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Storia della decolonizzazione - Dane Kennedy, Sintesi del corso di Storia Contemporanea

Il libro parla delle varie decolonizzazioni avvenute prima/tra/dopo la prima e la seconda guerra mondiale.

Tipologia: Sintesi del corso

2018/2019
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Scarica Storia della decolonizzazione - Dane Kennedy e più Sintesi del corso in PDF di Storia Contemporanea solo su Docsity! Il Libro tratta il processo della decolonizzazione, o meglio, delle diverse decolonizzazioni avvenute prima, tra e dopo le due guerre mondiali. È stato scritto da Dane Kennedy, insegnante di storia e relazioni internazionali alla George Washington university, nel 2017. INTRODUZIONE Le Nazioni Unite sono passate dei 51 stati membri nell’epoca della loro fondazione 1945 agli attuali 193. Nuovi paesi ammessi in questo lasso di tempo sono per la maggior parte sorti dal crollo degli imperi europei e costituiscono il risultato di un cambiamento storico in cui gli Stati nazione - basato sull’integrità e sovranità territoriale e sulla promessa quella sovranità deriva in qualche modo dal popolo E per il quale il colonialismo, ovvero l’imposizione da parte di una potenza straniera di una autorità diretta su un altro popolo, è inaccettabile. Ma questa posizione è stata fermata solo in seguito a una serie di risoluzioni dell’Onu nel 1960 che considera il colonialismo <<una violazione dei diritti fondamentali dell’uomo>> E dichiara che l’autodeterminazione è giuridicamente vincolante. Dichiarazioni del genere indicano una trasformazione profonda del diritto internazionale in materia dei rapporti tra sistemi politici e popoli. Il processo tumultuoso che ha determinato questa trasformazione è stato definito decolonizzazione, un’espressione coniata all’inizio della XIX secolo da un giornalista francese contrario alla conquista, Da parte del suo paese, dell’Algeria. Altri adottarono tale termine che finì però per scomparire dal lessico politico per quasi un secolo e rimase nell’ombra fino alla seconda guerra mondiale, solo dopo il 1960 è diventato di uso comune. L’Oxford Enghlis Dictionary definisce la decolonizzazione <<il ritiro di una potenza coloniale dalle ex colonie; l’acquisizione dell’indipendenza politica o economica di queste colonie>>. <<Ritiro>> e <<acquisizione>> sono termini che in genere connotano pacifiche transazioni finanziarie frutta di reciproci accordi, inoltre il dizionario offre come sinonimo di decolonizzazione <<trasferimento di poteri>>, un sostantivo che nel linguaggio giuridico indica <<una cessione di proprietà da parte di un individuo a un altro>>. Questo tipo di linguaggio Venne usato per far sembrare il crollo degli imperi e la nascita di nuovi Stati nazione espressioni di un processo basato sul consenso, pacifico trasferimento di sovranità. La verità è che la decolonizzazione segui un corso violento che contrappose non sono I governi imperiali ai sudditi ma creò anche una spaccatura all’interno delle diverse anime del nazionalismo. Per gli Stati imperiali incapace di mantenere il controllo sui popoli coloniali, era preferibile presentare questo fallimento come un atto di altruismo, risultato di una lunga preparazione all’autogoverno delle colonie. Questa finta immagine però era contraddittoria poiché, pur di mantenere in un qualche modo il controllo sui popoli colonizzati, vennero usate campagne contro insurrezionale che prevedevano l’uso della violenza per sopprimere le insurrezione popolari. Per questo, sia gli imperi coloniali che gli Stati nazioni dopo, fecero del loro meglio per cancellare dalla memoria pubblica, i crimini commessi nel trasferimento dei poteri attraverso la distruzione di documenti e deliberate politiche di oblio. Alcune colonie ottennero l’indipendenza senza un’eccessiva violenza è altrettanto vero che le prolungate e sanguinarie campagne contro governi coloniali imposti come Algeria Angola Kenya e Vietnam finirono per monopolizzare la pubblica opinione. Questi però sono stati si spesso considerati casi anomali rispetto al più ampio modello di trasferimento pacifico di sovranità ai popoli colonizzati come per esempio quello della Gran Bretagna. L’ex Primo Ministro Clement Attlee che definì la decolonizzazione britannica con un processo preparato con cura, relativamente pacifico che ha invitato le trappole nelle quali sono accadute altre potenze imperiali. Falso perché è bene dimostrato che britannici non esitarono a ricorrere alla forza per mantenere il potere sulle colonie e che si ritirarono solo quando non ci furono altre opzioni a disposizione. Esempi della violenza Britannica si verificarono prima e dopo la seconda guerra mondiale in India E nella brutale campagna contro i Kikuyu in Kenya. Inoltre Brian IC non esitarono a distruggere ad occultare I documenti riguardanti I crimini commessi Durante la decolonizzazione delle sue colonie. Quella che normalmente viene caratterizzata come decolonizzazione fu il crollo degli imperi coloniali e la creazione di nuovi Stati nazione, quelli cioè che, nei decenni successivi alla seconda guerra mondiale, finirono sotto la comune etichetta di <<Terzo mondo>>. Eppure, questo sconvolgimento non era un fatto nuovo. I conflitti mondiali tra gli imperi avevano generato in precedenza diverse ondate di decolonizzazione: • La prima nel nuovo mondo tra il 1776 negli anni 20 del 19º secolo; • La seconda nel vecchio mondo tra 1917 negli anni 20 del 20º secolo E poi: • La terza nel terzo mondo tra la metà del 1940 e la fine degli anni del 1970-divisa a sua volta in tre diverse andate: • la prima comincio subito dopo la 2G.M. essi concluse con l’indipendenza dei possedimenti britannici nell’Asia meridionale, delle Filippine americane e dei territori del Medioriente controllati da britannici e francesi; • la seconda tra il 1950 e il 1960 che terminò con il definitivo crollo del dominio coloniale europeo nel resto dell’Asia, Di tutto il Nord Africa E di buona parte dell’Africa sud sahariana e dei Caraibi; • la terza alla fine nel 1970 che determinò la fine dell’impero coloniale portoghese in Africa e a Timor est, il crollo del regime bianco in Rhodesia E l’indipendenza di varie isole nel Pacifico e di nazioni caraibiche. • La quarta verificatasi con la dissoluzione dell’Unione Sovietica all’inizio degli anni 90 che determinò la nascita di molti Stati che, attualmente, costituiscono alle Nazioni Unite Al pari della decolonizzazione nel terzo mondo queste diverse andate hanno determinato una frammentazione di alcuni imperi , l’espansione e la ricostruzione di altri, e la nascita di nuovi Stati negli spazi lasciati liberi. Diversi importanti temi affiorano allorquando si pone la decolonizzazione del terzo mondo nel contesto non solo delle due andate che la precedettero, ma anche di quella successiva: 1. Il ruolo cruciale che le guerre mondiali tra gli imperi ebbero in questi avvenimenti, dal momento che esse determinarono crisi economiche politiche che crearono il terreno fertile per le lotte di indipendenza dei popoli colonizzati; 2. Le diverse alternative al dominio coloniale oltre allo Stato nazione ( che divenne comunque quella più frequente); 3. la diffusa violenza e continui trasferimenti di popolazione che accompagnarono tante lotte per la formazione di nuovi Stati dagli ex imperi. La decolonizzazione non necessariamente implicò in rifiuto o la negazione dell’imperialismo, ne determinò la definitiva scomparsa degli imperi dalla scena storica. Capitolo primo ONDATE DI DECOLONIZZAZIONE Parlando della decolonizzazione in riferimento ai cambiamenti politici che portarono alla fine degli imperi coloniali e alla formazione dei nuovi Stati nazione nel terzo mondo nel terzo quarto del 20º secolo, non si possono considerare I precedenti di quelle vicende storiche per le quali quel termine era stato coniato, Ovvero le crisi imperiali che tra la fine del 18º inizio del 19º secolo avevano portato alla creazione di ottenere l’indipendenza. Mentre I bolscevichi ebbero la meglio sulla frammentazione politica, sulla guerra civile e sull’intervento stare straniero riuscirono riuscirono a recuperare le province meridionali E orientali dell’impero russo dando vita all’unione delle repubbliche socialiste sovietiche.L’impero asburgico veramente la stessa fortuna, Ma si dissolse con incredibile velocità alla fine della prima guerra mondiale. L’impero tedesco fu privata delle colonie d’oltremare e costretto dal trattato di pace di Versailles accedere parti sostanziose di territorio agli stati vicini. L’impero Ottomano con la guerra implose. L’unico impero ancora presente che evitò la stessa fine degli altri imperi fu quello cinese, nel quale, Nel 1911 la monarchia crollo lasciando il posto autolinee regime repubblicano. Nonostante nel 1917 la Cina dichiarò guerra alla Germania, mi rimase indenne conservando il controllo del Tibet, della Mongolia dello Xinjiang. Non solo la sconfitta militare fu la principale della frammentazione politica degli imperi ma anche, paradossalmente, la vittoria. Ne è un esempioe la guerra di indipendenza irlandese, in cui I coloni protestanti dichiararono guerra ai cattolici irlandesi, che portò alla creazione dello Stato libero d’Irlanda nel 1922. I britannici avevano cercato evitare la guerra appoggiando la separazione con il trattato anglo- irlandese del 1921 che stabiliva le sei contee dell’Irlanda del Nord, a maggioranza protestante, rimanessero nell’ambito del regno unito, ma ciò non servì a niente. Dalle rovine degli imperi sorsero nuove nazioni come cecoslovacchia, Estonia, Finlandia, Ungheria, Lettonia, Lituania, Polonia e Jugoslavia. Questi Stati non affrontarono però lunghe lunghe lotte per l’indipendenza, ma la caduta I fornire loro la possibilità di pensare alla formazione di Stati nazioni indipendenti, cosa che la maggior parte di essi si affrettò a fare, grazie soprattutto alle condizioni di pace imposte dei vincitori che determinarono una decolonizzazione dall’alto basata sull’adozione del principio di autodeterminazione nazionale, una miscela di idealismo e da una politica estera guidata da un non morale interesse personale, che con la successiva nascita della Lega delle nazioni, sarebbe diventata la nuova norma delle relazioni internazionali. Tuttavia questa norma presentava standard di civiltà che molti dei popoli non europei Mariani grado di soddisfare dunque, per questo motivo, la decolonizzazione fu limitata al continente europeo mentre altrove I vincitori si divisero le spoglie degli imperi E le colonie d’oltremare tedesche in Africa, Asia E nel Pacifico finirono a Gran Bretagna, Francia, Belgio, Giappone, Australia, Nuova Zelanda, Sudafrica.Quello che lo storico Erez Manela definito come <<momento wilsoniano>> , periodo posto prima guerra in cui le dichiarazioni di Wilson in merito all’autodeterminazione nazionale ebbero un’ampia diffusione e furono fonte ispirazione per la mobili azione di massa, fu ben presto rimpiazzato dalla disillusione e rabbia allorquando divenne chiaro che le grandi potenze erano intenzionate a mantenere gerarchie razziali e geopolitiche favorevoli all’Occidente. Una chiara dimostrazione di tutto questo lanciano la prima campagna di disobbedienza civile. Anche nell’Africa subsahariana si ebbero episodi di nazionalismo anticoloniale in Corea marcia contro il dominio giapponese. La lotta, però, contro l’autorità imperiale non fu concepita soltanto in termini di liberazione nazionale ma anche come mezzo di propaganda divisioni alternative del mondo posto coloniale.Questa sfida al dominio coloniale furono ampiamente represse o contenute dalle grandi potenze negli anni fra le due guerre. Esse fecero concessioni politiche all’elite locali mentre in altre situazioni ricorsero alla retorica del fardello sostenuto dall’uomo bianco in termini di amministrazione fiduciaria e di sviluppo, garantendosi un sistema di mandati così da ammanettare il possesso dei territori coloniali di progresso sociale e politico sotto la supervisione della lega delle nazioni, rimandando così la decolonizzazione del terzo mondo. Intanto la decolonizzazione nel vecchio mondo procedeva in un modo nient’affatto pacifico, In cui le contese territoriali scatenarono guerre. Inoltre il principio di autodeterminazione nazionale, Basandosi sul presupposto che I Stati nazioni sarebbero stati costituiti da popolazioni omogenee, risultato impossibile da realizzare nella maggior parte dei nuovi Stati dell’Europa centrale e orientale. A tal proposito, vennero stipulati nel 1919accordi di pace di Parigi che garantivano I diritti delle minoranze all’interno dei loro confini. Ciò nonostante le persecuzione delle minoranze era molto diffusa, causando migrazioni intere popolazioni accompagnate dalla cosiddetta pulizia etnica. Anche se conflitti etnici, religiosi, territoriali all’interno dei nuovi Stati nazione del vecchio mondo ben presto si affievolirono, essi non scomparvero del tutto, Inasprendosi negli anni tra le due guerre, Alimentando movimenti estremisti in tutto il continente. 3.Preludi alla decolonizzaizone del Terzo Mondo Le due andate di decolonizzazione che precedettero la quella del terzo mondo mostrano temi ricorrenti, come quello dell’importanza delle guerre mondiali tra imperi. Conflitti che, oltre ad aprire le porte alle decolonizzazioni, ripresero la violenza un elemento imprescindibile nella lotta per determinare le dimensioni territoriali dei nuovi Stati e la composizione etnica che provocò guerre civili, pulizie etniche e intere popolazioni di rifugiate. Alla fine, tuttavia, queste andate di decolonizzazione non portarono all’estinzione degli imperi che, al contrario, si rivelarono risoluti, pieni di risorse e pronti a rinascere sotto altre forme punto.I processi di decolonizzazione, non seguono semplicemente un modello ciclico: comincia in un certo luogo e in un particolare momento e ogni ondata successiva si costruisce su quella precedente. In comune c’è la scelta soggiogare altri popoli o finire soggiogati. L’ondata di decolonizzazione che si diffuse nel nuovo mondo tra la fine del 18º e l’inizio del 19º secolo offrì un’altra possibilità: la costituzione di Stati nazione che evidentemente garantivano alle popolazioni in diritto dell’autodeterminazione.Gli effetti devastanti della prima guerra mondiale sulle potenze belligeranti, offrirono molti dei popoli assoggettati l’opportunità di rivendicare l’indipendenza nazionale, persino quei paesi relativamente soddisfatti del loro posto all’interno degli imperi furono spinti dal vuoto di potere postbellico a costituirsi Stati nazione. Con la creazione della lega delle nazioni lo stato nazione, il nuovo concetto di sovranità in esso contenuto, divennero parte integrante dell’ordine internazionale. Le potenze vincitrici assunsero una duplice forma di sovranità, stato nazione e impero, modello cui si operò una rigida separazione tra il centro metropolitano, in questa applicata la sovranità popolare, e le periferie coloniali, considerate parte dello Stato ma non della nazione alle quali Venne preclusa la possibilità di rivendicare l’autodeterminazione sulla base di un’egoistica opera di civilizzazione. Capitolo secondo LE CONSEGUENZE DELLA GUERRA MONDIALE SULLE COLONIE La prima guerra mondiale era stata provocata dal tentativo di una nuova spartizione del mondo da parte degli imperi, e la seconda guerra mondiale dalle ambizioni imperiali di Germania e Giappone, che si trovarono davanti a un mondo diviso in due entità statali: Stati-nazione e imperi coloniali. L’impatto della seconda guerra mondiale sull’ordine internazionale fu ancor più dirompente rispetto a quello della prima, produsse disordini e distruzioni su una scala senza precedenti e destabilizzò stati e società di bona parte del mondo, erose le fondamenta dell’autorità coloniale come forma di governo e gettò le basi pe run nuovo imperialismo che si sarebbe manifestato nella rivalità, a livello globale, tra Stati Uniti e Uniove sovietica. 1.La guerra imperiale Hitler, la quale politica espansionistica prevedeva l’acquisizione dello spazio vitale a est della Germania, cerò di invertire il processo di decolonizzazione del vecchio mondo annettendo i territori dell’Europa centrale e orientale, lo sterminio o l’asservimento delle popolazioni locali, la colonizzazione di quei paesi con elementi tedeschi. Inoltre, cercò di imporre gerarchie raziali e una sorta di schiavismo nella stessa Europa, e applicò in Europa gli stessi principi e le stesse politiche adottate a lungo dagli europei nei confronti dei popoli assoggettati. Ma, la pulizia etnica e le ambizioni coloniali furono fermate dall’avanzata dell’esercito sovietico verso ovest. Nonostante ciò il Terzo Reich riuscì così a sterminare 6 milioni di ebrei e un gran numero di slavi, oltre che a spostare intere popolazioni. I traferimenti rigurdarono polacchi, Ucraini, Slovacchi, magiari, serbi, Croati, ecc… Hitler operò così una vera ricostruzione vi veri e propri Stati nazione con identità etniche più omogenea grazie di sterminio di massa e alle migrazioni forzate quella guerra aveva impresso un’accelerazione.Anche il tentativo imperiale giapponese di ridisegnare la cartina dell’Asia fu concepito sulla base di una subordinazione razziale, del lavoro forzato e dei trasferimenti coatti. Impresso in Giappone disatteso le aspettative di pari dignità che molti paesi confinanti avevano intravisto in un’alleanza etnica alternativa all’oppressione coloniale europea, trattandoli come razze inferiori da soggiogare sfruttare. Anche in Giappone cercò un proprio spazio vitale per la popolazione in eccesso così che hai milioni di giapponesi già presenti in Corea, Taiwan e Manciuria si aggiunsero quelli nei territori conquistati dopo il 1941. La sconfitta, nel 1945, prese le ambizioni coloniali giapponesi irrealizzabili come per esempio quella in Manciuria, Dove l’avanzata sovietica causò la rapida fuga di milioni di coloni. Alla fine del 1946 circa 5 milioni di giapponesi erano stati rispediti in patria.Anche in Italia aveva cercato di ampliare l’impero durante la guerra, spingendosi nel Mediterraneo orientale e tentando un’espansione nell’Africa settentrionale E orientale a spese della Gran Bretagna. Ma con la caduta del regime fascista, l’Italia fu privato delle colonie circa 350.000 italiani furono rimpatriati dalla Libia, dall’Eritrea, Birmania e occupare la Thailandia erano i principi obiettivi coloniali nel post guerra. Alle minacce dell’Asse, il britannico ci reagirono imponendo regimi fantoccio in Egitto, Iraq e Iran. Quest’ultimo fu diviso in due aree di influenza: nord controllato dall’unione sovietica, e sud (ricco di petrolio) controllato dalla Gran Bretagna. Tuttavia, le ambizioni espansionistiche britanniche si rivelarono impossibili da realizzare e persino I piani per mantenere in piedi l’esistente impero per reclamare I territori persi la guerra risultare difficile da conseguire, sia per la non arrendevolezza dell’ex colonia sia per l’opposizione da parte di Stati Uniti e Unione Sovietica che avevano buoni motivi ideologici E geopolitici per evitare la ricostruzione dell’impero britannico. Inoltre, alla fine della guerra la Gran Bretagna riusciva a malapena a nutrire (pesante razionamento alimentare) e ad offrire un tetto della sua popolazione dunque non era in grado di espandersi né tantomeno di mantenere un imperatore estero. Nonostante ciò, nel 1945, la GB adottò la politica economica del Colonial Development an Welfare Act, che prevedeva lo stanziamento il 12 milioni di sterline l’anno dello sviluppo economico e sociale delle colonie. Alcuni di questi progetti di sviluppo si rivelarono un fallimento eclatante, Altri, invece, straordinario successo: gli investimenti nell’industria lista di calcio in Malesia(Profitti all’economia britannica. L’intera strategia del dopoguerra si basa sullo stretto rapporto tra ripresa economica e sviluppo imperiale e proprio l’istituzione dell’Area della serlina permise alla Gran Bretagna di gestire il commercio e di mantenere I saldi sterline delle colonie sotto un controllo metropolitano, limitando l’accesso straniero ai mercati delle risorse coloniali. Anche I governi francese, olandese, belga e portoghese istituirono qualcosa di simile alla Gran Bretagna per investire nello sviluppo delle colonie, allo scopo the contrastare le critiche al colonialismo E guadagnare terreno nella internazionale, Presentando le iniziative in favore delle colonie come un equivalente delle misure di assistenza sociale adottati in patria, Al fine di assistere popoli arretrati nella marcia verso la modernità. Eppure, nessuna delle potenze imperiali investiti seriamente nella salute, nell’istruzione e in altri programmi di pubblica utilità nelle colonie ma al contrario, esse utilizzare I fondi per programmi di beni di consumo, di tutela del territorio, per progetti legati alle infrastrutture e ad altre iniziative economiche orientate alla ricostruzione economica delle metropoli imperiali. I territori finiti durante la guerra nelle mani dei giapponesi erano tesori di risorse: voglio del Borneo, legname della Birmania e, in particolar modo, lo stagno e il caucciù della Malesia. Anche le riserve di petrolio del medio oriente, Soprattutto in Iran e in Iraq, assunsero un’importanza crescente. Lo sfruttamento intensivo nel periodo bellico delle risorse agricole e minerarie l’Africa subsahariana convinse funzionari britannici che la regione poteva trasformarsi in una nuova India, Il motore economico della rinascita imperiale, operazione definita << seconda occupazione coloniale>> dell’Africa, dell’Asia sud-orientale e di altri territori dipendenti. 3.Imperi alle corde Nel dopoguerra le pressioni esercitate da parte dei popoli coloniali che aspiravano all’indipendenza divennero sempre più intraprendenti. In India, il sorprendente ammutinamento navale indiano del 1946, la rapida escaltion della violenza tra indù e musulmani e il crollo dell’autorità della Raj crearono una miscela esplosiva che mi nove piani del governo laburista per mantenere in India nell’orbita imperiale come un unico dominion autonomo. Tra il 1947 e 1948 l’India ottenne l’indipendenza, e dopo conflitti civili si è arrivati alla spartizione tra Pakistan e India che acconsentirono a diventare membri del Commonwealth britannico. Inoltre, i britannici, furono costretti a concedere alla Birmania l’indipendenza nel gennaio 1948. Il britannico si ebbero più successo nella ripresa del potere in altre colonie infinite giapponesi nel corso della guerra, soprattutto Malesia, Borneo, Singapore e Hong Kong. Dislocarono, inoltre, truppe in Indocina e nell’arcipelago indonesiano. In quest’ultimo l’occupazione militare britannica di Surabaya aggrava la crisi. Gli scontri tra indonesiani britannici si trasformarono in una delle battaglie più cruente dell’immediato dopoguerra: era l’inizio della guerra di indipendenza dell’Indonesia. In Vietnam, venne proclamata l’indipendenza appena pochi giorni dopo la resa del Giappone, Ma le forze cinesi britanniche rapidamente occuparono il paese, aprendo la strada alla restaurazione del dominio francese. Internamente reagirono massacro di più di 100 civili francesi: anche qui era iniziata la lotta anticoloniale dell’indipendenza. Ma la lotta andò ben oltre lo scontro tre francesi E vietnamiti: si tratta di uno scontro aspro tra partiti politici contrapposti e tra le diverse etnie e diversi gruppi religiosi.Non sorprende, proprio per le diffuse devastazioni e per I traumi insanabili che la guerra aveva inflitto alle popolazioni asiatiche, che la stabilità politica e la violenza durassero lungo nella regione anche dopo la cessazione ufficiale delle ostilità. Nessuno dei conflitti postbellici in Asia fu però più cruente distruttivo della guerra civile tra nazionalisti e comunisti in Cina, Che produsse milioni di vittime.Il Madagascar era rimasto fuori Dalle tempeste della guerra, ma nel 1947 una rivolta importante scoppiò contro l’autorità coloniale francese. Inoltre, per la Francia ci furono problemi anche in Algeria Dove venne operata una repressione militare contromanifestazione pubblica per la celebrazione della fine della guerra. Altre rivolte scoppiarono nel 1948 nella Costa d’Oro, Dove un gruppo di ex militari africani protesto contro la disoccupazione è mancato pagamento delle pensioni di guerra. Tutto questo diede la stura al movimento nazionalista che avrebbe conquistato l’indipendenza per il paese che nove anni dopo avrebbe assunto il nome di <<Ghana>>.In Medio Oriente, di fronte alla dichiarazione d’indipendenza dei nazionalisti libanesi e siriani alla fine del 1943, I francesi reagirono nel maggio del 1945 con un invio di truppe per ristabilire l’autorità. Il comando britannico mediorientale intervenire subito, Imponendo all’azione francese una fine violenta e vergognosa.Per I britannici la Palestina si rivelò la crisi imperiale più difficile tragica affrontata nel dopoguerra. Divenne sempre più impossibile non solo conciliari divergenti interessi le diverse ambizioni di arabi ed ebrei ma anche restare neutrale. Le azioni dei terroristi sionisti alimentarlo sentimenti antisemiti fai britannici, che sfociarono in attacchi gratuiti e civili ebrei da parte delle forze di sicurezza. Il comportamento assunto dalla Gran Bretagna le impedì di trovare alleati su entrambe le sponde del conflitto, costringendola a rimettere il mandato alle Nazioni Unite e a ritirarsi dalla Palestina mentre ebrei e arabi si preparavano lo scontro. 4.Nuove formazioni imperiali Mentre le tradizionali potenze imperiali europee cercavano di rivitalizzare o almeno di non perdere territori coloniali, il Panorama internazionale postbellico le rendeva sempre più obsolete. Tuttavia questa trasformazione rappresenta il passaggio a nuove formazioni imperiali incompatibili con I nazionalismi. L’ascesa degli Stati Uniti e dell’Unione Sovietica come superpotenza del dopoguerra indica proprio questo cambiamento. Il processo più incisivo del dopoguerra, Però, fu la creazione, da parte delle due superpotenze, di imperi che non si basavano su un governo coloniale e che, proprio per questo, erano maggiormente compatibili con l’ordine internazionale che considerava sempre più lo stato nazione un principio inderogabile. Nel 1923, l’Unione Sovietica aveva cercato di conciliare il il nazionalismo con il suo nuovo modello di impero, the politicizzandolo e assorbendolo in una struttura costituzionale di tipo federativo. Dopo il 1945, Però, E Essa non riuscì a riconquistare territori persi Durante la guerra e ad allargare I confini territoriali sia a est che a ovest. L’espressione imperiale più significativa fu però la costruzione di una cintura di Stati satellite nell’Europa centrale. Le voci indipendenti, che erano state messe a tacere, rivendicarono una propria sovranità nazionale ed entrarono a far parte della Nazioni Unite.Anche gli Stati Uniti costruirono un modello di impero dopo la guerra. Nel 1946, In cambio della sovranità delle Filippine, Mi Stati Uniti ottennero il diritto di installare 22 basi militari nell’arcipelago al di fuori della giurisdizione filippina. Inoltre, l’economia del paese si legò sempre più, in base ad accordi tariffari monetari, all’economia americana. Altrove nel Pacifico, le basi costituite sulle isole durante la guerra trasformarono quei territori in strategic trust territories. Tutte queste iniziative gettarono le basi per la proiezione della potenza statunitense nel mondo del dopoguerra. Interessi economici e strategici del paese furono sostenuti da favorevoli accordi commerciali difensivi con gli Stati sovrani che restarono impegnati in una rete globale di basi americane in sistema finanziario internazionale incentrato su Wall Street. Capitolo terzo UN MONDO DISORDINATO E RIORDINATO Dopo poco più di trent’anni dalla conclusione della seconda guerra mondiale, il dominio coloniale occidentale sei popoli non occidentali è giunto al termine, lasciando il posto a ben oltre un centinaio di nuovi Stati-nazione nel terzo mondo. Gli elementi che sono entrati in gioco nel processo della decolonizzazione, anche se con diverse importanza a seconda dei tempi, dei luoghi, delle circostanze, sono: le lotte popolari per l’indipendenza, la considerazione delle potenze europee che possedimenti coloniali fossero ormai meno importanti dal punto di vista economico politico, l’azione di agenti esterni come le Nazioni Unite E le due superpotenze del dopoguerra che hanno esercitato pressioni diplomatiche e ideologiche per porvi fine. superiori ai pressappoco 8000 ribelli dell’esercito di liberazione nazionale malese che nonostante ciò resistettero ben 12 anni alla fine dei quali vennero sconfitti. Anche in altre regioni il potere europeo si stava erodendo sotto I colpi di traumatiche drammatiche ribellioni, caso emblematico è quello dell’Algeria. Casi come quell’algerino e quello vietnamita, mostra che I francesi furono di gran lunga più inflessibili verso le note di indipendenza dei popoli coloniali rispetto ad altre potenze, soprattutto ai britannici. Anche se, anche quest’ultimi E altri imperi coloniali mostrare la stessa fermezza nei confronti dei movimenti di liberazione e stesso furono ospitati nel contrastarli.La guerra d’indipendenza algerina, 1954-62, resta una delle più violente del periodo della decolonizzazione e ciò, essenzialmente, dell’impossibilità di risolvere due importanti problemi: 1. Lo status costituzionale dell’Algeria, considerata parte integrante della Francia e per questo provocò una ferma opposizione da parte di molti francesi; 2. La presenza in Algeria di circa 1.300.000 di coloni, i cosiddetti pieds noirs I quali godevano di privilegi in quanto cittadini francesi in contrapposizione alla discriminazione nei confronti di arabi e berberi. Malgrado il massacro di Sétif del 1945, in Algeria le autorità francesi per un certo periodo avevano cercato di allentare la tensione con la promessa di estendere i diritti di cittadinanza a una fetta maggiore della popolazione umana e di concedere al paese più potere decisionale nell’ambito della neocostituita unione francese. Ma nel 1954 il risentimento si trasforma in rivoluzione e serie di attacchi coordinati all’autorità francese che non riuscì a reprimere o a contenere la rivolta che, al contrario, determinò una tensione tale sulle istituzioni politiche interne da far crollare la quarta Repubblica e riportare al potere Charles de Gaulle, il quale per evitare il peggio concedette l’indipendenza dell’Algeria nel 1962. Il conflitto algerino divenne l’archetipo della <<guerra sporca>> poiché implicò il ricorso sistematico alla tortura, ad esecuzioni sommarie e una dislocazione dei civili su vasta scala. Anche la Gran Bretagna, anche se non subì conseguenze politica interna come quelle francesi, condusse una serie di brutali campagne controinsurruzionali nel vano tentativo di prevenire la decolonizzazione. Oltre che in Malesia, Ci furono importanti operazioni militari in Kenya (1952-56), a Cipro (1955-59), in Oman (1957-60) e ad Aden (1963-67), senza contare il conflitto semi coloniale con l’Indonesia riguarda al Borneo (1962-66). Anche in questi casi si trattò di <<guerre sporche>>, segnate da modalità e livelli di violenza ben al di là dei diritti internazionali in vigore. Proprio per questa ragione, I britannici si preoccupare di definirle <<emergenze>>: sottile distinzione che permise loro di eludere la sorveglianza internazionale non solo sul trattamento riservate prigionieri ma anche su altri comportamenti che, diversamente, sarebbero stati condannati. Il più serio di questi conflitti fu la ribellione dei mau-mau in Kenya. La rivolta fu tanto una guerra civile tra i kikuyu quanto una minaccia all’autorità coloniale. I ribelli dimostrarono una forza È una determinazione tali da costringere le autorità coloniali a dichiarare la legge marziale a far intervenire l’esercito britannico che bombardò le foreste che ospitava nei campi dei mau-mau, sposto gran parte della popolazione kikuyu imballaggi sorvegliati, imprigionarono, percorsero, torturarono migliaia di civili impiccare uno 1000 ribelli. I costi in termini economici, emotivi e di opinione pubblica della lunga campagna contro i Mau-Mau persuasero Londra che era ormai tempo di trasferire il potere ai leader africani, cosa che avvenne nel 1963.Anche a Cipro un’organizzazione combattente di etnia greca, l’Eoka, chiedeva l’unione politica con la Grecia e nel 1955 inizia una serie di attacchi contro la Gran Bretagna. Quest’ultima condusse una delle più spietate operazioni contro insurrezionali attuate nel corso delle guerre di decolonizzazione ma, tuttavia, l’Eoka resistette E la costrinse a negoziare. Cipro ottenne l’indipendenza nel 1960 con la conseguente separazione tra comunità greca e turca. Modello di decolonizzazione particolare quello del Congo belga Dove il conflitto per l’indipendenza non durò a lungo poiché le autorità belghe capitolarono velocemente, di fronte alle richieste dei nazionalisti, È concesso l’indipendenza del Congo nel 1960. Tuttavia I belgi non avevano affatto rinunciato al controllo sulle vicende congolesi E la situazione relativa alla sicurezza rapidamente si deteriorò: movimenti secessionisti si formarono in diverse province, potenze straniere forze mercenari di vario tipo che intervennero, mentre le Nazioni Unite inviare una forza di pace per restaurare l’ordine.Infine, la crisi di Suez del 1956, sotto molti aspetti costituì il tragicomico rintocco funebre ai tentativi europei di mantenere l’ordine imperiale mediante interventi militari secondo lo schema della <<diplomazia del cannoniere>>. Abdel Nasser, leader carismatico dell’indipendenza egiziana, si era imposto come portavoce dell’anticolonialismo nel mondo arabo. Quando egli nazionalizza il Canale di Suez, gran Bretagna Francia decisero di intervenire lanciando un’invasione continua dell’Egitto col pretesto di una missione di peacekeeping dopo che Israele, in combutta con le due potenze europee, avevano invaso la penisola del Sinai. Si tratta di una campagna importante fatta di operazioni di aria, di terra e di mare su vasta scala. Nonostante questo, Nasser blocco al canale facendo di affondare le navi e proclamò una <<guerra di popolo>> per contrastare la strategia degli invasori. È britannico ci dovettero soccombere alle pressioni diplomatiche ed economiche che annullarono la campagna.Alla fine degli anni 60 dell’impero coloniale britannico e di quello francese restava ben poco, ragion per cui la terza fase della decolonizzazione, negli anni 70, riguarda soprattutto le colonie africane del Portogallo. La neutralità portoghese nella seconda guerra mondiale e l’isolamento del regime autoritario del Generale Salazar tenere lontano il paese dalle trasformazioni economiche e politiche del resto dell’Europa occidentale nel dopoguerra, preservandolo dalle sfide tanti coloniali più lungo rispetto agli altri imperi. Negli anni 60, in Angola, Mozambico e Guinea-Bissau furono organizzati movimenti nazionalisti per l’indipendenza, ai quali le autorità portoghesi risposero con una certa durezza. Gli attivisti di queste organizzazioni si fecero più combattivi cosicché, negli anni 70, scoppiarono ribellioni armate nell’Africa portoghese che vennero contrastate con la federazione militare più vasta della storia contemporanea del Portogallo che ricorse al repertorio solito delle campagne contro insurrezionali: detenzioni, emigrazioni forzate e bombardamenti. Le sofferenze terminarono nel 1974, quando il regime portoghese fu rovesciato da un colpo di stato militare scaturita dalle difficoltà sociali ed economiche che queste guerre coloniali avevano imposto il Portogallo e ai portoghesi. Uno dei motivi della durata del dominio coloniale portoghese fu che altri regimi costituiti da minoranze bianche fecero di tutto per non rinunciare al potere nell’Africa meridionale. Il crollo della federazione centrafricana nel 1963 aveva portato all’indipendenza della Rhodesia settentrionale/ Zambia e del Nyasaland/Malawi, mentre nella Rhodesia meridionale (Zimbawe) l’ampia comunità dei coloni bianchi, di fronte alla prospettiva di un dominio della maggioranza nera aveva finito con l’appoggiare la dichiarazione unilaterale di indipendenza dalla Gran Bretagna da parte del governo bianco della Rhodesia nel 1965: un caso strano di decolonizzazione sostenuta da coloni in difesa dell’ordine sociale coloniale. Dopo l’indipendenza del Mozambico e dell’Angola, il deterioramento della Rhodesia a causa delle sanzioni economiche e delle condanne del mondo internazionale, venne fermato dalla mediazione britannica che riuscì a risolvere la situazione portando alla nascita il nuovo stato dello Zimbabwe nel 1980. Un decennio dopo la Namibia avrebbe seguito lo stesso destino riuscendo a liberarsi, dal regime bianco, nel 1994. A caratterizzare queste guerre di decolonizzazione non fu semplicemente la dura lotta sostenuta dagli europei per non perdere le colonie, ma in modo in cui essi condussero le operazioni, non esitando a ricorrere a misure di violenza ben aldilà degli standard etici e in barba quelle norme che si stessi avevano adottate fissata di diritto internazionale. Tutto questo fu in parte giustificato dal fatto che il nemico era considerata incivile e selvaggio e quindi indegno di un trattamento da guerra convenzionale. Il problema delle potenze coloniali era che nazionalisti si appellavano proprio quei principi di libertà e di autodeterminazione qui esse stesse erano ricorse nella guerra contro le potenze dell’Asse, ponendo in luce ponendo in luce le contraddizioni interne dell’imperialismo liberale: mezzi coercitivi e fini liberali non potevano coesistere. Il ricorso a una simile violenza e a misure legali contro I sudditi delle colonie significò per molti impegni europei privare la propria autorità di un qualsiasi sostegno ideologico. La comune protesta di questi paesi all’Assemblea generale e in diversi altri comitati delle Nazioni Unite porto portò a una nuova, e per molti aspetti sovversiva, interpretazione dei diritti umani, incompatibili con il colonialismo considerato, adesso, una loro violazione.Alla fine, la violenza dei regimi coloniali contro I sudditi si rivelò controproducente. Non solo la situazione sfuggì loro di mano, ma tra gli intellettuali tanti coloniali a questo sempre più forza l’idea che la libertà poteva essere conquistata solo con la forza. 3.Decolonizzazione consensuale Alcuni regimi coloniali cedettero alle richieste di indipendenza senza essere costretti alla violenza; non sono pochi gli episodi in cui tutto si svolse <<consensualmente>>. Come si spiegano quei casi in cui la decolonizzazione si verificò senza con poca violenza? 1. In alcune situazioni il trasferimento di poteri scaturiti da un matrimonio di convenienza tra I gruppi conservatori locali e le autorità coloniali nel timore di un nazionalismo rivoluzionario; 2. L’instabilità provocata dallo sfaldamento di un regime coloniale, sotto il peso della repressione e della ribellione, si ripercuoteva su quelli vicini spingendoli a trovare un accordo con infinite locali fidate, in modo da evitare crisi simili. Si trattò di decisioni tattiche, non di principio; tra le due guerre, con il quale urban comune il desiderio di unione tra I rivoluzionari nelle metropoli delle colonie in una campagna transnazionale contro l’imperialismo. Di fatto il Comintern, operò sotto il comando centrale di uno stato, l’Unione Sovietica, E qui interessa geopolitici nel determinare la relazione. Nel 1943 le autorità sovietiche sciolsero il Comintern. Dopo la guerra, però, l’ideologia comunista ricreò un rinnovato interesse negli attivisti anticoloniale, soprattutto asiatici (Cina, Vietnam, Malesia). Il comunismo, pur abbracciando la causa del nazionalismo anticoloniale, aveva essere la premessa ideologica di una solidarietà a livello internazionale in grado di offrire un futuro politico libera dalle barriere dello stato nazione. La frattura sino- sovietica, nei primi anni 60, posa una seria ipoteca sulla capacità dei comunisti di mettere da parte gli interessi nazionali, il conflitto sino-vietnamita nel 1979 mi divenne chiara dimostrazione. Inoltre lo spettro del comunismo non solo acuì il sospetto e la versione dell’autorità imperiali nei confronti dei nazionalisti Varese anche gli Stati Uniti più solidali nei confronti degli alleati nelle loro campagne contro insurrezionali, contribuendo alla violenta repressione delle lotte per l’indipendenza; 3. Movimenti legati a un pannazionalismo di vario genere sorsero alla fine del XIX secolo quando lo straordinario sviluppo delle reti di comunicazioni E dei trasporti rese possibile la creazione di un senso di fratellanza su grandi distanze. La maggior parte di questi movimenti cerca di contrastare l’autorità imperiale, ma in molti casi essi furono strumenti delle ambizioni espansionistiche degli Stati imperiali, questo fu il caso dei movimenti pangermanici (Germania) e panslavici (Russia/Unione Sovietica) che agirono per il controllo ideologico politico dell’Europa orientale. Malgrado tutto, i movimenti pannazionalisti esercitare un’incredibile fascino su molte attivisti anticoloniali. Ne è un esempio il movimento panafricano, sorto alla fine del XIX secolo, basato sulla convinzione che tutti I popoli di matrice africana avessero preoccupazioni interessi comuni e per questo cercò di mobilitare per un’azione comune non soltanto i popoli dell’Africa ma anche quelli della diaspora. I panafricanisti erano contrari a Stati I cui confini territoriali fossero quelli derivanti dalla conquista coloniale dell’Africa. Quando il trasferimento dei poteri serializzato seguendo proprio queste linee, alcuni dei nuovi capi di Stato africani cercarono di superare le confederazioni regionali ma, ancora una volta, le dinamiche della decolonizzazione e gli interessi nazionali impedirono al sogno panafricanista di realizzarsi. Sempre nel XIX secolo nacque il panislamismo che prevedeva la mobilitazione I musulmani contro la nefasta influenza politica culturale dell’Occidente. Anche qui le unioni politiche transnazionali tra Stati arabi musulmani si rivelarono vani; 4. Altri attivisti immaginavo un futuro transnazionale fondato su una maggiore libertà politica nell’ambito del sistema imperiale stesso, strategia, che non seguiva la logica casuale dello scontro. Forme di autogoverno erano state garantite, dai britannici alle colonie – tra il XIX e il XX secolo, in Canada, in Australia, nella Nuova Zelanda e in Sudafrica. Stati autonomi e sovrani nell’ambito della lega delle nazioni, pur mantenendo la loro affiliazione all’impero in qualità di membri fondatori del Commonwealth britannico. Sistema quel politico ibrido che rappresenta un modello per molti sudditi coloniali di formazione occidentale che sperava nell’autogoverno. I francesi adottarono un diverso modello liberale-imperiale, basato sull’assimilazione culturale politica, grazie al quale per lungo tempo erano stati garantiti I diritti di cittadinanza ad alcuni sudditi delle colonie. Dopo la seconda guerra mondiale, la costituzione dell’Unione francese (1946) riconobbi sudditi coloniali come cittadini francesi, ma non garantì loro pari diritti di voto. Malgrado I limiti, questa federazione fu inizialmente accolta con favore da molti leader indipendentisti. Le promesse dell’imperialismo liberale furono però minate dalle politica razziale l’impero del mondo coloniale allenando le simpatie di quanti con entusiasmo le avevano accolte. Sorprende poco, allora, il fatto che la maggior parte delle elité coloniali occidentalizzate spesso divennero i più accesi nemici dell’Occidente. Il problema si rivelò particolarmente evidente nelle colonie con un’alta densità di popolazione bianca come in Algeria, mellini orientali olandesi, nell’Angola portoghese, nel Kenya britannico nella maggior parte delle colonie qui c’erano cospicua presenza di coloni bianchi. Uno degli esempi più noti di disillusione nei confronti di un certo imperialismo liberale è costituito dall’esperienza di Gandhi Sudafrica, Dove dovette subire le politiche discriminatorie e le invettive personali nei confronti degli indiani reputati dei bianchi inferiori e poco al di sopra degli africani, nella scala razziale. L’Inghilterra faceva distinzione tra le sue colonie di tipo razziale, solo quelle con popolazione bianca non dovettero lottare tanto per l’indipendenza. 3.Lo stato-nazione come trionfo Un’idea di Stato sovrano indipendente, in Europa, si sviluppò nella metà del XVII secolo, ma il suo accostamento al nazionalismo e allo stato-stazione fu una conseguenza, nel XVIII secolo, di teorie di sovranità popolare che presupponevano l’esistenza di un popolo che condivide una comune volontà o identità nazionale all’interno di un territorio ben definito e contiguo. I movimenti anche coloniali considerava negli Stati Uniti il primo paese è diventato stato-nazione da colonia, rappresentavano un modello, il baluardo dell’autodeterminazione nazionale. Le guerre mondiali si conclusero con accordi e istituzioni internazionali che costituirono importanti, anche se spesso involontari, precedenti alla diffusione degli ideali legati allo stato-nazione. Il riconoscimento dei nuovi Stati-nazione sorti nell’Europa centrale orientale stabilire un principio di autodeterminazione nazionale difficile da limitare a quel continente. Il sistema dei mandati della lega delle nazioni cerco di dare un volto <<internazionalista>> quella missione, Ma finì per confermare semplicemente che la sovranità nazionale era ora diventata la conditio sine qua non riammissione nella comunità internazionale. Con la creazione, nel 1945, dell’Organizzazione delle Nazioni Unite (ONU), per coloro che erano impegnati nella lotta anticoloniale la forma dello Stato-nazione divenne sempre più l’unica alternativa possibile. Il colonialismo, fu considerato dall’ONU una violazione della dichiarazione universale dei diritti umani e, analogamente, l’autodeterminazione, così come prevista dal diritto internazionale, fini per essere interpretata quale diritto essere riconosciuti come Stati-nazione. La spinta in direzione dello stato-nazione venne anche dal basso. Le rivendicazioni dei diritti civili e di altri privilegi legati alla cittadinanza sembrava acquisire una maggiore carica emotiva e una maggiore possibilità di attuazione se limitate al luogo o alla comunità ben definiti piuttosto che ha identità panaetniche e, in questo senso, idea dello stato-nazione sovrano poté esercitare un’immediata e profonda influenza sulla società civile ed essere espressa in termini tali da ottenere un sostegno di massa eccezionale, compreso quello delle donne. Nel mondo coloniale le donne parteciparono attivamente movimenti nazionalisti, collaborando spesso, fianco a fianco, con i loro colleghi maschi. Per accattivarsi le simpatie dei contadini, dei lavoratori salariati, delle donne del mercato e di altra gente comune, le slitte cosmopolite alla vita del movimento d’indipendenza dovettero utilizzare lo stesso linguaggio: affrontare questioni più legate alla realtà delle colonie e conquistare l’appoggio delle comunità locali ricorrendo loro stesse riviste culturali ( abiti, dialetti, pratiche quotidiane, simboli religiosi e altre località significative). Queste strategie politiche inevitabilmente limitare la portata delle campagne di coloniali, riducendole dei migliori dei casi confini territoriali della colonia e a quelli politici del suo apparato statale. I limiti strutturali del colonialismo stesso indirizzare le energie degli oppositori verso obiettivi nazionali più che pan- o transnazionali. L’obiettivo del movimento anticoloniale era il controllo delle levi istituzionali del potere, lo Stato coloniale nessun insieme divenne il bersaglio principale. Una volta raggiunto lo scopo, si finì per limitare lazione politica e la ricerca di forme alternative di sovranità all’acquisizione di interessi personali nella burocrazia, nelle strutture giuridiche e nell’ambito dei confini territoriali costituiti dei governi coloniali precedenti e escluse altre possibili opzioni. I confini coloniali possono ancora un altro problema: qualsiasi tentativo di ridisegnare gli rischiava di provocare un conflitto con gli interessi dei nazionalisti delle colonie vicine. 4.Lo stato-nazione come tragedia Il problema che scaturiva gli sforzi per istituire Stati-nazione fu che si spesso esacerbare uno le differenze regionali, professionali, linguistiche, etniche, ecc… tra le diverse comunità delle colonie, determinando guerre civili, pulizie etniche emigrazioni forzate. Le regioni più colpite sono state l’Africa, l’Asia e gli altri protagonisti della terza fase della decolonizzazione.La divisione, nel 1947, del subcontinente indiano in due Stati indipendenti, India e Pakistan, rappresenta uno dei casi più sanguinosi e traumatici di un processo, in epoca post coloniale, di costruzione di una nazione nel XX secolo. Diversi gruppi lottarono per la supremazia. L’Indian National Congress e la Lega musulmana alimentare una violenza generalizzata tra le opposte fazioni che porta l’India britannica sull’orlo del caos. Estremisti hindu E musulmani si diedero a sistematiche campagne di pulizia etnica che provocarono non meno di 1 milione di morti. Esempio di processo di costruzione nazionale chi è lasciato dietro di sé un permanente rancore tra I due stati e caratterizzato da tre guerre e ulteriori movimenti secessionisti che portarono a definire il modo in cui l’Occidente continuava a esercitare una certa influenza sull’ex colonie. Il più sorprendente esempio di neocolonialismo è stato rapporto della Francia con le ex colonie dell’Africa occidentale centrale, le quali per decenni hanno continuato ad agganciare la loro moneta al franco francese e buona parte delle loro riserve è stata controllata dal Tesoro francese. La Francia ha mantenuto il controllo delle basi militari e ha utilizzato le truppe di stanza in quelle regioni per intervenire nelle vicende politiche interne del paese ospite.Sebbene I nuovi Stati indipendenti del terzo mondo abbiano resistito agli interventi armati degli ex padroni imperiali la forma maggiormente diffusa di coercizione postcoloniale è stata quella esercitata da organizzazioni internazionali come il fondo monetario e la Banca mondiale, che hanno concesso ai paesi poveri aiuti finanziari in cambio di politiche monetarie che, da un punto di vista sociale, si sono rivelate un fallimento.Per evitare l’influenza economica politica di questi nuovi imperi, leader dell’ex colonie hanno cercato di creare alleanze transnazionali che si richiamavano ai precedenti appelli per federazioni regionali e a progetti panetnici. Il tentativo più ambizioso fu quello della Conferenza di Bandung del 1955 che riuscì a portare I rappresentanti di 25 paesi di Africa, Asia e Medio Oriente in Indonesia. La conferenza condanna alcun colonialismo ed espresse il comune desiderio di cooperazione economica, di diritti umani e di pace mondiale. Tuttavia le conseguenze furono limitate ma rappresentò l’ingresso sulla scena internazionale di una nuova entità geopolitica, il terzo mondo. Adesso seguirono due Conferenze di solidarietà afro-asiatica (1957 e 1961), la Conferenza panafricana dei popoli (1958) e la nascita del Movimento dei paesi non allineati (1961). Tuttavia per I paesi implicati in quelle conferenze fu difficile liberarsi dai vincoli della guerra fredda e superare interessi particolari e divisioni ideologiche. La strategia di maggior successo fu la creazione, da parte soprattutto di ex colonie del Medio Oriente, dell’Africa e dell’Asia sud orientale, di un’alleanza economica tra gli Stati produttori di petrolio (Opec) che, nel 1973, riesci a mettere in ginocchio l’economia accidentali con un embargo petrolifero. Un’altra strategia di resistenza fu il rifiuto dei valori e dei missili di vita occidentali.Mentre per l’ex colonia si è rivelata difficile liberarsi dal passato, per gli ex imperi non sembra che questa trasformazione sia stata dolorosa tranne che in due casi, In cui le pressioni esercitate dalla decolonizzazione determinare importanti crisi politiche interne: il conflitto algerino del 1958 che porta al collasso della quarta Repubblica francese E il colpo di stato in Africa del 1974 che portò al rovesciamento del regime autocratico portoghese. Nonostante la perdita dei possedimenti coloniali, le potenze europee non si sono mai completamente ritirati ma attraverso alleanze economiche e politiche creare una valida alternativa all’impero. 2.Memoria e oblio Le nazioni sono il risultato di campagne di sterminio terrore da dimenticare o oscurare con storie immaginarie se si vogliono superare origini cruente e continuare a esistere; incoraggiando l’oblio anche attraverso storie celebrative sulla propria indipendenza. Nella maggior parte dei casi l’ex colonie non si sono spinte molto lontano nel riconsiderare le circostanze drammatiche della loro creazione, dal momento che troppo vivi si sono rivelati traumi emotivi e troppo grandi le implicazioni politiche. Alcuni regimi, semplicemente per eccessiva debolezza e insicurezza, hanno rinunciato a indagare; in altri casi, le comunità che hanno pagato il prezzo più alto in questi processi di costruzione della nazione non sono più presenti, quindi niente domande imbarazzanti. Nei paesi europei che avevano dominato gran parte del mondo, Recentemente, sono ritornate alla ribalta, non soltanto nella scena pubblica ma anche nelle aule giudiziarie, le vicende traumatiche legate alla decolonizzazione e alla vergognosa ritirata degli imperi. Queste condanne rientrano nel più ampio tentativo, condotto da giuristi, storici, eccetera, di portare alla luce di crimini di guerra commessi dagli olandesi durante quel cruento conflitto. 3.Continuità imperiali Dalle ceneri del colonialismo europeo, nei decenni successivi alla seconda guerra mondiale, sono sorti nuovi imperi, Stati Uniti e Unione Sovietica, Capaci di influenzare Stati e società nel corso della guerra fredda. Il crollo dell’ Unione Sovietica ha bruscamente interrotto questo stato di cose, innescando una nuova ondata di decolonizzazione. Al pari delle precedenti ondate di decolonizzazione, anche quella dell’impero sovietico può essere considerata nel quadro di una guerra mondiale tre imperi. La guerra fredda non ha trascinato l’Unione Sovietica egli Stati Uniti in un confronto diretto è devastante, eppure mi ha intaccato risorse economiche e strutture istituzionali. Per I sovietici il decennio della guerra in Afghanistan, 1979-89, si è rivelato estenuante, accelerato il crollo del regime comunista e, infine, la disintegrazione dell’impero.Questa quarta ondata di decolonizzazione ha avuto numerosi diversi sviluppi: l’autonomia politica dall’Urss di quegli Stati-nazione dell’Europa centrale orientale sortì dopo il primo conflitto mondiale che avevano dovuto rinunciare all’indipendenza, Il crollo dell’unione sovietica nel 1991, che ha permesso a quelle <<repubbliche>> inglobate dopo la prima guerra mondiale di reclamare una propria sovranità; I progetti legati alla costruzione della nazione di questi nuovi Stati sorti dalle rovine dell’impero sovietico hanno comportato scontri estenuanti sia interni -etnici, religiosi e linguistici - , sia esterni - contese territoriali. In alcuni casi gli Stati si sono dissolti in entità minori più omogenee e etnicamente, come per esempio la spartizione della Cecoslovacchia in Repubblica ceca e Slovacchia. E altri casi in cui, Invece, si ripeterono gli stessi scenari di morte e disordine che avevano caratterizzato le decolonizzazioni precedenti, come per esempio la divisione della Jugoslavia in sette Stati. Ad aggravare ulteriormente la situazione hanno contribuito gli sforzi russi per mantenere e riconquistare pezzi dell’impero combattendo ferocemente per conservare la Cecenia televisione regioni del Caucaso a maggioranza musulmana, conducendo una guerra contro Georgia, annettendo la Crimea e invadendo le province orientali dell’Ucraina. Gli Stati Uniti, dal canto loro, dopo la fine dell’unione sovietica hanno raggiunto livello di supremazia globale che agli occhi di molti risulta senza precedenti nella storia tanto che Venne coniato il termine di iperpotenza per definirne il loro posto particolare nelle vicende mondiali. Il crollo di quest’impero provvederà quella che potrebbe essere definita la quinta decolonizzazione? DEFINIZIONI Commonwealt > Comintern >
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