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Storia dell'idea di Europa, Sbobinature di Storia Contemporanea

Descrizione opera di Federico Chabod, 1961

Tipologia: Sbobinature

2019/2020
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Caricato il 16/01/2020

valelazzaretti
valelazzaretti 🇮🇹

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Scarica Storia dell'idea di Europa e più Sbobinature in PDF di Storia Contemporanea solo su Docsity! Storia dell’idea di Europa -Chabod Si interroga su un preciso problema storiografico: quando gli europei iniziarono a riconoscersi come qualcosa di diverso rispetto ai vicini dell’Africa o a quelli appartenenti a terra asiatica. Si domanda come e quando sia avvenuto il passaggio da solo “complesso geografico” a “complesso storico”. Chabod sostiene che se si può parlare di civiltà europea già dal mondo antico, come durante il trionfo del Cristianesimo, la coscienza europea è un concetto sviluppatosi solamente in età moderna. Capitolo I Per coscienza europea si intende la consapevolezza di essere diversi da altri, a livello politico e morale. Infatti, l’identità la si acquista nel momento in cui ci si imbatte in qualcosa che è l’opposto: l’Europa si forma per contrapposizione, ovvero quando si approccia a qualcosa che, al contrario, è “non-Europa” La prima contrapposizione nasce durante le guerre persiane e l’età di Alessandro Magno quando si inizia a comprendere un’Europa in opposizione con la grande Asia in termini di costumi e, in particolare organizzazione politica Europa e libertà dispotismo asiatico. Si parlava di un’Europa limitata che comprendeva l’intero territorio greco e tutto ciò che lo riguardava (Italia, coste mediterranee della Gallia e della Spagna). Non a caso i primi a parlare di “Europa” furono autori grechi: -Erodoto già aveva un’ampia visione del territorio a cui faceva riferimento tuttavia, ignorava il fatto che la grande parte di Europa fisica non corrispondesse con quella morale: una zona, ovvero la Scizia, non era dal punto di vista geografico Asia ma si allontanava anche dai principi tipici dell’Europa “reale” (ellenica). Infatti, si trattava di popolazioni nomadi che non conoscevano le città (ovvero ciò che caratterizzavano i greci). -Ippocrate scrisse anche lui di questa popolazione scita che, pur appartenendo all’Europa propriamente geografica, non rientrava in quella culturale. Ciò dimostra come, in questo periodo, precisazione geografica e culturale-morale-politica non combacino: la coscienza morale greca non ammette un’Europa più vasta. -Aristotele distingueva, infatti (probabilmente per questa mancanza di coincidenza), non solo l’Europa dall’Asia ma anche la Grecia dall’Europa (Scizia e paesi nordici). Sosteneva che questi ultimi fossero tardi a livello intellettuale e artistico; vivono nell’indipendenza e non sono capaci di imporsi sui vicini. Al contrario, i popoli asiatici sono intelligenti e capaci ma privi di animo e, per questo, soggetti a governi di sudditanza e schiavitù. Al centro (sia fisicamente che figuratamente) stava la popolazione ellenica che coraggiosa e intelligente riesce a vivere in libertà (con governi perfetti) e con la capacità di dominare su tutti. Perciò si comprende come, in questo momento, per Europa si considera la Grecia e la zona di colonizzazione greca. Il criterio di differenziazione è quello della libertà (ellenica), ovvero la partecipazione alla vita pubblica vivendo secondo le leggi e la tirannide (asiatica). Ad esempio, possiamo fare riferimento alla forza di Atene che, al pari o anche in una posizione inferiore, riescono a sconfiggere i persiani di Serse a causa del fatto che loro fossero mossi dall’amore di patria (lottavano liberamente), al contrario dei cittadini di Persia i quali erano succubi del despota. Altro esempio è rappresentato dai Lacedemoni i quali erano i guerrieri più forti della Grecia a causa del fatto che fossero liberi ma non del tutto: erano guidata dalla Legge. Infatti, secondo questa interpretazione, gli Europei, più forti e padroni di sé, riescono a reggersi a attraverso delle leggi; al contrario, gli asiatici, appaiono inferiori a causa del fatto che sottostanno al volere di un re/despota. L’idea di Europa= libertà e Asia= servitù sopravvivrà per molti secoli. La coscienza di appartenenza nasce, inizialmente, con carattere “difensivo”, per poi essere sostituito da quello “offensivo”, ovvero espansionistico. A questo proposito, possiamo fare riferimento alla figura di Filippo di Macedonia che, mosso dal progetto di creare un grande impero (greco), contrapposto a quello largamente esteso della Persia. Ad ogni modo, la contrapposizione di continenti si presentò come un progetto a breve termine: il passo successivo fu la creazione, da parte di Alessandro Magno, dell’ecumene ellenistica (=terra abitativa); più tardi si parla, invece, di ecumene romana (intercontinentale). Al contrario, una sola contrapposizione rimase viva, quella di Romano-barbaro. Perciò, è possibile dire che persiste, nei secoli, la convinzione che il Mondo civile (prima ellenistico e poi ellenistico-romano) sia contrapposto a quello delle barbarie. Successivamente, con il trionfo della cristianità, si inizierà a concepire come contrari anche il cristiano e il pagano. Ad ogni modo, ancora in questo periodo l’Europa non ha acquisito una propria fisionomia morale. Durante l’età carolingia (VIII-IX) si parla di Europa facendo riferimento all’ecclesia romana, ovvero i romani, in contrapposizione con i greci di Bisanzio. In questo caso è possibile parlare di cristianità occidentale e cristianità orientale. L’Europa rimane un concetto geografico. Ad ogni modo, importante sottolineare è il fatto che il termine “europeo”, europaeus, viene utilizzato, per la prima volta, nel XV secolo, da Enea Silvio Piccolomini. Viene naturale domandarsi, a questo punto, come è avvenuto il passaggio secondo il quale il criterio civile (romano-barbaro) sia stato inglobato da quello religioso (cristiano-non cristiano). Sestan sostiene che il concetto di barbarie si sia fuso con quello di fede cristiana, poiché il non cristiano è anche barbaro. De Mattei sostiene che tale equivalenza non esiste: il termine barbaro, con il trionfo del cristianesimo, continua a mantenere l’accezione di non romano, ovvero di inciviltà e di rozzezza, quindi caratteristiche opposte a quelle dei latini. La sua tesi pare corretta: nell’Alto Medioevo erano presenti due contrapposizioni, ovvero quella di romano-barbaro e cristiano-pagano anche se, bisogna sottolineare, che il pagano fosse, necessariamente, anche barbaro. Perciò, durante il Medioevo più che di Europa si parla di Christianitas, ovvero un’unità, basata sulla cristianità, del genere umano sotto un solo capo temporale, ovvero l’imperatore e spirituale, ovvero il pontefice. La christianitas comprendeva tutto l’humanum genus ma, praticamente, aveva dei confini fisici: il Mezzogiorno e l’Occidente (Italia e Grecia). Al di fuori stava l’Europa centrale che aveva come limite il Reno e il Danubio fungevano da muraglia difensiva, del mondo civile, per il mondo barbaro dall’altra parte. Anche Dante parlava di una sorta di “Europa”, la quale non aveva una precisa estensione geografica ma una precisa individuazione era presente nel settore Mediterraneo-Egeo-Mar Nero e Costantinopoli nell’estremo di essa. Ciò porta a pensare che le regioni a nord siano incluse nella visione europea al contrario, incerti i limiti ad est: gli accenni agli Sciti sono scarsi e si pensa siano esclusi dall’Europa, infatti sembrerebbero compresi nel territorio asiatico. Perciò Dante ha una visione limitata dell’Europa (rispetto al nostro pensare): blocco delle nazioni centro-occidentali, di cui l’Italia funge da giardino dell’impero. Ciò dimostra come non ci sia corrispondenza tra concetto “civile” e “geografico” di Europa portando, perciò, alla mancanza di unità del genere umano. Si parla di genere umano, in questo momento, facendo riferimento al solo blocco dell’Europa centro-sud-occidentale, o anche blocco dei popoli “romano-germanici”. In questo contesto i greci escono dalla sfera morale dell’Europa e, al loro posto, iniziano a farne parte realtà come la Germania e l’Inghilterra. La separazione tra Occidente e Orienta inizia già durante il Basso Medioevo. Nel IV secolo la differenziazione si fa più marcata: lampante è la rivalità a livello politico tra i due imperatori e, a questa, si aggiunge la rivalità di stampo religioso traducendosi nella convinzione che Roma ricopra una posizione imprescindibile o no. Parlando di Medioevo non è possibile non fare riferimento al concetto di translatio imperii, ovvero la traslazione dell’impero romano da Oriente a Occidente. Oltre alla opposizione tra Occidente e Oriente (che si stava alimentando anche durante il corso del X secolo), non bisogna dimenticare quella presente all’interno del territorio a Ovest, ovvero quello tra È possibile, quindi, parlare di una rivoluzione nel modo di pensare (rivoluzione copernicana) che porta alla nascita di un conflitto tra antichità e modernità, traducendosi nel ripudio del momento- verità a favore del concetto di progresso e dell’affermazione della mentalità illuminista. Perciò, la conoscenza di nuovi mondi porta all’Europa sempre più la consapevolezza di cosa è, secondo il principio di contrapposizione, in riferimento a ciò che si presenta diverso. È in questo contesto che si parlerà sempre di più di europei e non di cristiani, a dimostrazione del fatto che si farà riferimento, più che alle caratteristiche religiose, a quelle culturali, politiche e morali (questo a causa del fatto che, anche in America e in Asia, si diffonde il Cristianesimo). A influenza ulteriormente tale situazione fu anche a Riforma protestante che portò a un ulteriore divisione degli uomini sul terreno religioso poichè viene eliminata la rigidità del sistema papale di organizzazione gerarchica. progressivamente si parla di laicizzazione del pensiero che si traduce nello staccamento dalla grande idea di cristianità. La nuova Europa, il concetto moderno di essa, si presenta in stretta connessione con il tramonto di un mondo di valori e l’affermarsi di un altro. Con la scoperta dell’America iniziano a impostarsi vari rapporti tra questa nuova realtà e l’Europa, in particolare nasce una polemica antieuropea. Tale polemica nasce a causa dell’insofferenza che caratterizza alcune forme di vita frutto di sistemi politici corrotti e continue guerre che portano a creare il mito di mondi lontani felici dove gli uomini, naturalmente buoni, non sono ancora corrotti. Nasce, quindi, il mito del buon selvaggio. L’Europa viene, adesso, contrapposta alla non-Europa non prendendo come punto di riferimento l’opposizione civile-barbaro ma sanguinario predatore inumano- pacifico umano. Gli europei, in questo momento, sono i veri barbari. Le terre lontane vengono idealizzate, come luoghi incontaminati dove è presente solo il bene: una sorta di Paradiso terrestre fuori dall’ambito europeoAmerica= vagheggiamento della pace terrestre. I miti a cui si fa riferimento sono utili poiché hanno un’efficacia morale enorme capace di annientare le vecchie posizioni al fine di eliminare il mondo ormai rimasto indietro. I motivi che ispirano tali miti sono principalmente due: amore di pace e orrore delle guerre. Aspetto fondamentale da sottolineare è il fatto che la polemica di cui si parla non viene condotta poiché si è convinti di porre fine all’Europa ma essa ha lo scopo opposto, ovvero quella di migliorarla mettendola di fronte ai suoi problemi e limiti. Al fine di salvaguardare i valori civili e umani vengono disapprovate le politiche, le continue guerre e gli odi fra Stato e Stato (come fra partito e partito). L’espressione più antieuropea dell’epoca è quella di Montaigne. In riferimento all’autore possiamo parlare del capitolo sui cannibali che si traduce nell’esaltazione della vita dei selvaggi. Tali selvaggi, dice M, sono naturalmente ricchi di virtù naturali (al contrario di noi che ci presentiamo come frutti addomesticati dove le virtù sono state modificate). Arte (noi) Natura (loro) Possiamo dunque ben chiamarli barbari, se li giudichiamo secondo le regole della ragione, ma non confrontiamoli con noi stessi, che li superiamo in ogni sorta di barbarie. Alla descrizione dell’idilliaco stato degli indigeni segue la narrazione della crudeltà dei conquistatori. Viene esposta la storia della conquista del Messico e del Perù, come storia delle barbarie europea contro gli infelici innocenti. A proposito di questo periodo (XVI secolo), in opposizione al barbaro e al selvaggio viene progressivamente elaborato il concetto di civiltà. Secondo Giovanni Botero il passaggio all’incivilimento passava attraverso: 1. elemento morale e culturale norme della religione cristiana, morale tradizionale, criteri di giusto-ingiusto, onesto-disonesto 2. elemento economico; basata sull’agricoltura, l’industria e il commercio 3. elemento politico basata su un’organizzazione stabile di poteri pubblici, i quali hanno il compito di decidere per la collettività al fine del bene comune Durante l’Illuminismo, molti scrittori francesi si focalizzarono sul contrasto fra Europa e non-Europa in riferimento al tema della vita di società. Infatti, si inizia a pensare che sia la vita di società un fattore non meno importante dell’organizzazione politica e del razionalismo economico, per stabilire se una popolazione sia civile o meno. Ovviamente, l’Europa è civiltà poiché essa è caratterizzata dagli elementi della società non primitiva. Non a caso, anche Montaigne (colui che promuove la polemica anti-europea più decisa) contrappone le monde enfant (primitivo) a quello en lumiere, identificando i rispettivi in Nuovo Mondo ed Europa. Ovviamente, non bisogna trascurare il fatto che anche gli abitanti del Nuovo Mondo possano presentarsi civili anche se, ovviamente, i caratteri di cui si fa riferimento qui non sono i medesimi di quelli che caratterizzano l’Europa (non erano, quindi, inferiori agli europei in riferimento a molti aspetti). Ad ogni modo, nel complesso, il Nuovo Mondo passa alla tradizione sotto il segno del “primitivismo”. È possibile associare il concetto di civiltà ad un’altra realtà, al di fuori di quella europea, ovvero la Cina. Tuttavia, è importante individuare quali siano le differenze tra la civiltà dell’Europa e quella cinese. Ovviamente, la risposta porterà a realizzare un quadro più definito di ciò che è Europa tuttavia, bisognerà aspettare il 1700. Comunque, già nel Cinquecento si è andata delineando l’opposizione tra tranquillità e saggezza della Cina e guerre e follia dell’Europa. Una distinzione chiara tra Europa e Cina, o meglio tra Europa e ciò che Europa non è, sarà possibile solo due secoli dopo. Ad ogni modo, durante il 1500 si è stati capaci di distinguere nettamente civiltà da primitività. Capitolo IV Tra il 1600 e il 1700 l’attenzione degli studiosi si sposta su paesi più antichi. Oltre alla Cina, realtà di saggezza e pace (dove dominano i filosofi), si fa riferimento anche all’Egitto e all’Arabia e, in particolare, gli Arabi e Maometto. Da questo momento, la polemica anti-europea ha caratteri, nuovamente, politici ma anche religiosi. Questo si traduce non solo nella lotta contri gli istituti politici europei (ragion di “Stato”) ma anche con la religione europea, ovvero quella cristiana. Se la ragion di Stato portava direttamente a guerre, massacri e oppressione interna; la religione aveva come conseguenza fanatismo e intolleranza, ovvero elementi contro cui l’Illuminismo era impegnato a lottare. In questo periodo, la polemica contro gli europei trova maggior vigore anche attraverso un nuovo tipo di fare letteratura, ovvero quello dei pseudo-viaggi (lettere scritte da non europei che, arrivati in Europa, raccontano e descrivono i costumi, gli usi che la caratterizzano). Questo porta a una maggiore chiarezza nel concetto di Europa si comprende che coloro che vivevano al di fuori dell’Europa non poteva considerarsi inferiori pur avendo modalità di vita differenti. Si passa a sostituire il concetto di superiorità con quello di diversità. Si compie il processo di differenziazione dell’Europa dagli altri continenti (che non si verificò durante il ‘500). A proposito di letteratura dei pseudo-viaggi è importante fare riferimento a Montesquieu che, attraverso uno di essi, ha la possibilità di tracciare il profilo dell’Europa conosciuta. Dal punto di vista politico (riprendendo la visione di Macchiavelli), l’Europa è composta da molti stati, i quali privi di potere illimitato e spesso a forma repubblicana; l’Asia è formata da pochi stati e un potere illimitato in mano al sovrano, esercitato sui sudditi (ovviamente no repubblica). Ovviamente, bisogna tener conto del fatto che, in Europa, ci fossero stati più potenti rispetto ad altri, come l’Impero, la Francia, la Spagna e anche l’Inghilterra. Inoltre, per quanto riguarda le forme di governo, era possibile parlare sia di monarchia che di repubblica. Le monarchie prevedevano un re che aveva grandi poteri ma essi non veniva esercitati con la medesima estensione come nel caso dei sultani. Le repubbliche erano l’elemento di maggior interesse per quanto riguarda gli asiatici poiché, la maggior parte di essi non sapeva cosa fosse poiché abituati a concepire la realtà politica unicamente come dispotismo. Questo non si presenta troppo paradossale se si pensa che la repubblica è nata in Grecia, culla della civiltà che fece del territorio l’unica realtà civile in mezzo ai barbari. Da questo tipo di realtà, o civiltà, hanno preso forma l’amore del governo repubblicano, ovvero quello nei confronti della libertà. Perciò, è possibile dire che lo sviluppo dell’Europa sta in questo: nella presenza del regime repubblicano che consisteva nella limitazione dell’autorità centrale a vantaggio della libertà dei singoli. A questo proposito, Montesquieu parla anche dell’amministrazione della giustizia opponendo il governo “dolce” e mite con le pene dell’Europa a quello dispotico con pene esagerate dell’Asia. L’Europa, quindi, si presenta come un territorio caratterizzato da libertà e maggiore giustizia. Tuttavia, oltre agli elementi positivi di questa realtà, vengono sottolineati anche quelli negativi, ovvero i rapporti internazionali: continue guerre, repulsione contro i metodi di conquista e ostilità verso la Ragion di stato. Inoltre, in Europa si parlava di diritto pubblico (al contrario dell’Asia), ovvero lo studio delle norme che disciplinano e regolamentano l’organizzazione e il funzionamento dello Stato; esso aveva la capacità di insegnare a coloro che avevano il comando fino a quando, entro quale limite, il loro potere era consentito esercitarlo. Anche dal punto di vista della “vita e dei costumi” il confronto si presenta netto. Innanzitutto, non bisogna trascurare la diversità, delle due parti, nel modo di comportarsi nei confronti del gentil sesso. Tuttavia, la differenza sostanziale sta nel fatto che da una parte è possibile trovare una popolazione caratterizzata da brio e gaiezza (di cui i maggiori rappresentati sono i francesi) e dall’altra si parla di gravité des Asiatiques; gli europei vivono intensamente le relazioni sociali facendo regnare l’amicizia mentre gli orientali sono caratterizzati dall’isolamento (il rapporto con altre persone è estremamente limitato). “In Francia, l’uomo par fatto per vivere in società”. Oltre allo spirito di società, Montesquieu individue un altro elemento che caratterizza l’uomo europeo, ovvero la passione per il lavoro e la passione di arricchirsi, oggi potremmo parlare di dinamismo. Con questo si inizia a delineare un profilo sempre più chiaro dell’europeo (che lo caratterizzerà per molto tempo in futuro), colui che è caratterizzato dalla febbre del lavoro e l’attività incessante in contrapposizione all’inerzia e placidità dell’Oriente. Importante da sottolineare è il fatto che con l’evidenziare questo non si sottolinea un aspetto negativo come potrebbe essere il desiderio dell’oro ma, al contrario, si esalta la volontà e la gran voglia di lavorare di questo popolo. È possibile notare una sorta di preannuncio della società capitalistica moderna (al contrario di Montaigne che faceva rifiorire il moralismo cristiano avverso alle ricchezze). Il successivo scritto di Montesquieu (dopo Lettere persiane) è “Lo spirito delle leggi”, all’interno del quale il quadro dell’Europa acquista maggiore rilievo e profondità. All’interno dell’opera, l’autore cerca di darsi una spiegazione circa il modo e momento in cui le istituzioni politiche, che caratterizzano l’Europa, sono nate. Il punto da cui parte è il crollo della civiltà antica (IV-V secolo dC); la conseguenza è la nascita di una nuova civiltà che si fonda sulle istituzioni dei Germani le quali sono basate sulla libertà. Tale forma di governo era sconosciuta anche agli antichi essa veniva considerata una monarchia temprata, moderata o meglio (come veniva chiamata in Inghilterra e da M) monarchia costituzionale, dove i tre poteri (legislativo, esecutivo e giudiziario) sono separati per garantire la libertà politica. Da questo momento inizia una sorta di elogio del Medioevo politico come anche dei costumi tipici dei Germani. Oltre a evidenziare come questo sistema politico sia il più indicato al fine di mantenere un livello minimo di libertà per la popolazione, Montesquieu individua nel cristianesimo la sola religione capace di affiancarla (più indicato il cattolicesimo per la monarchia e il protestantesimo per la repubblica). Qui è possibile notare una sostanziale differenza tra Montesquieu e Voltaire: -M mosso da interesse politico guarda al Medioevo come a un periodo da imitare poiché proprio in questo momento si è assistito a un trionfo della libertà. -V si muove su interessi di tipo culturale e, per questo, si presenta avverso a tutto ciò che riguarda il Medioevo poiché ritenuto il periodo di maggior degrado per quanto riguarda l’arte, la cultura e l’intelligenza. anticlericalismo e anticristianesimo Infatti, la libertà dei Germani, per Voltaire, è la barbarie dominante nel mondo. Un’altra sostanziale differenza tra la coscienza europea degli illuministi e la coscienza europea dei romantici sta nel rapporto che si istituisce tra l’Europa e le nazioni, cioè fra il tutto e le singole parti. A questo proposito, possiamo fare riferimento a due tipi di realtà:  reazione contro la Francia napoleonica per il rischio di precipitare nel caos portando l’Europa alla deriva a causa di passioni nazionali (francesi) Questa è la visione dei conservatori, i quali, legati a principi settecenteschi, si rifanno al principio dell’equilibrio politico. In riferimento a questo è bene citare Metternich il quale considera l’Europa come una patria (europeismo settecentesco), ripudiando il principio di nazionalità. Al contrario, esaltava gli sforzi concordi di parecchi Stati per opporsi alla preponderanza di uno solo.  l’altra strada era rappresentata dalla figura di Mazzini che esalta la nazione e la patria, ponendola in stretta connessione con l’umanità. Mazzini parla di un’Europa giovane, lontana da quella dei principi (esaltata dai conservatori). L’epoca attuale (sociale) ha per programma Dio e l’umanità: ad ogni popolo è affidata una missione umanitaria che rappresenta il mezzo attraverso il quale le singole individualità nazionali si sviluppano al fine di raggiungere l’aspirazione di una più ampia comunità civile. Con Mazzini è possibile dire che si cerca di far sopravvivere, contemporaneamente, i diritti delle singole nazioni e i diritti della maggiore comunità, ovvero l’Europa Quest’ultima realtà una conseguenza fondamentale per quanto riguarda la coscienza europea, ovvero quella di storicizzare i caratteri tipici della civiltà europea, ovvero ricercare come questi si fossero venuti svolgendo attraverso una lunga storia ad opera delle varie nazioni. Del tutto differente fu l’approccio durante il 1700 poiché la fisionomia morale dell’Europa tracciata non prendeva in considerazione come questi si fossero costituiti durante i secoli. Si studierà la civiltà europea non soltanto in riferimento al suo punto di arrivo, quanto le modalità che hanno portato a renderla così. Capitolo VI I principi appena descritti rappresentano la filosofia che è possibile ritrovare all’interno degli scritti di Guizot, il quale ha come scopo quello di fare la storia della civiltà europea come frutto dell’unità delle civiltà dei singoli Stati dell’Europa. È, quindi, un dato di fatto che l’Europa è unità civile ma, questa civiltà, non è possibile riassumerla con la storia di un singolo stato che la componei lineamenti della fisionomia sono sparsi. La differenza sostanziale tra il Settecento e il secolo successivo sta in questo: nella ricerca, e nello studio, del percorso che ha portato alla nascita dell’unità che chiamiamo Europa. Infatti, nel 1700, l’attenzione veniva posta solamente sul punto di arrivo, sottolineando l’elemento unitario raggiunto che, tuttavia, portava alla scomparsa delle diversità nazionali (in favore dell’esaltazione dell’unità). In questo momento, invece, si fa largo la consapevolezza che tale unità raggiunta sia stata possibile solamente attraverso la collaborazione dell’opera comune, ovvero attraverso la soma dei vari geni nazionali. La civiltà europea può esistere in quanto sono esistite ed esistono molte civiltà nazionali, ciascuna delle quali dà qualcosa che le altre non possono dare. Aspetto fondamentale da sottolineare della teoria di Guizot e la differenziazione che fa tra la civiltà dell’Europa moderna e quelle che l’hanno preceduta. Queste ultime, infatti, sono caratterizzate da una notevole uniformità: principio teoretico (Egitto e India); principio democratico (Asia minore e Siria); casta guerriera (civiltà antiche). Al contrario, l’Europa moderna offre esempi di tutti i sistemi e di tutti gli esperimenti di organizzazione sociale l’Europa è la patria della libertà: impossibilità per una sola forza di soffocare le altre. Per questo, i principi diversi hanno dovuto vivere insieme, accontentandosi, ciascuno, di una parte di dominio libertà = varietà degli elementi della civiltà europea. Ulteriore aspetto da considerare è il fatto che Guizot, al contrario di Montesquieu e Voltaire, accomuna ai paesi dell’Oriente anche la Grecia e la Roma antica. Si parla, quindi, di separazione tra Europa moderna e Asia+ mondo antico. Perciò non si esalta più questa realtà ma, come durante il Rinascimento, il Medioevo come momento in cui ha inizio la civiltà europea. Perciò si ha una rivalutazione di quel periodo in cui si assiste alla forza e alla fecondità del sentimento religioso. L’Europa è l’Europa cristiana, la cristianità. A questo proposito, possiamo fare riferimento alla figura di Cesare Balbo che affronta, anch’esso, il problema del formarsi della civiltà europea riconoscendo alla sua base il comune denominatore cristiano. Ad ogni modo, generale fu la considerazione che tutte le nazioni avessero contribuito alla creazione dell’unità (ognuno attraverso il suo modo); nessuna di queste realtà poteva farsi portatrice della verità (con la convinzione di aver creato, da sola, tale unità) ma, fra tutte, ce n’è una che ha dato un maggior contributo e, nel suo carattere, riassume meglio il carattere generale europeo. In questo momento, il concetto di “missione” (avanzato in precedenza dal Mazzini) si trasforma in quello di “primato”, che consiste nel diritto di una nazione a guidare le altre (ovviamente, le maggiori nazioni europee rivendicano tale primato, in particolare Francia e Germania). Mazzini, precedentemente, aveva affidato tale ruolo all’Italia, riconosciuta come iniziatrice della nuova era dell’umanità. Allo stesso modo, Gioberti credeva nella figura italiana basando la sua visione su una forte nota nazionalistica. Infatti, il rischio di questo concetto di “primato” stava nella possibile conseguenza di far nascere un smodato orgoglio nazionale e un’”irragionevole superbia”. Al contrario, Guizot credeva che il primato fosse in mano alla Francia poiché, non è presente alcun gran principio di civiltà che, per diffondersi ovunque, non sia passato prima dalla Francia. L’esaltazione della Francia avviene a causa sì, della socievolezza e della simpatia che caratterizza tale realtà (in altri termini, capacità propagandistica). Però, secondo l’autore ci sono altri due elementi fondamentali alla base della civiltà:  sviluppo della condizione socialecondizioni esteriori e generali (perfezionamento della società)  sviluppo della condizione intellettualecondizioni della natura interiore (perfezionamento dell’umanità) Ad ogni modo, occorre che questi due elementi coesistano e agiscano uno sull’altro poiché, nel caso in cui uno dei due elementi fosse più sviluppato (o più indietro) rispetto all’altro, si assisterebbe a un senso di incompletezza della civiltà. -La civiltà inglese ha avuto come mira particolare quello dello sviluppo sociale. Il suo principio ispiratore è l’utilità, l’applicazione pratica. Il suo trionfo è la vita politica e sociale; il suo limite l’attività intellettuale. Si presentano come uomini ricchi di capacità politica e caratterizzati da spirito di libertà. -La civiltà tedesca si è concentrata sullo sviluppo intellettuale, come fine lo sviluppo sociale, senza però la capacità di azione sul mondo esterno. I tedeschi sono grandi pensatori dalle profonde teorie. -L’Italia non è mai stata una realtà essenzialmente pratica e nemmeno speculativa: le sue capacità erano sviluppate in entrambe le direzioni. Tuttavia, in questo contesto mancava la fede nella verità: era assente la collaborazione tra realtà intellettuale ed empirica. In questo stava il limite italiano, ovvero nella loro fiacchezza del senso morale e scarso spirito di sacrificio. -La Spagna si è sempre presentata come una civiltà immobile: i fatti e gli ingegni ci sono stati ma isolati tra di loro (no continuità). Ha dato e ha ricevuto poco dall’Europa infatti, la sua civiltà ha scarsa importanza nella storia europea. In Francia, al contrario, nulla è avvenuto nel mondo pratico di cui l’intelligenza non si sia immediatamente impossessata; nulla è avvenuto nel dominio dell’intelligenza che non abbia avuto le sue ripercussioni sul mondo pratico. Infatti, questo doppio carattere di attività intellettuale e di abilità pratica, di meditazione e di applicazione, caratterizza tutti gli eventi della storia della Francia “mai l’uomo è stato privo di grandezza individuale, mai la sua grandezza individuale è stata priva di utilità politica”. La Francia è caratterizzata dal buon senso, ossia la ragione, capace di penetrare e comprendere le idee tenendo conto dei fatti esterni. Nelle due Histoire di Guizon vediamo due visioni differenti della Francia contemporanea: -nel primo viene esaltata la socievolezza, ovvero ciò che Montesquieu e Voltaire chiamavano esprit de sociètè -nel secondo viene sottolineato il fatto che il successo francese sia frutto dell’unione tra capacità speculativa ed energia pratica Per Guizot, quindi, la storia della civiltà europea si divide in 3 periodi:  periodo delle origini, della formazione Dal V secolo al XII durante il quale si mostrano i caratteri costitutivi della società (nelle loro forme “native”)  periodo dal XII al XVI ovvero di tentativi, in cui i diversi elementi si avvicinano e si mescolano (senza arrivare a un prodotto regolare e durevole).  Periodo iniziato nel XVI e che continua: dello sviluppo ovvero quando la società umana assume in Europa una forma definitiva e segue una direzione determinata Gli elementi da tener conto della teoria di Guizot -Se nel periodo precedente si aveva la tendenza ad opporre l’immobilità dell’Asia e il movimento incessante dell’Europa, con lui, questo concetto, viene ampliato: ad esempio, la tirannide la ricollega a un fatto più generale, ovvero all’immobilità della società dovuta al fatto che, in Oriente, una classe abbia trionfato sulle altre ; in Europa, questo non è avvenuto e, tutte le forze presenti, si sono accontentate di spartire il dominio esistentela lotta, invece di farsi principio di immobilità, fu causa di avanzamento. -Se per Montesquieu, la tirannide è causa dell’immobilità della società, per Guizot è invece l’effetto di quel prevalere assoluto, totale di un solo principio. -Esaltazione della libertà europea e appello al principio di legittimità politica: tutte le forze politiche sono nate dalla forza ma, comunque, ognuna di esse, ricerca sempre un titolo di legittimità per affermarsi. -Presenza del parallelismo di sviluppo, nella storia dell’Europa moderna, tra la società religiosa e la società civile. In particolare, sottolinea il fatto che la chiesa ha sempre marciato per prima segnando la via su cui, successivamente, si è incamminata la società civile. Anche la Riforma, se per Novalis veniva vista come la fine dell’unità europea, per Guizot rappresenta il trionfo del principio del libero esame, ovvero della libertà dello spirito umano.
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