Docsity
Docsity

Prepara i tuoi esami
Prepara i tuoi esami

Studia grazie alle numerose risorse presenti su Docsity


Ottieni i punti per scaricare
Ottieni i punti per scaricare

Guadagna punti aiutando altri studenti oppure acquistali con un piano Premium


Guide e consigli
Guide e consigli

Storia dell'Idea di Europa - Appunti seminario, Appunti di Filologia

Appunti del seminario della Brunetti

Tipologia: Appunti

2020/2021

Caricato il 18/05/2021

bibirosso
bibirosso 🇮🇹

4.6

(174)

26 documenti

1 / 13

Toggle sidebar

Spesso scaricati insieme


Documenti correlati


Anteprima parziale del testo

Scarica Storia dell'Idea di Europa - Appunti seminario e più Appunti in PDF di Filologia solo su Docsity! Appunti seminario – Brunetti Storia dell’idea d’Europa Costruzione culturale dell’Europa. Unione Europea circa 500 milioni di abitanti, 27 paesi, 24 lingue. Unico progetto democratico in cammino al mondo, ma manca una costruzione culturale europea. Non c’è per esempio una biblioteca europea. Come nasce l’idea di Europa? Dal punto di vista geografico l’Europa non è definita nei suoi confini. Ad est i confini non sono precisi. La convenzione più comunemente accettata è: 1. Il limite come soglia Parola latina al cui area semantica va dal significato di soglia, limite, ingresso, a quello di confine, di casa e dimora, fino a quello di traguardo. L’idea che accomuna tutti questi termini è la presenza di una linea di demarcazione che stabilisce un rapporto di inclusione/esclusione tra gli elementi interni ed esterni ad essa 2. Limite come frontiera L’esigenza di imporre controllo al passaggio dei confini dipende dall’istituzionalizzazione del limen come frontiera tra due mondi. All’interno del confine ogni suo elemento è conosciuto e perfettamente coerente con i codici culturali condivisi. Al di là della frontiera tutto è ignoto, poiché si tratta di una zona “altra”, i cui elementi sono incoerenti e sconosciuti. La barriera della frontiera possiede una funzione di rigida separazione per evitare invasioni e sconfinamenti. Non si nega l’importanza del confine geografico, il punto è che a est non è così netto. Questo implica la necessità di una riflessione culturale. 3. L’identità come limite Dal punto di vista dell’antropologia contemporanea, parlare di limite o confine significa parlare di identità. Solitamente, l’identità è concepita come costruzione culturale di confini interni (status, genere, età ecc.) al gruppo sociale. A partire dagli anni ’80 del 900 tuttavia, la riflessione sull’identità e sull’alterità diventa per l’antropologia il punto di partenza per una valutazione critica dei processi di globalizzazione. L’irrimediabile esaurimento del formalismo e le razionalismo impone una revisione delle tradizionali categorie interpretative applicate all’indagine sulle strategie di costruzione di identità e sul concetto di autenticità. Dal punto di vista dell’ordine transnazionale e postcoloniale, la questione dell’appartenenza si pone sempre meno su un piano territoriale e sempre più su un piano simbolico. La cultura è fragile, si pensi a Palmira. Esiste nella misura in cui siamo disposti a proteggerla e a negoziare per lei. Izet Sarajlìc, storico filosofo e poeta bosniaco Declaratoria. Gli europei: uniti nella diversità. “l’Unione Europea (UE) è una famiglia di paesi europei democratici che si sono impegnati a lavorare insieme per la pace e la prosperità. Non è uno stato che si propone di sostituire gli stati esistenti, ma è qualcosa di più rispetto alle altre organizzazioni internazionali. L’UE è infatti qualcosa di unico. I suoi stati membri hanno creato una serie di istituzioni comuni a cui delegano una parte della loro sovranità in modo che le decisioni su questioni specifiche e di interesse comune possano essere prese democraticamente a livello europeo”. “l’Europa è un continente con molte diverse tradizione e lingue, ma condivide anche un patrimonio di valori comuni da salvaguardare. Essa dà impulso alla cooperazione tra i popoli d’Europa, promuovendo l’unità nel rispetto della diversità e garantendo che le decisioni vengano prese il più possibile a contatto con i cittadini. Nel mondo del XXI secolo, caratterizzato da una sempre Il mercato unico ha portato: riduzione sul prezzo di molti prodotto e servizi, maggiore scelta per i consumatori. 2,8 milioni di posti di lavoro. Schengen. Aboliti i controlli doganali alle frontiere tra quasi tutti i paesi UE. Rafforzati i controlli alle frontiere esterne. Intensificata la cooperazione tra le polizie. Steiner. Secondo punto: l’Europa è camminabile. L’uomo domina il mondo. 29/03/2021 Chabod. Tradizione e civiltà. Sistema di vita e educazione simile. Nessun europeo è completamente esule in nessuna parte d’Europa. Il sistema di vita è abbastanza uniforme. C’è un livello di civiltà e tradizione riconosciuta. Tradizione= trans do. Do qualcosa a qualcun altro attraverso un mezzo. Problema di definire l’Europa culturale. Forma di civiltà, modo di essere che contraddistingue l’europeo. Vi è un certo abito civile, si sta parlando di civiltà. È l’elemento morale che predomina su quello fisico. La civiltà è soprattutto opera della storia e dunque della volontà degli uomini. Nella storia ha posto solo ciò che ha coscienza di sé. Principi di Steiner: Caffè, Camminabilità, il paesaggio è domestico. 30/03/2021 Le rappresentazioni del mito possono parlarci della rappresentazione culturale dell’Europa. Ai tre figli di Europa corrispondono i tre figli di Noè: Cam, Sem e Jafet. Fabula romano traduce mito greco. Nel mondo greco la parola del mito è autoevidente. Dal verbo latino fari viene il nome profeta. Per noi favola non ha significato storico, rappresenta una fantasia, il suo statuto di verità non poggia sul verosimile. Il mito racconta delle verità secondo il suo sistema, che non ha bisogno di essere dimostrato. Alla radice dell’Europa ci sta la mescolanza dei popoli. È come se l’Europa avesse dentro di sé il concetto della migrazione, ma non lo riconoscesse. Sogno della regina di Eschilo. L’Europa diventerà il luogo delle leggi e della democrazia, mentre l’Asia diventerà sempre più il regno del barbarico. Idea di barbaro? Terzo principio: abitiamo delle camere di risonanza di grandi imprese storiche e intellettuali, artistiche e scientifiche. La vita degli europei si svolge in luoghi fatti così, non è così in America. Le città europee sono cronache viventi. Autodefinizione dell’Europa come luogo della memoria, che porta con sé però un lato oscuro. Quarto punto di Steiner: doppia eredità di Atene e Gerusalemme. Identità performativa: un’identità che si misura ed esiste in una condizione relazionale. Gli europei devono negoziare queste due anime: scienza e religione, filosofia e origine. Siamo figli di due cose contrarie. Tre assuefazioni luminosamente inutili: musica, matematica e pensiero speculativo (dove rientra anche la poesia). L’arte è inutile in pratica, ma ci fa stare bene. Va misurata secondo un’altra scala: il Giudizio universale non è propedeutico allo svolgimento della messa, ha un’altra utilità. Il dilemma di Steiner è perché non ci hanno protetto da Auschwitz. L’essenza della scienza è la domanda. La natura di essere figli di Atene è indubbia, nelle parole nella filosofia, nella matematica e nelle parole. La definizione di un principio unico creatore del mondo è un’invenzione giudaica. Concezione della storia dotata di significato. I greci avevano tre parole per indicare il tempo, mentre il tempo giudaico è teleologico: nasce con un gesto creativo del Dio monoteista e finirà in un secondo punto. È il logos che crea il mondo. C’è una grande distanza tra la letteratura classica e la nostra cultura. Il fine delle cose è profondamente diverso da quello giudaico-cristiano. In questo caso dobbiamo usare la parola negoziare, perché sono due concetti molto diversi. Dunque, l’idea d’Europa è una storia di due città. Quinto principio: senso di fine. L’arte e la letteratura sono moribili, esistono nella misura in cui le sosteniamo. 13/04/2021 bisogna contrastare la burocrazia della mente. È la ricerca libera che scopre le cose nuove, non la ricerca applicata. “I parafulmini devono essere saldamente infissi nel terreno. Cinque parametri: Caffè, camminabile, strade con nome di artisti, dualismo di Atene e Gerusalemme, consapevolezza escatologica. L’Europa è vulnerabile e perché continui ad esistere deve essere protetta, costruita e sognata. La Grande Guerra è stata una guerra ‘’di posizione”, Per più di quattro anni, una fascia territoriale di larghezza variabile tra pochi metri e qualche chilometro ha spezzato in due il continente europeo. È la ‘’terra di nessuno”: quella che si estende fra le punte avanzate dei due schieramenti e che avanza o arretra di pochissimo, restando in definitiva quasi sempre fissata sulla stessa minima porzione di terreno. Nella percezione di milioni di soldati al fronte (tra i quali anche, come è notissimo, i protagonisti del totalitarismo interbellico), si tratta di un territorio all’interno del quale non solo sono sospesi i diritti elementari degli individui, ma in cui persino la natura è stata costretta dall'uomo — dalla violenza delle sue macchine, dei suoi artificiali congegni di morte d distruzione — a sospendere le proprie leggi universali, a invertire cicli millenari, a far mancare all'uomo i codici di riferimento basilari. Più che un luogo, la terra di nessuno è un “non-luogo’”’ — una piega (e una piaga) entro il continuum spazio-temporale — in cui tutto può accadere e tutto appare estraneo, ostile all'umanità. No man's fand, appunto. Un'aberrazione topologica nel tessuto del reale geograficamente rappresentabile, una condizione astratta ed estraniata (snaturata dal braccio metallico della tecnologia più avanzata). Che si allarga alla fascia circostante, quella che abbraccia l'universo orrendo dei due sistemi di trincee contrapposti e, ancora oltre, le retrovie con il loro carico di sofferenza e di angoscia: quanto cioè viene definito Zona di Guerra. Chi vi si trova incluso perde la propria coscienza locale, si deterritorializza (quando scrivevano a casa i soldati, non potendo per motivi di sicurezza indicare il luogo in cui si trovavano realmente, erano costretti a localizzarsi mentalmente in una regione segreta e convenzionale: la “Zona di Guerra”, annunta) . Il secolo sul quale la Grande Guerra ha impresso il suo marchio di fuoco è un secolo abbreviato în spazi convulsi e lancinanti. Nel cuore del Novecento si apre una parentesi funerea, dai colori lividi e minacciosi, la Zona di Guerra: una mutilazione non rimarginabile, una zona morta. Se il Campo, luogo dell’illocalizzabile, costituisce «il paradigma nascosto dello spazio politico della modernità» (G. Agamben), questo paradigma si sperimenta per la prima volta concretamente, sulla pelle degli uomini e sulla pelle della terra, durante la Grade Guerra. Non si tratta solo del fenomeno per cui il “paradigma” della Shoah viene indiscriminatamente applicato alle riflessioni e ai fenomeni più disparati («il “campo” nello stesso momento in cui afferma la sua esistenza proietta sinistra la sua ombra in ogni direzione, sul passato e sul futuro, e oscura la nostra capacità di darci ragione»); e non è solo la pur ovvia considerazione di come le tensioni che porteranno alla seconda guerra mondiale e alla Soluzione Finale siano legate ai nodi politici e diplomatici lasciati irrisolti alla fine del conflitto precedente. Il Campo trova nella Zona di Guerra il suo antecedente diretto e il suo presupposto indispensabile per ragioni squisitamente “tecniche”. (Con tutta la mancanza d’innocenza che la “tecnica” può avere in un contesto come questo, naturalmente). La Zona di Guerra è infatti il primo spazio di violenza della modernità. || campo di battaglia tecnologico prevede una violenza legittimata non più come eccezione ma precisamente come norma (e come tale sanzionata da apposite decorazioni, celebrata da apposite retoriche). La Zona di Guerra, poi, è il regno della distanza: per la prima volta la tecnologia bellica non solo permette ma impone una condotta dei combattimenti a distanza, cioè senza che l'avversario sia visibile. (Il fucile della Grande Guerra è mortale sino a quasi duemila metri di distanza, mentre l'artiglieria spara in genere a una distanza di cinque chilometri circa dall'obiettivo. | comandanti in capo dirigono le operazioni ben distanti dal fronte, in quartier generali collegati telefonicamente all@prime linee, e nei quali è possibile tenere sotto controllo i campi di battaglia mediante informazioni desunte dalle ricognizioni aeree e aerostatiche). Con la Grande Guerra inizia quel processo di smaterializzazione dell'avversario, di ‘’sottrazione del corpo”, che culminerà nel conflitto seguente con l'uso del radar (e prosegue ancor oggi con la guerra “intelligente” condotta all'infrarosso, via telecamere mobili e armi - telecomandate). L (E) (3) Ma è proprio questa invisibilità della violenza il presupposto della sospensione della morale, e quindi della legittimazione della violenza stessa: «l'aumento della distanza fisica e/o psichica tra l’azione e le sue conseguenze [...] annulla il significato morale dell’azione» (Z. Bauman). Questa distanza, nelle società totalitarie, viene prodotta attraverso diverse tecnologie (come la propaganda e la segretezza), ma trova un precedente tangibilmente fisico nella guerra moderna: «l'esempio più ovvio della tecnica che colloca le vittime fuori dal campo visivo, rendendole così inaccessibili al giudizio morale, è dato dalle armi moderne» (Id.). Un altro aspetto del Campo che vale come tragica sineddoche della modernità è il suo carattere industriale. L'industria dell'assassinio di massa, in serie, ha infatti caratteristiche perturbantemente simili ad altri tipi di industria. Nella macellazione industriale, per esempio, l’industrializzazione — la razionalizzazione estrema dei procedimen' contingentamento di tempi e spazi di lavorazione e la costruzione di appositi spazi con determinate caratteristiche, collocati a distanze strategiche dai grandi centri urbani ja negli anni Sessanta dell'Ottocento (contemporaneamente ai primi conflitti modificati dalla rivoluzione industriale: la guerra di Secessione negli Stati Uniti e la guerra franco-prussiana in Europa), e viene ‘codificata’ negli anni Dieci del Novecento (i Principles of Scientific Management di Frederick Taylor vengono pubblicati nel 1911). La specificità dell'industria della macellazione si deve al fatto che la sua ‘produzione”’ passa attraverso la ‘’distruzione’’ della vita. Analogamente, il Campo di sterminio sarà paragonato al «moderno sistema di,fabbrica. Invece di produrre merci, esso utilizzava gli esseri umani come materia prima e sfornava la morte come prodotto finale, con le quantità giornaliere accuratamente riportate sul rendiconto dei dirigenti. Le ciminiere, simbolo stesso del moderno sistema di fabbrica, sputavano l’acre fumo prodotto dalla combustione della carne umana. La rete ferroviaria dell'Europa moderna, perfettamente organizzata, trasportava alle fabbriche un nuove genere di materia prima» (H. L. Feingold). La dinamica perversa tra produzione e distruzione, che si instaura nella società industriale moderna, è un aspetto ben noto del sistema capitalistico. La produzione di nuovi generi di consumo è resa possibile proprio dallo smaltimento rapido, cioè dalla distruzione, delle eccedenze del ciclo produttivo. E la guerra moderna è proprio un'immensa occasione di smaltimento, un gigantesco rituale di spreco. Solo che nella guerra — come nel macello, come nel Campo — non vengono distrutti solo i materiali. Per prima cosa occorre smaltire degli esseri viventi che per loro sfortuna sono entrati a far parte del ciclo produttivo: gli esseri umani. La guerra, a questo punto, appare in effetti «un’estensione del complesso industriale» non più un tempo eccezionale che si frappone nel ciclo produttivo sabotandolo, ma al contrario un suo volano determinante: «questa guerra trasformò i campi di battaglia in giganteschi sistemi che producono la distruzione: delle vite umane, dei paesaggi, dei materiali e dei valori simbolici, seguendo sempre le regole del sistema capitalistico, ancora più rigidamente che in tempo di pace» (B. Hippauf). Un altro segno inquietante di questa dialettica del moderno che la Grande Guerra mette in luce, risulta dalle ricerche di Giovanna Procacci (che hanno rivelato, della “guerra patriottica”, un dato accuratamente rimosso dalle storie, ufficiali e non, di questi ultimi settant'anni — e che lascia semplicemente senza fiato: lo sterminio per fame di centomila prigionieri di guerra italiani nei campi di prigionia tedeschi, lasciati al loro destino dalle autorità militari italiane che li consideravano in massa dei traditori e che impedirono alle famiglie di far loro giungere, come a tutti gli altri prigionieri e come previsto dalle convenzioni internazionali, indispensabili generi di prima necessi la prima vera esperienza di prigionia su scala mondiale fu vissuta durante gli anni della prima guerra mondiale. Fu allora [...] che si pose per la prima volta in termini reali, e spesso drammatici, il problema dei prigionieri di guerra, e del loro trattamento». Nei termini di Agamben, cioè, fu quella la prima esperienza di gestione biopolitica del potere da parte degli Stati europei. Ed è forse proprio questa l'ombra più fonda del Campo sulla Grande Guerra. | campi di prigionia — le «città morenti» come vennero definiti — sono davvero un’inquietante prefigurazione dei campi di sterminio. E alcuni di essi, come Mauthausen, vennero in effetti riutilizzati come tali. Lezione 14 Auerbach, Spitzer, Curtius (tedeschi, S. austriaco). Vivono tra ‘800 e ‘900, sono contemporanei. Auerbach è autore di Mimesis, tradotto nel 1956 da Roncaglia. “la realtà rappresentata” era il titolo ufficiale. Auerbach ha una vita avventurosa, deve scappare dopo le leggi raziali ad Istambul, dove scrive un manuale di filologia romanza senza un libro. Parte dall’idea che sia necessario trovare degli anticorpi a quello che sia successo e dei metodi per renderlo significativo. Eterno problema di realizzare con parole le realtà. Isomorfismo che la letteratura compie. Auerbach propone di trovare un punto. Il particolare può avere un valore enorme si scelto bene. Esigenza per tutti di far rivivere la tradizione. Spietzer parte dall’osservazione di un particolare: l’espressione di un artista è sempre la medesima. Guardando bene l’opera di un artista si possono riconoscere dei tocchi propri. Il riconoscimento avviene grazie a piccoli particolari, piccole forme di stile: gli stilemi. Rispetto alla tradizione occidentale ci permette di connettere il passato al presente attraverso una corrente elettrice. Curtius( Letteratura europea e Medio Evo altino), unico non ebreo che quindi non deve lasciare l’Adademie tedesca, è un integrato nella sua società ed è conservatore. Il suo libro, tradotto nel 1992 (è del 1946), propone l’osservazione dei topoi. Un topos è un luogo comune, siamo nel campo della retorica. Il topos è un luogo comune che viene attraversato dall’artista nel suo tempo, caricandolo di senso. Prende come esempio l’incipit primaverile, che
Docsity logo


Copyright © 2024 Ladybird Srl - Via Leonardo da Vinci 16, 10126, Torino, Italy - VAT 10816460017 - All rights reserved