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storia dell'arte moderna, dal '400 alla Controriforma, Sintesi del corso di Storia Dell'arte

appunti del corso di storia dell'arte moderna, seguiti dal libro Arte. Una storia naturale e civile 3, di Salvatore Settis e Tomaso Montanari.

Tipologia: Sintesi del corso

2019/2020

Caricato il 30/09/2022

Cristi.2022
Cristi.2022 🇮🇹

4.8

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Scarica storia dell'arte moderna, dal '400 alla Controriforma e più Sintesi del corso in PDF di Storia Dell'arte solo su Docsity! ETA’ MODERNA L’Età moderna va dal 1492 al 1789. Dopo viene l’età contemporanea, prima il Medioevo. La periodizzazione non è semplice, ma viene scelta quella della scoperta dell’America, al Congresso di Vienna, ma appunto è indicativa. Probabilmente già prima del 1492 c’era già la modernizzazione, infatti sempre più studiosi attribuiscono alla crisi del Trecento la fine del medioevo. La peste ha velocizzato processi in atto, come la crisi della nobiltà e l’ascesa del la borghesia. La nobiltà basava tutto il suo potere sulla terra, ma dopo la peste nera, con l’abbassamento della popolazione, la gente non aveva bisogno di affittare tutte queste terre dai nobili, quindi si impoverirono, perdendo anche il potere politico . Stessa cosa per il discorso dell’aristocrazia: meno manodopera, quindi chi lavorava alzava i prezzi e guadagnava molto di più rispetto a prima. Cambia anche la politica, poiché mentre prima il potere lo avevano solamente papato e impero, nel Trecento il papa perde importanza. Con il declino di queste due grandi potenze, avviene l’ascesa delle monarchie nazionali, come Francia, Inghilterra, Spagna.. l’Italia rimane divisa per colpa del Papa, che era terrorizzato di avere un re così vicino e bloccava ogni richiesta di unione. Il primo grande evento dopo la Peste nera furono le scoperte geografiche. Con queste il mondo si ribalta, ovvero il nord ricco e il sud povero. Il Quattrocento è un secolo decisivo per la storia d’Europa, in cui l’Italia svolge un ruolo di primo piano. All’inizio del secolo l’Italia era divisa, e lo rimase fino alla fine del secolo. Era divisa in stati regionali, repubblica di Venezia, ducato di Milano, Stato della Chiesa, Regno di Napoli, e altri di minore dimensione, come le corti di Mantova, Rimini, Ferrara e Urbino. Questi stati attraversarono un lungo periodo di scontri, arrivando alla pace di Lodi, nel 1454. IL GOTICO INTERNAZIONALE Il gotico internazionale è collocabile tra 1370 e il 1450, mescolandosi con il primo Rinascimento e le date non sono precise, poiché il cambiamento è stato fluido. Diffuso in tutta Europa, è stato un fenomeno artistico molto importante. Le sue caratteristiche sono l’eleganza, la raffinatezza, la ricchezza cromatica, l’espressività. Si sviluppa una forma d’arte che tende più alla preziosità, alla ricchezza, ma anche naturalità che si lega al gotico. C’è realismo, ma non c’è proporzione e controllo dello spazio. Non c’è interesse per la correttezza delle proporzioni, ma c’è la resa espressiva e della gestualità, si pone più interesse a rendere la raffinatezza dei personaggi, con la volontà di creare opere graziose. Sul piano sociale denota un carattere laico e profano. Il mondo raccontato dai pittori è immerso in una dimensione da fiaba: vergini e santi, dame e cavalieri, uniti da un comune sentire, si muovono entro scenari incantati: giocano, danzano, cacciano, amano, suonano, cantano entro i recinti di giardini meravigliosi, ricchi di fiori e alberi da frutto, o nelle verdi campagne distese, dove sullo sfondo trionfano città fantastiche. Il Gotico internazionale fu prima di tutto uno stato d’animo estetico. Chiamato gotico internazionale o tardo gotico. Gotico internazionale perché c’era un’internazionalità dell’arte figurativa, nonostante le differenze tra artisti e paesi. C’era una caratterizzazione univoca, omogenea. Stile che accomuna le regioni europee. Scambi tra regioni intensissimi, idee, motivi, suggestioni. C’era la consapevolezza di vivere in un’epoca raffinata e colta e che cerca di perfezionarla. I principali esponenti sono Gentile Da Fabriano, Pisanello e Simone Martini, ma elementi di questo stile sono presenti anche in molti artisti del primo rinascimento, come Beato Angelico, Ghilberti e Paolo Uccello. Nella Madonna dell’Umiltà di Simone Martini, notiamo come l’attenzione è posta alle vesti e all’eleganza. La Madonna è seduta per terra, il figlio è seduto sulle sue ginocchia e ci sono due angeli. La Vergine indossa vesti meravigliose. È uno dei soggetti per eccellenza del gotico internazionale. (1340) Madonna con la quaglia, Pisanello, 1420. Troviamo la Madonna seduta a terra, con il figlio che si inarca sule sue ginocchia e due angeli che la incoronano. Il pittore esalta l’eleganza della Vergine attraverso la dolcezza della carne e sottolineando la sua curva tramite il drappeggio della veste. Circonda poi i protagonisti di fiori e uccelli, e un posto d’onore è riservato in primo piano alla quaglia. Preziosità, raffinatezza, attenzione alla natura, che si limita a fiori e uccelli. Sfondo oro. Dalle piccole dimensioni della miniatura e della pittura, la passione per il mondo vegetale e le decorazioni, scala le altezze vertiginose dell’architettura, tanto che questo periodo viene anche chiamato gotico fiammeggiante o fiorito. Questo si vede con la facciata del Ca’d’Oro a Venezia, realizzata all’incirca nel 1420. Ha l’effetto di una struttura leggera, composta da piccoli merletti e pizzo in pietra. In origine la muratura era anche impreziosita da colori e dorature, appunto definita ‘d’oro’. Questo testimonia il tardo gotico a Venez ia. Fin dagli ultimi decenni del Trecento, il gotico internazionale si impose a Milano. In questo Ducato c’era Gian Galeazzo Visconti, che finanziava le arti e fece diventale Milano polo culturale di prim’ordine. Finanziò anche una scuola di miniatura a Pavia, dove si formò MICHELINO DA BESOZZO. Gian Galeazzo è raffigurato in questa miniatura di Michelino, per il suo elogio funebre. È una scena in cui Gian Galeazzo per la prima volta si inchina a qualcuno più potente di lui, a Gesù, da cui si lascia incoronare. Non c’è minima traccia di sconforto che solitamente caratterizza i funerali, ma c’è interesse solo per la scena cortese, è un immagine volta a celebrare il signore. Le figure si stagliano bidimensionali su un fondo decorato, senza preoccupazione per lo spazio. Matrimonio mistico di Santa Caterina di Alessandria. È l’unica opera firmata di Michelino. Come al solito il fondo è oro e c’è un’atmosfera di sogno, dove non è presente alcuna concezione spaziale e le figure esili si accalcano in superficie. Le loro vesti sono sempre preziose e i loro volti paiono modellati con la cera. Come altri, Michelino, usa la tecnica dell’orafo per impreziosire il dipinto. Il trono, le aureole, le corone e le scritte sono in rilievo, attraverso la pastiglia dorata, combinazione di gesso e colla. Nel 1387 Gian Galeazzo Visconti diede inizio alla fabbrica del Duomo di Milano. Si deve a lui infatti se, ancora oggi, Milano gira attorno al Duomo, simbolo della città. Fu pensato come un edificio fiorito di decori e sculture. GENTILE DA FABRIANO è uno dei principali esponenti del gotico internazionale ed elaborò una pittura elegante e raffinata caratterizzata da una grande ricchezza di dettagli. Nasce nel 1370 a Fabriano, nelle Marche, ma datosi che il suo paese non aveva molto da offrirgli, andò a formarsi a Pavia. Pala di Berlino, con la Madonna col bambino, i santi Nicola e Caterina d’Alessandria e un donatore. Incorpora tutte le componenti del tardo gotico: il prato fiorito, l’eleganza delle figure femminili, la meticolosa lavorazione dell’oro e le forme guizzanti del bambino. Morto Gian Galeazzo Visconti, si reca a Venezia. Pian piano anche Ghiberti perde l’essenza del tardo gotico e si avvicina al Rinascimento, ovvero spazialità, veridicità e naturalezza. Una delle formelle della porta nord (28 rilievi) del Battistero, l’Annunciazione, in cui raffigura un angelo di profilo e la Vergine, atteggiata in una posa molto inarcata che risulta innaturale. Nel raffigurare Dio che lancia la colomba, Ghiberti sviluppa un motivo antico, ovvero far il divino che dall’alto domina la scena sottostante. Andando avanti nel corso degli anni si aggiorna, e l’anno dopo che aveva finito la porta nord, ebbe l’incarico di realizzare l’ultima porta del Battistero, che Michelangelo avrebbe poi chiamato Porta Del Paradiso. Viene un po’meno l’eleganza tardo gotica e viene fuori il naturalismo rinascimentale. Usava lo stiacciato di Donatello, non però per creare la prospettiva, ma per delineare i piani e per rifinire i dettagli. Rappresenta le scene dell’antico testamento. Abbandona le cornici quadrilobate, tipiche del Rinascimento e acquisisce lo scompartimento quadrato. Così può organizzare un’architettura naturalistica. In qualche modo si converte alla nuova cifra stilistica, evoluzione. Una delle formella più importanti è quella dell’incontro del re Salomon e la regina Sabha, in cui vuole parlarci anche del concilio 1439, che vuole rimettere insieme le chiede d’oriente e d’occidente. Incorniciato dall’architettura e costruita attraverso la prospettiva, come anche tutt’attorno. FILIPPO BRUNELLESCHI: Brunelleschi attorno al 1420 aveva messo appunto uno stratagemma grafico per riuscire a rendere il nostro spazio tridimensionale su una superficie bidimensionale, ovvero la prospettiva lineare. Si crede infatti ch e il Rinascimento parti da qui. Per scoprirla si racconta che era riuscito a vedere da un disegno, da un foro, davanti a lui c’era uno specchio e riusciva a vedere come si vedesse il disegno per sperimentare la prospettiva. La prospettiva funziona con delle linee, linea di terra, dell’orizzonte, che è quella da dove l’osservatore guarda, e il punto di vista, che è dove convergono tutte le linee parallele, poi c’è il punto di fuga che determina la dimensione delle cose a distanza. Si dice anch e che la prospettiva probabilmente è stata ripresa da Brunelleschi dall’antichità, poiché c’erano disegni impostati secondo una prospettiva intuitiva, ma non è mai stato ritrovato mai nessuno schema che lo certifichi. La prospettiva era già stata annunciata da Giotto, che però la usava in maniera intuitiva, approssimativa. Capolavoro di Brunelleschi è la cupola del duomo di Firenze. La cupola si autosostiene perché ha una sottocupola e segna un punto cardine del rinascimento. Il battistero era già stato ultimato anni prima, ma era rimasto senza cupola poiché le grandi dimensioni avevano impedito a quegli artisti di riuscire a terminarla. Fu bandito un concorso e vennero nominati due capomaestri, Ghiberti e Brunelleschi, e fu il momento per Brunelleschi di prendersi la rivincita, divenne infatti presto l’unico direttore dei lavori. Il suo progetto prevedeva 8 costoloni e altrettante vele e pensò ad una copertura a doppia calotta, utilizzando una particolare muratura con i mattoni a spina di pesce. Brunelleschi guardò all’antico per le tecniche, ma non per la forma, poiché la struttura concepita prima, aveva bisogno di un verticalismo ancora in versione gotica. Ricevette l’incarico di progettare l’ospedale degli Innocenti, per i bambini abbandonati. Una struttura che pare ricalcare uno studio in prospettiva. Probabilmente è la prima architettura del Rinascimento, incipit della città moderna. Qui per la prima volta il vocabolario classico, colonne, archi, capitelli.., un’architettura pensata in termini geometrici. Fin dai primi degli anni Venti Brunelleschi si occupò anche della ristrutturazione della Basilica di San Lorenzo, il quale progetto prevedeva 3 navate. Qui notiamo che il vocabolario dell’architettura e la concezione dello spazio erano completamente nuovi, nuovi perché antichi, ispirati all’arch itettura romana. È costituita da un’aula che appare come uno spazio cubico, realizzata in colore neutro e con elementi architettonici di pietra serena, la pietra grigia, simbolo di Firenze. Ci sono dei rilievi di Donatello colorati. Come ad esempio nella Resurrezione di Drusiana, che ci appare con uno sfondo colorato e mette in risalto le figure bianche e, Drusiana, la donna in nero, che è resuscitata e si crea un’esaltazione attorno a lei. DONATELLO: altro grande innovatore fiorentino. Spirito radicale che supera la cultura classica. Si forma nella bottega di Ghiberti e studia con Brunelleschi. Le sue opere traspaiono la classicità, i volumi, i panneggi e la compostezza classica, sobrietà. Realizza due David, uno del 1430 e uno primi anni della sua attività. Uno tardo gotico, molti dettagli, seppur con una proporzione classica. L’altro è stato fatto dopo un rapporto con la classicità, ha una nudità prettamente classica, nonostante ha qualche caratteristica del tardo gotico come l’eleganza. Il secondo, di bronzo, rappresenta un ragazzo completamente nudo, con indosso solamente un cappello e i calzari. Ha in mano una spada e una pietra, con il quale ha battuto Golia, che è sotto il suo piede. Lo ‘stiacciato’ di Donatello è molto importante poiché butta dentro la scultura le invenzioni di Brunelleschi sulla prospettiva, ed è un espediente che emerge le figure in primo piano, che sono molto in rilievo, finché mano a mano si allevia. Come il Banchetto di Erode, un’opera che implica più scene, questo è possibile grazie alla divisione degli spazi, secondo quest’invenzione di Donatello. In primo piano c’è Erode a cui viene presentata la testa e ne rimane inorridito, di fronte Salomè che danza, accompagnata da dei suonatori che si trovano in secondo piano. Ancora dietro si assiste ad una scena precedente, ovvero quando la testa del Battista viene offerta a Erodiade. La scenografia è palesemente ispirata all’antichità. Altre sculture fondamentali sono quelle che fece per l’Orsanmichele, una chiesa gotica, che sulla facciata ha le due statue dei loro santi padroni. San Giovanni Battista di Ghiberti, è la traduzione delle formelle che ha realizzato nella porta nord. La forte inarcatura del santo è messa in rilievo dalla forte piega del panneggio. Rispecchia ancora lo stile del tardo gotico. San Giorgio che sconfigge il drago è la scenetta raccontata nel basamento, utilizzando la tecnica dello ‘stiacciato’. Lo scultore ha collocato il cavaliere che uccide il drago al centro e a sinistra c’è la roccia da cui esce il mostro, a destra la principessa fuori da un palazzo. Il san Giorgio di Donatello è un santo cavaliere, tanto adatto a essere reso con una raffinatezza gotica, è spogliato di ogni orpello: saldo e severo, il giovane si staglia a guardare l’orizzonte, ostentando avanti a sé il grande scudo. I piedi sono ben piantati a terra, e la figura appare armonica e ben proporzionata, quasi fosse una statua antica. A dimostrare come in questa fase di transizione convivessero linguaggi diversi, Donatello inserì una scultura tanto moderna in un tabernacolo con un coronamento ancora gotico, mentre nel basamento risalta una scenetta raccontata con un senso di verità che non si era mai visto prima. Un’opera che testimonia la formazione di Donatello con Ghiberti è il crocefisso di Santa Croce, che somigliano alla crocefissione di Ghiberti per una formella del battistero. Diverso da quello del suo predecessore è il volto, dal quale emerge un naturalismo quasi brutale, fin qui sconosciuto. Infatti il Vasari ci racconta che Brunelleschi lo avesse sfidato, dicendogli che aveva messo in croce un povero contadino, e Donatello lo spinse a farne uno anche lui. Quello di Brunelleschi è un’opera che sembra da Rinascimento maturo, usa un umanità sublimatica e dignitosa e dimostra a Donatello che si può essere umanistici senza necessariamente andare verso la brutalità, senza essere troppo espressivi. Il suo cristo è quasi felice. NANNI DI BANCO: anche lui partecipa alla realizzazione delle statue per l’Orsanmichele. 4 santi coronati, gruppo scultoreo. Occupano lo spazio con possenza e determinazione. I primi sono in luce e gli altri in ombra. Linguaggio innovativo rinascimentale e tardo gotico rinnovato. MASACCIO: il suo nome significa trasandato, diminutivo di Tommaso. Fa una vita breve, muore a 27 anni. La sua rivoluzione avviene in 7 anni, giovanissimo e mette insieme una serie di opere straordinarie. Porta a compimento quello che Giotto aveva iniziato. Riporta la natura nella composizione. Vasari dice di lui che gli altri dipingevano, lui creava cose vere. Le sue prime opere sono influenzate da Brunelleschi, con il quale condivide ricerche e caratteri. Le prime opere sono condizionate da Brunelleschi. Lavora anche con Masolino, anche lui sotto l’influenza tardo gotica. Trittico di San Giovenale, influenza tardo gotica (fondo gotico) ma impostazione con la prospettiva di Brunelleschi e anche la postura dei personaggi è solida, sono tridimensionali. La prospettiva si vede anche dalla postura delle figure, che hanno un incarnato chiaroscuro e hanno una struttura fisica. Anche il trono marmoreo ha un impianto prospettico. Sotto un retaggio tardo gotico, come anche la Madonna, che è elegantissimo, ma ad esempio il bambino ha una corposità tipica del rinascimento. Anche MASOLINO DA PANICALE è anche lui ancora tardo gotico e quando muore Masaccio quasi dimentica le innovazioni a lui insegnate, tranne la prospettiva. Le sue figure sono eleganti. La collaborazione tra Masaccio e Masolino (madonna con il bambino, o di sant’anna metterterza) composizione tardo gotica, drappo e angioletti, eleganza di sant’anna, la linea, ma ciò che contrasta è che la madonna e il bambino sono concepiti in maniera differente, sembrano dei blocchi scultorei ed è inevitabilmente di Masaccio, poiché si vede che non si fa distrarre dalla raffinatezza, è rigoroso e sobrio. Il volume è il principale obiettivo. Masaccio dipinge un'altra Madonna da solo ed è molto diversa da quella che fa con Masolino. La Madonna è un’entità plastica, entrano nello spazio ed è una figura viva e da tridimensionalità mettendo due angeli davanti e mette la Madonna di ¾ dando volume. LORENZO MONACO: artista tardo gotico. Figure allungate. Eleganza e cortesia. Cerca comunque di inserire elementi naturalistici, come il paesaggio, ma ancora tanta fiaba. BEATO ANGELICO erediterà il cromatismo da Lorenzo Monaco. Artista che coglie la rivoluzione di Masaccio, ma lo porta dentro al tardo gotico, che dona alle sue opere un aspetto lezioso. Trittico di san Pietro Martire: Struttura gotica, ma figure che rendono lo spazio, come i piedi, che ci dicono dove stiamo, mentre i piedi delle opere tardo gotiche sono posti in una spazialità incerta e spesso contraddittoria. Opera importante è la Deposizione, stempera la rivoluzione di Masaccio, e la integra con lo stile gotico, che è ancora richiesta. Organizza lo spazio in maniera realistica, dà un carattere plastico alla figura senza eccedere, mantiene il cromatismo, cosa che non faceva Masaccio, ma che piaceva molto alla società. È un’opera palesemente influenzata dalla pittura fiamminga. Beato Angelico realizza per il convento di san Marco circa 40 affreschi, che hanno la caratteristica di sposarsi bene con il Convento. Sobrietà, senso dell’unità e compattezza spaziale, dettagli limitati, visione generale, prevale l’essenzialità di spazio, luce e colore, ma ad esempio con il segnare l’ombra dell’angelo in un quadro segna la realtà. Le sue figure sono animate, hanno tutte una fisionomia diversa, interagiscono tra di loro e anche con l’osservatore. Annunciazione di Cortona: Beato Angelico ci mostra che è l’artista della mediazione: usa la composizione spaziale di Brunelleschi, con un lessico ancora tardo gotico sono presenti perciò giardini fioriti, ma appunto all’interno di un’architettura realizzata secondo la concezione prospettica. La Madonna nella sua eleganza, ha comunque un vigore plastico, che è però moderato. Non c’è l’esuberanza del dettaglio, ma le figure sono le uniche protagoniste. Non c’è più tutto lo sfarzo del tardo gotico, come notiamo dal trono della Vergine, che è meno eccessivo rispetto ai precedenti. Per la pala d’altare affrescò una Madonna col Bambino e santi. In quest’opera, diversamente da quelle degli anni precedenti, notiamo come i santi vengano raffigurati nella scena assieme ai protagonisti, mentre prima si dividevano in scompartimenti. Come nella pittura fiamminga, sono raffigurati i committenti in basso, inginocchiati verso la Vergine. Nell’affresco della guarigione del diacono Giustiniano osserviamo come l’ambiente domestico sia raffigurato in prospettiva e come la luce illumini la stanza, simbolo dell’influenza fiamminga. Nel 1439 ci fu l’incontro tra la chiesa di oriente e quella d’occidente e per l’occasione Beato Angelico viene invitato a Roma per dipingere le storie di santo Stefano e san Lorenzo per la cappella Nicolina. Per quest’opera si avvicina di più alla classicità per l’architettura, probabilmente dovuta alla visita a Roma, ma rimane comunque elegante nelle vesti e seppe rendere solenne le scene. Nella scena in cui san Lorenzo riceve il d iaconato osserviamo il pontefice che compie la consacrazione, e sembra essere raffigurato come il committente. L’architettura che delimita la scena è in prospettiva. In questo episodio è raffigurato il papa Sisto II che affida a san Lorenzo i tesori della Chiesa. Accanto a loro si svolge un’altra scena, ovvero dei soldati si affrettano a scardinare la chiesa. Tra gli artisti della mediazione c’è anche PAOLO UCCELLO, artista dotato di una straordinaria vena creativa. La sua pittura è concentrata sul fiabesco, ma è considerato pittore rinascimentale per la sua ossessione alla prospettiva. Dipinse 3 tavole che raccontavano la Battaglia di San Romano: la visione è fantasiosa, con impostazione prospettica solida. Le lance sono messe in modo da suggerire lo spazio in tutti e 3 le tavole. Le immagini sono possedute da una vena irrazionalistica, come il capo del cavaliere fuori luogo. Si nota l’ossessione per gli scorci difficili e per i volumi di corpi e oggetti. Si nota l’impeto della battaglia in primo piano e la città sfarzosamente tardogotica in fondo. Monumento equestre di Giovanni Acuto: è affrescato su una parete del Duomo di Firenze per rendere onore ad un condottiero inglese. Facendo tesoro dell’illusionismo della trinità masaccesca, realizzò un dipinto scultoreo. La prospettiva precisa, lo rende molto realistico. FILIPPO LIPPI: si confronta anche lui con Masaccio, poiché prese i voti nella cappella Brancacci ed avendo tutti i giorni sotto agli occhi quegli affreschi, divenne uno dei suoi più precoci seguaci. Madonna dell’umiltà e santi: naturalismo, sfondo celeste e non oro. Le figure sono salde. Trittico dell’umiltà: il fondo è dorato, nonostante la base rinuncia alle cuspidi tardo gotiche. Compare in questo quadro la committenza, con lo stemma raffigurato nello scompartimento in alto e il committente in basso, come se fosse mozzato dalla cornice e stesse spuntando per raccogliere la benedizione del Bambino, tenuto in braccio dalla Vergine, circondata da angeli. Madonna Tarquinia: figura singolare, trono che non ostacola la visuale, ma fa vedere oltre, scoprendo un interno. Molto innovativa, volumi di Masaccio, prospettiva di Brunelleschi e la pittura della pittura fiamminga, anche se la cornice è ancora gotica. Annunciazione raffigurati la Madonna e l’arcangelo Gabriele e dietro, a equilibrare la scena, due angeli eleganti. C’è l’influenza tardo gotica, ma l’organizzazione spaziale rinascimentale. Dall’ampolla col giglio disegnata in basso notiamo anche l’influenza fiamminga. Convitto di Erode: Duomo di Prato, Storie di San Giovanni Battista, influenza di Masaccio molto evidente poiché la storia si svolge in maniera orizzontale e in 3 momenti, come nel Tributo di Masaccio. 1 testa del Battista appena tagliata, danza di Salomè difronte a Erode e Elodiade. Alle spalle del tradizionale gruppo della Vergine col Bambino, all’interno di un palazzo, sono ambientati due episodi della vita di sant’Anna, madre di Maria. A destra sulla scala, è narrato l’incontro di Anna con il marito Gioacchino, mentre a sinistra è illustrata la nascita della Vergine. Le diverse grandezze delle figure misurano, oltre alla profondità spaziale, la distanza temporale che separa i tre momenti. Filippo Lippi riesce ad armonizzare le singole parti della storia, narrata con straordinaria sintesi narrativa e unificata dalla complessa architettura di gusto rinascimentale. Vergine col bambino: è l’opera più celebre di Filippo Lippi, caratterizzata dalla straordinaria spontaneità della rappresentazione. Il piccolo Gesù, coperto solo dalle fasce, risponde allo sguardo di Maria e protende le braccia verso di lei, sostenuto da due angeli. Quello in primo piano rivolge lo sguardo all’esterno, a coinvolgere lo spettatore, con volto sorridente. Non ha finora trovato conferma l’ipotesi che il volto della Vergine sia quella di Lucrezia Buti, la giovane monaca pratese che divenne moglie di Filippo Lippi. Opera figlia del tardo gotico, ma trasceso. Forma che ha vigore. Paesaggi della maniera fiamminga. DOMENICO VENEZIANO: non solo artista di mediazione tra tardo gotico e rinascimento, ma anche artista di congiunzione tra Firenze e Venezia. Chiamato pittore della luce, elemento cardine sul quale costruisce le immagini, di carattere naturalistico. Da lui si intravede la rivoluzione di Piero della Francesca, suo allievo. Madonna con santi: qui si riassume il nuovo linguaggio. Ci sono diverse innovazioni, come l’abbandono della cornice dorata e la scena regolata dalla prospettiva, che traspare dal pavimento alla base del trono. Quello che stupisce sono i colori, chiari come non si erano mai visti. Tondo di Berlino, adorazione dei magi: ci sono ancora degli elementi tardo gotici, come il prayo fiorito e la ricchezza delle vesti, c’è però tridimensionalità che si denota dalla capanna e dal paesaggio in lontananza. ANDREA DEL CASTAGNO: fu anche lui un seguace della pittura della luce. Ultima cena: suo quadro più famoso. La scena si svolge in un edificio all’antica. L’aspetto prospettico è esagerato: il pavimento, il soffitto, lo spiovente del tetto, e le pareti laterali. Gli apostoli sono figure statuarie e a unificare il tutto è una luce intensissima, che accende la tovaglia come fosse un neon. BENOZZO GOZZOLI, Viaggi dei magi. LEON BATTISTA ALBERTI: artista a tutto tondo, architetto, pittore, scultore e scrittore, teorico d’arte più famoso del Rinascimento. Considerato un’artista intellettuale moderno. Ebbe contatti con molti artisti di quell’epoca, in particolare Brunelleschi, da cui riprese gli studi sulla prospettiva. Alberti 1435 scrive il ‘de pictura’ in cui fa una dedica anche a Brunelleschi per confermare il suo debito con lui. Qui scrive le regole scientifiche della prospettiva lineare, portando a termine ciò che aveva iniziato Brunelleschi. Mise al centro dei suoi scritti il fondamento razionale dell’arte e la necessità dell’artista di conoscere, studiare, ovvero la visione della realtà razionale. Tra i suoi lavori più significativi notiamo la facciata di Palazzo Rucellai, in cui doveva intervenire su un edificio preesistente per accorparlo in maniera razionale e dotarlo di un’unica facciata monumentale. Il prospetto del palazzo è diviso su 3 piani, coronato da un ampio cornicione. Cosa particolare di questo palazzo, è il grande sedile che ti trova alla base, pensato come collegamento tra palazzo e società. Per la scansione dei livelli utilizza una soluzione architettonica, recuperando gli ordini vitruviani dell’antica Roma. Le finestre sono bifore con un arco a tutto sesto e i capitelli sono incassati al muro. L’ordine di questi variano dall’alto verso il basso. Al piano terra c’è l’ordin e dorico, al primo quello ionico e al secondo il corinzio, riprendendo il modello di uno dei più celebri monumenti dell’antichità, il Colosseo. Altro incarico importante ricevuto da Alberti fu la facciata di Santa Maria Novella, in cui dovette armonizzarsi con quanto già fatto in precedenza. Usò uno stile classicista nella cornice principale e nelle 4 colonne dell’ordine inferiore. C’è la volontà di riconoscere il valore della tradizione medioevale fiorentina. Decorata da motivi geometrici e decorativi tipici del Romanico fiorentino. Monumento equestre di Niccolò da Tolentino, modellata sul Giovanni Acuto di Paolo Uccello, anche lui pensato come una scultura. Figure di uomini e donne illustri: ciclo profano in cui raffigurò in programmi di 3, una serie di donne virtuose, prodi miliari e poeti fiorentini. Va poi a Mantova, dove poi morirà. Il primo compito a lui affidato fu quello di decorare una cappella privata, l’opera la Morte della Vergine. Lei è anziana e distesa sul letto di morte, con attorno apostoli che hanno un aspetto donatelliano, anche per il vigore. Sul fondo della sala si apre una finestre che mostra un paesaggio, che però non è quello dove si pensa la morte di Maria, bensì è uno scorcio di Mantova, proprio ciò che si vedeva dalla casa dei Gonzaga. In una scena, Ludovico Gonzaga e la sua corte, osserviamo lui affianco alla moglie, seduti, mentre un segretario consegna loro una lettera, che si pensa possa essere la notizia della morte del signore di Milano, Francesco Sforza. In un’altra scena notiamo l’ incontro tra Ludovico Gonzaga e il figlio Francesco cardinale, con i suoi 3 figli. Accanto al marchese c’è Francesco, suo nipote, che erediterà il suo titolo. Sullo sfondo di questa scena osserviamo una città fortificata, ispirata alle mura di Roma. Sempre qui la grande invenzione dell’oculo prospettico, ovvero la volta che sconfina l’esterno, che imita la visione sul cielo aperto con una serie di putti che si affacciano sulla stanza e testimoniano la sua fantasia e la sua abilità prospettica. L’oculo è circondato da medaglioni con gli imperatori, identificati da una scritta. Riesce con la pittura a fingere elementi architettonici. Cristo morto: è una delle opere che meglio testimonia l’abilità del Mantegna, che si inventa quest’immagine dall’alto, come se noi stessimo davanti al Cristo. Gesù è sdraiato sul letto di morte e affianco si scorciano 3 figure, che lo piangono. Sembra essere un blocco scultoreo e con l’espediente del lenzuolo abbassato riesce a concentrarsi anche sull’anatomia del corpo, Drammaticità assurda, non nell’espressione, i personaggi sono composti e monumentali, ma il pathos lo raggiunge con l’oppressione dello spazio. COLANDONIO: fu uno dei protagonisti della pittura napoletana del ‘400, testimone dell’influenza fiamminga in Italia. Nella sua bottega si formò Antonello da Messina. Pala di san Lorenzo Maggiore: per questa pala affrescò San Lorenzo che consegna la regola agli esponenti del suo ordine, spartiti tra uomini e donne. Strano perché san Girolamo, morto anni prima di San Francesco, indossa vesti francescane, come a far intendere che fu un suo predecessore. Sotto notiamo un altro affresco, San Girolamo nello studio, in cui notiamo molto l’influenza fiamminga, ad esempio nei libri riprodotti fedelmente. Notiamo anche che non c’è rigore prospettico e nulla di rinascimentale. Nella crocifissione tutto è narrato con colori esuberanti e i protagonisti sono compatti e studiati bene nelle anatomie. Il fondo è delimitato da rocce e in fondo c’è una città che ospita un monumento con una cupola simile a quella del pantheon. Nell’orazione nell’orto notiamo gli apostoli che dormono serenamente, mentre Cristo recita la sua ultima preghiera e sul fondo una curiosa Gerusalemme, che alterna architetture venete e romane. Angeli con la croce simbolo della passione. Camera degli sposi: Mantegna fu chiamato a decorare parte del Castello di San Giorgio, dove tempo prima passò Pisanello a decorare una stanza con un tipico ciclo cavalleresco di impronta tardo gotica. Datosi che nel gusto di qualche decennio i gusti della committenza cambiarono quasi completamente, lo stile rinascimentale di Mantegna era perfetto per decorare la cosiddetta Camera degli Sposi. Decorazione dell’esaltazione della famiglia Gonzaga. Struttura della stanza gotica, ma le opere di Mantegna sono rinascimentali, poiché prevalgono le forme, la costruzione spaziale, non decorative, ma presenze fisiche. Qui rappresenta scene di corte delimitate da un finto loggiato decorato da festoni. I personaggi sono solidi e alle loro spalle si apre un paesaggio. ANTONELLO DA MASSINA: È l’artista di sintesi tra la cultura italiana e quella fiamminga. Utilizza la pittura ad olio. Porta le novità della pittura fiamminga e le integra. La pittura fiamminga si occupa molto dei dettagli, ma non della visione prospettica come quella italiana, che invece è molto più sintetica. Napoli e Umbria sono i posti in cui dove c’è più scambio con la cultura fiamminga. Nella Crocifissione ci viene mostrata l’influenza fiamminga dei personaggi, ma sembra rinunciarci per il paesaggio, che si affaccia allo stretto di Messina, con una vista dilatata e non piena di dettagli. Crocefissioni a confronto, Antonio da Messina e Mantegna, sono molto diversi. Aspetto contemplativo di Antonello, aspett o monumentale di Mantegna, composizione ariosa di Antonello, mentre Mantegna chiude ogni spiraglio per dare espressività. Polittico di San Gregorio: testimonia un carattere tardo gotico, ma certifica anche la cura fiamminga, dal suo realismo e naturalismo. È presente anche la pittura rinascimentale italiana, datosi che tutto è tirato in prospettiva. Altra cosa importante da notare sono i piedi dei santi, che vengono collocati oltre il basamento, a cercare un contatto con l’osservatore. Altro dettagli che certifica l’influenza fiamminga sono il rosario e la targhetta. Pala di San Cassiano: scambio tra lui e Bellini. Naturalismo straordinario. Resta solo la zona centrale con la Madonna col Bambino, accompagnata da 4 santi. San Sebastiano: opera in cui Antonello sembra più italiano che mai. La scena si svolge tra le architetture di Venezia, in prospettiva e il nudo è plastico come le figure di Piero della Francesca. La profondità è data dalla perfetta scansione del pavimento, dagli scorci e anche da una figura sdraiata, come a testimoniare la conoscenza delle innovazioni del Mantegna. I ritratti di ¾ a fondo scuro sono molto innovativi rispetto a quelli di quegli anni. C’è l’uomo con la sua naturalezza e la sua espressione, l’uomo che entra nella storia dell’arte. Come i fiamminghi realizzò con questa angolazione e su un fondo nero. GIOVANNI BELLINI: è colui che inizia il rinnovamento della pittura di Venezia. Fa anche lui una sintesi, fonde tutti gli elementi fiamminghi e italiani. Ebbe inoltre la capacità di prendere il meglio dagli artisti con cui veniva a contatto, notiamo infatti come le sue prime opere si avvicinano a quelle di Mantegna, mentre le ultime a quelle di Tiziano. Orazione sull’orto: come quella di Mantegna. Si formano insieme e riceve da lui una forte influenza. Si vede infatti che ci sono alcuni suoi tratti come la roccia, ma spariscono le città fantastiche, impressionanti e ricche di classicità, Bellini preferisce un paesaggio che fa da elemento principale, ha una luce più calda ed è avvolgente. Pietà: iconografia prettamente fiamminga. Influenza di Mantegna molto evidente, nel panneggio e nella definizione anatomica, anche nella città che fa da sfondo. Comporre metallico. Ne fa poi una seconda (pietà) in cui esce fuori la sua umanità, nel gesto della Madonna, in San Giovanni che si rifiuta di guardare addolorato. La luce opera un’armonia, unisce i volumi. Molto più naturale. Connota il passaggio dalla maniera di Mantegna a quella personale che man mano si precisa. Annunciazione: ci troviamo all’interno della casa di Nazareth di Maria, in cui ricevette l’annuncio dell’arcangelo Gabriele. Il fondo della scena è scuro, con finestre che scorciano il paesaggio fiammingo, assieme alla luce, il tutto amalgamato alla resa dello spazio. L’Annunciata: fondo scuro, che tradisce l’innovazione fiamminga, strano anche il volto di 3/4, perché di solito si usa la figura di profilo. Dato naturalistico del viso, sintesi tra spazio e forma. Quindi unione tra arte fiamminga e italiana. Lo vediamo anche in due altre opere che ha fatto sulla Trasfigurazione. Dai panneggi diversi si vede la differenza. Su quello più recente si vede che il paesaggio è protagonista, la luce modella tutto. La prima è più fedele al linguaggi di Mantegna, nelle pieghe dure dei panneggi, nella saldezza delle figure e nell’aspra base rocciosa in primo piano. Nella seconda invece pare aver cambiato completamente stile. Grazie alla pittura ad olio riesce ad addolcire le figure. Per la pala di San Giobbe, in cui raffigura una sacra conversazione, è una risposta alla pala di San Cassiano di Antonello da Messina. Riporta infatti alcune cose, come le qualità luministiche e naturali delle figure e degli oggetti, oltre all’ambientazione: entrambe le scene si svolgono in un ambiente prezioso messo in prospettiva. Pala Pesaro: inserisce nella pala uno sfondamento prospettico di un paesaggio, a testimonianza dell’importanza che ha per lui, per la divinità. Il gusto gotico è ancora tante volte richiesto e gli artisti lo usano esclusivamente perché gli viene ordinato. Il dipinto illustra l’incoronazione della Vergine e 4 santi. Innovativo il fatto che quei santi non sono negli scompartimenti laterali ma dominano la scena assieme al Cristo e alla Madonna. La prospettiva è descritta dal pavimento e dalla base del trono e c’è un quadro nel quadro, dove viene riportato un paesaggio. Unisce praticamente la pittura fiamminga a prospettiva, ci gioca. Madonna con Bambino e santi, trittico Pesaro: cerca di accontentare al meglio la committenza, facendo un’opera che si distaccasse dal passato. La cornice più che gotica è infatti antiquaria. Gli scomparti sono ben unificati grazie a delle costruzioni architettoniche ben disposte in prospettiva. L’opera è ricca di dettagli, ma anche di prospettiva albertiana, unito ad una luce diffusa e calda. Si intravede anche il paesaggio dall’architettura laterale. La Madonna col Bambino: rinuncia all’architettura e al trono e entra in un rapporto diretto con il paesaggio, con la natura. Bellini porta nella pittura l’umanità e l’unità, attraverso la luce. Fa entrare in un rapporto unitario, assieme al colore. I colori sono accostati secondo il principio del cosiddetto tonalismo. CIMA DA CONEGLIANO: artista che seguì molto Giovanni Bellini. In entrambe le opere, ovvero la sacra conversazione e la Madonna dell’arancio, somiglia a Bellini, nelle architetture antiquarie, nella luce cristallina e nel paesaggio. VITTORE CARPACCIO, innovatore, artista che introduce le innovazioni della pittura del 400. Scene urbane. Tratto fiammingo, molta attenzione ai dettagli. Nell’opera il miracolo della reliquia ci troviamo a Venezia, su Canal Grande, nei pressi del ponte di Rialto, che prima era in legno ed oggi è in pietra. Il canale è trafficato da gondole e una di queste è condotta da un nero, simbolo della città multietnica che era Venezia. Carpaccio è uno straordinario regista, che ha l’ansia di riempire la scena con momenti di vita ed è così che ci ha lasciato un’immagine che ci rende al meglio l’attivismo di Venezia del ‘400. Sogno di Sant’Orsola: molto legate alla pittura linearistica ed elegante, tardo gotico. Non c’è vitalità, è contemplativo. Nel Sogno di sant’Orsola, la ragazza è mostrata mentre dorme nella sua camera, in un grande letto a baldacchino circondato da cassapanche per la biancheria. Un angelo le appare in sogno al sorgere del sole, con un ramo di palma in mano, preannunciandole un destino di martirio. La posizione della ragazza, con la mano appoggiata a conchiglia all’orecchio, sembra indicare che ella, sia pur mentre dorme, si pone all’ascolto della parola di Dio. La Madonna con il bambino e il doge: Quest’opera è celebrativa ed è per una famiglia, di cui è anche raffigurato il doge, inginocchiato, mentre San Marco lo presenta alla Vergine e il Figlio. Pala di San Zaccaria: la pala non è più un interno, ma apre le arcate a simulare la spazialità esterna. La Madonna e il Bambino siedono su di un trono sopraelevato rispetto ai santi che li accompagnano e in basso suona il solito angelo. Ciò che introduce qui è la prospettiva del pavimento e il loggiato aperto. LEONARDO DA VINCI: ragazzo che mostrò subito una curiosità per la natura. Esploratore, conoscitore, scienziato. Il disegno è un mezzo di indagine per indagare la natura. Oltre al paesaggio e alla sua prospettiva aerea anche l’uomo è oggetto delle sue indagini. Analisi per l’anatomia (si racconta anche che sezionasse cadaveri per studiare), ma anche il carattere espressivo dell’uomo. Annunciazione: prato fiorito di gusto tardo gotico e fiammingo, come la Madonna che è elegante e bellissima. Gabriele è inginocchiato sul prato, mentre la Vergine siede nel suo porticato, intenta, come da tradizione, a leggere un passo del Vecchio Testamento. La composizione è piramidale, come quella imparata da Verrocchio C’è un grande lavoro sulla prospettiva, e sua innovazione, si vede la prospettiva aerea: capisce che più si allontana l’occhio e più l’immagine si fa sfuocata, meno nitida. Paesaggio con fiume: Leonardo descrive con un tratto rapido una veduta del Valdarno, dov’è presente vegetazione, campagna e un centro abitato. Già in questo suo disegno lascia intravedere come non si appassionerà alla minuzia dei dettagli della pittura fiamminga, ma capisce che le cose bisogna rappresentarle con l’atmosfera. Adorazione dei magi: prospettiva perfetta. Abbozzo della campagna e ricompone la struttura piramidale. Sembra che la Madonna si isoli dagli altri. I magi e gli altri sembrano posseduti da un’eccitazione, che scatena atteggiamenti e posture scomposte. La Madonna invece è fissa e sobria. Va a Milano, dove c’è Ludovico il Moro, perché a Firenze c’è ancora la ricerca di perfezione ideale. Leonardo ricerca invece il naturalismo, incontra qui Donato Bramante, pittore e architetto. Dama con l’ermellino: uno dei ritratti più famosi. In realtà è Cecilia Gallerani amata di Ludovico il Moro. A questa immagine era dedicato un sonetto e per questo la dama e l’ermellino si rivolgono verso sinistra, come se stessero ad ascoltare. L’ermellino è l’animale che richiama la purezza. Ritratto diverso dai ritratti passati, vicino alla ritrattistica di Antonello, arte fiamminga. Anche se i corpi sono statici, i loro volti indicano dinamicità, anzi la vita. Pala della cappella della confraternita dell’Immacolata concezione. Realizza 2 versioni, probabilmente causa di una lite per il pagamento. Vengono chiamate Vergine delle Rocce. Probabilmente narra una vicenda in cui la madonna nel corso della fuga in Egitto ha l’incontro con san Giovannino, alla presenza dell’angelo. La Madonna siede a terra e allarga la destra a proteggere sotto al manto Giovannino, mentre Cristo gli punta il dito per benedirlo. La posizione si regge su una costruzione piramidale. Il paesaggio è ricostruito sotto un’attenzione naturalistica, come anche le figure che prendono vita grazie allo sfumato, che attenua i contorni, anche se nella seconda opera i colori sono più nitidi e brillanti. Inserisce in quest’opera una comunicazione di gesti. Ultima cena: esperimento, affresco a secco perché gli interessa enfatizzare il senso espressivo. Per questo impiega un sacco di tempo e siccome il luogo dove lo fece era molto umido, è arrivato a noi molto deteriorato. La scena si svolge in un interno dal quale entra la luce attraverso 3 grandi finestre. La vicenda è scandita da gruppi piramidali e anche Gesù da solo ne forma uno. Solitamente nelle rappresentazioni dell’ultima cena veniva trattata l’eucarestia, un momento di raccoglimento, mentre Leonardo decide di riportare la scena in cui Gesù avvertì tutti dell’imminente tradimento. Questa notizia porta scompiglio e turbamento, resi attraverso la gestualità delle figure, mentre il Cristo rimane inerme. Gioconda: ritratto della moglie del Giocondo, Lisa Gherardini. Ci gira per molto tempo con questo ritratto, finché non va in Francia e si sente compreso. Sostituisce lo sfondo con il paesaggio, pensato sempre con la prospettiva aerea. Naturalismo e realismo per ogni dettaglio naturale. Lo sfumato, l’atmosfera che ne consegue e l’espressività rendono questo viso, secondo il Vasari, più divino che umano. La Monna Lisa incarna la bellezza universale, che ancora oggi viene apprezzata. DONATO BRAMANTE: figura di spicco della Maniera Moderna, segnato da Piero della Francesca. Pittore e architetto. I l Cristo alla colonna: il protagonista è Cristo, in un corpo solido e ben analizzato nell’anatomia, legato ad una colonna spigolosa, decorata con motivi antiquari. Diversamente da Leonardo, notiamo che allo sfumato preferisce una luce netta e luminosa, grazie alla quale Cristo risulta levigato come una statua di marmo. C’è realismo, che si nota dalla faccia grigia, dovuta alla corda attorno al collo. Ha un’intensità drammatica forte. Santa Maria presso San Satiro: qui diede prova delle sue abilità prospettiche in architettura. Qui seppe usare la prospettiva per risolvere un problema di spazio. Riuscì con un vano illusionistico a fingere la profondità dietro all’altare della Chiesa. DOMENICO GHIRLANDAIO: Operò soprattutto a Firenze, divenendo tra i protagonisti del Rinascimento all'epoca di Lorenzo il Magnifico. Verso il 1480 in particolare divenne di fatto il ritrattista ufficiale dell'alta società fiorentina, grazie al suo stile preciso, piacevole e veloce. l’Ultima Cena: la scena è la stessa che si svolge nel Cenacolo di Leonardo. Anche qui Cristo annuncia il tradimento, ma la reazione è molto più concitata. Le figure sono timide e poco disinvolte. NEOPLATONISMO: tutto ciò che è materia è qualcosa da rigettare. La scultura toglie materia e va a tirare fuori la forma ideale che secondo i neoplatonici è già presente nella materia. Gli uomini del Rinascimento fiorentino svilupparono nuove concezioni, in cui il Mondo assume un aspetto dinamico dove l'uomo altro non è che un gradino intermedio tra l'essere e Dio. SANDRO BOTTICELLI: È colui che incarna la Firenze di Lorenzo il Magnifico. Anche lui, come Leonardo, si affida alla recitazione dei suoi attori, ma il risultato è meno concitato di quello di Leonardo e le figure sono costruite attraverso dei netti contorni. Pare abbia iniziato a esercitarsi nella bottega di un orafo e si sia avvicinato molto alle innovazioni del Pollaiolo e del Verrocchio, come nella costruzione del panneggio e nella luce che definisce i volti. Adorazione dei magi di santa Maria Novella: dipinto omaggio dove ci sono i ritratti dei Medici, Cosimo, Piero il Gottoso, Lorenzo ecc. inserisce anche il suo ritratto (è il soggetto vestito di giallo), a testimonianza della protezione di cui gode da parte dei Medici. Struttura piramidale che isola la vergine. Disposizione spaziale attenta e sul fondo rovine classiche. Guarda all’antico, ma erede del Verrocchio, linearismo, ma allievo anche di Filippo Lippi, grazia e dolcezza. Fortezza: Botticelli ha il suo linearismo, ma l’immagine è più espressiva. Fa parte del ciclo che comprende altre 6 virtù affrescate dal Pollaiolo. Interpretazione del neoplatonismo, bellezza mezzo per raggiungere il divino. Il Neoplatonismo è associato a Botticelli e prevalentemente a due dipinti, che ancora ad oggi hanno una fama universale poiché hanno un linguaggio che tende alla bellezza. Sono la Primavera e la Nascita di Venere. In queste opere Botticelli rinuncia alla spazialità e anche le figure appaiono bidimensionali e prive di rigore plastico. Propone, con queste due opere, la visione di un paradiso ideale. Primavera: al centro della scena c’è la dea Venere, in mezzo ad un bosco di aranci, accompagnata in alto da Cupido bendato, alla sua sinistra dal vento Zaffiro ed una ninfa, che diventerà poi Flora (personificazione della Primavera), mentre a destra danzano le Grazie, mentre Mercurio scaccia le nubi. Nascita di Venere: in questa scena notiamo Venere, che con una conchiglia arriva a Cipro, sospinta dal vento di Zefiro, abbracciato da un’altra ninfa, e accolta da un’ancella che le porge il su manto per coprirla. Botticelli si diletta a dipingere dettagliatamente le specie botaniche e il prato fiorito. Calunnia di Apelle: ispirata a probabilmente a Plinio. Apelle, pittore greco che aveva rappresentato la calunnia, che è una donna. Altri personaggi che sono il sospetto, l’insidia... ovvero figure allegoriche. Alla sinistra si erge la verità. Opera importante per l’architettura in prospettiva. Madonna del Magnificat: tondo, tradizione devozionale. Figure che con la postura seguono il tondo. È la sacra famiglia, che però forse è la famiglia de Medici. Rimanda alla madonna di Filippo Lippi. Religiosità piagnona, caratteri drammatici della religione cattolica. Botticelli torna quasi ad una pittura medioevale. Natività, la Madonna è sproporzionata, con un invertimento dei caratteri spaziali. La devozione dev’essere il soggetto. Deposizione: Botticelli passa dal Neoplatonismo al misticismo. La Deposizione è una pala d’altare di r igore assoluto. Manca sempre la prospettiva, quindi l’immagine è bidimensionale. Raggiungimento del divino tramite l’immagine sacra. Si trovano tutti accalcati, con le facce dolenti, a piangere Gesù morto. Artista che discende da Filippo Lippi e Botticelli, FILIPPINO LIPPI, figlio di Filippo. Importante perché va a completare gli affreschi della chiesa del Carmine, la cappella Brancacci. Crocifissione di san Pietro: Completamento della cappella Brancacci, quindi si adegua allo stile di Masaccio, organizza le immagini in base alle sue opere, anche se le figure sono più affusolate e ricche di panneggio, come quelle di Botticelli. Apparizione della Vergine a san Bernardo: precisa nella descrizione della natura e degli oggetti (come i libri), colori vivaci, come la maniera fiamminga. Questa è la vera maniera di Filippino. Racchiude l’immagine in poco spazio, ad esempio mette il ‘committente in abisso’ come viene chiamato, poiché trancia la figura. Dopo l’esperienza fiorentina Raffaello pare maturare ancora ed è così che si ritrovò a dipingere le stanze Vaticane o ora chiamate anche stanze di Raffaello. 4 stanze: stanza della segnatura, stanza del Eliodoro, stanza dell’incend io di borgo e stanza di Costantino. Sui 4 lati ci sono delle volte e dei lunettoni, sui quali ci sono dipinti i temi della stanza. La stanza della segnatura ha il tema delle allegorie delle virtù teologiche e razionali, ovvero le 4 allegorie legate allo studio: la teologia, la filosofia, la poesia e il diritto, rappresentate sotto forma di donne. Ogni raffigurazione sulla lunetta richiama un’allegoria, disciplina. Nella disputa su sacramento si riferisce alla teologia. Sull’ostia c’è il corpo di Cristo. Sotto c’è la Chiesa, con vari papi e fedeli. Sopra Cristo, la Madonna e vari santi. Raffaello fa coincidere le due chiese. Organizza l’opera nella lunetta e si fa guidare dalla forma circolare. Opera prospettica. Equilibrio, proporzione e simmetria. Tutto studiato e costruito nei minimi dettagli. Scuola di Atene, che interpreta la disciplina della filosofia. La filosofia è un mezzo per arrivare al divino. In quest’opera raffigura Leonardo, Michelangelo e Bramante. Rappresenta Michelangelo con la sua melanconia, la sua irrequietezza. L’architettura perfetta richiama quelle antica, precisamente quella romana. Parnaso, poesia come mezzo di avvicinamento a Dio. Figure moderne che simulano la tridimensionalità, riprese dalle sibille e i profeti di Michelangelo, nella torsione del corpo. Acquisisce da Leonardo il senso della grazia e la naturalezza, ma la plasticità e il volume li acquisisce da Michelangelo. Stanza di Eliodoro: Il tema è l’intervento di Dio a difesa della Chiesa. Le scene mostrano 4 intervent i miracolosi. La cacciata di Eliodoro ha sempre l’architettura antica. Di diverso dalle altre stanze ha la dinamicità, energia. Eliodoro si intrufola nel tempio di Gerusalemme. La composizione diventa più solenne e monumentale. Senso del colore e della luce. Nella scena della liberazione di san Pietro mostra come san Pietro viene liberato grazie ad un angelo che addormenta le guardie. È un notturno. La luce è una luce divina. La messa di Bolsena accentua il cromatismo. Figure di spalle e in torsione. La citazione dell’architettura romana rimane sempre. Come notiamo nella scena dell’incontro di Leone magno con Attila, non c’è la solennità, la grazia. Non è affrescata da Raffaello. La stanza dell’incendio di borgo rappresenta una serie di eventi miracolosi che coinvolgono i papi Leone III e Leone IV, poiché Giulio II è morto e la commissione passa a Leone X. Si capisce che la stanza non è completamente affrescata da Raffaello, bensì dei suoi allievi. Solo la scena dell’incendio è attribuita a Raffaello. Nell’incendio di Borgo notiamo come papa IV si affaccia dalla finestra per placare l’incendio. Le figure sono chiaramente di Raffaello. Composizione chiara ed equilibrata. L’ultima stanza, quella di Costantino viene interamente realizzata dagli allievi poiché Raffaello muore, nel 1524. La stanza perde anche il registro seguito nelle altre. Le lunette non sono più tali, ma sono rettangolari. Ritratto di Leone X, gioca sulla variazione dei rossi. Immagine nitida. Nonostante la scena è quotidiana, poiché il papa sta con i suoi nipoti, mantiene comunque autorevolezza. Per dare movimento mette davanti un tavolo. Villa Farnesina: villa di un banchiere genovese. Raffaello è chiamato a realizzare le storie di amore e psiche, e ci lascia il Trionfo di Galatea. Opera di grazia, bellezza e freschezza, esaltazione dell’amore in senso platonico. Galatea trascina questa barca di delfini in segno d’amore. Trasfigurazione: mondo fisico e divino che si contrappongono. Figura in basso che ha una solennità classica, ma enfatizzata secondo il plasticismo di Michelangelo. Il colore è armonizzato e fuso con l’atmosfera. Il Vasari distingue due categorie dell’arte rinascimentale: quella fiorentina, basata sul disegno, sulla composizione, maniera concettuale che si esprime attraverso il disegno e di contro la maniera veneta, più incline al colore, che sacrifica al colore parte della razionalità che proviene dal disegno. La linea di contorno non esiste in natura, quindi non è naturalistico. Il disegno è una categoria astratta, un espediente per capire la realtà. L’elaborazione della macchia è un modo naturalistico. I l disegno fa prevalere la costruzione mentale su quella naturalistica. Secondo molti il Rinascimento finisce con la morte di Raffaello, altri con il sacco di Roma. A Venezia è molto presenta la comunità dei tedeschi e hanno una sede, fondaco dei tedeschi. Arriva infatti Durer. I tedeschi anche disegnano, con una linea dura, il disegno è fondamentale, ma è armonico. Coglie però le novità della pittura veneziana e lo notiamo dalla Madonna del Rosario. Da una parte ripropone lo schema della Madonna al centro con ai lati la folla, ma per il nostro metro è confusionaria, molte figure. Gusto cromatico veneziano. MANIERISMO, MANIERA MODERNA 1520/27: Raffaello e Michelangelo non si possono superare, quindi i loro contemporanei si ispirano a loro. Ognuno prende qualcosa da questi due artisti e lo rielabora. Raggiunto il massimo della perfezione e dell’equilibrio, gli artisti che seguirono, introducevano l’artificio, il virtuosismo, composizioni molto diffic ili, di scorcio. Prima questa nuova forma di pittura veniva vista negativamente, mentre adesso la vediamo come un’aggiunta, un ulteriore passo, che porterà poi al Barocco, culmine del grandioso e maestoso. Con la piena conoscenza della prospettiva, della luce e dei cromatismi si poteva osare, esagerare, andare verso una pittura sempre più articolata e complessa. Le figure appaiono allungate e sproporzionate, composizioni irreali. Già Michelangelo nella Cappella Sistina ha reso virtuosistico il suo stesso stile. Si forma tra Roma e Firenze e poi si diffonde in tutta Europa. Il ‘500 è un periodo storico molto complesso in Italia. Siamo ancora divisi in signorie. A Firenze, con la morte di Lorenzo il Magnifico si impone la repubblica fiorentina. Ma comunque Firenze è ancora un luogo molto importante. Milano viene invasa dai francesi, poi assistiamo al predominio spagnolo, asburgico. Un’Italia invasa dagli stranieri. GIORGIONE: artista colto, ucciso dalla peste. Si forma da Bellini, da cui coglie il carattere contemplativo e armonico. Giorgione ne fa una pittura enigmatica, con una tensione particolare. Pala di Castel Franco, sacra conversazione: sobrietà, solennità. Viene commissionata per la morte del figlio del committente. Il santo è insolito, san Nicasio, santo siciliano che attesta la provenienza della famiglia. La Madonna è insolitamente alta. La scena si apre su un paesaggio, dal quale riceve la luce. È presente anche la prospettiva aerea di Leonardo. Opera armonica. Doppio ritratto: amore non corrisposto. Giovane triste e malinconico e dietro un giovane che sembra guardarlo con un sorrisetto di presa in giro. Lavoro sulle luci e le ombre e il naturalismo. Adorazione: Accordo di tono e paesaggio fondamentale. Ambientata in una grotta e un paesaggio che si perde e armonizza tutto. Lavoro fatto dalla luce. Costruire il mondo dalla luce e non dal disegno. Uno dei quadri più importanti è la tempesta: Adamo ed Eva che generano il loro primo figlio in una natura minacciosa da cui l’uomo deve trovare riparo. Natura selvaggia. Adamo allude al lavoro. Figure enigmatiche, poiché non si capisce per certo che si tratti di loro. Il paesaggio è invadente, costruito da macchie di colore. Opera contemplativa. Venere di Dresda: sensuale e pura. Paesaggio che è contemplativo e armonico. TIZIANO: gestualità intensa e drammatica, mentre Giorgione è contemplativo. Artista della fisicità, che è esuberante. Figure monumentali e classiche. Amor sacro e amor profano: realizzata per delle nozze. Amore sacro è la venere nuda, mentre quella vestita incarna un amore fisico. Probabilmente l’amore profano è incarnato dalla promessa sposa e l’opera sta a testimoniare la protezione dell’amore sacro. Cupido. Nella composizione rientra il gusto antiquario, come notiamo dal sarcofago, che riprende il rilievo a tema antico. Ascensione: Cromatismo che si accende con colori forti, come il rosso. Organizza un vortice, segnalato anche dalle braccia di Maria. Le persone sembra che vogliano trattenerla a terra. Immagine moderna. Sacra conversazione: è ambienta in un’architettura di cui vediamo le colonne all’infinito e la mette sulla diagonale, che gli dà una potenza incredibile. Distribuisce le persone in un ordine strano, la Madonna in alto. C’è il committente. Vuole rendere naturalistica la scena. Calata del sacro nel profano. Inserisce la scena in un luogo sacro, ma che potrebbe essere qualunque. Nell’opera della Madonna col coniglio notiamo le similitudini con Bellini. È più vivace e narrativo. La venere di Tiziano, rispetto a quella di Giorgione, in Giorgione è una donna sensuale e solenne, mentre in Tiziano la figura è calata nella quotidianità e quasi la volgarizza. Innova anche i ritratti. Ritratto di un uomo, detto l’Ariosto: il soggetto guarda di scorcio. Il cuore dell’immagine è la veste con il colletto che è acceso dalla luce. Volontà di dare un’impronta psicologica. Ritratto di Carlo V a cavallo. Sceglie di riprendere il monumento equestre e lo rappresenta a cavallo, per non far notare nemmeno la sua bassa statura. I tratti non sono idealizzati, ma riportano la realtà. Autoritratto, cambia un po’la sua pittura. Tutto colore e niente linee. Le pennellate si fanno intense e drammatiche. Si rappresenta come un umanista, con medaglie e pelliccia. Si rappresenta nell’atto della meditazione, cosa che ci fa capire lo status del pittore nel ‘500, che è un intellettuale. Nelle sue ultime opere non c’è contorno, ma pennellate che costruiscono l’immagine, ma non la definiscono. È una pittura struggente dal punto di vista emotivo, che sicuramente deriva dalla sua vita giunta quasi al termine, ma anche dal periodo storico. CORREGGIO: si ispira alla maniera di Raffaello, mantiene la grazia. Anticipa il Barocco. Camera della Badessa: ricopre la volta con un pergolato di fiori e frutti. Negli ovali vi sono gruppi di putti e in basso soggetti mitici della classicità. Sulla cappa del cammino Diana, che è interpretata dalla committente, che è al centro di un circolo di intellettuali. Avvento di Cristo: riprende l’idea di Mantegna dell’oculo di Camera degli Sposi, che sfonda il soffitto in un cielo dove si affacciano dei putti. I personaggi sono monumentali e l’architettura viene eliminata. Assunzione della Vergine: cupola simile all’altra, ma molto più virtuosa, che si avvicina alle regole barocche. Cristo al centro e la Vergine sta per essere assunta in cielo, avvolta da una moltitudine di angeli e santi. In basso vi sono gli apostoli e 4 santi. Scena corale enorme. Virtuosismo prospettico e l’importanza è data al vortice ascendente e non ai volti irriconoscibili dei santi. Giorno e Notte: Costruzioni complesse, costruite sulle diagonali. Sono più coinvolgenti. Due differenti registri cromatici, uno alla luce e uno al notturno. Natività, luce divina e naturale. La scena di quel tempo se la contendono Annibale e Caravaggio. CARAVAGGIO: Fenomeno Caravaggio: prima snobbato dalla critica, seppur famoso in vita. La pittura di Caravaggio ha particolari milanesi, perciò a Roma appare sconvolgente. Prende da Giorgione i contrasti e l’espressività. Opere a mezzo busto realizzate su committenza. Realismo, bellezza, sfumatura. Caravaggio ci piace poiché è una figura tragica, estrema. Si incontra con Annibale nella cappella Cerasi. Ad Annibale commissionò la pala d’altare con l’Assunzione della Vergine, mentre a Caravaggio richiese i due quadri per le pareti laterali, con la Crocifissione di san Pietro e la Conversione di san Paolo. Due tendenze fondamentali dell’arte romana del primo Seicento: da un lato il naturalismo di Caravaggio, dall’altro l’idealismo classicheggiante di Carracci, che già anticipava successivi traguardi del Barocco. Nell’Assunzione della Vergine di ANNIBALE la tela presenta un andamento perfettamente piramidale, con Maria che sospinta dagli angeli sale al cielo e il gruppo degli apostoli in primo piano. La scena è ordinatamente affollata e dinamica allo stesso tempo: la Madonna, uscendo dal suo sepolcro con le braccia spalancate, coglie di sorpresa alcuni apostoli che stanno per cadere, inclinandosi in direzioni opposte. Il bacco degli uffizi: Bacco siede a tavola sul triclinio all'antica, coronato da tralci d'uva. Ma sul triclinio è arrotolato un materasso di tutti i giorni con un lenzuolo che fa anche da toga il Dio quasi a sembrare una messa in scena di atelier. Lo sguardo dritte l'offerta del calice mirano ad abbattere il diaframma con lo spettatore. Ha realizzato anche opere che sembrano dimostrare delle allegorie, degli avvertimenti, come quello dei bari e della z ingara che ruba l’anello. Canestra di frutta: è sacrale. Realizzato nonostante non sia soggetto sacro, con la stessa dignità e mai stata riservata quelle immagini. L’artista celebra l’imperfezione della natura e la eleva a poetica artistica. Caravaggio dipinse i particolari dell’opera con estremo realismo. Questo realismo però è negato dalla presenza di frutti di stagioni diverse. La fama dell’artista non dipende da quante committenze ha, ma bensì arriva con la committenza pubblica. Cominciò a dipingere alcuni quadri di soggetto religioso, destinati a quegli stessi collezionisti privati che tanto avevano apprezzato le sue prime opere profane. Nella conversione di San Paolo Caravaggio immaginò una scena quieta e silenziosa, con Paolo a terra sotto il proprio cavallo, indifeso e vulnerabile. Il futuro apostolo tiene le braccia spalancate al cielo, come se volesse abbracciare qualcosa o qualcuno, ed è illuminato da una luce che percepiamo soprannaturale, metafora dello sguardo di Dio che si posa sull’uomo redento. Nella crocefissione di San Pietro pur seguendo l’iconografia tradizionale dell’apostolo crocifisso a testa in giù, è interpretata da Caravaggio con una sensibilità realistica quasi estrema. Il dipinto mostra soltanto Pietro e i tre aguzzini racchiusi nello spazio ridotto della tela, senza paesaggio. L’osservatore contempla comprendendo quanto fosse complicato, e soprattutto faticoso, uccidere un uomo in quel modo. I carnefici sono concentrati. Deve realizzare una fuga in Egitto, composizione religiosa con un angelo in primo piano, Giuseppe e Maria. Pur affrontando soggetti legati alla tradizione cristiana, l’artista decise di non rinnegare la sua “pittura della realtà”, abbandonando le iconografie ufficiali, volle presentare le sue scene sacre come pitture di genere. Infatti, santi, persino Gesù e la Madonna non sono affatto idealizzati, tanto da sembrare personaggi tratti dalla vita quotidiana. Caravaggio immaginò Maria, Giuseppe e Gesù che, stremati dal viaggio, si fermano a riposare accanto a un fiume, presso un bosco di querce e pioppi, uno dei pochi paesaggi dipinti da Caravaggio. La natura accanto a San Giuseppe è piuttosto arida mentre a destra, dove si trova la Vergine col Bambino, il paesaggio è più rigoglioso: questa scelta, apparentemente singolare, serve a marcare il tema della rinascita, legata alla venuta di Cristo sulla Terra. Giuditta e Oloferne: Il terribile omicidio è infatti rappresentato con un’intensa violenza narrativa. Il soggetto raffigura un episodio dell’Antico Testamento: la vedova ebrea Giuditta, per salvare il proprio popolo dalla conquista degli Assiri, seduce Oloferne, il loro generale, e poi lo uccide decapitandolo con la spada. Giuditta è raffigurata nell’atto di mozzare la testa di Oloferne con gesto fermo e deciso; lo tiene stretto per i capelli, mentre una vecchia serva assiste alla scena. Realismo straordinario. Luce molto importante che sottolinea Giuditta. Inizia a nascere lo stile della luce, che non solo definisce i volumi, ma accentua i tratti realistici. La luce rende i soggetti e le opere vive. Mette in scena in modo realistico le espressioni e i dettagli del viso. La prima grande opera pubblica è la cappella Contarelli, nel 1599 per la quale realizza 3 grandi opere. Martirio di San Matteo: Luce che illumina quel che basta. Carattere brutale che la rende più simile a un assassinio che a un martirio. L’esecuzione del santo è presentata quasi come un delitto di strada ed è ambientata all’interno di una struttura architettonica che ricorda quella di una chiesa. Matteo, caduto per terra, alza una mano in cerca di difesa: la stessa mano nella quale un elegantissimo angelo adolescente si precipita a porre la palma del martirio. Lo sguardo della vittima e quello del suo assassino, che gli sta sferrando il colpo mortale, s’incontrano in un istantaneo, muto colloquio. Si rappresenta ai margini della scena e si gira a guardare l’assassinio dell’evangelista. Nella Vocazione di Matteo, ricorda il momento in cui Gesù convinse Matteo, un ebreo che faceva l’esattore delle tasse per conto dei Romani, a lasciare tutto e seguirlo per diventare suo apostolo. Caravaggio immagina l’episodio all’interno di un ambiente seicentesco, probabilmente una taverna, dove cinque uomini vestiti secondo la moda dell’epoca sono seduti attorno a un tavolo e contano del denaro. A destra, due estranei abbigliati all’antica sono facilmente identificabili con Gesù e Pietro. È giusto un attimo cruciale, quello che Caravaggio riesce a cogliere: l’attimo dell’esitazione, del dubbio, in cui l’uomo deve decidere se rispondere sì o no. Il gesto di Cristo è una citazione della Creazione di Adamo di Michelangelo nella Sistina, ma interpreta quello di Abramo. Un fascio di luce squarcia il buio della stanza, dirigendosi al volto di Matteo e diventando il vero motore dell’episodio evangelico. Anche volendo immaginare che alle spalle di Gesù si trovi una finestra aperta, senza dubbio quella luce è di origine divina. Cromatismo veneto. L’opera apparve subito rivoluzionaria: Caravaggio aveva trasferito l’episodio sacro in un quotidiano. San Matteo, due versioni, una rifiutata perché troppo quotidiana. Nonostante questo in realtà Caravaggio voleva essere più realistico possibile, anche con il sacro. Risulta però provocatorio e blasfemo. L’apostolo, insomma, appariva come un vecchio impacciato e imbarazzato, vestito come il ricoverato di un ospizio e seduto con le gambe e i piedi nudi in primo piano. Nella seconda versione, che invece fu sicuramente accettata e che si trova ancora oggi al suo posto nella cappella, l’evangelista è rappresentato come un vecchio filosofo vestito da capo a piedi, mentre il messaggero divino, che volteggia sopra di lui, gli ricorda quali sono i concetti principali da tenere a mente. La posa del santo, mostrato inginocchiato sopra una panchetta, appare instabile e precaria: è questa, d’altro canto, la condizione di ogni uomo. ARTEMISIA GENTILESCHI: donna che per i suoi tempi viveva una vita fuori dal comune. Agostino Tassi è un amico di Orazio (padre di Artemisia) è specializzato in prospettiva e aiuta Artemisia, poi si innamorano, ma lui è già sposato e probabilmente uccide sua moglie. Orazio denuncia Agostino per stupro ed è chiamata a testimoniare Artemisia, che viene sottoposta a tortura della corda per provare la verità, e rischia di perdere le dita. Agostino viene condannato e Artemisia riceve una dote. Con un nuovo marito scappa, è un artista e per questo può lavorare. (A quel tempo la donna poteva lavorare a unico patto che facesse il lavoro del marito). La reputazione di Artemisia, invece, rimase compromessa. La ragazza fu costretta, dopo la sentenza, a subire un matrimonio riparatore, organizzato dal padre Orazio (che, in fretta e furia, trovò un uomo disposto a sposare la figlia e lo pagò). Alla fine del 1612, inoltre, dovette seguire il marito a Firenz e. Tutta questa vicenda non fermò la giovane donna: Artemisia riuscì ugualmente a coronare il suo sogno di diventare pittrice. Susanna e i Vecchioni: concepisce la fanciulla con un impostazione di Michelangelo, il contrapposto. Naturalismo nella resa anatomica, tratta la pelle a livello epidermico. L'episodio al quale si riferisce l'opera è narrato nel Libro di Daniele: la casta Susanna, sorpresa al bagno da due anziani signori che frequentavano la casa del marito, è sottoposta a ricatto sessuale: o acconsentirà di sottostare ai loro appetiti o i due diranno al marito di averla sorpresa con un giovane amante. Susanna accetta l'umiliazione di una ingiusta accusa; sarà Daniele a smascherare la menzogna dei due laidi anziani. La rappresentazione di Susanna sorpresa ignuda dai vecchioni ha apparentemente intenti moralistici, ma è spesso un pretesto per soddisfare la "pruderie" di committenti che si compiacciono di soggetti di nudo femminile. Artemisia privilegiò sempre i soggetti femminili, dipingendo molte sante ed eroine, nelle cui vesti amò spesso ritrarsi; privilegiò anche i temi drammatici e violenti, rendendoli crudi e perfino efferati con l’adozione di un luminismo tagliente. Lo dimostra Giuditta e Oloferne: la scena è concepita con brutale sensibilità realistica. La tradizione vuole che Artemisia si sia ritratta nelle vesti di Giuditta e che Oloferne abbia il volto dell’odiato Agostino Tassi. Per certi versi, quest’opera è sconcertante: non esiste dipinto, nella storia dell’arte occidentale, che manifesti un’espressione così potente ed energica della fisicità femminile. La Giuditta di Artemisia è simbolo di una femminilità fiera e indomabile, davvero controtendenza per l’arte di quell’epoca. Non possiamo non rimanere colpiti dalla determinazione con la quale la donna blocca il generale nemico: il sopracciglio alzato e le labbra serrate in una espressione di vendetta non denunciano la minima esitazione o pietà per la vittima. Ad un passo dal Barocco, accentuazione dei volumi, delle masse corporee. Realizza dei capolavori, che le danno la fama di esponente del Barocco caratterizzate da monumentalità e teatralità, come Minerva, che viene appunto considerata un’opera appartenente al Barocco. A Roma può lavorare solo con le committenze private perché veniva considerata una donna disonorata e non le affidavano le committenze pubbliche. Allora va a Venezia e poi a Napoli. Raggiunge qui la sua fama e altri artisti si raccolgono vicino a lei. A Napoli sarà una delle artiste più ricercate e pagate. Dipinge le storie di San Gennaro per Pozzuoli, con uno stile carico e drammatico, con contrasti di luce accentuati, un cromatismo e una velocità pittorica che non è più quella di Caravaggio. La scena rappresentata nel quadro si riferisce alle tormentate vicende che le fonti agiografiche narrano riguardo al martirio di San Gennaro. Dopo essere stato sottoposto ad altri tormenti, San Gennaro ed i suoi seguaci sono dati in pasto ad un branco famelico di orsi e di leoni. Le belve, anziché assalirlo, si acquietano subito e vanno a leccare i piedi del Santo. Un’opera di questo ciclo raffigura l’adorazione dei magi questo dipinto si può notare come si "meridionalizzi" lo stile fisionomico dei personaggi rappresentati dall'artista. I re che si prostrano nell'Adorazione dei Magi sono quanto di più "spagnoleggiante" si possa immaginare. L'Adorazione dei Magi della Gentileschi, attira per la soave dolcezza che s'irradia dalla Vergine e per l'espressione riverente e commossa del re chinato a rendere omaggio al Bambino Gesù. Inoltre, è interessante notare che le figure maschili sembrano sproporzionatamente grandi rispetto alla dignitosa Vergine col Bambino Gesù a sinistra.
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