Docsity
Docsity

Prepara i tuoi esami
Prepara i tuoi esami

Studia grazie alle numerose risorse presenti su Docsity


Ottieni i punti per scaricare
Ottieni i punti per scaricare

Guadagna punti aiutando altri studenti oppure acquistali con un piano Premium


Guide e consigli
Guide e consigli

Storia della Danimarca 1864-80, Appunti di Lingue

Vicende danesi dal 1864 al 1880

Tipologia: Appunti

2017/2018

Caricato il 09/10/2018

greta_ciancarella
greta_ciancarella 🇮🇹

4.2

(5)

7 documenti

Anteprima parziale del testo

Scarica Storia della Danimarca 1864-80 e più Appunti in PDF di Lingue solo su Docsity! 1 PAGINE DI STORIA DELLA DANIMARCA Traduzione dal danese di Luca Panieri, rielaborata ai fini didattici, da Kristian Hvidt, Det folkelige gennembrud og dets mænd, København 1990 Louis Pio La Danimarca dalla sconfitta del 1864 al 1880 La resa dei conti europea Nell’inverno 1869-70 la Danimarca era pervasa da una strana atmosfera cupa, un senso d’inquietudine riguardo al futuro, nel passaggio al nuovo decennio. A dicembre D. G. Monrad (l’ex primo ministro responsabile del disastro bellico danese del 1864), tornato in patria l’anno prima dal suo lungo soggiorno in Nuova Zelanda, tenne due conferenze all’Università di Copenaghen, che poi pubblicò col titolo di Om politiske drømmerier (Sui sogni ad occhi aperti della politica). Erano più incubi che sogni. I suoi discorsi interpretavano la generale preoccupazione dell’epoca per il futuro e particolarmente riguardo alla possibilità di sopravvivenza della piccola Danimarca in mezzo alle grandi potenze europee. Erano pensieri cupi che Monrad esprimeva con la sua particolare capacità di incantare la platea. Secondo gli stessi ascoltatori l’ambiente ampio e gelido dell’auditorio di Frue Plads (piazza nei pressi dell’Università di Copenaghen), in quei bui pomeriggi invernali, rafforzava la sensazione di paurosa inquietudine. Il locale era illuminato soltanto da poche candele sulla cattedra, da cui la grande ombra danzante della sagoma spigolosa dell’oratore si stagliava sulla parete alle spalle. Monrad prospettava un quadro in cui le nuove grandi potenze: una Germania unita sotto la direzione della Prussia e, a sud, l’Italia di Garibaldi, avrebbero accresciuto sempre più il loro dominio e reso incerto il futuro dei piccoli paesi come la Danimarca. Egli si chiedeva anche se la popolazione danese avesse abbastanza carattere e spirito nazionale per resistere alle future tempeste dell’Europa. Da quando Monrad se n’era andato in Nuova Zelanda erano avvenuti fondamentali mutamenti nei rapporti di forza tra i paesi europei. La guerra contro la Danimarca e la successiva resa dei conti con l’Austria avevano dato alla Prussia un senso di superiorità e fiducia nelle proprie forze, facendone il paese 2 egemone dell’Europa centrale. Una lunga serie di staterelli tedeschi si erano piegati alla Prussia. Nel 1867 fu fondata la Confederazione tedesca del Nord, come entità politica statale, e l’anno seguente Bismarck stipulò l’unione doganale con gli stati tedeschi meridionali della Baviera e del Württemberg, malgrado l’ostilità da loro dimostratagli inizialmente. In Danimarca questo corso d’eventi veniva osservato con preoccupazione, ma ci si consolava pensando che la tracotanza tedesca sarebbe stata tenuta a freno dalla Francia di Napoleone III, che evidentemente continuava a trasmettere un senso di potenza e floridità. Napoleone III s’intrometteva regolarmente nelle faccende tedesche. Nel trattato di pace del 1866 tra Prussia ed Austria riuscì a introdurre il paragrafo 5, che prescriveva, per il futuro, l’indizione di un plebiscito nello Schleswig del nord (dan. Nordslesvig oppure Sønderjylland). Anche in altre occasioni egli aveva dimostrato la sua volontà di sostenere i piccoli stati come la Danimarca contro la Prussia. Ma per chi, in Danimarca, seguiva la questione più attentamente era chiaro che la voce grossa di Napoleone III in politica estera nascondeva il suo progressivo indebolimento nella politica interna francese. Nella primavera del 1870 spinte liberali lo avevano indotto ad apportare cambiamenti alla costituzione. Qualcosa covava sotto la cenere tra la popolazione francese. Nell’estate 1870 Bismarck si sentì abbastanza forte da fare la resa dei conti definitiva con la Francia. Lui stesso provocò la crisi diplomatica che indusse la Francia, militarmente impreparata, a dichiarare guerra alla Prussia. In tutta l’Europa si rimase col fiato sospeso in attesa degli eventi. In Danimarca questo era il momento atteso dal 1864 (la sconfitta danese da parte di Bismarck). Napoleone III, si diceva, era sceso in guerra, tra l’altro, per costringere la Germania a indire il plebiscito nello Schleswig del nord. Finalmente la Danimarca avrebbe ottenuto la sua sperata rivincita sulla Prussia. Nella primavera del 1870 era avvenuto un cambio di ministri a Copenaghen. Il conte Holstein assunse la direzione, succedendo al conte Frijs. Però a differenza di prima, il conte Holstein, oltre a buoni amici tra i grandi proprietari, aveva messo al governo tre dei capi politici nazional liberali: C. C. Hall, A. F. Krieger e C. E. Fenger. Furono soprattutto costoro, i politici del periodo attorno alla sconfitta del 1864, ad essere entusiasti allo scoppio della nuova guerra nel 1870 e desiderare che la Danimarca si alleasse apertamente con la Francia. A Parigi si percepirono le simpatie dei danesi e subito si inviò un’offerta di alleanza. Sarebbe stata negoziata da un messo imperiale particolare, il conte di Cadore, che partì con la nave alla volta di Copenaghen, dove era atteso con grande apprensione. Il magnate industriale danese Carl Frederik Tietgen si offrì addirittura di installare un cavo telegrafico subacqueo da Dunkerque fino alla costa occidentale dello Jutland danese, attraverso il quale i generali francesi avrebbero potuto dirigere l’esercito unito dano-francese contro i tedeschi. La popolazione copenaghese accolse il conte di Cadore con entusiasmo, ma i ministri, specialmente il direttore del ministero degli esteri, Peter Vedel, erano più scettici. Il conte era sia arrogante che ignorante. Quando Vedel disse che un’alleanza con la Francia avrebbe messo a repentaglio la stessa esistenza della Danimarca, il conte rispose con totale 5 malgrado la triste realtà degli eventi, era ancora l’obbiettivo. Il futuro capo della Venstre (“sinistra” partito politico contadino, oggi di destra), Christen Berg, ribadì il concetto molte volte: “der skal være et Danevirke i hver mands bryst” (ci deve essere un Danevirke [vallo difensivo contro la Germania] nel petto di ogni uomo) – dichiarava pateticamente, divenendo facile vittima della satira dei suoi oppositori politici. Ma proprio con tali parole suscitava profondi sentimenti tra i frequentatori delle Højskoler (università popolari). La cerchia che faceva riferimento a For Ide og Virkelighed nel 1870 era ancora molto variegata, ma alcuni anni più tardi si raccolse attorno al realismo letterario e al radicalismo politico. Vi faceva parte, pur con diverse premesse, anche il movimento politico pacifista che faceva capo a Lars Bjørnbak (nato 1824 – morto 1878), il cui interprete più noto fu il politico Viggo Hørup, ancora giovane nel 1870. Era la resa dei conti della giovane generazione con i responsabili del disastro nazionale del 1864. Hørup in seguito scrisse al riguardo: “Per tre quarti di secolo avevamo lavorato in un solo senso, non avevamo coltivato alcunché di umano che la fantasia, tutta la nostra formazione era letteraria e tutta la nostra letteratura era fantastica. Avevamo perpetuato ciò attraverso una politica che non era altro che avventura e illusione. Cominciò con la prima battaglia di Copenaghen (Slaget på Reden, 1801), terminò con la fuga da Als (1864). Dopo questo pezzo di storia mondiale era giunto il tempo del realismo contadino, il solido popolo materiale alle prese con l’aristocrazia intellettuale gracile e sofferente, la politica invece dell’estetica, interessi puramente borghesi per il burro, le ferrovie e la deviazione di acque dannose, al posto di novelle scialbe e matta agitazione per un nuovo attore.” La cerchia che faceva riferimento a For Ide og Virkelighed era comunque più ampia dei radicali e dei seguaci di Bjørnbak. Comprendeva anche “materialisti” politici come la sinistra di J. A. Hansen, e inoltre un bel numero di proprietari terrieri che ragionavano in termini di corone e centesimi piuttosto che pensare ai guai dello Schleswig settentrionale. Anche certe cerchie della “Missione interna” (Indre Mission, movimento religioso luterano intransigente e dogmatico) nelle questioni terrene si dimostravano meno sentimentali dei grundtvighiani. Politica estera in punta di piedi Dopo che furono eretti i nuovi pali di confine lungo il Kongeå (fiume danese che scorre nello Jutland) a sud della linea di Kolding-Ribe, circa 150.000 abitanti di lingua danese divennero di colpo cittadini tedeschi. Era soprattutto la popolazione rurale a sentirsi danese e a parlare la lingua nordica. Nelle città invece l’influsso culturale tedesco era sempre stato forte. Fino al 1866 lo Schleswig fu amministrato dalla Prussia, mentre lo Holstein dall’Austria. Però in seguito alla breve, ma decisiva guerra tra le due potenze nello stesso anno, la Prussia si prese anche quella regione. Schleswig e Holstein furono a questo punto unite sotto la Confederazione tedesca del Nord e dall’anno della sua fondazione nel 1867 presero ad inviare un loro rappresentante al parlamento federale di Berlino. Dallo Schleswig 6 settentrionale fu mandato Hans Krüger di Bevtoft, figura imponente di capo contadino che, con toni nettamente più decisi di quanto auspicassero i prudentissimi diplomatici danesi, reclamava a diritto della minoranza danese ad un referendum in ottemperanza al famoso paragrafo 5. Le autorità tedesche non opposero un rifiuto e, nel complesso, durante il primo decennio dopo la guerra del condussero una politica relativamente tollerante nei confronti della minoranza danese. Quindi fu magnanimo da parte delle autorità tedesche permettere alla popolazione di cultura danese di cittadinanza danese invece di quella tedesca e consentire loro di continuare a risiedere a sud della frontiera. Questa risoluzione fu formalmente approvata alla cosiddetta “Convenzione di Aabenraa” (Åbenråkonvention) nel 1872. Successivamente, negli anni ’90 dell’Ottocento, le autorità cominciarono una politica di tedeschizzazione più sistematica che comportò l’espulsione di una parte di coloro che avevano optato per la cittadinanza danese, essendo considerati alla stregua di cittadini stranieri. Ma in quel momento non ce n’erano più molti nello Schleswig del Nord. La minoranza danese diminuì dopo il 1870. Ciò era dovuto in buona parte al fatto che i danesi fuggivano dallo Schleswig, ma non nel territorio del Regno di Danimarca, bensì in America. Già prima del 1870 diverse agenzie per l’emigrazione si erano stabilite a Sønderborg, Tønder ed altre località in cui potevano trovare clienti. I giovani danesi non intendevano sottomettersi al tono di comando tedesco, e precisamente non volevano prestare il servizio di leva come militari prussiani, che durava non meno di tre anni. Prima della chiamata se ne andavano semplicemente ad Amburgo, da dove centinaia di migliaia di tedeschi poveri, già dagli anni ’50 dell’Ottocento, erano partiti per l’America. Non è possibile stabilire con esattezza quanti abitanti dello Schleswig del nord abbiano intrapreso il viaggio per gli Stati Uniti. Là comunque venivano chiamati tedeschi, essendo cittadini tedeschi; tuttavia si possono in parte identificare perché moltissimi scelsero di stabilirsi vicino agli immigrati danesi, e spesso si sposarono con questi. Le autorità tedesche non desideravano tenere il conto di questa emigrazione, che pian piano riduceva il numero della problematica minoranza danese, ma calcolando la differenza tra quanti avrebbero dovuto risiedere nello Schleswig settentrionale, secondo le nascite e le morti registrate, e quanti realmente ce n’erano alla riunificazione con la Danimarca 50 anni dopo, si giunge al risultato che da una popolazione di circa 150.000 ne erano spariti 56.000, la stragrande maggioranza probabilmente in America. I giovani preferivano l’avventura del viaggio oceanico piuttosto che essere l’avamposto della “danesità” (danskhed) nella loro terra d’origine. Non potevano aspettare che il plebiscito promesso riportasse la loro terra alla madrepatria danese. Partirono in massa già dal 1866. Il ministero degli esteri danese con il suo corpo diplomatico procedeva in punta di piedi dopo la guerra del 1864, e il loro passo si fece ancor più lieve in seguito alle vittorie tedesche sulla Francia (1870) e alla nascita dell’impero tedesco l’anno seguente. La Danimarca e, più esattamente, la popolazione danese dello Schleswig settentrionale, viveva della grazia e della compassione dei padroni tedeschi. Si sperava e si credeva veramente che Bismarck avrebbe indetto il plebiscito 7 secondo il paragrafo 5. Si era dimenticato che durante l’estate del 1870 tutti i giornali danesi avevano fatto una propaganda zelante per scendere di nuovo in guerra contro la Germania, a fianco della Francia, e che anche negli anni seguenti il clima, in tutto il paese, era chiaramente antitedesco. Ovviamente ciò si notava anche in Germania. A Berlino non si comprendeva perché si dovesse ricompensare la Danimarca, ed ancor meno allorché Cristiano IX, nel 1878, diede in sposa la sua figlia più giovane, Thyra, al duca di Cumberland, che apparteneva alla casata antiprussiana degli Hannover. La reazione fu univoca: Bismarck e il ministro degli esteri austriaco si accordarono segretamente per cancellare il paragrafo 5. L’ultima speranza sulla benevolenza tedesca si spense nel 1879. Da quel momento in poi le autorità tedesche dello Schleswig usarono il guanto di ferro contro la minoranza danese. Durante gli anni ’70 dell’Ottocento, nel piccolo ministero degli esteri danese, furono redatti molti lunghi rapporti in francese. Riguardavano la questione dello Schleswig del nord e finirono sulle eleganti scrivanie di tutt’Europa, ma non ebbero molto effetto. La responsabilità della politica estera danese fu devoluta al rispettatissimo capo di dipartimento Peter Vedel. Ebbe mano libera, dal momento che dal 1870, e per i successivi 22 anni, fu eletto come ministro degli esteri un possidente aristocratico, O. D. Rosenørn-Lehn, che aveva molta più conoscenza e interesse per l’allevamento del bestiame che per la diplomazia. Era solo una figura di spicco ornamentale per il ministero, in un’epoca in cui la politica estera era ancora considerata un gioco riservato solo a principi e nobili. Tale concezione fu espressa chiaramente dal collega di Rosenørn-Lehn, il proprietario terriero J. B. S. Estrup, più tardi capo di governo, che la usò come ragione della sua politica interna, affermando: “La Danimarca vive godendo di un certo grado di rispetto e di benevolenza in ambito europeo. Se ciò venisse rovinato con un gabinetto dei ministri diretto dalla sinistra, non sarebbe sicuro quanto tempo potremmo ancora esistere.” Di ciò si avvalse come scusa per imporsi con durezza e despotismo al governo della nazione nei 30 anni seguenti. Amici dei contadini, unitevi! Sebbene gli anni tra il 1866 e il 1870 siano stati relativamente tranquilli per il parlamento, dove la legislazione segnò passi importanti, si percepiva un aumento della tensione sociale. Le contrapposizioni politiche all’interno e all’esterno delle due camere del parlamento si facevano sempre più forti. I toni usati dalla destra non erano meno aspri. In quegli anni i possidenti avevano fatto grossi guadagni e desideravano esprimersi pubblicamente. Sentivano fortemente la necessità di affermare la loro posizione sociale quali pilastri della società, strettamente legati alla casa reale, al ceto nobile e all’aristocrazia copenaghese, ma mille miglia lontani dai contadini e da tutta la popolazione rurale. Nel 1866 fu stipulata un’alleanza politica tra proprietari terrieri grandi e piccoli, chiamata Oktoberforeningen (“L’associazione di ottobre”), a capo della quale vi era il barone Zytphen-Adeler che tenne un discorso inaugurale in cui tratteggiò la concezione che i possidenti avevano di se stessi: 10 adesso erano uomini gravati dal peso dell’età, entrambi sopra i 60 anni. Rimpiazzava le fila soprattutto il giovane Christen Berg. La figura solida e alta del biondo maestro di scuola dello Jutland somigliava, come più tardi osservò Edvard Brandes (scrittore e politico danese, nato 1847 – morto 1931), ad un dorato campo di grano ondeggiante, tanto emanava forza ed entusiasmo per la causa. Rappresentava il meglio della generazione di insegnanti figli di agricoltori che costituiva la parte più sana dei movimenti contadini locali, che ora si stavano realmente affermando nella vita politica nazionale. Ciò che fece di Berg il leader naturale del partito fu la sua forza fisica, la sua capacità di sopportazione nel conquistare di persona il paese di parrocchia in parrocchia. Riusciva a viaggiare di notte e tenere discorsi in affollate case di contadini oppure in piedi su traballanti carri agricoli davanti alle osterie di campagna, più volte al giorno. Per quanto a partire dagli anni ’60 dell’Ottocento il paese cominciò ad essere collegato sempre meglio dallo sviluppo di una rete ferroviaria e grazie alla linea telegrafica, le zone appena al di fuori di questi canali di comunicazione erano ancora relativamente chiuse. Le organizzazioni politiche dei contadini reclutavano i loro membri da territori già in buona parte politicizzati dagli anni ’20 dell’Ottocento. Al di fuori di questi distretti attivi si estendevano miglia di territori avvolti nel sonno dell’assenza di consapevolezza politica, come ad es. la gran parte della penisola dello Jutland. Questo era il primo campo da arare per Christen Berg. Prima delle elezioni del 1872 viaggiò per più di 4000 km. attraverso il paese su un carro da contadino o in diligenza. Giungeva in luoghi dove gli unici oratori che vi erano arrivati avevano parlato per lo più di Gesù o di medicine, anch’esse in grado di compiere miracoli. Christen Berg sapeva parlare in modo tanto vivido dei problemi politici nazionali da farli sentire vicini a chiunque, e riusciva a ricordare migliaia di contadini che incontrava per strada, chiamarne molti per nome la volta dopo, mobilitarli per organizzare i collegi elettorali e decidere chi dovessero presentare come candidati. I risultati non si fecero attendere. L’afflusso alle urne per la prima volta raggiunse il 40%. la Sinistra guadagnò 11 nuovi seggi al Folketing e quindi ottenne da sola la maggioranza, anche se i cinque seggi dei seguaci di Bjørnbak avevano abbandonato la Sinistra Unita prima delle elezioni – per loro il partito non era abbastanza radicale. I suoi obbiettivi la sinistra vittoriosa li formulò in un manifesto, il primo programma politico di partito vero e proprio della storia danese. Il punto principale era la reintroduzione della “vera” democrazia nella forma della costituzione di giugno del 1849. La maggioranza eletta dal popolo al Folketing sarebbe dovuta essere al centro del potere e, tra l’altro, avrebbe dovuto decidere la composizione del gabinetto dei ministri – fu questo concetto, il parlamentarismo, il cui stendardo veniva issato allora, a divenire il tema principale delle turbolenze politiche dei decenni successivi. Oltre a ciò, nel 1872, il partito chiedeva riforme nello spirito del liberalismo classico: diminuzione della spesa pubblica, tassazione secondo il reddito invece che secondo il terreno di proprietà (ottenuta nel 1903), scioglimento dei vincoli feudali sulle proprietà ereditarie dei nobili (ottenuto nel 1919) e libertà nei rapporti locali con la chiesa e la scuola come prosecuzione delle riforme avviate nel 1855. 11 I progressi della stampa giornalistica Adesso che la principale causa di lotta era costituita da poche questioni fondamentali, era maturo il tempo per i veri e propri partiti politici. La forma di partito moderna era piuttosto facile da realizzare, perché la rapida espansione della stampa giornalistica dopo il 1870 circa fornì la possibilità di un contatto continuo tra elettori ed eletti. Il giornale era un mezzo di comunicazione recente che creava nuovi contatti per tutto il paese, come più tardi fece la radio negli anni ’30 del Novecento, e la televisione negli anni ’60. Il prerequisito per una migliore comunicazione delle notizie era costituito dai cavi telegrafici, che ora si estendevano per l’intera Europa raggiungendo perfino le cittadine più piccole. La richiesta di notizie si faceva più pressante in presenza di eventi importanti. I reportage potevano essere inviati direttamente dai teatri di guerra. In particolare proprio le guerre del 1866 e del 1870-71 causarono un grande bisogno di notizie fresche, non solo attraverso le fitte colonne dei giornali, ma soprattutto mediante le immagini del mondo oltre il confine di casa, impressioni visive che potevano essere assorbite anche dai lettori meno esperti. Le figure divennero la base del successo dei primi settimanali, grazie ad una nuova tecnica dell’arte dell’intaglio del legno, la xilografia, che raggiunse la Danimarca dall’Inghilterra. I disegni degli artisti venivano intagliati in dischi legno di bosso, duro quasi come pietra, che serviva da cliché per la stampa. La Illustreret Tidende, iniziata nel 1859 sul modello inglese, durante la guerra del 1864 riportava grandi scene di battaglia, disegnate proprio sul fronte, inviate a Copenaghen e, in pochi giorni od ore, intagliate nel duro legno e pubblicate nel numero seguente. Ma ciò che era decisivo per chi s’interessava di politica era ovviamente il reportage scritto giorno per giorno. Il grande progresso nella comunicazione giornalistica internazionale si ebbe con la fondazione delle agenzie di stampa. La Danimarca entrò velocemente in questo sistema di comunicazione telegrafica condivisa, dal momento che l’ex-tenente Erik Ritzau il primo febbraio 1866 fondò la sua agenzia telegrafica. Oltre ad una comunicazione delle notizie più veloce e più ampia, ciò comportò che anche le testate giornalistiche più piccole e povere si potessero permettere di riportare notizie fresche dall’estero. L’espansione dei quotidiani fu anche dovuta ad un miglioramento delle possibilità di consegna veloce agli abbonati. La posta danese ampliò il suo servizio. Le ferrovie sostituirono le vecchie diligenze postali nel trasporto di lettere e giornali. Le cittadine di provincia molto rapidamente, grazie al collegamento ferroviario, ricevettero i giornali stampati a Copenaghen; ma i distretti rurali a lungo rimasero quasi privi di servizio postale. Nel 1864, nell’intero paese, c’erano soltanto 48 linee di trasporto postale, dieci anni dopo ce n’erano 500 e nel 1883 già 1500. Così i giornali, ogni giorno o a giorni alterni, poterono raggiungere perfino le case più sperdute. Anche in questo modo la Danimarca divenne più coesa di prima. Fino al 1864 il mondo della stampa fu dominato dai quattro giornali conservatori di Copenaghen e le sei vecchie grandi testate giornalistiche dette “Stiftstidender” (“Gazzette della diocesi”). Gli anni successivi mostrarono come fosse possibile far soldi pubblicando giornali. Se ne rese conto il giovane 12 litografo Chr. Ferslew, che nel 1864 fondò il Dags-Telegraphen, che fu il primo di una serie di nuovi quotidiani conservatori di Copenaghen, tra cui figurava anche il Nationaltidende, caratterizzati da un contenuto di più facile lettura rispetto ai vecchi giornali di stampo accademico. L’attività di Ferslew contribuì a far sì che, nel 1873, quasi il 70% di tutte le famiglie copenaghesi avesse l’abbonamento ad un giornale. A quell’epoca anche l’opposizione era riuscita ad avere il suo portavoce nella capitale. La Sinistra attraverso il Morgenbladet (“La pagina del mattino”), finanziato da Berg, e i socialisti con il loro organo di lotta politica Socialisten (“Il socialista”). Il Morgenbladet per i primi dieci anni aveva pochissimi abbonati, per lo più lettori ipercritici che si godevano le sferzate di Viggo Hørup contro i nazional liberali nell’editoriale o negli articoli a puntate del giornale. Tra i contadini, all’inizio, l’abbonamento ai giornali stentava ad affermarsi. Nel 1864 solo il 4% delle oltre 300.000 case contadine danesi ricevevano un giornale. Ma poi la diffusione del giornale registrò un’impennata; cosicché nel 1873 circa il 25% avevano l’abbonamento, grazie ai miglioramenti della consegna postale, che rese possibile la nascita di una rete di giornali locali diffusa in tutto il paese. Tra il 1870 e il 1880 nacquero 18 nuovi giornali di provincia, il cui totale di copie vendute annue salì da 12.000 a 35.000. Uno dei pionieri fu Christen Berg. Durante i suoi viaggi in giro per la Danimarca raccolse capitali e collaboratori per una serie di giornali di sinistra, De Bergske Blade, che divennero le roccaforti della diffusione delle opinioni politiche della Sinistra per i cento anni successivi. Ma anche le altre voci politiche della sinistra ebbero i loro giornali: i moderati grundtvighiani il Fyns Tidende (“Gazzetta della Fionia”), accanto al vecchio Dansk Folketidende (“Gazzetta popolare danese”), i radicali seguaci di Bjørnbak si espressero attraverso l’Aarhus Amtstidende (“Gazzetta provinciale di Århus”), che esprimeva maledizioni apocalittiche contro il militarismo, lo scandinavismo ed altri “-ismi” sentimentalistici. La stampa di provincia contribuì a combinare la locale politica al livello di parrocchia con quella a livello nazionale. I membri del parlamento, da Copenaghen, potevano tenersi in contatto con le circoscrizioni elettorali e gli elettori ricevevano quotidianamente rapporti sulle riunioni delle due camere parlamentari, incredibilmente dettagliati ai nostri occhi moderni. La stampa si fece politicizzata, polarizzandosi in destra e sinistra. I giornali apolitici non godevano di buona salute in quel clima di tensione politica. Dalla cerchia dei redattori di giornale entrambe le parti politiche reclutarono molti dei loro candidati al parlamento o ai consigli provinciali (amtsråd). La polemica politica riempiva le colonne, spesso in una forma ancora più aspra e offensiva di oggi. Ci voleva tempo a leggere quei giornali di quattro pagine; la giornalistica frivola e leggera arrivò soltanto negli anni ‘80 dell’Ottocento. Comunque la voglia di leggere era grande, tutti avvertivano l’esigenza di avere nuove informazioni, e a ciò corrispondeva la necessità di dare notizie dettagliate. Un genere che fioriva tanto quanto la stampa giornalistica era quello delle riviste, sia le comuni riviste culturali, sia le riviste specialistiche di artigianato, industria e scienza. Poi 15 il diritto del re, sancito dalla costituzione, di scegliere gli uomini che […] avrebbero dovuto lavorare per lo sviluppo quieto e progressivo di tutto il popolo.” Dopo dibattiti accaniti, in cui la sinistra tirò fuori tutte le accuse peggiori per la responsabilità degli eventi del 1864 e 1866, la sinistra brandì la scure più pesante: il Folketing rifiutò il passaggio della legge finanziaria al secondo esame. La risposta del governo fu tanto fredda quanto efficace. Sciolse il Folketing e indisse nuove elezioni per il novembre del 1873. L’agitazione ora era forte da entrambe le parti. La destra si compattò per condurre un’efficace campagna elettorale, durante la quale agitava la più spaventosa immagine dell’epoca, la Comune di Parigi del 1871, additando la Sinistra Unita come i comunardi danesi, coloro che, come scrisse Carl Ploug, desiderano “un dominio illimitato, con tutti i suoi cambiamenti radicali, rovesciamenti violenti e pericoli esterni come conseguenza.” Ciò indusse i cittadini agiati, a Copenaghen come nelle cittadine di provincia, a presentarsi in massa alle urne il giorno delle elezioni. 73.000 votarono per la Sinistra, ma 68.000 per il governo. La Sinistra perse due seggi ed uscì piuttosto abbacchiata e confusa dalla campagna elettorale. Durante le successive sedute del 1873-74 la Sinistra Unita fece minor uso delle “armi pesanti”. La verità era che il rifiuto della finanziaria, da cui ci si era tanto aspettati, non produceva l’effetto sperato. Dunque a che cosa serviva la maggioranza al Folketing? La lotta allora si spostò all’interno della commissione parlamentare per la finanza di cui Christen Berg era capo. La chiave del diritto ai finanziamenti stava in quella commissione, e la Sinistra usò questo potere per condurre una guerra meschina contro i finanziamenti dei ministri. Il gabinetto dei ministri fu ridotto economicamente alla fame; ma rifiutare la finanziaria la sinistra non osò. Nella destra ciò s’interpretò come segno che l’opposizione fosse “sulla via della conversione”, e il ministro delle finanze Krieger prese perciò l’iniziativa per le dimissioni del governo per l’estate 1874. Re Cristiano IX dovette di nuovo mettersi al lavoro per trovare nuovi ministri. Come l’ultima volta, chiese prima ai suoi amici possidenti più prossimi, Frijs, Estrup e gli altri, di formare il governo. Ma dissero tutti di no, consigliando un collega più disposto alle trattative. Quel genere di persona il re la trovò nel già ministro degli interni, C. A. Fonnesbech, grande proprietario terriero che insieme ad alcuni altri suoi pari e ad un paio di nazional liberali formò il governo. L’estate del 1874 destra e sinistra discussero il programma di lavoro per la successiva seduta parlamentare. La sinistra voleva che il governo appoggiasse anche soltanto una delle proposte di riforma, ad es. una delle più blande, quale era la legge sullo stipendio dei preti. Di fronte al rifiuto da parte di Fonnesbech le trattative s’interruppero bruscamente e perciò la sinistra condusse una sessione parlamentare al Folketing agitata, con dimostrazioni di forza contro il governo, ma quasi senza legiferare. Sembrava proprio che Berg dovesse ricorrere ancora una volta alle “armi pesanti”, respingendo la finanziaria di nuovo. Però non sapeva che un paio di membri della sinistra avevano sentito voci riguardo all’intenzione della destra, al Landsting, di far cadere Fonnesbech, se si fosse trovato un accordo per la legge finanziaria. Quei due parlamentari quindi trattarono segretamente i dettagli della finanziaria con il Landsting, e quando quest’accordo fu presentato al gruppo della sinistra, 30 dei loro lo accettarono, 16 mentre 22, con Berg in testa, come segno di protesta contro il “tradimento” ribadirono il loro voto contrario alla finanziaria. Nell’aprile 1875 il governo Fonnesbech si dimise volontariamente, sfinito dai maneggiamenti politici di un intero anno, malgrado la sua iniziale buona volontà. Ciò però non significò la vittoria della sinistra, né contribuì a sedare il conflitto politico. La destra, a buona ragione, poteva affermare che, malgrado i grandi discorsi, non esistesse alcuna stabile maggioranza al Folketing. Nel corso dei primi tre anni di vita de “La sinistra unita” (Det forenede venstre) le splendide prospettive del suo futuro furono ridotte in frantumi. In quei tre anni il partito aveva fatto tre dolorose esperienze, che si verificarono ripetutamente anche negli anni seguenti. Per prima cosa il fatto che la legge finanziaria non si poteva usare per piegare la volontà del governo, per seconda cosa che la maggioranza elettorale al parlamento non serviva a niente, e per terza cosa, la più grave, che la maggioranza della sinistra non era così “unita” come il nome scelto nel 1870 lasciava intendere. N l 1875 l’atmosfera nella destra era come quella di aula scolastica in cui gli alunni hanno fatto marachelle al maestro. Era l’ora che imparassero l’obbedienza questi parlamentari di sinistra. Quando il re, per la terza volta, dovette esser disturbato per formare il governo a seguito delle dimissioni di Fonnesbech, cominciò come al solito a interpellare Frijs e gli altri vecchi ministri, che come in precedenza rifiutarono l’incarico, eccetto Estrup. Egli adesso sentiva come una missione domare quei contadini che applaudivano al principio della maggioranza. Essendo stato il fautore della revisione costituzionale del 1866, sapeva come usarla, e come proprietario della tenuta di Skaføgård (presso la cittadina di Randers) era avvezzo a dare ordini a braccianti e mezzadri, e inoltre sapeva benissimo come Bismarck dieci anni prima avesse represso i liberali in Prussia. Il governo Estrup segnò dunque l’inizio di un ventennio di aspre lotte politiche in Danimarca. Difesa, ma da chi? Gli studi statistici danesi degli anni ’70 dell’Ottocento operano quasi sempre una ripartizione dei dati numerici secondo tre diverse categorie fondamentali: i distretti rurali, le città di provincia e Copenaghen. Erano visti come tre mondi separati piuttosto nettamente, ognuno col proprio sistema economico e le rispettive visioni e regole di vita. Tale ripartizione si rifletteva anche in una corrispondente diversificazione dell’ordinamento legislativo. Malgrado il traffico sulle strade e le prime ferrovie la società danese viveva ancora in cerchie separate. Le distanze non erano solo geografiche, ma anche culturali. A Copenaghen non si comprendeva che dall’altra parte della collina di Valby (Valby Bakke, presso Copenaghen) cominciava a formarsi una cultura sociale autonoma e vitale che conferiva al ceto contadino un riferimento concettuale globale per ogni fenomeno, dal cristianesimo al prezzo del burro e la politica fiscale. 17 A sua volta la parte più consapevole della popolazione rurale doveva considerare come qualcosa di estraneo, se non addirittura assurdo, il trambusto teatrale della politica del parlamento di Copenaghen. Risalta agli occhi il fatto che la giovane democrazia danese usasse molto più tempo per questioni teoriche inerenti il potere e l’ordinamento giuridico statale che per le necessità puramente pratiche della società reale. I politici della sinistra avevano difficoltà a spiegare ai propri elettori quali fossero i problemi interni a Christiansborg (palazzo del governo, del parlamento e della corte suprema), dato che le loro esigenze di vita primarie erano il raccolto e la qualità del latte. La mancanza di risultati pratici della politica della sinistra durante i primi tre decenni dopo il 1848 erano evidenti a tutti gli elettori, tanto che ci si può meravigliare che i magri guadagni della democrazia non abbiano indebolito il partito della sinistra ancor di più. Se però, oltre a seguire lo sviluppo della società attraverso ciò che succedeva in parlamento, dove ogni parola veniva messa per iscritto e stampata, si studia la vita nelle singole realtà locali, si scopre che lo stesso conflitto, anche se sotto forme diverse, si manifestava anche localmente a livello della parrocchia. Molte delle associazioni ed organizzazioni sorte localmente a partire dagli anni ’50 dell’Ottocento erano l’espressione di una reazione sempre più forte contro il tono altezzoso e paternalistico dei detentori del potere locale nelle cittadine di provincia e nelle tenute signorili in campagna. Quelle forme associazionistiche contadine molto spesso sorgevano in conseguenza delle palesi provocazioni di chi era in posizione di potere, continue punzecchiature, che sommate davano origine ad una forma di resistenza nelle vesti di movimento politico. Due piccoli esempi dallo Jutland nordoccidentale ne daranno la dimostrazione. Quando si dovette realizzare la linea ferroviaria trasversale Vemb-Lemvig, collegandola alla recente linea longitudinale dello Jutland, gli uomini della destra locale occuparono tutti i posti alla direzione della ferrovia. Si trattava di proprietari terrieri che dovevano far trasportare il loro bestiame bovino verso sud e di commercianti che dovevano ricevere o spedire merce da o verso Amburgo. Questi magnati locali formarono quindi una società ferroviaria che non solo curava i loro interessi facendo passare i convogli da tutte le tenute e le locande di proprietà degli uomini della destra, ma che compiendo addirittura percorsi tortuosi, evitavano le circoscrizioni parrocchiali politicamente orientate a sinistra, tra cui Bøvling, il centro di un prospero territorio grundtvighiano. Tali cose suscitarono grande irritazione tra i contadini del luogo. Ma il rammarico si mutò in rabbia quando la parrocchia di Bøvling nello stesso momento doveva ricevere un nuovo pastore. In relazione a ciò 160 famiglie della parrocchia, cioè il 70% degli abitanti, sostennero con raccomandazione scritta il giovane cappellano grundtvighiano del villaggio. Oltre a ciò, una delegazione, con a capo il contadino Mads Agger, fu inviata fino a Copenaghen e ottenne udienza dal re stesso per consegnargli una supplica scritta. Ma neanche ciò fu d’aiuto. Il ministero del culto nominò invece un pastore di formazione tradizionale. L’incontro tra il fiero “re” della parrocchia rurale Mads Agger, vestito a festa in panno di lana grezza, e il sovrano coperto di onorificenze e cinto di sciabola, che con sguardo stanco congeda con un 20 Le prime proposte difensive Lo stesso autunno del 1872 in cui Bjørnson tenne il suo “discorso del segnale”, il governo presentò la sua proposta per la revisione delle leggi militari, concordata al momento della loro approvazione del 1867. E con ciò ebbe inizio quel doloroso processo politico che addusse tante sventure all’ancora giovane democrazia danese. Una deviazione rispetto a quelli che sarebbero dovuti essere i reali scopi del governo del popolo: il costante aggiustamento e potenziamento dello sviluppo sociale, economico e culturale del paese. Al fine di comprendere il posto dominante che la questione della difesa assunse nella politica degli anni seguenti, si devono considerare diversi aspetti. Per prima cosa i fondi destinati alla difesa costituivano una porzione notevolmente più grande della spesa pubblica rispetto ad oggi, mediamente circa il 33%. Quindi gravavano assai pesantemente sull’economia sociale e perciò erano un obbiettivo a portata di mano per gli sforzi di risparmio della sinistra. In secondo luogo, i circa 40.000 giovani che erano stati soldati nel 1864 erano adesso la parte più attiva degli elettori, per i quali la questione militare doveva essere del massimo interesse. In terzo luogo, la Germania era minacciosamente vicina. L’esercito tedesco si vantava dei suoi progressi tecnologici riguardo, ad es., alla gittata dei cannoni, e Bismarck aveva provveduto ad un forte ampliamento della flotta, cosicché la superiorità danese in quest’ambito era ora del tutto passata. Questi tre dati di fatto erano chiari a tutti i danesi in quegli anni. Invece le idee su come bisognasse organizzare la difesa erano molto diverse, a seconda del temperamento e della visione della vita, e di ciò che si pensava delle spese statali. La Sinistra Unita asseriva fin dalla sua fondazione ciò che segue: “E’ noto che la nostra considerazione della legge sulle forze armate è un po’ diversa […] Siamo d’accordo che le esigenze che l’applicazione della legge sulle forze armate ci richiede debbano essere soddisfatte; ma siamo anche d’accordo che non spetti al governo, appoggiato dal Landsting, di decidere unilateralmente in cosa consistono queste esigenze.” Per quanto riguardava la leva militare la Sinistra era d’accordo con il governo, anche se partendo da un altro presupposto. La destra voleva educare la gioventù alla disciplina militare, i grundtvighiani invece desideravano un’educazione popolare improntata all’entusiasmo per la nazione. Molti tra i fautori delle højskoler erano ferventi sostenitori di una milizia popolare del tipo di quella che la Svizzera aveva da secoli. Tuttavia la sinistra non si mise mai molto d’impegno per realizzare quest’obbiettivo. Solo i seguaci di Bjørnbak dubitavano dell’utilità della leva militare, anzi, proibirono addirittura l’insegnamento della ginnastica alle loro højskoler per non “accendere le tendenze bellicose” degli allievi. Lars Bjørnbak era nettamente antimilitarista. Il governo aveva preparato la proposta di revisione delle leggi sulla difesa accuratamente, tra l’altro, alla luce dello sviluppo tecnologico e del militarismo tedesco. Il messaggio degli ufficiali esperti adesso era: fortificazione. Né lo Jutland né la Fionia si sarebbero potuti difendere da un 21 attacco tedesco. Solo la difesa della Selandia era un compito fattibile per l’esercito e la flotta danesi. Prima di tutto era importante mantenere la capitale più a lungo possibile, finché potessero venire aiuti – il pensiero dell’eroica difesa di Copenaghen contro gli svedesi del 1658 non era lontano. Con le leggi in materia di difesa arrivò un conto extra da pagare, nelle vesti di una proposta di impiegare 34 milioni di corone per la realizzazione di una fortificazione di Copenaghen sia dal lato terra che dal lato mare. Per la sinistra ciò costituiva per molti aspetti una sfida destinata a produrre divisione tra le fila del partito. Economicamente rappresentava un inconcepibile aumento della spesa pubblica. D’altro canto la maggioranza del partito era pronta a fare grandi sacrifici per la difesa. La questione poneva i membri del partito in una spiacevole ambiguità. Socialmente la proposta era squilibrata: la Copenaghen delle classi alte avrebbe dovuto esser difesa ad ogni costo; la Danimarca del popolo avrebbe dovuto starsene nuda davanti ai nemici. Moralmente l’idea di fortificazione, come una sorta di tana di topi, avrebbe depresso lo spirito della popolazione, mancava quell’entusiasmo cameratesco di cui i soldati di leva avrebbero avuto bisogno e che avrebbero trasmesso alla stessa popolazione. Politicamente lo stretto collegamento tra il corpo ufficiali e la destra, la troppa priorità data alle spese per la difesa e la sensazione che la questione della difesa venisse usata dalla destra come arma politica divenne una costatazione di fatto sempre più spiacevole per la sinistra. Sulle prime i leader della sinistra scelsero di rispondere alla tattica con la tattica. La proposta della fortificazione fu sottoposta alla commissione per la finanza, che si dichiarò disponibile a trattare il caso se le spese fossero state sostenute da una tassazione bilanciata tra le imposte sul reddito e quelle sul patrimonio. I ricchi commercianti delle città avrebbero dovuto pagare tanto quanto i proprietari di terreni, quelli su cui solitamente gravava la tassazione. L’ispirazione a questa controproposta deve essere venuta dalla Svezia, dove il lantmannapartiet (in svedese “il partito degli agricoltori”), al parlamento, proprio dopo uno scontro col governo, era riuscito a far approvare una simile forma di finanziamento delle spese di difesa. Su questa base, nel 1875, Christen Berg e Frede Bojsen riuscirono a far convergere tutta la Sinistra in una proposta articolata in materia di difesa che prevedeva un finanziamento extra di 30 milioni. Si dava particolare importanza all’armamento della flotta e alle fortificazioni marine. Qui la sinistra faceva leva sui contrasti tra esercito e marina, la quale era nota per la sua maggior comprensione delle ragioni della sinistra. Inoltre, per gli abitanti dello Jutland, si era introdotta nella proposta una piccola fortificazione in quella regione. La fortificazione del lato terra di Copenaghen fu tralasciata, in quanto si esortava il governo – nello spirito di Bjørnson – a condurre una politica più conciliante nei confronti delle Germania. La proposta poneva la destra in una situazione precaria. Molti esperti militari erano d’accordo con la proposta della sinistra, che fu anche appoggiata fortemente nel resto del paese. Questa proposta contribuì alle dimissioni del governo Fonnesbech e a spingere Estrup ad assumere le redini dell’esecutivo. Se in quel momento Estrup fosse sceso a qualche piccolo compromesso con la controparte politica in merito al finanziamento dei piani di fortificazione, avrebbe indubbiamente ottenuto un accordo favorevole sulla difesa e dopo avrebbe potuto realizzare, di concerto con il Folketing, riforme legislative in ambito sociale ed economico. 22 Ma Estrup scelse il conflitto. I contadini dovevano essere divisi e domati. Indisse le elezioni nel 1876 sulla base della questione della difesa, e allorché la Sinistra ne uscì con una schiacciante vittoria elettorale – 71 seggi su 102 al Folketing – presentò, come pura provocazione, una proposta sulle fortificazioni che riprese pari pari quella della fortificazione via terra di Copenaghen, con un costo maggiorato a 70 milioni. La sinistra bocciò la proposta e inasprì anche il conflitto politico nella convinzione che la vittoria elettorale avrebbe indebolito la destra del Landsting. Estrup doveva essere costretto ad andarsene a forza di tagli di finanziamenti, contro gli auspici del Landsting, ed eventualmente ricorrendo alla bocciatura della legge finanziaria. L’entourage di Estrup aveva previsto questa situazione. Dato che al momento in cui la legge finanziaria sarebbe dovuta entrare in vigore, il 1 aprile 1877, da parte del Folketing non era stato presentato un chiarimento riguardo alla proposta di legge, il governo mandò a casa il parlamento e il 12 aprile emanò una cosiddetta legge finanziaria provvisoria, in ottemperanza al paragrafo 25 della costituzione. La sinistra e il Folketing con ciò furono messi politicamente fuori gioco. La vera lotta costituzionale era cominciata. Il fondamento giuridico di quella legge provvisoria era costituito da un saggio del 1873, scritto dal professore di diritto statale Henning Matzen, originario dello Jutland meridionale, che in seguito divenne presidente del Landsting per molti anni. Matzen, come postulato, affermava che il paragrafo 25 della costituzione, in cui si dice che il re “in casi particolarmente urgenti” poteva emanare leggi provvisorie, potesse esser liberamente interpretato dai ministri del re, e che tale disposizione valesse anche per le leggi finanziarie. Per il lavoro, vita o morte! Con la prima legge provvisoria del 1877 la destra aveva preso una decisione. Il partito aveva preferito il conflitto ad uno sviluppo politico ed economico lineare della Danimarca. Erano solo egoistici interessi di classe a spingere i possidenti e gli uomini d’affari a mettere a tal punto a repentaglio il funzionamento dello stato con un conflitto devastante di quasi trent’anni? Sembra che gli esponenti della vecchia guardia si aggrappassero disperatamente al potere fine a se stesso in accordo al motto fondamentale del conservatorismo: “tutto quel che è nuovo viene dal male” (alt nyt er af det onde). Se però si osserva la politica danese sulla base della situazione europea, si comprende meglio il pensiero di Estrup e dei suoi compagni di partito. Le insurrezioni del 1848 avevano cancellato alcuni dei loro privilegi, e ciò che era peggio per loro, avevano gettato il seme per la nascita di forti movimenti popolari che minacciavano la posizione sociale dei benestanti e degli accademici. Il frazionato movimento contadino si era riunito in una sinistra unificata e la Comune di Parigi del 1871 rese il socialismo rivoluzionario terribilmente visibile nel panorama politico. Appunto quest’ultimo elemento provocò un cambiamento di atteggiamento da parte delle cerchie 25 famiglia contadina dello Jutland settentrionale. Dal padre ereditò il temperamento, che gli fornì la passione necessaria a far attecchire il messaggio politico. I suoi genitori avevano grandi ambizioni per il per il loro figlio, che dopo il diploma superiore studiò diverse discipline all’università, divenendo un un uomo di cultura, come si era soliti dire allora. Per un certo tempo fece l’insegnante, poi fu assunto alle assunto alle poste. Ma la sua personalità inquieta e sensibile rese la sua vita mutevole e turbolenta. Fu la Comune di Parigi ad accendere il lui l’interesse politico per la causa dei lavoratori. Mentre, nella primavera 1871, le lotte erano ancora in corso nella capitale francese, cominciò a pubblicare le sue Socialistiske Blade (Fogli socialisti), che poi divennero il settimanale Socialisten (Il socialista), dove lui, in toni infiammati, esortava i lavoratori ad organizzarsi e scioperare. La sua conoscenza del socialismo derivava principalmente dal leader degli operai Ferdinand Lassalle, ebreo tedesco, morto nel 1864. Mentre non aveva molte conoscenze di Karl Marx, che dal 1867 aveva cominciato a pubblicare il suo “Das Kapital” (Il capitale). Pio però mischiava anche idee romantiche alla sua concezione ideologica, con influssi sia cristiani che massonici. Lui stesso si faceva chiamare “gran maestro” dell’organizzazione (Den Internationale Arbejderforening for Danmark ‘L’associazione internazionale dei lavoratori della Danimarca’), che fu fondata come raggruppamento danese della Prima Internazionale del movimento operaio. L’Internazionale nacque a Londra nel 1866, quando delegazioni di lavoratori di diversi paesi s’incontrarono comunque in occasione di una delle grandi fiere europee dell’industria. L’organizzazione danese si articolava in sezioni suddivise in base al mestiere, ognuna con il suo capo. Come “gran maestro” Pio era a capo di tutte le sezioni. Pervennero subito molte iscrizioni all’Internazionale danese, in particolare dai giovani lavoratori specializzati (håndværkssvende). Pio e i suoi due collaboratori, il cugino Harald Brix e l’amico Paul Geleff, ne furono strabiliati. Nel primo mese si ebbero 700 iscritti, nel corso dell’inverno 1871-72 già 9000, di cui 4000 nella provincia, dove Geleff aveva fatto propaganda. Inoltre, seppur per poco tempo, Pio ebbe l’appoggio di Lars Bjørnbak e del predicatore itinerante Mogens Abraham Sommer. La massiccia adesione per gran parte era dovuta alla capacità di Pio di esprimere l’appello ai lavoratori in modo colorito e personale: “dietro di noi c’è fame e miseria, ignoranza e schiavitù; davanti a noi c’è la speranza di una vita felice, illuminata dai raggi del sol nascente della libertà. Che la nostra voce, dunque, trovi eco nei Vostri cuori.” Una retorica non lontana da quella dei predicatori religiosi. L’entusiasmo esplodeva quando i membri dell’organizzazione intonavano il primo inno del partito, composto da U. P. Overby, “Snart dages det, brødre, det lysner i øst, til arbejdet fremad i kor!” (“Presto albeggia, fratelli, si fa chiaro verso oriente, avanti a lavoro in coro!”), la cui prima strofa termina così: “Det knager i samfundets fuger og bånd; lad falde hvad ikke kan stå!” (“Scricchiolano le catene della società; lasciate che cada ciò che in piedi non sta!”) Pio dava sfogo al suo temperamento anche con proclami che parevano minacce alle autorità, senza che gli passasse per la testa che tenevano d’occhio lui e il suo movimento notte e giorno attraverso i rapporti dettagliati e coloriti di agenti di polizia in borghese. 26 Il movimento raggiunse il suo apice nella primavera del 1872. I suoi membri avevano evidentemente fiducia nel “gran maestro” e misero in atto uno sciopero in grande stile, che coinvolgeva 2000 muratori di Copenaghen. L’edilizia era infatti il settore forte in un’epoca in cui si costruivano a tappeto edifici di molti piani nei quartieri di Nørrebro e Vesterbro. Il conflitto verteva sull’abolizione della cosiddetta “ora della schiavitù” (slavetimen), il periodo tra dalle 6 alle 7 di sera. Pio stesso era molto preoccupato delle potenti forze che aveva messo in moto. Ma dato che i muratori non avevano una cassa comune per far fronte allo sciopero e quindi stavano rischiando la fame, Pio convocò in massa i lavoratori nella grande area verde a nord di Copenaghen, detta Nørre Fælled, per organizzare una colletta a sostegno dei muratori e costringere i datori di lavoro ad arrendersi. “Ministri, magistrato, questore, proprietari fondiari, quattrinai”, si diceva nel proclama di Pio, “vi siete tutti dati fretta a stringer patti contro il popolo […] Ma Voi, adoratori dell’oro! Voi, sanguisughe dei poveri! A Voi ancora una volta gridiamo: “ci avete fatto bere per millenni da un calice amaro; state attenti ora. La misura è colma. Non aggiungetevi una sola goccia in più, altrimenti traboccherà”.” A quel punto intervennero le autorità. La notte prima il comandante della polizia proibì il raduno con affissioni pubbliche nelle strade cittadine e fece arrestare Pio, Brix e Geleff. I lavoratori si radunarono ugualmente al parco il giorno seguente, ma furono accolti da una gran quantità di ussari e poliziotti a cavallo che sbarravano la strada. Allora si venne alle mani. “Slaget på Fælleden” (”Lo scontro al Parco”), domenica 5 maggio 1872 fu il grande giorno memorabile in cui il socialismo danese ebbe il suo battesimo del fuoco, il primo scontro aperto con le autorità. Deve esser stata una baraonda notevole, visto che poi fu riferito che 74 ussari e 23 poliziotti furono feriti dal lancio di pietre, e che 313 vetri di 40 lampioni della città vennero frantumati da dimostranti in preda alla rabbia. Il modo nervoso in cui reagirono sia i lavoratori che le autorità era caratteristico dell’anno 1872. La guerra franco-prussiana e l’enorme indennizzo che la Francia dovette pagare produsse un surriscaldamento febbrile dell’attività imprenditoriale in Germania che contagiò anche la Danimarca. Quella primavera furono fondate ed avviate imprese come mai prima. La disponibilità di denaro rese più ampio il divario tra lavoratori e datori di lavoro. Ciò, combinato con l’inquietudine diffusa dall’insurrezione parigina della Comune, di segno negativo, per le autorità, ma positivo, per i lavoratori, spiega perché saltarono i nervi il 5 maggio 1872, in un modo inedito per il temperamento danese. Il governo vedeva fantasmi, credeva che una vera insurrezione operaia fosse appena dietro l’angolo. I 9000 membri dell’Internazionale facevano impressione, e pare che le spie della polizia abbiano esagerato parecchio sulla forza del movimento e sulle capacità dei loro capi. Il governo era in stato di allerta e lasciò la responsabilità al comandante della polizia. La sua decisione – la città fu posta quasi in stato d’assedio – fu dunque quella di abbattere il movimento una volta per tutte. Il governo e il sistema giudiziario si mossero nella stessa direzione trattando in modo del tutto ingiusto i tre leader socialisti dopo l’arresto. Furono detenuti per 11 mesi nelle più squallide 27 celle del carcere, mentre s’istruiva il processo. Nell’agosto 1873 la corte suprema condannò Pio a sei anni di prigione, gli altri capi a tre anni. Tuttavia ne scontarono solo due e mezzo scarsi. Al compleanno del re nel 1875 furono rilasciati, probabilmente perché Pio risultò assai provato dal trattamento ricevuto al carcere di Vridsløse (Località tra Roskilde e Copenaghen). Ne uscì in condizioni pietose, ma al suo rilascio venne accolto con ovazioni dai suoi entusiasti simpatizzanti. La sua organizzazione, l’Internazionale, nel frattempo era stata messa fuori legge dalla polizia. Tuttavia i suoi membri non si erano arresi, ma invece avevano costituito una serie di nuovi sindacati a Copenaghen e in giro per le città minori. Come sovrastruttura era stato posto un comitato centrale. Pio ne venne messo a capo, dopo aver ripreso le forze. Tuttavia s’interessava molto poco della lotta sindacale, e la sua attività giornalistica nel quotidiano ora ribattezzato Social- Demokraten, esprimeva punti di vista politici che non rispondevano ai gusti dei lavoratori. L’entusiasmo per Pio perciò si era alquanto raffreddato quando il partito, nel giugno 1876, tenne il suo primo congresso nel locale chiamato “Gimle” a Frederiksberg (comune dell’area urbana di Copenaghen). Qui si gettarono le fondamenta di una vera e propria organizzazione di partito (Det Socialdemokratiske Arbejderparti ‘Il partito socialdemocratico dei lavoratori’), con una direzione più democratica di quanto accaduto fino a quel momento – l’ex-“gran maestro” dovette ora accontentarsi del titolo di amministratore, ma ebbe comunque ampio mandato. Allo stesso tempo fu approvato il primo programma di partito, che era una traduzione quasi letterale del programma dei socialdemocratici tedeschi. Questo “programma di Gimle” continuò ad essere il fondamento operativo del partito danese per svariati anni. Ma gli anni dopo il rilascio di Pio furono tristi sia per il partito che per il sindacato. L’entusiasmo era svanito. C’erano litigi alla direzione, e Pio non era in grado di infondere nuovo entusiasmo socialista alla sua gente. Non era solo a causa sua, ma innanzitutto perché proprio dopo il 1875 vi fu un improvviso cambio del ciclo economico. La prima metà degli anni ’70 dell’Ottocento era stata caratterizzata da una prospera alta congiuntura. Però, particolarmente in Germania, s’investì in imprese “malate”, con il risultato che la congiuntura mutò segno, con conseguente riduzione della produzione, grande disoccupazione e carovita. I lavoratori e le loro famiglie dovettero rinunciare agli obbiettivi comuni e cercare di sopravvivere ognuno per sé. Anche Pio stesso aveva gravi problemi personali. Aveva messo su famiglia, ma la sua economia era in una situazione disperata. Anche se le vendite del Social-Demokraten salivano fortemente, essendone di nuovo lui stesso il redattore, il giornale era comunque in forte perdita economica, procurandogli debiti personali. Dovette cercare delle vie d’uscita. Un’idea che andava per la maggiore all’epoca, alla quale Pio pensava spesso come soluzione al problema economico suo e del partito, era quella di pianificare un’emigrazione generale in America. Si diceva che in Inghilterra molte associazioni di categoria avessero risolto i loro problemi di occupazione contribuendo economicamente all’acquisto del biglietto per l’America per i membri disoccupati. Il piano era quello di formare laggiù delle “associazioni di produzione”, un’idea derivata dai socialisti francesi, che Pio aveva promosso in 30 crepe provocate dai movimenti religiosi popolari alle comunità parrocchiali nelle campagne costituivano il colpo più grave. Chiese autonome (frikirker) e congregazioni religiose (missionshuse) si riempivano di fedeli ogni domenica, mentre molte chiese parrocchiali erano semivuote. Tutti questi attacchi ebbero delle conseguenze ampie, ma non intaccarono direttamente la posizione di potere politico-culturale rivestita dalle cerchie accademiche. Esse si sentirono veramente minacciate solo quando dalle loro stesse fila si cominciarono a sollevare dubbi sui fondamenti ideologici dell’istruzione. Se ne ebbe un piccolo preavviso quando, nel 1854, Hans Brøchner, più tardi professore di filosofia, comunicò ufficialmente di non appartenere ad alcuna confessione religiosa, cioè di vivere senza alcuna religione, qualcosa d’impensabile fino allora. Alcuni anni dopo uno degli allievi preferiti di Brøchner, il giovane Georg Brandes, riprese il tema in scala maggiore. Ovunque in Europa il tema del dubbio ebbe un posto di rilievo nel dibattito pubblico della seconda metà degli anni ’60 dell’Ottocento, ma acquistò una particolare vivacità in Danimarca, probabilmente sollecitato dalla sconfitta del 1864. Il dubbio recò disordine nella visione filosofica del mondo degli esponenti più riflessivi dell’alta cultura. L’inquietudine che si addensava sulla chiesa di stato e le molte novità dall’estero sugli enormi progressi delle scienze naturali e dell’ingegneria agirono come elemento di disturbo del rapporto fondamentale tra fede e conoscenza. Tutti i cristiani avrebbero sostenuto che la teologia era una scienza come la fisica e l’astronomia, però elevata al di sopra e distinta dalla verità scientifica. Il filosofo Rasmus Nielsen, in un libro, cercò di far convivere fede e conoscenza in un solo insieme. E’ possibile conservare, diceva lui, la propria fede anche se si sa che il mondo non fu creato in sei giorni e che le lingue non ebbero origine dalla torre di babele. La scienza non può né provare né smentire la verità cristiana, come del resto i teologi non possono negare i risultati della scienza. Il libro di Rasmus Nielsen, uscito nel 1864, rifletteva le increspature superficiali che la realtà danese di quell’anno recava ai modelli filosofici. Il tentativo di Rasmus Nielsen di creare un nesso coerente tra la fiducia tradizionale nelle verità della fede e la nuova fede nella scienza mise in moto una discussione che sortì l’effetto di spostare alcune barriere della concezione di vita dell’epoca. La prima voce contraria a Nielsen fu espressa, nel 1866, in modo veemente attraverso lo scritto “Il dualismo nella nostra filosofia più recente” (Dualismen i vor nyeste filosofi), del 24enne Georg Brandes, appena laureato in estetica. Il suo libricino suscitò grande scalpore, poiché con chiarezza glaciale osava separare del tutto i concetti di fede e conoscenza, e sosteneva che il concetto di scienza cristiana non esisteva. La fede è basata sul sentimento, la conoscenza sulla comprensione oggettiva. Tra le righe s’intuiva che la scienza moderna, che lui rappresentava, avrebbe presto vinto, eliminando la fede con prove oggettive. 31 Ciò richiamò l’attenzione dell’uomo di maggior spicco della chiesa di stato, il vescovo Hans Martensen. Comprese che la chiesa doveva rinnovarsi per tappare le pericolose falle apertesi nei pilastri portanti della società. Con la grande opera “L’etica cristiana” (Den kristelige etik), il cui primo volume uscì nel 1871, cercò di adattare la visione romantica alle grandi tendenze dell’epoca, il liberalismo e il socialismo. In modo facile da leggere ma convincente Martensen si alternava nel ruolo del rigido predicatore o dell’affascinante uomo di società nazional liberale, qual era in effetti. Apparentemente seguiva il punto di vista del liberalismo, dando tra l’altro ragione a Georg Brandes sul fatto che cristianesimo e scienza fossero due ambiti distinti. Ma sotto la patina superficiale rimaneva dell’avviso che la ricerca scientifica dovesse esser svolta secondo le premesse della società cristiana. Il vescovo faceva anche commenti di carattere politico. L’opposizione liberale aveva la colpa di ogni genere di male; la libera concorrenza non conferisce ai cittadini soltanto ricchezza e influenza ma, quando i più forti vincono sui più deboli, produce una numerosa classe operaia affamata, che minaccerà la tranquillità dei cittadini. Inoltre la libertà distrugge il tradizionale rispetto per l’autorità, che un tempo era il fondamento del governo dello stato. La nuova libertà, scriveva Martensen, ha in fine condotto a “parlamenti senza confessione religiosa, in cui, ad es., gli ebrei sono equiparati ai cristiani, e ciò ha favorito in modo formidabile l’attuale congrega giudaica”. Con queste ultime parole del tutto poco vescovili rivelava l’antisemitismo latente di quasi tutto il secolo. Su circa 4000 ebrei danesi più della metà vivevano a Copenaghen, un tempo facilmente riconoscibili per i loro lunghi riccioli, la barba e il particolare copricapo. Ma i figli dell’antica comunità erano stati assimilati dalla società danese: pensavano e parlavano come gli altri cittadini e avevano mutato la professione paterna di piccoli commercianti nel ruolo di direttori d’impresa e accademici, incoraggiati da illustri membri della loro cerchia, come gli economisti M. L. Nathanson e C. N. David. Tra il 1834 e il 1906 il numero di grossisti o produttori ebrei crebbe da 50 a 284, e di giornalisti o artisti da 5 a 48. Una schiera di giovani accademici ebrei nati negli anni ’40 dell’Ottocento, dopo il 1870, occuparono posti di rilievo in medicina, fisica, statistica, scienze naturali e – più visibili di tutti – in letteratura. Le nuove tendenze Georg Brandes e suo fratello minore Edvard erano figli di uno di questi grossisti, ma di uno dei molti che non ebbe fortuna con gli affari. I genitori non avevano alcuna tradizione intellettuale, o tantomeno letteraria, da trasmettere ai propri figli, ma in compenso avevano grandi ambizioni per il loro futuro. Georg Brandes era dotato di un’intelligenza straordinaria, combinata ad un temperamento iperattivo e una forte recettività, che lo rendevano adatto a captare e trasmettere i nuovi impulsi in tal misura che i suoi contemporanei non potevano fare a meno di essere entusiasmati dalle sue idee oppure di reagire energicamente contro di esse. Nel 1866 e poi ancora nel 1870 soggiornò a lungo a Parigi, poi anche parecchi mesi a Roma. Per lui ebbe molta importanza l’incontro con studiosi e scrittori che 32 parteciparono alla forte opposizione intellettuale al governo di Napoleone III, facendosi influenzare molto dal loro odio per la chiesa cattolica. Sotto l’influsso dei risultati delle scienze naturali, si sosteneva che, se si fosse applicato il metodo delle scienze esatte alle discipline umanistiche, si sarebbe potuto, ad es. in storia e letteratura, procedere con valutazione critica e stabilire verità oggettive, rigettando così tutti i fenomeni ultraterreni e metafisici. Tali pensieri erano già stati formulati negli anni ’40 dell’Ottocento dal filosofo francese Auguste Comte, prendendo il nome di “positivismo”. Negli anni ’60 aveva molto seguito in Francia e Inghilterra, che vedevano in questo nuovo metodo di acquisizione della conoscenza uno strumento con cui estirpare tutti i vecchi pregiudizi e falsità della scienza tradizionale o addirittura, dell’intera la società. Era la risposta dei giovani umanisti alle sfide dell’industrialismo. G org Brandes seguì la concezione positivistica della letteratura formulata dallo studioso francese Hippolyte Taine. Anche la letteratura è una sorta di scienza sociale, riteneva questi, poiché la poesia riflette l’essenza più intima della società. I romanzi e le poesie devono ritrarre il presente e partecipare al dibattito pubblico. I lunghi soggiorni di Brandes all’estero prima e durante i mesi drammatici in cui imperversava la guerra franco-tedesca del 1870-71, gli fecero avere una nuova visione della Danimarca. Vista dal di fuori la sua patria gli appariva intellettualmente tanto piccola e provinciale, lontana dalle tendenze prevalenti in Europa. Sentì la missione di raccontare ai suoi compatrioti danesi delle nuove tendenze intellettuali europee: l’ateismo e il positivismo. Voleva, come disse in seguito, “aprire la porta per l’Europa dall’interno” con una serie di conferenze all’università di Copenaghen. Lo cominciò a fare dal novembre 1871 con una tale energia agitatoria da produrre reazioni. I borghesi della città erano ancora scossi a causa della Comune di Parigi e dei primi minacciosi manifesti del socialismo danese. Apparentemente l’allora 29enne Georg Brandes teneva soltanto una conferenza sulla cosiddetta letteratura degli emigranti, scritta da una serie di autori francesi costretti ad emigrare durante la Rivoluzione francese. Ma nessuno aveva dubbi che ci fosse un doppio senso nelle sue 12 lezioni. In realtà erano un attacco camuffato alla sua stessa epoca. Così i borghesi avevano davvero qualcosa di cui scandalizzarsi tornando a casa. Il brillante ribelle, con splendida oratoria, riuscì a calpestare la cosiddetta opinione pubblica su tutti i calli più dolenti. Nel suo zelo giovanile lanciò, ad es., la seguente bordata contro tutti i rispettati professori dell’università di Copenaghen: “Soltanto per gli uomini della nuova epoca scorre limpido e chiaro il grande pensiero umano, ispirato alla libertà e al progresso, mentre tutti gli spiriti onorevoli, intelligenti e rispettabili, che se ne stanno fuori da questa corrente sprecano le loro energie e s’incamminano sulla via di Bisanzio.” – I vecchi signori di cultura erano “fossili” senza speranza, destinati a perdere terreno di fronte all’oggettività della nuova scienza. I giovani, uomini e donne, delle famiglie di cultura furono entusiasti di questo portabandiera della ribellione generazionale, mentre i professori, i funzionari e i politici nazional liberali dalla 35 convinzione che il libero pensiero scientifico avrebbe presto trionfato su tutti i dogmi cristiani, nazionali e morali della vecchia generazione. Il realismo diventa politico L’idea principale del realismo era che la letteratura dovesse essere partecipe dei problemi della società. Perciò assunse anche un aspetto politico e, per sua natura, si trovò a sostenere la sinistra, sebbene Georg Brandes in verità non avesse alcuna comprensione del ceto contadino, anzi nutriva disprezzo verso un politico del popolo quale Christen Berg. Ma Edvard Brandes, che curava gli interessi del fratello durante il suo soggiorno a Berlino nel periodo 1877-83, intuì che il realismo avrebbe dovuto diventare qualcosa di più di un movimento puramente letterario. Attraverso Holger Drachmann prese contatto col cugino di questo, Viggo Hørup, e attraverso di lui, con l’importante dirigente della Sinistra Christen Berg. Per un certo tempo Edvard Brandes collaborò con il loro giornale Morgenbladet come critico letterario. Copenaghen, politicamente, era ancora del tutto in mano alla destra. La Sinistra non aveva quasi alcun sostenitore nella capitale. La si sarebbe dovuta conquistare, pensava Christen Berg, e in tal senso fornì un contributo importante nel 1873, con la fondazione del Morgenbladet, il primo giornale di sinistra della capitale, con Hørup quale redattore politico, l’uomo migliore per cercare di guadagnare consensi alla sinistra nella città. Hørup aveva in sé molti strani aspetti contraddittori, che costituivano sia punti di forza che di debolezza. Da un lato era un logico freddo, educato dalla lettura intensa di Søren Kierkegaard e da un solido studio giuridico, e dall’altro un sognatore con il pallino di scrivere poesie. Nella quotidianità era chiuso e di poche parole, ma in compenso era dotato per natura come scrittore giornalistico e agitatore. All’epoca era la stella più fulgente del giornalismo danese. Il punto di forza del suo stile e della sua argomentazione politica era appunto una combinazione di logica stringente e rigogliosa fantasia, che usava per illustrare i suoi formidabili argomenti politici. Come principale scrittore di articoli al Morgenbladet Hørup faceva a brandelli i politici nazional liberali in modo tanto mordace e umoristico da portare dalla propria parte il pubblico copenaghese, incline all’ilarità. Lo scopo di Hørup non era quello di combattere direttamente i vecchi politici liberali, che comunque stavano uscendo di scena, ma di colpire l’intera cultura politica che essi rappresentavano, le cui radici si estendevano anche all’interno della sinistra. Politicamente Hørup lavorava per lo stesso scopo di quello per cui intellettualmente lavorava Brandes: educare la gente a pensare in modo realistico. Proprio i suoi stessi compagni di partito erano i più difficili da educare. Hørup efficacemente osservò: “il grundtvighianesimo come politica è il nazional-liberalismo adattato all’uso del popolo. Nel momento in cui avremmo dovuto usare il realismo contadino, provocammo nel fato il senso del comico, cosicché lo stesso realismo si trasformò in idealismo. Attingendo spasmodicamente dal senso comune e dagli interessi puramente materiali, ci trovammo coi secchi pieni dell’acqua sporca della vecchia cultura fantastica.” 36 Nel 1876 Hørup entrò al Folketing, dove verificò come il nuovo presidente del consiglio Estrup riuscì a dividere e indebolire La Sinistra Unita, culminando con la prima legge finanziaria provvisoria del 1877. La sinistra, da quel momento, fu divisa in due frazioni contrapposte. Una, quella moderata, fece addirittura un accordo con la destra, legittimando, in un certo senso, la legge provvisoria. I capi moderati erano Frede Bojsen e il brillante possidente rinnegato, conte Ludvig Holstein. L’altra frazione della sinistra, quella radicale, era diretta da Christen Berg, il cui assistente ed agitatore era appunto Viggo Hørup. Anche se ideologicamente erano molto distanti, stavano uniti nella lotta contro la destra. Berg era alla fin fine un maestro di scuola grundtvighiano, molto più vicino a Bojsen che a Hørup. Ma il fatto che i moderati avessero fraternizzato con la destra spinse Berg, per diversi anni, verso la linea più radicale di Hørup. Abilmente Estrup fu capace di mettere l’uno contro l’altro i due gruppi della sinistra, riuscendo a portare avanti la sua attività legislativa interloquendo alternativamente con l’una o l’altra fazione. Ma Hørup trascinò Berg verso la linea più intransigente caratteristica del piccolo gruppo culturalmente radicale di Copenaghen. La sinistra, come i nazional liberali avrebbe dovuto avere la sua élite intellettuale, e ciò poteva avvenire solo entrando in connessione col pensiero di Brandes. L’occasione si presentò nel novembre del 1878 quando, in occasione della visita di Bjørnstjerne Bjørnson a Copenaghen, i radicali tennero una grande festa in suo onore. Là Christen Berg incontrò la cerchia degli amici più intimi di Georg Brandes, primi fra tutti suo fratello Edvard. Si stabilì un collegamento molto importante tra il movimento radicale letterario e quello politico, che si rivelò decisivo per entrambi negli anni seguenti. Agli occhi dei contemporanei la nuova alleanza sarebbe potuta sembrare più un’azione di salvataggio che un investimento politico per il futuro. Ogni movimento di opposizione era in crisi in quegli anni, sotto la dura pressione di un’ondata reazionaria, culminante negli anni 1877-78. Gli eventi in Danimarca erano chiaramente dovuti all’influsso di tendenze di portata europea. In Germania, nello stesso momento, Bismarck attaccò con durezza liberali e socialisti, e in Francia, nel 1877, monarchici reazionari erano sul punto di rovesciare il potere semi-liberale dei repubblicani. L’onda reazionaria si accompagnava ad una forte depressione economica che colpì anche la Danimarca. La povertà diede vigore agli estremi politici: il socialismo e il neoconservatorismo. Ma nel 1880 mutò sia il clima economico che quello politico. Dopo i tempi difficili subentrò un periodo di forte crescita. La sinistra acquistò nuove proporzioni. Vi fu acclusa anche la dimensione politico-culturale, dal momento in cui fu stretta l’alleanza tra la sinistra letteraria e quella politica. Essa fu siglata con l’elezione del colto dottor Edvard Brandes a deputato del Folketing per la circoscrizione di Langeland (isola a sudovest della Fionia), grazie all’appoggio dei contadini dell’isola. La sua elezione, nel 1880, fece scalpore – la gente capiva le prospettive insite nella nuova alleanza. Le idee del radicalismo poterono diffondersi ancora più efficacemente in tutto il paese quando degli avversari di Brandes tentarono di invalidare la sua elezione perché egli, come 37 ebreo, non poteva pronunciare il giuramento richiesto a garanzia del rispetto della costituzione. Il dibattito pubblico in merito a ciò suscitò una colossale sensazione, specialmente quando Edvard Brandes, ammettendo apertamente di essere ateo, poté dimostrare così che la religione e la politica erano sfere distinte. Le accuse dei suoi avversari che fosse più europeo che danese, le prese come un complimento, e ciò ebbe come conseguenza che la sua frazione politica all’interno della sinistra, negli anni a seguire, prese il nome di “europei”. Impennata del fatturato Il grande rivolgimento che caratterizza la Danimarca e in genere l’Europa negli anni successivi al 1870 viene spesso indicato come “industrializzazione”. Il nome sottintende che la macchina a vapore e la meccanizzazione furono la forza motrice e la causa della svolta economica e sociale. Ciò è in parte giusto. Ma le fabbriche e la produzione di massa furono soltanto un lato della questione. Un altro fattore altrettanto importante fu la grande espansione commerciale, l’affermazione del liberalismo economico e l’apertura di nuovi mercati, affinché l’accresciuta produzione potesse essere collocata. Copenaghen e le città di provincia erano mercati di destinazione già attivati. Tra le città maggiori della Danimarca c’era un collegamento regolare per nave o ferrovia, e per tali rotte, ben prima del 1870 si erano consolidati contatti economici e canali di vendita, ad es. riguardo all’abbigliamento alla moda o alle novità tecniche. La Danimarca rimaneva però prevalentemente un paese rurale. Più di tre quarti della popolazione abitavano fuori delle città, e proprio nelle campagne c’era un vasto mercato ancora scarsamente sfruttato dal nascente industrialismo. La sua conquista avrebbe consentito di comprare macchine, assumere operai nelle città e accendere le caldaie dei motori a vapore. L’attività agricola, specialmente quella dei piccoli contadini, per secoli era stata finalizzata alla conduzione di unità produttive autosufficienti. La coltivazione del grano e l’allevamento del bestiame davano da mangiare e da vestire alla famiglia del contadino, ma rimaneva ben poco per la vendita dei prodotti. Ogni genere di faccenda era sbrigata senza l’uso del denaro contante. Se si doveva costruire una nuova stalla o un fienile, si scavava l’argilla dal proprio terreno e si fabbricavano mattoni essiccandola al sole, nel bosco si abbattevano gli alberi per le travi e nella palude si tagliavano le canne per la copertura del tetto e vi si trovava anche la torba per accendere la stufa. I vestiti per la famiglia si producevano in grande misura in casa, e il cibo si andava a prendere nella stalla, nel pollaio, nell’orto, ecc. Spesso si ricorreva al baratto o allo scambio di favori tra vicini. Anche il tessitore locale aveva terreni agricoli e forniva tessuto ricavato dalla lana dei contadini in cambio, ad es., di sementi o di foraggio invernale per il suo bestiame come forma di pagamento. Il bisogno di prodotti industriali era limitato in conseguenza della mancanza di denaro contante, ma soprattutto per la distanza reale dalla città, il luogo dove si potevano ammirare le delizie e esserne ammaliato. L’allontanamento dalle antiche comunità di villaggio, a seguito delle radicali riforme agrarie 40 per molto tempo ancora; ma la differenza tra i due tipi di esercizio commerciale divenne man mano sempre meno evidente. Le città persero certamente posizioni nel commercio verso le aree rurali, a favore dei nuovi commercianti, grandi e piccoli, della provincia; ma stavano comunque al passo con l’aumento generale delle vendite grazie alle giornate di fiera che si tenevano da secoli in ogni città due o tre volte all’anno. Là avveniva l’incontro tra città e campagna per alcune ore frenetiche, in cui il bestiame dei contadini, maiali e cavalli veniva scambiato con i prodotti della manifattura cittadina: fornelli e stufe in ghisa, attrezzi agricoli, ecc. L’epoca d’oro dei commercianti I mercanti delle grandi città erano elementi importanti di tutto il sistema commerciale danese successivo al 1850. Spesso si dotavano di navi, il più delle volte del nuovo tipo detto scuna (dan. skonnert), velieri con l’albero più alto posizionato verso poppa, che facevano la spola tra Copenaghen e gli altri porti baltici. All’interno delle grandi case dei mercanti ci si dedicava anche alla lavorazione dei prodotti agricoli acquistati, che poi venivano rivenduti a maggior prezzo. Molte di queste case strinsero contatti commerciali oltre i confini nazionali, ma allo stesso tempo continuavano la tradizionale vendita al banco nelle loro stesse botteghe ben frequentate lungo la via cittadina. Grazie ai buoni prezzi del grano il commercio danese conobbe un periodo fiorente per tutti gli anni ’60 dell’Ottocento e oltre. L’alta congiuntura si era riversata su tutta l’Europa, favorendo anche il commercio in Danimarca ad ogni livello. Lo stimolo, sia in Danimarca che altrove, era, in grande misura, dato dal fatto che i distretti rurali si fossero aperti – la popolazione di campagna divenne veramente clientela potenziale per i prodotti della città. La spirale economica cominciava nelle stalle e nei fienili dei contadini, si diffondeva per le campagne mediante le botteghe rurali (høkere) e attraverso diversi grossisti intermediari saliva fino alle maggiori case di commercianti, per finire poi nei grandi accumuli di capitale a Copenaghen, orbitanti attorno a magnati del calibro di C. F. Tietgen e altri. Il consolidato strato intermedio di mercanti che mediavano la compravendita della produzione agricola continuava a costituire il solido fondamento del circuito economico, anche se le nuove grandi società per azioni copenaghesi di portata internazionale presero a dominare la scena. I contatti dei mercanti erano ad ampio raggio, spesso oltre il loro stesso hinterland e ben inseriti nell’ambito del grande commercio internazionale. Quando il movimento delle cooperative (andelsbevægelsen), il decennio successivo, creò i propri canali di vendita e distribuzione, imitò in gran parte il sistema economico che i commercianti privati avevano messo in piedi faticosamente negli anni ’70 dell’Ottocento. Un esempio caratteristico è costituito dal commercio del burro, uno dei prodotti forti del movimento delle cooperative. 41 Il burro veniva prodotto praticamente in ogni fattoria, ma per uso domestico. Solo nelle tenute signorili si era sviluppata la lavorazione casearia a scopo commerciale, ma la qualità era scadente e quindi anche la vendita era scarsa. Nel corso degli anni ’60 dell’Ottocento, però, ricerca sistematica e iniziativa imprenditoriale si unirono. L’agronomo Thomas R. Segelcke, col sostegno della “Società per le imprese agricole” (Landhusholdningsselskabet), conduceva esperimenti nel settore caseario e nel 1865 pubblicò un manuale per la produzione del burro ad uso dei piccoli agricoltori. Ciò contribuì allo sviluppo di una produzione di burro più diffusa e tecnicamente più sistematica presso le fattorie della Fionia (Fyn) e della Selandia (Sjælland). Un grande commerciante di Aarhus, Hans Broge, intravide le potenzialità dell’esportazione del burro. Il burro danese prodotto dalle tenute signorili, precedentemente, arrivava in Inghilterra attraverso i porti tedeschi ed era venduto sotto il nome di “Burro di Kiel” (Kielersmør). In collaborazione con Segelcke, ogni anno, a partire dal 1868, Hans Broge organizzò fiere del burro dove i produttori gareggiavano per la qualità. Era un freno il fatto che il burro fosse così poco omogeneo, di qualità variabile a seconda della stagione e del tipo di foraggio. A questo punto furono le nuove acquisizioni della ricerca a imporre nuovi metodi, che a loro volta stimolarono il commercio: per ottenere un burro di qualità costante per tutto l’anno i contadini avrebbero dovuto necessariamente acquistare foraggio concentrato d’importazione per nutrire il bestiame d’inverno. Il fieno dei contadini danesi non era sufficiente, e le barbabietole non si erano ancora diffuse. I commercianti dovettero importare, e poi vendere a loro volta agli agricoltori locali, foraggio di soia e di altro genere. L’agricoltura divenne parte del circuito economico internazionale del grande commercio. Fu proprio in questo periodo che cominciò il collegamento navale diretto con l’Inghilterra dal nuovo porto di Esbjerg, sulla costa occidentale dello Jutland (Jylland). Ciò che fu Hans Broge per l’esportazione del burro dello Jutland, lo furono i fratelli Plum di Assens per la Fionia (Fyn). La loro ditta, già nel 1870 circa, creò una rete commerciale in Inghilterra, dove fino a quel momento aveva dominato la scena il burro francese. Uno dei fratelli Plum si stabilì in Inghilterra come grossista, cosicché la ditta di Assens poteva consegnare il prodotto direttamente ai venditori al dettaglio britannici senza passare attraverso intermediari inglesi. Hans Broge invece migliorò i contatti con l’Inghilterra finanziando di persona una rotta navale da Aarhus a Newcastle. Il risultato fu che l’esportazione di burro danese nel decennio 1865-75 aumentò di oltre tre volte. Ma l’affermazione definitiva del burro danese d’esportazione si ebbe a seguito della fiera internazionale dell’agricoltura di Londra del giugno 1879, dove una contadina di Hessel (vicino a Grenå, nello Jutland orientale) vinse il primo premio per il suo burro. Lo sviluppo del commercio e dell’esportazione del burro verso l’Inghilterra fu caratterizzato da una mirabile capacità di previsione. I fratelli Plum, Hans Broge e gli altri avevano infatti previsto la forte caduta del prezzo del grano che si verificò in tutt’Europa allorché il grano americano e ucraino inondò il mercato. In Danimarca, tuttavia, il prezzo del cereale continuò a crescere fino al 1876. L’altro fattore della spirale economica che spingeva in alto il commercio, era costituito dai grossisti di Copenaghen, un tempo chiamati mercanti, che adesso non tenevano più bottega ma vendevano 42 solo all’ingrosso, ed erano organizzati nella “Società dei grossisti” (Grosserersocietetet), una sorta di versione raffinata di corporazione dei mercanti (købmandslav) con sede principale nello storico palazzo della Borsa. Svolgeva attività di monitoraggio sull’andamento delle valute e dei titoli e sul prezzo corrente delle merci, ma fungeva anche da gruppo di pressione politica. I grossisti erano i principali fornitori di prodotti industriali per i commercianti di provincia. Era a questo livello di attività all’ingrosso che gli interessi del commercio e dell’industria s’incontravano. Gli industriali e i grossisti, rappresentati rispettivamente dall’”Associazione dell’industria” (Industriforeningen) e dalla “Società dei grossisti” (Grosserersocietetet), avevano interessi comuni nella circolazione dei prodotti nazionali ed esteri, sia mediante commercianti grandi e piccoli per il mercato interno, sia per i clienti destinatari fuori della Danimarca. Relazioni commerciali internazionali Uno dei grandi motori di quest’innovazione ed espansione furono le grandi fiere dell’industria sia in Danimarca che all’estero. La fiera internazionale di Londra del 1851, e le sue continuazioni nel 1853 a New York, e nel 1855 a Parigi, poi a Vienna e di nuovo a Londra, erano l’espressione della crescita economica e dell’espansione del commercio attraverso le frontiere nazionali. Le fiere esprimevano anche la voglia di affermazione delle nazioni nel mercato internazionale. Ciò si addiceva ad un’epoca in cui la pubblicità aveva creato nuove forme di promozione commerciale sotto l’influsso dell’America. I padiglioni dei vari paesi, spesso costruiti a spese dello stato, erano investimenti costosi, ma in compenso crearono un rapporto di collaborazione tra nazioni fino allora sconosciuto. Le fiere non avevano solo lo scopo di stabilire nuovi contatti commerciali, si puntava anche ad una collaborazione tecnica, ad es. riguardo ai brevetti. Le ditte danesi partecipavano in misura sempre maggiore a queste fiere internazionali. Ma la Danimarca aveva anche ambizioni e capitale per organizzare in proprio tali eventi di promozione commerciale. Un momento culminante fu la grande fiera industriale nordica, tenutasi a Copenaghen nell’estate del 1872, un’enorme sfilata di 3700 partecipanti. Questo genere di eventi, sia in patria che all’estero, contribuirono a rendere la Danimarca parte di un mercato più vasto. A partire dagli anni ’80 dell’Ottocento è effettivamente difficile distinguere i prodotti danesi da quelli esteri. Le invenzioni e i prodotti nuovi giungevano in Danimarca velocemente, oppure i produttori danesi imitavano al meglio le merci straniere in patria. Fu, ad es., questo il caso dei velocipedi, biciclette con la grande ruota anteriore, che giunsero nel paese alla fine degli anni ’60 dell’Ottocento. In cima alla piramide del commercio danese si trovava Carl Frederik Tietgen di Odensa (Odense), finanziere che a partire dal 1857 era giunto a dominare il mondo della finanza e del grande commercio, come ben pochi avrebbero fatto dopo di lui. All’età di 19 anni, nel 1848, arrivò a Manchester, uno dei centri nevralgici del commercio internazionale inglese, dove lavorò 45 arterioso della società, potessero muovere in avanti il circuito economico. Dall’America giungeva la fama dei potenti trust ferroviari con l’Union Pacific in testa, che avevano steso binari nelle sconfinate praterie incolte, facendo esplodere un boom economico di proporzioni mai viste. Anche la Danimarca doveva essere coperta di binari. La grande discussione sulla linea ferroviaria dello Jutland in senso longitudinale (nord-sud) oppure trasversale (est-ovest), e la connessa questione della scelta tra Germania o Inghilterra quali partner commerciali privilegiati, furono bruscamente interrotte con la guerra del 1864. La risposta apparve chiara: l’Inghilterra era il paese dell’esportazione futura. Già nel 1865 vi fu una proposta di legge per la costruzione di un nuovo porto sulla costa occidentale dello Jutland con relativo collegamento ferroviario, e nel 1868 ebbe inizio la vicenda della nuova città di Esbjerg con il suo porto statale, che velocissimamente assunse le dimensioni di un grande centro urbano, su scala danese. Si trattò di uno sviluppo dirompente di stile americano, accompagnato da grandi speculazioni e susseguenti fallimenti. Le decisioni riguardanti la realizzazione delle nuove linee ferroviarie, prima della crisi del 1877, coinvolgevano potenti forze politiche ed economiche. Oltre al parlamento, ai consigli provinciali e parrocchiali, molti gruppi sociali, come ad es. proprietari terrieri e industriali locali, facevano pressione per cercare di influire su dove dovesse passare il tracciato della ferrovia. Era la stessa competizione tra fattori politici locali, regionali e nazionali che si verificò un secolo dopo riguardo alla realizzazione delle autostrade. Il boom ferroviario di cui si sentiva parlare in America si verificò anche in Danimarca. Le ferrovie misero in moto l’economia a tutti i livelli. Particolarmente beneficiata ne fu la circolazione delle merci verso la popolazione residente lungo la linea ferroviaria, favorendo anche villaggi un tempo considerati fuori mano. Ma anche al vertice del sistema economico la ferrovia portò crescita. Vi furono guadagni vertiginosi nel mondo della finanza per coloro che ottenevano le concessioni ferroviarie. E i capitali venivano reinvestiti. Per esempio, il patrimonio che il barone Gedalia guadagnò attorno al 1871 con la realizzazione della linea Ålborg-Hjørring-Frederikshavn venne a costituire una parte consistente del capitale di partenza della Landmandsbanken, banca fondata nel 1873. A sua volta, sulla scia della banca, furono possibili molti ulteriori investimenti. Un altro lato importante della questione è quello dell’occupazione che una rete ferroviaria di oltre 1100 km, realizzata in più di dieci anni, fu in grado di offrire. Si stima un numero approssimativo di 8000-10.000 persone impiegate nella realizzazione dell’opera. Era un lavoro duro ma non privo di stimoli, in compagnia di molti coetanei nella stessa posizione sociale, meglio pagato e più vario di quello monotono e svalutato che si faceva in fattoria o nelle tenute come personale di servizio. Attirava lavoratori da ogni dove. Molti, tra le numerose squadre di lavoratori inviati lungo le linee con badili sulle spalle, parlavano un dialetto particolare, quello della Scania (Skåne). La pesante crisi agricola nel sud della Svezia, cominciata alla fine degli anni ‘60 dell’Ottocento, aveva provocato un’imponente ondata migratoria. Oltre alle agenzie per l’emigrazione vere e proprie, agenti di reclutamento danesi viaggiavano 46 per le regioni svedesi di Scania (Skåne) e Blekinge raccogliendo migliaia di braccianti affamati da mandare a lavorare in Danimarca. Si calcola che solo negli anni ’70 dell’Ottocento ne venissero 10.000 dalla vicina Svezia, oltre ad un numero simile di lavoratori stagionali, che rimanevano in Danimarca solo nel periodo estivo. Molti di loro furono arruolati nelle numerose squadre di della ferrovia. Migrazione dalla campagna alla città Ma la maggioranza dei lavoratori della ferrovia parlava dialetti danesi: jutlandese (jysk), fionico (fynsk) e selandese (sjællandsk). Erano giovani garzoni di fattoria (bondekarle) che passavano dall’agricoltura ad altri impieghi. I grandi lavori infrastrutturali, che dagli anni ’60 dell’Ottocento furono in grado di assorbire gran quantità di manodopera, costituirono un importante stimolo all’esodo massiccio dalle campagne, che probabilmente rappresenta il cambiamento sociale più grande e significativo della Danimarca ottocentesca. Sebbene i contadini avessero guadagnato bene per molti decenni dopo il 1850, non c’erano più buone prospettive per il futuro dei giovani dipendenti agricoli, ragazzi e ragazze (karle og piger). Per secoli il circuito socioeconomico della popolazione rurale era basato sul fatto che i figli dei contadini lasciavano presto la casa paterna per andare a servizio presso altre fattorie, e comunque, dopo la cresima erano già in grado di badare a se stessi. Al momento in cui pensavano di sposarsi, quelli più fortunati ottenevano un appezzamento di terreno indipendente, grande o piccolo che fosse, per eredità oppure attraverso il matrimonio o la compravendita. Tradizionalmente vigeva un sistema per cui un agricoltore non proprietario poteva ottenere, dietro pagamento cauzionale, l’usufrutto di terreni altrui attraverso un contratto che lo impegnava nei confronti del proprietario mediante il pagamento di canoni di affitto e di prestazioni di servizio. A sua volta il proprietario non poteva rimuovere il contadino dalla sua proprietà fintanto che questi rispettava i termini del contratto. Tale rapporto, che poteva anche durare a vita, era chiamato fæste e il contadino fæstebonde o fæster. Esso contribuì nei secoli a far sì che i giovani potessero avere una loro attività agricola autonoma, rimanendo nel territorio d’origine. Ma nel corso dell’Ottocento la proprietà delle fattorie condotte sotto tale regime contrattuale (fæstegårde) passò direttamente nelle mani di chi le gestiva, e con ciò la ripartizione della proprietà agricola divenne più rigida. Il generale aumento della popolazione, più figli per ogni matrimonio, accrebbe anno per anno il numero dei figli delle famiglie contadine. 10-12 figli per famiglia erano una cosa comune. Secondo la concezione comune un alto numero di figli costituiva una ricchezza, poiché essi piuttosto rapidamente avrebbero potuto contribuire al sostentamento della famiglia. Ciò comportò che le coppie di sposi non limitassero in alcun modo le gravidanze. Nello stesso tempo sia i possidenti terrieri che i contadini proprietari disponevano così di manodopera a costi contenuti – non necessitavano di creare nuove unità agricole minori (husmandsbrug) in cui insediare i loro 47 dipendenti. I buoni prezzi del grano fecero mantenere saldamente ai contadini i terreni di loro proprietà. Il prezzo della terra aumentava al ritmo di quello del grano, rendendo ancor più difficile ai giovani di mettersi in proprio. Il nesso tra l’esodo dalle campagne e il prezzo della terra è evidente, dato che proprio laddove i terreni agricoli erano più cari, come ad es. a Langeland (isola a sudest della Fionia) e nella Fionia meridionale (Sydfyn), si verificava il più alto numero di abbandono da parte dei giovani. Ad essi era stata tolta la prospettiva di poter col tempo salire la scala sociale e divenire padroni di una fattoria. Inoltre si aggiunse anche un peggioramento nel rapporto tra il padrone (husbond) e il personale di servizio (tyende) in campagna. Il tradizionale rapporto patriarcale mutò con la buona congiuntura economica dopo il 1850. Molti contadini proprietari (sg. bonde, pl. bønder) assunsero le sembianze di benestanti datori di lavoro, signori panciuti che dalla porta di casa lanciavano ordini ai garzoni e alle fantesche (karle og piger), ma raramente prendevano parte in prima persona al lavoro nei campi e si sedevano a tavola con i loro dipendenti. Lo stile di vita condiviso tra il padrone di casa e il personale di servizio delle fattorie di una volta ebbe termine, e ciò contribuì decisamente a far cambiare l’atteggiamento generale in campagna. Prima tutti sedevano attorno allo stesso tavolo, mangiando lo stesso povero pasto, e la notte dormivano in letti a nicchia (alkover) disposti lungo le pareti dell’unica sala comune di soggiorno (stue); ma adesso anche la disposizione architettonica della casa stava cambiando, imitando quella delle abitazioni cittadine. Si gettavano via i vecchi mobili rustici colorati e si ampliava la casa, per far posto al salotto arredato con mobili di stile cittadino e alla camera da letto dei padroni di famiglia. La servitù veniva alloggiata in camere spartane disposte nei locali di servizio dell’edificio e riceveva il pasto nella folkestue (“sala della gente”), come già da tempo era uso nelle tenute signorili. Nel tempo libero il personale di servizio era lasciato a se stesso, mentre una volta era impegnato in diverse occupazioni domestiche, accompagnato da canti tradizionali e ascoltando fiabe popolari. Questi fondamentali mutamenti furono graduali e diversi da luogo in luogo. La svalutazione sociale del lavoro dei dipendenti delle fattorie fu rafforzato da una legge del 1854 (tyendeloven), che riconosceva pochi diritti ai garzoni e alle domestiche delle campagne (karle og piger), ma dava ai datori di lavoro tutta una serie di poteri di sanzione nei loro confronti. Lo spirito che animava tale legge era più quello dell’assolutismo che della democrazia. I giovani non intendevano subire tutto ciò. Anche se la loro educazione scolastica era stata breve, avevano comunque ricevuto impulsi dal vasto mondo attraverso la nuova generazione d’insegnanti idealisti che popolavano le molte scuole di villaggio. L’ascesa sociale dei commercianti e degli industriali nelle città aveva ripercussioni anche negli strati più bassi della società, nei miseri alloggi dei garzoni delle fattorie, dove i giovani sognavano di infrangere le regole consolidate. Molti cominciavano ad abbandonare il loro posto di lavoro dall’oggi al domani, attirandosi il biasimo dei contadini proprietari e delle autorità. Anche nei giornali ci si lamentava di questa gioventù “senza morale”. 50 proprietari terrieri grandi e piccoli (Oktoberforeningen) con cui i possidenti ottengono l’appoggio dei contadini per la revisione della costituzione in senso reazionario. Il parroco H. C. Sonne fonda il primo gruppo cooperativo d’acquisto (indkøbsforening) a Thisted, forma alternativa al commercio privato, destinata a svilupparsi su scala nazionale. Georg Brandes debutta con uno scritto critico (Dualismen i vor nyeste filosofi) in cui afferma la netta distinzione tra fede ( sentimento) e conoscenza ( comprensione oggettiva), in opposizione alla tesi conciliativa di Rasmus Nielsen. 1867 Karl Marx comincia a pubblicare il suo “Das Kapital” (Il capitale). Bismarck fonda la Confederazione tedesca del nord, come entità politica statale. Il conte dano-svedese Carl Frederik Blixen Finecke pubblica, con lo pseudonimo di Michael Rovsing, un libello antimilitarista destinato ad influire sul dibattito relativo alla difesa degli anni ’80 dell’Ottocento. 1868 Bismarck allarga l’unione doganale agli stati tedeschi meridionali. Il poeta H. P. Holst fonda la rivista intitolata For Romantik og Historie (1868-90), punto di riferimento degli intellettuali della vecchia guardia, eredi dell’idealismo e del romanticismo. Prende avvio la costruzione della città portuale di Esbjerg sulla costa occidentale dello Jutland, collegata con la ferrovia, costituì il fondamentale punto di collegamento commerciale verso la Gran Bretagna. 1869 Fondazione della rivista intitolata For Ide og Virkelighed (1869-73), punto di riferimento degli intellettuali della nuova generazione, orientati al realismo e in opposizione al sentimentalismo romantico. Conferenze politiche dell’ex primo ministro nazional liberale Monrad (inverno 1869-70). 1870 In Danimarca al governo del conte Frijs succede quello del conte Holstein, senza interpellare il partito contadino (sinistra) del Folketing. Si ha la rottura definitiva tra destra e sinistra, e l’unificazione del partito contadino sotto il nome di Det forenede venstre (La sinistra unita). Bismarck spinge la Francia di Napoleone III alla guerra. Tentativo fallito di alleanza dano- francese. Sconfitta della Francia. Svaniscono le speranze di un riscatto antiprussiano. La questione della difesa diviene scottante. La rapida espansione della stampa giornalistica favorisce la comunicazione politica tra la capitale e la provincia e, più in genere, la diffusione delle notizie, anche estere. Il poeta e drammaturgo norvegese Bjørnstjerne Bjørnson, futuro premio Nobel, rilancia lo “scandinavismo”, ma secondo nuove premesse. 1871 A seguito della disfatta francese ad opera dell’esercito prussiano, viene proclamata la nascita dell’impero tedesco il 18 gennaio a Versailles. La Germania aggancia la propria valuta al valore dell’oro. Insurrezione operaia a Parigi (la Comune di Parigi) nel mese di marzo, repressa nel sangue dallo stesso esercito francese sconfitto sui campi di battaglia. Ripercussioni ideologiche di tale evento scioccante nella vita politica di tutt’Europa. Avvento del socialismo in Danimarca sotto la guida di Louis Pio (sezione danese dell’Internazionale). A novembre Georg Brandes, tornato dal suo soggiorno a Roma e a Parigi, inizia le sue 12 lezioni di critica letteraria dove attacca il modello di vita dell’establishment borghese. Una nuova legge sul ginnasio, nel 1871, introduce la divisione tra indirizzo linguistico e matematico. La proposta della Sinistra di un indirizzo “nordico” incentrato sulle lingue moderne viene bocciata. 51 1872 L’enorme indennizzo dovuto dalla Francia alla Germania per danni di guerra mette in moto l’economia tedesca innestando un forte sviluppo imprenditoriale anche nella vicina Danimarca. G. Brandes pubblica le sue conferenze suscitando aspre reazioni. Nello stesso anno esce la traduzione danese della teoria di Darwin sull’origine della specie. Il movimento socialista danese guida il grande sciopero dei muratori di Copenaghen. Le autorità fanno arrestare i leader socialisti. Scontri violenti con la polizia durante la manifestazione a sostegno degli scioperanti il 5 maggio (Slaget på Fælleden). Grande fiera industriale dei paesi nordici a Copenaghen. Il 2 settembre muore Nicolaj Frederik Severin Grundtvig, nato nel 1783, fondatore dell’università popolare per l’emancipazione dei contadini. Ai funerali il norvegese Bjørnstjerne Bjørnson pronuncia il famoso “discorso del segnale”, in cui si esorta la Danimarca a cessare l’ostilità verso la Germania. Ne consegue un dibattito politico infervorato e la rottura dello stesso movimento grundtvighiano. Vittoria elettorale della Sinistra Unita al Folketing guidata da Christen Berg. Bocciatura delle proposte della Sinistra. Inutile appello al re Cristiano IX. 1873 Chr. Berg fonda il primo giornale della Sinistra della capitale, il Morgenbladet, il cui redattore è il politico radicale Viggo Hørup. Braccio di ferro tra la Sinistra Unita e il governo. Frantumazione e successiva ricompattazione della Sinistra nel ricorso all’arma della bocciatura della legge finanziaria. Scioglimento del parlamento da parte del governo come reazione. Indizione di nuove elezioni con mobilitazione massiccia dell’elettorato di destra. Vittoria di misura della Sinistra. Grande riforma monetaria dei paesi nordici col passaggio dal riferimento all’argento a quello all’oro. Nasce la Landmandsbanken, con i capitali accumulati dal barone Gedalia investendo sulla ferrovia. 1874 Nomina del governo Fonnesbech, grande proprietario terriero. Nuovo rifiuto delle proposte della Sinistra e nuovo tentativo di ricorrere all’arma della bocciatura della finanziaria, che fallisce per le divisioni interne della Sinistra. Fondazione della rivista Det 19. Århundrede (Il XIX secolo), diretta dai fratelli Brandes. 1875 Inizio di una breve crisi economica indotta da investimenti su imprese “malate” in Germania. Dimissioni volontarie del governo Fonnesbech. Sale al governo J. B. S. Estrup, determinato oppositore delle istanze parlamentaristiche della Sinistra, rimarrà in carica per ben 19 anni. A Berlino Bjørnstjerne Bjørnson e il re di Svezia e Norvegia Oscar II perorano la causa dell’alleanza tra i paesi nordici e la Germania, ma non riscuotono molta attenzione. A seguito di un’amnistia Louis Pio e gli altri leader socialisti vengono finalmente scarcerati. 1876 Schiacciante vittoria elettorale della Sinistra, ancora una volta ignorata dal governo Estrup. Congresso socialista di “Gimle” in cui viene fondato il partito socialdemocratico danese, sul modello tedesco. Viggo Hørup entra al Folketing come deputato della Sinistra. Inizio della pubblicazione di un’enciclopedia nordica del diritto con la collaborazione di giuristi di tutti i paesi scandinavi. 1877 Nuova crisi economica con svalutazione del prezzo del grano. Ondata reazionaria antiliberale e antisocialista in Francia e Germania. Difficoltà politiche della Sinistra e del movimento socialista: il governo esautora il parlamento ed emana la legge finanziaria provvisoria, come decreto d’urgenza, avvalendosi dei poteri previsti dal paragrafo 25 della costituzione; i due leader socialdemocratici Pio e Geleff vengono corrotti dalla polizia per lasciare il paese ed emigrare in America; muore in carcere il leader della Sinistra J. A. Hansen, dopo un’infamante accusa di frode ai danni delle casse assicurative da lui stesso fondate. Divisione della Sinistra in ala moderata (Frede Bojsen e Ludvig Holstein) e ala radicale 52 (Christen Berg e Viggo Hørup). Anche qualche ragazza riesce a conseguire il diploma di maturità liceale (studentereksamen). Soggiorno a Berlino di Georg Brandes nel periodo 1877-83. 1878 Il re danese Cristiano IX dà in sposa la figlia Thyra al duca inglese di Cumberland della casata antiprussiana degli Hannover. Inizia la pubblicazione della grande opera Danmarks Statistik, uno studio dettagliato sulle condizioni socioeconomiche della Danimarca negli anni ’70 dell’Ottocento. Incontro tra il leader della Sinistra Christen Berg e la cerchia degli intellettuali attorno a Georg Brandes: connubio tra radicalismo politico e radicalismo letterario. 1879 Bismarck e il ministro degli esteri austriaco segretamente cancellano il “paragrafo 5”; dopodiché inizia una politica repressiva nei confronti della minoranza danese dello Schleswig. La Germania inaugura una politica di protezionismo doganale e il suo esempio verrà seguito dalle altre nazioni. Attenuazione della crisi economica. Trionfo del burro danese alla fiera internazionale dell’agricoltura di Londra del giugno 1879. 1880 Ripresa della crescita economica. La Sinistra acquisisce spessore politico-culturale: i contadini dell’isola di Langeland eleggono il colto Edvard Brandes (fratello di Georg) deputato al Folketing.
Docsity logo


Copyright © 2024 Ladybird Srl - Via Leonardo da Vinci 16, 10126, Torino, Italy - VAT 10816460017 - All rights reserved