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Storia della Letteratura inglese - Vol. I Paolo Bertinetti, Schemi e mappe concettuali di Letteratura Inglese

Riassunti dettagliati dell'intero manuale

Tipologia: Schemi e mappe concettuali

2016/2017

In vendita dal 18/11/2017

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diletta_bertolucci 🇮🇹

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Scarica Storia della Letteratura inglese - Vol. I Paolo Bertinetti e più Schemi e mappe concettuali in PDF di Letteratura Inglese solo su Docsity! LA LETTERATURA MEDIEVALE L’età anglosassone La Britannia anglosassone La storia della letteratura inglese prende le mosse da una produzione letteraria che, pur non potendosi chiamare propriamente “inglese”, di quella costituisce l’indispensabile premessa. La letteratura alla quale si fa riferimento è quella prodotta sul suolo dell’Inghilterra storica propriamente detta (cioè, ad esclusione della Scozia, del Galles e dell’Irlanda). A iniziare dal VI secolo a.C., l’intera regione delle isole britanniche era stata occupata dalle avanguardie occidentali delle ultime grandi migrazioni indoeuropee, costituite da popolazioni celtiche. Era un’occupazione prevalentemente militare, che non riuscì mai a romanizzare del tutto la Britannia. Già verso la metà del VI secolo, gruppi di Picti e Scoti, tribù celtiche stanziate nell’odierna Scozie e Irlanda, attaccavano la Britannia romana spingendosi momentaneamente fino a Londra. Ma l’impero romano era ormai minacciato da ogni lato dalle invasioni barbariche. Nel 409, alle richieste di aiuto provenienti dalle civitates britanniche, l’imperatore Onorio rispondeva che si difendessero da sole dagli invasori interni e d’oltremare, certificando così di fatto la rinuncia di Roma a esercitare il proprio dominio sulla Britannia. Nel corso di qualche decennio ebbe luogo una vera e propria invasione dell’isola da parte di quelle popolazioni germaniche, ancora non cristianizzate, che premevano verso occidente in cerca di terre sulle quali stabilirsi. Si trattava di 3 gruppi principali: Iuti, Angli e Sassoni (provenienti dalle coste, oggi comprese grosso modo, fra Danimarca e Germania). Gli Iuti occupavano il Sudest, gli Angli le regioni centrali e settentrionali, i Sassoni l’Inghilterra sudoccidentale, dando così vita a un frazionamento politico e territoriale destinato a durare fino al XI secolo. Nel 509 circa, si ebbe la completa germanizzazione della Britannia. È dunque giustificabile l’uso dell’aggettivo “anglosassone” (dal nome delle popolazioni più diffuse sul territorio) per designare l’insieme della Britannia germanizzata e della sua civiltà e letteratura. Meno corretto appare, invece, l’uso di “anglosassone” in ambito linguistico; si ricorrerà meglio ad “old english” a indicare la fase più antica. “Old english” è un termine che cela la realtà della coesistenza di almeno quattro dialetti principali appartenenti alla famiglia linguistica del germanico occidentale, fra i quali emergerà nel X secolo, per motivi legati alla situazione politica, il sassone occidentale parlato nel Wessex. L’Old english risulta una lingua quasi del tutto irriconoscibile anche al “parlante nativo” di epoca moderna (ne è un esempio l’incipit del maggior monumento dell’epica anglosassone in versi, il Beowulf). La Britannia romana aveva tuttavia consegnato agli invasori provenienti dal continente il cristianesimo. Fino all’inizio del X secolo, la produzione e la promozione della cultura in Inghilterra sono prerogativa esclusiva dei centri monastici; il fine è teologico e didascalico, e il latino ne è il veicolo linguistico incontrastato, anche se sono attestate tracce assai precoci di una letteratura, la più antica che si conosca in Europa. La spinta di una più visibile affermazione del volgare in ambito letterario proviene dall’esterno. Nell’865 i Vichinghi, o Danesi, sbarcarono da oriente, e nel giro di quindici anni conquistarono i regni di Northumbria, Mercia, East Anglia, dando vita a un vastissimo dominio (Danelaw), il cui centro principale è York. Soltanto la monarchia sassone del Wessex resiste e afferma in breve la propria egemonia sotto Alfredo il Grande, riuscendo poi, con i suoi successori, a giungere alla riunificazione della frammentata Inghilterra anglosassone. Alla fine del primo millennio viene così portato a conclusione, nell’organizzazione politica e nelle coscienze individuali, il processo di formazione dell’unità nazionale inglese. Prosa storica e omiletica: Alfredo il Grande, sul finire del IX secolo, iniziò a risollevare la cultura inglese dalla decadenza, tramite un preciso programma educativo incentrato sullo studio del latino per i futuri ecclesiastici e mettendo a disposizione i testi più significativi, traducendoli in volgare inglese. La prosa anglosassone nasce con le traduzioni della Historia di Beda, della Cura pastoralis e dei Dialogi miraculorum di Gregorio Magno, di parti della Bibbia, e soprattutto del De consolazione philosophiae di Boezio. Riassunti “Storia della letteratura inglese – Dalle origini al Settecento” P. Bertinetti Diletta Bertolucci Significativo è anche l’avvio, nell’891, della compilazione annalistica in volgare della Anglo-saxon Chronicle, nata compre prosecuzione di un’originaria raccolta dei principali fatti storici inglesi, dai primi insediamenti anglosassoni al tempo di re Alfredo. Ancor più importante è la produzione omiletica, frutto della riforma monastica del X secolo, con il Sermo Lupi ad Anglos, un’omelia. A Ælfric, il maggior prosatore dell’epoca, dobbiamo 120 sermoni in volgare, suddivisi in tre serie di pari dimensioni. A questo periodo risale la compilazione dei 4 manoscritti che da soli contengono la quasi totalità del patrimonio poetico anglosassone a noi pervenuto: il manoscritto Junius, il Vercelli, l’Exeter e il manoscritto Cotton Vitellius A XV o manoscritto di Beowulf. All’interno di questo corpus possiamo individuare i tre filoni principali: quello religioso, quello epico e quello elegiaco. Poesia religiosa antico – inglese: La Historia ecclesiastica di Beda ci tramanda quanto sappiamo del primo poeta cristiano dell’Inghilterra anglosassone, Cædmon. Questi avrebbe ricevuto direttamente da Dio, in un sogno profetico, il dono dell’ispirazione poetica e avrebbe composto un inno al Creatore, parte del quale Beda traduce. Tra le fine dell’VIII secolo e l’inizio del IX, si colloca Cynewulf, primo poeta religioso del quale si conosca il nome, al quale si attribuiscono 4 poemi divisi fra i codici Vercelli ed Exeter: The Fates of the Apostles, The Ascension, Juliana e Elene. Ques’ultimo riprende la leggenda della Croce salvata dalla madre dell’imperatore Costantino, stesso tema di The Dream of the Rood, l’opera di maggior rilievo della poesia religiosa in antico inglese. Nell’opera, attribuita a Cynewulf, si costruisce una duplice struttura narrativa, tutta condotta in prima persona, ove la voce del sognatore che riferisce il proprio sogno fa da cornice al racconto della Croce stessa, che narra le proprie vicende attraverso i secoli, da quando sostenne l’abbraccio di Cristo fino a quando fu ritrovata dalla santa imperatrice. La storia sacra assume coloriture epiche. La poesia eroica: Alle letterature di epoca medievale delle varie popolazioni germaniche appartiene il Beowulf, il più antico poema composto in una delle lingue volgari europee. La provenienza e la datazione non sono certe, si tratta senza dubbio di una copia che reca tracce di mani assai diverse. Gli scenari dell’azione sono le regioni della Danimarca e della Scandinavia, e la storia si addensa attorno a 3 nuclei narrativi che ripropongono lo stesso schema di fondo, costituito dal combattimento fra l’eroe e il mostro. Il poema si apre con la descrizione di un funerale, palesando così il pessimismo tragico che sta al fondo della visione del cosmo, propria della cultura germanica. Vengono messe a confronto forze archetipiche: da una parte il male, l’oscurità, il caos, la morte; dall’altra il bene, la luce, l’ordine, la vita. Il poema è caratterizzato dal verso lungo e dalla figura più caratteristica dell’epica anglosassone, il kenning: si tratta di frasi, o di composti prevalentemente nominali, che, mettendone in rilievo una quantità peculiare, designano in maniera spesso pittoresca una persona o un oggetto. Di epoca più tarda sono due panegirici incastonati nella Anglo-saxon Chronicle, cioè  The Battle of Brunanburh: si celebra l’impresa vittoriosa del re Æthelstan del Wessex e dei suoi alleati di Mercia contro Scozzesi e vichinghi.  The Battle of Maldon: il frammento più lungo canta lo scontro e la morte eroica dell’eorl Byrhtnoth presso Maldon, nell’Essex. La temperie eroica del poemetto ruota intorno alla fedeltà dei seguaci di Byrthnoth, che scelgono di morire onorevolmente con lui in una battaglia impari e intorno alla nozione di ofermod, “orgoglio”, che caratterizza il protagonista. La poesia elegiaca: Sotto la dizione di “elegie” vengono generalmente riuniti un certo numero di componimenti in versi compresi nel manoscritto Exeter, di intonazione lirica, nei quali trova espressione un diffuso senso di desolato sgomento e alienazione provocato dalla perdita di un passato che rappresentava stabilità e sicurezza. Widsith, del poeta immaginario che parla in prima persona, è lo scop, la cui esistenza è quella del perpetuo errante. È il cantore di leggende eroiche, depositario di una sapienza tradizionale, ma conservata e trasmessa anche grazie all’esperienza e all’abilità artistica personale. Riassunti “Storia della letteratura inglese – Dalle origini al Settecento” P. Bertinetti Diletta Bertolucci La narrativa romanzesca: Il romanzo cavalleresco (in inglese romance), genere nato nella Francia settentrionale del XII secolo grazie soprattutto a Chrètien de Troyes, conobbe in Inghilterra uno sviluppo tardivo, che si manifestò appieno solo verso la fine del XIII sec. Fu l’influsso determinante della cultura dei dominatori normanni a sollecitare la produzione di romanzi cortesi in versi, facenti capo a due filoni tematici principali: quello bretone e quello carolingio. Il primo, incentrato sulla figura di Re Artù e dei suoi cavalieri, è il tipo di narrativa che trova espressione nell’immaginario celtico, che aveva profondamente segnato la cultura del Nord della Francia in seguito alle migrazioni “di ritorno” delle popolazioni celtiche rifugiatesi sul continente dalle isole britanniche, a seguito della invasioni anglosassoni. Il romanzo carolingio, volto alla celebrazione delle gesta di Carlo Magno, aveva carattere più propriamente epico. La amon compone il ʒ Brut, adattando in inglese il Roman de Brut di Wace, il quale aveva a sua volta “tradotto” in versi il più celebre resoconto del passato mitico della Britannia celtica, la Historia regum Britanniae di Geoffrey of Monmouth. Il suo merito è quello di essere stato il primo a collocare al centro della storia inglese delle origini la figura emblematica di re Artù, che conserva per lui i connotati eroici del guerriero e del conquistatore. Intorno al 1260 compaiono i due più antichi romances medio inglesi: King Horn e Floris and Blauncheflur. Il primo narra le peripezie di due innamorati in un’ambientazione orientale e con interventi magici; il secondo intreccia situazioni romanze archetipiche con protagonisti, scenari e vicende vicini a realtà locali. A questa tendenza sono riconducibili anche gli ancestral romances, poemi che, narrando le avventure di immaginari eroi locali, tentano di accreditare i diritti sul territorio inglese di cospicue famiglie nobiliari di origini normanne, che di quei protagonisti si dichiarano discendenti. Eroi indigeni e tematiche avventurose caratterizzano, agli inizi del 300, i romances più popolari in Inghilterra tardo medievale, Guy of Warwick e Beues of Hamtoun, che raccolgono gli stereotipi romanzeschi, imprese amorose, vendetta, riconquista dei diritti regali ingiustamente conculcati. Questi stessi motivi si ritrovano in William of Palerne, incentrato sul motivo del trovatello nutrito da animali selvatici. Intreccio amoroso e dimensione avventurosa sono qui collocati nella stessa atmosfera magica e fiabesca che caratterizza anche brevi narrazioni modellate sul genere del lai bretone, come Sir Launfal, Sir Degarè, Lai le Freine e Sir Orfeo. In quest’ultimo l’autore offre una riscrittura originale del mito di Orfeo e Euridice, ambientata nella luminosa Fairyland dell’immaginario celtico. Dopo La amon, il nome di re Artù scompare dalla narrativa medio inglese; vi si riaffaccia solo agli inizi del ʒ 300 con Arthour and Merlin e numerose altre opere come Morte Arthur e Sir Gawain and the Green Knight. Il “Gawain-poet”: È il tipo di versificazione rappresentante la tradizione prosodica autoctona dell’Inghilterra medievale. Dopo il Brut di La amon, in Inghilterra si ha un vuoto cronologico di circa 120 anni, duranti i quali la tecnica del ʒ verso sciolto allitterativo, che era stato del Beowulf, subisce un inabissamento, per ricomparire poi in un corpo di poemi concentrati nell’area provinciale del Settentrione e delle Midlands occidentali. Il capolavoro della “Allitterative Revival” (rinascita allitterativa) è Sir Gawain and the Green Knight insieme ai poemi Pearl, Cleanness e Patience. Il testo conta 2530 versi, divisi in 4 fitts, e articolati in stanze di estensione variabile, formate da una sezione principale in versi allitterativi più lunghi collegati (mediante un verso-ponte di due o tre sillabe detto bob) a una sezione fissa (wheel) di 4 versi brevi a rima alternata. Il poeta combina la solennità e il vigore ritmico propri dell’epica anglosassone con l’eleganza della narrativa cortese d’importazione continentale, mostrano anche disinvoltura nell’organizzare il materiale tematico che sa fondere con grande armonia. Uno dei due nuclei folklorici del Sir Gawain è il Beheading Game, la sfida a “giocare alla decapitazione”; l’altro è l’esperienza erotica cortese, rielaborata nell’episodio del Sir Gawain incentrato sullo “scambio delle prede”. Questo scambio viene pattuito fra Gawain e Bertilak, il signore del castello nel quale il protagonista Riassunti “Storia della letteratura inglese – Dalle origini al Settecento” P. Bertinetti Diletta Bertolucci trova asilo. Gawain è oggetto di un triplice tentativo di seduzione da parte della castellana, ripetuto ogni mattina al momento del suo risveglio. La perfetta virtù mostrata in questo episodio da Gawain, si carica di significati che trascendono la sfera di una spiritualità puramente secolare. Ne è testimonianza il blasone araldico che egli reca sullo scudo, il pentangel (stella a 5 punte), che è qui icona della più alta fra le virtù attribuite a Gawain, trawthe, cioè lealtà, fedeltà, sincerità: valori emblematici della società feudale cavalleresca. Qualità poetiche alla pari sono riconosciute a Pearl: cura per la finitezza e armonia architettonica, organizzazione prosodica complessa, che contempla l’uso del refrain, della concatenatio, ovvero la ripetizione in tutte le sue articolazioni metriche e retoriche. È un dream-poem (poema-sogno, poema-visione), il genere letterario più importante insieme con il romance. Del tutto tipico del poema onirico è lo scenario su cui l’azione si apre: un giardino fiorito, dove il narratore/sognatore/protagonista, presentato come un gioielliere che ha perduto una pietra preziosa, si addormenta, sognando di ritrovarsi in un nuovo locus amoenus paradisiaco. Gli si fa incontro una bellissima donna, nella quale riconosce a poco a poco la “perla” smarrita. È la figlia del gioielliere, morta all’età di 2 anni. Pearl è saldamente piantato nella tradizione religiosa visionaria che, sottoposta a una profonda secolarizzazione nella Francia del 200, produsse con il Roman de la Rose il poema che forse più di ogni altro influenzò la letteratura del tardo Medioevo europeo. Il poeta medio inglese si rifà a questo modello nel combinare ispirazione religiosa e laica, sfruttando appieno tutte le potenzialità implicite nella convenzione narrativa del “sognatore”. Perla costituisce infatti l’elemento di continuità fra l’umano e il sovraumano, fra il mondo della veglia e quello del sogno. Patience e Cleanness possono essere attribuiti allo stesso autore perché sul piano stilistico, figurativo e tematico è possibile rintracciare la presenza del tema della “virtù”, che va dalla “pazienza”, alla “purezza”, alla più complessa nozione di trawthe. Tutti questi concetti vengono però elaborati da un punto di vista negativo, additando cioè le conseguenza che il mancato esercizio di tali virtù può provocare per l’uomo. A questo ordine di motivi si aggiunge poi l’esplorazione delle possibilità offerte dal sogno. I due testi possono essere definiti delle “omelie in versi” Langland: La combinazione di tecniche versificatorie allitterative si ritrova nell’opera The Vision of Piers Plowman, che è composto in un dialetto sud-occidentale meno ostico al pubblico colto. Il testo vanta di una straordinaria qualità di tipo verbale, che è tale da fare del Piers Plowman il “classico della parola”, una “parola parlata” modulata sul linguaggio comune, senza preziosismi. William Langland fu impegnato in un costante lavoro di revisione della sua opera: ne esistono 3 redazioni, designate come testi A, B, C più una probabile quarta (Z). Il testo ha una natura di work in progress: il progress costituisce il modello visibile dell’azione drammatica del poema, vale a dire quello del viaggio, le cui tappe sono momenti di una ricerca di risposte a interrogativi che si rinnovano continuamente. Il protagonista è Will (come l’autore stesso, ma anche come “volontà), il sognatore, la cui voce coincide con quella dell’io narrante che ci conduce attraverso le varie fasi della sua “cerca”. Il tema di fondo è quello della vita attiva dell’uomo in un mondo, in una società e in una storia inevitabilmente corrotte, e del rapporto con essa con il regno di Dio: si tratta dunque di una ricerca di perfezione nella quale il piano individuale si interseca con quello collettivo, lo spirituale con il materiale. Questo scorrimento di piani si concretizza in un intreccio del registro umile con quello sublime. Il poema si configura come un pellegrinaggio spirituale. Sono molti gli indizi che identificano il Piers nell’incarnazione terrena di Cristo stesso, proclamando di poter indicare alla gente la strada verso la verità. Gower: John Gower operò negli ambienti della corte londinese di Riccardo II e ne riflette i tratti culturali e linguistici nelle sue tre opere maggiori: Mirour de l’homme, Vox clamantis e Confessio amantis, rispettivamente in latino, francese e inglese. I versi del Mirour sono organizzati facendo ricorso alla tecnica Riassunti “Storia della letteratura inglese – Dalle origini al Settecento” P. Bertinetti Diletta Bertolucci delle personificazioni allegoriche, dello stato di degenerazione morale che travaglia l’umanità, cui solo l’intercessione di Maria può offrire motivo di speranza. Lo stesso impulso detto anche gli accenti apocalittici della Vox clamantis, espressione di un animo terrorizzato dai disordini sociali della Peasant Revolt, i moti contadini del 1381, e dalla corruzione che, dilagando dalla corte reale, trascina con sé la nazione intera. La Confessio amantis è l’opera della sua età avanzata; la forma che il poema assume è quella della collezione di storia racchiuse da una cornice, che vede come protagonista Amans, alter ego dell’autore stesso. In questo testo è ancora viva quella concezione dell’amore come “religione” e anche l’eredità del Roman de la Rose. Il riscatto di Gower sta nell’umanità autoironica con la quale egli si dipinge nelle vesti di amante sfortunato e consapevole dei propri limiti, che si riscatta nella finale rinuncia alle illusioni terrene, per trovare riposo e rifugio in un Amore più alto. Chaucer: Nessun poeta ha dimostrato di saper dominare la tradizione letteraria dell’Europa tardo medievale come Geoffrey Chaucer, che dimostra padronanza dei mezzi espressivi, attitudine all’immedesimazione psicologica. Nasce a Londra, fra il 1340/43, da una prospera famiglia del ceto mercantile. Fu al servizio della moglie di Lionel, uno dei figli di Edoardo III. Prese parte alle spedizioni militari reali in Francia e venne via via incaricato di missioni diplomatiche come giudice di pace, deputato al parlamento, responsabile dei lavori di costruzione e della manutenzione di 10 residenze reali, fra le quali anche la Torre di Londra e il palazzo di Westminster. Morì nel 1400 e venne sepolto nell’abbazia di Westminster. L’attività letteraria non costituì mai per Chaucer una fonte di sostentamento, ma rispondeva a necessità interiori di esprimersi e gli offriva un rifugio dalle incombenze quotidiane. Soltanto la prima opera The Book of the Duchess (1368) è stata concepita per un destinatario aristocratico, John of Gaunt, il feudatario più potente del regno, e soltanto nella più tarda The Legend of Good Women sembrano venire adombrati personaggi di rango reale. Per il resto, il pubblico al quale si rivolgeva era costituito in prevalenza dalla medesima cerchia cui anch’egli apparteneva, fatta di funzionari e di gentiluomini della piccola nobiltà di corte: gli stessi per i quali il volgare inglese non era una mera lingua “di servizio”, buona soltanto per la comunicazione quotidiana, ma poteva ambire a essere strumento di espressione letteraria dignitosa ed elegante – ruolo di cui, per l’aristocrazia, era depositario esclusivo il francese. Che Chaucer nella sua produzione letteraria si mantenne nella fascia sociale mediana, lo si vede dai Canterbury Tales, o meglio dei pellegrini-narratori che ne popolano la cornice, un assetto che comprende i 3 ordini tradizionali della società medievale idealizzata – l’aristocrazia secolare, i religiosi, i lavoratori della terra - insieme a un’altra composita categoria di artigiani e piccoli borghesi, legata invece alla realtà contingente dell’Europa occidentale del tardo 300. Chaucer assimila e riversa nei suoi poemi modelli formali e contenutistici francesi prima, e italiani poi, ma non per questo è un poeta meno “inglese” degli altri, è meglio dire che il suo tragitto creativo è contrassegnato da un continuo sperimentalismo. Ciò assume nei Canterbury Tales forme, inedite per l’Inghilterra del tempo, di commistione dei generi e degli stili, abbracciando aspetti dell’esperienza che includono l’umile e il quotidiano tratti dall’osservazione diretta della realtà inglese contemporanea. The Book of the Duchess è il primo dei suoi poemi onirici e si presenta come un poema inteso a consolare John of Gaunt per la morte prematura della moglie, Blanche of Lancaster, tramite la celebrazione elegiaca delle doti della morta. L’avvio è dato dalla parafrasi dell’episodio nematicamente pertinente di Ceice e Alcione, tratto dalle Metamorfosi ovidiane, leggendo il quale il narratore cade addormentato. In questo testo la forma del dream-poem è ancora legata alle convenzioni cortesi della visione amorosa di stampo francese. Nel corso del decennio successivo, l’incontro con Dante e la cultura italiana del 300, ha un effetto dirompente. Infatti, nei 3 libri della House of Fame (1378-1380) la forma del poema-visione si trasforma in fantasmagoria labirintica ed esplode all’interno, lasciando in superficie un’apertura: il finale di un poema inevitabilmente interrotto al momento dell’apparizione di un “man of gret auctorite” che, come un deus Riassunti “Storia della letteratura inglese – Dalle origini al Settecento” P. Bertinetti Diletta Bertolucci Fino al tardo 400 l’uso della prosa volgare resta assai limitato, se non per fini privi di ambizioni artistiche. Fra le scarse eccezioni si possono citare i Mandeville’s Travels, un resoconto di viaggi immaginari, quasi un manuale di geografia fantastica, e il Testament of Love di Thomas Usk. Di vera e propria prosa d’arte, in ambito romanzesco, si può parlare soltanto in relazione a Thomas Malory (?-1471). La serie di romanzi cavallereschi che Malory completò intorno al 1469, apparve nel 1485 a cura di William Caxton. Quest’ultimo, introduttore della stampa in Inghilterra, oltre ad essere un editore fu anche lettorato e traduttore. A lui si attribuiscono il titolo con il quale l’opera di Malory divenne celebre, Le Morte Darthur, e molti interventi sul testo. Ciò che Malory fece è rimaneggiare una quantità di fonti preesistenti, soprattutto francesi, ma anche inglesi. Il risultato è una sequenza di 8 romanzi che seguono la leggenda del re britanno dall’infanzia legata a Merlino e alla scoperta della propria identità, con il famoso episodio della spada nella roccia, fino alla morte e alla dissoluzione finale della compagnia della Tavola rotonda. Nell’opera spiccano i valori tipicamente cortesi e cavallereschi. È difficile non scorgere un’ironia nella contraddizione fra l’ideologia proclamata nel testo e il poco accertato su Malory, accusato di una serie di reati minori e maggiori. Il suo contributo più personale sta nel rinnovamento sul tessuto linguistico della prosa d’arte inglese fra Medioevo e Rinascimento: la sua dizione semplifica la retorica tipica dello stile “aureato”, per tornare al lessico e ritmi assai più aderenti alle movenze spontanee del parlato elegante. Il dramma medievale: I più antichi accenni all’esistenza di una drammaturgia religiosa in volgare inglese rimandano al pieno XVI sec., mentre i primi manoscritti contenenti testi scenici compaiono verso il primo quarto del secolo successivo. Il corpus teatrale di gran lunga più significativo del Medioevo inglese è di carattere religioso, e comprende soprattutto drammi ciclici e le moralites. La produzione insulare è ben povera, se confrontata a quella continentale, soprattutto con quella della Francia. Il dramma religioso in volgare nasce, all’interno della Chiesa, dall’intento di trasmettere dei contenuti di ordine istruttivo e morale, servendosi di forme e strumenti espressivi che possano essere compresi anche da un pubblico meno sofisticato. Le sequenze di rappresentazioni, che prendono il nome di cycle plays, mettono in scena i momenti salienti della storia sacra narrati nell’Antico e nel Nuovo Testamento, dalla Creazione del mondo alla Resurrezione di Cristo. L’origine dei drammi ciclici veniva tradizionalmente collegata con l’istituzione della festività del Corpus Domini, perché le processioni comprendevano dei tableaux vivants, ovvero rappresentazioni di episodi sacri. Da qui si pensa che si siano mossi i primi dialoghi, che ampliandosi, si sono poi trasformati i cicli drammatici. Nei centri più importanti dell’Inghilterra del tempo, le rappresentazioni avevano luogo su strutture mobili che si spostavano lungo un itinerario urbano, e a ogni sosta la recita si ripeteva, in maniera tale da consentire a tutti i cittadini di assistere all’intera sequenza. Il primo ciclo del quale si abbia documentazione appartiene a una regione e una lingua non inglesi, ma celtiche (Ordinalia). Cicli completi provengono da 4 località inglesi: York, Wakefield e Chester (località settentrionali), mentre la quarta è collocabile nelle contee orientali dell’East Anglia. Quest’ultima sequenza è nota come “ciclo di N-Town”. Sono importanti i drammi di Wakefield (“ciclo di Towneley”), perché al loro interno è stato isolato un gruppo di 5/6 testi nei quali si riconosce la mano di uno stesso autore, il Maestro di Wakefield: si rivela un autore originale, soprattutto per la ricercatezza delle rime e la padronanza di registri lessicali e stilistici diversi. The Pride of Life (1350 circa) è il più antico dramma religioso inglese giunto fino a noi ed è il primo esempio di morality plays. È un genere di rappresentazione inteso, come i cycle plays, a fornire al pubblico insegnamento e persuasione morale, sotto forma però di conflitto allegorico tra le forze del bene e del male, in lotta per la conquista dell’anima del protagonista. Due sono le metafore centrali sulle quali si fondano gli intrecci delle moralities: il combattimento e quello della vita come viaggio, o pellegrinaggio, dalla nascita alla morte. Altre sono The Castle of Perseverance, Wisdom, Mankind, dove si propone l’onesta fatica del lavoro, quale rimedio al vizio dell’accidia, e Everyman, la più rappresentativa. In quest’ultima è il viaggio la Riassunti “Storia della letteratura inglese – Dalle origini al Settecento” P. Bertinetti Diletta Bertolucci metafora predominante, quello di ognuno verso la tappa finale, la morte. Questa tocca come nessun’altra morality plays la rappresentazione della tragica solitudine dell’individuo di fronte al destino comune. La Chiesa inglese, però, attuò una politica di repressione, essendo ostile alla messa in scena del sacro secondo modalità che erano ritenute incompatibili con l’elevatezza del soggetto. Nel frattempo, però, nel 1497, il primo drammaturgo secolare dell’Inghilterra postmedievale Henry Medwall, aveva inaugurato con l’”interludio” Fulgens and Lucres, concepito per venire rappresentato nei saloni delle grandi dimore aristocratiche, la nuova stagione del teatro. IL RINASCIMENTO E SHAKESPEARE Tra Umanesimo e Riforma: la fucina della grandezza: Il XVI sec. fu per l’Inghilterra il secolo più sconvolgente, il più ricco d’eventi cruciali sociali, economici, politici, religiosi e letterari, ma anche l’inizio della sua identità nazionale e linguistica, della sua letteratura e della sua potenza politica ed economica, l’inizio anche della sua espansione nel mondo. Le pretese sui territori francesi al di là della Manica vennero abbandonate con la caduta di Calais nel 1558. I sovrani Tudor cercarono di unificare l’isola annettendovi il Galles e la Scozia, che rimaneva ancora indipendente, e l’Irlanda, sottomessa solo in una piccolissima parte. Enrico VIII dichiarò l’indipendenza della Corona inglese dalla Santa Sede e con l’Atto di supremazia nel 1534 si proclamò capo della Chiesa d’Inghilterra. Usando le nuove idee che erano prodotte nella Germania di Lutero e importante in Inghilterra, volle appropriarsi delle ricchezze ecclesiastiche da distribuire ai suoi alleati e affermare il potere assoluto sul suo regno. Isole reali, isole ideali: More, Tyndale: Thomas More scrisse Utopia, pubblicata in latino nel 1516 e tradotta in inglese solo nel 1551. “Utopia” è il nome dell’isola visitata da Raphael Hythlodoeus in una località indefinita del Nuovo Mondo. Qui More stabilisce la sede di uno Stato ideale dove non esistono proprietà privata, né denaro, né differenza di rango, dove la guerra è sconosciuta e tutti lavorano 6 ore al giorno, dove la famiglia condivide beni e figli con la comunità e non c’è posto per l’ambizione personale o il conflitto politico, né per lo spreco né per il lusso. L’opera è ispirata sia alla Repubblica di Platone sia a resoconti di viaggi di esplorazione verso nuove terre. Utopia sembra voler essere la rappresentazione e contrario dell’attuale Inghilterra (rigidamente divisa in gerarchie sociali, pretenziosa, ingiusta e violenta, mal governata) ed è forse il primo esempio di critica della società contemporanea che adotta come strategia retorica un punto di vista esterno e “razionale”. Nell’opera si mette in scena il dilemma cruciale dell’Umanesimo europeo: può il sapere o la filosofia avere un ruolo nella vita politica o agire sulla prassi civile? È un dilemma che occupò un posto centrale nella carriera letteraria di More e che assumerà una forma completa quando Enrico VIII offrì a More l’incarico di Lord Chancellor, la carica più importante al governo. Questo avvenimento segna il passaggio dal More umanista a quello teologo e polemista. More ricevette un’educazione umanista e si laureò all’università di Oxford, dove furono inseriti lo studio della letteratura greca, della filosofia e delle scienze. In questo clima di rinnovamento culturale, Erasmo arrivò in Inghilterra. More gli dedicò l’Elogio alla follia (Morae encomium). Egli fu inoltre il promotore del programma di riforma del cristianesimo che avrebbe costituito un riferimento fondamentale per il futuro sviluppo della cultura laica e religiosa di tutte l’Europa. Ma quando Martin Lutero, dopo le sue 95 tesi del 1571, fu scomunicato e dichiarato fuorilegge da Carlo V, il programma di rivitalizzazione del cristianesimo dal suo interno si era trasformato in un attacco dall’esterno. Guerra di libri: La prima reazione di Lutero fu quella di pubblicare La prigionia di Babilonia, un trattato in latino indirizzato a un clero colto in cui, partendo dalle stesse premesse di Erasmo sull’ignoranza e prepotenza della classe ecclesiastica, proponeva la liberazione della spiritualità cristiana dalla corruzione delle istituzioni della Chiesa cattolica. Inoltre, respingeva la validità di tutti i sacramenti a eccezione del battesimo e dell’eucarestia. Lutero destituiva il clero da ogni potere sulla vita spirituale del fedele, ma, allo stesso tempo, accresceva quello di Dio; infatti la grazia, la salvezza nell’aldilà, è concessa da Dio solo a un certo numero di Riassunti “Storia della letteratura inglese – Dalle origini al Settecento” P. Bertinetti Diletta Bertolucci eletti. Si tratta di quella che Calvino definirà più tardi teoria della predestinazione, inconciliabile con la teoria cattolica. Per Calvino, la salvezza è ugualmente distribuita a tutti gli uomini e tocca al singolo individuo riconoscerla e farne buon uso. Per i cattolici, la grazia si guadagna con le “opere”, mentre per Lutero dipende interamente dalla decisione divina. Le due tesi avevano conseguenze etico-sociali divergenti che interessavano a More: la negazione delle opere e la giustificazione tramite la fede sostenute da Lutero avrebbero portato a una graduale apatia sociale e civile, inoltre i riti, le cerimonie, le immagini che Lutero voleva abolire sono forme simboliche per mettersi in contatto con Dio e tenere uniti i fedeli. More temeva la frammentazione dell’Europa cristiana, e quindi l’unità del cristianesimo e il sistema giuridico garantito dalla Chiesa andavano difesi a tutti i costi. Nonostante i tentativi di fermare l’arrivo della letteratura protestante, l’infezione dell’eresia di Lutero si diffuse inevitabilmente sul suolo inglese. Il più accanito avversario di More fu William Tyndale: egli conobbe Lutero all’università di Wittemberg, divenendo un convinto luterano. Egli tradusse il Nuovo Testamento in inglese, ma le copie furono confiscate e bruciate, anche perché Enrico dichiarò pene severe per chiunque si avvicinasse alla “falsa e corrotta traduzione” di Tyndale. Ma le misure repressive si dimostrarono impotenti davanti alla forza dello strumento della stampa, così il Nuovo Testamento di Tyndale continuò ad essere stampato ad Anversa e distribuito clandestinamente in Inghilterra. La sua traduzione è in un inglese semplice, diretto e non solenne; egli infatti attribuì alla lingua inglese la dignità per competere con le prestigiose lingue antiche e una grazia capace di accordarsi meglio con il greco e con l’ebraico che con il latino. Tyndale rifiutava l’interpretazione allegorica della Chiesa e proponeva una lettura semplice e fedele del testo, così la Bibbia divenne una guida morale e spirituale della vita quotidiana di tutti. Il dibattito fra More e Tyndale si basava soprattutto su una “guerra linguistica” che percorrerà tutto il secolo e oltre in un paese ormai diviso, sfociando poi in una vera e propria guerra civile. Cioè che però divise radicalmente i due fu l’interpretazione del potere del sovrano: quando Tyndale pubblicò The Obedience of a Christen Man la fede del cattolico re d’Inghilterra cominciò a vacillare. Tyndale scriveva che disobbedire alle leggi del clero non significa disobbedire alla legge di Dio. Il re governa lo Stato per diritto divino. Come vicario di Dio egli ne detiene anche l’autorità spirituale. Poiché è suo dovere punire il male, egli dovrebbe cominciare col punire il clero che ha usurpato le funzioni giuridiche e si è arricchito a spese dei suoi sudditi. L’autorità del clero va limitata alla predicazioni, e le sue leggi vanno soppresse. Enrico venne attratto da una teoria che lo liberava dalla sottomissione alla regola ecclesiastica. Ragioni di stato: L’Inghilterra divenne una nazione protestante non per motivi di fede religiosa, ma per motivi dinastici. Enrico voleva a tutti i costi divorziare da Caterina d’Aragona, che non aveva dato alla luce un erede maschio, e voleva a tutti i costi sposare Anna Bolena. Il papa Clemente VII si rifiutò perché Caterina, figlia di Ferdinando d’Aragona e di Isabella di Castiglia, aveva nel papa un potente alleato. La corte di Enrico si divise allora in due fazioni, una filo cattolica che faceva capo a Caterina e una filo luterana che faceva capo ad Anna Bolena. Enrico allora privò il clero di tutti i suoi diritti acquisiti ,e con l’Atto si sottomissione del clero nel 1534, esso perse ogni autorità giuridica e spirituale. Nacque così la Chiesa inglese (Anglicana Ecclesia). Enrico quindi divorziò da Caterina e Anna Bolena venne incoronata regina nel 1533. More, dopo aver dato le sue dimissioni, venne richiuso nella Torre di Londra per essersi rifiutato di prestare giuramento all’Atto di supremazia, ovvero di riconoscere Enrico come capo della Chiesa d’Inghilterra. More ebbe la prova concreta che il progetto umanistico di riformare l’Europa cristiana rieducandola era fallito: le ragioni di Stato non potevano più sottostare a quelle della religione, e la religione, che pretendeva di essere universale, divenne religione nazionale. More venne decapitato nel 1535 per alto tradimento. Poeti alla corte di Enrico: Skelton, Wyatt, Surrey L’inglese era ancora lingua fluida e indeterminata allo stesso modo. Le insistenti dichiarazioni di imbarazzo per la condizione “barbara” in cui versava il vernacolo percorrono quasi tutto il secolo. Se ne lamentarono soprattutto i poeti, e per primo John Skelton (1460 – 1529), il più vecchio dei poeti della corte di Enrico, Riassunti “Storia della letteratura inglese – Dalle origini al Settecento” P. Bertinetti Diletta Bertolucci In Inghilterra la stampa fu introdotta da William Caxton, stampatore, traduttore e autore che l’aveva appresa e praticata nei Paesi Bassi. La maggior parte degli stampatori e rivenditori operava a Londra. Il numero degli alfabetizzati crebbe in Inghilterra dal 20 al 60% nei primi trent’anni del secolo. La censura ostacolò però la diffusione della parola scritta in una società che era stata per secoli organizzata sull’alfabetizzazione della sola classe dirigente. Qualsiasi cosa scritta doveva passare il vaglio dell’arcivescovo di Canterbury e del vescovo di Londra oltre che al Consiglio privato della Corona, la più alta autorità politica dopo il sovrano. La censura si esercitò particolarmente sulla traduzione di testi sacri, ma non solo, venivano censurati anche scritti che esprimevano apertamente un dissenso politico oppure pamphlets satirici. I figli di Enrico: Edoardo, Maria, Elisabetta Enrico VIII morì nel 1547, lasciando il posto al figlio Edoardo VI. Egli regnò solo 6 anni. Con il suo regno la Riforma prese un aspetto radicale: l’obbligo del celibato dei sacerdoti fu cancellato, le immagini ancora presenti nelle chiese furono distrutte e le terre furono confiscate agli ordini religiosi. Inoltre gli altari furono rimossi e sostituiti con tavole, sulle quali veniva celebrato in inglese (non più in latino) il rito dell’eucarestia. Nel 1549 fu scritto Book of Common Prayer (in inglese) dall’arcivescovo Cranmer, che stabiliva la liturgia che doveva essere osservata durante le cerimonie religiose, e intendeva sostituire tutti i libri di preghiere destinati alla preghiera privata. La Riforma, oltre che dai preti cattolici, venne accettata con difficoltà anche dalla popolazione che fu privata di tutti i riti tradizionali e le cerimonie cattoliche. La rivoluzione di Edoardo non durò a lungo, quando egli morì nel 1553 gli successe la sorella Maria figlia di Caterina d’Aragona. Fervente cattolica come la madre, ricucì lo strappo con Roma e disfece le riforme del padre e del fratello. Mandò sul rogo almeno 287 protestanti per eresia, azione che le valse il titolo di Bloody Mary. Fu anche la sua politica esterna che danneggiò il paese, perché propria alla fine del suo regno, nel 1558, l’Inghilterra perse la sua ultima postazione in Francia, Calais. John Foxe nel suo The Book of Martyrs rese il tema della persecuzione dei protestanti uno dei più efficaci strumenti di propaganda protestante. Maria morì nel 1558, salì al trono Elisabetta che regnò 45 anni fino alla sua morte nel 1603; il suo regno fu ricordato come uno dei più fortunati e pacifici nella storia dell’Inghilterra. Elisabetta era figlia di Anna Bolena, e mancava sia delle mire espansionistiche del padre sia della passione religiosa della sorella. Al contrario, detestava la guerra, fu diffidente di fronte a ogni innovazione e, pur essendo protestante, non fece mai professione di una fede fervida. Elisabetta si trovò a dover governare su un paese diviso fra protestanti e cattolici: la Chiesa d’Inghilterra sotto la sua direzione divenne sempre più antipapista, cercando però di imitare della Chiesa cattolica le strutture istituzionali. Venne scomunicata da Papa Pio V e criticata dai protestanti che ritenevano che la sua chiesa fosse ancora troppo cerimoniosa e politica. La Chiesa di Elisabetta era principalmente politica. Elisabetta regnò in condizioni sfavorevoli, ma fu in grado di concentrare sulla sua immagine tutte le forze sociali, trasformando abilmente l’obbedienza che esigeva dai suoi sudditi in amore. Ella rimase nubile, dichiarando di essere sposa unicamente alla sua nazione. Diventare la regina vergine amata e venerata fu il metodo più astuto di affrontare la classe dirigente di un paese diffidente verso il sesso femminile. La corte. Castiglione e Puttenham Nel Rinascimento, la corte era il centro di tutta la vita politica di un paese. A corte nasce la “civiltà delle buone maniere”, fondata sulla repressione della violenza e sulla comunicazione mediata dalla parola e dal comportamento. Il libro più diffuso e importante nel 500 europeo sulla corte fu Il libro del Cortegiano di Baldassare Castiglione, dove si stabiliscono i principi estetici e morali del comportamento cortese. Il “manuale di condotta” più noto e più letto in Inghilterra negli anni 80 fu The Art of English Poesy (1586) di George Puttenham: nell’ultimo libro del trattato (Of Ornament) la figura cruciale del “decoro” è discussa in termini di un appropriato comportamento cortese. Il libro si rivolge al poeta professionista che non appartiene al circolo cortese e che usa la poesia come mezzo per entrarci, così l’arte della poesia, l’arte del comportamento e l’arte della politica diventano a corte una cosa sola. Riassunti “Storia della letteratura inglese – Dalle origini al Settecento” P. Bertinetti Diletta Bertolucci La poesia Elisabettiana Sidney Philip Sidney (1554-1586) è divenuto simbolo della corte elisabettiana, ma dopo la sua morte. Quasi tutti i poeti professionisti della fine del secolo attribuirono a Sidney il valore di poeta nobile d’animo e di natali. Egli divenne il candidato ideale per la formazioni di un mito nazionale e le leggende inventate dai poeti per i funerali furono poi riprese da Fulke Greville in Life of the Renowed Sir Philip Sidney. Ma nonostante le sue credenziali aristocratiche, politiche e letterarie, Sidney non divenne mai un favorito della regina, anche se nipote del conte di Leicester, il favorito più potente della regina. Egli partecipò attivamente alla vita politica del tempo, ma forse troppo attivamente per la regina, che lo bandì da corte. Viaggiò all’esterno, inaugurando quello che in seguito prese il nome di grand tour, il giro sul continente europeo che doveva coronare la perfetta educazione del gentiluomo. Dunque egli fu influenzato dalla tradizione italiana e latina che assunse in tutte le sue opere: il primo canzoniere inglese Astrophil and Stella, The Defence of Poetry un trattato sulla poesia, e due romanzi Old Arcadia e New Arcadia, scritti fra 1580 e 1581. The Defence of Poetry (pubblicata postuma nel 1595) è la prima influente discussione sulla poesia in Inghilterra: non ha carattere normativo, ma presenta un’argomentazione che aspira a convincere il lettore della nobiltà della poesia sulla base del suo passato antico e prestigioso, della sua funzionalità sociale e del suo potere di nobilitare la vita di coloro che la proteggono. Egli afferma che la poesia istruisce attraverso il piacere, cioè che essa trasmette contenuti morali attraverso l’uso di una retorica visiva capace di colpire la mente del lettore più efficacemente di quanto non facciano la storia e la filosofia. Come Dio, il poeta porta alla luce un mondo che, al contrario della natura creata da Dio, è fatto di un incorporeo materiale linguistico capace di muovere la mente del lettore. Il trattato è un primo tentativo di definire gli attributi specifici della poesia e di definirne i limiti. La poesia appartiene per lui ad una dimensione che non ha nulla a che fare con la vita reale; il lettore vive un’esperienza, quella della lettura, che lo può migliorare moralmente solo se riuscirà a distinguere il linguaggio figurale dalla lettera del testo: se saprà leggere bene. Le due Arcadie sono di genere pastorale e si rifanno all’Arcadia di Jacopo Sannazaro (1498/99), di cui Sidney riprende il titolo e l’alternanza di prosa e poesia. Il genere pastorale consiste nell’ambientare una trama amorosa in un ideale sito naturale, una sorta di natura artificiale, il quale è contrapposto al mondo politico della corte. Il genere pastorale offre all’autore un modo per articolare e nascondere il suo dissenso politico. I sofisticati pastori che popolano il paesaggio rurale non sono altro che figure allegoriche di persone storiche e il sito pastorale è allo stesso tempo il luogo dal quale il poeta esprime la sua opinione sulla politica della corte e anche allegoria delle vicende cortesi. Nella Old Arcadia egli immette un’innovativa trama romanzesca e si presenta come una tragicommedia in cui si mescolano prosa e versi, con una doppia trama, una seria e una comica. Arcadia è una parodia delle vicende della corte di Elisabetta, soprattutto del codice amoroso con cui la regina pretendeva che venisse articolata la politica dei suoi più vicini cortigiani. La New Arcadia è incompleta e, anche se conserva i medesimi protagonisti della Old, possiede un impianto narrativo del tutto diverso dal romanzo pastorale. Lo spazio in cui le storie raccontate hanno luogo si estende ben oltre il sito chiuso della corte e non è più una presa in giro della politica del suo tempo, ma una presa di posizione su come essa dovrebbe essere. Il libro ebbe un successo strepitoso. Astrophil and Stella è composto da 108 sonetti e 11 canzoni che raccontano l’amore di Astrophil per Stella (Penelope Devereux, sposata con Lord Rich). Nello scoprirsi innamorato, Astrophil scopre anche di essere prigioniero di un’emozione da cui tenta di liberarsi senza risultato, non rimanendogli altro che sottoporsi alla dura legge. La retorica di questo amore ha a che fare con la retorica che regolava il rapporto tra suddito e sovrano, e essendo quest’ultimo una donna, il canzoniere è stato interpretato come una drammatizzazione del rapporto fra Sidney e la regina Elisabetta. Riassunti “Storia della letteratura inglese – Dalle origini al Settecento” P. Bertinetti Diletta Bertolucci Scrittori e mecenati L’idea che i poeti potessero impiegare interamente il loro tempo nella professione di poeta era inconcepibile. Quella che chiamiamo autonomia della poesia era del tutto impensabile nel 500, poiché autonomo non era per primo il poeta. La classe al potere sembrava però consapevole di aver bisogno di uomini forniti di una buona istruzione; a volta risiedevano nelle grandi magioni dei nobili come tutori, oppure potevano offrire le loro opere letterarie come testimonianza della loro capacità linguistica, e quindi diplomatica e politica, nella speranza di ottenere un incarico amministrativo o una ricompensa in denaro. Troviamo infatti dediche al protettore situate all’inizio di ogni opera letteraria dell’epoca, che indicano questo tipo di dipendenza. Spenser Spenser nacque a Londra nel 1552 e si iscrisse all’Università di Cambridge dove si laureò nel 1576. Egli fu costretto a mostrare il suo talento come uomo di lettere allo scopo di ottenere incarichi nella carriera pubblica. Fu segretario di uomini prominenti e Lord deputato dell’Irlanda. Morì a Londra nel 1599. La sua carriera poetica si ispira a quella di Virgilio, che dai primi esperimenti nel genere pastorale, prosegue per quello più grandioso e impegnativo dell’epica. The Shepheards Calendar è un raccolta di brevi poesie pastorali che segue il modello delle Bucoliche di Virgilio. Nel testo sembra voler innalzare l’inglese medievale di Chaucer, al contrario di Sidney, al quale è dedicato. La poesia di Spenser si differenzia per il diverso uso delle fonti classiche e dell’eredità della poesia medievale inglese, ma anche per la diversa posizione sociale dell’autore. Per Spenser la poesia è come una professione, egli viene definito il primo poeta “nazionale” che mette la sua poesia al servizio della regina. The Faerie Queen è il primo poema epico in inglese, dedicato ed intitolato alla regina Elisabetta. L’epica è il genere che istituisce e forgia l’identità nazionale di un paese, ed era esattamente questo di cui aveva bisogno l’Inghilterra di Elisabetta. I primi 3 libri, pubblicati nel 1590, trattano le virtù della santità, della temperanza e della castità; gli ultimi 3, pubblicati nel 1596, dell’amicizia, della giustizia e della cortesia, mentre l’ultimo incompiuto avrebbe dovuto trattare della costanza. Ogni libro è diviso a sua volta in 12 canti e 12 era il numero di giorni in cui si festeggiava l’ascesa al trono di Elisabetta. Ella non compare solo nella dedica dell’opera, ma è impersonata da Gloriana, regina delle fate, nel cui nome i cari cavalieri compiono le loro imprese. L’intenzione dell’autore è dichiarata in una lettera indirizzata a Sir Walter Ralegh, favorito della regina, che fu pubblicata come Premessa all’opera: il testo si presenta come un libro di cortesia che ha lo scopo di istruire e formare la classe dirigente di Elisabetta; per raggiungere questo scopo l’autore sceglie di impartire le sue “lezioni morali” attraverso l’uso della historical fiction di re Artù, famoso per la sua eccellenza. The Faerie Queen è insieme epica e romanzo. Le poetiche del tempo imponevano che il poema epico possedesse una struttura narrativa lineare nella quale i singoli episodi fossero legati in una conseguenza logica e verosimile fino ad arrivare al finale nel quale si raccoglieva il senso narrativo, ideologico e morale di tutto il poema. Nell’opera, il centro e il fine etico del poema è Elisabetta/Gloriana, intorno alla quale e per la quale i 12 cavalieri mettono alla prova le altrettante virtù che rappresentano. L’opera è anche romance perché, come nei romanzi cavallereschi, le storie dei cavalieri avanzano come un flusso senza fine, rispondendo alle aspettative di varietà, meraviglia e diletto del lettore. Spenser riesce quindi a conciliare il “profitto morale” dell’epica con il “piacere” del romanzo. Nell’opera Spenser mette la sua concezione, alta ed esclusiva, della poesia: nella scena delle 3 donne che danzano, esse rappresentano le tre Grazie, le quali elargiscono i doni del corpo e della mente. Rappresentano le 3 fasi della liberalità: offrire, accettare e restituire benefici. In questa scena Spenser sembra indicare che le Grazie possano essere invocate solo dal suono della poesia, la musica del pifferaio Colin Clout (controfigura di Spenser). Il ritmo e la melodia della danza e della musica sono nel 500 associati all’armonia del movimento e del suono del cosmo, ma anche inevitabilmente alla matematica e alla struttura della mente. Spenser, nella lettera a Walter Right, scrive che il suo libro è un’”allegoria continua, o figura oscura”, e che dunque esso richiede l’impegno esegetico del lettore. L’allegoria non sarà mai univoca e il lettore è invitato a sfogliare i suoi molteplici livelli: dal letterale, allo storico, al politico, al filosofico, al teologico. Riassunti “Storia della letteratura inglese – Dalle origini al Settecento” P. Bertinetti Diletta Bertolucci un numero limitato di personaggi, spesso allegorici. In alcune occasioni prevale l’elemento comico, l’attenzione all’intrattenimento, ma spesso l’intento è esplicitamente didattico. Magnyficence (1515-23) di Skelton, per esempio, è un dramma strutturato sulla lotta tra vizi e virtù alla maniera medievale, ma vi sono inseriti consigli diretti al principe. Il teatro fu nei primi anni della Riforma asservito alla propaganda religiosa. John Bale (1495-1563) riuscì a utilizzare l’interludio morale in chiave protestante e scrisse circa 20 drammi dove prevalevano argomenti anticattolici. Kyng Johan (1536) è il primo dramma con argomento storico che utilizza la storia per fini politici. Bale propaganda la bontà della nuova religione di fronte alla perversa interpretazione della parola di Cristo da parte dell’Anticristo papale. John Heywood rispose con una serie di farse dove viene enfatizzata l’adesione alla chiesa cattolica (The Playe Called the Four PP, The Pardoner and the Frere, John, Tib and Sir John). Fu nelle università di Oxford e Cambridge dove i drammi venivano rappresentati dagli stessi studenti e dove si perfezionò la struttura del dramma inglese sulla scia del modello latino e italiano. Quando il figlio di Heywood, Jasper, tradusse le prime tragedie di Seneca, si aprì in Inghilterra un nuovo capitolo per la tragedia che pretendeva di competere con la drammaturgia cinquecentesca del continente europeo. Le tragedie di Seneca furono il modello del più notevole dei drammi della corte di Elisabetta scritto da Thomas Norton e Thomas Sackville, Gorboduc (1562). Londra vantava di prosperità economica, mobilità sociale, slancio intellettuale, varietà e quantità della popolazione congiunti a una relativa stabilità politica e sociale; tali condizioni furono cruciali per il successo del teatro elisabettiano. Andare a teatro fu un’attività ricreativa che veniva ostacolata e fronteggiata, come ad esempio, dai religiosi, che ritenevano che le rappresentazioni teatrali che si tenevano nei giorni festivi sottraessero i fedeli alle funzioni religiose. Inoltre, si inveiva anche contro i travestimenti degli attori che recitavano ruoli femminili (alle donne non era ancora permesso recitare), perché ciò violava una proibizione biblica e sollecitava desideri erotici, sia eterosessuali che omosessuali. La regina amava assistere alle rappresentazioni teatrali fu fondamentale per lo sviluppo del teatro: le compagnie teatrali poteva contare sulla protezione del governo, facendo sì che lo stato dell’attore cambiasse da girovago e vagabondo a protetto dai potenti del regno. Tuttavia, il Privy Council (Consiglio privato della regina) aveva l’incarico di chiudere i teatri nel caso di un’epidemia di peste e, inoltre, il Master of the Revels (funzionario organizzatore di feste di corte) ebbe il compito di sottoporre tutti i copioni al suo vaglio prima di essere messi in scena. La conseguenza di ciò fu che solo alcune compagnie ricevettero la licenza di recitare, cioè quelle che avrebbero portato i loro spettacoli a corte. Le compagnie più importanti furono: Lord Chamberlain’s Men (di Shakespeare), Queen’s Man, Admiral’s Men, King’s Men. Per sottrarsi all’ostilità del governo cittadino, i primi teatri furono costruiti nella periferia di Londra; il primo fu il Theatre (1576) a Shoreditch, costruito da James Burbage. Nel 1599 venne costruito il celebre teatro di Shakespeare, il Globe. La struttura era quella di un grande anfiteatro di legno all’aperto con al centro un palcoscenico. La scenografia di questi primi teatri era quasi inesistente e gli attori dovevano contare sugli sfarzosi e stravaganti costumi per creare l’illusione della finzione. I drammaturghi di questo primo periodo si appellavano all’udito piuttosto che alla vita del pubblico, sfruttando al massimo la capacità della parola di evocare luoghi, cose e anche l’invisibile. L’assoluta novità del teatro pubblico inglese consiste nel fatto che esso fu la prima forma di intrattenimento organizzato che si finanziò attraverso il pagamento anticipato di un biglietto, e non ricevendo, com’era da tradizione, una ricompensa dopo lo spettacolo. Le compagnie funzionavano come corporazioni commerciali, i cui soci possedevo quote di partecipazione. Al drammaturgo non appartenevano i “diritti d’autore” dei propri drammi, che venivano comprati dalle compagnie, ed erano concepiti come sei semplici canovacci soggetti ai cambiamenti richiesti dalla recitazione e dall’improvvisazione. Ai drammaturghi non interessava la pubblicazione delle loro opere, ma bensì che esse piacessero al pubblico che, in quel momento, non era distinto da alcun ordine giuridico o sociale. Riassunti “Storia della letteratura inglese – Dalle origini al Settecento” P. Bertinetti Diletta Bertolucci Kyd A Thomas Kyd (1558-1594) è attribuita la paternità del teatro elisabettiano per un unico dramma: The Spanish Tragedy, che fu messa in scena al Rose nel 1592 e pubblicata anonima nello stesso anno. Si tratta di una tragedia di vendetta dove il personaggio principale, Hieronimo, decide di vendicare la morte del figlio Horatio. La tragedia di Kyd mira ad un effetto spettacolare e crea un “dramma d’azione” piuttosto che un “dramma di parole”. All’azione ben si adatta il tema della vendetta, nodo nevralgico intorno al quale ruota l’intera tragedia. Kyd fu il primo drammaturgo del teatro popolare a scrivere in blank verse (pentametro giambico). Marlowe Nacque nel 1564. Vinse una borsa di studio all’università di Cambridge dove fu notato e reclutato nei servizi segreti in un momento in cui, negli anni 80, si erano moltiplicati i complotti nei paesi cattolici contro il regno di Elisabetta. Venne coinvolto in una famosa congiura che finì con la decapitazione di Maria Stuarda nel 1587, e il conseguente tentativo della Spagna di invadere l’Inghilterra nel 1588. Nel 1593 venne assassinato a causa di una rissa scoppiata in una locanda e di una coltellata sferrata per caso. Marlowe aveva studiato i classici; scrisse il primo dramma insieme a Nashe, intitolato Dido, Queene of Carthage (1587) dove drammatizza l’episodio del quarto libro dell’Eneide che narra l’appassionata e tragica storia d’amore tra Didone ed Enea. Il suo primo successo teatrale è Tamburlaine the Great (1587-88) che racconta la storia eroica del pastore sciita Tamerlano che con i suoi soli meriti assurge al rango di imperatore del mondo. Le vittorie di Tamerlano fecero risuonare nelle orecchie del pubblico elisabettiano la vittoria appena conseguita sulla Spagna nel 1588. The Tragical History of Doctor Faustus (1590) narra di Faustus, uno studioso scontento che rifiuta il sapere accademico e la teologica cristiana di Wittemberg e si avventura nei sentieri pericolosi della nuova scienza. Il protagonista prende le sembianze di un negromante, perché è così che venivano visti gli scienziati e i filosofi della natura dell’epoca dei conflitti religiosi in Europa. The Jew of Malta (1592) ha come protagonista Barabas, un ricco e avido mercante ebreo, escluso dalla comunità politica dell’isola di Malta, facile metafora della Londra mercantile. Barabas, privato delle sue ricchezze, mette in atto numerosi stratagemmi allo scopo di vendicarsi, ma finirà male per lui. Egli incarna l’avidità dell’insorgente capitalismo e viene rivelata l’ipocrisia dei cristiani che dichiarano di disprezzare l’oro di cui sono avidi tanto quanto l’ebreo. Edward II (1592) è l’unico dramma di Marlowe. Edoardo II è un re innamorato, ingiustamente passato alla storia come “re debole”. Viene raccontata la vicenda scabrosa di un re inglese del 300 che perde il trono a causa di un amore doppiamente trasgressivo per un uomo socialmente inferiore. Hero and Leander (1598) è un poemetto che narra della storia di Ero e Leandro (ripresa nelle Heroides di Ovidio). Ero è la casta sacerdotessa del tempio di Venere che suscita un amore fatale capace di uccidere. Solo Leandro riesce a congiungersi con lei dopo aver attraversato a nuoto le pericolose acque del mare Ellesponto. La bellezza di Leandro è così assoluta da comprendere anche quella femminile. L’ambiguità sessuale di Leandro confonde Nettuno che lo corteggia prendendolo per Ganimede – coppiere e amante di Giove – mentre nuota nell’Ellesponto. Shakespeare William Shakespeare nacque a Stratford upon Avon nel 1564; frequentò la grammar school di Stratford. Sposò Anne Hathaway dalla quale ebbe 3 figli; lasciò la sua città natale per cercare fortuna a Londra, dove arrivò alla fine degli anni 80. La sua prima testimonianza è A Groatsworth of Wit, un pamphlet del 1592. Nei primi passi della sua carriera, Shakespeare lavorò come attore e dal 1594 cominciò a scrivere per la compagnia dei Lord Chamberlain’s Men che cambiò nome nel 1603 in King’s Men. Insieme alla compagnia raccolse un capitale sufficiente per costruire nel 1599 un nuovo teatro a sud del Tamigi, il Globe. Morì nella sua casa a Stratford nel 1616. Nessuno dei drammi di Shakespeare esiste in manoscritto. Tuttavia, il testo canonico a cui si fa generalmente riferimento è il First Folio, pubblicato da due attori della compagnia nel 1623. Questo libro, dedicato ai conti di Pembroke e di Montgomery e indirizzato alla great variety of readers (grande varietà di lettori) contiene Riassunti “Storia della letteratura inglese – Dalle origini al Settecento” P. Bertinetti Diletta Bertolucci tutti i drammi di Shakespeare a eccezione di Pericles e The Two Noble Kinsmen. Dei 36 drammi pubblicati nel folio, 18 erano apparsi durante la vita dell’autore in edizioni in quarto, più economici degli in folio, i cui fogli erano piegati due volte e formavano 4 pagine con 8 facciate. Titus Andronicus (1592) è una tragedia di vendetta ambientata a Roma nel IV sec, dove Shakespeare fa uso di una retorica magniloquente e mette in scena eventi che creano effetti sensazionali e spettacolari. Con il gusto per il sensazionalismo e in competizione con Marlowe, continua scrivendo i primi drammi storici: la cosiddetta trilogia di Henry VI (1588-91) e Richard III (1592). Shakespeare rielabora una notevole quantità di materiale storico derivato dalle Chronicles inglesi, mettendo in scena con creatività ed immaginazione i conflitti nobiliare del 400 che avevano forgiato la storia politica dell’Inghilterra. In Henry VI, le lotte civili tra la casa di York e la casa di Lancaster partoriranno Riccardo III, protagonista dell’omonima tragedia. Il gobbo Riccardo, duca di Gloucester, figlio della duchessa di York, si fa strada verso la corona, tramando e uccidendo chiunque si frapponga al suo scopo. Shakespeare sembra avere seguito come fonte principale The History of Richard III di Thomas More e le Chronicles di Raphael Holinshed, dove a liberare il regno dal male interviene Enrico, conte di Richmond, futuro Enrico VII. Quest’ultimo, riunendo le due case Lancaster e York, fondava la dinastia Tudor (1485). Richard III mette in scena l’energia diabolica del potere, mentre Richard II (1595) da inizio a una meditazione sulla legittimità della monarchia, che seguirà con la cosiddetta tetralogia di cui fanno parte King John (1596), le due parti di Henry IV, Henry V, e il più tardo All is True o Henry VIII (1613). Shakespeare ritorna indietro nel tempo, all’apparente ricerca dell’origine di quella catena di eventi efferati che condurranno alla guerra delle Due Rose e alla sua finale espiazione con l’unione delle due casate di York e Lancaster per opera di Enrico VII. Il peccato originale sembra volerlo trovare nell’atto dell’usurpazione del trono e la deposizione e uccisione del re Riccardo II da parte di Harry Bolingbroke, futuro Enrico IV. Al centro del dramma, però, non ci sono più trame politiche e guerre, ma la natura angosciata di un re complesso e diviso, inizialmente descritto come irresponsabilmente inadeguato alla conduzione del regno. Shakespeare si concentra sull’effetto che la perdita della corona produce sull’identità di Riccardo, spogliato della sua regalità e ridotto da corpo sacro a corpo naturale. Nella famosa scena della deposizione di Riccardo, egli manda in pezzi lo specchio, che, intero, non può riflettere l’immagine di un io interiore ridotto a pezzi. Al Bolingbroke divenuto Enrico IV dedica due interi drammi storici. Le due parti di Henry IV (1596/97) proseguono una riflessione sulla legittimità della corona e si indaga sulla formazione di un futuro re, perché, protagonista dei due drammi, non è tanto il re che dà loro il titolo, quanto il principe Hal, futuro Enrico V (il primo re mito della nazione inglese). Qui la Storia, con la lettera maiuscola, è affiancata e parodiata dalla storia di Hal e dei suoi amici, tra i quali si distingue Falstaff, il più celebre personaggio comico di Shakespeare. Nella scena finale della seconda parte di Henry IV, il re, appena incoronato, ripudierà l’amico e la sua vita giovanile. Henry V (1599) conclude il ciclo dedicato alla formazione del principe: il re-eroe della nazione si è infine maturato, liberandosi delle parti più basse di sé e del corpo sociale. L’Inghilterra unita dalla figura carismatica di Enrico, si accinge a consacrare il suo trionfo nazionale in terra straniera con la famosa battaglia di Agincourt (1415) contro la Francia. Al coro posto all’introduzione di ogni atto spetta il compito di indicare l’intenzione epica del dramma per permettere agli spettatori di usare la “forza dell’immaginazione” per allargare i confini del palcoscenico. Il corteggiamento da parte del re per Caterina, figlia del re di Francia, si inserisce in modo opportuno nel quadro di un’alleanza anglo-francese, che era fortemente auspicata negli anni in cui il dramma fu rappresentato. Quindi al centro dei drammi storici, ci sono i re e il suolo inglese. Nelle commedie, protagoniste assolute sono le donne, le cui storie si svolgono in Sicilia, a Venezia, a Verona, a Vienna, a Padova.  In The Two Gentlement of Verona si parla di due amici, Proteus e Valentine, innamorati di Silvia e di Julia. Questa commedia sembra mettere in chiaro che vizi e virtù sono facilmente ribaltabili e che sposso tocca proprio al vizio rivelare l’insipienza della virtù.  The Comedy of Errors (1594) sfrutta tutti gli ingredienti della commedia classica ed è basata sui Menaechmi di Plauto che narra la storia di due gemelli separati e ritrovati. Riassunti “Storia della letteratura inglese – Dalle origini al Settecento” P. Bertinetti Diletta Bertolucci  The Twelfth Night, or What You Will (1601)  Measure of Measure (1604) è catalogata insieme alle commedie, ma l’atmosfera fosca e chiusa delle vicende le ha guadagnato il titolo di dark comedy o di problem play. La commedia presenta una delle situazioni emotive più conturbanti dei drammi shakespeariani Il potere assoluto del sovrano che nei drammi storici era stato festeggiato e auspicato come la migliore o unica forma di governo che potesse porre rimedio alle feroci guerre civili del Medioevo, diventa argomento tragico di drammi dei primi anni del 600. Tema prediletto delle tragedie di Shakespeare è il regicidio.  Julius Caesar (1599) si rivolge alla fonte storica delle Vite parallele di Plutarco. La storia di Cesare, ucciso al culmine del suo potere, rendeva possibile affrontare la questione dibattuta della tirannia e della legittimità del regicidio: un re è tiranno quando segue il suo capriccio e non la ragione e quando non agisce per il bene del popolo.  Macbeth (1606): La vicenda è ambientata nella Scozia del Medioevo e si apre durante una furiosa tempesta che imperversa sulla brughiera. Macbeth, signore di Glamis, e Banquo, suo amico, sono due generali di re Duncan di Scozia. Essi hanno appena sconfitto in battaglia l’usurpatore Macdonwald, che, con il signore di Cawdor, si era messo a capo degli eserciti di Irlanda e Norvegia. Macbeth e Banquo, di ritorno dal campo di battaglia, incontrano tre streghe che predicono loro il futuro: Macbeth sarà signore di Cawdor e successivamente re di Scozia, mentre Banquo sarà progenitore di una stirpe di re. Nel momento in cui le streghe scompaiono i due vengono raggiunti da un messo regale, che annuncia la nomina di Macbeth a signore di Cawdor, dopo che questi è stato deposto e condannato a morte, in ricompensa del valore dimostrato in battaglia. Macbeth allora si rende conto che le streghe hanno detto il vero e in una lettera ne informa la moglie, la perfida Lady Macbeth. Al castello di Inverness, dove Macbeth e Banquo sono ricevuti con tutti gli onori da re Duncan, quest’ultimo li informa della decisione di nominare suo figlio maggiore Malcolmcome erede della corona; Macbeth vede quindi un ostacolo sulla strada del compimento della profezia. Lady Macbeth, divorata dall’ambizione, decide di cogliere l’occasione al volo e progetta di assassinare il re. Macbeth inizialmente rifiuta di commettere un regicidio ma, succube della moglie, decide infine di commettere il delitto. Dopo il suo assenso, Macbeth ha un’allucinazione in cui compare un pugnale insanguinato. Fatte ubriacare le due guardie della stanza di Duncan, Macbeth si intrufola nella camere e uccide il re. Lady Macbeth lascia poi dei pugnali insanguinati accanto alle guardie prive di sensi, per far ricadere la colpa su di loro. Dopo l’omicidio, Macbeth subisce un crollo psicologico, ossessionato dalla colpa che ha commesso ma comunque incapace di pentirsi. La mattina successiva giungono a Inverness i nobili Macduff e Lennox, che insieme a Macbeth scoprono il cadavere di Duncan. Dell’omicidio vengono incolpate le guardie, che Macbeth, in un attacco di rabbia abilmente simulato, uccide per metterle definitivamente a tacere e non compromettere i propri piani. Alla notizia della morte del padre, l’erede al trono Malcolm e il fratello minore Donalbain, temendo per la propria incolumità, fuggono rispettivamente in Inghilterra e in Irlanda, diventando così i principali sospetti per l’omicidio del padre. Macbeth viene così nominato re, sebbene MacDuff nutra dei sospetti sul suo conto. Il protagonista è tuttavia roso dal dubbio: nella profezia delle streghe, infatti, è Banquo colui che genererà una stirpe reale. Per questo, Macbeth decide di eliminare l’amico e ingaggi dei sicari per uccidere lui e il figlio Fleance mentre sono impegnati in una cavalcata notturna. Banquo muore nell’imboscata, mentre Fleance si dà alla fuga. Macbeth, furioso per il fatto che un erede dell’avversario sia ancora vivo, si reca comunque al banchetto che aveva indetto per quella sera stessa: a tavola, trova però ad aspettarlo il fantasma di Banquo, che solo lui può vedere. Il suo equilibrio psichico, già scosso dall’assassinio commesso, non riesce a reggere l’emozione e così Macbeth dà in escandescenze contro il fantasma del vecchio Riassunti “Storia della letteratura inglese – Dalle origini al Settecento” P. Bertinetti Diletta Bertolucci amico, mentre tutti gli ospiti lo guardano come se fosse impazzito. Lady Macbeth, dopo aver spiegato che il marito è gravemente malato, congeda i partecipanti al banchetto. Macbeth dunque, in preda al terrore, torna a consultare le streghe, da cui ottiene tre profezie orrifiche: nella prima, la testa decapitata di un cavaliere lo metta in guardia da Macduff; nella seconda, un bambino insanguinato gli assicura che non potrà essere ucciso da alcun uomo nato da una donna; nella terza, un fanciullo che stringe in mano un albero gli spiega che egli cadrà quando la foresta di Birnam si sposterà al castello di Dunsinane. L’improbabilità delle profezie tranquillizza Macbeth, che però decide di eliminare Macduff. Dato che il nobile è fuggito in Inghilterra, dove ora appoggia Malcolm per spodestare Macbeth, quest’ultimo massacra la moglie e i figli del rivale. Dopo questi enensimi omicidi, anche Lady Macbeth comincia ad avvertire il peso di tanti crimini e, in una sequenza in cui è sonnambula, cerca ossessivamente di lavar via dalle proprie mani il sangue dei lutti che ha causato. Macbeth si reca al castello di Dunsinane, dove lo raggiunge la notizia del suicidio di Lady Macbeth, che getta il protagonista nel più cupo sconforto, come emerge dal suo famoso monologo sulla vita dell’uomo, che appare breve, assurda e priva di senso, angustiata da inutili occupazioni. Nel frattempo Macduff, desideroso di vendetta, e Malcolm, che ha radunato un esercito supportato anche dai nobili scozzesi, muovono guerra contro Macbeth. Le truppe di Malcolm si accampano nella foresta di Birnam, dove si mimetizzano con dei rami tagliati dagli alberi. Come le streghe avevano predetto, la foresta di Birnam si sta muovendo contro Macbeth, che è comunque sicuro di vincere la battaglia. Tuttavia, le forze di Malcolm sono predominanti, e così si giunge allo scontro finale tra Macduff e Macbeth. Quest’ultimo invoca l’oracolo delle streghe, per cui nessun “nato da donna” potrà sconfiggerlo, ma Macduff rivela di essere nato da un parto cesareo. Macbeth capisce di essersi ingannato, ma continua a combattere; sconfitto, viene decapitato da Macduff, che ristabilisce l’ordine e fa salire sul trono Malcolm. I futuri sovrani di Scozia - come previsto dalla profezia delle streghe - saranno la discendenza di Fleance, figlio di Banquo.  Hamlet (1601): al centro della tragedia sta l’impossibilità del figlio del re di rimediare ai torti subiti. Il regicidio avviene prima che il testo abbia inizio e viene raccontato dal padre di Amleto che gli appare sotto forma di fantasma. Egli è stato ucciso da suo fratello Claudio, per poi appropriarsi della corona e della regina Gertrude. Per vendicare il padre, Amleto si finge pazzo mettendo a soqquadro l’intera corte, ripudiando l’amata Ofelia e suscitando il sospetto di Claudio. In seguito all’omicidio involontario di Polonio padre di Ofelia, Amleto viene mandato in esilio in Inghilterra dove riesce a sventare il tentativo di Claudio di farlo uccidere. Lo ritroviamo nel 5° atto in Danimarca, dove apprendere che Ofelia, impazzita, si è annegata. Il fratello di Ofelia, convinto da Claudio, sfida Amleto in un duello truccato poiché la punta della sua spada è intinta nel veleno. Il duello finisce per essere una trappola per l’intera corte: Claudio, Gertrude, Laerte e Amleto muoiono in un’ultima caotica carneficina. Non è dalla pietà o dal terrore che lo spettatore è preso vedendo/leggendo la storia di Amleto, ma dalla stessa passione esegetica che anima il suo protagonista. Tragedie e pathos:  King Lear (1608)  Othello (1604)  Antony and Cleopatra (1607)  Coriolanus (1607/08) Dal 1607 Shakespeare sembra imboccare una nuova strada, quella dei romances che ritornano alle tematiche delle commedie degli anni 90. L’asse dell’interesse si sposta però dai figli ai genitori, e più specificamente ai padri.  Pericles (1608) Riassunti “Storia della letteratura inglese – Dalle origini al Settecento” P. Bertinetti Diletta Bertolucci  The Winter’s Tale (1611)  Cymbeline (1610/11)  The Tempest (1611) Queste opere hanno in comune l’impianto fiabesco, un’ambientazione fantastica, un rapporto turbato tra padri e figli risolto grazia alla magia. L’esito delle storie è sempre felice, ma più delle commedie i romances hanno una decisa colorazione politica. Tra questi il dramma forse più ricco è The Tempest: è ambientato in un’isola deserta, dove il mago Prospero, duca di Milano spodestato dal fratello Antonio, è approdato dopo un lungo viaggio insieme con la figlia Miranda. In quest’isola abitano lo spirito Ariel e Calibano, figlio della strega Sycorax. Il titolo fa riferimento alla tempesta che Prospero suscita con la sua magia procurando il naufragio della nave a bordo della quale si trova l’usurpatore Antonio. L’isola di Prospero è ovvia metafora dell’isola d’Inghilterra, più precisamente della corte di Giacomo. La poesia:  Venus and Adonis (1592) è ispirato al decimo libro delle Metamorfosi di Ovidio. Il poemetto racconta la storia di Venere e Adone  The Rape of Lucrece (1594) è basato sui Fasti di Ovidio. Narra la storia, realmente avvenuta, dello stupro della romana Lucrezia, moglie di Collatino, da parte di Sesto Tarquinio, membro di una famiglia nobile di Roma, e del conseguente suicidio di lei.  Sonnets (1609): la poesia di Shakespeare raggiunge il suo più alto compimento. Dei 154 sonetti, i primi 126 sono dedicati a un fair youth, i rimanenti fino al sonetto 152 sono invece dedicati a una dark lady, gli ultimi 2 hanno per argomento Cupido. I Sonnets si distinguono per vari motivi: la maggior parte di essi non sono rivolti a una donna, ma ad un uomo; laddove essi si rivolgono a una donna, essa ha fattezze tutt’altro che angelicate; ne uno ne l’altra hanno un nome. I primi 17 sonetti non corteggiano il fair youth, ma lo invitano a sposarsi e a procreare: la sterilità è per Shakespeare il male peggiore; il tema della progenie come mezzo per superare il breve corso temporale della vita individuale è presto sostituito dal tema dell’arte, perché essa sopravvive alla morte. Il poeta entra in lotta con il “tempo divoratore” della giovane bellezza dell’amico. Alla dark lady sono dedicati i sonetti 127-52: questa donna è insieme inferno e paradiso, e l’amore del poeta per lei è come una “febbre” che lo rende “pazzo frenetico” di cui vorrebbe sbarazzarsi. La lussuria è un male tuttavia inevitabile e accomuna tutti gli esseri umani nel bene e nel male. I sonetti dedicati alla donna cambiano la lingua che da platonica e ideale, diventa aggressiva, concreta e materiale. Shakespeare sfrutta tutte le rigide convenzioni del sonetto per ribaltarle, trasformandole in un nuovo linguaggio meditativo con il quale da voce alla sua interiorità. Pur mantenendo la forma ereditata da Surrey (3 quartine e un distico finale), quasi tutti i sonetti presentano una struttura logico- argomentativa che li divide in una ottava, dove è svolta la prima parte dell’argomento, e una quartina, che introduce un argomento oppositivo, riprendendo così sul piano semantico la primitiva forma petrarchesca. Il distico finale raccoglie quasi sempre i significati contrastanti presentati nelle prime due parti, riconciliandosi o mostrandone, il più delle volte, l’inconciliabilità. Dopo la sua ascesa al trono, Giacomo dette il suo nome e la sua protezione alla compagnia teatrale di Shakespeare, che cambiò nome in King’s Men. L’ascesa al trono d’Inghilterra di Giacomo I Stuart, figlio della cattolica Maria Stuarda, a lei succeduti nel regno di Scozia, significò l’unione delle due corone. La sua saggia politica internazionale gli valse il titolo di “rex pacificus”. Egli, però, non ottenne lo stesso consenso universale di Elisabetta: era un uomo nevrotico e collerico; soffrì anche di mania di persecuzione al punto che si convinse che centinaia di streghe cospirassero verso di lui. Di questa mania rimangono tracce evidenti in un suo trattato, Demonology (1597), e anche nelle streghe che appaiono in Macbeth. Giacomo si fece carico di proteggere le arti e rese la sua corte il centro di sfarzose cerimonie. Tra gli intrattenimenti più noti furono i masques (già noti alla corte di Elisabetta, ma che con Giacomo raggiungono Riassunti “Storia della letteratura inglese – Dalle origini al Settecento” P. Bertinetti Diletta Bertolucci tradisce, egli ha tutto il diritto di disporre della sua vita allo stesso modo in cui il sovrano lo ha di fronte al tradimento di un suo suddito. Le tragedie che avevano come protagonisti membri dell’aristocrazie dovevano obbligatoriamente essere ambientate fuori dai confini del regno. L’Italia era il paese ideale per “estraniare” contenuti politici e religiosi compromettenti, perché le sue corti erano divenuti nel’immaginario inglese dell’epoca come luoghi dove era possibile che accadessero tutti gli eventi sanguinosi e truculenti per i quali il pubblico aveva una predilezione e che era sconveniente attribuire alla popolazione inglese. I drammi di John Marston (1576-1634) sono anch’essi popolati da personaggi melanconici e vendicativi, ma l’interesse dell’autore per la satira rende impraticabile una netta definizione del genere a cui appartengono i due drammi Antonio and Mellida (1599) e Antonio’s Revenge (1599). Le tragedie di George Chapman sono invece ambientate nella corte della Francia, non meno machiavellica di quelle italiane. Un esempio è Bussy D’Ambois (1604). Webster In Italia, sono ambientate anche due tragedie di John Webster (1580-1625). The Duchess of Malfi (1613) viene definita il capolavoro delle tragedie dell’epoca giacomiana. La storia della duchessa di Amalfi la trovò nel rifacimento inglese di una novella di Matteo Bandello che raccontava un fatto realmente avvenuto. La duchessa sposa in segreto del suo maggiordomo Antonio suscitando l’ira e la persecuzione dei fratelli che finirà con il suo imprigionamento e la sua morte. A prima vista si tratta si una storia di ribellione femminile alla domanda di obbedienza del decoro sociale e dell’ordine patriarcale. Ma a ben guardare, l’autore presenta in contrapposizione la duchessa da una parte e i fratelli dall’altra, già prima che venga stipulato il matrimonio. La duchessa si staglia come personaggio virtuoso e luminoso di fronte alla maligna natura dei due fratelli Ferdinando e il Cardinale. Contro il carattere brutto dei fratelli, rappresentanti di un’aristocrazia reazionaria e fondamentalmente malata, prendono rilievo le virtù della sorella: eroina di una femminilità appassionata, fiera e nobile. L'azione si svolge nei primi anni dei XVI secolo ad Amalfi, Roma e Milano. Ferdinando, duca di Calabria, e il fratello cardinale non vogliono che la loro sorella duchessa d'Amalfi, vedova, passi a nuove nozze perché — come sarà spiegato alla fine — sono gli unici eredi delle sue ricchezze; inoltre il duca nutre per la sorella una morbosa gelosia. La sorella, tuttavia, ama Antonio, il maggiordomo di corte, e lo sposa in segreto. I fratelli, che vivono a Roma, apprendono la notizia del matrimonio della duchessa e della nascita di un erede, da Daniele Bosola, sovrintendente ad Amalfi alle scuderie della duchessa e spia di Ferdinando. Irato, il duca dapprima vorrebbe far uccidere la sorella, poi decide di rimandare il delitto per conoscere il nome del marito: si reca ad Amalfi, insulta la sorella e le dona un pugnale perché si uccida. La duchessa decide di fuggire col marito ad Ancona. Si era confidata tuttavia ingenuamente con la spia Bosola, rivelandogli che Antonio è suo marito; grazie alla delazione di Bosola la duchessa e il marito sono raggiunti a Loreto, e mentre Antonio riesce a mettersi in salvo dirigendosi verso Milano, la duchessa viene catturata, per ordine dei fratelli, e rinchiusa in una cella del castello dove Bosola la strangola. Dopo il delitto, il duca impazzisce. Bosola, incaricato dal cardinale di uccidere Antonio, si reca a Milano; tormentato dal rimorso, per riabilitarsi decide di salvare la vita ad Antonio, ma per un errore uccide proprio colui che voleva salvare. Disperato e furioso Bosola allora uccide il cardinale; viene a sua volta pugnalato dal duca, che tuttavia riesce a uccidere prima di morire egli stesso per le ferite. The White Devil (1609) si apre con la dedica al lettore, dove Webster rende noto il debito nei confronti di autori a lui contemporanei come Jonson, Shakespeare, Fletcher e altri. Webster attribuisce al gruppo dei suoi amici drammaturghi la professionalità e l’autonomia artistica che si erano guadagnati. In questa tragedia non c’è un eroina, la trama è molto più intricata e veloce e i personaggi non sono mai quello che appaiono. Ford Il periodo del regno di Carlo I vide l’affermazione di due drammaturghi. Riassunti “Storia della letteratura inglese – Dalle origini al Settecento” P. Bertinetti Diletta Bertolucci John Ford (1586-1639): le sue tragedie presentano un universo meno conturbante, dal quale sembrano sparite quelle personificazioni del male che avevano caratterizzato il teatro giacomiano. The Broken Heart (1633) ha come tema centrale in tutta l’azione l’onore, che è il valore per il quale gli eroi della tragedia mantengono un controllo dei loro desideri e un coraggioso comportamento. ‘Tis Pity She’s a Whore (1633) ha come tema l’incesto, che prima non era mai stato argomento centrale di una tragedia. Della passione incestuosa dei 2 personaggi viene mostrato l’aspetto delicatamente profondo e fragile di 2 anime, piuttosto che di 2 corpi. The Cronicle History of Perkin Warbeck; A Strange Truth (1634) ripropone il genere del dramma storico. Il protagonista è il pretendente al trono che tenta di far valere le sue ragioni di fronte a Enrico VII Tudor. James Shirley (1596-1666) rappresentò la continuità tra il teatro di Carlo I (succeduto a Giacomo nel 1625) e il teatro di Carlo II. Convertito al cattolicesimo, Shirley fu protetto dalla regina Henrietta Maria, moglie di Carlo I. Furono particolarmente le sue commedie ad avere successo, come The Lady of Pleasure (1635), che racconta la storia di una moglie convinta a rinunciare alla sua ambizione per la vita di società dalla pretesa del marito di condurre una vita di gioco e galanterie, The Changes (1632) e Hyde Park (1632). Queste sono tutte commedie che manifestano la preferenza di Shirley per i comportamenti signorili e per le classi sociali che li usano. La sua ideologia conservatrice e idealista è evidente nei masques scritti per Carlo I e sua moglie e nelle sue 4 tragedie: The Traitor (1631), ambientata a Firenze il cui duca corrotto viene deposto dall’ambizioso e machiavellico Lorenzo, Love’s Cruelty (1631), uno studio intenso su una passione illecita, The Cardinal (1641), considerata la sua opera migliore. IL 600 Il 600 inglese è il secolo aperto dall’ascesa al trono di Giacomo I di Stuart, che univa nella sua persona le corone di Scozia, Inghilterra e Irlanda. Gli succedette nel 1625 il figlio Carlo I, il cui contrasto con il Parlamento riuscì a coalizzare contro di lui si i proprietari terrieri, sia la borghesia delle città. Il motivo dell’opposizione al re fu fornito dall’ideologia religiosa, quella puritana, e dalle capacità militari e organizzative di Oliver Cromwell, che condusse l’esercito parlamentare alla vittoria contro le truppe reali. Carlo I fu giustiziato nel 1649 e venne proclamata le repubblica; ma pochi anni dopo (1653), Cromwell fu nominato Lord protettore del nuovo Stato, che si trasformò così in una sorta di dittatura, sostenuta dal settore moderato dei puritani. Scomparso Cromwell, venne restaurata la monarchia con Carlo II (1660-1685) che, come suo padre, nel tentativo di instaurare una monarchia assolutistica, venne a trovarsi in opposizione con il Parlamento. Quando gli succedette il fratello, Giacomo II, anch’egli promotore delle stesse idee, la situazione precipitò. Nel 1688 il Parlamento depose il re ed affidò la corona a Maria, sua figlia, e al marito Guglielmo d’Orange (Glorious Revolution). L’Inghilterra divenne una monarchia costituzionale: i nuovi sovrani, prima di essere incoronati, giurarono su uno statuto che stabiliva i diritti del Parlamento e le libertà civili (Bill of Rights), mentre la vita politica si strutturava intorno alla contrapposizione tra i 2 partiti dei Wighs e dei Tories (conservatori). La poesia L’età giacomiana e carolina Il quadro della lirica composta nella prima metà del 600 è disegnato su una bipartizione tra due tendenze, Metaphysical e Cavalier, originate dall’influenza di due poeti, John Donne e Ben Jonson. L’appellativo storico-culturale di Cavalier allude a un dato politico e sociale – l’associazione di certi poeti con la corte di Giacomo o di Carlo I e con la parte politica realista – e un elemento fondamentale di contenuto, cioè la celebrazione di istituti ideali o valori che sono propri della cultura aristocratica durante la prima metà del 600. Dal punto di vista della forma, la poesia dei Cavalieri si modella sui componimenti del “caposcuola” Ben Jonson, sugli esempi della grande classicità e in particolare sui latini (Orazio, Virgilio, Giovenale). Metaphysical è un tema più specificamente letterario e viene applicato a John Donne e ai suoi “seguaci” dalla critica neo-classica. Le caratteristiche determinanti sono la concentrazione semantica, il wit (spirito, arguzia, acume, forza intellettuale), l’uso del conceit (metafora ardita, accostamento ricercato), il frequente Riassunti “Storia della letteratura inglese – Dalle origini al Settecento” P. Bertinetti Diletta Bertolucci uso di immagini mutuate dalla filosofia o dalle scienze, il carattere drammatico dell’enunciato. Le liriche seicentesche di questo tipo tendono il più delle volte ad essere etichettate come “metafisiche”. Donne I Songs and Sonnets di John Donne (1572-1631) sono una raccolta di liriche amorose. In primis, egli imita Petrarca. Al centro dei sonetti non esiste una donna unica, la quale sia insieme oggetto della rappresentazione e dell’emozione e prima destinataria dichiarata nel discorso amoroso. Il soggetto della comunicazione amorosa si pluralizza, tanto da esprimere atteggiamenti anche fortemente contradditori fra di loro. Tra un componimento e l’altro manca anche un’omogeneità metrica: ciascuna poesia raggiunge autonomamente una propria specifica struttura di forma e contenuto. Caratteristica dei Songs and Sonnets non è la centralizzazione dell’oggetto, ma bensì dell’esperienza dell’amore; l’universo completo e autosufficiente generato dagli amanti tra di loro è assolutamente separato, privo di qualunque relazione con ogni altro mondo, ogni altra sfera di esperienza umana, e il discorso d’amore è intraducibile nei termini di qualsiasi altro discorso. Contemporanee a quest’opera sono un gruppo di elegie di argomento amoroso e 5 satire. Quasi tutte le elegie si rifanno all’Ovidio degli Amores, esplorando relazioni governate da un erotismo privo di sensi si colpa, che esclude l’idealizzazione ma non necessariamente l’affettività e alterna il distacco e ironia agli accenti della passione. Le satire sono tra i primi componimenti del genere in Inghilterra. Il pessimismo sociale che emerge dalle satire si approfondisce in anni più maturi nella visione del disordine e disfacimento universale tratteggiata dai due Anniversaries (1611/12), scritti per commemorare l’aristocratica quattordicenne Elizabeth Drury. Con i Divine Poems (1606-1631) la poetica di Donne si avvia verso il misticismo. Quest’opera comprende anche due serie di sonetti e un piccolo gruppo di inni e meditazioni sulla natura paradossale dell’esperienza di un cristiano nel mondo. La fine del primo decennio del secolo segna la rinuncia di Donne alla poesia amorosa, ed è lui stesso, in una lettera del 1619, a distanziare il sé attuale dal “vecchio” Donne. La scrittura del “secondo” Donne fa dell’interiorità un valore assoluto. Tutti gli elementi tipicamente “metafisici” sono presenti anche nella poesia sacra, dove l’io spessa interpella Dio esattamente negli stessi modi e con gli stessi toni che caratterizzano il rivolgersi all’amante nei Song and Sonnets. Gli Holy Sonnets (1609/17, pubblicati 1633/35) pongono Dio come l’altra parte in un vero e proprio rapporto d’amore. Il tema centrale è il rapporto fra il singolo cristiano e un Dio irraggiungibile da qualunque slancio intellettuale o emozionale, e quindi destinatario ideale di raffinate argomentazioni. Herbert I toni e i modi in cui l’io di Donne si rivolge a Dio riappaiono quasi immutati in The Temple: Sacred Poems and Private Ejaculations (1633) di George Herbert (1593-1633). Qui il tempio è il corpo dell’uomo come luogo fisico dell’anima di Dio. The Altar è la prima lirica della raccolta. Il tempio è la Chiesa anglicana come istituzione, necessaria struttura di mediazione fra divino e umano ed è il luogo dove si attua la saldatura della devozione individuale al culto collettivo. The Temple inventa una nuova modalità di mediazione tra il particolare del singolo componimento e la globalità della struttura, tra il frammento e il frame. Nell’insieme della raccolta vengono utilizzati oltre 100 differenti tipi di strofe, la maggior parte dei quali costruiti appositamente. The Temple genera attraverso la ripetizione di temi, di titolo e di elementi formali, un suo ben preciso ritmo complesso di scansione delle geometrie. Viene opposto alla linearità e narratività caratteristiche della sequenza elisabettiana un nuovo master-trope, o modello di rappresentazione, tipicamente seicentesco: la raccolta di Herbert traduce il “tempo” dell’esperienza umana in “spazio”, facendo letteralmente luogo di una molteplicità di percorsi possibili, in cu si danno come sole invarianti il punto di partenza e il punto d’arrivo, l’entrata e l’uscita. Di notevole rilievo sono la critica verso l’arte che cerca la sua ispirazione nelle cose di questa terra e la sfiducia nella retorica come strategia della distorsione. Ma ciò non comporta né svalutazione del mondo, la cui pienezza, armonia e bellezza sono per l’io ricorrenti fonti di piacere e sorpresa, né perdita di status per un’arte capace di identificare correttamente il proprio oggetto. È proprio questo tipo di arte che mette in Riassunti “Storia della letteratura inglese – Dalle origini al Settecento” P. Bertinetti Diletta Bertolucci particolare, la sfrenatezza erotica. Su tali caratteri Milton, che ne fa il figlio di Bacco e della maga Circe, innesta i poteri magici ereditati dai genitori. L’epica rappresentava nel 600 il sogno di ogni letterato che aspirasse a costruire di sé un’immagine d’eccellenza. Paradise Lost (1667) fonde il tema tragico della Caduta con la forma epica. Questa fusione è connessa con gli eventi storico-culturali dell’epoca, dalla chiusura dei teatri che vanificava temporaneamente la ricerca di affermazione di un autore come drammaturgo, all’inasprirsi del conflitto politico e ideologico, che rendeva difficilmente immaginabile per uno scrittore schierato con il Commonwealth puritano la composizione di un poema in cui si celebrassero i valori della monarchia e della cultura di corte. La scelta di Milton di utilizzare il blank verse è per l’ambizione di ricollegarsi direttamente alla tradizione omerica e virgiliana, e anche per rendere omaggio all’”austerità” letteraria promossa dai puritani, per i quali la rima è in genere un mero tratto decorativo e come tale moralmente ed esteticamente criticabile. L’argomento di Paradise Lost appartiene all’ambito del genere tragico e si configura come un ribaltamento dell’epica: l’epica canta di vittorie, conquiste e riconquiste, mentre questo poema è tutto imperniato su una sconfitta e, in una prospettiva cristiana, sulla sconfitta per antonomasia, in quanto perdita per l’intera umanità della felicità originaria. In Paradise Lost, la Caduta si pone come archetipo e paradigma di tutte le altre cadute, e l’uomo-individuo Adamo che riassume e preannuncia in sé – e in Eva, in cui si rispecchia – la totalità del genere umano a venire, maschile e femminile. I 12 libri dell’opera, da un lato allargano i confini dell’epica rispetto ai grandi modelli del passato, dall’altro ne mantengono alcune convenzioni tra le più importanti: la necessità che la vicenda narrata sia talmente significativa da costituirsi per un’intera nazione o comunità come un momento di ricostruzione alla propria identità attorno a valori condivisi e in opposizione a ciò che li vorrebbe negare. Il primo libro, avviando la narrazione in medias res, ci apre la visione del primo risveglio degli angeli caduti nell’inferno, appena creato nel fondo dell’universo per delimitare il Male di cui essi si sono fatti portatori (gli antefatti vengono riferiti più tardi). Gli sbalzi temporali nell’opera risalgono alle tradizioni epiche, ma anche alla nozione cristiana della non-linearità del tempo.  Samson Agonistes (1671): poema drammatico e tragedia  Paradies Regained (1671) La Restaurazione e Dryden Per quanto negli anni della Restaurazione la Bibbia rimanga un punto di riferimento fondamentale per i letterati e per quanto la produzione testuale rispecchi ancora uno spiccato interesse per le questioni religiose, il mutamento culturale è tale da condurre a un’estinzione totale della linea metafisica. Abraham Cowley (1618-1667): la sua raccolta di poesie amorose, The Mistress (1647) e le altre liriche raccolte nei Poems (1656) e nei Works (1668) prendono le mosse da Donne, ma sono destinate a scopi più sociali e pubblici. Il poema epico biblico Davideis (1656) il classicismo dell’autore si manifesta nel suo richiamarsi a Virgilio e, nell’ambito della lirica, egli cerca di riscoprire e portare in auge forme neglette come l’anacreontica e l’ode pindarica. E sono proprio le sue Pindarique Odes (1658) e esercitare un’influenza sui poeti della fase successiva. La crisi dell’epica convenzionale sembra favorire l’emergere del poema eroicomico e burlesco negli anni successivi alla Restaurazione. Samuel Butler (1612-1680), nel suo Hudibras, utilizza le convenzioni eroicomiche come veicolo di una satira che investe tutta la storia recente dell’Inghilterra. Un genere di satira è prodotto negli stessi anni da uno dei personaggi più in vista della corte di Carlo II, John Wilmot. Nelle sue satire ed epistole meglio si manifesta la sua prospettiva pessimistica sulla società del proprio tempo e sugli esseri umani in genere. John Dryden (1631-1700) esordisce con un’elegia, Upon the Death of Lord Hastings (1649). Dryden celebra l’ascesa al trono di Carlo II con un panegirico, Astraea Redux, dove si definisce la sua visione politica, nettamente monarchica e conservatrice. Annus Mirabilis (1666) è un poema storico di contenuto epico, che celebra la vittoria navale sugli Olandesi. L’opera esce quasi contemporaneamente a Paradise Lost, di cui Dryden riconosce la grandezza e contribuisce a stimolare il lui la riflessione sulla natura dell’epica e sulla praticabilità di questo genere Riassunti “Storia della letteratura inglese – Dalle origini al Settecento” P. Bertinetti Diletta Bertolucci letterario. Tra le grandi satire legate alle polemiche letterarie e politiche, spicca Mac Flecknoe (1682). Anche Absalom and Achitophel (1681) utilizza le modalità dell’epoca per sferrare un attacco satirico. In questi anni Dryden affronta per la prima volta in maniera complessiva la questione religiosa componendo Religio Laici (1682). Nella favola allegorica The Hind and the Panther (1687) si rende pubblica l’adesione dell’autore al cattolicesimo, fase conclusiva di un itinerario spirituale complesso, partito dal puritanesimo degli anni giovanili, e approdato ora a un grado di convincimento sufficiente a impedirgli si seguire gli altri convertiti nel ritorno al protestantesimo. La prosa Wroth e Behn Nella letteratura di fine secolo c’è un abbandono dei terreni dell’interiorità e dell’introspezione. Il 600 è un secolo poco favorevole al racconto “puro”: in questo contesto l’evasione dal quotidiano e la creazione fantastica di spazi di rifugio dalla conflittualità del mondo reale, rientrano spesso nella lirica breve, piuttosto che nella costruzione di narrazioni credibili in testi lunghi, in versi o in prosa. Lady Mary Wroth (1586-1651) è un personaggio di grande rilievo alla corte di Giacomo I. La sua Countess of Montgomery’s Urania (1621) è un lungo romance pastorale composto da una serie di racconti intrecciati. La scrittura guarda al recente passato elisabettiano, più che alla contemporaneità, così come fanno le vicende narrate. In esse mondo arcadico e mondo cavalleresco, servono in primo luogo, a generare un’autorappresentazione di rapporti e modi di vivere negli ambienti di corte. Un’impronta nuova è data dalla “femminilizzazione” del romanzo, che ha per protagonista una donna. Mary Wroth disegna personaggi di donne dotate di grande nobiltà d’animo e poco a loro agio tra le costrizioni e le imposizioni sociali e famigliari di un contesto nettamente patriarcale che le vorrebbe forzare alla passività e alla rassegnazione. Non più “oggetti” d’amore, queste donne si vedono assegnare per la prima volta una soggettività piena, il diritto di manifestare le proprie emozioni. Ad Aphra Behn (1640-1689) si devono due opere narrative significative per l’evoluzione verso il novel. Love Letters between a Nobleman and His Sister (1684) è il primo romanzo epistolare inglese, caratterizzato dall’approfondimento psicologico e dall’autocoscienza della protagonista. L’elemento introspettivo costituisce una novità, accentuata dallo sforzo realistico e dalla ricerca della verosimiglianza nella rappresentazione dei rapporti umani. Il romanzo breve Oroonoko, or The Royal Slave (1688) è un testo fortemente autobiografico. La storia si presenta attraverso una narrazione in prima persona, dove la narratrice si caratterizza anche come testimone oculare della parte conclusiva e più tragica della vicenda. Racconta la storia di Oroonoko, nipote di un sovrano africano, che si innamora di Imoinda, la figlia del maggiore dei generali del re. La giovane piace pure al sovrano il quale le dà il velo sacro e la forza a divenire una delle sue spose. Dopo aver trascorso malvolentieri del tempo nell'harem del re (l'Otan) Imoinda e Oroonoko pianificano la fuga con la complicità di Onahal e Aboan. Vengono tuttavia scoperti e quando Imoinda dice di preferire la morte a un matrimonio col vecchio tiranno, questi, furioso per l'affronto, la fa vendere come schiava. Oroonoko invece è adescato in una trappola ed è catturato dal cinico capitano inglese di un vascello negriero. I due prigionieri vengono condotti in Suriname, allora una colonia britannica delle Indie occidentali con un'economia basata sulle piantagioni di canna da zucchero. Quindi verranno loro assegnati dei nuovi nomi cristiani: Caesar a lui e Clemene a lei. Pur schiavi, Oroonoko e Imoinda riescono a rivedersi, ma il ricongiungimento è nuovamente minacciato: la bellezza della giovane ha attirato le indesiderate attenzioni del vicegovernatore della colonia, Byam. Caesar (Oroonoko) organizza una rivolta di schiavi. I rivoltosi sono procacciati dai gendarmi e obbligati alla resa mentre Byam promette loro un'amnistia. Una volta fugato il pericolo Byam fa fustigare l'organizzatore della rivolta, Oroonoko, il quale, ottenebrato dalla collera e dalla smania di vendicare il suo onore, decide di assassinare il vicegovernatore. Ma poi decide di uccidere pure l'amata Imoinda perché teme che essa possa subire delle violenze e delle angherie dopo che lui sarebbe stato condannato a morte. I due amanti si incontrano in un bosco, discutono assieme sul da farsi e Imoinda si mostra favorevole al disegno dell'amato. Oroonoko esita. Il sentimento d'amore che prova gli impedisce di uccidere l'amata; infine si risolve a pugnalarla e ciononostante lei muore con un sorriso nel volto. Mentre ancora piange sul corpo di Riassunti “Storia della letteratura inglese – Dalle origini al Settecento” P. Bertinetti Diletta Bertolucci Imoinda, Oroonoko è arrestato dalle guardie che gli impediscono di suicidarsi così da infliggergli un'esemplare e pubblica condanna. Per tutta la durata del suo supplizio (per smembramento) e fino alla morte che ne consegue, Oroonoko fuma calmamente la pipa e stoicamente sopporta il dolore senza urlare. Il romanzo procede alternando la narrazione in prima persona a quella in terza persona, allorché la narratrice riferisce di ciò che è accaduto in Africa per poi ritrarre se stessa come una testimone dei fatti avvenuti in Suriname. Nel romanzo la narratrice si presenta come una giovane donna inglese della buona società, arrivata in Suriname al seguito del padre (anonimo) che era stato designato come nuovo vicegovernatore per la colonia. L'uomo avrebbe trovato la morte durante la traversata cosicché la narratrice e il resto della famiglia furono alloggiati nella più bella delle dimore nell'insediamento coloniale. Gli incontri che la giovane europea fa con la gente autoctona e gli schiavi vengono costantemente intrecciati alla vicenda d'amore di Oroonoko e Imoinda. Alla fine del romanzo la narratrice se ne va dal Suriname e parte per Londra. La conservatrice Behn disegna un mondo che ha perduto i valori tradizionali, cioè quelli che appartengono all’autorappresentazione aristocratica – il senso dell’onore, la lealtà, l’amore, la verità – per votarsi all’accumulazione capitalistica perseguita con ogni mezzo lecito o illecito. Bunyan John Bunyan (1628-1688) è autore di un grandissimo numero di testi per lo più di soggetto devozionale e morale. La sua autobiografia spirituale, Grace Abounding to the Chief of Sinner (1666) fornisce un resoconto del suo itinerario esistenziale. La sua opera maggiore è Pilgrim’s Progress (1678), una rappresentazione allegorica del cammino del cristiano attraverso il mondo fino alla Città Celeste. Diventata, insieme con la Bibbia, una delle opere più influenti e più lette, l’autore ne compone un seguito, The Second Part of the Pilgrim (1684), che ricalca il medesimo itinerario facendone protagonisti la moglie e i figli del cristiano assunto in paradiso alla fine del primo libro. Nella prospettiva puritana l’allegoria una forma di composizione letteraria sospetta, sia per la potenziale infinità di letture, sia per l’ulteriore distanza, rispetto alla già “immorale” relazione della letteratura con la “verità”. Infatti, l’opera mette in gioco una serie di strategie per arginare l’ambiguità, sforzandosi di ridurre al minimo i margini dell’interpretazione. L’episodio più celebre è quello in cui Cristiano e il suo compagno di viaggio raggiungono la città delle Vanità, sede di una fiera permanente istituita da Belzebù, dove si fa mercimonio di tutto ciò che esiste. L’autore pone qui come vanità non le cose del mondo in sé, ma le cose del mondo che vengono fatte oggetto di attaccamento. Bacon New Atlantis (1624) di Francis Bacon (1561-1626) si colloca invece nella linea del racconto utopico, che in quegli anni riscuote un notevole interesse in tutta Europa. Questo tipo di racconto si focalizza non sul personaggio, ma sul suo incontro e confronto con un’altra cultura, di solito migliore di quella da cui egli proviene. Bacon sposta il centro dell’attenzione dalla politica alla scienza, dalla descrizione dello Stato ideale e delle sue istituzioni all’invenzione di una civiltà in cui la scoperta, l’esperimento, l’evoluzione tecnologica rivestono un ruolo fondamentale. Il modello rappresentato nell’opera contribuì a ispirare la costituzione della Royal Society, un’associazione/istituto per lo sviluppo delle scienze umane, destinata a esercitare un’influenza fondamentale sulla cultura inglese nei decenni successivi. Il racconto utopico si costituisce tradizionalmente a partire da un resoconto di viaggio, su una serie di convenzioni su cui si strutturano i testi preantropologici in cui vengono riportati incontri reali con popolazioni di altre parti del mondo. Le grandi raccolte della narrativa di viaggio e di esplorazione per la cultura inglese del primo 600 sono quelle di Richard Hakluyt (Principal Navigations, 1589) e quelle di Samuel Purchas (Hakluytus Posthumus, or Purchas His Pilgrims, 1625). Bacon, in Advancement of Learning (1605), separa nettamente fede e sapere, vedendoli come oggetti di due modalità di conoscenza indipendenti, che sono tra loro complementari perché lavorano per gli stessi fini. Riassunti “Storia della letteratura inglese – Dalle origini al Settecento” P. Bertinetti Diletta Bertolucci John Aubrey (1627-1697), nelle sue Brief Lives, non si pone l’obiettivo di dare forma cristiana o significato morale alle vite che presenta, ma si sofferma invece sugli aneddoti, le vicende private, i dettagli curiosi, le peculiarità fisiche o caratteriali dei personaggi ritratti. Cresce anche l’interesse per una produzione di tipo diari stico e soprattutto autobiografico. Molti di questi testi, non destinati originariamente alla pubblicazione ma redatti come contributi alla fondazione della memoria storica di una famiglia o di una comunità, furono poi scoperti e in seguito pubblicati. Il diario più importante dell’epoca è quello di Samuel Pepsy (1633-1703), che fornisce un dettagliato resoconto della vita di tutti i giorni nella Londra della Restaurazione. Il teatro della Restaurazione I teatri in Inghilterra, restarono chiusi dal 1642 al 1660. I puritani, protagonisti del grandioso movimento rivoluzionario che portò all’abolizione della monarchia e all’instaurazione del regime repubblicano di Cromwell, erano nemici del teatro perché visto come un luogo di perdizione e come forma d’intrattenimento peccaminosa. Carlo II, dopo il suo ritorno in Inghilterra, regolamentò la vita teatrale londinese: solo 2 compagnie, affidate a due uomini di fiducia, furono autorizzate a esercitare la professione teatrale nella capitale. Le due compagnie si dotarono di un nuovo edificio teatrale, il Dorest Garden e il Druly Lane, capaci di ospitare una messinscena rivoluzionaria: vennero introdotte delle scene mobili, avendo così gli attori alle spalle il luogo dell’azione, l’elemento decisivo dello spettacolo. Un’altra novità erano i ruoli femminili che venivano recitati da attrici e non più da giovani attori, permettendo così anche agli autori di immaginare parti femminili più ampie e numerose. Carlo II, nei suoi anni di esilio, ebbe la possibilità di conoscere il teatro francese e spagnolo, il quale gusto venne importato in Inghilterra. Il pubblico a teatro della Restaurazione era perlopiù formato da gentiluomini e aristocratici; i borghesi erano presenti, ma solo i più ricchi. La loro presenza però aumento soprattutto dopo la Glorious Revolution con Guglielmo d’Orange. La tragedia e Dryden Nacque la heroic tragedy, grazie a Corneille, della quale John Dryden fu principale esponente. Secondo Dryden, la tragedia doveva essere un’imitazione in piccolo di un poema cavalleresco con argomenti come l’Amore e il Valore guerresco. In quanto al verso, proponeva l’abbandono del blank verse e l’utilizzo del distico eroico. Nella heroic tragedy assumeva un ruolo di rilievo la spettacolarità, di cui si prediligevano ambientazioni esotiche. Il tema ricorrente era il conflitto fra Amore e Onore; la morte non era necessaria, perché la tragicità stava nelle sofferenze patite dai protagonisti e ammirate dagli spettatori. Esempi sono: Conquest of Granada (1670/71), Aureng-Zebe (1675), che narra la storia dell’imperatore Mogol. Il capolavoro di Dryden è All for Love (1677), dove l’autore prende spunto da Antony and Cleopatra di Shakespeare. Venice Preserved (1682) è il capolavoro di Thomas Otway (1652-1685) e racconta di una congiura ai danni della Repubblica di Venezia. Pari successo ebbe The Rivals Queens (1677) di Nathaniel Lee (1650-1692), una tragedia caratterizzata da violenza e espressioni sanguinarie. La rinascita della commedia Spagna e Francia fornirono degli esempi per il teatro della Restaurazione. Ne è un esempio The Adventures of Five Hours (1663), un riadattamento di una commedia spagnola che ebbe molto successo. Si sviluppò un vero e proprio sottogenere di commedia, chiamato Spanish Plot. All’inizio si trattò solo di adattamenti, poi gli autori inglesi, a partire dalle convenzioni del modello spagnolo, crearono numerose commedie. Gli adattamenti dal francese furono furti, soprattutto ai danni di Molière, che gli autori inglesi ammiravano per la sua capacità di fornire un ritratto critico della società del proprio tempo. Più che prenderlo come modello, venne imitato, ignorando lo spirito del suo teatro. Negli anni immediatamente successivi alla riapertura dei teatri, andarono in scena anche numerose commedie politiche, caratterizzare dalla satira contro i puritani. Riassunti “Storia della letteratura inglese – Dalle origini al Settecento” P. Bertinetti Diletta Bertolucci Il genere che si andò affermando come il tipo di commedia più praticato dai maggiori autori della Restaurazione è la London comedy. Qui, l’ambientazione londinese è raccontata facendo attenzione agli usi, ai personaggi e alle abitudini della vita mondana. All’interno della London comedy si possono distinguere tipi di commedia diversi come quella galante, inaugurata da James Howard (The English Monsieur, 1663), la sex comedy e la comedy of manners. Etherege Sir George Etherege (1634-1691) scrisse soltanto 3 commedie, ma tutte di grande rilievo:  The Comical Revenge; or Love in a Tub (1664) presenta una trovata linguistica: la vicenda si sviluppa intorno a 4 plots intrecciati fra loro, collocate in 4 diversi livelli sociali, e a ciascuno di essi corrisponde un diverso linguaggio. Qui, risalta inoltre un’ulteriori merito dell’autore: il wit, in quel tipo di commedia londinese, che va sotto il nome di comedy of manners, è la più splendente delle virtù e definisce il personaggio che la possiede. Il wit è la capacità di cogliere, con rapidità di pensiero, la somiglianza tra cose diverse; e si traduce nella correttezza e precisione delle parole che, chi tale virtù possiede, sa elegantemente adattare agli argomenti, ai concetti, agli oggetti del proprio discorso. Wit è la categoria centrale della comedy of manners: l’eroe/l’eroine ha ed è wit, cioè una persona dotata di un’intelligenza acuta che si manifesta in un linguaggio pieno di aforismi, similitudini, giochi di parole, con cui, deliziando il pubblico, definisce la realtà che la circonda, i suoi protagonisti e i loro comportamenti.  She Would if She Could (1668)  The Man of Mode; or Sir Fopling Flutter (1676) è il suo capolavoro. L’opera pone al centro della sua vicenda due tipi di personaggio fondamentali nel teatro della Restaurazione, il fop e il libertino (il rake, un uomo di costume dissolute e di carattere immorale). La figura del libertino è già presente nel teatro del 600, ma con quello della Restaurazione si trasforma in un personaggio il cui comportamento è guidato quasi esclusivamente dall’erotismo. I costumi costituiscono l’oggetto principale della satira di Etherege, che con quest’opera da al teatro inglese il primo capolavoro di quella comedy of manners che nella satira di costume ha il suo obiettivo. Wycherley e Dryden commediografo William Wycherley (1640-1715) esordì con una commedia “spagnola” (di intrigo), Love in a Wood (1671): tema della commedia è l’idea utopistica del matrimonio che da la libertà, cioè che due persone sono legate dal matrimonio per rendersi reciprocamente liberi. La commedia della Restaurazione fa della riflessione sul matrimonio uno dei suoi temi centrali. Nello stesso anno andò in scena Marriage à la Mode di Dryden, dove si pone come osservatore di quel rapporto tra passione e matrimonio, tra vincolo coniugale e spinte trasgressive, che la comedy of manners indaga con acuto realismo. Dryden però non aveva un’alta opinione delle proprie commedie e della commedia in generale, apprezzava di più la tragedia in quanto considerate appartenenti alla cultura “alta” più consone al suo talento letterario e alla rappresentazione dei valori guida di una società. Wycherley, invece, vedeva nella commedia e nella satira la forma teatrale per eccellenza, quella con cui proporre il ritratto della società del proprio tempo. Nella sua The Country Wife (1657), infatti, muove un attacco alla forma che regola i rapporti sociali, elevando l’apparenza a verità. Otway, Behn, Shadwell La sex comedy è un tipo di commedia presente soprattutto nella produzione degli anni 70, in cui la comicità e i contenuti hanno il loro centro nell’aspetto sessuale. The Soldier’s Fortune (1680) è una sex comedy di Thomas Otway ed ha come tema l’adulterio. Autrice di sex comedies fu pure Aphra Behn: il suo capolavoro The Rover (1677) è un commedia di intrigo ambientata a Napoli, in tempo di carnevale. L’autrice riesce nei suoi lavori a far valere un suo punto di vista femminile e a farlo passare nella satira dell’istituto matrimoniale, rivendicando l’autonomia femminile. Il tema matrimoniale ricorre spesso nella sua produzione: il tradimento è per lei come una condanna di costume che negava alla donna ogni possibilità di decisione; se le mogli sono state forzate, i mariti vengono con Riassunti “Storia della letteratura inglese – Dalle origini al Settecento” P. Bertinetti Diletta Bertolucci ragione traditi, data l’impossibilità della separazione che conceda alla donna i mezzi economici indispensabili per ricominciare una nuova vita. Thomas Shadwell (1642-1692) fu nel teatro della Restaurazione il più acceso sostenitore del modello di Ben Jonson, riuscendo a creare personaggi pienamente riusciti dal punto di vista della verità scenica che al tempo stesso incarnano i vizi/umori contro i quali si appuntava la sua satira. Tra i suoi lavori spiccano The Virtuoso (1676) e A True Widow (1678). The Squire of Alsatia (1688) è un’opera emblematica della trasformazione in atto del gusto e della sensibilità del pubblico della Restaurazione: egli rivela un intento chiaramente didattico, che fa della commedia un’anticipazione di quella del primo 700, la sentimental comedy. Congreve William Congreve (1670-1729) fu il commediografo che dominò la scena inglese negli ultimi anni del secolo. Egli fu costruttore di personaggi riusciti e intrecci avvincenti, ma soprattutto creatore di un dialogo spumeggiante e di suprema eleganza, il quale conferisce ai singoli personaggi un linguaggio caratterizzante. La sua prima opera è The Old Bachelor (1693), dove i personaggi sono perfettamente credibili nella loro verità scenica e rispondono alle caratteristiche della comedy of manners e all’acutezza della satira di costume: con tono scettico e divertito, Congreve colpisce sia la forma delle convenzioni del tempo, sia un aspetto sostanziale delle stesse, l’atteggiamento nei confronti del matrimonio. Love for Love (1695) è ritenuto il suo capolavoro ed ebbe molto successo, ma il pubblico chiedeva che la disinvoltura e la sfrontatezza di molte commedie fosse mitigata da un atteggiamento moralmente rassicurante. A dar voce a questo sentimento diffuso fu il pamphlet del reverendo Jeremy Collier contro l’immoralità del teatro, A Short View of the Immorality and Profaneness of the English Stage (1698). Tutti gli autori provarono quindi a giustificarsi nei prologhi e negli epiloghi dei loro lavori teatrali. Alcuni tentarono di contraddire Collier, scrivendo commedie esenti da quelle situazioni e da quelle battute che avrebbero potuto confortare le censure del reverendo. The Way of the World (1700) è uno dei testi più belli del teatro della Restaurazione. La commedia racconta la vicenda del wit Mirabell e dell’affascinante Millamant. Non ci sono veri impedimenti alle loro nozze: il problema è fare in modo che Millamant possa sposarsi conservando tutto il suo patrimonio. Gli ostacoli sono rappresentati dalla zia di lei, Lady Wishfort, e da suo genero, Fainall, aiutato dall’amante, Mrs Marwood. Disposizioni testamentaria, contratti, azioni legali si contrappongono alla felice conclusione della vicenda; ma sarà ancora un documento legale, un fedecommesso, a consentirla. La trama, più che una storia d’amore, fa pensare a una storia di macchinazioni giuridiche e finanziarie. L’aspetto economico del matrimonio, spesso presente nella comedy of manners, è qui determinante; ma non al servizio del matrimonio di interesse, bensì come realistica componente dell’accordo che sancirà un’unione liberamente scelta da due innamorati. I due personaggi più affascinanti sono Millamant e il “cattivo” Fainall. Occorre tenere in considerazione alcuni avvenimenti avvenuti prima dell’apertura della scena. Quando la commedia si apre, Mirabell è innamorato di Millamant. Egli ha precedentemente avuto una relazione con Mrs Fainall e l’ha data in sposa a Mr Fainall per salvare la propria reputazione. Fainall si sposò per la sua avidità e per i soldi di Mrs Fainall. Nell’azione iniziale della partita a carte Mirabell è innamorato di Millament, e sta anche corteggiando Lady Wishfort per proteggere il suo interesse verso Millamant. Anche Fainall sta avendo una relazione con Mrs Marwood… Vanbrugh e Farquhar The Relapse (1696) è la prima commedia di John Vanbrugh (1664-1726). Il suo capolavoro è Provoked Wife (1697), dove il tema centrale è quello dell’incompatibilità coniugale ed esprime un atteggiamento cinicamente realista nella rappresentazione dei rapporti fra i sessi. George Farquhar (1677-1707) raggiunge il successo con il suo secondo lavoro, The Constant Couple (1699). The Recruting Officer (1706) parla dei trucchi con cui militari e magistrati arruolavano decine di poveretti e di tale sistema di raggiri e abusi ci sono diversi esempi nella commedia, di cui era stato egli stesso testimone, essendo stato ufficiale dei granatieri. L’azione si svolge fuori Londra, così l’autore rinuncia a situazioni e Riassunti “Storia della letteratura inglese – Dalle origini al Settecento” P. Bertinetti Diletta Bertolucci
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