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Guide e consigli
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storia dell arte moderna, Dispense di Storia Dell'arte

manuale dal 400 fino alla controriforma

Tipologia: Dispense

2022/2023

Caricato il 27/01/2023

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Scarica storia dell arte moderna e più Dispense in PDF di Storia Dell'arte solo su Docsity! CORRENTI ARTISTICHE DELL’ARTE MODERNA • 1400/1500: Umanesimo: si intende quel movimento culturale, ispirato da personalità come Petrarca e Boccaccio, volto alla riscoperta dei classici latini e greci nella loro storicità, per riportarli negli usi e costumi quotidiani. Rappresenta l’inizio della rinascita dopo il Medioevo. L’umanesimo coinvolge ogni ambito culturale: arte, scultura, letteratura. • 1400/1600: Rinascimento: è un periodo artistico e culturale della storia d’Europa, che si sviluppa a Firenze tra la fine del Medioevo e l’inizio dell’età moderna, con molte differenze a seconda della zona geografica che si prende in considerazione. Il Rinascimento, vissuto dalla maggior parte dei suoi protagonisti come un’età di cambiamento, fa nascere un nuovo modo di concepire il mondo e sé stessi, sviluppando le idee dell’umanesimo, ad opera soprattutto di Francesco Petrarca, e portandolo a influenzare per la prima volta anche le arti figurative e la mentalità corrente. • 1500/1600: Naturalismo • 1500/1600: Umanesimo Nordico • 1500/1540: Leonardismo • 1500/1600: Monumentalismo • 1500/1600: Italianismo • 1600/1700: Barocco, è il termine utilizzato per indicare una “visione” culturale nata a Roma, che si esprime in diversi ambiti come la letteratura, la filosofia, l’arte e la musica. • 1600/1700: Realismo • 1600/1800: Illusionismo • 1650/1800: Quadraturismo • 1700/1900: Orientalismo • 1715/1770: Rococò, Il Rococò è uno stile ornamentale sviluppatosi in Francia come evoluzione del barocco. Si distingue per la grande eleganza e la sfarzosità delle forme, caratterizzate da ondulazioni ramificate in riccioli e lievi arabeschi floreali. Sono espresse soprattutto nelle decorazioni, nell’arredamento, nella moda e nella produzione di oggetti. • 1750/1830: Neoclassicismo È giusto individuare dei caratteri stilistici omogenei così di poter parlare di stile gotico, rinascimentale e barocco? E’utile ripercorrere la storia in queste categorie ma non bisogna necessariamente riempire le categorie se un’opera non corrisponde ad essa. Le distinzioni servono per avere una visione collettiva del periodo e nacquero con intenzione di ribellione per guardare un periodo che non si vuole recuperare. La lettera di Raffaello a Leone X, probabilmente scritta con Baldassare Di Castiglione è un chiaro esempio di questa connotazione negativa. Raffaello è infatti il primo a chiamare gotica l’arte dei barbari, ciò l’arte che non aveva come modello il classico. Sguardo retrospettivo poiché lettera è del 1519. Un altro esempio riguarda il termine manierismo, definizione che ha origine da Bellori, che pubblicò a Roma le vite di scultori, pittori e architetti. Scrisse soltanto 12 vite, definisce periodo che va dal 1520, quindi dopo l’imitazione della maniera dei grandi maestri (Leonardo, Raffaello e Michelangelo) Percezione era quindi negativa, poi dopo il passare degli anni diventò neutra. Non bisogna avere paura di ciò che veniva considerato negativamente. Il termine Barocco viene usato con negazione da parte del razionalismo settecentesco. Eventi storici importanti ● 1401 concorso per la porta del battistero di Firenze ● 1430 svolta neufeudale con Cosimo e Piero De Medici. ● Nuova svolta con Piero Della Francesca ● A Venezia nel 1460 avviene una nuova svolta, poiché Bellini e Mantegna introducono delle novità sorprendenti ● Nel 1492 viene scoperta l’America. Scoperta fornisce una nuova età, Vasari in izia terza età nelle vite proprio dopo questo periodo. Perugino è ponte tra maniera vecchia e moderna ● Altro momento fondamentale è 1504-1513 con la Roma di Giulio II ● 1527 sacco di Roma ● 1563 termine del concilio di Trento ● Roma 1595 Caravaggio e Annibale Carracci ● 1630: nascita del barocco ● Settecento: internazionalizzazione dell’arte italiana (grand tour diventa canonico, chiunque può compiere questo viaggio di studio in Italia, esportazione di personaggi come Tiepolo che lavora a Madrid. Anche Luca Giordano come lui affrescò li anni prima. Personaggi come Tiepolo e Canova hanno vocazione internazionale.) ● 1789: Rivoluzione francese GOTICO INTERNAZIONALE Con l'espressione gotico internazionale o anche gotico cortese si indica quella fase tarda dell'arte gotica che va dagli ultimi decenni del quattordicesimo secolo alla metà del secolo successivo. L’aggettivo internazionale ha un doppio significato, allude al fatto che questa esperienza non ha una radice unica ma deriva dalla somma di più esperienze e da un continuo scambio di idee. Sottolinea anche il fatto che la diffusione sia vasta in tutta Europa. Il gotico internazionale nasce e si espande negli ambienti di Corte ed influenza ogni attività artistica, non necessariamente legata a temi o a committenze di carattere religioso. Questo fenomeno artistico coinvolge soprattutto la pittura e le cosiddette arti minori. Gentile da Fabriano Il massimo studioso di gentile da Fabriano è Andrea De marchi, ordinario all'università di Firenze di storia dell'arte medievale, massimo esperto della pittura a Firenze, nella prima metà del 400 e anche metà del 400. A lui si devono anche tutti gli studi su Filippo Lippi. Andrea De marchi ha scritto una coreografia molto importante su gentile da Fabriano e dunque è stata anche prodotta una mostra scritta da Fabriano intorno al 2000. E quindi diciamo che gli studi sul pittore sono recenti. Gentile di Niccolò, di Giovanni di Massio, nasce a Fabriano intorno al 1370. La sua formazione artistica avvenne in ambiente lombardo e Veneto, dove entrò in contatto con la cultura del gotico internazionale. La sua fama si diffonde così velocemente che tutte le principali corti d’Italia se lo contendono. Ebbe quindi l'opportunità di viaggiare molto. Si recò a Milano, Brescia, Firenze, Siena, Foligno, Orvieto e Roma. Adorazione dei Magi La più importante testimonianza pittorica di Gentile fu l'adorazione dei Magi, oggi conservato agli Uffizi di Firenze. Si tratta di una tempera e oro su tavola commissionatagli da Palla Strozzi, uno dei più ricchi mercanti fiorentini del tempo, per la cappella di famiglia nella basilica di Santa trinità. Il dipinto è firmato e datato 1423 sulla cornice sopra la predella. maggiore, rispetto al Polittico di Valleromita. Ma che cosa è successo? Anche il percorso della scultura Fiorentina in qualche modo ha inciso anche su un artista così raffinatamente gotico e da qui possiamo definire l’opera di Gentile l'Adorazione dei Magi come punto di arrivo del percorso di un artista che nasce tardo gotico nella concezione dello spazio della figura, ma che poi evolve in un modo assolutamente straordinario. Tenete presente che il 1423 è una data cardine: in contemporanea succedono fatti, come: l'incipit della Cappella Brancacci. Qual è il percorso di Masaccio è stato uno dei più grandi geni pittorici della età moderna, anche se vive e muore in poco tempo, nasce nel 21 gennaio 1401 e muore a Firenze poco prima del 1420, nonostante ciò è riuscito a rivoluzionare la pittura. Nasce a San Giovanni Valdarno, periferia di Arezzo. Si trasferisce a Firenze prima del 1420 quando è già documentato a Firenze, all'età di circa 18 anni. In questo momento a Firenze chi sono le botteghe attive: quella di Lorenzo Monaco e di Ghiberti. Nel 1420 poco dopo masaccio arriva a Firenze Gentile da Fabriano che all'epoca era il pittore più popolare d'Italia, un pittore raffinatissimo. Nel 1422 Masaccio si scrive all'arte dei medici e degli speziali come pittore, il che significa che lui poteva già dipingere autonomamente, era un pittore formato. Di Masaccio vi leggerò alcuni passi di Vasari, ma sono importanti anche gli scritti di Cristoforo Landino. Chi è Cristoforo Landino: non ha niente a che vedere con Vasari, è stato un raffinatissimo è grandissimo letterato umanista, si reca alla Corte dei Medici e scrive un commento sulla Divina Commedia, importantissimo per il problema della filologia. Nella parte finale del commento fa un excursus sui pittori contemporanei, cioè è importante dal punto di vista della storia dell’arte: parla di Masaccio, Beato Angelico e Filippo Lippi, artisti di cui lui ha un giudizio non troppo lontano poiché ci troviamo alla fine del ‘400. Un giudizio recente. Cosa dice di Masaccio: ottimo imitatore di natura (del vero), di gran rilievo delle figure. Il rilievo è collegato in questo caso alla pittura; notazione importante anche dal punto di vista lessicale, bravo a raccontare le storie e “questo puro sanza ornato” viene ripetuto, è tutto volto a imitare la natura e al rilievo delle figure. Ripetizione ripresa anche da Bellori che stato uno studioso di Cimabue, ha prodotto una mostra su Masaccio. Dice che “Puro sanza ornato” come un desiderio di liberarsi dagli orpelli. (vedi slide). Idea di recupero della filologia, problema etico, landino lo riporta nello stile di Masaccio , nel tentativo di liberarsi dagli orpelli targogotici. Anni ’20 del 1400 abbiamo a Firenze abbiamo tre modi di intendere la pittura: Masaccio, Beato Angelico e Gentile da Fabriano. Di Masaccio e Gentile da Fabriano ne parliamo oggi, Beato angelico lo vedremo in un'altra lezione, perché ha capito Masaccio ed è stato più vicino a lui. Come conosciamo Masaccio? Attraverso Vasari e al critico novecentesco Roberto Longi. Il vero nome di Masaccio era Tommaso Cassai, “Masaccio” lo sappiamo da Vasari. Pisanello Antonio Di Puccio Pisano nasce a Pisa prima del 1395. A seguito dell’improvvisa morte del padre, la madre del piccolo Antonio fa ritorno a Verona dove il figlio riceve il nome di Pisanello, con il quale continuerà ad essere chiamato anche in età adulta. La sua prima formazione è quindi veneta ed è legata alla tradizione pittorica del gotico internazionale. Dal 1415 al 1422 Pisanello è a Venezia, prima come allievo e poi come collaboratore di gentile da Fabriano. Alla morte del maestro, è l'unico che può degnamente succedergli anche nell’impegnativo ciclo di affreschi romani di San Giovanni in Laterano. San Giorgio la principessa Quest'opera venne affrescata fra il 1433 e il 1438 nella chiesa di Sant'Anastasia Verona. L'affresco venne strappato, restaurato e poi ricollocato nella sede originaria sopra l’arcone di accesso cappella pellegrini. Doveva far parte di un ciclo più ampio che oggi è andato sfortunatamente perduto. La porzione superstite ha come oggetto San Giorgio che dopo aver reso omaggio alla principessa, si appresta a risalire a cavallo per andare a sconfiggere il drago. San Giorgio è figurato con una bionda chioma riccioluta e appare nei suoi preziosi abiti cavallereschi. È raffigurato con un piede sulla staffa e con la mano sinistra regge invece la sella prima di spiccare il balzo per salire in groppa al suo cavallo bianco, che l'artista ha raffigurato con una visione prospettica da dietro. Anche gli altri animali raffigurati in primo piano, sono il frutto di molti studi dal vero. Le fiabesche architetture tardo- gotiche che appaiono all'orizzonte si trasformano invece in un prezioso traforo decorativo. La quasi ossessiva ricerca del particolare, invece di rendere più vivace e verosimile la scena, contribuisce a trasferirla in una dimensione irreale e senza tempo. Perfino la presenza di due impiccati sullo sfondo sembra aver perso ogni drammaticità, come se si trattasse di fantocci più che di uomini. Madonna con il bambino La Madonna con il bambino e i santi Antonio Abate e Giorgio è un’opera che venne dipinta nel 1435-1441 ed è attualmente conservata alla National Gallery di Londra. E’ l'unica opera firmata dall'artista. La Vergine, il piccolo Gesù appaiono circondati d'oro al centro della parte superiore del divino. Appaiono come se fossero una visione sfolgorante di luce. A sinistra è raffigurato un accigliato Sant'Antonio Abbate che ha avvolto nel suo oscuro saio dai rimira e nelle mani tiene un bastone, una campanella. Sant'Antonio Abate guarda quasi con sospetto San Giorgio che è raffigurato di fronte alle lui. San Giorgio viene raffigurato con il drago che ha appena sconfitto ai suoi piedi. Indossa le vesti di un nobile Cavaliere e una ricca armatura di maglia metallica. Il gotico lieve Le varie influenze francesi, boeme e fiamminghe si innestano sulle esperienze tecniche delle già esistenti tradizioni locali e danno origine ad una produzione di pittura su tavola vasta e completa che è caratterizzata soprattutto dall’armoniosa sinuosità del disegno e dalle ricche varietà dei colori e dall’abbondante ornamentazione in oro. Michelino da besozzo Michelino di Molinari da besozzo nacque appunto a besozzo, nei pressi di Varese. Era un pittore e miniatore lombardo. Le informazioni riguardo la sua biografia sono molto scarse, ma la sua attività artistica si fa risalire fra il 1388 e il 1454. Lavorò per molto tempo a Venezia, dove entrò in contatto probabilmente con gentile da Fabriano. Sposalizio mistico di Santa Caterina La piccola tavola con lo sposalizio mistico di Santa Caterina e oggi conservata alla Pinacoteca Nazionale di Siena ed è l'unica opera firmata dall'artista che la realizzò intorno al 1403. La Vergine è raffigurata in trono con un vestito blu mentre tiene sul grembo il piccolo Gesù. Attorno a lei sono raffigurate con fattezze rigide santi Antonio Abate a destra, Giovanni Battista a sinistra e Santa Caterina in ginocchio a sinistra. Cristo è raffigurato mentre sta infilando all’anulare della Santa l'anello nuziale sotto lo sguardo benevolo di Maria. Le figure emergono dall’oro uniforme del fondo come preziose miniature di colori delicati. Le aureole floreali e le corone sono realizzate a rilievo creando un raffinato effetto di oro su oro. Il Rinascimento Con il termine rinascimento si indica una stagione letteraria, artistica, filosofica e scientifica fiorita in Italia tra 400 e 500. Vasari è tra i primi a impiegare il vocabolo rinascita, già per indicare il rinnovamento della pittura introdotta da Cimabue a Giotto. Gli uomini dotti italiani si sentivano legati alla civiltà classica di cui si ritenevano eredi. Il medioevo lo consideravano un periodo di barbarie e decadenza. Il rinascimento è anche il ritorno in vita del mondo classico. La parola rinascimento può essere impiegata in accezione positiva in riferimento alla cultura e alle arti. Gli eventi storici di quei secoli ebbero risvolti negativi per l’Italia. Il rinascimento pone l’uomo al centro del mondo. Nasce l’umanesimo, con la quale si riprende lo studio di testi antichi che avevano la capacità di formare l’interiorità dell’uomo. Gli artisti rinascimentali non credono solo di imitare l’antico ma credono di poter recuperare la bravura degli antichi e di poterli addirittura superare. Questo pensiero viene espresso da Leon Battista Alberti nella lettera introduttiva del suo trattato “De Pictura”. Il trattato, suddiviso in tre tomi, venne scritto in volgare nel 1435 e dedicato a Filippo Brunelleschi. Secondo Alberti, gli artisti di quel periodo erano più avvantaggiati di quelli d’età antica. Infatti, potevano raggiungere la mimesi, ovvero l’imitazione della natura, grazie non solo alla pratica, ma anche grazie alla teoria. Nasce infatti con Brunelleschi la prospettiva. L’arte rinascimentale si sviluppa soprattutto a Firenze. Alberti dopo aver visitato questa città per la prima volta capì che gli iniziatori del Rinascimento erano proprio Brunelleschi, Donatello, Ghiberti, Della Robbia e Masaccio. A Firenze intorno al 1400. Si fa avanti un Umanesimo che non riguarda solo le arti figurative, ma le arti in generale e in particolare la letteratura. Un testo molto significativo per l’incipit dell’Umanesimo è la redazione riveduta del De origine civitatis Florentiae et de eiusdem famosis civibus di Filippo Villani (1396). È un testo scritto in latino ed è importante perché si riferisce ai cittadini illustri di Firenze e perché rintraccia le origini della città in un passato illustre e antico. L’autorità del testo è convalidata dalla revisione di Coluccio Salutati, all’epoca cancelliere di Firenze. Quindi è un testo dalla valenza storico-letteraria e politica. chiesa fu fondata come tempio civico dall'autorità comunale nel 1390. Si affaccia su piazza maggiore, così come i maggiori edifici pubblici di Bologna. La basilica fu innalzata piuttosto rapidamente, seguendo un progetto dell'architetto Antonio Di Vincenzo, ma tuttavia la decorazione marmorea della facciata non fu mai completata. Jacopo della quercia realizza il progetto del portale centrale. Riuscì a completare il progetto solo in parte, in quanto manca il coronamento gotico che avrebbe dovuto alzarsi sopra la lunetta popolata dal gruppo della Madonna col bambino e santi Ambrogio e Petronio. Furono invece realizzati tutti i rilievi dei fianchi con profeti e storie dell'antico testamento. Fra le formelle degli stipiti ebbe particolare significato quella che raffigura il peccato originale. La scena è divisa in due dall'albero della conoscenza del bene e del male dove Eva rappresentata sulla sinistra in atto di cogliere il frutto proibito, mentre Adamo è raffigurato a destra mentre tende la mano per riceverlo a sua volta. Il demonio è rappresentato sotto forma di serpente che si attorciglia alla pianta ed è rappresentato con una testa femminile. I contorni del bassorilievo sono nettissimi e i corpi assumono un valore decisamente plastico e massiccio. Viene inoltre utilizzata la tecnica dello stiacciato per allontanare prospettivamente la spira del serpente dietro l’albero. Vasari sostiene che Jacopo raffigura i nudi maschili e femminili come se fossero di carne viva. Il gesto di Eva pare dolce inconsapevole lei viene raffigurata mentre scarica tutto il peso sulla gamba sinistra che è leggermente avanzata mentre Adamo asseconda il modo della donna con la mano destra e con la testa voltata verso di lei nonostante il corpo sembra quasi potersi voltare dalla parte opposta come se si stesse sottraendo il peccato. I rilievi di San Petronio destano un enorme scalpore. Sono presenti alcune deformazioni nella muscolatura di Adamo. Michelozzo Michelozzo di Bartolomeo nasce a Firenze nel 1396. Fu un collaboratore di Lorenzo Ghiberti e di Donatello con il quale forma una compagnia nel 1425, una compagnia di artisti che lavoravano insieme. Possiede una formazione culturale molto modesta. Ebbe modo di frequentare la famiglia dei medici e di entrare in contatto con il pensiero del tempo. Svolse diversi viaggi e lavorò come architetto e scultore soprattutto a Firenze in Toscana. Michelozzo rimane fra gli architetti fiorentini della generazione successiva a quella di Brunelleschi, uno dei più difficili da classificare punto la sua attività si svolge a stretto contatto con le opere di Brunelleschi. Tabernacolo della mercanzia Progettato forse nel 1422 e realizzato successivamente insieme a Donatello. Realizzato all'esterno della chiesa di Orsanmichele. È fra le prime opere rinascimentali a proporre colonne ioniche con trabeazione. Su di esse si sviluppa un arco a tutto sesto che introduce ad una nicchia dotata di un catino a conchiglia. Michelozzo e Donatello hanno voluto fondare in un solo elemento le due tipologie di finestre del secondo ordine dell’edificio romanico fiorentino, quella rettangolare rimpanata e quella dell’arco su colonne. Replicando la soluzione del San Marco, eseguito da Donatello nel 1411 1413 per l’edicola dell’arte dei linaioli e dei rigattieri in Orasanmichele, dove l'evangelista poggia su un cuscino che si affossa leggermente come se non fosse di marmo. Il tabernacolo della mercanzia ospitava in origine il San Ludovico di Tolosa di Donatello, la statua per la quale era stato appositamente progettato. Contrariamente alle altre sculture dell’esterno di Orsanmichele quella di Donatello si lega con l'architettura del tabernacolo. Monumento Brancacci Un linguaggio più personale appare in questo monumento funebre del cardinale Rainaldo Brancacci. Eseguito in collaborazione con Donatello nel 1425 per la chiesa napoletana di Sant'Angelo a Nilo. Due angeli scostano le cortine come nella tomba del cardinal de braye di Arnolfo Di Cambio. Il sarcofago è inserito all'interno di un'architettura che si presenta con il fronte sostenuto da due colonne composite, dal fusto scanalato e rudentato. Su di esse è presente una trabeazione che costituisce l'appoggio per due coppie di piccole lesene prive di basi che stringono fra essi un arco tutto sesto. Sulla parete di fondo le colonne sono sostituite da paraste. Al suo interno è rappresentato l'eterno in atto di benedire. Il monumento Brancacci è il primo significativo esempio di quella che sarebbe stata una caratteristica degli architetti rinascimentali italiani, ovvero concentrarsi essenzialmente sugli ordini architettonici. La commissione tra ordini classici, greci e romani virgola e scultura architettonica di grandi dimensioni, è accuratamente evitata. Palazzo Medici Questo edificio è considerato il capolavoro di Michelozzo. Fu Cosimo il vecchio a commissionare la costruzione. Situato all'incrocio di due strade, ovvero via Martelli e via larga, si impone alla vista di chi proviene dalla cattedrale e dal Battistero. L’'originaria presenza nel cortile del palazzo del David di Donatello e nel giardino della Giuditta dello stesso autore inneggiava il ripudio alla tirannide. Il grandioso palazzo aveva una forma originariamente cubica e come in una Domus romana i vari ambienti si sviluppavano attorno ad un cortile centrale al quale si perviene attraverso un vestibolo coperto da una volta a botte. Alla sinistra il portico introduceva le scale che conducevano ai piani superiori e alla cappella di famiglia. Oltre il cortile si apriva un giardino chiuso da alti muri. Esternamente l'edificio si presentava con un bugnato rustico pronunciato al piano terreno e con conci appena rilevati al secondo piano. Tale differenziazione si accompagna all' imponente cornicione all'antica che sostiene il forte aggetto del tetto e chiude il blocco compatto del palazzo. In origine l’angolo sinistro dell’edificio presentava due grandi arcate che consentivano l'accesso in un’imponente loggia aperta. La differenziazione dei bagnati che Michelozzo applica qui sarà destinata a diventare riferimento d'obbligo per l'esecuzione del parametro murario esterno di ogni successivo palazzo rinascimentale fiorentino. Anche il cortile centrale chiuso con finestre a bifora al primo piano e coronato da una loggia architravata al secondo piano, diventerà uno degli elementi più ricorrenti dell’edilizia tra 400 e 500. Filippo Brunelleschi secondo Vasari, Filippo Brunelleschi e ha dato vita alla nuova architettura del Rinascimento. Brunelleschi è figlio del notaio Brunellesco Lippi ebbe una formazione che comprendeva anche lo studio della lingua Latina. Egli prediligeva il disegno, la pittura, la scultura e l'architettura. Dopo il concorso del 1401, Brunelleschi dedico tutta la sua vita all'architettura. soggiornò a Roma nel 1404 insieme all'amico Donatello e poi tornò a Roma nel 1417 per studiare l’antico. Filippo partecipò al concorso bandito nel 1418 dalla potente arte della lana, per la realizzazione della cupola di Santa Maria del fiore. La cattedrale della città Toscana era infatti senza copertura e lo spazio ottagonale sulla quale era stata prevista questa cupola aveva un diametro di circa 46 m. Brunelleschi propose di costruire una cupola che oggi noi chiamiamo autoportante, ovvero in grado di autosostenersi durante la costruzione, senza richiedere l'aiuto di armature provvisorie di legno. Nel 1420, Brunelleschi iniziò la costruzione della grande macchina, così chiamata da Michelangelo. Filippo venne aiutato nell’impresa da Lorenzo Ghiberti, che aveva anche lui presentato un proprio progetto. Con Brunelleschi nasce la nuova figura del moderno architetto. La cupola si sviluppa su un tamburo ottagonale formato da 8 grandi finestre circolari che portavano la luce all'interno. All'esterno è possibile vedere 8 bianche nervature marmoree che terminano verso un ripiano ottagonale in sommità. Sulla sommità venne imposta una leggera lanterna che ricorda un tempietto a pianta centrale. La grande struttura è formata da due calotte distinte, una interna e l'altra esterna, più sottile. Filippo Brunelleschi la volle così per conservarla dall’umidità. Tra le due calotte esiste un’intercapedine, ovvero uno spazio che presenta scale e corridoi che permettono di raggiungere il piano superiore dove è situata la lanterna. Le due calotte sono collegate da 8 grandi costoloni d'angolo che si vedono anche dall'esterno. La possibilità di costruire l'immensa mole di mattoni è dovuta a due fattori: - All'impiego della muratura a spina di pesce; - All' aver costruito una copia una cupola di rotazione in una semplice volta a padiglione. La spina di pesce è una tecnica che consiste nel disporre i mattoni verticalmente, di seguito ad altri collocati di piatto. Filippo Brunelleschi concepì e costruì la cupola della cattedrale di Firenze, come una cupola di rotazione. I mattoni risultano infatti inclinati verso i loro centri di curvatura e giacciono su superfici coniche. La costruzione della cupola tenne occupato Brunelleschi per tutta la vita. Ci vollero ben 16 anni per poter concludere la struttura con l'anello di chiusura sul quale avrebbe dovuto essere collocata la lanterna. Per quest'ultima Filippo affrontò un nuovo concorso che vinse. Alla sua morte però alla lanterna era ancora in costruzione. Terminata la grande macchina comincia a lesionarsi. Le lesioni interessano soprattutto 4 delle 8 vele. Per il loro studio venne progettato di circondare la cupola il tamburo con quattro grandi catene di ferro che si oppose che si opponessero alla dilatazione e al propagarsi delle fratture, progetto che non andò in porto. Dal 1985 è in funzione un sistema automatico di monitoraggio elettronico che permette di controllare lo stato fessurativo. il linguaggio brunelleschiano Mentre si occupava della cupola per la cattedrale di Santa Maria del fiore, Brunelleschi venne consultato per opere militari e civili. Progettò l'ospedale degli innocenti, la sagrestia vecchia di San Lorenzo, la cappella de’ pazzi, le due basiliche di San Lorenzo e di Santo spirito e la rotonda degli angeli. L' architettura brunelleschiana si svolge alla luce della ricerca e della sperimentazione. Chiunque nelle sue strutture può trovarsi a proprio agio e riesce a anche a comprendere le proporzioni della misurabilità appunto il suo linguaggio è caratterizzato dalla ripresa della del classicismo. Le sue architetture sono accomunate da: ● Sinteticità degli elementi che utilizza, pochi elementi ed essenziali che hanno ordine, organicità ed equilibrio nella forma sintetica = equilibrio straordinario Sacrestia vecchia di San Lorenzo Brunelleschi ricevette da Giovanni di Averardo dei medici l'incarico di costruire la sagrestia vecchia di San Lorenzo. Questo edificio avrebbe dovuto servire come cappella funeraria della famiglia. Giovanni di Bicci e la moglie riposano infatti al centro della sacrestia, in un sarcofago eseguito dal figlio adottivo di Filippo Brunelleschi ovvero il Buggiano. Alla sacrestia vecchia si accede dal braccio sinistro del transetto della basilica di San Lorenzo. La sagrestia vecchia è formata da uno spazio cubico sulla quale è sovrapposto una cupola sovrapposta una cupola ombrelli forme. La cupola ha all'imposta 12 finestre circolari ed era rafforzata da altrettante nervature che l le conferiscono l'aspetto di un ombrello aperto. Esternamente la cupola è coperta da una superficie troncoconica protetta da squame di laterizio. La sormonta una lanterna su sei colonnine coronata a sua volta da un cupolino convesso concavo percorso da scanalature che si avvolgono ad elica. Sul lato opposto all'ingresso si apre la scarsella, un piccolo ambiente a pianta quadrata composto dal sovrapporsi di due cubi uguali coperti da una cupoletta emisferica su pennacchi con ornamentazione a conchiglia punto la cupoletta presenta affreschi che imitano un cielo stellato che riporta le figurazioni dello zodiaco. E’ come se la cupola perdesse illusoriamente di consistenza e attraverso un'apertura circolare si potesse vedere il cielo. Tutte le pareti della sacrestia sono scandite dalle paraste che assumono diverse forme in base alla gola alla loro collocazione. Le quattro paraste degli angoli sono piegate simmetricamente ad angolo retto. Nei due angoli di fondo della scarsella invece sono filiformi. Quelle che introducono alla scarsella costituiscono le due facce visibili di una colonna quadrangolare. La trabeazione corre senza interruzione in tutti e due gli ambienti che hanno altezze differenti. Manetti, biografo di Brunelleschi, scrive riguardo a quest'opera che stupiva tutti quanti i forestieri che la vedevano. Cappella de’ pazzi La cappella venne costruita all'interno del chiostro della basilica di Santa Croce. Venne commissionata da Andrea de pazzi che apparteneva ad una delle più potenti famiglie di mercanti banchieri fiorentini. L'edificio bene venne iniziato attorno ai primi degli anni 30 del 400. La cappella realizzata nel 1443 ebbe la copertura nel 1459. Essa fu un così costruita in gran parte dopo la morte del Brunelleschi su un progetto risalente agli anni 20. L'ambiente principale si sviluppa in un rettangolo la cui copertura comprende una paletta emisferica centrale affiancata da due volte a botte e decorata da tondi di terracotta invetriata di Luca della robbia appunto il problema delle prassi di diversa altezza presente nella sacrestia vecchia, viene risolto nella cappella dei pazzi con una panca in muratura che, correndo tutta attorno al perimetro dell'ambiente, consenti alle paraste di avere un'altezza costante. Su tutte le pareti viene ripetuto il tema delle quattro paraste sormontati dalla trabeazione sulla quale poggiano due archi concentrici punto la facciata è divisa in due parti. Quella inferiore comprende un portico con colonne corinzie tra beate. Quella superiore è costituita da una parete piena, scandita da coppie di paraste tine che sostengono una trabeazione con un fregio strigilato. Basilica di San Lorenzo Il progetto per la basilica di San Lorenzo risale al 1418. Filippo venne coinvolto nella costruzione soltanto nel 1421. Aveva progettato un edificio a tre navate con cappelle laterali ma poiché i costi erano elevati fu costretto ad escludere le cappelle. Queste sarebbero state realizzate soltanto in corrispondenza del transetto ai fianchi dell’abside. I lavori iniziarono nel 1425 e furono ripresi soltanto nel 1442 per vedere la conclusione successivamente alla morte di Brunelleschi. Filippo segui i lavori delle cappelle che affiancano l'abside e delle due cappelle fra loro comunicanti alla sacrestia vecchia. Dopo la sua morte il proseguimento della costruzione si rese difficile. Fu molto problematico l'inserimento del transetto nel corpo longitudinale. La rotonda degli angeli La rotonda degli angeli vede la sua costruzione nel 1435, costruzione che rimase incompiuta. Presenta una pianta ottagonale che prevede un copulato che si trasforma in un'architettura a 16 lati con nicchie semicircolari nella parte basa mentale. Fra l’ottagono e l’esadecagono si dispongono atto cappelle comunicanti che configurano un deambulatorio. Nella pianta della lanterna della cattedrale di Santa Maria del fiore contrafforti a voluta radiali dilatano il corpo ottagonale centrale, rinviando alla simile soluzione già adottata per la rotonda degli angeli. La a lanterna è formata da una struttura centrale prismatica a 8 lati sormontata da un cono che si conclude con il bottone, la palla e la croce in rame dorato. Ciascuna faccia è occupata da una lunga finestra vetrata introdotta da semicolonne sulle quali si imposta un arco più che a mezzo sesto. Le edicole celebrano all’approdo della forma perfettamente circolare. Si tratta di strutture semi cilindriche dotate di una copertura semi calottata all'interno. Brunelleschi ne rinforzò il disegno circondandole con una fascia di marmo verde per evitare che il candore del marmo impedisse una scorretta percezione delle nicchie viste dal basso. Le edicole furono edificate poiché si comportassero come contrafforti. Basilica di Santo spirito La basilica prevede una navata centrale dotata di un soffitto piano e navate laterali con campate coperte a vela. Venne progettata tra il 1428 e il 1434, ma iniziata soltanto nel 1444 e portata a termine dopo la morte di Brunelleschi. L'edificio è a croce Latina, ma le navate laterali non si concludono in corrispondenza del transetto. Le campate proseguono tutte attorno al perimetro della basilica determinando un forte addensamento di colonne la zona del presbiterio. Le cappelle laterali sono semicircolari e sono introdotte da archi che hanno la stessa dimensione di quelli della navata centrale. le paraste che erano state utilizzate in San Lorenzo qui sono sostituite da semicolonne, tre quarti di colonna o un quarto di colonna. I successori di Brunelleschi preferirono procedere secondo le norme consuete delle superfici piane evitando ogni problema. ANDREA DEL CASTAGNO Egli si forma su Masaccio e Donatello. La sua poetica è incentrata sul chiaroscuro plastico, sulle tinte drammatiche e sul realismo di fisionomie e atteggiamenti. Nell’ ULTIMA CENA (Refettorio di Santa Apollonia, FI) l’ambiente è classico e le figure vengono sbalzate dal fondo, donando così un vivo realismo ai loro atteggiamenti. Nella TRINITA’ E SANTI e negli UOMINI E DONNE ILLUSTRI il vivo realismo la fa da padrone e si arriva all’esasperazione realistica. Cenacolo Qui vediamo ANDREA DEL CASTAGNO con il Cenacolo, che si trova nel refettorio del CONVENTO DI SANT’APOLLONIA a FIRENZE, del 1447, da tenere in considerazione perché poi LEONARDO lo avrà in mente per realizzare il suo cenacolo. Anche in ANDREA è molto importante la rappresentazione degli uomini illustri, la sua capacità ritrattistica, la sua idea logica dei personaggi, c’è un racconto della storia che ormai è molto avanzato. Qui la prospettiva arriva proprio al suo massimo. Lorenzo ghiberti Ghiberti nasce a Firenze nel 1378 e svolge la maggior parte della propria attività nella sua città Natale dove muore nel 1455. La sua formazione avviene presso la bottega orafa del patrigno Bartolo di Michele dove apprende sia l'arte del disegno sia quelle della fusione in stampi e a cera persa. Intorno al 1424 soggiorno a Roma e nel 1429 anche a Venezia. Alla sua attività principale di orafo e scultore affianca successivamente quella di architetto, che condivide in un rapporto difficile convivenza con Filippo Brunelleschi. La prima importante occasione che si offre a Ghiberti per verificare la propria maturità artistica risale al 1401, quando l'arte di calimala, decide di bandire un concorso per la realizzazione della seconda porta del Battistero di San Giovanni. Al concorso parteciparono i migliori artisti del tempo e spiccarono maggiormente Jacopo della quercia, Filippo Brunelleschi, Lorenzo Ghiberti. Il tema consisteva nel realizzare una formella in bronzo dorato raffigurante la scena del sacrificio di Sacco la cornice doveva essere mistilinea e quadriloba. Questa particolare sagomatura era stata impostata dalla necessità di un informarsi alla porta sud già esistente, realizzata da Andrea Pisano tra il 1330 e il 1336. Il tempo di esecuzione virgola non poteva essere superiore a un anno e la quantità dei materiali da impiegare doveva limitarsi al minimo possibile. Solo le formale realizzate da Ghiberti e Brunelleschi sono giunte fino a noi e sono attualmente conservate al museo nazionale del bargello di Firenze. La vittoria definitiva venne affidata a Lorenzo Ghiberti. Bando del battistero della porta di San Giovanni a Firenze, nel 1401. ● È uno snodo fondamentale di un percorso. È un momento di entusiasmo per la scoperta di testi classici. Nel 1396, Filippo Villani licenzia la redazione riveduta di un libro “De poi evolverà pur restando legato a questi stilemi. Brunelleschi è più moderno, perché ha posto le basi per una modernità del modo di intendere l’arte. Porta nord del battistero di firenze Per realizzare l’opera, inizialmente prevista per la porta orientale ma poi spostata sulla faccia nord, il venticinquenne ghiberti attrezza, a partire dal 1403 un’apposita bottega. Da essa, passeranno i maggiori artisti del secolo. Personaggi come Donatello, Michelozzo, Masolino da Panicale, Paolo Uccello e Benozzo Gozzoli. Per la Pasqua del 1424, dopo 21 anni di lavoro, la porta è finalmente conclusa e firmata, nel battente di destra, con la scritta “opera di Lorenzo fiorentino”. Venne restaurata tra il 2013 e il 2015 e si compone di 28 formelle con cornice quadriloba mistilinea, dove sono rappresentate le scene della vita della passione di Cristo. Nei due registri errori di entrambe le ante sono presenti i ritratti degli Evangelisti e di quattro dottori della chiesa punto i due battenti sono incorniciati da motivi floreali con testine di profeti e sibille a ogni intersezione. Ghiberti riesce a conciliare la tradizione scultorea del gotico internazionale con una più realistica rappresentazione delle masse dei volumi. ANNUNCIAZIONE Nella formella di Ghiberti della Porta Nord del battistero relativa all’Annunciazione si può vedere il legame con una tavola del 1410-15 di Lorenzo Monaco, artista tardogotico, che rappresenta lo stesso tema. Si possono vedere stilemi abbastanza simili, anche l’idea della Madonna. Ghiberti però è avanti a Monaco: la Madonna di Ghiberti sta nell’edicola con tutta la sua volumetria, non è una figura bidimensionale come quella di Monaco. Però c’è ancora questo hanchement, cioè questo modo di rappresentare la figura in modo quasi curvilineo, che è tipico del gotico internazionale e che qui Ghiberti riprende in toto – anche nella figura dell’angelo. Resurrezione di Cristo La prima formella in alto del registro esterno del battente di destra rappresenta la resurrezione di Cristo. Venne realizzata intorno al 1415 e presenta un'organizzazione spaziale molto evoluta che gioca sui vari piani di successo in successione parallela, che Vasari loda definendoli bene spartiti. In primo piano sono raffigurati due soldati che giacciono addormentati davanti al sepolcro su uno sperone roccioso. Altri due soldati raffigurati in secondo piano, dormono invece appoggiati all'angolo anteriore destro e a quello posteriore sinistro del sepolcro stesso punto i soldati sono colti in atteggiamenti di grande umanità e naturalezza, atteggiamenti che si contrappongono alla figura centrale di Cristo risorto, raffigurato in una posizione rigida, con la gamba sinistra avanzata di un passo verso il bordo del sepolcro. Ghiberti inserisce anche dei palmizi dalle fronde stellate a sinistra e un grande albero dalla folta chioma a destra. Flagellazione La formella della flagellazione e la sesta dal basso del registro esterno, una delle ultime ad essere stata realizzata. Presenta una simmetria raffinata, con un porticato classicheggiante, a sua volta contenuto dentro un quadrato perfettamente inscritto fra i lobi. La figura centrale di Cristo divide verticalmente la scena in due parti. Le figure dei due carnefici che flagellano Gesù sono ruotate rispettivamente verso i margini opposti della cornice mistilinea. La loro realizzazione è frutto di numerosi studi preliminari. Il senso della prospettiva è suggerito sia dal colonnato in secondo piano ma anche dalle mani destra e mancina del secondo carnefice di sinistra rispettivamente davanti e dietro la colonna alla quale si appoggia, come se l’abbracciasse. Porta del paradiso del Battistero di Firenze L'arte di calimala decise di finanziare la terza porta del Battistero, inizialmente prevista per la facciata settentrionale ma poi trasferita su quella est che, essendo rivolta verso la cattedrale, era considerata la più importante. Anche in questo caso l'artefice fu Lorenzo ghiberti che nel 1425 ricevette l'incarico ufficiale per l'esecuzione della porta, la cui lavorazione si protrarrà fino al 1425 con l'aiuto dei figli Tommaso e Vittorio. L'artista ebbe mano libera sia per decidere il soggetto, ovvero alcune storie dell'antico testamento, sia per organizzare il lavoro come meglio credeva. Ridusse il numero delle formelle a 10 e ne soppresse le singole cornici, realizzando lungo i bordi dei battenti una fascia decorativa con figure bibliche, testine di profeti e sibille entro tondi. Le differenze rispetto alla seconda porta sono molto evidenti. Ghiberti si concentra sulla robusta modellazione dei personaggi, sulla raffinatezza dell’intaglio e sulla rappresentazione dei paesaggi molto complessi e di architetture prospetticamente rinascimentali. Utilizza la tecnica dello stiacciato, messa a punto da Donatello e consistente nel rappresentare le figure in lontananza con poco rilievo, come se fossero appunto stracciati ovvero schiacciati sul fondo. Questa tecnica gli consenti di creare l'illusione di una maggior profondità prospettica, in quanto tra le parti in primo piano e quelle sullo sfondo si ha l’impressione che esista un’enorme distanza mentre realtà vi sono pochissimi centimetri. Michelangelo era così affascinato dalle porte di ghiberti che affermò che erano tanto belle quanto le porte del paradiso. La porta del paradiso venne successivamente sostituita nel Battistero con una copia in bronzo dorato. La porta originale è attualmente conservata nella sala del paradiso nel museo dell'opera del Duomo di Firenze. Storie di Giuseppe Nella terza formella dell’anta di destra sono rappresentate varie storie di Giuseppe. Lo sfondo è costituito da un’importante quinta architettonica caratterizzata da un grande portico anulare sulla destra e da un palazzo con attico alloggia sulla sinistra. Il porticato è delimitato da 20 coppie di esili pilastri con paraste che presentano capitelli corinzi, che sorreggono un attico sovrastante, scandito da finestre simili a quelle presenti nel Battistero e alla quale si era ispirato brunelleschi per l'ospedale degli innocenti. Il palazzo invece presenta negli angoli concavi le lesene piegate come nella sagrestia vecchia di San Lorenzo. I personaggi sono resi con grande realismo e dettaglio nei particolari, mostrando un gusto del tutto rinascimentale per la verosimiglianza delle posture e per la rappresentazione delle espressioni. Incontro al tempio L'ultima formella in basso dell’anta di destra rappresenta l’incontro al tempio fra la regina di Saba e re Salomone. Il movimentato realismo dei quasi 100 personaggi di contorno e la rigorosa costruzione prospettica del tempio sono tutti indizi della mutata visione artistica di Ghierti. Per l'architettura del tempio si ispira alla tipologia romana dell'arco trionfale a tre fornici. Ghiberti inserisce due finestre timpanate dalle quali si affacciano due figure che dall'alto osservano la scena. Di fronte alla scalinata, in uno spazio separato da una transenna dal folto gruppo di figure in primo piano, Salomone tiene per mano la regina di Saba. La regina di Saba possiede un lungo mantello il cui strascico è sorretto da una delle tre ancelle rappresentate sulla sinistra. L'evento è accompagnato dal suono di strumenti musicali. I musici sono infatti situati alla destra di Salomone. In primo piano sono invece raffigurati uomini e soldati a piedi o a cavallo, realizzati a forte rilievo. Storie di Adamo ed Eva La prima formella in alto dell’anta di sinistra rappresenta varie storie di Adamo ed Eva. In un unico pannello sono riuniti quattro diversi episodi, ovvero, la creazione di Adamo, il peccato originale, la creazione di Eva e la cacciata dal paradiso terrestre. La continuità narrativa è scandita da vari scenari simbolici. Nella metà sinistra della formella è presente un palmizio frondoso e quattro alberi da frutto con uccelli, che alludono alla rigogliosa ricchezza dell'eden, la cui porta segna l'ideale confine fra il mondo perfetto pensato dal padre eterno e il mondo mortale degli uomini. Il modellato dei corpi, così come il panneggio del creatore, testimoniano la consapevolezza da parte di liberti di una nuova volontà espressiva, che segue i canoni rinascimentali. IL BATTISTERO DI FIRENZE Il battistero, a pianta centrale e a forma ottagonale, è di fronte la cattedrale di S. Maria del Fiore. Questo era tipico della pieve medievale, cioè la cattedrale era scissa dal battistero; lo stesso accade a Parma e anche in Europa. La pieve, normalmente, consisteva nella cattedrale, nel battistero e a volte c’era il palazzo vescovile. Col tempo poi il battistero viene incluso nella cattedrale. La cattedrale di S. Maria del Fiore era stata iniziata nel Trecento. La Porta della Mandorla della chiesa è uno di quei luoghi del cantiere in cui avviene la rivoluzione. Vi si accede da via de’ Servi, un tempo chiamata corsia de’ Servi, perché in fondo c’è la piazza della SS. Annunziata, dove c’è il santuario della SS. Annunziata che è officiato dai padri serviti. La Porta della Mandorla è realizzata in più fasi: successivamente a Ferrara e a Siena, dove lavorò alla realizzazione della fonte battesimale del Battistero. Morì ottantenne nella sua casa Fiorentina nei pressi del Duomo. Con Donatello la scultura giunse a risultati irripetibili poiché come sostiene anche Vasari, l'artista è stato il primo a sapersi riallacciare ala tradizione scultorea greco - romana ma anche il primo a superarla, infondendo nei suoi personaggi un’umanità e un’introspezione psicologica uniche. I primi trent’anni del ‘400 Firenze si popola di STATUE. I due massimi cantieri sono il Duomo e il Campanile che è staccato dal Duomo chiamato Campanile di Giotto perché è stato progettato da lui, di fianco al Duomo e l’edificio di Orsanmichele. Orsanmichele si trova in Via Calzaiuoli, andando dal Duomo a Piazza della Signoria, lungo la via dei Calzaiuoli sorge Orsanmichele. Collocato esattamente tra il cuore civico e quello religioso della città. Parleremo delle statue di questo edificio. Donatello diventa protagonista di questa stagione, è già considerato dai suoi contemporanei quanto di più moderno abbia prodotto la Firenze del tempo; l’unica personalità che riesce a stare al passo di Donatello è Nanni di Banco che però morirà precocemente nel 1421 e la sua carriera è molto breve mentre quella di Donatello durerà molto più a lungo. Donatello viene superato da Brunelleschi definito “l’avanguardia intellettuale”. Brunelleschi è stato non solo intellettuale in quanto architetto che era considerato il più intellettuale perché il processo di progettazione è un processo totalmente astratto mentre lo scultore e il pittore etc. lavorano con la materia e le mani. L’architetto progetta con il disegno. Quindi l’architetto è sempre stato considerato nella cultura antica il “grande intellettuale”. Diversa è la figura dello scultore e del pittore perché c’è una connotazione fisica e materica del lavoro che invece nel progettista è meno evidente. Brunelleschi è stato anche scultore e ha lavorato sia il bronzo che il legno e l’argento e forse anche la terracotta. Brunelleschi, considerata una personalità fuori da ogni schema e dal comune, è stata scritta una biografia autonoma dedicata a lui “LA VITA DI SER BRUNELLESCHI “ da Antonio Manetti, quando l’artista era ancora in vita. Oltre alla biografia che gli dedica Vasari che è molto encomiastica, abbiamo anche quella di Manetti che è molto importante. Il fatto che sia stato gratificato da una biografia autonoma durante la vita ci fa capire la fortuna straordinaria che ebbe Brunelleschi. Nella rivoluzione rinascimentale, l’intellettuale era Brunelleschi però Vasari ha parole encomiastiche nei confronti delle sculture di Donatello che definisce “pressoché persone vive e non più statue”. La cosa che colpiva era la CARATTERIZZAZIONE PSICOLOGICA delle figure. Vasari ci dice che Firenze si era animata di un popolo di statue perché in questi grandi cantieri fiorentini si vedeva un popolo di figure vive e non più delle statue anche quelle molto lodate di epoca classica, studiate da Donatello e Brunelleschi, che erano delle figure straordinariamente indagate dal punto di vista psicologico e quindi erano figure vive. Che spuntano sia dal cantiere del Duomo che di Orsanmichele. C’è un’indagine dell’Io e della figura che ci rimanda al concetto di UMANESIMO cioè il rapporto con la figura umana. Il cantiere più interessante da questo punto di vista è il cantiere del Campanile del Duomo prima ancora di Orsanmichele dove c’erano le formelle di Andrea Pisano ( vedi la formella della Navigazione ). Le formelle rappresentano i Mestieri e le Arti. La Navigazione del 1343- 60 + la Creazione di Adamo + la Tessitura + la Rappresentazione dell’Architettura con un architetto con il compasso. Arti e Mestieri dell’uomo nel Campanile di Giotto. Vedi immagine con il Campanile e dove sono collocate le formelle. Sopra l’ordine delle formelle, c’era un altro ordine che doveva essere ornato, erano presenti delle nicchie e all’interno dovevano essere collocate delle statue. I più grandi scultori della Firenze del primo ‘400 sono chiamati a ornare di statue il Campanile. Anche il campanile andava decorato con delle statue con i profeti e Donatello realizza il profeta Abacuc. L’Abacuc è più tardo delle statue in facciata al Duomo di S.M. del Fiore. Quindi non è la prima campagna di lavori che esegue Donatello ma è la seconda. La prima campagna di lavori riguarda la facciata del Duomo e la seconda il Campanile. Però non dobbiamo essere schematici perché i lavori iniziano in contemporanea. LE STATUE DEI 4 EVANGELISTI NELLA FACCIATA DEL DUOMO Le statue dei quattro Evangelisti nella facciata del Duomo di Santa Maria del Fiore. - Il San Giovanni Evangelista di Donatello, - il San Luca di Nanni di Banco, - Le statue di Niccolò Lamberti - Bernardo Ciuffagni. Questo concorso è iniziato nel 1408: vi avrebbero partecipato tre scultori e chi, secondo la commissione, avesse eseguito la statua migliore avrebbe preso in carico anche la quarta statua. Di fatto non è andata così perché Bernardo Ciuffagni si è inserito e ha preso il San Matteo Evangelista e gli altri tre sono di Donatello, Nanni di Banco e Niccolò Lamberti che era uno degli scultori che sovrintendeva alla porta della Mandorla. Tutti i più grandi artisti del momento sono coinvolti nella attività del cantiere del Duomo. Donatello ha una commissione autonoma con il San Giovanni Evangelista e il San Luca è di Nanni di Banco. Lì oggi ci sono delle copie. La prima campagna di lavori che riguarda i quattro profeti. CONFRONTO SAN LUCA E SAN GIOVANNI Il San Luca di Nanni da Banco è più classica che può voler intendere un rapporto con la statuaria classica oppure un rapporto più diretto di mimesis con la natura, il panneggio sottolinea le anatomie. Da un certo punto di vista Donatello recupera la tradizione classica nel naturalismo, per esempio, la ritrattistica di epoca repubblicana è straordinariamente moderna. Poi vedremo come Brunelleschi e Donatello recuperano il classico. C’è un altro tipo di rapporto in Donatello con il mondo naturalistico che è invece sfasato. Vediamo ad esempio la bellissima mano che è in grembo al San Giovanni Evangelista. Notare come è lunga e affusolata. Questa mano è un po' sproporzionata al confronto con tutta la figura. La mano è molto grande. Ma Donatello scolpisce questa mano per enfatizzare un pathos. La figura di San Luca ricorda le figure dei filosofi classici che guarda fisso davanti a sé: questa è totalmente ripresa dell’antico. Ma in Donatello la ripresa dell’antico non è filologica è una modalità espressiva. Per arrivare a rendere la statua come una persona viva. L’espressione del volto, la fronte corrugata riprendono il pathos che è evidente nell’interiorità che c’è nel San Giovanni Evangelista che invece è molto confusa nelle statue degli altri compreso in Nanni di Banco che è un riferimento certamente al mondo classico perché il PANNEGGIO scolpisce le ginocchia= plasticità notevole. La figura non è diritta e non perfettamente allineata c’è sbilanciamento del collo, questo è un tentativo di rivitalizzare la statua ma non va nella direzione dell’espressionismo di Donatello. Nanni di Banco in questa statua sta ancora cercando la sua strada. Nel San Luca si avverte anche una sorta di movimento quasi stesse in procinto di muoversi. C’è anche una sottolineatura del movimento. Quella di Donatello è più statica ma è interiormente carica. Il panneggio di Nanni di Banco non ha nulla a che vedere con quello di Lamberti (panneggio delle ginocchia). Quello di Lamberti è quasi ridicolo e sembra un fumetto. Nel San Luca il panneggio richiama la toga antica. È anche da tener presente che un artista non è mai totalmente una cosa piuttosto che un’altra: un artista ha delle sfumature soprattutto in un percorso ravvicinato come quello di Nanni di Banco che si compie in pochissimi anni. Qui siamo agli esordi ma già si vede un fermento. CONFRONTO SAN MATTEO E SAN MARCO Analizziamo le statue di Lamberti e di Ciuffagni. Queste due figure hanno una qualità decisamente minore. Il panneggio nella statua di Lamberti è un panneggio inventato, con il ricciolo e una linea ancora tardo gotica. Quella di Ciuffagni che è l’ultima ad essere scolpita è quella più tarda, ha il modello davanti del San Giovanni Evangelista di Donatello ma non raggiunge la qualità e il plasticismo di Donatello perché le pieghe sono totalmente arcaiche. La statua di Lamberti è quella più debole e il modo di fare il panneggio è convenzionale: una rappresentazione molto più arcaica. Lui vorrebbe movimentarla con i riccioli ma sono innaturali e non hanno nulla a che fare con il naturalismo di Donatello e di Nanni di Banco. Il Mosè di Michelangelo è stato progettato sul confronto con il San Giovanni Evangelista di Donatello. Questa scultura è avanti un secolo rispetto alle altre. Michelangelo ha studiato a lungo Donatello e anche Masaccio. Erano gli esempi che aveva sotto gli occhi da ragazzo. Il Mosè di Michelangelo ha un nesso potentissimo con il San Giovanni Evangelista. Michelangelo pone le tavole al posto del libro. L’idea della barba e dell’uomo che guarda dritto davanti a sé. Il San Giovanni Evangelista di Donatello farà scuola. Da qui possiamo capire la sorpresa dei fiorentini che improvvisamente vedono la città riempirsi di statue di Donatello che non sembrano più pupazzi ma persone vive. Le statue di Orsanmichele Orsanmichele è l’altro grande cantiere dove si misurano queste novità. L'unicità della scultura e Donatello emerge soprattutto osservando le statue commissionate dalle arti di Firenze per i tabernacoli esterni della chiesa di Orsanmichele. Lo strano nome di Orsanmichele è la contrazione italiana di hortus santis michaelis, in riferimento all' orto del monastero di San Michele che si trova a metà strada tra il Duomo e il palazzo della Signoria. Al posto dell’orto del monastero fu costruito il mercato del grano e poi successivamente la chiesa di una confraternita a partire dal 1339. Arriviamo al 1408-10 circa e soltanto tre dei quattordici tabernacoli erano stati compiuti nel lasso di tempo di sessant’anni. Sulle pareti esterne di orsanmichele le arti fiorentine posero le statue dei loro santi Patroni. In esse si prediligono lo sviluppo diagonale, sottolineato anche dall’andamento sinuoso delle piaghe degli abiti, e il minuto decorativismo che è invece molto più accentuato già nel primo Donatello. San giovanni battista – ghiberti Ghiberti elaborò il San Giovanni Battista nel 1413 per l'arte di Calimala. Si cimentò per la prima volta con la fusione in bronzo di uno stato a tutto tondo di dimensioni imponenti. È la più grande fino ad allora realizzata da una bottega Fiorentina. I bordi del mantello e i calzari erano originariamente dorati, così come gli occhi in lamina d'argento, che si rifanno a i Santi Quattro Coronati Il gruppo scultoreo che costituisce il capolavoro a Orsanmichele è l’opera realizzata da Nanni di Banco: i Santi Quattro Coronati. Un gruppo scultoreo, quindi più statue, che Nanni di Banco inserisce nella nicchia. Sembrano quattro togati romani. Ritroviamo una straordinaria intensità anche negli sguardi tra di loro, un muto dialogo. E se ci si avvicina si può sentirli parlare! Dialogo straordinario gli uni con gli altri. Questo per dimostrare come Nanni di Banco sia straordinariamente rivoluzionario. Intorno al 1417-18. Vasari inizia la biografia di Nanni di Banco dicendo che era discepolo di Donatello. Le Arti che costruiscono l’edificio (legnaioli, fabbri e muratori) dovevano andare insieme e dimostrare concordia e classicità dimostrata dai quattro santi, Vasari la spiega con l’aneddoto del fatto che Nanni di Banco aveva preso male le misure e quindi le quattro statue non entravano nella nicchia ma Donatello corregge l’errore scalpellando con i suoi giovani di bottega a destra e a sinistra. I profeti Geremia e abacuc Il cantiere dove si misura tutto questo è il Campanile del Duomo. Donatello nel 1423-26, nella sequenza abbiamo il San Giorgio e il Drago, scolpisce il profeta Abacuc o Zuccone. Ne parla anche Vasari perché la figura di questo profeta resta scolpita nella mente e nella memoria. Una delle figure più straordinarie di Donatello per efficacia e tensione psicologica. Collocato nella nicchia, l’originale è nel Museo dell’Opera del Duomo, statua imponente, togato alla romana, straordinaria sovrapposizione con la statuaria classica e l’espressione drammatica che deriva dall’idea della tensione del profeta cioè di colui che grida. Tensione psicologica e drammatica e la morbidezza del panneggio che diventa normativa. Abbiamo un altro profeta della serie, il meraviglioso Geremia. Anch’esso ammantato da una clamide all’antica con l’espressione corrucciata e drammatica con il tratto delle pieghe di assoluta modernità straordinaria. Abacuc viene incluso nel volumetto di Massimo Cacciari, filosofo, “la mente inquieta: saggio sull’Umanesimo”. Alla fine di questo volume Cacciari individua alcune espressioni figurative che sono emblematiche dell’Umanesimo e include il profeta Abacuc. “Movimento e animazione, la manifestazione cioè in sembianze fisiche dell’agitazione interna della figura travolge ogni tardo gotica suavitas. Si oppone alla misura ghibertiana fino ai limiti della terribilità (riprende Chastel che a sua volta riprende Vasari che usa la terribilità non per Donatello ma per Masaccio). Dalle opere più tarde fino al suo ritorno a Firenze, Donatello resterà fedele a questa immagine dell’uomo, ciò che dona vita è la stessa energia che inquieta e non dà pace. Che agita sempre corpo e pensiero come il pathos che sconvolge le menadi ai piedi della croce sul pulpito di San Lorenzo. È questa energia a dover essere classicamente espressa: questo significa conoscere, sapere ln tutti i sensi, le opere dei classici. A questo soltanto serve la loro lezione”. Donatello usa la grammatica classica per un’espressione dell’interiorità dell’uomo. Queste statue erano destinate a due nicchioni esterni del terzo ordine della facciata occidentale del campanile di Giotto. La stoffa è rappresentata con una rigidità innaturale, come se fosse quasi metallica. Per realizzare le statue Donatello si ispirò a dei modelli vivi. Il volto di Geremia ha infatti un vero e proprio ritratto e raffigura un uomo non più giovane. Anche il vecchio Abacuc è rappresentato completamente calvo, con il volto scavato da un corpo magro, lontano dai canoni di perfezione dell'arte classica ma anche da quelli decorativi del gotico internazionale. Si tratta di quello che è stato definito come naturalismo integrale. Donatello rappresenta ispirandosi al vero naturale, ovvero rappresenta le cose come appaiono ai nostri occhi e non all'idea astratta che ogni artista tende a farsi di una cosa. Nella forte espressività di questi volti si concentra tutta la grandezza della nuova concentrazione artistica di Donatello. I lineamenti non vogliono nascondere i segni del tempo in quanto la bellezza dell'uomo donatelliano non sta soltanto nell’aspetto esteriore ma nella grandezza d'animo e nella dignità morale. Il convito di erode Tra il 1423 e il 1427 Donatello venne chiamato a collaborare insieme a Jacopo della quercia e Lorenzo ghiberti alla realizzazione del fonte battesimale del Battistero di Siena. In questa occasione realizzò la formella in bronzo raffigurante il banchetto di erode, dorata dall' orafo scultore Giovanni di Torino. Il convito di erode fa parte di un ciclo di storie del Battista voluto dall’opera del Duomo di Siena per decorare le pareti esterne della vasca di una grande fonte battesimale. Jacopo della quercia eseguì la scena con l'annuncio a Zaccaria. Ghiberti consegnò una formella con il battesimo di Cristo dove provate adottare lo stiacciato di Donatello. Il battesimo di Cristo è un'opera di guida sopraffina che annuncia gli atti della porta del paradiso. In essa l'artista cura sia nella rappresentazione prospettica, sia nell’organizzazione degli spazi, sia nella disposizione dei personaggi. La scena mostra in primo piano un servo inginocchiato che offre ad Erode un vassoio con la testa mozzata del Battista. Il vecchio sovrano ne aveva comandato la decapitazione per compiacere la giovane salomè, che era figlia della moglie erodiade a cui inoltre, il geometrico succedersi degli occhi, degli archi dello sfondo contribuisce a dare ulteriore profondità all' intera scena. Erode è rappresentato da Donatello nell'atto di ritrarsi con i palmi delle mani aperte in un gesto quasi di orrore, di fronte a quella terribile vista. Il racconto assume aspetti di drammatico realismo. E l'allegro banchetto sfocia in un delitto anche per gli altri partecipanti al banchetto che si sottraggono. Si ritraggono dalla crudele esecuzione e solo erodiade si protende verso di lui indicando il macabro trofeo. Donatello rappresenta gli effetti dello spregevole delitto sui partecipanti del banchetto. In tal modo viene a crearsi un vuoto proprio al centro della scena. Questo artificio compositivo, insieme alla fuga prospettica del pavimento, gli oggetti posti sulla tavola imbandita creano un senso di profondità e di realismo mai visto prima in un bassorilievo. Al di là degli archi si stanno svolgendo due altre fasi della narrazione. Al centro è rappresentato un suonatore di viola che allude alla danza dei 7 veli, danza che salomé sta Ballando di fronte al tavolo. In fondo a sinistra, oltre la seconda serie di archi ritorna invece la figura del servitore che in un momento precedente stava mostrando la testa del Battista anche a erodiade o a salomè e a due ancelle. Donatello definisce infatti la lontananza nello spazio facendola corrispondere a ciò che è anche lontano nel tempo e la vicinanza nello spazio, corrisponde invece a ciò che avvicina nel tempo, quindi a ciò che sta avvenendo dopo. Questo nuovo modo di scandire la narrazione, rappresentando tempi diversi all'interno della stessa scena, è molto differente dal ciclo narrativo medievale nel quale ogni avvenimento successivo corrispondevano nuova e diversa raffigurazione. Cantoria Nel 1433 Donatello venne incaricato per l'esecuzione di una cantoria (dal latino cantare) per la cattedrale di Santa Maria del fiore. Si tratta di una balconata del marmo sulla quale si disponevano i coristi per accompagnare le celebrazioni liturgiche. La cantoria di Donatello è gemella a quella di Luca della robbia. Quella di Luca della robbia era collocata nella parete di fronte e il tema di entrambe le opere è il gioioso Salmo 150 nel quale tutti quanti sono invitati a lodare Dio con canti, musiche e danze. La struttura riprende la forma e le dimensioni di quella della robbia e nella balaustra Donatello inventa uno spazio prospettico entro il quale muovere i vari personaggi. Questo spazio è delimitato anteriormente da una serie di colonnette binate incrostate di marmi policromi e posteriormente ad esse è presente il piano di fondo del bassorilievo. In questi limiti spaziali sono rappresentati i putti danzanti. La scena ha poco di religioso e le ali dei putti sono meno appariscenti, Donatello scelse di avvicinare quanto più possibile la gioia celeste a quella dei bambini innocenti e festosi. Quello che emerge dei personaggi è la loro voglia di movimento, una voglia quasi ossessiva. Alcune figure vennero lasciate leggermente sbozzate in quanto viste da lontano, appaiono sfocate. Monumento equestre al gattamelata Gruppo scultoreo realizzato in onore del capitano Erasmo da Narni, soprannominato gattamelata, che combattendo al servizio di Venezia, aveva esteso i suoi possedimenti fino alla Lombardia. Il gruppo bronzo e il suo basamento, firmato alla base “opera di Donatello”, vennero realizzati fra il 1446 e il 1453. L'architettura del basamento vista dal lato corto appare come una colonna e assolve la funzione di sepolcro monumentale del condottiero. Il gruppo si ispira alla statuaria romana e in particolare alla statua equestre di Marco Aurelio. Era anche questa, così come il Marco Aurelio collocata inizialmente nel campo lateranense, di fianco alla basilica romana di San Giovanni in Laterano. I tratti severi del volto e lo sguardo risoluto ne fanno uno dei tratti più naturali e psicologicamente profondi del 400. Anche lo straordinario naturalismo integrale del cavallo contribuisce alla complessiva credibilità del Cavaliere, nonostante i riferimenti alla statuaria assetata degli assiri, finge di sedurre Oloferne che era il comandante delle truppe nemiche, uccidendolo nella notte, con la complicità di un’ancella. Oloferne è rappresentato seduto sullo zoccolo e Giuditta sopra di lui lo sovrasta in piedi, gli solleva con la mano sinistra la testa e con l'altra mano tiene la lama che assisterà il corpo mortale. L'artista evidenzia la diversità umana e morale dei due personaggi tramite una diversità di modellato e di finiture. L'eroina viene rappresentata con una postura pagata e composta ed è avvolta in un mantello dal panneggio sontuoso, con uno sguardo deciso ma sereno poiché ispirata da Dio. Il guerriero, invece, richiama la ricorrente contrapposizione classicista fra la barbarie e le civiltà. La Maddalena penitente La Maddalena penitente, intagliata nel legno di pioppo bianco è collocata all'interno del Battistero fiorentino di San Giovanni e oggi conservata al museo dell'opera del Duomo. Donatello abolisce ogni riferimento alla statuaria classica e concentra le proprie energie nella direzione di una profonda e partecipata analisi psicologica del personaggio. La Maddalena penitente appare non solo sfigurata nel fisico, ma anche dilaniata nell'animo. Viene rappresentata con il volto ossuto e sofferente, con le mani dalle dita lunghe e nodose congiunte nella preghiera. Il corpo, mortificato da un’informe cascata di capelli che la ricopre come se fossero un lungo saio e con i piedi scheletrici modellati sul terreno, come se fossero delle vecchie radici. Anche la scelta di utilizzare il legno non appare casuale, poiché si tratta di un materiale umile e allo stesso tempo vivo. I restauri hanno anche evidenziato tracce di policromia e fra i capelli anche qualche suggestivo filo di doratura. Paolo uccello Paolo di dono, chiamato anche Paolo uccello nacque a Firenze nel 1397. L'artista era poverissimo, tanto da non potersi permettere di tenere neanche gli animali. Al massimo si limitava dipingerli con particolare predilezione per gli uccelli, da cui il soprannome con il cuore ancora oggi è conosciuto. Paolo uccello sembra non aver compreso il clima di innovazione della Firenze dei suoi tempi. Si formò presso la bottega del ghiberti, per la quale lavorò alla rifinitura della porta del Battistero fiorentino. Era ancora affascinato della pittura del gotico internazionale. Nel 1425 lascia la città Toscana per recarsi a Venezia. Rimane per qualche tempo lavorando come mosaicista in San Marco. Solo al ritorno da Venezia si accorge finalmente dell'esistenza di masaccio che da due anni aveva lasciato il proprio testamento artistico nella cappella brancacci, di brunelleschi e di Donatello. Inizia l'ora da applicarsi a questa nuova scienza. La sua ricerca lo coinvolge anima e corpo e quasi lo estranea dalla realtà. Monumento a Giovanni Acuto Nel 1436 l'artista dipinge sulla parete della navata sinistra della cattedrale di Firenze, nel duomo di santa maria novella, il monumento a Giovanni acuto. L'opera celebra il condottiero inglese Hawkwood, nome italianizzato in Giovanni acuto, che nel 1364 aveva sconfitto i pisani nella battaglia di càscina. Il dipinto finge un gruppo equestre eretto al di sopra di un sarcofago che poggia su un basamento sporgente, a eccezione degli stemmi della sella de finimenti, del cavallo e del bastone impugnato dall’acuto. L'affresco è monocromo, o meglio in terra verde, in modo di dare l’impressione di una scultura di bronzo. Per la prima volta dalla fine dell’età classica, l'attenzione di un artista si concentra sul cavallo. Fu quest'opera di Paolo che Andrea del castagno ebbe come esempio per realizzare vent'anni dopo il monumento a Niccolò da Tolentino nel 1456, anch’esso nel duomo di firenze.Questi sono dei finti monumenti funebri, dove il trompe l’oeil illusionistico è molto avanti e dove il rapporto con la scultura è pazzesco. PAOLO UCCELLO è molto più sintetico, invece ANDREA DEL CASTAGNO arricchisce la composizione con elementi narrativi e decorativi, tipici di una fase successiva della pittura. La parte posteriore dell'animale è quasi un cerchio perfetto l'attaccatura della testa al collo e sottile il petto arrotondato, le narici sono dilatate. Paolo uccello aggiunge la geometria per proporzionare il gruppo. Due sono i punti di vista del dipinto, il primo: le mensole, la piattaforma, il sarcofago e il secondo, frontale: il cavallo e il Cavaliere. Paolo dà prova di flessibilità nei confronti dell’applicazione della scienza prospettica. Se il cavallo e il Cavaliere fossero stati messi in prospettiva omogenea, sarebbero stati non solo più piccoli e quindi meno maestosi ma allo stesso tempo sarebbero parsi innaturali. Altre opere per Santa Maria del fiore Paolo uccello sarebbe tornato a lavorare nel cantiere di Santa Maria del fiore nel 1443 per l'esecuzione del quadrante dell’orologio dove realizzò quattro teste prospettiche di profeti o di Evangelisti negli angoli tra il 1443 e il 1445. L'opera del Duomo di commissionò tre vetrate per altrettanti auguri del tamburo della cupola. Quella con la resurrezione è una delle più importanti. Le due figure degli armati che si sono addormentati, vengono compresse contro poste curve del loculo. Il soldato di sinistra rinvia ad un dormiente di Nanni di banco nel monumento funebre di Niccolò Brenzoni in San fermo a Verona, eseguito nel 1425. Battaglia di San romano L'esecuzione delle tre grandi tavole raffiguranti la battaglia di San romano risale al 1438. Queste tavole sarebbero state richieste da Leonardo di Bartolomeo Bartolini Salimbeni per la sua residenza Fiorentina di corso degli Strozzi. I dipinti furono trasportati nella villa della nobile famiglia in Santa Maria quinto, poco fuori Firenze e nel 1480 Lorenzo il magnifico li fece prelevare e condurre a Palazzo Medici in via larga. In quell’occasione le tavole vennero rese rettangolari con delle aggiunte nei pressi degli angoli. Si trattava di un modo per adeguarli alle pareti del salone di Palazzo Medici. I tre dipinti sono attualmente dispersi tra Londra, Firenze, Parigi e raffigurano la battaglia nella quale le truppe fiorentine sconfissero il forte esercito senese il 1° giugno 1432. Mentre le tavole di Londra e di Firenze suggeriscono un solo punto di fuga, la tavola di Parigi ne ha più di uno. È priva di un paesaggio retrostante e fa gravitare l'intera composizione attorno a michieletto attendolo da cotignola, il personaggio centrale in groppa al cavallo nero che si sta impennando. La tavola rappresenta un momento di sosta nella battaglia che negli altri dipinti appare invece furiosa. Nella tavola londinese che ha subito purtroppo una drastica pulitura è mostrato Niccolò da Tolentino alla testa dei fiorentini. Il comandante viene rappresentato al centro della composizione su un maestoso cavallo bianco e dietro di lui sono presenti i cavalieri di Firenze. La scena principale è delimitata sul fondo da Aranci carichi di frutti e da alte siepi di rose in fiore. I cavalli impennati, le armature dai complessi di componenti metallici, gli elmi e cimieri dalle forme fantastiche e le stoffe pregiate catturano lo sguardo, facendo dimenticare la battaglia e trasfigurano l'evento storico nel clima di un raffinato torneo cavalleresco. San Giorgio e la principessa Sempre di PAOLO UCCELLO del 1450 circa abbiamo il San Giorgio e la principessa, conservato a LONDRA alla NATIONAL GALLERY. Questo per vedere dove arriva la sua ricerca di rappresentazione spaziale. Lo spazio diventa quasi fiabesco, i personaggi sono quasi ritagliati sullo sfondo, molto interessante è la rappresentazione degli animali. Storie di Noè Attorno al 1447 Paolo uccello tornò a dipingere il chiostro verde di Santa Maria Novella e il soggetto dei dipinti è costituito dalle storie di Noè. Nella lunetta rappresentò nell'intera composizione due episodi distinti, ovvero il diluvio e recessione delle acque. L'intera composizione è infatti contenuta entro i margini della doppia presenza dell'arca di Noè, della quale viene rappresentata la facciata possente. Il punto di fuga non è unico in quanto ognuna delle due scene ne ha uno a cui riferirsi. A sinistra l'arca di legno è illusionisticamente delineata fin quasi ad avere un vertice coincidente con uno dei punti di fuga. Nel fondo si origina un fulmine che colpisce un albero incendiando lo dalla chioma, si staccano dai rami di frondosi che si proiettano verso lo spettatore. In primo piano a sinistra due brutali giganti armati di clava e di spada, continuano a combattere dando forma al il verde degli abiti degli angeli, il viola nella tunica della vergine e il giallo della frutta. Sempre a Barga, questa volta nel Duomo romanico, Andrea e Giovanni realizzano anche il prezioso tabernacolo del sacramento. La composizione si arricchisce, in questo caso i due statue a tutto tondo poste ai lati del tabernacolo stesso che inquadrato da due paraste ioniche trabeate. Masaccio Masaccio nasce nel 1401. Secondo l'uso toscano, il soprannome con terminazione in accio non implica alcun giudizio negativo. vasari spiega che il suo nome è attribuito in quanto era sempre assorto dalla propria attività creativa, tanto da disinteressarsi completamente di tutto quanto il resto. La formazione artistica avviene a Firenze, dove gli rimasto orfano di padre si trasferisce con la madre, i fratelli, forse già nel 1417. Le notizie sulla sua sulla sua biografia sono molto scarse e non si conoscono neanche quali furono i suoi maestri, tranne forse il pittore Niccolò di Lapo. La tradizione secondo la quale avrebbe frequentato la bottega di Masolino da Panicale è stata smentita dalla critica che lo collocherebbe più come un collega alla pari piuttosto che come suo maestro. Per gli concepisce una pittura nuova, arrivando a porsi insieme a Brunelleschi e a Donatello come il terzo punto di riferimento della rivoluzione artistica del primo 400. Era attivo soprattutto a Firenze, sia da solo che in collaborazione con Masolino. Masaccio lavorò anche a Pisa e a Roma dove iniziò assieme a Masolino un politico per la basilica di Santa Maria Maggiore. È proprio a Roma che morì appena ventisettenne. Trittico di San giovenale Trittico di San Giovenale, 1422 – Cascia di Reggello, proveniente dalla Cappella Castellani Firenze Analisi: normalmente è considerata la prima opera di Masaccio, ma Bellosi su cui ha fatto una mostra su Masaccio nel 2001, che dissente sull’attribuzione. Perché? Soffermarsi sulla figura del Bambino. Potrebbe trattarsi di un lavoro svolto dal fratello, pittore anche lui, e all’inizio hanno lavorato insieme in una bottega. In tutto o in parte, vedere la centralità dello spazio, spazialità del trono. Si potrebbe attribuire a Masaccio solo la Madonna, ma le figure si distaccano dalla qualità alta e quindi probabilmente sarebbe un prodotto di bottega. Da qui si capisce la prima pittura di Masaccio. (O appartiene a lui o è opera del fratello). La tavola reca in calce la data esatta del 23 Aprile 1422 e si compone di tre parti distinte sagomate con terminazione archiacuta. Nel pannello centrale è raffigurata la Vergine in trono che regge in braccio il bambino, mentre due angeli sono inginocchiati ai piedi del trono e danno le spalle a chi osserva la scena. Gli angeli in primo piano creano un duplice piano prospettico. Nel pannello di sinistra sono rappresentati San Bartolomeo che con la destra impugna il coltello con cui gli fu inflitto al martirio e San Biagio. Sono raffigurati in abiti vescovili. Nel pannello di destra sono invece raffigurati San Giovenale e Sant'Antonio Abbate, raffigurato con il caratteristico saio nero da eremita e il bastone a tau. Il dipinto presenta molte novità di rilievo. Lo spazio pittorico è sottoposto ad un'unica regola prospettica. Le linee di fuga del pavimento concorrono in un unico punto della linea di orizzonte che ha corrispondenza con il volto della vergine. L'effetto di profondità risulta ulteriormente accresciuto dalla collocazione degli angeli che sono raffigurati di fronte alla predella in ginocchio, in modo da suggerire la presenza di un piano intermedio tra l'osservatore e la Madonna. Il bambino, raffigurato nudo e con i capelli scompigliati, è colto nell’atteggiamento di succhiarsi l'indice e il medio della Marina destra. Il gesto è assolutamente spontaneo e verosimile, al pari di quello dell'altra mano, con la quale tira un lembo del velo della madre e reggendo allo stesso tempo un graspo d'uva di cui ha mangiato alcuni acini. La stessa definizione del corpo grassoccio del bambino richiama la capacità di Masaccio di rendere le figure vive al di fuori degli schemi imposti dalla tradizione. La Madonna è da mettere a confronto con la Madonna di: 1) Bicci di Lorenzo, Madonna in trono e donatore, 1423 - Analisi: opera di bottega, uno dei pittori più famosi a Firenze in questo momento. Vedere la differente spazialità del trono, come l’evidenza fisica del bambino e del volto della Vergine. Il volto di Bicci è stereotipato. 2) Masaccio e Masolino, Sant’Anna Metterza, 1424 – Firenze, Uffizzi Analisi: dipinto su tavola molto grande, studiato dal Longhi, il quale esegue uno studio sulla distizione delle mani di Masaccio e Masolino. (COLLEGAMENTO: “Prodotto di collaborazione tra Masaccio e Masolino”) Lo stile diverso bisogna confrontarlo con l’impostazione delle figure: Madonna, Bambino. Angeli. -Dov’è Masaccio: autore della Madonna col Bambino e dell’angelo reggicortina sulla destra autore delle figure rese note dalla rigorosa impostazione geometrica. Volumetria maggiore del Bambino e che ha un’evidenza spaziale completamente diversa da quella della Sant’Anna, che è meno classica e quasi bidimensionale. -Dov’è Masolino: si concentra sulla finezza del disegno. Gli altri angeli sono attribuiti, secondo Longhi, a Masolino. È più difficile inquadrare l’intervento di Masaccio e/o di Masolino nelle figure degli angeli. Sant'Anna Metterza Con Sant'Anna Metterza inizia la collaborazione tra il giovane Masaccio e Masolino. Si tratta di una Pala d'altare commissionata per la chiesa di Sant’Ambrogio dei Bonamici, una ricca famiglia di tessitori. Il prezioso drappo damascato, sorretto dai tre angeli reggicortina altro non sarebbe che la riproduzione di un particolare tipo di stoffa prodotta esclusivamente proprio da questa famiglia di tessitori. Dunque, avviare una sorta di vera e propria promozione pubblicitaria. L'opera, oggi conservata agli Uffizi, prende questo nome in quanto la nonna Anna è messa per terza dietro a Gesù e Maria. Il dipinto rappresenta la Madonna in trono con il bambino e Sant’Anna, madre di Maria, messa come terzo personaggio. I personaggi sono circondati da 5 angeli. A Masolino si attribuiscono sia l'esecuzione di Sant'Anna sia quella di quattro angeli. Mentre a Masaccio si deve la realizzazione dell’angelo reggicortina di destra e della vergine con il bambino. Il corpo di Maria è definito con grande sicurezza e assume una massiccia compattezza piramidale, ben percepibile anche attraverso il panneggio della veste. Tutti i personaggi raffigurati da Masaccio, sembrano sempre dotati di un volume proprio, grazie a un sapiente uso del chiaroscuro. Anche il piccolo Gesù, raffigurato nudo e sodo nella sua robusta conformazione da Ercole bambino, presenta un chiaroscuro molto accentuato che plasma i lineamenti del volto e l'anatomia del corpo. Masolino, colpito dalla nuova e straordinaria concretezza della pittura del collega, cercò di imitarla con la sua Sant'Anna ma in cui essa il senso del volume è molto meno accentuato e la convenzionalità dei panneggi, senza uno studio del vero, nascondere difficoltà di una prospettiva incerta. La mano sinistra risulta quasi priva di un braccio al quale con giungersi realisticamente. Cappella brancacci Ritroviamo la collaborazione tra Masolino e Masaccio nella Cappella Brancacci dopo la commissione della Sant’Anna Metterza. La ricostruzione di tutto il percorso della commissione la abbiamo tramite Vasari, Longhi e Miklòs Boskovits. Quest’ultimo ha scritto un articolo focalizzato sulla cronologia di Masolino e tramite questa cronologia si è compreso il percoso con Masaccio. a chiesa del Carmine, oggi dedicata alla Madonna del Popolo, viene affrescata su commissione di Felice di Michele Brancacci. Egli commissione storie che dovevano raffigurare le storie di San Pietro. La commissione è affidata ad entrambi i pittori. Si compara molto entrambi gli interventi. Siccome sono affreschi, eseguiti tra il 1424 e il 1428 con una sequenza complessa. Il primo a distinguere le mani è Vasari, che ci dà un’informazione del tutto sbagliata: Masolino, morendo nel 1440 continuerà i lavori dopo la morte di Masaccio nel 1428, a noi interessa la sua descrizione: Cronologia della Brancacci: è stata iniziata nel 1424, poi il viaggio di Masolino in Ungheria ha interrotto temporaneamente i lavori. Masaccio è andato avanti da solo. Successivamente anche Masaccio intraprende un viaggio e va a Roma, ulteriore stop temporaneo. Ma con la morte prematura nel 1428 non riesce a completare gli affreschi e li completerà successivamente Filippo Lippi Il viaggio a Roma, Vasari: cosa fa a Roma? I lavori sono andati perduti. “Quivi, acquistata fama grandissima, lavorò al cardinale San Clemente, nella cappella. (lavori visione unitaria della realtà. Il paesaggio appare desolato, con le montagne che sono disposte in successione cromatica. Le montagne verdi sono infatti quelle più vicine e quelle grigie-azzurrognole sono quelle in lontananza, con le vette imbiancate. Anche le architetture sulla destra sono ispirate all' edilizia Fiorentina del tempo e contribuiscono ad una chiara determinazione spaziale della scena. Poiché le ombre proiettate dai vari personaggi hanno tutti una stessa direzione, la fonte luminosa che Masaccio utilizza è evidentemente unica e puntiforme, essa viene immaginata proveniente dal lato destro, fuori dai limiti dell’affresco, come se entrasse dalla finestra che illumina la cappella. “Risanare gli inferni” (Vasari). Vasari vede un nesso tra queste storie. COSA DICE VASARI: “Si riconosce l’ardire di San Piero nella domanda e l'attenzione degli apostoli delle varie attitudini intorno a Cristo, aspettando la risoluzione con gesti sì pronti che veramente appariscono vivi, (notare la ripetizione “vivi”). Il San Pietro massimamente, il quale nell’affaticarsi a cavalli denari del ventre, del pesce alla testa focosa per lo stare chinato, si vede poco, ma evidentemente barbari.” Questi affreschi sono stati completamente restaurati negli anni 80, un intervento importantissimo perché prima erano completamente anneriti e si vedevano molto male, invece adesso siamo riusciti a recuperare il colore. Continua Vasari “Il San Pietro massimamente va bene e molto più quando paga il tributo, dove si vede l'aspetto del contare e la sete di colui che riscuote, che si guarda i denari in mano con grandissimo piacere”. “Dipinse via ancora la resurrezione del figliolo del re fatta da San Pietro e San Paolo.” San Pietro (Masaccio) a cofronto con Cristo (Masolino) Analisi: -Masaccio: rialzato di bianco, gioco ombra luce – chiaro scuro -Masolino: ombre molto sfumate, tentativo di resa omogenea del colore. Brani dipinti da Masaccio e degli altri dipinti da Masolino. San Pietro dipinto da Masaccio, è quasi scolpito, plasticità di questa figura. Questo naso con l'ombra così calata, in modo plastico, volumetrico e che segna il naso in modo così netto, quasi una scultura, anche il modo di realizzare i capelli. Invece c'è un altro dettaglio che non è suo. Il chiaroscuro della testa del Cristo è differente rispetto alla testa di Pietro. Differenze dal punto di vista tecnico: guardate il modo di fare le ombre di Masaccio e quello di Masolino. MASACCIO: nella figura di San Pietro si nota la tecnica utilizzata da Masaccio del chiaroscuro: c'è un'ombra più profonda che rende la zona del viso più scura: si dice rialzato di bianco soltanto in questa parte del naso, con una pennellata di bianco vi fa capire tutta l'ombra; si dice che il partito chiaroscurale è risentito, c'è un contrasto molto netto tra l'ombra e la luce; MASOLINO: nella figura di Cristo, le ombre vengono molto sfumate, non c'è questa questa netta scansione luce e ombra, ma il tentativo è quello di una resa omogenea del del colore. I due sono completamente diversi. Pur nella diversità, entrambi fruttano qualcosa di totalmente omogeneo, tipico dell’idea di un cantiere dove, anche se ci sono mani diverse da collaborazione, si arriva a un risultato omogeneo. L'idea dell'artista che si vuole diversificare dal resto dei diciamo come dire, emergere, eccetera è un'idea dell' individualità. In questo momento il cantiere, come era ancora nel medioevo, il cantiere deve essere omogeneo. Perdura questa idea per molto tempo d'accordo. Allora qui abbiamo visto la differenza, qui vi faccio vedere delle altre parti. Pietro che risana gli inferi con l’ombra Nel primo registro della parete di fondo, ma alla sinistra dell'altare è collocato l'affresco con Pietro che risana con l'ombra. L'episodio è tratto dagli atti degli apostoli. Si narra che molti miracoli e prodigi avvennero ad opera di San Pietro che poteva risanare gli infermi al solo passaggio, non appena la sua ombra li sfiorasse. Il palazzo signorile sulla sinistra allude al panorama urbano fiorentino, attualizzando l’ambientazione della narrazione al tempo di Masaccio. Sullo sfondo si notano ancora due sporti medievali e una colonna isolata con capitello Corinzio. All'estremo limite destro. Si intravedono sullo sfondo la facciata rinascimentale di una chiesa e una snella torre campanaria. I personaggi hanno vividi volti di popolani, anche se non documentato, è stato suggerito. Il mendicante barbuto con le mani giunte potesse essere addirittura l'amico Donatello. San Pietro risana gli infermi con la sua ombra, Masaccio: Analisi: anche qui, il povero che si stringe tra le braccia. Queste sono le teste e sono molto simili al San Pietro che abbiamo visto prima. C'è questo tentativo straordinario di realismo anche nell'architettura oltre che nelle figure. Lo ritroviamo sempre nell’opera in questione. Una rappresentazione così realista, in particolare nell’elaborazione artistica di una disabilità, raramente viene elaborata, bisognerà aspettare il naturalismo delle opere di Caravaggio. C'è l'idea dell'uomo perfetto che cambia completamente mentre Masaccio lo sente molto questo cambiamento iconografico, trovando dunque questa scena molto “moderna”. L’ambientazione è medievale. PARETE DESTRA: -Battesimo dei neofiti -La resurrezione di Tabita -La distribuizione dei beni -La tentazione di Adamo ed Eva Battesimo dei neofiti Questa è una delle scene più intense dell'intero ciclo. L'affresco è posto nel secondo registro a destra della finestra della cappella. Il soggetto deriva dagli atti degli apostoli e fa riferimento a quando Pietro battezzò in una sola giornata circa 3000 neofiti. Lo spazio, pur essendo all'aperto è delimitato sullo sfondo. Sono raffigurate delle montagne che chiudono l'orizzonte e suggeriscono il senso della lontananza grazie al progressivo digradare dei colori. La figura del battezzato è in ginocchio e ai piedi di Pietro presenta un corpo scultoreo modellato per massi contrapposte con intensi tocchi di colore che richiamano la pittura compendiario romana. L'acqua che l'apostolo versa sulla testa del neofita, genera realisticamente delle bollicine e ricade lungo i capelli, gocciolando infine nel ruscello sottostante. Lo stesso amore per il vero si ritrova anche nella figura dell'altro neofita all'estrema destra. E’percorso, infatti, da un brivido di freddo dal quale cerca istintivamente difendersi, serrando le braccia conserte. “Datemi ancora che per la morte di esso, Masaccio, restesse imperfetta l'opera che fu poi finita da filippino nella storia dove San Pietro battezza” (Crocifissione di San Pietro) posta sulla parte inferiore della parete destra, che è stata poi finita da Filippino. “Tutte queste figure sono di filippino, questa è la storia.” “Naturalmente si stima grandemente uno gnudo. Vasari sottolinea l’ignudo. Lui dice quindi che trema tra gli altri battezzati a sfide rando di freddo, condotto con bellissimo rilievo e dolce maniera. “...il quale dagli artefici e vecchi e moderni è stato sempre tenuto in riverenza ed ammirazione per il che da infiniti disegnatori e maestri continuamente.” “Fino al di d'oggi è stata frequentata questa cappella.” Fa l'elenco di tutti i grandi che hanno studiato sulla Cappella Brancacci: Disegni di Michelangelo che copia ciò, vede modernissimo lo stile di Masaccio. “Scultori e pittori che sono stati da lui in qua esercitandosi e studiando in questa cappella sono divenuti eccellenti e chiari: Giovanni da Fiesole (Beato Angelico), Filippo Lippi (Filippino) che l'ha finito, Alessio Baldovinetti, Andrea del Castagno, Andrea del Verrocchio, Domenico del Ghirlandaio, Sandro di Botticelli, Leonardo da Vinci, Pietro Perugino, Mariotto Albertinelli e il divinissimo Michelangelo Buonarroti, Raffaello ancora da Urbino, Lorenzo di Credi, Ridolfo del Ghirlandaio, Andrea del Sarto, Baccio Bandinelli, Alonso Spagnolo, Jacopo da Puntorno” La resurrezione di Tabita Analisi: una parte è di Masaccio, una è di Masolino. Come distinguere le mani: Masaccio, secondo Longhi, ma anche secondo Vasari, lavora sui dettagli architettonici, i cosiddetti casamenti. Che cosa sono i casamenti: le architetture. Si nota la prospettiva, col punto di fuga centrale che noi vediamo così ben delineata, soprattutto nello scorcio di questa via, Tentazione di adamo ed eva È la scena che Masolino dipinge all'inizio del secondo registro del pilastro di destra dell'arco di accesso alla cappella. Dunque, perfettamente di fronte alla cacciata. L'artista Analisi: l’arttista è più libero. Abbandono del fondo oro. La concezione dell’adorazione è molto ristretta. I panni sono quelli dell’epoca. Figure plastiche. Tre anni dopo lo eseguirà anche Gentile da Fabriano. La tavoletta centrale della predella in corrispondenza della soprastante Madonna in trono con il bambino il quattro angeli raffigura una particolarissima adorazione dei Magi che rimanda quasi una miniatura. La scena presenta a sinistra la Sacra Famiglia presso la capanna, con la mangiatoia. Al centro sono raffigurati tre Magi che afferiscono a Cristo con i loro accompagnatori e infine a destra sono raffigurati alcuni cavalli. La narrazione suggerisce un senso di spazialità profonda grazie soprattutto ai vari piani di colline sullo sfondo. Il seggio dorato di Maria è un evidente richiamo alla sella curulis degli alti magistrati romani. Le aureole di Maria Giuseppe Gesù sono tutte in prospettiva, in relazione anche la diversa collocazione delle loro teste. PARTE ALTA DEL POLITTICO San Paolo, Polittico di Pisa, 1426 Sant’Andrea, Polittico di Pisa, 1426 Analisi: secondo Strelke, i santi dovevano far parte di un altro polittico andato perduto. Masaccio si è ispirato al Geremia di Donatello, si nota dal gesto e dal panneggio e nel palsticismo della figura posta pur sullo sfondo oro Fondazione della Basilica Liberiana, Masaccio e Masolino, 1428 – Napoli, Museo di Capodimonte. Analisi: celebrazione della Basilica Liberiana, Santa Maria Maggiore a Roma. Faceva parte di un polittico più grande. Proveniente dalla Basilica di San Clemente a Roma. La prospettiva si evidenzia dagli edifici, dove c’è il punto di fuga centrale, idea consueta di tutti gli artisti del momento. Alcuni punti chiave: Masolino subentra alla morte di Masaccio. Non si tratta di un’opera di collaborazione. Si trattava di un polittico smembrato i cui laterali si trovano alla Johnson Collection di Philadelphia. Trinità L'ultima opera, realizzata prima della prematura scomparsa. La prospettiva da l’effetto ottico di sfondare la parete ed è riconducibile all' intervento dello stesso Brunelleschi. L'affresco è collocato nella terza campata della navata sinistra della basilica Fiorentina di Santa Maria Novella e presenta una struttura narrativa e prospetticamente ripartita su diversi piani. Per artificio crea un effetto di grande profondità spaziale, come se la cappella non fosse solamente dipinta, ma quasi scavata, oltre lo spessore del muro. In primo piano Masaccio raffigura un sarcofago con sopra uno scheletro. La scritta allude simbolicamente alla transitorietà delle cose terrene, indicando allo stesso tempo la via della preghiera e della fede, che è l'unica in grado di condurre alla vita eterna. Sopra lo scheletro, su una predella sorretta stavolta da quattro colonne binate con capitelli apparentemente corinzi vi sono le due figure inginocchiate in preghiera dei committenti, ovvero Berto di Bartolomeo del banderaio e sua moglie Sandra, dietro alle quali si apre la cappella dipinta vera e propria. Al suo interno vengono rappresentati in secondo piano in piedi accanto alla croce, la Vergine che rivolge verso di noi uno sguardo severo, indicandoci il figlio con la mano destra e San Giovanni con le mani congiunte. Cristo ricorda il Gesù crocifisso del polittico di Pisa e la potente anatomia di Donatello. È simbolicamente sorretto alle spalle da Dio padre che si colloca in terzo piano. Tra i loro volti viene inserita una candida colomba dello Spirito Santo. Quello che maggiormente colpisce in questo affresco è la monumentalità dei personaggi. Le decise volumetrie dei personaggi contribuiscono a chiarire i rapporti spaziali e si scandiscono fisicamente nei vari piani stabilendo nello stesso tempo anche una gerarchia crescente di valori. È comunque, soprattutto l'architettura a parlare un linguaggio nuovo. La cappella è introdotta da una coppia di paraste corinzie che sostengono una trabeazione dell’architrave tripartito soprastante. Non è difficile vedere in questo complesso come riferimento l'architettura dello spedale degli innocenti. Il piccolo fregio a meandro e l'architettura superiore con i dentelli sono innovazioni introdotte dallo stesso Masaccio. L'interno della cappella è costituito da una volta a botte cassettonata che poggia su due potenti architravi, a loro volta sostenute da quattro colonne con capitelli ionici. L'arco frontale è ripetuto nel fondo della cappella che si conclude una piccola abside e il pulvino sopra le colonne ioniche riprende quelli impiegati da Brunelleschi nell’ospedale degli innocenti. Con Masaccio possiamo dunque considerare definitivamente superata la tradizione pittorica del gotico internazionale. Dello scheletro raffigurato è allegata una frase, che si immagina che sia esso a pronunciarla. -Simbologia dell’Eterno straordinaria, il Padre Eterno non è sottoposto alla comprensione umana, delle regole che vivono nella realtà: traduzione della prospettiva brulleneschiana. I due committenti sono posti nella figura di destra e sinistra, poste una di fronte l’altra, e sono di difficile identificazione. Ma della figura maschile potrebbe essere Lorenzo Carbone, domenicano in Santa Maria Novella in quel momento. Elaborazione che si rifà all’architettura brulleneschiana masolino da panicale Masolino da Panicale, Madonna con Bambino, 1423 – Brema, Museo Analisi: Masolino è importante per i lavori effettuati nel borgo vicino Varese, Castiglione Olona, come va a finire lì? Lavorava per il cardinale Branda Castiglioni, che se l’è portato con sè in Ungheria. Elaborazione raffinata per la realizzazione della figura della Madonna, bisogna confrontarla con l’Adorazione dei Magi, di Gentile da Fabriano, stesso anno di realizzazione. Qui la foglia d’oro è puntonata (vedi l’aureola, effetto del punzone), la linea della veste che accentua la volumetria della Madonna, si vede che c’è stato Donatello, però c’è questa bellezza delle figure. Pietà, 1424 – Empoli, Museo della Collegiata Analisi: Opera che oggi si trova nel museo a Empoli; detta anche Cristo in pietà. Si tratta di un dipinto in cui si nota come Masolino recepisce le novità di Masaccio. Il dipinto rappresenta Cristo che si eleva dal sepolcro; a sinistra abbiamo la Madonna vestita di nero che compiange Cristo; a destra san Giovanni evangelista che bacia la mano di Cristo. Tutte le gestualità realizzate sono tratte dal vero. Il sarcofago evidenzia una prospettiva con punto di fuga al centro del petto di Cristo. Dietro al Cristo vi sono rappresentati i la croce con i simboli della passione. Nella cuspide triangolare superiore vi sono due profeti dentro un tondo e un volto del salvatore al centro a simboleggiare la resurrezione. Beato angelico Guido di Piero noto come beato angelico, nasce a Firenze intorno al 1400, è attivo soprattutto come miniaturista e pittore fin dal 1417. Successivamente entrò nel convento di San Domenico di Fiesole nel 1420, prendendo il nome di fra Giovanni. Nel 1437 iniziò ad affrescare le celle di alcuni locali comuni del nuovo convento fiorentino di San Marco che con nuove storie dei santi Cosma e Damiano. La palla attualmente è smembrata fra i musei di Washington, Monaco di Baviera, Dublino, Parigi e la stessa Firenze. I due santi medici padroni della famiglia medici vengono rappresentati da l'angelico durante l'orrore del martirio. La scena rappresenta la cruenta decapitazione dei due fratelli cristiani che sono rispettivamente rappresentati in abito giallo e rosso, bendati e inginocchiati in attesa del colpo fatale del boia che, brandendo la spada fin dietro la schiena e colto nel momento in cui raccoglie le forze caricando tutto il peso del corpo sulla gamba destra. In primo piano giacciono i cadaveri dei tre seguaci, rispettivamente a terra in atto di cadere ancora in ginocchio, ma con le teste già mozzate in un lago di sangue. A sinistra è presente un gruppo compatto di soldati e due anziani sacerdoti che assistono impassibili al martirio. 5 anelli cipressi chiudono simbolicamente la narrazione separandola dello sfondo. A sinistra sono presenti le mura di un ideale città fortificata, mentre a destra si accavallano colline disseminate di altri borghi e castelli. CONFORNTO FRA: Madonna in trono di MASACCIO e Madonna in trono di GENTILE DA FABRIANO si trovano entrambe alla NATIONAL GALLERY di Londra e sono esposte affrontate. Questa è quella di MASACCIO, fa parte del Polittico di Pisa che risale al 1426. CARATTERISTICHE: Il trono su cui siede la Madonna è un trono architettonico, con i pilastrini, sembra quasi un’architettura. Il bambino è nudo ed ha la manina in bocca. Masaccio ha una ricerca del verismo e del naturalismo. Gli angeli, ai piedi della Vergine, danno profondità alla composizione. Questa è quella di GENTILE DA FABRIANO, del 1425, uno dei suoi capolavori, che precede di poco la sua scomparsa. CARATTESRISTICHE: Il fondo oro è impercettibile, poiché prevale il motivo decorativo, coperto da un suntuoso drappo con fiori dorati. Infatti, qui il trono è quasi inesistente. Il bambino è vestito con la dalmatica decorata. Gentile ricerca la linea, la decorazione e l’eleganza, è un tipo di pittura completamente diversa da quella di Masaccio. C’è un tentativo di resa plastica molto forte, sia nella Madonna sia nel Bambino, che ha una propria fisicità, rispetto a quella degli angeli che sono più ritagliate. Questa Madonna, tra l’altro, faceva parte del Polittico Quaratesi, che ha anche delle storiette che si trovano a ROMA alla BIBLIOTECA VATICANA. Vediamo come in queste storiette Gentile è più libero e narrativo, ci sono dei dettagli di vita quotidiana. La Madonna con bambino, Santi e un donatore La Madonna con bambino, Santi e un donatore è il primo dipinto noto di GENTILE DA FABRIANO, del 1405, si trova a BERLINO al Staatliche Museen. Mettendolo a confronto con la sua Madonna in trono, notiamo la differenza abissale che c’è tra il Gentile giovane e quello di 20 anni dopo. Le ginocchia della Madonna sononascoste dall’abito, il bambino è un ranocchietto, tutti i personaggi sono bidimensionali. Sugli alberi ci sono dei cherubini, un’idea simbolica. Notiamo quanta plasticità ha guadagnato andando a Firenze, ha visto Masaccio e la Cappella Brancacci, ha visto Donatello e si è reso conto che a Firenze si stava lavorando in un modo completamente diverso, quindi ha capito che doveva aggiornarsi, senza buttar via la sua impostazione tardogotica. la Madonna dell’uva C’è però anche un’altra figura che stava guardando Masaccio più da vicino: BEATO ANGELICO che realizza nel 1427 la Madonna dell’uva, così chiamata perché ha in mano un grappolo d’uva, si trova a PRINCETON al Barbara Piasecka Foundation Collection. CARATTERISTICHE: La Madonna è monumentale, raffigurata di 3⁄4 , con il viso intento a guardare il Bambino, s’ispira a quella di Masaccio. Il bambino gioca con l’uva, dando un’idea di movimento che è assolutamente inedita. Il trono non è architettonico come quello di Masaccio, ma la rappresentazione ci si avvicina molto. Siamo nel 1427, solo un anno dopo del Polittico di Pisa, capiamo come Beato Angelico è estremamente ricettivo. Abbiamo quindi visto queste 3 Madonne realizzate a distanza di poco tempo una dall’altra, quanto cominciano ad esser totalmente differenti rispetto a quello che c’era stato prima nella pittura fiorentina. È interessante come questo pittore sia all’avanguardia, ciò rappresenta la punta avanzata del ‘400 fiorentino. Beato inizia a lavorare come pittore di matrice tardogotica perché ha avuto un’educazione appunto tardogotica, molto vicina a Lorenzo Monaco ecc. Tra l’altro Beato inizia la sua carriera di monaco nel monastero domenicano di Fiesole, non di Firenze dove però si sposterà più tardi; anche Lorenzo Monaco era un monaco. Quindi abbiamo una pittura di personaggi che praticano la religione, ma che esercitano anche l’attività di pittore. Confronto tra queste 3 opere per capire quanto BEATO ANGELICO sia molto più vicino a MASACCIO. Anche se nella Madonna di Masaccio c’è il fondo oro, non vuol dire che non ci sia volumetria. BEATO ANGELICO si è iscritto all’ARTE DEI MEDICI E DEGLI SPEZIALI come pittore nel 1417, MASACCIO nel 1422 e MASOLINO nel 1423. Dopo il soggiorno a Fiesole, Beato Angelico, si trasferisce a Firenze dove, all’interno del convento di San Marco (convento importantissimo!), svolge la sua attività di pittore. Negli anni 40 del ‘400, quando tonerà da Roma, diventa priore del convento di San Domenico. Il CONVENTO DI SAN MARCO (1437-1452) è un edificio UMANISTA, progettato interamente da MICHELOZZO, architetto e pittore di grande importanza. Questo è il cosiddetto scriptorium, la biblioteca, dove possiamo notare che lui segue molto Brunelleschi. C’è una sorta di navata, con dei leggii che avevano anche delle sedie, dove i monaci domenicani (predicatori e maggiori studiosi che hanno recuperato i codici più importanti) svolgevano l’attività di copisteria. La costruzione di questo convento si deve a COSIMO DE’ MEDICI, che ha voluto fortemente i monaci domenicani a Firenze perché questi ordini religiosi svolgevano delle funzioni anche civili molto importanti. In questo caso Cosimo voleva creare un enorme centro culturale nella città, quindi costruisce questo convento dove ospita i monaci e li sovvenziona nell’acquisto dei codici da ricopiare. Ogni ordine religioso aveva una propria specificità, cioè svolgevano compiti che andavano ad inserirsi nel tessuto della vita anche civile e non solo religiosa, per questo la loro presenza era molto importante. BEATO ANGELICO, quindi, matura in questo ambiente umanistico, è stato canonizzato da Giovanni Paolo II, cioè la Chiesa lo ha proclamato Santo. Per il CONVENTO DI SAN MARCO dipinge una serie di opere molto importanti. Il Giudizio Universale Il Giudizio Universale è una delle opere più celebri, realizzato tra 1432-1435 e conservato nel MUSEO DI SAN MARCO a FIRENZE. È un dossale che non sappiamo che funzione avesse, probabilmente si trovava sull’altare. Rappresenta appunto il Giudizio Universale, da una parte vi sono i beati e gli angeli che fanno un girotondo, dall’altra i dannati con i gironi dell’inferno. In alto, al centro il Cristo giudice in mandorla con i simboli della giustizia tra le mani, ai lati vi sono Maria e San Giovanni che intercedono e poi abbiamo la corte celeste PALA DI BOSCO AI FRATI Questa è la PALA DI BOSCO AI FRATI con la Madonna con Bambino e Santi, sempre di BEATO ANGELICO, che è dopo il 1450, quando ritorna da Roma. Qui abbiamo un’architettura umanistica. BELLOSI include Beato nella sua definizione di “pittura di luce”, che ha avuto moltissimo successo nell’Italia centrale ma anche a Roma. Non a caso Beato Angelico verrà chiamato a decorare la CAPPELLA NICCOLINA, la cappella di NICCOLO’ V in Vaticano, un capolavoro dell’arte di tutti i tempi. Abbiamo di nuovo i Santi Cosma e Damiano e poi vi è la Vergine inserita nell’emiciclo, molto pierfrancescana anche se in questi anni PIERO DELLA FRANCESCA si trovava a Rimini a decorare il Tempio Malatestiano. La prof. dice che forse è stato Piero ad ispirarsi all’Angelico. Annunciazione da Cortona Nell’ Annunciazione da Cortona di BEATO ANGELICO, conservata al MUSEO DIOCESANO di Cortona, abbiamo la pala quadra, utilizzata anche per un episodio sacro come questo, la carpenteria è originaria. Abbiamo un inno a Brunelleschi, rif. Sacrestia Vecchia. Nella predella non c’è la scanzione tra le varie parti, è solo scandita dalla pittura. Questo è forse il primo esempio di pala quadra con paraste scanalate. Convento di san marco A partire dal 1438 fino al 1450 BEATO ANGELICO decora ogni cella del CONVENTO DI SAN MARCO, con degli affreschi molto raffinati, quasi monocromi, che evocano degli episodi evangelici. Qui vediamo 2 scene con l’Annunciazione e la Crocifissione, queste raffigurazioni sono legate ad una particolare spiritualità, infatti c’è sempre il monaco domenicano che assiste alla scena sacra. Questi affreschi nascono con l’idea di creare all’interno delle celle una sorta di finestra, dentro alla quale immaginare che avvenisse l’evento sacro per aiutare i monaci nella meditazione. In ogni cella c’è un episodio diverso. L’Angelico non ha lavorato da solo ma ha collaborato con una bottega, dove tra questi pittori il più importante era BENOZZO GOZZOLI. Questi straordinari affreschi fanno del CONVENTO DI SAN MARCO un unicum al mondo. Sul CONVENTO DI SAN MARCO c’è una fonte molto importante, per capire il metodo in base al quale si ricostruisce quello che è accaduto all’interno del convento, una cronaca quattrocentesca che assegna tutto il ciclo pittorico del convento a Fra Giovanni da Fiesole. In base a queste vicissitudini BONSANTI afferma che l’intervento di Angelico è stato molto limitato, mentre BOSCOVITS, con l’idea della bottega, ha ribadito l’unità figurativa del monumento e che comunque vi era a capo Angelico. Effettivamente se si vedono gli affreschi, ci si rende conto che ci sono delle diversità stilistiche. Questa è la storia del convento da leggere. Inoltre, la storia di questo convento è molto importante per tutti gli sviluppi futuri, perché i MEDICI, presso il giardino del convento, instituiranno un’accademia delle arti. Nel CONVENTO DI SAN MARCO c’è una zona che è stata musealizzata, che si chiama appunto MUSEO DI SAN MARCO, dove sono esposte delle opere cruciali di Beato Angelico. Tabernacolo dei Linaioli Tra queste il Tabernacolo dei Linaioli, realizzato nel 1433, prima della svolta pittorica e anche della Pala di Annalena. Dove vediamo che, oltre il rapporto con Masaccio, la carpenteria, centinata e ancora di matrice tardogotica, è stata scolpita da GHIBERTI. Il tabernacolo è molto grande, circa 4/5 metri di altezza, eseguito per la residenza della CORPORAZIONE DEI LINAIOLI (l’ARTE DEI RIGATTIERI, LINAIOLI E SARTI presso il mercato vecchio distrutta nell’800). Gli anni tra il 1447-1450 sono anni cruciali perché abbiamo PIERO DELLA FRANCESCA che ha già ampiamente cominciato a dipingere, a Rimini ha portato la sua pittura imbevuta delle ricerche di DOMENICO VENEZIANO, perché è già stato a Firenze ed ha visto come lavoravano Domenico e BEATO ANGELICO. Cappella niccolina Papa NICCOLO’ V, tra il 1447-1450, chiama BEATO ANGELICO, che era suo confratello essendo anch’egli domenicano, a Roma per dipingere la CAPPELLA NICCOLINA, cappella di NICCOLO’ V, che si trova nei PALAZZI VATICANI. L’Angelico affresca le sue stanze con Storie di vita di Santo Stefano e San Lorenzo (noi vediamo quelle di San Lorenzo). Se confrontati con la Pala di Santa Lucia dei Magnoli di Domenico Veneziano, notiamo che la cromia è molto simile, dai colori molto chiari, c’è molto rosa. La pittura di Beato è di un naturalismo straordinario, è molto forte il rapporto tra luce e ombra, il chiaroscuro, invece quella di Domenico è solo di luce. L’idea di BELLOSI, è che quando BEATO ANGELICO muore lascia un vuoto, che nel frattempo è tornato a San Marco a Firenze, e viene chiamato a Roma a colmare questo vuoto PIERO DELLA FRANCESCA in virtù di quella che lui chiama “pittura di luce” che si stava affermando in Italia centrale e che piaceva molto al Papa. Questa commissione papale è talmente importante che Piero, che stava lavorando alla CAPPELLA BACCI a San Francesco ad Arezzo, molla tutto e va a Roma. Il termine “pittura di luce” è coniato da BELLOSI per farci capire tutto un percorso, che nello stesso tempo si allontana dai presupposti di Masaccio perché questa idea della luce non è tipica della sua pittura. BEATO ANGELICO si trova al crocevia tra quella che è stata la tradizione con il plasticismo, le architetture, il punto di fuga centrale e quello che sarà il futuro con la pittura della luce zenitale e chiara, che sarà poi tipica di PIERO DELLA FRANCESCA. Gli anni 30 del ‘400 segnano anche una svolta dal punto di vista della trattatistica, infatti, nel 1436 abbiamo la prima edizione volgare del de pictura di Leon Battista Alberti, dedicata a Filippo brunelleschi. Nel prologo d'essere Lodi di scultori, ovvero Donatello ghiberti e Luca della robbia. Di un architetto, ovvero brunelleschi di un pittore masaccio. Albert insiste in particolare sul fatto che le statue sono modelli ad uso dei pittori. La base di tutto nel disegno. La rappresentazione del corpo umano è molto complessa, quindi dietro deve esserciuno studio anatomico altrimenti non era possibile rappresentarlo. La rappresentazione del nudo nell’arte del ‘400 è un problema, che è sempre stato un po’ idealizzato, è l’umanesimo che porta l’idea che anche il nudo possa essere rappresentato in modo veridico. Non c’era uno studio scientifico sull’anatomia perché i cadaveri non potevano essere sezionati in quanto era contro le indicazioni ecclesiastiche, LEONARDO è uno dei primi a sezionare i cadaveri che però compie un atto illecito. Quindi prima di Leonardo, si prendono a modello le statue per rappresentare il nudo ed è per questo che la scultura è così importante perché, questa, con la sua tridimensionalità offriva un modello straordinario per la rappresentazione del nudo o, in generale, dei corpi in pittura. La scultura era fondamentale per i pittori perché imparavano da quella la plasticità e la tridimensionalità. Filippo Lippi Filippo di Tommaso Lippi nacque a Firenze attorno al 1406. Rimase precocemente orfano e venne quindi avviato alla vita religiosa. Nel 1421 prese i voti nel convento fiorentino di Santa Maria del Carmine, dove ebbe modo di ammirare gli straordinari affreschi che Masaccio stava eseguendo della cappella Brancacci. Fu probabilmente questo incontro a far maturare in lui la scelta di dedicarsi totalmente alla pittura. Un viaggio a Padova gli consentì di conoscere la pittura fiamminga, anche se nella stessa Firenze non mancava l'occasione di poter vedere opere provenienti dalle Fiandre. Fu attivo soprattutto nel Duomo di Prato, mentre dal 1467 lavorò nella cattedrale di Spoleto, dove appunto morì nel 1469. Gli affreschi alla quale stava lavorando vennero completati dal giovanissimo figlio Filippino. Pala barbadori Le madonne raffigurate da Filippo Lippi sono circondate da angeli e santi e sono raffigurati mentre compiono delle azioni in un ambiente circoscritto e architettonicamente definito, senza ricorrere al paradisiaco fondo oro. Questo è il caso della Madonna col bambino, angeli, santi, Frediano e Agostino. Si tratta del pannello principale della Pala Barbadori, già situato nella cappella della famiglia Barbadori, sacrestia di Santo spirito a Firenze e ora attualmente al Louvre. Per quest'opera Filippo Lippi utilizzò una sola tavola nella parte superiore. Sono presenti tre archi e nel dipinto sono presenti due colonnine che suggeriscono una tripartizione. Perciò lascia il convento e continua la sua attività di pittore, sposa una ex monaca dalla quale avrà un figlio, il cosiddetto FILIPPINO LIPPI, che diventerà un pittore eccellente tanto quanto il padre. Dossale Trivulzio Questo è il cosiddetto Dossale Trivulzio o Madonna Trivulzio, così chiamato perché proviene dalla raccolta Trivulzio, una delle prime opere di FILIPPO LIPPI, realizzata prima del 1431, conservato al CASTELLO SFORZESCO a Milano. Non sappiamo bene cosa sia ma non è una pala d’altare, è sicuramente un dossale di un dipinto su tavola, di un qualcosa perduto. Il tema è quello della MADONNA DELL’UMILTA’, ci sono dei frati che sembrano domenicani, tra questi forse San Domenico, c’è Sant’Anna che ha un viso molto realistico, probabilmente d’ispirazione donatelliana. È chiaro il dialogo con la scultura di LUCA DELLA ROBBIA, gli angeli infatti sembrano i suoi putti. Questa data è importante perché negli anni 20 veniva affrescata la CAPPELLA BRANCACCI, quindi Filippo ha visto Masolino e Masaccio lavorare sotto i suoi occhi perché era frate in quella chiesa. la Madonna di Tarquinia Un altro dipinto di FILIPPO LIPPI da giovane è la Madonna di Tarquinia del 1437, conservata a PALAZZO BARBERINI a Roma. Quest’opera ci fa capire come FILIPPO, in questo momento, è ricettivo della pittura fiamminga, infatti vediamo a confronto la Madonna di Lucca del 1436 di JAN VAN EYCK. Le pieghe geometriche del panneggio sono molto simili, la Madonna è collocata dentro una casa, tipica della pittura di Van Eyck che circolava a Firenze perché questo appunto arriva in città (dove dipinge i Coniugi Arnolfini). Inoltre ci sono molti oggetti d’arredamento, anch’essi tipici della pittura fiamminga, dove però in Filippo sono molto meno presenti ma notiamo comunque il libro sul bracciolo del trono. Tra l’altro Filippo va oltre nel realismo inserendo la finestra aperta, perché quando va a Padova vede cose che a Firenze gli altri non avevano ancora visto. Tondo Bartolini Altra opera più tarda di FILIPPO LIPPI è il Tondo Bartolini con la Natività della Vergine del 1453 circa, conservato nella GALLERIA DI PALAZZO PITTI a Firenze. Di solito questi tondi, tratti dall’infanzia di Gesù, sono i cosiddetti “deschi da parto” che venivano realizzati e decorati in occasione della nascita di rampolli dell’aristocrazia, perché non tutti potevano permetterselo. Il tema è benaugurale, qui è quello della nascita della Vergine con al centro la Madonna col Bambino, quindi legati ad episodi della nascita che servivano anche per riporre oggetti del neonato. In quest’opera Filippo attua tutta la sua vena narrativa, vediamo la rappresentazione di una casa fiorentina, la prospettiva, il plasticismo. Piero della Francesca Nella vita di Vasari, Piero della Francesca viene celebrato come trattatista e matematico. La sua eredità teorica è davvero consistente, scrisse un trattato d’ abaco in volgare, uno in latino sui poliedri e uno di prospettiva. Piero della Francesca nacque a borgo Sansepolcro presso orezzo nel 1412. Fu allievo del pittore e orafo Antonio Di Giovanni D'Anghiari. Piero fu certamente a Firenze del 1439. Il suo nome compare infatti in un documento fiorentino di quell’anno relativo a Domenico veneziano, pittore con il quale aveva collaborato probabilmente a Perugia. È proprio nel capoluogo toscano che l'artista ebbe l'occasione di conoscere le opere di Masaccio, di beato angelico, di Paolo uccello. Firenze, in questo momento, era un ambiente internazionale, ricco di personaggi che venivano da Oriente di una cultura straordinaria. Quindi anche a livello di usi e costumi PIERO rimane folgorato da quest’esperienza. PIERO DELLA FRANCESCA è un pittore che la storia ha un po’ dimenticato, tra l’800 e il ‘900 la sua figura è stata rivisitata soprattutto grazie ai viaggiatori inglesi. Battesimo di Cristo Sappiamo che il Battesimo di Cristo faceva parte di un polittico, che poi è stato smembrato e venduto a Sir John Charles Robinson. Uno dei primi dipinti di Piero. È del 1440 circa. L'opera venne realizzata per la chiesa di San Giovanni Val da fra Sansepolcro ed è attualmente conservata alla NATIONAL GALLERY di LONDRA. Inoltre, sappiamo che questo pannello era la parte centrale del polittico la cui complessa carpenteria era stata disegnata dal 1433 da Antonio d'anghiari. Il polittico venne concluso solo attorno al 1460 dal pittore Matteo di Giovanni. Il posizionamento di una scena narrativa, come questa, al centro di una composizione è un unicum ed una novità straordinaria. Il rapporto con la luce è molto fiammingo, dato che a Firenze ha visto VAN EYCK. La presenza degli angeli, abbigliati con abiti orientali, è data dalla narrazione dei Vangeli apocrifi in cui si dice che reggano le vesti di Gesù mentre si immerge nel fiume Giordano, anche se qui è rappresentato come un rivolo, notiamo come il cielo ci si specchia sopra. Alla sx di Cristo vi è il Battista e alla sua dx un albero che non è naturalistico, anche se Piero è molto attento alla rappresentazione della natura, ma in questo caso il colore della corteccia riprende quello della carne di Cristo. Poi abbiamo una straordinaria rappresentazione del paesaggio, la colomba, elemento verticale, una razionalizzazione dello spazio che quasi diventa astratto, molto vicino a Paolo Uccello ma in tutt’altro modo. Cristo è rappresentato al centro della tavola mentre a destra è presente Giovanni Battista che versa l'acqua sulla testa di Gesù battezzandolo. A sinistra sono presenti tre angeli che assistono alla scena. La scena avviene fra le acque del fiume Giordano, in Palestina. Piero dipinge però una veduta della valle del Tevere con una cittadina chiusa fra le sue mura. La solidità del corpo di Cristo rimanda a quella del tronco dritto dell’albero, la cui chioma determina una sorta di cupola che copre l'immagine di Cristo sul quale si libera lo Spirito Santo in forma di colomba con le ali spiegate. L’albero è una noce e rimanda all'antica denominazione della valle in cui sorge Sansepolcro, ovvero Val di nocèa. Un albero di fianco a Gesù è anche un’allusione al legno della Croce. Piero presenta così il battesimo di Cristo come l'inizio della passione che culminerà con la crocifissione. Alla destra del Battista un giovane si sta spogliando, si toglie le vesti prima del battesimo, era inteso dalla chiesa come l'atto dello spogliarsi dei peccati. Il gesto del giovane può essere inteso anche come il vestirsi e quindi può rimandare ad un’allusione alla nuova vita dopo il battesimo. Dietro al nuovo battezzando i farisei e i sadducei si allontanano seguendo il corso del fiume e si specchiano nelle acque. Il cielo è solcato da nuvole bianche, come se fosse tutto in primo piano sui corpi si espande una luce morbida e ben distribuita che non crea ombre violente, ma soprattutto definisce un'atmosfera sospesa in reale. È possibile che la tavola di Piero alluda alla questione dibattuta durante il Concilio di Ferrara - Firenze del 1439. In questa occasione, infatti, la tesi della chiesa romana relativamente alla dottrina della Trinità ha prevalso su quella della chiesa di Costantinopoli. La scelta del soggetto implica la figurazione della prima distinta manifestazione delle tre persone della Santissima Trinità. Nella composizione di Piero non compare Dio padre. Tuttavia, una pioggia d'oro cala dall'alto investendo la colomba in Gesù. Sono di polvere d'oro anche le aureole prospettiche del Cristo di San Giovanni. La forma della tavola, lo stesso schema alludono alla Trinità. La tavola si compone di una porzione inferiore rettangolare di una superiore semicircolare. Il lato superiore del rettangolo è anche la base del triangolo equilatero, il cui vertice sta sul piede destro di Cristo e il cui centro cade proprio sulle mani giunte di lui alla Trinità lodano anche gli angeli stessi EI colori della veste di quello di sinistra. Il rosso, il blu e il bianco erano anche i colori degli abiti dell'ordine dei trinitari, istituito da Papa Innocenzo III nel 1198. Storie della croce Piero della Francesca lavora alle STORIE DELLA VERA CROCE (AREZZO FINE LAVORI 1459 CA) Si tratta di un ciclo di storie affrescate nella cappella Maggiore della Chiesa di San Francesco da Arezzo, inizialmente commissionate a Bicci di Lorenzo dalla famiglia Bacci, che morì nel 1452 (affrescando nel mentre solo le vele) e la commissione venne assegnata a Piero della Francesca. Tema iconografico; affreschi rappresentanti la storia della Croce di Cristo tratte dalla Legenda Aurea di Jacopo da Varezze. Innovativa fu la scelta degli episodi rappresentati da Piero sono dettati da un esponente della cultura umanistica fiorentina Giovanni Bacci. 
 La morte di Adamo Nella lunetta con la morte di Adamo si assiste a tre momenti diversi della narrazione, di cui due in primo piano e uno relegato nel fondo: Adamo morente invia il figlio seth dall' Arcangelo Michele; seth colloquia con l'arcangelo alle porte del paradiso terrestre. Seth colloca il ramoscello datogli dall' Arcangelo nella bocca del padre ormai morto. Nel piccolo gruppo a destra è rappresentata Eva in un abito che le lascia scoperti i seni avvizziti e le spalle curve per gli anni. Sorregge teneramente e con mestizia la testa di Adamo che, vecchio e nudo, narra della promessa fatta dall’Angelo Michele, al momento in cui era stato cacciato dal paradiso terrestre. Seth è rappresentato mentre è coperto parzialmente da un panno bianco e mentre ascolta il padre con il volto serio. Alla scena, assistono una giovane donna in posizione retta e un giovane ritratto da dietro in totale nudità, in un atteggiamento carico di allusioni al photos di skopas. È stato anche suggerito che la posizione del giovane potrebbe avere riferimento con la classica raffigurazione della morte, ovvero un fanciullo con le gambe incrociate e appoggiato a una fiaccola rovesciata. Si tratterebbe di una figura simbolica che rappresenta la condanna del genere del genere umano dopo il peccato di Adamo ed Eva. L' incontro di Salomone con la regina di Saba L’affresco rappresenta due episodi: 1)la Regina di Saba in un viaggio per incontrare Salomone si inginocchia davanti a un ponte il quale, secondo la sua previsione, sarebbe servito a formare la Croce di Cristo 2) nell’altra metà incede abbiamo l’incontro tra la Regina e Salomone in un porticato all’antica. (La modalità di raccontare due storie in un “riquadro” fa parte dell’eredità di Masaccio nel “Tributo”). Nonostante egli abbia raffigurato un episodio che si svolge all’esterno ed uno all’interno, unifica l’ambiente attraverso una colonna centrale, usata come perno per la piramide prospettica. una geometria precisa suddivide la scena in due parti uguali dove sono dedicati gli episodi della regina di Saba, che venera il legno della Croce e Salomone che incontra la regina nel riquadro mediano della parete destra. Il primo episodio a sinistra si svolge all'aperto, mentre il secondo a destra si svolge all'ombra di un portico rappresentato in prospettiva. La regina di Saba riconosce la santità di un legno gettato fra le sponde di un corso d'acqua a mo' di ponte. Si inginocchia, lo venera. Attorno a lei sono rappresentate delle Dame. La regina è coperta da un mantello azzurro rappresentata con le mani giunte e con la destra leggermente chinata in avanti. Il legame che la regina ha con le sue compagne e visibile dei gesti delle loro braccia che quasi si uniscono a formare una sorta di catena protettiva. Una serva è rappresentata in lontananza mentre aspetta e sono raffigurati vicino a lei dei nobili giovani accanto a dei cavalli che parlano tra di loro accanto ad un albero. Nell'ambiente esterno abbiamo un Prato verde con due alberi e delle colline e il cielo con qualche nuvola. L' incontro con il re Salomone avviene invece in un portico con colonne scanalate. Il centro della composizione in questo caso è costituito da Salomone, che stringe nella mano destra la sinistra della regina in chinatosi al suo cospetto. Il re di Israele è raffigurato con un ampio mantello di Damasco, giallo, oro. Le donne e gli uomini che accompagnano i due sovrani si dispongono a cerchio intorno a loro, mentre osservano la scena. Piero della Francesca tratta personaggi secondo dei volumi geometrici precisi. Infatti, è possibile riconoscere nelle teste degli uomini soprattutto delle donne, delle figure ovoidali. Alla geometria riservato anche il ruolo di suddividere lo spazio all'interno. Il riquadro può essere infatti diviso in 8 parti uguali dove è possibile individuare 8 elementi significativi che materializzano le verticali divisorie. Tutte le figure sono rigorosamente contenute nella metà inferiore del riquadro che occupano per tutta l'altezza. Le donne raffigurate all'esterno sono le stesse donne raffigurate all'interno. Piero per raffigurare le quindi in due occasioni diverse ha fatto ricorso. Gli stessi cartoni che ha semplicemente riutilizzato cambiando alcune pose. Il sogno di Costantino Il sogno di Costantino è stato interpretato come come la prima rappresentazione di una scena che avviene di notte, ovvero come il primo notturno della pittura italiana d’arte moderna. Il restauro, che si è concluso nel 2001 ha svelato che non è il buio della notte ad essere rotto dalla luce dell'angelo perché il momento raffigurato da Piero è l'alba. Un chiarore inizia infatti a diffondersi, ma le stelle ancora brillanti punteggiano il cielo. Un Angelo è rappresentato in volo con le ali tese, mentre in mano rega una piccola croce luminosa che porta a Costantino, con la rivelazione che nel giorno dopo avrebbe vinto la battaglia contro Massenzio, se avesse posto sugli scudi dei soldati la croce di Cristo. La scelta dell'alba è in relazione all'avveramento del sogno e al rinvio della cultura classica: secondo la credenza degli antichi, i sogni fatti all'alba non erano soltanto premonitori ma anche veritieri. La luce emanata dalla croce rende luminosissime le piume dell’ala destra dell'angelo e illumina anche la tenda del campo dove l'imperatore dorme. Due soldati armati stanno proteggendo il sonno di Costantino. Il soldato di sinistra impugna la lancia ed è visto di spalle mentre il secondo è rappresentato in veduta frontale e si può notare l’armatura riflettente. Le sagome scure delle altre tende suggeriscono un grande accampamento. È stato dimostrato che le stelle dipinte da Piero della Francesca corrispondono alla vera collocazione di alcune stelle e costellazioni. Corrispondono infatti non a come le si potrebbero vedere dalla terra alzando gli occhi ma come le si vedrebbero stando loro, dietro dal cielo. Qui compare il viso di Giovanni VIII Paleologo nella figura di Costantino che ostenta la Croce e guida le sue truppe contro Massenzio nella Battaglia di Ponte Milvio, questa è un’allusione a dei fatti che realmente accadevano a quel tempo e preoccupavano l’Europa, infatti nel 1453 Costantinopoli fu presa dai turchi ed ebbe fine la millenaria vicenda dell’impero che era divento cristiano attraverso Costantino Slide:Ritrovamento e verifica della croce e miracolo della Vera Croce (in basso) Analisi: La madre di Costantino, Elena, qui ritrova la Croce in Terrasanta, prima si vede il recupero delle tre Croci sotterrate, dopo la vediamo inginocchiarsi di fronte alla Croce che aveva resuscitato un morto e da questo capiamo che era quella di Cristo. Piero fa risaltare il legno della Croce con uno scorcio ben calcolato, dietro di lei vediamo un edificio che doveva alludere ad un tempio di Venere. Anche qui vediamo due episodi nella stessa scena, uno urbano ed uno agreste. Importanza della prospettiva, dettagli tecnici. Slide: Battaglia di Eraclio e Cosroe Analisi: La scena fa pendant con quella della “Vittoria di Costantino su Massenzio”, infatti è posta di fronte (in basso a sinistra) e rappresenta il momento in cui l’imperatore persiano (corsoe) conquista Gerusalemme impossessandosi anche della reliquia della vera Croce. L’imperatore bizantino Eraclio lo sfida in battaglia, vince e lo giustizia decapitandolo. La scena è caratterizzata in gran parte dalla confusione di uomini, armi e cavalli che non nega però la fruizione dei dettagli, l’altra parte della scena riguarda invece la decapitazione. Nonostante la confusione i volti delle figure sono sereni e composti, queste occupano tutti gli spazi intermedi trasmettendo proprio il senso della violenza della battaglia. Slide: Eraclio riporta la croce a Gerusalemme 1452-1455 Analisi: Questa è la scena conclusiva del ciclo e raffigura il rientro della Croce a Gerusalemme grazie a Eraclio, ed un corteo di fedeli che gli va incontro inginocchiandosi. Gli alberi sul fondale colmano la parte verticale della lunetta e si ricollegano a quella con la “morte di Abramo” che ha un’ambientazione simile, mentre le nuvole sono sfumate a cuscinetto (tecnica tipica di Piero), il tramonto sfumato all’orizzonte, chiude il ciclo sullo sfondo. ANNUNCIAZIONE, parete frontale Dove vediamo che Gesù nella mandorla è di impostazione medievale esce dal sepolcro e sotto di lui vediamo le guardie addormentate. In questo momento Borgo San Sepolcro ottiene dai Medici la propria libertà e quindi vogliono una loro autonomia anche figurativa. In realtà si è scoperto che Piero faccia riferimento a un inno pasquale “aurora lucis rutilat” Polittico di Sant’Antonio Piero eseguì questo grande dipinto su tavola per le monache del monastero di Sant’Antonio a Perugia. Forse il polittico venne commissionato all'inizio degli anni 60 e venne concluso intorno al 1468. Si compone di due predelle sovrapposte e di una cimasa cuspidata con un profilo a linee spezzate. Il restauro del 1992 ha confermato che le strutture lignee sono state eseguite contemporaneamente. Questo scioglie ogni dubbio, in quanto molti studiosi pensavano che il politico fosse stato eseguito in due momenti diversi dell'attività artistica di Piero. Pensavano che la parte centrale fosse più antica, mentre la cimasa fosse una parte più recente. Piero deve essersi attenuto alle richieste delle monache per la parte principale caratterizzata dal fondo oro, tipico della tradizione formale gotica, mentre si sentito libero dei vincoli per la composizione del coronamento. Nella posizione centrale è raffigurata la Vergine con il bambino seduta su un trono che poggia sul ripiano di diaspro rosso fuoco. La circondano quattro santi: Sant'Antonio, San Giovanni Battista a sinistra, mentre a destra sono raffigurati San Francesco e Santa Elisabetta D'Ungheria. Sia la Vergine che i santi hanno le aureole specchianti come se fossero dei dischi d'oro. San Francesco mostra la ferita del costato e tiene nella mano destra una croce trasparente in cristallo di Rocca. La cimasa conferma la scelta verso un tipo di pittura luminosa dove l'architettura assume un’importanza non secondaria. L'angelo raffigurato in ginocchio con le mani incrociate sul petto è vestito di celeste, lo stesso colore che va a sfumare sulle ali semi distese. Dietro di lui è presente un arco di un chiostro e un giardino. La Vergine è situata di fronte a lui in posizione stante. Anche lei ha le braccia incrociate ed è ammantata di rose e d'azzurro. I due personaggi sono separati da un’infinità di arcate in fuga prospettica, sulle quali si materializza lo Spirito Santo attraverso la rappresentazione di una colomba. Sotto di loro è presente un pavimento a riquadri rossi con fasce bianche che consentono di collocare le figure in uno spazio misurato. Sacra conversazione Questo dipinto è noto anche come Pala Montefeltro, conservata nella chiesa di San Bernardino ad Urbino. La Pala venne realizzata tra il 1472 e il 1474. È realizzato sia attraverso l'uso dell'olio che della tempera. Ricorda la nascita a Gubbio dell'erede di Federico, ovvero guidobaldo e la successiva morte della moglie Battista sforza e la conquista di Volterra da parte di Federico, che nella tavola appare rivestito dalla sua armatura da battaglia. La Vergine è rappresentata in trono mentre adora il bambino addormentato sulle sue ginocchia ed è circondata da sei santi e da quattro angeli. Davanti a lei inchinato a destra è collocato Federico da Montefeltro. Questa postazione significa umiltà da parte del Signore di Urbino che non ha voluto essere raffigurato al posto d'onore alla destra della vergine. Ma tuttavia la scelta ha anche una motivazione estetica, infatti Federico ha perso l'occhio destro, una parte del naso durante un torneo, ragione per la quale preferiva sempre farsi raffigurare dal lato intero della propria persona. San Girolamo è rappresentato mentre si percuote il petto con un sasso e San Pietro martire alla testa, spaccata e sanguinante. San Francesco, mentre scosta un lembo del saio mostra la ferita sul costato e nella mano destra tiene una piccola croce di cristallo di Rocca. La Vergine con il bambino addormentato rinvia invece al tema della pietà, ovvero alla madre che tiene in grembo il figlio morto sulla croce. Il gioiello che pende dal collo del piccolo Gesù si dispone sul petto del bambino nella stessa posizione in cui una lancia avrebbe perforato il costato del bambino fattosi uomo e crocifisso. La sacra conversazione si svolge all'interno di un edificio classicheggiante. Tutti i personaggi sono nella campata dell'edificio che è più vicino a chi osserva. Dittico degli Uffizi In questo dittico compaiono i ritratti di Federico e Di Battista sforza, le due tavole di piccola dimensione un tempo passato erano unite da una cerniera, si aprivano al libretto e ritratti a uno, quindi una funzione strettamente intima e privata. Le tavole vennero eseguite probabilmente successivamente alla morte Di Battista, tra il 1472 e il 1474. I signori di Urbino sono rappresentati di profilo e sullo sfondo è presente il territorio del Montefeltro, ovvero le Marche. Battista è pallida e indossa un abito prezioso e adornato con gemme. I capelli sono rasati sopra la fronte com'era moda del tempo. Un gioiello con il nastro è legato alla testa. Federico invece ha il volto segnato da rughe e indossa un berretto e una veste rossa. I due coniugi si guardano e la loro Unione è sottolineata dalla continuità del paesaggio. Le due tavolette sono dipinte anche sul retro, con i trionfi allegorici di alle di Federico e della moglie Battista. Nella parte inferiore sono presenti delle scritte latine realizzate come se fossero scolpite su transenne di marmo, inneggiano sia a Federico che a sua moglie Battista. Il paesaggio anche in questo caso è quello marchigiano. C'è continuità tra le due tavolette nel trionfo, Federico è su un carro trainato da stalloni bianchi che sono simbolo di potenza e appare incoronato dalla fama. È inoltre accompagnato dalle virtù cardinali, ovvero dalla prudenza la fortezza, la giustizia, la temperanza. Battista invece appare in trionfo su un carro tirato da unicorni che sono simbolo di castità e accompagnata dalle sue virtù, ovvero la carità, la fede, la castità e la modestia. La scritta che di lei canta le Lodi ha il verbo al passato, segno che al momento dell'esecuzione del dipinto la contessa era già morta. Il dittico, quindi è un ricordo voluto per sé dal signore di Urbino che desidera essere legato per sempre alla sua consorte Battista. Polittico della Misericordia Del Polittico della Misericordia (di Borgo San Sepolcro) non abbiamo le date precise, 1448- 1462, perché PIERO DELLA FRANCESCA ne ottiene la commissione nel 1448 e poi va avanti per gran parte della sua vita, perché lo interrompe continuamente, poi nel 1462 va ad Urbino. Questa che vediamo è una ricostruzione, poiché ogni pezzo si trova in un mueso diverso. Con questo confronto possiamo vedere come il panneggio delle vesti è molto vicino a quello di DONATELLO. Contemporaneamente al Battesimo di Cristo, Piero riceve la commissione del polittico della Misericordia che sviluppa in modo diverso. A livello di datazione è molto complicato perché accompagna per tutta la vita Piero. La commissione attorno al 48 ma lui continua a lavorarci fino agli anni 60 quando si trasferisce alla corte di Urbino. É tutto smembrato, quindi ci sono stati vari tentativi di ricostruzione. Longhi è stato il primo a tentare di ricostruire questo Polittico. - Secondo Longhi i primi due scomparti ad essere dipinti furono i santi Sebastiano e Giovanni Battista (debiti al Geremia di Donatello) - Quindi fu eseguita la zona della cimasa: Crocifissione (che sembra ricordare quella di Donatello per l’espressionismo e il gesto della Maddalena è quello di Maria, mentre il gesto di Giovanni conferisce profondità); San Benedetto e San Francesco (1445-1448) - Almeno al sesto decennio risalgono invece gli altri 19 scomparti (anche secondo la critica successiva) - La predella e i 6 santi laterali sono attribuiti a uno o più aiuti - Il polittico viene smembrato all’inizio del 600, ma rimane nella sua collocazione originaria fino al 1807. Nel 1892 viene ricomposto e nel 1901 viene collocato nel museo civico di Borgo SanSepolcro. Questo polittico ha il fondo dorato perché risponde a un gusto locale ancora arcaico perché in un luogo periferico. Il rapporto tra centro e periferia non è scontato, è un rapporto che vede la periferia imboccare sempre una via diversa, spesso ritardataria. Qui ad Arezzo Sandro di Mariano di Vanni filipepi detto Botticello o Botticelli perché da giovane aveva lavorato presso un maestro orafo chiamato Botticelli o stando ai documenti, perché quello era il soprannome del fratello maggiore Giovanni fu l', esponente della cultura figurativa Fiorentina del tempo di Lorenzo il magnifico. Nacque nel 1445 a Firenze e fu per breve tempo nella bottega di ghiberti, poi passò in quella di Filippo Lippi e poi successivamente da Andrea del verrocchio. È in quest’ultima bottega che ebbe per compagno il più giovane Leonardo da Vinci. Dal 1470 fu pittore indipendente ed ebbe una propria bottega artistica. Dal 1481 al 1482 fu affisso a Roma per breve tempo, al fine di dipingere la Cappella Sistina. Successivamente aderì al movimento religioso del frate Gerolamo savonarola. Il suo sentimento religioso ispirò alle opere eseguite fra lo scadere del secolo e il 1510, l'anno della sua morte a Firenze. La primavera Si deve a Sandro Botticelli l'aver riportato in vita l'interesse per i soggetti mitologici, comunque cari alla cultura umanistica del 400. Sandro propose gli dei antichi e la loro Corte di essere mitici, di cui i poeti classici avevano cantato le gesta e gli amori. Il mito è rivissuto e proposto in chiave cristiana e ha un alto valore morale. L’opera venne dipinta attorno al 1478 per la residenza Fiorentina in via larga di Lorenzo di Pierfrancesco de medici, cugino del magnifico. La tavola rappresenta la primavera. Il dipinto venne portato nella villa di castello poco lontano da Firenze. Dopo il 1516, fu lì che la vide Giorgio Vasari, che per primo ne diede una descrizione. La scena, ambientata in una radura verdeggiante, è delimitata da alberi d'arancio con fiori, frutti maturi, mirto e fronde incurvate di alloro. La lettura del dipinto avviene da destra a sinistra in base alla postura, l'orientamento e le andature dei vari personaggi. All'estrema destra è rappresentata zefiro, il vento primaverile che insegue la ninfa della terra, Clori. Essa viene trasformata in flora, la personificazione della primavera. Botticelli raffigura due volte la fanciulla. Sia appena velata come clori, dalla cui bocca spuntano dei fiori sia come flora. In questo secondo caso indossa una veste ornata di fiori e ghirlande che le circondano, il collo, la testa. Al centro, incorniciata dai rami degli alberi, appare Venere. Venere campeggia contro una pianta di mirto e avanza con passo di danza, offrendosi a chi guarda. Cupido, raffigurato sopra di lei mentre scaglia una freccia infuocata in direzione di una delle tre, grazie. Queste danzano intrecciando le mani, mentre mercurio, che gli eventi è raffigurato al margine sinistro e allontana le nuvole dal giardino con il suo caduceo. La scena assonanze con i versi delle stanze per la giostra del poeta Agnolo Poliziano. È tratta probabilmente da un passo dell'asino d'oro, vero romanzo di Lucio Apuleio, uno scrittore latino del II secolo d.C. In questo romanzo il protagonista viene trasformato in asino e, in attesa di riconquistare il suo aspetto umano, assiste alla rappresentazione del giudizio di Paride, nella quale compaiono tutti i personaggi dipinti da Botticelli. La presenza di Venere è un invito a Lorenzo di Pierfrancesco, scegliere anche lui Venere come fece Paride. Secondo la filosofia di Marsili Ficino scegliere Venere significava scegliere l’Humanitas, termine latino con la quale si più ci si riferisce alla raffinatezza, alla cultura, educazione e alla civiltà. Marsilio ficino. Scrisse una lettera al Lorenzo quando era quindicenne, sostenendo di fare affidamento a queste qualità per avere successo piuttosto che mettersi a favore del destino. Si tratta quindi di un soggetto dal valore pedagogico. La forza di persuasione estense occhi si vede. Il ficino riteneva infatti che i giovani si lasciassero convincere più facilmente dalle dimostrazioni visive che dai discorsi. Questo nascondere dietro le rappresentazioni mitologiche, messaggi e significati chiari solo ad una ristretta cerchia di dotti e al destinatario dell'opera è tipico della pittura botticelliana. Una recente interpretazione vede il dipinto come la raffigurazione delle nozze tra filologia, una fanciulla che verrà resa immortale e il dio mercurio. In base a questa interpretazione, la primavera sarebbe da identificare con la retorica. I corpi non hanno peso. Tutti i personaggi calcano il prato dal verde brillante, ma paiono appena sfiorarlo. L'illusione prospettica ridotta all' essenziale, mentre il paesaggio è costretto nei pochi interstizi fra i tronchi d'albero. La nicchia che raccoglie Venere è di grande effetto perché attraverso il semicerchio che circoscrive un lembo di cielo azzurro, fa convergere sulla terra l’attenzione di chi guarda. Su tutti i personaggi aleggia una sottile tristezza che rende severa anche la leggiadra danza delle grazie. Per quanto riguarda il significato dell'opera, esso ha diverse interpretazioni. - La prima è che rappresenti l'amore tra Giuliano de Medici e Simonetta Vespucci oppure il suo matrimonio con Fioretta Gorini. - La seconda è che rappresenti le nozze di Lorenzo di Pierfrancesco de Medici. Secondo questa interpretazione i personaggi raffigurerebbero: Venere = Fioretta Gorini (prima versione), poi l'Amore Universale; Mercurio= lorenzo di Pierfrancesco; Nascita di Venere Lo stesso intento pedagogico è presente anche nella nascita di Venere. L'opera venne seguita intorno al 1484 per la villa di castello di Lorenzo di Pierfrancesco de medici. Questa tavola propone un soggetto che ha legami con alcune punte classiche, ovvero con la metamorfosi di Ovidio con la naturalis historia di Plinio e con uno degli inni omerici, ma soprattutto con le stanze per la giostra di poliziano. Il tema mostra il significato spirituale che la filosofia neoplatonica attribuiva alla bellezza, ovvero a Venere. In questa opera Venere è rappresentata con un’iconografia di tipo sacro, quella solitamente riservata al battesimo di Cristo, nella quale Gesù viene raffigurato al centro della composizione in posizione retta, affiancato a destra da una seconda figura, ovvero dal Battista e dagli angeli reggi tunica a sinistra. Venere appena nata dalla schiuma del mare viene rappresentata già donna nuda su un enorme conchiglia e viene sospinta da zeffiro che è abbracciato a clori. Viene sospinta verso il litorale dell’isola di Cipro dove flora, che non stano veste bianca ornata di fiordalisi l’accoglie porgendole un mantello rosso cosparso di margherite per coprirla. Dietro flora sono presenti degli Aranci. Fiore che protendono i rami verso Venere e verso il mare. La dea appare fragile e delicata, i capelli le mettono in evidenza l'ovale del volto, descritto dal disegno fine delle sopracciglia. Gli occhi chiari le conferiscono uno sguardo innocente e sognante. Filippino Lippi Figlio di Filippo Lippi e di Lucrezia buti, filippino nacque a Prato nel 1457. Visse con il padre dal quale riprese la passione per la pittura e per il disegno. Fu attivo nella bottega di Sandro Botticelli e venne chiamato a concludere gli affreschi della cappella brancacci da masaccio e masolino, che avevano avuto anche formazione del padre quando era giovane. Monaco del convento del Carmine. Nel 1487 filippino firma un contratto per l'esecuzione degli affreschi nella cappella di Filippo Strozzi nella chiesa di Santa Maria Novella. I lavori si protrassero a lungo e si conclusero soltanto nel 1502. Filippino morì a Firenze. Visione di San Bernardo Nel 1486 dipinse la visione di San Bernardo per il monastero delle Campora a Marignolle. Il monastero venne distrutto nel 1529 e il dipinto fu portato dentro le mura della città, nella chiesa della Badìa Fiorentina, dove è attualmente conservato. In primo piano sono rappresentati delle rocce stratificate e valli e colline punteggiate di chiese e campanili, più fattorie in lontananza. La rappresentazione rocciosa è quindi trasformata in una sorta di studiolo all'aperto. Sulle sporgenze sono appoggiati dei grandi libri e il Vangelo di Luca è rappresentato aperto a sulle pagine iniziali, quelle che narrano l'annuncio dell'arcangelo Gabriele a Maria. Bernardo, siede su un asse di legno che è quasi in bilico, sopra ad una roccia. Davanti a lui è presente questo rustico e scrittoio. A destra nel buio è raffigurato il demonio incatenato che è tradizionalmente attribuito a San Bernardo e indica la vittoria del Santo cistercense sul peccato. In alto a destra sono rappresentate le mura di un convento che sono il centro attorno alla quale gira la vita dei monaci, alcuni dei quali sono presi da meraviglia a motivo della luce che accompagna l'apparizione. In basso a destra è presente la figura del committente, il donatore dell'opera, ovvero Piero di Francesco del pugliese. Era presentato in basso in quanto indica la condizione di vita terrena in uno stato spirituale che è inferiore rispetto a quello della vergine e di San Bernardo. San Bernardo è rappresentato con le mani sollevate dallo scrittoio mentre ruota verso l'alto la testa. I suoi occhi sono però rivolti verso la Vergine, che è una creatura alla quale ha dedicato molti scritti. Maria è raffigurata davanti a lui, con una veste rossa e blu, mentre appoggia la sua mano sul libro del Santo e quattro Angeli accompagnano vestiti di colori sgargianti, mentre tengono i loro occhi puntati su Bernardo. Filippino si servì con maestria della nuova tecnica della pittura olio e risponde con originalità alle suggestioni della pittura fiamminga. Pala di Palazzo Vecchio La composizione della vergine con il bambino i santi Giovanni Battista, Vittore, Bernardo e zanòbi è realizzata all'interno di un edificio. Si tratta di una grande tavola centinata commissionata per filippino per la sala che all'interno di Palazzo Vecchio che ospitava il consiglio. I santi Giovanni, Vittore e zanobi sono i padroni di Firenze, mentre San Bernardo è invece il protettore di Palazzo Vecchio. Questo incarico pubblico venne portato a compimento nel 1486, dimostra la rinomanza di cui già godeva il quasi trentenne filippino. Il punto di fuga sta sull’asse verticale della tavola che la linea d'orizzonte divide quasi porta un frutto alla bocca, il suo volto è molto delicato, con trapassi di colore dall' avorio al rosa delle gote ed è incorniciato dal velo intrecciato ai capelli raccolti. La Vergine affianca da due angeli l'angelo di destra in posizione più arretrata, con il corpo quasi di profilo e sostiene in mano il bambino mentre volge la testa, gli occhi verso l'esterno del dipinto. L'angelo di sinistra, invece, più avanzato e posto di tre quarti da accolto mentre rivolge uno sguardo estatico verso la Vergine. Alla purezza di Maria allude il lungo stelo di Giglio che gli tiene con la mano destra e fa poggiare sulla propria spalla. L'angelo di destra è stato eseguito più rapidamente del compagno, come denuncia l'approssimazione dell'abito. L'angelo di sinistra indossa una veste molto più elaborata che è impreziosita dai veli ma soprattutto da un gioiello che è identico a quello che ferma sul petto il manto della vergine. Due trend e scostate incorniciano il dipinto e svelano il paesaggio retrostante con rocce, colline e montagne in lontananza. Tomba di Piero e Giovanni de medici La tomba venne commissionata da Lorenzo il magnifico e dea dedicata al padre Piero che scomparse nel 1469 e allo zio Giovanni. Non è assicurata la data in cui l'incarico venne dato, mentre quella tradizionalmente assunta come ultimazione potrebbe addirittura corrisponde all'inizio dei lavori. È possibile che il monumento sepolcrale fosse compiuto entro il 1473. Il verrocchio realizza un sarcofago che colloca, entro un'apertura ad arco posta fra la sagrestia vecchia e l’attigua cappella del sacramento. Il sarcofago è una struttura preziosissima, quasi un reliquiario. Le facce sono realizzate in porfido rosso e presentano incastonati dei grandi tondi di porfido verde. Il coperchio è costituito da una fascia modanata a gola di marmo bianco embricato, sormontata da un basso tronco di piramide di porfido rosso, imprigionato nelle maglie di una rete. L'arca è sostenuta da un basso piedistallo di marmo che tramite tartarughe bronzee, poggia sulla soglia di pietra serena. I differenti materiali impiegati sono tutti unificati dal bronzo, gli spigoli della cassa sono fasciati da un elaborato motivo di foglie d'acanto di bronzo, le cui volute panciute terminano con zampe di leone che tengono la cassa stessa sollevata rispetto al piedistallo e di bronzo anche il furto cespo di foglie d'acanto che si sviluppa al centro del coperchio. Una rete bronzea imprigiona il sarcofago, determinando al tempo stesso anche la sua unione con gli stipiti e ll'arco che lo ospitano. Questi attraversati da una fascia di marmo ornato con foglie, fiori e candelabri contribuiscono all’aspetto monumentale dell'opera. L'impiego del porfido, materiale imperiale per eccellenza, rinvia ala classicità romana. Incredulità di San Tommaso Nel 1473 Andrea del verrocchio, eseguì il David per i medici. Dai medici venne venduto alla Signoria nel 1476 e v successivamente al restauro nel 2003 venne restituita la doratura, rivelando anche l’originaria posizione della testa di Golia. L'opera l'incredulità di San Tommaso è posta nel tabernacolo dell'arte della mercanzia in orsanmichele, in sostituzione del San Ludovico di Tolosa di Donatello, che oggi è conservata al museo di orsanmichele. L'opera fu commissionata dall’università della mercanzia. Il tribunale fiorentino, che trattava le leggi sul commercio e sull’economia. Il gruppo venne inaugurato il 21 giugno 1483 e venne realizzato con il metodo della fusione a cera persa indiretta. Le due statue raffigurano uno degli eventi successivi alla risurrezione, quando l'apostolo Tommaso non credette alle parole dei condiscepoli che riferivano di aver visto Gesù e affermava che non avrebbe creduto se non avesse visto e toccato le ferite di Cristo Cristo. Gli apparse successivamente e lo invitava a guardare le proprie mani a toccare la ferita infetta inflittagli sul costato. Il verrocchio ha deciso di raffigurare il momento successivo alla verifica quando Tommaso riconobbe Gesù senza possibilità di errore. Il suo corpo è infatti inclinato verso l'esterno e cerca un solido appoggio sul piede destro. Gesù viene rappresentato mentre con la mano sinistra scosta un lembo della veste, mentre con la destra si leva alta sulla testa di Tommaso. Le due sculture non sono a tutto tondo, ma cave posteriormente, in tale modo possono occupare l’esiguo spazio della nicchia che sembra addirittura più grande. Gli abiti regalano impieghi ampi e pesanti, accompagnando le posture dei busti degli arti. CONTESTI POLITICO- AMMINISTRATIVI E CULTURALI A CONFRONTO Firenze è la culla dell'Umanesimo-Rinascimento, della filosofia neoplatonica ed è sede di un potere (quello Mediceo) che sviluppa, attraverso la figura di Lorenzo, un particolare attaccamento alla cultura. E' la sede di confronto di artisti diversi dalle Weltanschauung più disparate; non abbiamo più un contesto come quello dominato dal genio giottesco, ma artisti che propongono visioni della vita e trasposizioni artistiche diverse. Urbino è la città dei Montefeltro, tra i quali, quello che meglio anima la temperie artistica è Federico. In Federico, come si percepisce dai ritratti di Pedro Berruguete, albergano valori civili, religiosi, culturali; per questo il clima artistico che si delinea viene ad avere tratti definiti, che tenderanno alla conservazione anche dopo la morte di Federico. L'artista che meglio lo rappresenta è PIERO DELLA FRANCESCA. Rimini è la città dei Malatesta. L'arte che vi si sviluppa è meramente auto- celebrativa; per questo non ha tratti definiti e tenderà a dissolversi con la stessa morte di Sigismondo Pandolfo Malatesta. Piero della Francesca opera anche a Rimini, dove lascia un affresco di un Malatesta davanti a S. Sigismondo nel tempio malatestiano Mantova è la città dei Gonzaga, ci opera Mantegna dopo la formazione Padovana. Acquista importanza dopo la pace di Lodi e dopo il concilio per la crociata voluta da Pio II Piccolomini Ferara E' la città degli Este, ancora molto legata agli ideali cortesi e cavallereschi; è molto stimato Pisanello e si apprezza la produzione miniata. I caratteri dell'arte ferrarese sono: cultura cortese,ideali cavallereschi, razionalità pierfrancescana; donatellismo. CONTESTI POLITICO- AMMINISTRATIVI: Ferrara COSME' TURA Nato a Ferrara attorno al 1430, Cosimo (meglio noto come Cosmè) Tura lavorò a lungo per gli Estensi. Dopo aver chiamato anche dalle Fiandre molti artisti, i sovrani di Ferrara decidono di dare un taglio particolare alla loro arte, fatta di tensione lineare e realismo illusivo, ottenuto mediante la sovrapposizione di elementi fantastici e innaturali. Formatosi sulle orme del Gotico Internazionale, in particolare di Pisanello, ebbe modo di risentire positivamente anche delle novità rinascimentali portate nell’Italia settentrionale da Donatello, e di meditare sulle opere di Piero della Francesca e dei veneti Andrea Mantegna. Alla sua formazione contribuì, inoltre, la riflessione sull’attività del fiammingo Rogier van der Weyden presente a Ferrara alla corte di Lionello d’Este, in una sosta del suo viaggio italiano del 1450. Una musa Attorno alla metà del Quattrocento i prìncipi delle maggiori corti italiane iniziarono a costruire delle ville fuori città, le cosiddette «delizie», dove far rivivere gli ideali degli antichi romani per il divertimento e lo studio in solitudine. In esse era presente un piccolo studiòlo (che successivamente verrà realizzato anche nei palazzi di città). Tale ambiente ospitava anche dei dipinti che, data la funzione simbolica dello studiolo, potevano raffigurare le personificazioni delle arti liberali, o le muse, o gli eroi o i sapienti dell’antichità. Lo studiolo della residenza suburbana di Belfiore, a Ferrara, iniziato al tempo di Lionello d’Este nel 1447 e concluso sotto il fratello Borso, era ornato da dipinti raffiguranti appunto le nove muse. Di questi ne restano solo sei; tra essi la Musa probabilmente iniziata come Eutèrpe, Musa della musica. oggi l’identificazione non è ancora certa né univoca (potrebbe essere forse Callìope, Musa della poesia epica). Ulteriori analisi hanno anche evidenziato che il dipinto originario era a tempera d’uovo, mentre quello ora visibile è a olio, segno che, nel frattempo, Cosmè aveva conosciuto la tecnica della pittura a olio importata dal Nord Europa. Il trono verde e rosso rinvia all’antico per la sua spalliera semicilindrica e intreccia motivi decorativi propri della scultura classica a immagini naturalistiche suggerite dall’ambiente marino. Nella parte superiore del trono due delfini mostruosi simulano unarco che introduce a una sorta di catino. Costituito dalla valva di una conchiglia verde, a esso è sospesa una collana di grandi sfere di vetro alternativamente rosse e trasparenti. Altri delfini, identici ai primi costituiscono i braccioli del bizzarro trono. La Musa tiene delicatamente con una mano un ramoscello di ciliegio.Lo sguardo è dolce e appena malinconico. l’ANNUNCIAZIONE e il SAN GIORGIO CHE LIBERA LA PRINCIPESSA Abbiamo l’inventario della bottega dello Squarcione quindi queste cose descritte da Longhi davvero c’erano. L'unica opera certa di Squarcione è Il polittico di Lazara in cui imita l'asprezza compositiva e lineare di Antonio Vivarini. Gli si attribuisce anche una Madonna col Bambino basata, questa, sull'enfasi della linea e sull'enfasi prospettica. È ancora legato ad una spazialità tardo gotica e ad un linguaggio fondato sulla linea; è un tipo di pittura che nasce come costola del linguaggio scultoreo donatelliano MADONNA CON IL BAMBINO Appassionato dell’antico e della spazialità tardogotica, rimane colpito da Donatello. 1455 ca, Berlino, Gemaldegalerie (Berlino), il tema è tratto addirittura da una placchetta donatelliana. Gli elementi chiave sono: festoni di frutta e fiori, linea tagliente soprattutto sui panneggi e colori intensi. È molto donatelliana: rilievo basso, sembra quasi una scultura donatelliana con questo profilo sovrapposto a quello del bambino come nello stiacciato. C’è un candeliere che richiama all’antico. Poi ci sono questi motivi che sono invenzione di Squarcione e ritorna in alcuni suoi allievi come Marco Zoppo. Di Squarcione non abbiamo tante opere. Andrea Mantegna, Madonna col Bambino, 1465 ca, Berlino, Gemaldegalerie Da mettere al confronto con quella dello Squarcione. Questa è più tardae notiamo un’espressionismo molto più accentuata. Punti di affinità tra le dure opere: viso del bambino vicino alla madonna, la gamma cromatica, la posizione delle mani della madonna, il modo di concepire il profilo della vergine (rialzo di bianco presente in entrambi). Anche in Mantegna vediamo un rilievo basso che diventa più volumetrico nella zona del bambino (siamo 10 anni dopo). In Squarcione occhio molto donatellesco, i cui putti hanno occhi simili a questi. Secondo Longhi se Mantegna non avesse visto la scultura di Donatello e i marmi antichi ma avesse semplicemente imparato la linea a Firenze sarebbe diventato come Pollaiolo e Botticelli. I seguaci di Squarcione, detti “squarcioneschi” sono pittori che utilizzano colori forti, linee taglienti e dettagli antichi come citazione erudita. Essi sono Zoppo, Crivelli e lo Schiavone. Il primo e l’ultimo poi verranno influenzati dalla presenza padovana di Piero della Francesca. Quando la vena squarcionesca risulterà superata nei territori veneziani, i pittori si trasferiranno in periferia dando vita alla cultura “adriatica”. Gli Squarcioneschi a padova La Bottega di Squarcione è la fucina di importanti artisti che riescono a fondere i topoi e le tendenze artistico-culturali del momento; la bottega è attiva a Padova. Mantegna, Marco Zoppo, Carlo Crivelli e Schiavone uscriono dalla sua bottega. Tratti comuni: Festoni di fiori e frutta (che sono un riadattamento del decorativismo antico); uso di una linea elaborata e tagliente, enfasi prospettica,colori intensi e marmorei, esasperazioni fantastiche, influenza pierfrancescana Sono artisti di diversa provenienza, Schiavone, ad esempio, è dell'altra sponda dell'Adriatico, considerando il valore di unificazione culturale che questo ha sempre rappresentato. Gli schiavoni hanno questo nome da “slavoni”, coloro che provenivano dalla costa croata e dalmatica possedute da Venezia, e da qui provenivano legno e altri materiali. Il Rinascimento padovano, detto "epigrafico ed archeologico", fu una delle tre componenti fondamentali del Rinascimento delle origini, assieme a quello fiorentino, "filologico e filosofico", e quello urbinate, detto "matematico". - Schiavone; Solo le due Madonne, una con architettura in secondo piano e l'altra con fondo monocromo (nero). Mantiene tutte le acquisizioni della bottega, i festoni, i putti con plasticità donatelliana, fanatismo prospettico mantegnesco - Crivelli; È protagonista di contesti culturali diversi: Venezia, la Dalmazia, le Marche e anche l'Abruzzo. Le opere di Carlo Crivelli sono caratterizzate dall'eleganza formale di derivazione tardogotica ma ammodernata attraverso linee angolose, raffinatezza e decorativismo. È forse il più importante del gruppo. - Marco Zoppo; abbiamo la Madonna del Latte di gusto donatelliano, 1453-1455 ca, Parigi, Musée du Louvre. Autore di origine veneta che si forma con lo Squarcione. Nei putti c’è un forte riferimento all’antico e le ghirlande di fiori e di frutti ritornano anche in Mantegna. - Andrea Mantegna Andrea Mantegna è figlio di un modesto falegname e nacque nelll’isola di carturo, nei pressi di Padova, attorno al 1431. 1441 (a 10 anni) è a bottega presso Francesco Squarcione di cui risulta ‘Figlio Adottivo’. È quindi cresciuto con Squarcione che lo adotta. Squarcione aveva avuto più di 137 allievi, aveva viaggiato in Oriente, raccolto iscrizioni, materiali antichi, stoffe. Nel 1448 (17 anni) stipula con lo Squarcione un compromesso che gli permette di incassare il pattuito per le sue opere (cosa che Squarcione non aveva mai fatto). Evidentemente S. Eragià consapevole della sua grandezza e lo lascia libero di incassare i suoi soldi, è già indipendente economicamente dal maestro OPERE GIOVANILI PERDUTE - Aveva dipinto la casa padovana del Gattamelata, voluta dalla famiglia del condottiero, morto nel 1443. Affreschi perduti in un incendio del 1760 - Nel 1449 Mantegna era stato chiamato a Ferrara dove realizza il ritratto del marchese Lionello d’Este e di di Folco Villaflora. Lionello fu il primo ad avere uno studiolo. Il passaggio alla corte di Ferrara è un passaggio importante perché alla corte di Ferrara oltre a una penetrazione massiccia di opere d’arte fiamminghe abbiamo anche il passaggio di Piero della Francesca perché si reca a Ferrara quando nel ’50 sale a Rimini (ma abbiamo perduto la testimonianza figurativa del passaggio però sappiamo che ci è andato). Quindi cominciano in questi anni a circolare anche idee di Piero della Francesca. Mantegna e Piero a Ferrara nello stesso momento. Filippo Lippi nel ’36 a Padova poi Mantegna arriva nel 43. Piero sale nel 50—> idee del nord dal centro italia al nord - Domenico veneziano va a Firenze —> idee del nord arrivano a Firenze Si trasferì poi successivamente a Mantova nel 1460, dal marchese Ludovico secondo Gonzaga. Se ne allontanò soltanto per comprare due viaggi in Toscana e poi successivamente per lavorare a Roma. In quel periodo Padova era una delle più noti prestigiosi sedi universitari ed Europa, era anche tra i più importanti centri italiani della cultura antiquaria. Questa cultura diventò il terreno fertile su cui Mantegna costruire la propria attività artistica. La sua cultura non è soltanto figurativa, ma soprattutto storico- filosofica ed è questo il terreno di incontro con Donatello. E' l'assimilazione di Donatello a farlo distinguere subito da artisti come Ansuino da Forlì e Niccolò Pizzolo,che pure avevano lavorato con Filippo Lippi e avevano recepito,quindi, le novità rinascimentali. Benché molto giovane il Mantegna diventa l'unico protagonista degli affreschi della Cappella Ovetari, dopo il 1453, dopo, cioè, la cooperazione con Giovanni d'Alamagna, A.Vivarini, Niccolò Pizzolo. La cappella nella chiesa degli Eremitani fu commissionata dall'imperatrice Ovetari. Gli affreschi sono andati pressochè distrutti durante la Seconda guerra mondiale. Andrea Mantegna, Lunetta con i Santi Antonio e Bernardino, 1452, Padova, Basilica del Santo. È una lunetta con il monogramma di Cristo fiammato. Vediamo l’influenza di Donatello. C’è un’evidenza naturalistica straordinaria (vedere natura morta). Questa lunetta è molto ammalata per il cattivo stato di conservazione. Andrea Mantegna, San Bernardino,1450 ca, Bergamo, Accademia Carrara. Si ipotizza sia una commissione i frati della basilica del santo. Il rilievo è molto basso, è presente un’intensità espressiva straordinaria. Poi gli viene commissionato il Polittico di San Luca, 1453, Milano, Pinacoteca di Brera (ma è originariamente stato fatto per Padova) Molto moderno, ha dovuto mantenere il fondo oro (fino agli anni 50 non muore in queste zone periferiche). Vediamo San luca che scrive. Qui abbiamo una rappresentazione del christus patients con i dolenti Maria e Giovanni e ai lati dei santi cari alla cultura padovana (anche Santa Giustina, patrona di Padova insieme a S Antonio). Vediamo come è restituito il basamento della colonna, la natura morta delle ghiande e il trompe-l’oeil con cui ha tentato di rappresentato i marmi. Vediamo degli oggetti per scrivere: libro e calamaio.Vediamo Santa Giustina. Qui si capisce a che punto è la pittura di Mantegna in questo momento. Paragone con polittico di Piero: entrambi con il fondo oro. Plasticismo e senso di rotazione dato dal panneggio e dalla posizione del ginocchio, sembra mettersi in rapporto con lo spettatore—> rapporto con Donatello in Orsanmichele. Stiacciato di Donatello con pieghe sottili quasi grafiche—> qui stesso modo di fare il panneggio. Agosti dice che S Giustina è la punta più avanzata di tutto il polittico, ma anche negli altri santi c’è un forte espressionismo. Andrea Mantegna, Madonna con il Bambino tra San Gerolamo e San Ludovico di Tolosa, 1455 ca, Parigi Musée Jaquemart-André. Il bambino ricorda putti volumetrici e ancora ci sono i festoni tipici dello Squarcione che scompaiono nel polittico di San Luca. Dettagli di grande realismo Zona superiore, VOCAZIONE DI GIOVANNI/SAN GIACOMO CHE DIAPUTA CON I DEMONI (1450). Straordinaria capacità prospettica dell'artista, la vediamo nella restituzione del pulpito dove si trova S. Giacomo nella porta (citazione dall'antico), nella montagna antistante alla raffigurazione ideale di Gerusalemme e nei personaggi molto realistici. Zona centrale (1450) SAN GIACOMO BATTEZZA ERMOGENE/ GIUDIZIO DI S. GIACOMO. Presenza di un digradare prospettico, Personaggi che si affacciano dal balcone, architettura simile ad un tempio classico, con pilastri scanalati e la scena del battesimo in primo piano. Paesaggi sullo sfondo di un arco di trionfo romano che ci fa capire che c'è stato un viaggio a Roma dell'artista o l'utilizzo di libri di disegni, scena dell'imperatore davanti al quale viene condotto S. Giacomo. Zona inferiore MIRACOLO DI GIACOMO/ MARTIRIO DI S. GIACOMO. Arco romano, scena studiata per essere vista dall'alto al basso, confronto con l'altare del Santo di Donatello, arcate concepite anche qui in modo molto simile. Santo scaraventato a terra con l'aguzzino che gli si precipita sopra. STORIE DI SAN CRISTOFORO, Cappella Overari, chiesa degli Eremitani 1454-57. Personaggio che riceve una freccia in un occhio in una scena cittadina. sculture, fregio scolpito e tanto naturalismo. La figura del gigante è quasi completamente scomparsa a sinistra, dove subisce il martirio, mentre il suo corpo colossale viene trasportato alla sepoltura a destra. Le due scene sono spartite da una colonna scanalata. Vasari critica questi affreschi e dice che: "Che non erano cosa buona, perché [Andrea Mantegna] aveva nel farle imitato le cose di marmo antiche, dalle quali non si può imparare la pittura perfettamente, perciò che i sassi hanno sempre la durezza con esso loro, e non mai quella tenera dolcezza che hanno le carni e le cose naturali, che si piegano e fanno meglio quelle figure e sarebbono state più perfette se avevano fattole di color di marmo, e non di que 'tanti colori, perciò che non avevano quelle pitture somiglianza di vivi, ma di statue antiche di marmo o d'altre cose simili” Fa la critica al contrario rispetto a quello che disse di Donatello, di lui diceva che non sono statue ma persone vive, qui dice che sono vivi che sembrano statue, sottolineando questa petrositá di Mantegna che colpisce Vasari. -Scendendo dalle storie più in alto ai registri inferiori si assiste ad un progressivo arricchimento degli elementi del gusto antiquario, con numerosi elementi archeologici. - La cappella venne distrutta nei bombardamenti del 1944, sopravvivono due frammenti e una buona campagna fotografica che l’aveva documentata nel dettaglio. Mentre lavora a questa cappella Mantegna fa anche altri lavori. Nella parete di sinistra della cappella è raffigurato uno degli episodi, ovvero l’andata di San Giacomo al martirio, di cui si conserva anche un in significativo disegno preparatorio che narra come il Santo, durante il tragitto, si fosse fermato a risanare uno scriba ammalato che successivamente si convertì. La scena è organizzata secondo una griglia prospettica. La linea dell'orizzonte, al di sotto all'esterno del quadro, genera una visione in scorcio dal basso verso l'alto e in tal modo le figure acquistano una monumentalità e sicurezza volumetrica. La difficoltà della rappresentazione evidenza però le capacità prospettiche del Mantegna al limite del virtuosismo. Il soldato viene raffigurato al centro della rappresentazione in piedi e infatti è una citazione evidente del San Giorgio di Donatello. Nell’orazione nell'orto di Londra solo il piccolo arbusto al centro rimanda all'ambientazione evangelica dell'evento, ovvero la preghiera di Cristo nell'orto degli ulivi, nella notte in cui fu tradito. Mantegna raffigura i suoi personaggi in mezzo ad una natura spoglia, quasi pietrificata. Il Cristo è raffigurato solitario, inginocchiato sulla dura roccia sagomata come se fosse artificiale, adattata per l'occasione. I tre discepoli sono invece raffigurati mentre dormono in prossimità del torrente Cedron, che pare un canale scavato fra pareti rocciose lisce. Il discepolo a destra è vestito di giallo e viola. È frutto di una lunga tradizione di studio che più tardi avrebbe condotto agli esuli del Cristo della Pinacoteca di Brera la solitudine di Gesù e sottolineata dal fatto che volge le spalle all' osservatore, mentre in media soffre di fronte alla presenza di 5 angeli rappresentati con lo stesso aspetto dei putti romani. Gli angeli mostrano i simboli della passione, ovvero la colonna della flagellazione, la croce, la lancia, la spugna con cui sarebbe stato dato da bere l’aceto. Sulla strada è presente in corrispondenza di una curva che va verso Gerusalemme Giuda che guida la folla di armati che si apprestano a catturare il figlio di Dio. L'albero secco di destra e l’avvoltoio appollaiato su uno dei rami, sono un evidente presagio di morte, mentre l’apparire di nuove foglie sulle sommità del ramo, i leprotti sulla strada e vicino alla roccia davanti alla quale Gesù è inginocchiato e gli uccelli bianchi del fiume simboleggiano la vita e la resurrezione. Gerusalemme è la città che appare sullo sfondo alle pendici del Monte Sion. È immaginata colma di monumenti presi in prestito da Venezia, da Verona e da Roma. Alcuni edifici sono coronati dalla mezzaluna crescente che è simbolo dell'islam. Le mura restaurate sono invece un chiaro riferimento ai passi biblici che narrano delle loro numerose distruzioni e riparazioni. ORAZIONE NELL’ORTO DI TURS L'orazione nell'orto è un dipinto dado al 1457 conservato a Tours. Il pannello faceva originariamente parte della predella della Pala di San Zeno con la resurrezione e nello stesso museo e con la crocifissione conservata al Louvre. Nella poco più tardi orazione nell'orto di Turs le mura di Gerusalemme appaiono invece ancora più rovinate. Il paesaggio invece si addolcisce. La città Santa sorge infatti su una collina verdeggiante e gli alberi carichi di frutta sono in prossimità di Gesù. A sinistra è rappresentato un torrente con l'acqua cristallina. Giuda e i soldati sono invece rappresentati in lontananza sulla strada che si allontana dalla Gerusalemme. Un Angelo è rappresentato, mentre invece esce da un ammasso riccioluto di nuvole stratificate e appare Gesù recando in mano un calice. Gli apostoli riposano invece, secondo delle posture più naturali, l'albero secco è rappresentato a sinistra ed è trasformato in sostegno per una vite carica di grappoli maturi che alludono al sacrificio di Cristo. Pala di San Zeno
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