Docsity
Docsity

Prepara i tuoi esami
Prepara i tuoi esami

Studia grazie alle numerose risorse presenti su Docsity


Ottieni i punti per scaricare
Ottieni i punti per scaricare

Guadagna punti aiutando altri studenti oppure acquistali con un piano Premium


Guide e consigli
Guide e consigli

Carpaccio: Natività Vergine, Predicazione Stefano e Ritratto cavaliere, Appunti di Storia Dell'arte

Vittore CarpaccioStoria dell'arte italianaPittura veneziana

Vittore Carpaccio, pittore veneziano del XV secolo, è noto per i suoi cicli di tele sacre e profane. Descriviamo tre sue opere: la Natività della Vergine, la Predicazione di Santo Stefano e il Ritratto di Cavaliere. La Natività della Vergine è un ciclo di tele per la scuola di Santa Maria degli Albanesi a Venezia. La Predicazione di Santo Stefano è al Louvre di Parigi, mentre il Ritratto di Cavaliere è a Madrid. Carpaccio lavorò anche per la scuola di Santo Stefano e degli Schiavoni. Le sue opere mostrano la vita e la cultura di Venezia, con attenzione ai dettagli quotidiani, simboli e figure animali. Nella Natività della Vergine, la scena si svolge in un interno veneziano, con animali simbolici che rappresentano le virtù di Maria. La Predicazione di Santo Stefano raffigura la predica di Santo Stefano a Gerusalemme, con un pubblico di diverse nazionalità e culture. Il Ritratto di Cavaliere mostra lo stesso cavaliere in due fasi diverse del suo cammino, con simboli di sofferenza, male,

Cosa imparerai

  • In quale museo è conservata la Natività della Vergine di Vittore Carpaccio?
  • Che tre opere di Vittore Carpaccio vengono descritte in questo documento?
  • Che simboli e figure di animali si trovano nelle opere di Vittore Carpaccio?

Tipologia: Appunti

2018/2019

Caricato il 11/06/2022

ggdd-97
ggdd-97 🇮🇹

3

(2)

142 documenti

Anteprima parziale del testo

Scarica Carpaccio: Natività Vergine, Predicazione Stefano e Ritratto cavaliere e più Appunti in PDF di Storia Dell'arte solo su Docsity! Natività della Vergine Le Storie della Vergine sono un ciclo di teleri di Vittore Carpaccio, dipinto tra il 1504 e il 1508 e oggi diviso tra più musei. Decorava anticamente la sala dell'Albergo nella Scuola di Santa Maria degli Albanesi a Venezia. Mentre Carpaccio stava lavorando alla Scuola degli Schiavoni, cioè dei Dalmati, venne chiamato anche dalla rivale Scuola degli Albanesi per eseguire un ciclo dedicato alla vita della Vergine, protettrice, assieme a san Gallo, della confraternita. In generale l'inventiva e la tenuta coloristica di questo ciclo sono più povere e ciò è da imputare sia al livello più mediocre dei collaboratori, che al minor impegno richiesto dalla confraternita, ma soprattutto alle difficoltà dell'artista di rinnovarsi di fronte alla rivoluzione innescata da Giorgione. La crisi di Carpaccio, visibile anche negli ultimi teleri per la Scuola degli Schiavoni, portò a isolarlo nel contesto artistico della città lagunare, costringendolo, negli anni successivi, a lavorare in provincia, dove il suo stile attardato trovava ancora estimatori. Il motivo di maggior interesse del ciclo è da ricercare piuttosto nella minuta descrizione dei particolari, alcuni di originale freschezza, in cui si può spesso cogliere brani autentici della vita veneziana dell'epoca, mischiati ad elementi esotici e oggetti di pura fantasia. Tipici della produzione del pittore sono poi e l'inserimento di figure di animali simbolici che si riferiscono alle virtù di Maria. La Natività della Vergine mostra ad esempio un interno veneziano dell'epoca, nonostante qualche accenno ai reali luoghi delle storie, come la targa con la scritta in ebraico appesa alla parete. Sant'Anna è sdraiata su un ampio letto a cassettoni incassato in un'alcova, dalla quale guarda le inservienti che si prendono cura di lei: una si appresta a lavare la bambina in una tinozza, una tiene le fasce, un'altra porta alla partoriente un pasto in una scodella, probabilmente un brodo. L'anziano uomo sulla sinistra, che assiste alla scena, è Gioacchino, mentre dalla porta aperta, dove si trovano due conigli, si vedono altre due stanze, con diversa illuminazione (una in penombra, una rischiarata) dove altre donne sono al lavoro: una asciuga al fuoco i panni della bambina, un'altra sta preparando un animale per la cucina. Qualche errore prospettico, imputabile ai collaboratori, si riscontra nel pavimento, non scorciato proporzionalmente in profondità, mentre destano maggiore interesse la descrizione degli oggetti quotidiani, come il candeliere e i recipienti sulla mensoletta accanto al letto. L'intimità dismessa della scena è rievocata dalle tenui gradazioni di colore, addolcita dalla luce diffusa. Predicazione di Santo Stefano La Predica di santo Stefano è un dipinto olio su tela (152x195 cm) di Vittore Carpaccio, firmato e datato 1514 e conservato nel Museo del Louvre di Parigi. Si tratta di uno dei cinque teleri (di cui uno perduto) eseguiti per la Scuola di Santo Stefano di Venezia. Il telero della Predicazione di santo Stefano narra della predica fatta dal santo nella città di Gerusalemme. La scena si svolge in una ipotetica Gerusalemme dove si rintracciano stili architettonici diversi: troviamo dipinte cupolette, minareti, ma anche segni dell’arrivo del cristianesimo come la Chiesa del Santo Sepolcro, il Tempio del popolo ebraico adattato a Battistero cristiano e si scorge perfino un arco trionfale romano. In primo piano troviamo santo Stefano in abiti diaconali sopra un piedistallo, quasi a sostituire una statua. Sotto di lui si trovano alcune rovine dello stesso materiale del piedistallo. Il santo ha il dito indice della mano destra puntato in alto e la mano sinistra sul petto. Anche qui, il pubblico che ascolta la predica dal santo è molto eterogeneo; distinguiamo i personaggi sempre dagli abiti. La maggior parte delle persone si trovano alla destra di Stefano. Subito ai piedi del Santo, un giovane dai capelli biondi vestito alla maniera occidentale. Subito dietro di lui un moro con il turbante che tiene le mani sulle spalle del giovane. C’è poi un arabo seduto sopra dei massi che guarda il santo; accanto a quest’ultimo, un soldato con la lancia puntata a terra e ancora un pellegrino, con bastone e cappuccio, che con la mano, indicandolo, riporta l’attenzione verso santo Stefano. sedute a terra stanno cinque donne di cui quattro sono vestite in maniera simile alle donne nel telero della consacrazione, mentre una quinta ha il capo e gli occhi coperti da uno scialle bianco che ricopre anche gran parte del viso. Questi personaggi così eterogenei, di diversa nazionalità, cultura, censo, che ascoltano Stefano rappresentano i veri destinatari della predicazione del Vangelo: i cristiani sono persone che provengono da diverse nazioni, culture, o ceti sociali, ma che insieme si riuniscono ad ascoltare la parola di Dio. E la donna con lo scialle che le copre il viso? Ella rappresenta la cecità e l’ignoranza del popolo ebraico3. La donna cieca è accostata alla Gerusalemme degli ebrei, la Gerusalemme della Sinagoga. A questa Gerusalemme si contrappone la sperata Gerusalemme celeste – il paradiso –, città eterna che appartiene ad alcuni personaggi del dipinto: appartiene anzitutto a santo Stefano, appartiene anche a quelli che ascoltano la sua predica. Ritratto di cavaliereIl Ritratto di cavaliere è un dipinto a tempera su tela (218x152 cm) di Vittore Carpaccio, datato 1510 e conservato nella Collezione Thyssen-Bornemisza di Madrid. L'opera è uno straordinario compendio dell'ethos cavalleresco medievale e del gusto del Medioevo per i simboli, in particolare quelli tratti dal regno animale e vegetale. Le due immagini rappresentano lo stesso cavaliere, ma in due fasi diverse del suo cammino. Lo vediamo a cavallo mentre esce da una fortezza di stile veneziano, pronto alla battaglia. E lo vediamo in primo piano mentre ripone la spada nel fodero. Ripone la spada nel fodero e si congeda da questo mondo. In questo caso il motto dell'Ordine dell'Ermellino, l'ordine cavalleresco bretone «risvegliato» ai tempi del Carpaccio dal re di Napoli Ferrante I d'Aragona (1424-1494) - «malo mori quam foedari», «preferisco morire che macchiare [il mio onore]» - che appare su un cartiglio vicino all'animale, all'ermellino, sarebbe riferito precisamente alla morte in battaglia del protagonista. Ma potrebbe anche darsi che egli riponga la spada nel fodero semplicemente perché la sua missione è compiuta. In alto a sinistra un airone, simbolo della sofferenza, è ferito - se si pensa che sia ucciso, vi si può vedere un ulteriore simbolo della morte del cavaliere - da un falco, che simboleggia le insidie del male. Un altro falco se ne sta appollaiato sull'albero, a destra, e minaccia i passeri, gli «uccelli del cielo» evocati dallo stesso Gesù Cristo e simbolo delle anime. Sì, il male è all'opera nella storia e insidia le anime. Insidia l'anima stessa del cavaliere che nel suo viaggio incontra un pavone, simbolo dell'orgoglio, che
Docsity logo


Copyright © 2024 Ladybird Srl - Via Leonardo da Vinci 16, 10126, Torino, Italy - VAT 10816460017 - All rights reserved