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Storia della moda XVIII - XXI secolo, Sintesi del corso di Costume E Moda

Il percorso della moda negli ultimi tre secoli.

Tipologia: Sintesi del corso

2019/2020

Caricato il 19/04/2020

caro_mxs
caro_mxs 🇮🇹

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Scarica Storia della moda XVIII - XXI secolo e più Sintesi del corso in PDF di Costume E Moda solo su Docsity! IL LUSSO, LA MODA, LA BORGHESIA Lusso: è una delle parole chiave per comprendere la moda occidentale (vestire modo di comunicare). Per moda non s’intende solo abbigliamento ma > società. Il collegamento fra foggia dell’abito e ruolo sociale riguarda tutte le società, ma nel mondo antico (specie quello extraeuropeo) questo legame è fissato da re- gole tradizionali > dove i rappresentati di ogni struttura sociale/ organizzazione di potere > comunicano at- traverso “l’apparire”. Fin quando fra il 13° e 14° secolo > trasformazione /modernità > l’abito = rappresen- terà la posizione o il ruolo sociale (con regole non + rigide ma soggette al gusto e all’inventiva). Il passag- gio dell’Europa dal mondo antico ad una concezione moderna di Stato-potere ed evoluzione sociale. La re- gola dell’Ancien Régime: “far vedere ed essere visti”. Nel Medioevo > suddivisione sociale = chi aveva il compito di produrre e chi di consumare (più consuma- vano/spendevano più venivano considerati magnifici) in un mondo in cui “la Chiesa > dedicata a Dio = Pote- re; in cui il lavoro = condanna x l’umanità peccatrice/ mezzo per raggiungere la salvezza & accumulo = ava- rizia. Con Luigi XIV: la nobiltà andò in rovina. Predicatori cattolici > consumo del lusso come “vanità” (accuse contro spreco e vanità non erano rivolte al potere ma ai gruppi sociali che potevano permettersi il lusso). La rottura (provocata dalla Riforma protestante) provocò una nuova cultura: l’aspetto esteriore non ha relazio- ne diretta con l’importanza sociale della persona = modestia e moderazione > nuove doti x comunicare attraverso l’abito. Anche nel mondo cattolico > abito diventò segno di comunicazione > una rarità morale e ideologica più consona ad una condotta cristiana. Abiti borghesi: La borghesia inventò la propria moda, vedeva il lusso come modello di consumo > un modo x far girare merci e produrre ricchezza (nell’ Encyclopédie: lusso= effetto dell’emulazione sociale; fa- sto= spreco). Restava la necessità di definire in modo preciso i confini, culturali e morali, all’interno dei quali il lusso poteva essere accettabile e la moda vestimentaria poteva diventare segno di valori positivi. Nel corso del 700 la crescita del modello di consumo borghese fu lenta. Il primo passo riguardava la moda maschile, incentrata su una sobrietà programmatica, anche in questo caso l’immagine corrispondeva al ruolo; Per il femminile si propose un’ideale di donna lontano da quello delle colte e ciniche cortigiane settecentesche, gli scopi della vita borghese erano: matrimonio e cura dei figli, funzione privata e familiare che eliminava an- che la possibilità di un qualsiasi ruolo pubblico > il suo abito divenne specchio di queste virtù, liberava il corpo femminile da tutte le costrizioni, in accordo con le teorie illuministe; questi principi produssero un abito colto -concreto -basato sulla comodità e il rispetto del corpo. La forma di moda borghese maschile s’istituzionalizzò e si concentrò sui particolari, mentre quella femminile mutò nel tempo, poiché la loro vita (vissuta tra le pareti domestiche) dipendeva dallo status sociale ed economico dell’uomo al quale “apparte- nevano”, tutto quello che l’uomo sottraeva al proprio aspetto individuale veniva sommato all’aspetto della sua donna e della sua casa. (x questo la moda si occupa sempre più della donna). Le professioni della moda: le novità discendevano dalle corti e dai centri di potere, questo richiedeva la costituzioni di nuovi “luoghi” x creare. Bisognava suddividere chi vendeva tessuti, chi tagliava e cuciva, chi forniva complementi di moda, chi commerciava indumenti…la conseguenza fu offrire al compratore la possi- bilità di non essere l’unico responsabile dell’assemblaggio,ma di essere aiutato da un professionista che gli metteva a disposizione più di un servizio. Fu questo il momento delle marchandes de modes > nuova figu- ra professionale. La trasformazione delle professioni della moda avvenne su 2 fronti: quello culturale e quello economico. Da un lato l’Encyclopédie tentò di definire il nuovo metro di giudizio estetico: il gusto; La necessi- tà di apparire doveva assumere nuove forme. Le corporazioni: nel 1675 viene riconosciuta l’esistenza giuridica della corporazione delle couturières, cui era stato riconosciuto il diritto di vestire donne e bambini. (ancora prima nel 1595 nacque la corporazione della lingères, che ebbe un grande sviluppo in seguito alle norme igieniche che diffuse l’Illuminismo). Aveva- no un ruolo fondamentale all’interno del sistema della moda “i merciers”, i quali, nei loro magazzini, tra- smettevano i gusti del pubblico, da questa corporazione nacquero le marchandes de modes. Le marchandes de modes: il loro nome deriva dall’oggetto del loro commercio perché vendono solo articoli di moda. La moda e i modelli vestimentiari settecenteschi: La funzione delle marchandes de modes era quella di creare le guarniture x un sistema vestimentario fato di pochissime fogge. A metà del secolo in Francia il modello più diffuso era la cosiddetta robe à la française (che si indossava con un panier ed era composta da una sopravveste, una sottana e una pettorina) e la robe à l’anglaise (che prevedeva un cor- petto attillato e una gonna, montata a piccole pieghe in modo da essere più abbondante sui fianchi e sul die- tro); l’ultima esclusiva fu il grand habit (abito di corte con lo strascico, irrigidito da corsetti steccati e paniers monumentali).L’abito divenne un indumento di rappresentanza legato alla tradizione. (casaquin= versione accorciata della robe à la française, destinato a uso privato e casalingo) (la redingote= introduceva elementi dell’abbigliamento maschile in quello femminile, come il doppio petto, il gilet..). La chemise à la Reine: La vera rottura avvenne negli anni 80 (del 700); il nuovo vestito della sovrana era una semplice camicia dritta con le maniche lunghe e una fascia in vita: igienica, comoda e giovane. Il bianco era il colore della fine del secolo. Rose Bertin: Gran parte delle novità che fecero la moda di questo periodo furono pensate o scelte negli appartamenti di Maria Antonietta e presero forma nelle mani di Rose Bertin, perché la giovane regina amava la moda e adorava rinnovare continuamente il proprio aspetto: x una quindicina di anni le scelte e le creazioni delle 2 donne furono “la moda”. Fino al 1781 Maria Antonietta fu il simbolo di una maniera di vesti- re ricca di decorazioni, monumentali acconciature. Dopo la nascita dell’erede al trono, nell’ottobre 1781 Maria Antonietta lanciò la moda dei capelli corti e adottò un abbigliamento + semplice. Per rispondere alle richieste di una clientela esigente e numerosa, Rose Bertin aveva una trentina di persone che lavorava- no per lei ma soprattutto fornitori di ogni genere; dal 1774 era la più importante marchandes de modes di Maria Antonietta, un privilegio che le permise di diventare una figura centrale della moda di fine 700. Loro 2 attribuirono un nuovo significato al lusso: “L’eleganza è subentrata alla magnificenza; il lusso ha sostituito il fasto.” poiché > nel 17 sec. e durante la prima metà del 18, prevalevano il fasto e la magnificenza tra mate- riali preziosi- tessuti pesanti e complessi; con Maria Antonietta tutto cambiò. La moda comincia a giocare col gusto e la fantasia, uso di tessuti semplici e leggeri. Questa nuova concezione stava sperimentando il passaggio dall’artigiano all’arte: se fino a quel momento gli artigiani e i merciai erano commercianti di ac- cessori, si fa strada l’idea di un professionista delegato alla creatività. La moda cominciava ad avere i suoi quartieri, botteghe,vetrine (lusso come motore di ricerca). La stampa di moda: La diffusione delle nuove mode avveniva utilizzando strumenti diversi, dalla poupée de mode (bambole) alla stampa. Con il crescere dalla richiesta di moda nel corso del secolo, furono messe in circolazione + di 400 tavole, realizzate sia a colori, sia in bianco e nero, relative ad abiti e acconciature principalmente femminili, in modo da dare informazioni sia sugli indumenti, sia sulle buone maniere, da adattare a ogni tipo di abito: plasmando una nuova cultura della femminilità. La 1 vera rivista di moda fem- minile fu “Cabinet des modes” = al prezzo di 21 livres si rivolgeva ad un pubblico che poteva permettersi questo lusso e aveva la necessità di confrontare e di diffondere i termini del nuovo buon gusto. L’APPARIRE RIVOLUZIONARIO I codici dell’Abbigliamento: L’ultima rappresentazione ufficiale dell’Ancien Régime è stata al corteo degli Stati generali, dove il Maestro delle Cerimonie “il marchese di Brézé” aveva imposto regole vestimentarie per rendere visibili le differenze gerarchiche: il Clero = doveva indossare abiti ecclesiastici; il Secondo Stato = indossava abiti, idonei al proprio rango aristocratico; il Terzo Stato = indossava un abito di panno nero, cal- ze nere, un mantello corto di seta nera. (questo regolamento venne abolito il 15 ottobre 1789). L’importanza della Rivoluzione francese sulla codificazione del modo di vestire borghese iniziò da questo atto. L’affermazione del significato politico dell’abito, contro la tradizione del suo codice gerarchico, diede il via alla trasformazione e all’invenzione di una serie di segni esplicitamente caratterizzati in senso rivoluzio- nario o contro rivoluzionario. Attore principale della rappresentanza era il popolo di Parigi, la borghesia e il popolo scoprirono il potere comunicativo dell’abito. (coccarda bianca,rossa e blu come segno distintivo dei cittadini francesi). Uguaglianza: Contrapposta al lusso aveva come denominatore la semplicità; non si trattava più di un vesti- to di corte o da casa ma da città, con l’assunzione di alcuni segni maschili, fino all’uso di pantaloni. Libertà: il 29 ottobre 1793 fu decretata la libertà totale di abbigliamento.In questo periodo la libertà era un principio assoluto dell’ideologia rivoluzionaria; ma cominciò a voler dire anche mancanza di regole imposte; La libertà vestimentaria contribuiva alla creazione del personaggio. La moda: le marchandes de modes si occuparono della nuova iconografia, solo nel 1791, quando le convin- zioni politiche di Lebrun-Tossa cominciarono a vacillare, iniziò a pubblicare modelli dedicati a coloro che non condividevano gli ideali rivoluzionari; questa vicenda illumina la società che sta vivendo la Rivoluzione: più quotidiana. LA MODA NEOCLASSICA Le mode del Direttorio: Con la caduta di Robespierre finì la fase eroica e ideologica della Rivoluzione. Il Direttorio cominciò con feste e balli, questi rituali produssero segni vestimentari specifici che si trasformaro- no in mode femminili (nastro rosso al collo che ricordava il taglio della ghigliottina); la reazione maschile fu :di rinuncia vs la moda, si sarebbero concentrati più sulla comunicazione di elementi di gusto e distinzio- ne.La tunica femminile: il Direttorio segnò un momento di passaggio nella moda femminile borghese > ora l’abito fu affrancato alla politica. Dopo la caduta di Robespierre, le donne cominciarono ad indossare degli abiti dritti in mussolina bianca, che ricordavano da un lato la chemise à la Reine e dall’altro le tuniche che indossavano le fanciulle rivoluzionarie. Ma ciò che influenzò maggiormente l’immaginario collettivo di fine 700 fu il teatro (con tuniche che ricordavano quelle delle statue greche). L’abito femminile si ridusse a: una camicia di cotone leggero con la vita alta, segnata da una cintura passata all’interno ad allacciare il tessuto; gilità). In questo periodo stava emergendo la figura della femme fatale (immagine di una donna forte e terri- bile nata x distruggere la potenza maschile). I modelli di Worth erano ricchi (decori sfarzosi) vistosi (con grandi disegni e ricami e abbondanti applicazioni) unici (il capo era creato dal maestro dell’eleganza. Il trionfo del revival: Worth concentrò negli anni 80 la propria creatività sul gusto storicista, ripercorrendo i modi di vestire e gli stili di tutte le epoche, dove tessuti, particolari sartoriali e decorazioni si arricchivano di richiami al passato. Gli anni 90: Agli inizi degli anni 90 vi furono nuove trasformazioni, l’abito si alleggerì e si semplificò. Il ruolo del couturier: con l’affermarsi di questa figura professionale incaricata di produrre creazioni esclu- sive > autentico > diventava solo l’abito cucito all’interno della Maison e corredato dall’etichetta. Il couturier non era più semplice artigiano ma rivendicava un ruolo da lavoratore intellettuale/ artistico che aggiungeva alla sapienza del proprio mestiere la propria creatività. Le clienti della Maison Worth: Gran parte dell’aristocrazia europea si servì da lui, dall’imperatrice Eugenia alla zarina di Russia,all’imperatrice d’Austria alla regina d’Italia ma anche attrici,cantanti e cortigiane di suc- cesso.Fino a quel momento per paura che i suoi disegni potessero divulgarsi non permetteva la pubblicazio- ne sulle riviste. Quando nel 1880 comparve “L’Art de la mode” il suo atteggiamento cambiò: decise di pubbli- care oltre alle notizie di moda anche i resoconti degli eventi mondani. Così la moda di Worth arrivò comun- que ad un pubblico + vasto, attraverso sistemi di comunicazione e diffusione messi a punto x l’occasione. ANTIMODE E ABITI D’ARTISTA I movimenti Reform: Preoccupati dal vorticoso processo di omologazione, artisti e intellettuali tentarono di porre un freno a questa estetica dell’effimero e della vanitas proponendo modelli culturali alternativi. Anche la moda femminile aveva la stessa considerazione negativa: troppo artefatta, scomoda ed eccessivamente decorata; all’inizio si richiamò ai principi originari della cultura borghese: sobrietà- funzionalità- valori. Alla fine degli anni 40 Amelia Bloomer aveva fondato una rivista “The Lily” dedicata agli interessi delle donne, decise di adottare un abbigliamento + pratico > corti gonnellini con pantaloni alla turca > questa provocazio- ne fece scandalo. Gli obiettivi erano: il voto per le donne e un abbigliamento che consentisse loro di muover- si senza problemi. Da un certo punto di vista la nuova toilette era + casta di quella usuale, ma il problema erano i pantaloni, L’Occidente non accettava che le donne indossassero un indumento simbolo della masco- linità. L’aspetto + rilevante era legare la riforma dell’abbigliamento femminile al processo di emancipazione della donna e, quindi, alle prime rivendicazioni femministe. Si discusse sul dibattito riguardo l’abbigliamento femminile anche al Congresso internazionale a Berlino nel 1896 > la nuova concezione di igiene e sanitaria combatteva il busto x timore che la sua azione potesse aggravare la gravidanza, spezzando il legame tra donna e famiglia, ciò permise ai medici di essere ascoltati. I preraffaelliti: la Confraternita dei Preraffaelliti è stata un’associazione artistica influente x la pittura vittoria- na, definite l’unica trasposizione pittorica del decadentismo. Già alla fine degli anni 40 avevano creato degli abiti femminili (dal modello medievale) adatti al loro tipo di pittura, le donne della confraternita venivano ri- tratte con i capelli sciolti e con indumenti morbidi. Il movimento Arts and Kraft aveva lo scopo di ridiscutere alla base il gusto delle arti decorative e il modello della produzione capitalistica e industriale degli oggetti > proponeva il ritorno al lavoro manuale; era la proposta di una società in cui il lavoro e la creatività artigianale erano collocati all’interno di un contesto in cui fratellanza-forza ideale e coesione sociale erano il naturale fondamento della convivenza. Negli anni seguenti, la ricerca di un nuovo canone a cui ispirare s’intrecciò con la scoperta della cultura giapponese > cercando modelli di vita alternativi. Il Künstlerkleid: Il progetto di un modello di bellezza che rivoluzionasse innanzitutto lo spazio della vita quo- tidiana era finalizzato a una sorta di missione educativa: modificando la forma degli oggetti in chiave esteti- ca. Questa educazione al gusto portò ad una trasformazione del sistema delle arti applicate (dando origine al design). “il problema era identificare i modi attraverso cui l’arte poteva integrarsi nella vita quotidiana”. Per questo Friedrich Deneken organizzò x la prima mostra dedicata all’abbigliamento (indumenti come opere d’arte). Ancora + rivoluzionario Gustave Klimt (l’esponente +imp. della Secessione) che disegnò x lui e x la sua compagna Emilie Flöge modelli ispirati alle tradizioni orientali (semplici e raffinati nei tessuti e negli schemi decorativi) molti di questi modelli rimasero disegni ma colpirono Poiret (che ne trasse ispirazione). L’abito alla greca: Negli anni 70 Schliemann aveva dimostrato che le favole raccontate da Omero avevano un fondo di verità (Priamo-Agamennone-Elena erano esistiti davvero). L’dea di un ritorno all’abito delle origi- ni si andava diffondendo, ma il vero interprete fu Mariano Fortuny, artista catalano operante a Venezia. Egli non si limitòalla riedizione dell’abito greco ma si estese ai sistemi di taglio e alla creazione di tessuti adatti, elaborando tecniche di colorazione e stampa. In tutti i suoi modelli riusciva a raggiungere l’equazione: corpo- donna-movimento-bellezza. I futuristi: Nel primo decennio del nuovo secolo si affermò una forma di ricerca artistica che si opponeva al modello della cultura borghese > quella delle avanguardie. I futuristi comunicarono la propria idea di moder- nità attraverso la pubblicazione di manifesti sul quale vi esposero sia il modo in cui doveva avvenire il rinno- vamento sia il significato sociale e culturale delle trasformazioni; per i futuristi la nuova bellezza corrisponde- va: alla metropoli,alla macchina, alle nuove tecnologie come l’aereo e il cinema. Quest’entusiasmo influì an- che nel modo di vestire di uomini e donne. In particolare quello maschile (Balla ad es. disegnò e realizzò abiti dandovi dinamicità e colore).Negli anni successivi i futuristi concretizzarono le loro ideologie estetiche aprendo laboratori in cui realizzare oggetti d’arte applicata (lampade-tappeti-mobili-indumenti colorati e geometrici-scialli-cinture-sciarpe,borse-cappelli..) Le realizzazioni + interessanti in quest’ambito furono i gilet ad assemblare progettati da Balla e Depero. Costruttivismo e rivoluzione russa: la Russia postrivoluzionaria voleva costruire un mondo e una società nuovi > l’obiettivo del dopo 1917 era quello di creare un’abbigliamento x tutti in grandi numeri di una produ- zione industriale di massa. Il nuovo percorso iniziò nel 1919 con la creazione di laboratori (come quelli diretti da Lamanova) dove elaborare i progetti del nuovo modo di vestire > con l’obiettivo di dare una nuova forma estetica alla società. Ma a dare vero impulso alla libera creazione di modelli vestimentiari fu la NEP (nuova politica economica) nel 1923. Lamanova si concentrò sulla funzione-materiali- forme e decorazioni/ A. Ekster e V. Muchina si concentrarono sulla produzione teatrale. (Il tessuto venne innovato secondo principi geome- trici) Fu adottato come obiettivo l’abito da lavoro; le divise della nuova società si differenziavano in base alla funzione. Ma l’arretratezza del sistema produttivo sovietico non consentiva una vera produzione di massa. Gli artisti e la moda parigina degli anni 20: La 1 guerra mondiale portò una rivoluzione dell’abbigliamento femminile: le gonne si accorciarono, la linea si fece sempre più diritta, il taglio si semplificò.Si diffuse il gusto déco (la sartoria viene spesso coinvolta dagli artisti). Thayaht,la tuta e Madeline Vionnet: Ernesto Michahelles (conosciuto come Thataht) nel 1920 propose la tuta, era un indumento intero composto da camicia e pantaloni, abbottonato sul davanti e trattenuto da una cintura. La versione femminile era una sorta di camicia da uomo allungata. Nel 1919 iniziò a collaborare con Madeleine Vionnet, Thayaht aveva intuito che le donne del dopoguerra chiedevano abiti comodi per muo- versi,ballare,lavorare, guidare l’automobile e fare sport. Il compito dell’haute couture era quello di creare su queste basi un nuovo linguaggio dell’eleganza.Il modello della tuta divenne internazionale. Sonia Delaunay: era un’artista russa (cubismo-arte astratta) alla ricerca dei colori simultanei: il tessuto era la sua forma espressiva; La forma dell’abito (semplice e diritta) non tagliava i disegni e consentiva ai colori di creare effetti dinamici sul corpo in movimento > vitalità - colore. / + significativa ricerca sulla decorazione tessile > stampa-ricamo. PAUL POIRET (1879- 1944) Gli esordi: Poiret era figlio di un commerciante di tessuti,il padre, gli trovò lavoro da un amico che produce- va ombrelli, lui nelfrattempo progettava i propri abiti e provò a mostrare i suoi lavori a Madame Chéruit, che li comprò e lo incoraggiò a continuare, tanto che nel 1898 Doucet gli propose di lavorare per lui; qui imparò il mestiere del couturier di lusso e l’arte del dettaglio. Nel 1900 partì per il servizio militare e al suo ritorno trovò lavoro da Worth dove aveva il compito di rinnovare la Maison con creazioni + giovani > egli tentò con un tail- leur dalla linea semplice con un mantello a kimono di panno nero, ma si concluse presto. Maison Poiret: Nel 1903 Paul Poiret aprì la sua prima Maison: x attirare l’attenzione della clientela utilizzò LA VETRINA x creare esposizioni spettacolari. La sua moda nacque sotto il segno della semplificazione e dell’innovazione delle linee. Nel 1905 realizzò un mantello-kimono > s’inseriva nella voga del giapponesismo ma occidentalizzato e usato come soprabito. Egli rompeva così in modo definitivo la silhouette femminile. Nello stesso anno sposò Denise Boulet che divenne la sua musa; comincia ad espandersi, eliminò il busto che costringeva il corpo femminile ad assumere la linea a S. e lo sostituì con una guaina più lunga e costrin- geva soprattutto seno e sedere > eliminò la biancheria che si collocava sotto le gonne. L’ispirazione neoclassica: Poiret s’ispira alla moda neoclassica ma concentrandosi sulla struttura del mo- dello vestimentiario cercando di coglierne gli elementi fondamentali e progettando un abito completamente nuovo, uso di materiali innovativi e colori pastello. Il modello chiave della collezione prese il nome di “Jose- phine”,ma anche capi d’ispirazione esotica: la tunica Cairo,il modello Eugénie,il mantello Isphan..ecc. Rea- lizzata la grande trasformazione negli abiti, x comunicarla, decise di trovare un artista (Iribe) adatto alle sue necessità e pubblicando le immagini delle sue creazioni come voleva che fossero colte dal pubblico. Nell’ot- tobre 1908 uscì “Les Robes racontées de Paul Poiret” racontées par Paul Iribe > un album contenente 10 tavole a colori, i disegni rappresentavano figure femminili (anch’esse diverse: alte- sottili con capelli corti) collocate in ambienti che richiamavano il periodo dell’Impero. L’immagine di “Poiret”: Egli incaricò Iribe di progettare il marchio a forma di roda, ristrutturò anche la sede accostando elementi in stile Direttorio e orientali. Noiret oltre all’interno dell’atelier si servì anche del parco (x le sfilate/feste). L’orientalismo: Fra il 1909 e il 1910 a Parigi la stagione dei Ballets Russes, il fascino della danza classica e della musica. Ma ciò che colpì di più gli spettatori fu la rivoluzione nella presentazione dei balletti: fino a quel momento la danza era “tutù e calzamaglia”; Benoit e Bakfast vestirono i danzatori con costumi mirabolanti, tutti notarono una straordinaria somiglianza dei costumi con i modelli di Poiret, ma si difese delle accuse ria- ver copiato Bakst e cominciò a ispirarsi alle culture orientali e arabe. La donna che Noiret aveva in mente era una signora del “bel mondo” che non doveva avere alcun rapporto con la vita reale (egli la liberò nel cor- po ma non nel ruolo). Non + madre e moglie ma “femme fatale” circondata da un’erotico mistero che la tra- sformava in un oggetto di desiderio e di lusso. L’immagine di donna che Poiret sognava venne esplicitata con la presentazione della jupe-culotte (fece scandalo). Immagine di donna colta-raffinata-elegante-erotica. La Festa della Milleduesima Notte: Poiret utilizzò tutti i modi x far parlare i giornali, questa festa si svolse il 24-06-1911 > evento mondano “sembrava il patio del palazzo di Aladino, gli invitati passeggiavano impres- sionati, le luci nascoste nel fogliame circostante illuminavano le piante in modo insolito era l’evento che ave- va dato la miglior rappresentazione del suo mondo creativo > poiché non voleva presentarsi alla società come un sarto ma come un artista e un uomo di mondo. La Secessione viennese e l’Atelier Martine: l’esperienza russa offrì al sarto parigino nuove idee ed ele- menti decorativi che si aggiunsero a quelli esotici. L’incontro che lo segnò di + fu quello con Vienna dove conobbe Gustav Klimt e Emilie Flöge > si affascinò al progetto della Secessione viennese > la suggestione gli rivelò un modello estetico in cui gli abiti di Emilie Flöge, i mobili di Josef Hoffmann erano uniti alle architet- ture di Joseph Olbrich e ai quadri di Klimt > con entusiasmo (di conseguenza) aprì l’Atelier Martine (spazio in cui un gruppo di ragazzine guidate da Madame Serusier dava sfogo alla propria creatività). Il risultato fu un tentativo di innovazione che la griffe di moda poteva veicolare anche prodotti non di abbigliamento; altra ini- ziativa fu quella di affidare al pittore Raoul Dufy il compito di decorare i tessuti direttamente finalizzati all’ab- bigliamento, ma ebbe maggiore successo un’altra idea: la produzione di profumi,(1911)con la collaborazione del dottor Midy (laboratorio farmaceutico) Colin (laboratorio di cartonnage); venivano curate anche le botti- glie; al profumo vennero associati anche prodotti di bellezza. Gli anni di guerra: quando scoppiò la guerra la Francia tentò di salvare la produzione di moda (P.prestò servizio come sarto ma nel 1915 venne destinato agli Archivi del Ministero della Guerra).La moda parigina aveva lo scopo di creare un clima di solidarietà, (Poiret scelse di allinearsi con la tendenza della gonna ac- corciata ampia sostenuta da crinoline ed elementi di gusto maschile). Nel 1916 > tricolore in senso patriotti- co.Il dopoguerra: nulla fu come prima > difficoltà economiche > tragedie familiari: i figli morirono x febbre spagnola, divorzia. Ma parte in Marocco dove ritrovò uno stimolo creativo. Le sue collezioni si fecero + sa- pienti/lussuose, materiali ricercati, ricami elaborati, ispirazioni colte ed esotiche. Nel 1922 andò negli Stati Uniti, nello stesso anno esplose la moda “à la garçonne” (successo x Chanel e Patou) > L’anno dopo Poiret fu costretto a fare x la prima volta i conti con la fine del propio successo,la soluzione temporanea era affidare la gestione amministrativa dell’azienda a un professionista (1924 >affidata > società di banchieri); i suoi mo- delli erano ormai troppo complicati, decorati e vistosamente lussuosi > egli aveva compreso la cultura del nuovo gusto, quello che non voleva accettare era che l’America con il suo modo di vivere aveva invaso l’Eu- ropa > Le donne in particolare non si riconoscevano più nei lussuosi idoli da boudoir ma al contrario voleva- no essere libere- giovani e indipendenti: x questo avevano adottato una moda facile -semplice e comoda. Dal 1927 al 33 l’attività continuò ma senza di lui. COCO CHANEL (1833- 1971)Gli inizi: Gabrielle Chanel >vita privata > la sua infanzia fu all’origine di una personalità difficile > terrorizzata dalla solitudine e in perenne lotta contro il mondo. L’inserirsi in ambienti che non erano i propri e la mancanza di radici a cui affidarsi la costrinsero ad inventarsi un’identità. Le sue mode nascono dalla leggenda della sua esistenza (le fonti d’ispirazione furono: la sua vita, le persone che amò e gli ambienti che frequentò - ai quali rubò gli indumenti che la affascinavano x dare forma all’abbigliamento di un modello ideale di “donna emancipata e libera. Nacque il 19 agosto 1883, il padre (Albert) era un venditore ambulante (donnaiolo) che trascinò moglie e figli alla miseria; la madre (Jeanne) era una donna delicata e malata d’asma che non resse agli sforzi e morì a 33 anni nel 1895. Albert a questo punto abbandonò i figli e sparì, i nonni misero i 2 maschi a lavorare e le 3 femmine le affidarono ad un orfanotrofio. A 18 fu trasferita al pensionato di Notre-Dame a Moulins,dove in cambio del suo lavoro interno ebbe un’ educazione in arti domestiche. Inizia a lavorare insieme alla zia coe- tanea (come commesse e sarte) alla Maison Grampayre (negozio di maglieria e biancheria) fin quando non si misero in proprio, nel frattempo Chanel tentò la carriera di cantante, ma di quel periodo rimase il sopran- nome “Coco” e alcune foto di abiti semplici- lineari e un po’ mascolini. Étienne Balsan >(amico) > nonostante la sua passione x l’equitazione era stato arruolato in fanteria, al momento del congedo nel 1908 acquistò a Royallieu un antico monastero in cui voleva iniziare un alleva- mento di cavalli da corsa e chiese a Gabrielle di andare con lui; qui Chanel scoprì un’altro mondo: quello delle scuderie- delle corse e della vita isolata. Probabilmente fu in quegli anni che cominciò a elaborare un suo modo di concepire l’abbigliamento (In tale processo ebbero peso le uniformi). L’equazione ruolo sociale/ uniforme aveva poi un polo opposto: anche le “cocottes” (mantenute) avevano un modo di vestire riconosci- bile (eccessivo e fantasioso), x differenziarsi da loro era necessario evitare gli stessi segni > le fotografie di questi anni ritraggono Chanel a cavallo vestita da uomo.Non si è lanciata in questo mestiere x “creare quello che le piaceva” ma per “far passare di moda quello che non le piaceva” > (l’odalisca di Poiret, la donna fa- Lo sbieco e la geometria: riprese l’attività nel 1918 presentando abiti in sbieco. Vionnet era tornata alle origini (mentre Chanel aveva scelto il modello maschile), lei invece ricominciò da capo > tornando all’abito mediterraneo lavorando con il tessuto senza tagliarlo. Il taglio a sbieco > prevede l’uso di stoffa al contrario. L’aspetto esteriore dei suoi modelli faceva pensare alla classicità greca ma derivavano da matrici geometri- che: i suoi abiti venivano progettati lavorando il tessuto su di un manichino di legno. Le chiavi del nuovo abi- to erano 2: “materia tessile” e “corpo” entrambi “liberati” e valorizzati nelle loro potenzialità espressive. La ricerca dell’armonia: proporzione-armonia-perfezione >tessuto come scultura. Dopo la guerra Vionnet scelse collaboratori provenienti dal mondo dell’arte come Thayaht (che realizzerà l’Immagine grafica dell’a- zienda >colonna ionica sormontata da un tondo che incornicia una figurata che sostiene con 2 mani le spal- line di un abito), poiché interessata alle innovazioni del decennio. Nel 1921la Maison Vionnet sperimentò la struttura proporzionale della pittura greca provando a usare la superficie del vestito come quella di un vaso da dipingere. Il tema divenne quasi simbolo della Maison di Rue de Rivoli. Altra suggestione che la ricerca artistica fornì a Madeleine fu >nuova rappresentazione della struttura proporzionale del corpo umano.(Esi- genza di trovare un rapporto armonico fra la misura dell’uomo e quella delle cose >l’uomo al centro) dunque > I suoi vestiti avevano forme dinamiche ricavate dalle misure e dalle proporzioni armoniche dell’uomo: co- stante uso della diagonale,figure geometriche (quadrato-triangolo-rettangolo…spirale logaritmica). Fra il 1921/22 ricercò l’effetto “caduta” a cui aggiunse (petali-frange..). Albert Lesange inventò una nuova tecnica “vermicelle au droit fil”> Vionnet dava grande importanza al ricamo. 50,Avenue Montaigne: Nel 1922 si espande, acquista un hotel in Avenue Montaigne che suddivise in uns ventina di atelier specializzati dove introdusse novità come le sedie al posto degli sgabelli, la mensa, una nursery, un’infermeria e un dentista.Inoltre > introdusse=i congedi di malattia e le ferie pagate,nel ’27 instituì anche un corso di formazione x le apprendiste. Il copyright: Vionnet impone il copyright, cercando di difendersi dalle imitazioni. Il 1921 il Tribunal correc- tionnel de la Seine emise una sentenza che assicurava la protezione ai modelli di abiti allo stesso titolo di tutte le creazioni artistiche. Nel 1929 fu creata l’Association de protection des industrie artistiques saisonniè- res (PAIS) > redigere una lista di acquirenti “scorretti”. “Vogue” e “L’Illustration” pubblicarono un comunicato in cui spiegava il modo x riconoscere gli originali (etichetta). Prêt à porter: Nel 1925 aprì una succursale a Biarritz, specializzata in abiti x le vacanze e per lo sport, la vera sfida era il mercato americano; fu formata una nuova società > finalizzati alla vendita di abiti a taglia unica > nata dall’esigenza della clientela statunitense che acquistava abiti confezionati. Nel 1924 aprì una nuova boutique sulla Fifth Avenue; Nel 1926 con il socio americano “Lo store John Wanamaker’s” realizza- rono 40 capi in tre taglie (ma non erano ancora tempi maturi x il mercato del ready-to-wear. Stile anni venti: Verso il 1925 i suoi modelli si semplificarono > ammorbidendo il parallelogramma con lo sbieco, giocando con i ricami e il crêpe romain, con i disegni geometrici, con le pieghe >sempre più studiate in modo che l’architettura del vestito poggiasse sulla struttura portante del corpo x evidenziarne la naturale armonia. Madeleine Vionnet non conduceva una vita pubblica >lavorava isolata, come un’artista che seguiva il proprio processo creativo; quando nel 1929 ci fu la crisi di Wall Street. Gli anni trenta: nel 1930 l’adolescenza lasciava il posto ad una giovinezza più matura ispirata alle dive del cinema hollywoodiano; la moda adottò un linguaggio “classico” con uso di abiti bianchi x valorizzare il sex appeal; i suoi vestiti dialogavano direttamente con il corpo.Il sistema di taglio si evolve. La gonna ampia: Nel 1934 > svolta nella produzione > vestito dalla gonna larga coperta da file di volant,negli anni successivi gli abiti si fecero più lussuosi,si sperimentarono tessuti nuovi come il merletto, e nuove tecniche di decorazione, reinventati bagni di tintura..per i modelli aderenti sperimentò la pieghettatura in rilievo su taglio circolare. La collezione primavera del 1939 fu sontuosa,elegante,piena di voglia di vivere e di apparire fino all’ultimo secondo,ma sarebbe stata l’ultima, il 15 giugno infatti la Maison era stata messa in liquidazione. A Settembre scoppiò la Seconda Guerra mondiale e nel giugno 1940 la Francia era occupata dai tedeschi, tutto venne messo all’asta. Nel 1952 Madeleine Vionnet donò all’Union française des arts du costume quello che era rimasto; morì nel 1975 a 99 anni. ELSA SCHIAPARELLI (1890- 1973) Una giovinezza inquieta: Elsa Schiapparelli nacque a Roma in una famiglia di intellettuali piemontesi, ma nonostante la situazione famigliare privilegiata la sua vita non fu tranquilla, avrebbe voluto fare l’attrice, ma la famiglia non glielo consentiva, allora partì a Londra passando per Parigi (dove fu invitata ad un ballo per il quale realizzò il suo primo abito da sera), arrivata in Inghilterra conobbe il conte William de Wendt de Kerlor, si sposarono e si trasferirono a Nizza ma nel 1919 partirono x gli Stati Uniti,li ebbero una figlia ma il marito se ne andò e si ritrovò da sola con una bimba e senza il sostegno economico della famiglia. Conobbe Ga- brielle Buffet (poetessa dadaista) ex moglie di Picabia, che le tenne la figlia e le permise di frequentare artisti dada e fotografi d’avanguardia come Man Ray; la figlia si ammala di poliomielite. Conobbe Blanche Hays che le propose di trasferirsi a Parigi. Gaby Piaccia introdusse la Schiapparelli nel gruppo dada fu in questo periodo che accompagnò un’amica americana nella maison de couture di Paul Poiret. Ispirata da Poiret co- minciò ad inventare abiti (scelse lo sport femminile). Lo sport e la maglia: Già dalla fine dell’800 le donne avevano cominciato a praticare alcuni sport >l’esplo- sione dell’eleganza sportiva trovò il suo modello in Suzanne Lenglen (famosa tennista) che con scandalo indossò un completo composto da gonna a pieghe, blusa corta,calze di seta bianca e una fascia colorata in testa.Elsa cominciò a realizzare abbigliamento sportivo, nel 1925 acquistò la Maison Lambal. La prima vera collezione fu presentata nel gennaio 1927 > si trattava di maglieria dai brillanti colori (cardigan, ma anche calze e scarpe abbinati). il golf “armeno”: Il modello che la lanciò nella moda fu un golf particolare,fu lei stessa ad indossare la ma- glia in pubblico e attirò subito l’attenzione tanto che un buyer ne ordinò 40, la nuova idea si diffuse a Parigi attraverso le attrici. Vogue francese e americano li pubblicarono nel 1927; Elsa cominciò a sbizzarrirsi e sui golf comparvero cravatte,nodi,scialli..Nel giro di poco tempo tutte le signore alla moda avevano un maglione trompe-l'oeil (inganna-occhio). Dallo sport all’haute couture: l’1 gennaio 1928 Elsa si trasferì in un appartamento dove espose l’insegna “Schiapparelli Pour le sport” > presentava abiti ben costruiti e progettati per i movimenti richiesti. La diffusio- ne del nuoto e delle vacanze al mare aveva portato una trasformazione al costume da bagno > venne ridot- to. + pisana da spiaggia,completi di spugna siglati,anche x lo sci >pantaloni jodhpur. Più il corpo viene rispet- tato più vitalità acquista il vestito. (+tailleur di tweed-gonne/pantalone) segue l’es. di Chanel e comincia ad indossare le sue creazioni. La moda secondo Schiapparelli: Elsa voleva comunicare la donna del nuovo decennio, secondo lei gli abiti dovevano proteggerla > infatti nella battaglia dei sessi i suoi abiti riflettevano un’intera rivoluzione socia- le > difensiva di giorno e aggressiva/seducente la sera. Difesa e sicurezza. Per la battaglia quotidiana > una divisa “guerriera” (utilizzando particolari presi dall’abbigliamento dell’uomo) > nacque così negli anni 30 la silhouette a grattacielo > linee dritte verticali e spalle larghe e squadrate (uso di imbottiture). Abito femmini- sta > permettendo alla donna di trasformare attraverso le sue forme la ricchezza del proprio mondo interiore. Dal 1931 cominciò a ingrandire la sede della maison occupando i primi piani del palazzo in Rue de la Paix > arredando lo spazio vendite come se fosse una barca > si era allargato anche il suo staff. Nel 1933 aprì una sede a Londra ma fu chiusa nel 39. Negli anni seguenti continuò a lavorare sulla silhouette variando l’imma- gine e la logica decorativa. Nel 1933 propose la linea “a scatola” con cappe che scendevano diritte dalle spalle, e la linea “a cono” con pisana da sera e poi quella a uccello > berretti alati,risvolti ad ala, piume.. alla fine dell’anno presentò la silhouette “Temporale” che sviluppò nella linea Tifone (versione aerodinamica); sperimentò materiali naturali-sintetici (rayon) > finalizzato alla ricerca di effetti particolari che otteneva spes- so mischiando elementi diversi o usandoli in modo mimetico. Le collezioni a tema: Nel 1935 la Maison fu trasferita al 21 di Place Vendôme. La sua produzione non si limitò alla sartoria ma spazio dai profumi agli accessori, dai bijou agli indumenti sportivi > la possibilità di ve- stirsi interamente Schiapparelli o di scegliere anche solo un particolare. Novità > collezioni dal 1935 > a Tema che faceva da filo conduttore tra gli abiti. Novità > le cerniere realizzate in colori contrastanti rispetto al vestito così da accentuarne la visibilità. In ottobre collezione Eskimo > basata sull’uso di inserti di pelliccia a scopo decorativo. Nel dicembre 1935 andò a Mosca alla 1° fiera internazionale sovietica. (volo >aereoplano) (progetti di da Vinci >paracadute > le gonne si gonfiano >spicchi). Anche lei come Vionnet aveva risolto la situazione contrattuale tra lei e il suo atelier infatti le sue operaie non scioperarono nel maggio del 1936. Il rapporto con il surrealismo: dal 1936 comincia a riflettere sul rapporto fra soggetto e indumento > voleva che le donne fossero se stesse > comunicassero la propria individualità e la propria forza > essere capaci di emanciparsi anche nell’aspetto > nel suo fare moda c’era qualcosa che somigliava al sovvertimento delle regole e della comunicazione messo in atto dagli artisti dada e surrealisti. Cocteau e Dalì crearono capi at- traverso i quali doveva emergere il nuovo rapporto tra abito-corpo-pulsioni inconsce.Per l’autunno 1937 infat- ti Cocteau lavorò sul doppio e l’ambiguità, Dalì rielaborò invece il tema del richiamo sessuale nascosto nella fascinazione vestimentaria (tailleur di crêpe nero con le tasche rifinite da bocche rosse femminili). Nuovo profumo > “shocking” come il suo colore rosa (boccetta a forma del busto di Mae West) >moda= è un metro e un manichino da decorare, solo l’abito può introdurre un essere nello spazio di vita della comunicazione sociale. La moda, l’inconscio,l’immaginazione poetica: la donna era x lei un insieme di forma anatomica -stato sociale- mondo interiore. si doveva concentrare sull’ultimo elemento “la psiche femminile” dando sfogo al mondo dei sogni,l’infanzia,il favoloso/meraviglioso. Le sfilate >sempre + teatrali (1938 dedicata al circo a mo’ di parata, ultima collaborazione con gli artisti) 2 collezioni: 1°ispirata alla Primavera di Botticelli natura bassa; 2°”Cosmique” natura alta. 1939 sfilata >tema “maschera” > oggetto da cui mosse il flusso fu la commedia dell’arte (arlecchino-colombina..). La guerra: in questo periodo non chiuse l’atelier ma fu costretta a ridurre il personale,la prima sfilata pensa- ta x le nuove condizioni di vita includeva abiti pieni di tasche, così che una donna potesse portarsi tutto il necessario; subito dopo l’invasione E. partì x gli stati Uniti, ritorna a Parigi ma fu costretta a fuggire x evitare di essere catturata dai nazisti, quindi tornò in America e collaborò con Marcel Duchamp. Tornò in Francia nel 1944 e partecipò a tutte le iniziative x far rinascere l’haute couture francese; Elsa di pose il problema di eli- minare tutte le brutture della guerra puntando alla semplicità > linee spioventi, facili da piegare,da trasporta- re e leggeri. Nel 1946 nuovo profumo : Le Roi du Soleil. Negli anni successi il suo interesse x l’alta moda diminuì a favore della produzione di oggetti e capi sportivi/ accessori.Nel 1954 chiuse l’atelier. CHRISTIAN DIOR (1905- 1975) 12 febbraio 1947 cambiò la moda femminile del’Occidente con una sola sfilata. La passione x l’arte: nacque nel 1905 in una solida famiglia borghese a Granville,nel 1911 si trasferirono a Parigi, agli inizi degli anni venti Christian, studente, viveva in una Parigi folle,inventiva,intelligente,nuova.. frequentava il bar del Boeuf sul le toit x contemplare l’avanguardia di quegli anni, le gallerie d’arte di Rue de la Boétie dove esponevano tutti gli artisti + innovativi, poi i balletti,il teatro, il circo, la musica e il cinema. Fini- ta la scuola avrebbe voluto iscriversi all’Accademia delle Belle Arti ma la famiglia, contraria, lo iscrisse alla facoltà di Scienze politiche, in cambio poté approfondire gli studi di musica e composizione in questo modo nacque il primo nucleo di amici omosessuali di Dior, gli stessi che lo accompagnarono lungo la sua carriera; Fra 1928/29 Christian diventò socio di Jean Bonjean nell’apertura di una galleria d’arte (su artisti come Gior- gio de Chirico >ritorno al soggetto umano, al sentimento, rifiuto dei linguaggi d’avanguardia). Disegnatore di moda: quando nel 1930 il fratello minore fu ricoverato in un ospedale psichiatrico, la madre morì dal dolore e il padre inseguito alla crisi del 1929 entrò in fallimento. Anche Jean Bonjean (socio) era in rovina economica, allora vendette le opere della galleria. Furono anni di miseria, nel 1934 si ammalò di tu- bercolosi e dovette ricoverarsi alle Baleari, al suo ritorno la situazione familiare era sempre peggio, Christian doveva trovare lavoro, l’unico settore che ancora resisteva era quello della moda (vendette fortunatamente uno dei quadri che gli erano rimasti della galleria-tela usata x allestire zattere di Poiret all’ex.univ.) e con il ricavo fece un corso di studi x imparare a disegnare figurini. Il suo maestro Jean Ozenne, cominciò a vende- re prima alle modisterie, poi alle maison > Paul Caldaguès gli offrì di collaborare alla pagina di moda su “Le Figaro” >nel 1938 Robert Piguet gli propose di entrare nel suo atelier come modellista. Dior, la guerra, l’haute couture: Nel settembre del 1939 scoppiò la guerra sei trovò nella parte occupata dai tedeschi (si trasferisce in campagna dalla sorella). La moda si riorganizzò trasferendo le attività in Pro- venza e sulla Costa Azzurra. Dal momento in cui la Francia fu occupata dai nazisti, gli Stati Uniti cessarono i rapporti con Parigi e la sua moda; a questo si aggiunse il problema dei materiali, cos’ la moda dovette attira- re l’attenzione del governo di occupazione nazista diventando nel 1940 fornitore della Germania > questo consentì di ricominciare a lavorare. La clientela era rappresentata da 2 categorie = la prima > mogli,figlie e amanti dei collaborazionisti; la seconda > costituita dai BOF quelli del mercato nero; grazie a loro gli affari delle maison crebbero. Nel 1941 Lucien Lelong gli propose il ruolo di modellista: da un lato c’era la necessità di confrontarsi con il gusto eccessivo e poco raffinato delle nuove clienti dall’altro la mancanza di materiali. A tanta miseria si contrapponeva un elemento di fantasia: il cappello. Dior si specializzò nei modelli romantici della Belle Époque. All’inizio del ’45 uscì il primo numero del dopoguerra > in quei mesi si lavora alla realiz- zazione di un’idea che avrebbe dovuto rilanciare il gusto francese. Il “Théâtre de la Mode”: L’idea (anche se antica) era quella di mandare in giro per il mondo bambole-mani- chino x far conoscere le ultime tendenze, vi parteciparono all’impresa tutte le maison e tutti gli artisti > era il theatre de la mode >il successo fu enorme >esso fu importante per far capire che la produzione doveva ri- prendere. Dior e Boussac: Dior e Balmain si misero in società x fondare un atelier, ma la sede non era disponibile; Balmain aprì da solo e nel 1945 fece sfilare la sua prima collezione; Dior invece fu chiamato da Suzanne Lenone Luling poiché Georges Vigoroux stava cercando di rilanciare la maison Gaston et Philippe grazie all’aiuto finanziario di Marcel Boussac > il più importante industriale di Francia. L’intenzione era quella di creare una maison innovativa nel gusto e nell’aspetto,piccola ed elitaria, capace di produrre uno stile diverso secondo i principi del gusto-della ricercatezza-della perfezione artigianale- del lusso- dell’esclusività e dell’e- leganza. L’impresa passò nelle mani del couturier > si formò la squadra con cui lavorare: Suzanne Luling (pubblicità) Harrison Elliot (responsabile ufficio stampa) Raymonde de Zehnacker (direttrice dello studio) Marguerite Carré (direttrice tecnica) Mitzah Bricard (consigliere artistico) Jacques Rouët (direttore ammini- strativo)- La Maison Dior: venne ristrutturata in stile Luigi XVI-1900 (da Victor Grandpierre), mentre si lavorava alla collezione, procedeva l’attività di promozione, tutta la Parigi che contava ne parlava, anche le giornaliste come “Vogue” e “Harper’s Bazaar” contribuivano. Iniziarono (con Serge Heftler-Louiche) una società per i profumi > nacque >Miss Dior (produttore di seta cinese >shantung> giacca modello Bar simbolo). La restaurazione del lusso “il New Look”: 1947, modello Acacia (busto aderente-vista stretta-fianchi se- gnati e gonna lunga fino a metà polpaccio) modelli con gonne larghissime > silhouette Corolle > la proposta di Dior s’ispirava al secondo Ottocento >modellare il corpo della donna, enfatizzando le curve ricorrendo al corsetto, al busto piccolo e arrotondato si contrapponeva una gonna ampia > in questo modo recuperava zione nazionale delle industrie tessile e dell’abbigliamento > gli industriali investirono su un sistema di picco- le imprese. La moda giovane degli anni ’60: negli anni ’60 ci fu una svolta decisiva nel modo di vestire; rivoluzione vestimentaria > l’adozione dei blue jeans > l’accorciamento esagerato dando vita alla “mini”, in primis a Lon- dra con Mary Quant e negli Stati Uniti, poi in Francia e in tutta Europa. Tra il 1966/67 nasce al Golden Gate di San Francisco il movimento hippy >portando con se abiti folclorici, vestiti di cuoio e gilet (blue jeans come tenuta normale degli studenti) > compare la moda maxi, tuttavia durante il 1970 appaiono i mini shorts; interpreti= gli adolescenti che adottarono diversi stili > teddy boys, mods, rockers (Europa), beatniks, hippes (Stati Uniti), altri adottarono “moda pop”: da cui uscirono novità =minigonna femminile e il colore maschile (uomo: il capello si allunga e gli indumenti si colorano);(Il mito di Peter Pan) seguendo 2 percorsi diversi > Inghilterra e Francia > si adeguarono. Londra era diventata il centro internazionale della cultura giovanile; fu Mary Quant a lanciare la moda + famosa degli anni 60 >mini-gonna nacque come divisa scolastica,da in- dossare con calze collant colorate > comunicando la propria voglia di vivere (modelle come Twiggy- Jean Shrimpton). Il progetto era chiaro: nuova clientela > adolescenti con esigenze alternative > “stile contro cou- ture” >nuova concezione di moda >confezionata in serie >al couturier si sostituiva lo stilista > che progettava collezioni da produrre con metodi industriali (alcuni designer provenivano dall’alta moda, come Karl Lager- feld).Alla metà del decennio cambiò anche l’haute couture > abiti-architettura, con uso di materiali tecnologi- ci,impunture; la raffinata signora degli anni ’50 abbandonata in favore di una ragazza spigliata. Fondamenta- le in questo processo fu il prêt à porter >progetto che legava insieme: creatore di moda, industriale e un si- stema di vendita. Il 1° fu Pierre Cardin nel 1959; Courrèges nel 1965 unica sfilata sia haute couture che prêt à porter;nel 1966 Yves Saint Laurent; 1967 Miss Dior; ’68 Givenchy. Solo Balenciaga non accettò il cambia- mento. le sue creazioni continuarono rappresentare un punto di riferimento nella moda francese ma la sta- gione aristocratica dell’haute couture finì e chiuse nel 1968. Nei primi anni ’70 il prêt à porter aveva conqui- stato il pubblico >moda guidata da giovani stilisti che avevano raggiunto la stessa notorietà dei couturier. Il prêt à porter italiano: L’unica azienda che seppe trarre vantaggio dal cambiamento fu Max Mara. Nelle grandi città si moltiplicarono le boutique; a Milano nacque il “quadrilatero della moda” : Via della Spiga (1963 fu inaugurata Cose), Via Santo Spirito (1966 Gulp), San Babila (1967 Fiorucci). Per fare capi d’avanguardia erano necessarie nuove professionalità = creativi, produttori di materiali > bisognava creare abiti di moda x un mercato affamato di moda; dal 1967 >sostituzione sfilate alta moda > quelle prêt à porter, anche la sala Bianca di palazzo Pitti aprì le porte alle creazioni di stilisti come: Krizia, Missoni,Karl Lagerfeld,Walter Albini,Miguel Cruz,Albero Lattuada, Ken Scott. La professione di stilista =Walter Albini: fu il primo a cogliere l’eccezionalità della situazione; nel 1968 era sulla passerella di Pitti con 5 collezioni ma con nomi diversi > fare emergere il nome dello stilista dall’anoni- mato >significava ratificare l’esistenza di un polo che prevedeva una produzione industriale di piccola serie progettata e seguita da un’creativo > x raggiungere quest’obiettivo bisogna percorrere due strade > una di tipo contrattuale e l’altra di tipo estetico, lui le sperimentò entrambe. Il nuovo modello che si stava imponen- do utilizzava uno strumento moderno come la produzione industriale rivolgersi ad un mercato di massa; Albini intuì che era necessario imporsi sul mercato con un’idea unica,forte e riconoscibile. Fu scelta Milano (città industriale, capoluogo lombardo, delle avanguardie,del design >moderna). Il modo di vestire pretende- va di significare una scelta di appartenenza-un’adesione ideologica (hippies:indumenti orientali-sudamerica- ni-folk +accessori etnici o abiti di 2°mano /contestatori politici:camicia-pullover-pantaloni di velluto a coste o jeans-scarpe comode). Albini capì che doveva progettare un clima di gusto in cui il compratore potesse riconoscersi.Il 27 aprile 1971 fu il punto di svolta far passato e futuro (sfilò al Circolo del Giardino di Milano la collezione autunno- inverno) capi realizzati da 5 aziende ognuna specializzata in un settore =collezione unica, stile unico (quello che ancora era diviso >il marchio). Ma nel 1972 presentò a Londra una collezione con un marchio > le iniziali del suo nome ma ne pagò il prezzo perdendo 4 aziende. Lo stile: invenzione dello stile con cui presentarsi al pubblico > il popolo dei giovani (variegato) > era neces- sario che ogni creatore ne adottasse uno riconoscibile e lo perseguisse nel tempo fino ad essere riconosci- bile ed identificato con esso.(Missoni scelse di concentrarsi sui materiali e sui colori della maglieria, Albini del revival). La modernità degli anni sessanta fu contrassegnata da un forte recupero del passato “la moda do- veva ripercorrere il proprio passato per trovare futuro). La seconda generazione: Nel 1975 Milano era diventata la capitale del prêt à porter,(ma Valentino decise di presentare le sue collezioni a Parigi); cominciarono ad apparire nuovi nomi come > Versace-Armani e Fer- ré. > Fra il 1979/80 “sorta di euforia commerciale”determinata dal recupero del mercato interno e dai risultati ottenuti su quelli esteri. (Modiit= fiera dell’abbigliamento confezionato >obiettivo > riunire in un unico spazio tutte le iniziative che si erano svolte nel decennio). Il casual: la 2° generazione di stilisti italiani si dedicò al casual /destrutturazione > l’oggetto destrutturato non era solo l’indumento > ma l’intera società. Si ricercava un sistema di vita + umano e naturale. Le novità del modo di vestire degli anni 70 provenivano dalla strada > abbigliamento eclettico che combinava, a piace- re,capi separati di provenienza e stile diversi > il “casual” = tutto quello che non era formale, da usare in ogni occasione, che ripeteva il corpo e la sua comodità (pantaloni ampi “jodphpur”,colori accesi)> in generale si trattava d’indumenti dalla struttura sartoriale molto semplice. La giacca Armani: Il casual italiano cominciò con la giacca > l’idea di Giorgio Armani > fu proposta a metà degli anni 70 quando la generazione del dopoguerra si trovò di fronte la necessità di assumere un ruolo adulto > lavoro. (Missoni propose un cardigan; Armani portò un indumento formale ma totalmente rinnovato >giacca con tessuti morbidi, annullò fodere eliminando imbottiture e rinforzi.) Quest’operazione su rivoluzio- naria, adatto a ogni occasione > negli Stati Uniti il successo fu immediato (1978 Diane Keaton ritirò l’Oscar come migliore attrice x il film “Io & Annie” con una giacca sportiva di Armani) Stilisti e industria: in quel momento si cercava di stringere un’alleanza fra l’industria e gli stilisti; Armani riuscì ad imporre le proprie richieste a un GFT (gruppo finanziario tessile) che assunse il ruolo di produttore “muto” delle collezioni firmate dallo stilista; in questo modo si affermarono le firme del “made in Italy”. Restaurazione anni ’80: la fine degli anni settanta rappresentò un modello di svolta. In Italia il delitto Moro pose termine alle utopie progressiste; contemporaneamente > nuovi comportamenti >i giovani abbandona- vano le piazze x le discoteche (dal modello di John travolta la febbre del sabato sera) dove si abbandonava la banalità quotidiana e si adottavano vestiti di spandex- lyurex-lycra-rayon-lamé d’oro-paillettes-strass. Il Club 54 a NY ne divenne simbolo >diete, jogging, aerobica e abbronzatura = aspetto atletico e sano. 1980>USA Ronald Regan presidente;Torino 40mila colletti bianchi contro il sindacato; Margaret Thatcher primo ministro in Gran Bretagna.. parole d’ordine > carriera-successo-denaro e potere (divisa >completo,camicia,bretelle,cappello,sigillario) non si badava ai costi. I giovani >i trend di strada conformisti del dopoguerra > i paninari. Le seconde linee: moda difficile ed estremamente lussuosa > realizzata con tessuti ricercati, lavorazioni innovative e costi adeguati > ma il problema era diversificare le offerte x i mercati differenti e perseguire la logica delle seconde linee e delle licenze. La1° linea > aveva carattere più artigianale e + esclusivo > (ma i giovani cercavano moda a prezzi contenuti, Armani e Galeotti lanciarono nel 1981 la linea Emporio Armani) La 2° linea > aveva l’obiettivo della vendita di massa (+ linea giovane). Il look e gli stili: era iniziata una nuova corsa alla scalata sociale > i ricchi degli anni ’80 dovevano “esibire” > si scelse la strada dell’ostentazione e del consumo > creare un look personale. La collezione primavera- estate 1983 segnò la svolta. Ferrè >moda sobria diretta a una donna colta e raffinata; Krizia > forme geome- triche, maglieria e plissé; Versace presentò il primo abito in maglia metallica; La firma divenne la chiave estetica dei nuovi consumi >status symbol. L’eleganza anni ’80 era aggressiva, ma tutti si concentrarono sulle donne in carriera > (come aveva previsto la Schiapparelli > abito/arma > Se vuoi essere preso sul serio devi vestirti seriamente) > così si prese spunto dal torace maschile, le spalle s’imbottirono > l’abito tornava ad assumere il significato di rappresentazione di un ruolo (abito/armatura). Il successo del made in Italy: Armani, Biagiotti, Coveri, Fendi, Ferré, Krizia, Moschino, Soprani, Valentino, Versace, Gigli, Dolce & Gabbana > diventarono i guru del gusto > il ventaglio era ampio, lo stilista aveva so- stituito il couturier nel ruolo d’interpretare i cambiamenti sociali e culturali > trasporli in tessuti,modelli e pro- dotti. La boutique monografie sostituì l’atelier e divenne il luogo in cui acquistare o vedere le ultime novità del look di moda. Come ai tempi di Napoleone il consumo di moda assunse un significato preciso: essere alla moda e farlo sapere dava la sicurezza di uno stato sociale raggiunto. L’Italian look interpretò appieno il desi- derio di essere e mostrarsi alla moda. L’Immagine che ciascuno stilista si era creato doveva essere sostenu- ta con tutti gli strumenti di comunicazione. Mode di strada, ricerca di avanguardia, produzione industriale: gruppi giovanili,altre esigenze >Vivienne Westwood-Londra > iniziò la propria attività all’interno del movimento punk > restituendo a Londra il ruolo del centro della ricerca + radicale ed eccentrica. Sul fronte opposto l’America propose una tendenza raffinata ed elegante basta sulla sobrietà > i giapponesi ne furono maestri (stilismo nipponico nel’70 con Kenzo e nel 73 con Issey Miyake; poi nel ’81 con Rei Kawakubo di Comme des garçonne e Yohji Yamamoto). La moda ita- liana scelse uno stile “massimalista”: abiti ricercati, ricchi di effetti revival barocchi e rococò, ma il troppo lus- so fece calare le vendite. Fra il 1989/90 Valentino decise di sfilare a Parigi x fuggire dall’atmosfera dell’alta moda romana. Fra i grandi degli anni 80 solo Armani e D&G riuscirono a mantenere intatta la propria posi- zione. Vecchi marchi e industria del lusso: rilancio di vecchi brand come Pucci e Gucci >x quanto riguardo Il primo, il gruppo LVMH lo ripropose sul mercato e nel 2002 fu affidato a Christian Lacroix; il secondo fu affi- dato nel 1990 a Dawn Mello e in seguito da Tom Ford > obiettivo= recuperare l’immagine di marchio di lusso > isolando i segni che lo avevano caratterizzato > il nuovo corso inizia con la collezione autunno-inverno 1995/96 (proponendo una rivisitazione degli anni 70) maschile > completi aderenti, pantaloni a vita bassa, colore e velluto; femminile > look sexy tacco alto e colori incandescenti > Le borse contrassegnate dal clas- sico manico di bambù . Il successo fu travolgente che si concluse con l’acquisizione dell’intero gruppo Gucci da parte di Pinault-Printemps-Redoute. Nuove forme di consumo: Dal punto di vista creativo la fine del 20° sec. fu rappr. dal prêt à porter > che offriva un pronto moda di buon gusto, qualità accettabile e prezzi bassi > l’acquisto era sempre + legato al piacere di modificare il proprio aspetto > Nacque così la nuova era della moda: quella della confezione in serie x il mercato di massa globale (successo di catene come Gap,Zara, H&M..) la moda d’élite però non era scomparsa.. HAUTE COUTURE E INDUSTRIA DEL LUSSO: CHANEL La rivoluzione dei costumi degli anni ’60/’70, l’affermazione delle culture giovanili,la democratizzazione occi- dentale e la diffusione del consumo di massa,avevano favorito lo sviluppo di un prêt à porter sempre più qualificato e creativo. L’industria del confezionamento non aveva più bisogno di andare a Parigi ad acquistare modelli da copiare,pochi si rivolgevano all’haute couture, rimaneva la clientela privata; anche se il vero volume degli affari era rappresentato dalla profumeria,dalle licenze e dal prêt à porter, no- nostante ciò Parigi 2 volte l’anno continuava a mettere in scena il grande spettacolo delle sfilate di haute couture, ma le collezioni comprendevano solo abiti da sera, pubblico formato da pochi clienti e molti giornali- sti, l’interesse x l’haute couture non era completamente esaurito e negli anni ’80 si riconsidera il tema del lusso. Karl Lagerfeld e la Maison Chanel:15 settembre 1982 la Maison Chanel affida a Karl Lagerfeld il ruolo di consulente artistico x l’haute couture > 1° collezione 1983 (notizia fece scalpore,era strano che a uno stra- niero specializzato in prêt à porter venne affidata la più antica casa di moda parigina). Lagerfeld nacque 1933 ad Amburgo ma viveva e lavorava a Parigi dall’età di 20 anni, nei primi anni ’80 era uno degli stilisti + famosi della moda d’avanguardia (artefice del successo di Chloé e Fendi). La Maison Chanel: dopo la morte di Coco (1971) la maison continuava a proporre i modelli che avevano avuto successo negli anni ’50/’60 >x tutti gli anni 70 la maison sopravviveva ma mancava di quello slancio creativo,le tendenze non erano dettate da Parigi. Agli inizi del decennio successivo la scena fu occupata da “donne in carriera” nate dopo la 2° Guerra mondiale. Proprietaria del marchio era (ed è tuttora) la famiglia Wertheimer (dal 1954); il socio e nemico storico di Coco > Pierre Wertheimer era morto nel 1965, il figlio Jacques prese il suo posto. Nel 1966 nomina Jacques Helleu direttore comparto profumi. Ma il figlio di Pierre non era in grado di gestirla se ne occupò il figlio Alain di 27 anni dopo aver seguito il metodo delle licenze x proporre diverse Boutique Chanel, affidò il compito di far rinascere a nuova vita il nome Chanel. L’haute couture di Karl Lagerfeld: la collezione presentata nel 1983 non suscitò grande entusiasmo, però c’erano 2 modelli= il 1° era un tailleur nero con giacca lunga e diritta portata portata su un paio di pantaloni con abbottonatura alla marinara + camicia bianca con colletto chiuso papillon nero e allacciatura nascosta e affrancata al calzoni con un bottone scuro (apriva un dialogo fra lo stile che aveva segnato gli esordi di Che- nel/ collezione del ritorno sulle passerelle nel 1954 e la moda contemporanea); il 2°un fourreau (tubino) di crêpe di seta nero con scollatura sulla schiena + collo e polsi decorati con catene applicate > trasformando tubino nero e bijoux in un trompe-l’oeil ricamato. Il “patrimonio spirituale” di Chanel: anni ’10 >cappello-linea fluida jersey; anni ’20 >tubino nero-tailleur sportivo-maglia bianca bordata di nero e perle; anni ’30 >abiti da gran sera di pizzo-pochette-tailleur con spalle imbottite- camelie e marchio doppia C; il dopoguerra >tailleur nero o tweed-abito da cocktail di mussola e accessori. La nuova moda Chanel: 1984 > collezione primavera firmata da K.L. > propone il denim; L’’avvicinamento alla modernità prosegue nelle stagioni successive. Il codice Chanel: nel 1997 la Maison Chanel distribuì un catalogo dal titolo “les éléments d’identificazione instantanée de Chanel”. Esemplare fu il lavoro fatto con i segni della 2.55 nel ’86; un tailleur venne ricamato con paillettes nere che formavano disegni a rombo e i bordi della giacca e delle tasche, erano rifiniti con l’applicazione di una passamaneria che simulava la catena dorata. Negli anni ’90, il tailleur iniziò a subire mutazioni > venne colorato tinte fluo la sua giacca fu indossata con una gonna di jeans e mutande da uomo, presto entrarono in passerella le mode di strada. Nel ’91la giacca di tweed, fu abbinata a gonne jeans, stivali da motociclista, chiodi in pelle +berretti di pelle con camelia e bi- joux.Il mito Coco: Lagerfeld era consapevole che tutto questo funzionava solo grazie alla sopravvivenza del mito di Coco Chanel e per questo doveva continuare ad aleggiare in Rue Cambon organizzando colpi di tea- tro che lasciavano il pubblico stupefatto.(Esemplare il finale della sfilata del ottobre ’94 dove 50 modelle por- tate in spalla da modelli salirono in passerella vestite come Chanel nella famosa foto scattata da Moral che ritraeva la stilista sulle spalle di Lifar). A sostegno del lavoro di Karl Lagerfeld aveva operato tutta la dirigenza Chanel >concludendo una strategia aziendale che vedeva nella moda il sistema + sicuro x far crescere le vendite di tanti prodotti.
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