno un po’ in tutti Italia. 50 ANNIBALE CARRACCI (1560-1609) Nato: 1560 Bologna Morto: 1609 Roma Attività: pittore Vita: Il più importante e famoso dei Carracci, la sua forte personalità e le sue grandi capacità pittoriche lo collocano subito al vertice dell’Accademia alla quale si dedica con l’esempio più che con la teorica. Disegno: Secondo lui “i pittori devono parlare con le mani” -> sottolinea l’importanza dell’atto pittorico, rivendicando ai pennelli e ai colori una capacità comunicazione simile, se non superiore, a quella della parola. Annibale era un disegnatore eccellente e si riallaccia direttamente alla tradizione rinascimentale fiorentina usando un tratto morbido ma deciso. Unisce il vigore delle forme michelangiolesche e la serena classicità di quelle raffaellesche, creando uno stile nuovo e personale. Il mangiafagioli Anno: 1583-1584 Luogo: Galleria Colonna, Roma. Tra le pitture giovanili di Annibale è importante quest’opera, una delle prime scene di genere dell’arte italiana (pittura in cui i soggetti, attinti dalle piccole cose della vita quotidiana). Il dipinto raffigura un popolano nell’atto di divorare con vorace avidità una scodella di fagioli. Sul tavolo sono disposti oggetti poveri: una brocca, un bicchiere di vino, un coltello, un piatto con una frittata di verdure, il pane e al centro la scodella di fagioli. Nella spoglia semplicità della scena Annibale concentra la propria attenzione pittorica sul personaggio raffigurato, il cui isolamento è accentuato da uno sfondo cupo. L’uomo è colto nell’attimo in cui porta alla bocca una cucchiaiata dio fagioli con tanta furia da far sgocciolare nella scodella parte del brodo. Il cappello da contadino calcato in capo, gli occhi fissi e sospettosi, la bocca ingordamente spalancata rimandano a un realismo crudo ed evocatore di miseria. Analogamente anche i colori appaiono spenti e terrosi, il che contribuisce ad accrescere quel senso di dimessa quotidianità. Galleria di Palazzo Farnese Anno: 1600 Luogo: Palazzo Farnese, Roma. Nonostante le stimolanti esperienze dell’Accademia, per Annibale l’ambiente emiliano risulta troppo angusto e per questo nel 1595 si trasferisce a Roma. Nella capitale affina la propria conoscenza dei classici e studia da vicino Michelangelo e Raffaello. Successivamente, nel 1600, venne incaricato nella realizzazione degli affreschi per la galleria di palazzo farnese, il ciclo pittorico più noto della carriera artistica di Annibale. Si tratta di una complessa figurazione a carattere mitologico. Come soggetto principale aveva gli Amori degli Dei, un tema molto caro anche alla cultura rinascimentale. Sulla volta a botte Annibale crea l’illusione di nove dipinti appesi, con le loro cornici, come a raffigurare una sorta di sfarzosa pinacoteca. Questa appare a sua volta incorniciata e sorretta da statue e medaglioni, che pur essendo solamente dipinti, assumono un rilievo efficace da ricordare molto da vicino le soluzioni ideate dal Correggio nelle sue cupole. L’illusione complessiva che si viene a creare è così realistica e suggestiva da aver rappresentato uno dei principali punti di riferimento per tutta la successiva pittura barocca. Al centro della volta spicca il grande affresco del Trionfo di Bacco e Arianna, in cui è raffigurato il festoso corteo nuziale tra i due personaggi, che avanzano su due carri trainati rispettivamente da un paio di tigri e da due bianchi arieti. Nel ciclo di affreschi, Annibale riesce a far convivere sia l’equilibrata compostezza di una raffigurazione classica sia il gusto barocco per le prospettive fantastiche, evocatrici di suggestioni ottiche (finti quadri appesi) e di spazi illusori (il soffitto aperto sul cielo). 51 CARAVAGGIO (1571-1610) Nato: 1571 Milano Morto: 1610 Porco Ercole, Grosseto Attività: pittore Vita: Michelangelo Merisi nasce nel 1571 da una famiglia originaria di Caravaggio, un piccolo centro agricolo vicino Milano. La prima formazione è legata all’ambiente lombardo ma è ipotizzabile che egli sia venuto in contatto anche con il colorismo veneto, al quale è debitore per la sua particolare sensibilità per la luce e le ombre, caratteristiche che diventeranno i temi inconfondibili della sua pittura. Nel 1592 si trasferisce a Roma, dove entra in contatto con il Cavalier d’Arpino presso la cui bottega lavora per qualche tempo distinguendosi subito per la straordinaria bravura nel dipingere nature morte e scene di genere. Grazie al suo talento entra nelle graie del cardinale Francesco Maria del Monte, ambasciatore del Granduca di Toscana a Roma, uomo di vasta cultura e raffinato collezionista d’arte. Caravaggio è da sempre stato un uomo violento ed irrequieto e a causa del suo carattere fiero e ribelle è continuamente coinvolto in risse e loschi affari. Nel 1606, a Roma, al termine di un litigio più violento degli altri, Caravaggio arriva ad uccidere uno degli avversari, rimanendo ferito a sua volta. Inizia quindi la sua avventurosa e tragica fuga da Roma che lo portano a Napoli e poi subito a Malta (1607) -> dove lavora per i Cavalieri dell’Ordine. A causa di varie scaramucce Caravaggio è costretto nuovamente a fuggire e si nasconde in Sicilia. Nel 1609 è a Napoli dove viene ferito in un agguato e infine a Porto Ercole (Grosseto), dove nel 1610 muore, solo e disperato, stronzato dalla malaria e dalla fatica. Stile: La rivoluzione di Caravaggio sta nel naturalismo, espresso nei soggetti e nelle atmosfere nei quali la capacità di dare ai corpi una forma tridimensionale è evidenziata dall’illuminazione che teatralmente sottolinea i volumi che escono improvvisamente dal buio della scena. Sono pochi i quadri in cui viene disegnato lo sfondo, che passa quindi in secondo piano rispetto ai soggetti. Evidenti forti contrasti di luci e ombre, concepita come: apparizione simbolica / fatto drammatico nell’intensità dei gesti. Testa di Medusa Anno: 1596-1598 Luogo: Galleria degli Uffizi, Firenze. Il cardinale Francesco Maria del Monte gli commissionò diverse opere durante il suo soggiorno a Roma, tra le quali questa. Si tratta di una tela incollata sopra uno scudo circolare di legno di forma leggermente convessa e rappresenta con sconvolgente realismo la testa mozzata e sanguinante della gorgone Medusa, che al posto dei capelli ha un viscido intrico di serpenti aggrovigliati. L’espressione della creatura, colta nel preciso istante in cui la testa viene tagliata, è di pauroso sgomento -> mai un ritratto era stato così crudo e impietoso. Canestra di frutta Anno: 1597-1601 Luogo: Pinacoteca della Veneranda Biblioteca Ambrosiana, Milano. Il dipinto venne realizzato per il cardinale del Monte, che aveva inserito all’interno della sua collezione privata. Il soggetto, una natura morta con una semplice canestra di frutta, non rappresenta che un pretesto mediante il quale Caravaggio può osservare minuziosamente la realtà, indagandone ogni aspetto. Nonostante l’apparente semplicità, la composizione è studiatissima in ogni sua parte: il cesto occupa un ideale semicerchio avente per diametro il lato inferiore del dipinto. Risolve il problema della profondità prospettica facendo sporgere leggermente la base della canestra al di qua del piano sul quale è appoggiata, e allontanando la percezione dello sfondo inondandolo di una luce calda e diffusa. Alla natura morta viene riservata una particolare attenzione: alcune foglie di vite sono accartocciate e non fresche, le foglie della pesca sono forate e rovinate, la mela al centro appare intaccata, le foglie di limone sono maculate, nei grappoli d’uva alcuni acini sono schiacciati o mancanti. Questo desiderio di voler rappresentare una realtà oggettiva, priva di qualsiasi correzione e abbellimento, costituisce una delle caratteristiche dell’arte caravaggesca poiché diventa la metamorfosi del suo modo di osservare la realtà umana, sempre dominata dalla bruttura e dall’incombere della morte. Bacco Anno: 1596-1597 Luogo: Galleria degli Uffizi, Firenze. Il dipinto risale al termine di una fase nella quale Caravaggio aveva realizzato vari altri ritratti di adolescenti abbigliati all’antica con l’aggiunta di nature morte, come nel caso del Ragazzo con canestra di frutta e Bacchino malato. In quest’opera precisa il giovane, adagiato su un triclinio, è parzialmente avvolto in un lenzuolo, ad imitazione di una veste romana. In più indossa una ghirlanda di tralci di vite che fungono da corona, adagiata sui capelli neri e riccioluti. Il volto, ruotato di tre quarti, è percorso da un leggero rossore, che ne rende l’espressione ancora più enigmatica e trasognata. Tra l’indice e il pollice regge con delicatezza una coppia di vetro, colma fino all’orlo di vino rosso. L’atmosfera del dipinto, forse commissionata dal cardinale Del Monte, è fosca, cosicché il gioco del travestimento finisce per diventare una sorta di rappresentazione mistica dove il ragazzo alluderebbe allo stesso Salvatore ed il drappo d’uva sarebbero chiari simboli della passione di Cristo. Vocazione di San Matteo Anno: 1599-1600 Luogo: Chiesa di San Luigi dei Francesi, Roma. 52 divergenti. Se fossero state parallele essere sarebbero apparse, a causa della deformazione prospettica, convergenti al centro e, di conseguenza, la facciata della basilica sarebbe sembrata prospetticamente più lontana. Grazie all’artificio delle due ali laterali divergenti invece il Bernini capovolge l’effetto prospettico. In questo modo la percezione delle distanze si attenua e la facciata sembra più vicina, quasi direttamente affacciata sulla piazza. I due rami curvi del colonnato fanno pensare in modo abbastanza evidente ad una sorta di abbraccio simbolico, e al fedele che attraversa la piazza in direzione della basilica si offrono, mano mano che avanza, visioni prospettiche sempre diverse a causa dalla foresta di colonne e di pilastri che lo circondano, quasi si trovasse in mezzo a una scena teatrale. FRANCESCO BORROMINI (1599-1667) Nato: 1599 Lugano, Svizzera Morto: 1667 Roma Attività: architetto Vita: Si recò da giovanissimo a Milano per apprende l’arte dell’architetto. Fu fin da subito attivo nella fabbrica del Duomo ed ebbe occasione di conoscere le prime opere di Bramante. Successivamente si trasferì a Roma dove lavorò alla dipendenze di Carlo Maderno e successivamente di Bernini, al quale fu sempre ostile per il diverso modo di concepire l’architettura. Borromini, sempre riflessivo, problematico e dedito allo studio, accumulò nella sua biblioteca oltre mille libri, molti dei quali a tema architettura. Questo ci fa capire quanto fosse intellettualmente curioso e animato da un vivo desiderio di apprendere. Egli però era esclusivamente architetto, contrariamente al Bernini che era anche scultore e pittore. Borromini quindi si libera dal costume rinascimentale secondo il quale l’artista doveva essere universale -> nasce il concetto di specializzazione, consistente nel concentrare tutte le proprie capacità in un unico campo nel quale si tende ad essere eccellenti. A partire dal 1634 l’artista diventa un architetto indipendente e produsse anche un gran numero di disegni dei quali fu gelosissimo, in quanto li considerava come suoi figli. Tale amore lo porta anche a distruggerne molti incendiandoli qualche tempo prima di morire. Borromini morirà suicida a Roma, dopo una notte di disperazione e sofferenze, nel 1667. Chiesa di San Carlo alle Quattro Fontane Anno: 1665-1677 Luogo: Chiesa di San Carlo alle Quattro Fontane, Roma. Borromini costruisce, per i padri trinitari, la l’ala del dormitorio, il chiostro e la Chiesa di San Carlo. Il piccolo porticato interno colonnato, eseguito tra il 1637-37, ha una pianta rettangolare e si compone di un doppio ordine di colonne. Quelle inferiori, di ordine tuscanico, hanno l’abaco prolungato, quelle superiori sono invece trabeate. Gli angoli del rettangolo di base ospitano coppie di colonne sulla quale insistono porzioni di muro convesse. La forma convessa introdotta nel chiostro diventa il motivo dominante della chiesa. Questa, iniziata nel 1638, ha una pianta costituita dal succedersi di rientranze e sporgenze. Quattro arconi riconducono la struttura alla perfetta importa ovale della cupola. Chiesa di Sant’Ivo alla Sapienza Anno: 1642-1660 Luogo: Chiesa di Sant’Ivo alla Sapienza, Roma. La massima espressione della libertà inventiva del Borromini è costituita dalla chiesa a pianta centrale di Sant’Ivo alla Sapienza. Era appena stato nominato architetto della Sapienza e dovette inizialmente misurarsi con un preesistente cortile, un lato del quale era curvilineo. Borromini abbandona definitivamente la regola rinascimentale delle proporzioni, che faceva generare l’edificio dalla ripetizione di moduli uguali, per proporre una preziosa e rigorosa progettazione per schemi geometrici. Basilica di San Giovanni in Laterano Anno: 1646-1649 Luogo: Basilica di San Giovanni in Laterano, Roma. Borromini, su commissione di Papa Innocenzo X, fu chiamato per l’intervento di trasformazione della basilica perché la chiesa minacciava di crollare. Il Borromini conciliò le esigenze statiche con quelle di conservare l’antica basilica, secondo il desiderio del pontefice. Egli trattò la chiesa come una reliquia, racchiudendola in un prezioso reliquiario in muratura. Infatti ne rinforzò le strutture inglobandole nelle nuove, ma rendendole visibili a tratti. 55 PIETRO DA CORTONA (1597-1669) Nato: 1597 Cortona, Arezzo Morto: 1669 Roma Attività: pittore e architetto Vita: Nato a Cortona da una famiglia di modesti artigiani, si forma inizialmente presso il pittore fiorentino Andrea Commodi, che nel 1611 lo conduce a Roma. E’ in questo contesto che Pietro seppe dare un autonomo impulso al proprio tirocinio, dedicandosi con passione allo studio dell’arte classica e della pittura di Raffaello. Il contatto coi rappresentanti della cultura antiquaria del tempo consolidò in breve la fama di Pietro, rendendolo l’artista prediletto di varie famiglie importanti romane. Lavorò senza interruzione a Roma, dove morì nel 1669. Trionfo della divina provvidenza Anno: 1632-1639 Luogo: Palazzo Barberini, Roma. Cortona fornice un contributo al rinnovamento della pittura decorativa ad affresco, proponendo un nuovo stile e una rielaborazione della cultura classicista, arricchisce la narrazione di effetti scenografici e fa un uso efficacissimo del colore. L’affresco, che si trova nella volta del salone di Palazzo Barberini, rappresenta simbolicamente la divina provvidenza che, al centro di una complessa e movimentata allegoria, fa incoronare dall’eternità lo stemma gentilizio della famiglia. Questo, caratterizzato da tre api dorate entro una ghirlanda d’alloro (simbolo di concordia e operosità nella gloria) è sorretto dalle Virtù teologali (fede, speranza e carità). Sulle orme dei grandi esempi di Correggio e Carracci, Cortona riesce a creare l’illusione di una straordinaria profondità prospettica, gettando le basi per quello che sarà uno dei temi decorativi fondamentali della pittura murale del 600/700. La novità della realizzazione è tale che la consistenza materiale del soffitto pare dissolversi. GUIDO RENI (1575-1642) Nato: 1575 Bologna Morto: 1642 Bologna Attività: pittore Vita: Fece le sue prime esperienze presso il pittore fiammingo Denijs Calvaert. Nel 1595 si avvicina all’Accademia degli Incamminati e seguì gli insegnamenti dei Carracci. Nel 1600 era a Roma, dove poté studiare le opere di Annibale Carracci, Caravaggio, Raffaello e le opere antiche. Nel 1603 torna a Bologna, si sposterà spesso a Roma per lavoro. Muore nel 1642 a Bologna. Stile: Guido Reni crede che il pittore debba imitare la realtà, però non quella quotidiana (come Caravaggio), ma una “ideale”, creata selezionando quanto di più bello offriva la natura stessa. Lui ricerca quindi la bellezza ideale e non quella che ha solitamente sotto gli occhi. Strage degli innocenti Anno: 1611 Luogo: Pinacoteca Nazionale, Bologna. In questo dipinto, realizzato per la Chiesa di San Domenico a Bologna, possiamo riscontrare quanto lo studio delle sculture e delle architetture antiche di Roma e le opere di Raffaello siano stati utili per Reni. La scena raffigurata si riferisce al racconto evangelico secondo il quale il re Erode, per avere la certezza di sopprimere il piccolo Gesù, decretò la morte di tutti i bambini di Betlemme al di sotto dei due anni: gli innocenti, appunto. - La parte alta della tela è lasciata agli edifici e al cielo, attraversato dalle nuvole. A sinistra si erge una fortificazione, mentre a destra, su piani più avanzati., sono mostrate due architetture a ordini sovrapposti, unite da una superficie muraria interrotta da archi. Intanto dal cielo due angioletti distribuiscono le palme (simbolo del martirio). - La parte centrale e bassa della tela è occupata da un alto numero di personaggi: madri, bambini e carnefici. Reni ha lasciato esprimere sentimenti solo alle madri e ai bambini caratterizzando i loro volto con paura, orrore e disperazione. I loro atteggiamenti accentuano i sentimenti: chi tenta di fuggire nascondendo il proprio figlio, chi afferrata per i capelli si sente perduta, chi tenta un ultimo gesto di supplica, chi volge gli occhi al cielo prostrata dal dolore. I carnefici sono raffigurati con un’ombra sul volto, la contrazione crudele della bocca, la mancanza di ogni sentimento umano e la luce intensa sulle braccia e in particolare sulle mani che stringono i pugnali. Atalanta e Ippomene Anno: 1619 Luogo: Museo del Prado, Madrid. La giovane e velocissima Atalanta ha deciso diche sposerà solo chi riuscirà a vincerla nella corsa e ucciderà chiunque perda nella gara con lei. Solo Ippomene la sconfigge lasciando cadere, durante la corsa, tre mele d’oro dategli da Afrodite per ingannarla e farla fermare per raccoglierle. La tela ricorda quelle di Caravaggio, dove la luce naturale ha la funzione di costruire i volumi dei due giovani corpi. Lo sfondo, al contrario, non è scuro, ma un barlume di tramonto rimante all’orizzonte. Nesso e Deianira Anno: 1621 Luogo: Museo del Louvre, Parigi. La tela raffigura un episodio tratto dalla vita di Ercole. Lui doveva attraversare un fiume con la sposa e un centauro, Nesso, si offrì di traghettarla, ma arrivato sull’altra sponda decide di rapirla. Ercole allora lo colpì al cuore con una freccia (sullo sfondo a destra) intinta nel sangue dell’idra, un veleno. Il centauro, morendo, confidò a Deianira che il proprio sangue era afrodisiaco e che avrebbe dovuto usarlo se Ercole lo avesse tradito -> ciò accade e la donna fece indossare ad Ercole un mantello imbevuto del sangue di Nesso, che era però contaminato da quello dell’idra -> Ercole divenne preda di dolori fortissimi -> per suicidarsi, decide di 56 immolarsi su una pira. Reni dipinge Ercole sullo sfondo della tela nera, mentre in primo piano raffigura Nesso trionfante che tiene sulla groppa Deianira. GUERCINO (1591-1666) Nato: 1591 Ferrara Morto: 1666 Bologna Attività: pittore Vita: Trascorse la vita tra Cento, la cittadina a Ferrara dove era nato, e Bologna, la capitale laica dello Stato Pontificio. Lo strabismo all’occhio destro gli valse il soprannome di Guercino. Uno dei suoi primi protettori fu il cardinale bolognese Alessandro Ludovico, che appena eletto papa con il nome di Gregorio XV lo chiamò a Roma. Nel 1623, alla morte del papa, Guercino era di ritorno nella natia Cento. Tuttavia nel 1643, alla morte di Guido Reni, l’artista si trasferì a Bologna per occupare il ruolo che gli competeva come caposcuola dei pittori bolognesi. Nella città visse, stimato ed onorato, per i restanti 25 anni. Il ritorno del figliol prodigo Anno: 1619 Luogo: Kunsthistorisches Museum, Vienna. Il dipinto ha come soggetto una scena tratta dal vangelo di luca, dedicato al perdono e alla contentezza. Il vecchio genitore cinge amorevolmente le spalle del figlio più giovane che, dopo aver speso tutti gli averi in una vita di sregolatezza, si è ravveduto facendo ritorno a casa. Allo stesso tempo sceglie per lui una camicia pulita prendendola dalle braccia dell’altro figlio che è accorso recando calzari e abiti suntuosi. Il figliol prodigo si spoglia della camicia lacera, mentre le misere brache rattoppate ancora gli coprono i fianchi. I ritmi sono contrapposti: a sinistra è lento, il giovane pentito si spoglia senza fretta, a destra il ritmo è più serrato a causa dell’affollarsi dei corpi (padre e fratello grande) e l’aggrovigliarsi di braccia e mani. L’ambientazione è ridotta all’essenziale, è presente solo una sedia sulla sinistra. Annunciazione Anno: 1648 Luogo: Pinacoteca Civica, Forlì. Un merito del Guercino è quello di aver invertito la parte inferiore e superiore di alcune pale a soggetto sacro. La tradizione vede molte figure in basso e solo una in alto, per differenziare il mondo terreno (agitato) e il mondo celeste (calmo). Guercino fa l’esatto opposto, riuscendo ad avvicinare le dimensioni terrena e celeste, rendendo quella terrena più spirituale e quella divina più umana. Un esempio è l’annunciazione, grande pala d’altare eseguita per la chiesa di San Filippo Neri, a Forlì. L’ambiente è spoglio, la porta inquadra una struttura fortificata, al centro della struttura sta la Vergine, umile e serena, inginocchiata e avvolta in un mantello azzurro. Sopra di lei sono collocate le figure dell’Eterno, dell’Arcangelo Gabriele, e di quattro angioletti. L’angelo appare ad Agar e Ismaele Anno: 1652 Luogo: National Gallery, Londra. La scena, tratta da un passo dell’Antico Testamento, vede come protagonisti Agar, la schiava egiziana di Sara, e Ismael, il figlio che ella aveva dato ad Abramo. Dopo aver avuto anche lei un figlio, Sara, gelosa di Agar, aveva indotto il vecchio patriarca a cacciare la giovane madre assieme al fanciullo. I due vagarono nel deserto finché durò l’acqua che Abramo aveva dato loro. Stremato, il piccolo Ismaele si accasciò morente per la sete e la madre, in preda al dolore, si allontanò per non vederlo morire. In quel momento un angelo mandato da Dio le apparve per indicarle una sorgente che avrebbe dissetato Ismaele. Il momento scelto da Guercino è quello in cui la donna sta ascoltando le parole dell’Angelo con gli occhi gonfi e arrossati dal pianto. L’uso sapiente del colore e l’accostamento di tinte calde a fredde, definiscono la macchia luminosa di Agar. E’ così che nelle vesti della giovane schiava il viola si interpone tra l’arancione e il rosso e sulla sopravveste rossa si raccoglie il verde nastro della cintura. 57 LUIGI VANVITELLI (1700-1773) Nato: 1700 Napoli Morto: 1773 Caserta Attività: architetto Vita: Il padre è un vedutista olandese naturalizzato italiano, e il figlio Luigi inizia la propria attività artistica seguendo le orme paterne. Il successo però non lo raggiunge come pittore, quanto come architetto. Formatosi a Roma nell’ambiente di Carlo Fontana entra in contatto con il già affermato Juvara, del quale potrebbe esser stato anche allievo. Nel 1726 viene nominato primo architetto della Fabbrica di San Pietro. Successivamente, a fianco del razionalismo illuminista e della figura dell’architetto legata allo stile classico, incomincia a delinearsi anche quella dell’ingegnere, quindi non solo esperto di composizione e effetti scenografici, ma dovrà conoscere anche la fisica, matematica e geometria. Reggia di Caserta Anno: 1751-1780 Luogo: Caserta, Campania. A Napoli, il sovrano Carlo III di Borbone, aveva intrapreso una vigorosa azione di riassetto politico ed economico dello stato. E’ in questo contesto che si inserisce la realizzazione della nuova e grandiosa Reggia, un palazzo che non doveva avere niente da invidiare alle altre regge europee. Vanvitelli non fu responsabile solo dell’aspetto architettonico della reggia, ma anche della risistemazione urbanistica intorno e dell’immenso parco -> simbolo del rinnovato stato borbonico. - Il palazzo appare come un massiccio parallelepipedo a pianta rettangolare, il cui spazio interno è diviso da due bracci ortogonali che intersecano i corpi principali delle facciate nel punto medio, dando origine a quattro cortili rettangolari. Le facciate interne hanno un paramento bugnato al piano terreno e intonaco liscio a quelli superiori, nei quali si allinea una serie di finestroni. Il perno centrale e punto di snodo di tutto l’edificio è il grande atrio ottagonale dove i due bracci mediani si incontrano dando origine a delle prospettive molto scenografiche. Da questo atrio, definito al piano terra da un’intersezione di volte a botte, si apre a destra il Salone d’onore, largo diciotto metri: ornato in marmo, si compone di una rampa centrale che si divide in due altre rampe a partire dal pianerottolo. Il punto di attacco è simbolicamente presidiato da due giganteschi leoni in marmo bianco. - Sul retro della reggia si estende, per oltre 120 ettari, un immenso parco. Vanvitelli, per la sua realizzazione, ha dovuto affrontare il problema dell’approvvigionamento delle acque necessarie al funzionamento delle cascate artificiali e delle fontane -> ha fatto costruire un apposito acquedotto che attraversa la campagna per vari km. In corrispondenza del centro della facciata si diparte un lunghissimo viale interrotto da fontane, vasche e cascate, in una successione che sembra prospetticamente infinita. Ai lati ci sono decine di vialetti nascosti tra la vegetazione che conducono ad altri ornamenti come statue e fontane. Tutti gli elementi naturali diventano come artificiali, ad esempio i fiori e le piante sono posizionati in maniera estremamente geometrica. Il paesaggio che ne deriva è quello di un prezioso fondale di teatro. GIAMBATTISTA TIEPOLO (1696-1770) Nato: 1696 Venezia Morto: 1770 Madrid Attività: pittore Vita: Figlio di un modesto mercante, frequenta fin da ragazzo varie botteghe di artisti, senza però mai avere un vero maestro. Egli si ricollega infatti non ai suoi contemporanei, ma alla tradizione cinquecentesca dei coloristi veneti. Già dai suoi esordi veneziani, l’artista messe in evidenza la propria predilezione per luce e prospettiva, che saranno i suoi principali punti di riferimento e che lo porteranno a decorare palazzi e chiese in giro per l’Europa. Non abbandonerà mai lo stile neoclassico e la causa del declino della sua arte è proprio questa: il suo stile verrà reputato inconsistente e sorpassato. Quadraturismo: Per i suoi affreschi Tiepolo parte sempre dall’architettura all’interno della quale essi andranno ad inserirsi. Egli sfonda prospetticamente gli spazi, immaginando ambienti luminosi e profondi popolati da personaggi della mitologia classica. Grazie alle regole matematiche e geometriche molto più affinate e precise, la prospettiva del settecento tende a trasgredire la realtà stessa, inventando diversi punti di vista che, per quanto verosimili, sono al limite e sfidano la natura. Banchetto di Antonio e Cleopatra Anno: 1747-1750 Luogo: Palazzo Labia, Venezia. La scena risulta incorniciata da un arco a tutto sesto retto da colonne e pilastri, dipinte così bene da sembrare reali. Antonio e Cleopatra sono raffigurati seduti, ai lati opposti di una tavola riccamente imbandita. La presenza di due punti di fuga crea una visione dal sotto in su, che sottolinea la teatralità della scena, che si svolge su un piano rialzato rispetto al pavimento del salone. La veridicità dell’atmosfera viene creata grazie al massimo rilievo che viene dato alle vesti e ai personaggi di secondaria importanza, come ad esempio il nano di corte ritratto di spalle o ai servitori di colore. Cleopatra è colta nell’atto di sciogliere una perla nel vino al fine di impreziosirlo in onore di Antonio -> il gesto, la pienezza delle forme e le vesti ricche e suntuose rendono il prototipo della dama settecentesca. In tutti i quadri di Tiepolo è evidente la presenza di una luce fresca e brillante che avvolge gesti e personaggi in un’atmosfera di perenne mattino, questo grazie all’accostamento di colori complementari. 60 61 Residenza di Würzburg Anno: 1751-1753 Luogo: Würzburg, Baviera. Tiepolo partecipa alla decorazione pittorica del monumentale Scalone d’onore nella residenza di Würzburg. La grande volta del soffitto, spalancata su un cielo ingombro di nuvole, è decorata da scene allegoriche con l’Olimpo e la personificazione delle quattro parti del mondo (Europa, Asia, Africa, America) che rendono simbolicamente omaggio al principe-vescovo. Il tema è così generale da consentire alla fantasia di Tiepolo di sbizzarrirsi in una delle rappresentazioni più ricche e scenografiche di tutta la cultura rococò europea. Religione, mito leggenda e gusto per l’esotismo si mischiano con sapienza in un susseguirsi di figure appariscenti e bizzarre. L’inverosimiglianza delle scene si sposano con la teatralità dell’effetto, dando alla scena complessiva un senso di sfolgorante luminosità. Il sacrificio di Ifigenia Anno: 1757 Luogo: Palazzina di Villa Valmarana ai Nani, Vicenza (Veneto). Il tema, epico-leggendario, rappresenta l’istante in cui la miracolosa comparsa di una cerbiatta fa comprendere che la Dea Artemide rinuncia al sacrificio della fanciulla, sacrificio che un indovino aveva suggerito al di lei padre Agamennone al fine di placare l’ira della dea che Agamennone aveva offeso. La scena è inquadrata da quattro colonne ioniche che sorreggono una trabeazione. Sulla sinistra la vaporosa nube rosa che sorregge Cupido e la cerbiatta sembra essere davanti alle colonne, quindi oltre il quadro e verso lo spettatore. La luce è protagonista: il freddo azzurro del cielo rischiara le tinte aranciate dei personaggi sullo sfondo, mentre la nube e le colonne in primo piano solo illuminate da una luce frontale. PIETRO LONGHI (1702-1785) Nato: 1702 Venezia Morto: 1785 Venezia Attività: pittore Vita: Figlio di un abile artigiano argentiere, Pietro apprende le prime nozioni artistiche dal padre e riesce a trovare la sua congeniale misura espressiva nella realizzazione di piccoli oli su tela con soggetti di maniera, legati soprattutto alla vita quotidiana del tempo. Ne nascono dei vivaci e realistici bozzetti, che descrivono il piccolo mondo aristocratico in declino e quello della borghesia non ancora abbastanza matura per sostituirvisi. L’intento del pittore è quello di osservare la società di Venezia con l’intento di comprenderla e non di giudicarla. Lezione di danza Anno: 1741 Luogo: Gallerie dell’Accademia, Venezia. L’opera descrive con estrema puntigliosità sia l’ambiente sia i personaggi. Siamo in un salottino con le pareti rivestite di velluto verde, uno dei colori caratteristici del tempo. Al centro, vestita con uno sfarzoso abito bianco da cerimonia, sta la giovane allieva. Una signorina di buona famiglia che, sotto l’occhio vigile della madre, seduta sulla poltrona di sinistra, sta provando un passo di danza. Il maestro, che le tiene con delicatezza la mano, le indica con la sinistra dove deve essere posto il piede, con l’accompagnamento del violinista sullo sfondo. La luce appare smorzata, quasi trattenuta dal velluto delle pareti e degli arredi e l’atmosfera che ne deriva appare di una calda e un po’ soffocante intimità. Lo speziale Anno: 1752 Luogo: Gallerie dell’Accademia, Venezia. L’occhio di Longhi non si limita ai salotti patrizi, ma scruta anche i luoghi del popolo, delle botteghe e dei mestieri. Emerge quindi un’altra faccia di Venezia, vociante e cialtrona, fra teatri ambulanti e mercatini rionali, dove si vedono maschere, nani, venditrici di frittelle, lavandaie, burattinai, etc. E’ il caso dello speziale, ritratto nella sua caratteristica bottega mentre, chino sulla scrivania, è intento a compilare un registro. Al centro un anziano aiutante controlla i denti di una paziente, a sinistra un giovane servitore sta ravvivando il fuoco, sullo sfondo si intravede sugli scaffali i tipici vasi in ceramica che servivano nelle antiche farmacie per contenere spezie e preparati medici. 62 ILLUMINISMO La seconda metà del Settecento e i primi anni dell’Ottocento sono periodi di grandi e radicali cambiamenti in vari campi del sapere. Fondamentali sono le scoperte di Galileo Galilei e di Isaac Newton, la cui diffusione del pensiero scientifico al popolo aveva prodotto in molti la convinzione che la scienza avrebbe finalmente potuto portare la felicità tra gli uomini. La realizzazione delle nuove macchine, soprattutto in Inghilterra, aumentava esponenzialmente e molti grandi proprietari si arricchirono. Chi invece prestava il proprio lavoro (proletario) vivevano una vita molto disagevole ed erano estremamente poveri e malsani. Contemporaneamente a questo processo, si fecero spazio nuove idee ottimistiche, maturate assieme alla convinzione di una sicura felicità per l’uomo che, non più soggetto alla durezza del lavoro fisico, era aiutato anche dai continui progressi della scienza. L’ottimismo veniva dalla fede nelle capacità intellettive degli uomini i quali, con la sola ragione, sarebbero stati in grado di liberarsi dalle vecchie idee, dai pregiudizi, dall’ignoranza e dalla superstizione. Le tenebre contro cui gli uomini combattevano sarebbero state rischiarate dalla luce della ragione -> da ciò il termine illuminismo -> “il secolo dei lumi”. GIOVAN BATTISTA PIRANESI (1720-1778) Nato: 1720 Venezia Morto: 1778 Venezia Attività: incisore e architetto Vita: Educato a Venezia secondo la tradizione architettonica lagunare, della scenografia, aveva raggiunto Roma nel 1740 e 1743 aveva pubblicato un insieme di incisioni di fantasia, permettendogli di imporsi come disegnatore e incisore di grandissime capacità tecniche. Stile: Durante il periodo del Neoclassicismo la tesi principale era quella che la purezza dell’arte fosse stata raggiunta solo dagli antichi greci e che i romani l’avessero corrotta -> Piranesi era dell’opinione che i romani non dovessero nulla ai greci, ai quali anzi erano superiori. Piranesi, sbigottito di fronte all’imponenza delle rovine di Roma, dava vita a un’archeologia visionaria (l’unica che potesse rievocare quel che non poteva più tornare) applicando l’identico tipo di rappresentazione grafica, una prospettiva ingegnosamente dilatata. Egli perveniva a immagini improbabili, magniloquenti e falsate nel documentare le meraviglie della tecnica costruttiva romana. Per Piranesi non esistono regole poiché la fantasia e la creatività hanno con continuità modificato l’architettura e gli ornamenti nel corso dei secoli, tanto che neppure negli edifici classici è dato di riscontrare il rispetto delle regole: ciò che vale per un edificio non necessariamente vale per un altro. In tal modo Piranesi è portato ad accogliere tutte le manifestazioni dell’arte dell’antichità e a fonderle assieme in modo eclettico. Santa Maria del Priorato Anno: dal 1764 Luogo: Chiesa di Santa Maria del Priorato, Roma. Piranesi viene incaricato, nel 1764, di restaurare la chiesa. L’architetto si interessò alla creazione di una piazzetta a essa antistante e curò la progettazione nei minimi dettagli. Da tale accurata progettazione derivò un edificio dove gli ordini architettonici classici sono rielaborati in modo eclettico, specie nella facciata che pare un’enciclopedia dell’ornamentazione, fantastica ma rigorosa al tempo stesso. Il portale è affiancato da immagini simboliche ed è sormontato da decorazione che trasformano la finestra preesistente in una specie di motivo centrale di un sarcofago. Con questa chiesa, Piranesi affermava la propria libertà inventiva in un insieme ordinato di elementi decorativi eterogenei. NEOCLASSICISMO La passione per l’antico, mai spentasi dopo il rinascimento, diventa nel secolo dei lumi la caratteristica più significativa e riconoscibile non solo della società europea, ma anche di altre aree geografiche. Il desiderio di possedere pezzi antichi originali, calchi, riproduzioni è sintetizzata dalle tele di Johann Zoffany (1733-1810). Il neoclassicismo è un movimento culturale, che si diffonde tra la seconda metà del Settecento e si concluse nel 1815 con la fine dell’impero napoleonico, che è conseguente al pensiero illuminista. Rifiutano gli eccessi del Barocco e del Rococò e si guarda piuttosto all’arte dell’antichità classica, specie a quella greca. Infatti per loro il buon gusto aveva avuto origine in Grecia e che tutte le volte che si era allontanato da quella terra aveva perduto qualcosa. La grandezza artistica era propria dei greci, pertanto l’unica via per diventare grandi è l’imitazione degli antichi. Con imitazione s’intendeva ispirarsi a un modello che si cerca di eguagliare. Il termine “neoclassicismo” fu coniato nell’Ottocento con intento dispregiativo per indicare un’arte non originale, fredda ed accademica. Tuttavia esso comunica efficacemente il desiderio di ritorno all’antico e alla volontà di dar vita ad un nuovo classicismo. 65 ANTONIO CANOVA (1757-1822) Nato: 1757 Treviso Morto: 1822 Attività: scultore Vita: Nasce nei pressi di Treviso, figlio di uno scalpellino, fece il suo apprendistato a Venezia dove aprì uno studio nel 1775. Nel 1779 era a Roma, dove seguì corsi di nudo all’Accademia di Francia. A Roma risiedette tutta la vita, tranne per alcuni viaggi all’estero in Austria e in Francia. Amato ed ammirato dagli amici e dai potenti, ebbe incarichi di lavoro dalla nobiltà veneta e romana, da Napoleone e dai membri della sua famiglia, da aristocratici russi, dagli Asburgo d’Austria, dai Borboni e dalla corte pontificia. Stile: Canova incarna i principi neoclassici sia nel disegno sia nella scultura. Il suo scopo è il raggiungimento della bellezza ideale, che i Greci avevano realizzato e di cui avevano scritto anche gli artisti del rinascimento, cioè quella derivante da un’idea di bello che l’artista si crea nella mente dopo aver constatato l’impossibilità di trovare un corpo perfetto in natura. A tale bellezza si può pervenire tramite la massima padronanza della tecnica scultorea ed imitando la scultura classica. Teseo sul Minotauro Anno: 1781-1783 Luogo: Victoria and Albert Museum, Londra. L’eroe, seduto sul corpo del mostro che ha ucciso, è rappresentato dopo la lotta. Ogni passione è spenta, la rabbia e la furia del combattimento sono passate. Nella tranquillità della posizione di riposo Teseo mostra la sua anima grande che è di nuovo in sintonia con il corpo, non più teso e contratto ,perché non più preda delle passioni violente. L’eroe, simbolo di vittoria della ragione sull’irrazionalità bestiale, siede sul Minotauro come un cacciatore su una preda. Il mostro invece è riverso su una roccia in posizione a S. Amore e Psiche Anno: 1788-1793 Luogo: Museo del Louvre, Parigi. La statua raffigura un episodio di una favola, quello in cui Amore rianima Psiche svenuta in quanto, contro gli ordini di Venere, aveva aperto un vaso ricevuto nell’Ade da Proserpina. Canova ha fermato nel marmo un attimo che rimane sospeso: la tensione dei due corpi che si stringono e che si sfiorano appena con sottile erotismo, mentre il dio contempla, ricambiato con la stessa dolce intensità, il volto della fanciulla amata. E’ l’attimo che precede il bacio, un contatto che sta per avvenire, che l’atteggiamento dei corpi e degli sguardi preannunciano. Adone e Venere Anno: 1789-1794 Luogo: Musees d’Art et d’Historia, Ginevra. Il gruppo scultoreo, scelto da Canova senza averne avuto una commessa, raffigura l’ultimo saluto di Venere all’amato Adone, prima che questi, durante una battuta di caccia, morisse sotto la selvaggia aggressione di un enorme cinghiale mandatogli contro dal rivale Marte, accecato di gelosia. Il gruppo è formato da tre personaggi: oltre a Venere e Adone è raffigurato anche il fedele cane di lui, posizionato dietro la coppia. Venere si appoggia all’amato tenendogli la mano destra sulla spalla, mentre con l’altra gli accarezza il mento. Adone attira a sé la dea cingendole dolcemente la vita. Canova rende i due corpi quasi simili per la mancanza di una sicura muscolatura in adone, di cui però sottolinea la giovane età. Ebe Anno: 1800-1805 Luogo: Ermitage, San Pietroburgo. Ebe, dea della gioventù e figlia di Zeus, è sostenuta da una nuvola, il suo busto è nudo e la parte inferiore del corpo è avvolta in una veste leggera spostata dall’aria. Il chiaroscuro più pronunciato si riscontra lateralmente, nel mosso groviglio della veste che, dal fianco destro, accompagna la gamba arretrata. Tutto in Ebe tende alla grazia: il suo corpo giovane, l’ovale perfetto del volto, la delicatezza con cui tiene la coppa, l’atteggiamento del corpo appena proteso in avanti. Paolina Borghese Anno: 1804-1808 Luogo: Galleria Borghese, Roma. Paolina Borghese è la sorella di Napoleone e moglie del principe romano Camillo Borghese. Paolina viene raffigurata da Canova come Venere. Infatti con un gesto grazioso tiene in mano il pomo della vittoria offerto da Paride alla dea giudicata da lui più bella. La donna è rappresentata adagiata su un divano con una sponda rialzata. Il busto, sollevato e appoggiato a due cuscini, è nudo fin quasi all’inguine, mentre la parte inferiore del corpo è velata da un drappo che, sottolineando e sostituendo le pieghe inguinali, riveste il ritratto di un evidente erotismo, molto più sentito di quanto non sarebbe stato se Paolina si fosse offerta alla vita completamente nuda. Il volto idealizzato e le sembianze divine collocano Paolina al di fuori della realtà terrena. Tuttavia la cera rosa spalmata da Canova sulle parti nude della statua, ad imitazione dell’incarnato, la restituisce al mondo umano. 66 Le Grazie Anno: 1814-1817 Luogo: Victoria and Albert Museum, Londra. Le tre dee sono mostrate mentre sono abbracciate l’una alle altre in modo da rinchiudersi in se stesse, in una configurazione quasi a nicchia. Lo scultore riesce così a mostrare tre diversi lati del gruppo: quella al centro è vista frontalmente, quella di destra quasi di spalle, quella di sinistra di fianco. Le braccia intrecciate circondano i corpi come un festone decorativo, tutt’uno con il grappo che le attraversa. I volto sono colti tutti di profilo: la grazia di destra guarda le altre due i cui volti si sfiorano. Il massimo chiaroscuro è nelle chiome, perché nell’idealizzare i corpi, annulla anche il realismo dei piccoli seni e dota le tre figure di una superficie liscia e morbida al punto da consentire trapassi di luce e ombra. Monumento funebre a Maria Cristina d’Austria Anno: 1798-1805 Luogo: Vienna. Le sepoltura, collocata all’inizio della navata laterale destra della chiesa trecentesca a Vienna, si presenta come una piramide, all’interno della quale una mesta processione reca le ceneri dell’estinta. Canova ne sottolinea l’ingresso oscuro per mezzo di uno spesso architrave e di due stipiti leggermente inclinati. La defunta, la cui immagine di un medaglione è portata in volo dalla Felicità Celeste in forma di fanciulla, è onorata dalla personificazione delle proprie virtù (la Fortezza, il leone accovacciato e malinconico; la Pietà resa dalla giovane donna) e dalla tenerezza del suo sposo. Il mondo classico rivive nella scena: le ceneri della defunta vengono portate verso il buio della morte da un mesto corteo a cui prendono parte giovani donne, fanciulle e un vecchie -> tutti legati tra loro da una ghirlanda di fiori e tutti sono invitati a entrare passando dal tappeto che unisce l’interno (morte) con l’esterno (vita). Canova, più che esaltare la defunta, vuole sollecitare la meditazione sulla fatalità della morte, sul rimpianto e sulla “corrispondenza d’amorosi sensi” che sola riesce a mantenere in vita, con il ricordo, le persone care scomparse. JACQUES-LOUIS DAVID (1748-1825) Nato: 1748 Parigi Morto: 1825 Bruxelles Attività: pittore Vita: Nasce a Parigi e David compie i primi studi nella capitale, dove partecipa anche più volte al concorso per il premio di pittura che dava la possibilità ai vincitori di vivere per un lungo periodo a Roma a contatto con le antichità. David soggiornò in Italia dal 1775 al 1780 ed ebbe così modo di studiare la scultura e la pittura romana, soprattutto quella di Raffaello. Dopo un viaggio a Napoli, Ercolano e Pompei l’artista dichiara di aver aperto gli occhi sull’Antico. Rientrato in Francia ebbe numerosi incarichi di lavoro e partecipò attivamente alla rivoluzione del 1789, venendo incarcerato nel 1794 per aver appoggiato Robespierre. Successivamente subì il fascino di Napoleone tanto da diventare suo sostenitore e poi Primo Pittore dell’Imperatore. Nel 1811, dopo la caduta di Napoleone, David fu costretto all’esilio a Bruxelles (Belgio), dove si spense nel 1825. Disegno: Le finalità che David si propone nel disegno sono la chiarezza del segno, la purezza dell’immagine, la sua semplificazione per mezzo del contorno netto e della linearità. Il Giuramento degli Orazi Anno: 1784 Luogo: Museo del Louvre, Parigi. Il soggetto del quadro proviene dalla storia della Roma monarchica quando, durante il regno di Tullo Ostilio, i tre fratelli Orazi, romani, affrontarono i tre fratelli Curiazi, albani, per risolvere in duello una contesa sorta fra Roma e la città rivale di Albalonga. I tre Curiazi morirono mentre uno solo degli Orazi si salvò, decretando in tal modo9 la vittoria di Roma. Il soggetto rappresenta le virtù civiche romane: i tre giovani giurano di vincere o morire per Roma. L’adesione di David a tale idea è certa, come sicura è la volontà di proporlo a chi guarda perché l’esempio spinga all’emulazione. La scena si svolge nell’atrio di una casa romana inondata dalla luce solare, nel fondo due pilastri e due colonne doriche dal fusto liscio sorreggono tre archi a tutto sesto oltre i quali, immerso nell’ombra, un muro delimita un porticato, mentre un’ulteriore arcata a destra lascia intravedere gli ambienti abitativi. I personaggi sono distinti in due gruppi incorniciati dalle arcate, mentre il vecchio padre si erge nel mezzo, isolato, conscio della propria centralità nella storia e consapevole di mettere a repentaglio la vita dei figli chiedendo il loro giuramento. Il rosso del suo mantello richiama su di lui la nostra attenzione, lo individua come personaggio chiave della rappresentazione, mentre leva in alto le spade lucenti che, successivamente, consegnerà ai figli. A destra le donne sono abbandonate nel dolore e nella rassegnazione. In posizione più arretrata c’è la madre degli Orazi che copre con il velo scuro i figli più piccoli come presagio di lutto. 67
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