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Storia della moda XVIII - XXI secolo pt. 2, Dispense di Costume E Moda

Sintesi di storia della moda da "La moda Neoclassica" a "Christian Dior"

Tipologia: Dispense

2022/2023

Caricato il 31/05/2023

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Lalla-study 🇮🇹

4.8

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Scarica Storia della moda XVIII - XXI secolo pt. 2 e più Dispense in PDF di Costume E Moda solo su Docsity! La moda Neoclassica Le mode del direttorio Con la caduta di Robespierre finì la fase ideologica della rivoluzione. Il direttorio cominciò con feste e balli: Bals de Victimes cui potevano partecipare solo quelli che avevano avuto parenti ghigliottinati durante il terrore. Era uno strano modo per commemorare le vittime, ma forse si trattava soprattutto di una reazione alla paura vissuta e un lasciarsi andare alla sensazione di essere dei sopravvissuti. E questi rituali, un po' pagani e un po’ orgiastici, produssero segni vestimentari specifici che si trasformarono in mode femminili che avevano il sapore di una nuova ideologia, contraria a quella passata. Capelli tagliati, scialli Rossi, simili a quello che il boia aveva gettato sulle spalle di Charlotte Corday mentre andava al patibolo, un nastro rosso al collo virgola che ricordava il taglio della ghigliottina, un nastro dello stesso colore incrociato intorno al busto. La reazione maschile si servì di segni meno precisi ma più vistosi: i giovani borghesi avevano indumenti ispirati alla moda inglese di cui venivano esagerati gli effetti sartoriali. La divisa era fatta per contravvenire alle regole dell'abbigliamento sanculotto. La tunica femminile Il direttorio segno un fondamentale momento di passaggio nella moda femminile borghese se durante la rivoluzione gli abiti erano strumenti per comunicare significati ideologici, ora l'abito fu affrancato dalla politica. Dopo la caduta di Robespierre, le donne cominciano a indossare abiti dritti di mussolina bianca che ricordavano le tuniche classiche. C'era però anche una terza fonte d'ispirazione per questo candido indumento di cotone leggero: la pittura di tema storico, romano e greco, di cui David era stato il massimo rappresentante. Ma ciò che più direttamente influenzò l'immaginario collettivo della fine del 700 fu probabilmente il teatro, che l'illuminismo aveva indicato come educatore della nuova società. Dal momento in cui cominciò a farsi strada il principio della vera somiglianza dei personaggi e delle scene, sparirono i fantasiosi travestimenti che avevano caratterizzato le rappresentazioni dei decenni precedenti, sostituiti da abiti più adatti ai famosi eroi che agivano sulla scena. Per facilitare il compito dei costumisti furono pubblicate storie del costume classico corredate da immagini e studi dell'iconografia antica, con risultati che dovevano avvicinare la messinscena delle tragedie di ambienti romano ai quadri di David, che in alcuni casi aveva svolto anche questo compito. Alla metà degli anni 90, quello che era stato un movimento erudito di archeologi e linguisti e un grande fenomeno estetico e artistico si stava trasformando in gusto. In questo scenario decorativo si inseriva male, la figura femminile vestita di un caraco e una sottana fiori, ma diventava perfetta quella accarezzata da un abito bianco che ricordava la tunica antica e avvolta in uno scialle ispirato al mantello delle matrone romane. Questo abbigliamento era già stato proposto agli inizi degli anni 80, ma aveva limitato la sua circolazione alle cerchie intellettuali. La mancanza di riviste di moda non ci permette di seguire gli sviluppi del fenomeno. Probabilmente fu uno stile di strada proposto dalle Marchandes du mode e dalla pittura d'avanguardia. “Le Journal de dames et de modes” che cominciò a uscire nel 1797 pubblicò modelli scollati e dalle maniche corte, come nei ritratti dello stesso periodo. L’illuminismo aveva lasciato una nuova concezione del corpo e dell’igiene, la tradizione borghese prevedeva una vita attiva, la rivoluzione aveva rotto con i rituali del palazzo sostituendoli con il gusto della città. La festa continua del direttorio, si svolgeva nelle case dei nuovi potenti e nei luoghi pubblici alla moda. L’abito femminile si adeguò a tutto questo: eliminate le sottostrutture, si ridusse a una camicia di cotone leggero con la vita alta, segnata, prima da una cintura passata all’interno ad arricciare il tessuto, e poi da un taglio e da una costruzione sartoriale vera e propria. Ai piedi le signore calzavano dei sandali, in seguito sostituiti da scarpine con i lacci alle caviglie. Per poter portare le cose con se, in passato ci stavano le tasche, ma ora si adottò una minuscola sacca. Era un modo di vestire assolutamente nuovo, sia nella foggia, sia negli usi: non c’era la distinzione tra abito formale e abito informale, e la semplicità del modello e la sua trasparenza, risaltavano il corpo. L’abito poteva essere fatto di lino o di impalpabile mussolina indiana, due materiali dal costo decisamente diverso. Poteva essere indossato nella sua totale trasparenza, e con gli accessori; ma la moda richiedeva di seguire la soluzione più lussuosa ed estrema: non era più tempo di virtù repubblicane, e non c’era più una corte che potesse stabilire le regole del buon gusto. L’abito poteva essere cucito in casa, o realizzato da una sarta, e anche questo faceva una notevole differenza. L’apparente semplicità dell’abito all’antica, infatti, nascondeva una vera struttura sartoriale che si andò affinando nel tempo: la schiena era sagomata, in modo da essere molto Lione del 1793, inoltre, aveva causato la crisi totale della produzione serica: le fabbriche avevano chiuso i telai erano stati distrutti. la moda aveva poi modificato le abitudini di consumo: la sostituzione dello stile francese con quello inglese aveva indirizzato l'abbigliamento maschile verso il panno abbandonando la seta. Lo stesso era accaduto per le donne, che l'avevano accantona per rivolgersi al cotone e alla mussolina indiana. Napoleone intervenne presso in aiuto di Lione reintroducendo l'abito di Corte di seta operata e i mantelli di velluto, tappezzando nel nuovo stile impero tutti i palazzi in cui collocò la propria Corte e favorendo in ogni modo la sostituzione, nell'abbigliamento delle Dame, dalla mussola con i cotoni francesi il tulle e la seta leggera. Il grand habit di corte La reintroduzione dei rituali, dei cerimoniali dei protocolli di Corte richiese l'elaborazione di un modello vestimentario e di apparato adatto agli eventi ufficiali. Se per gli uomini si tornò al habit a la Francaise, che rappresentava in modo perfetto la separazione fra spazio quotidiano e spazio cerimoniale. Ma l'abito di Corte non era più solo una questione di moda, la sua funzione doveva essere innanzitutto simbolica punto per questo fu dedicata tanta cura all'allestimento della cerimonia dell'incoronazione, che doveva fissare nell'immaginario collettivo l'aspetto e il significato della Corte e del potere imperiale francese. Napoleone indosso una tunica di raso bianco, ricamata in oro e bordata di una frangia, è un pesante mantello di Corte di velluto porpora foderato di ermellino, la cui Foggia ricordava il tradizionale manto regale, che era stato ricamato in oro da Picot con un motivo che comprendeva monogrammi a forma di lettera n, api e foglie di olivo, all'oro e quercia. Ai piedi portava un paio di scarpe, anch’esse ricamate in oro, con un disegno che fingeva i lacci dei sandali romani. Un diadema di foglie di alloro, lo scettro, la mano della giustizia e la spada che si riteneva fosse appartenuta a Carlomagno, completavano l’immagine imperiale. La stessa cura, anche se con minori portati simbolici, era stata dedicata all'abito di Josephine, con cui si intendeva ripristinare la tradizione del grand habit dell’ancien regime senza però riprenderne la forma. Il vestito vita alta dell'imperatrice era di raso bianco broccato d'argento ricamato in oro e completato con una frangia. La linea neoclassica era però arricchita da alcuni particolari revival, come il rigonfiamento nella parte alta delle maniche decorato con tralci ricamati in oro e file di diamanti che riprendeva una Foggia rinascimentale. Allo stesso modo la leggera cherusque, di merletto di seta ricamato in oro, che segnava le spalle, ricordava mode passate il vero elemento che trasformava il raffinato abito alla moda di Josephine in un grande bit di Corte era però il manto di velluto porpora, foderato di ermellino e ricamato in oro, chi si allacciava alle spalle con due bretelle. Josephine divenne la guida assoluta del buon gusto femminile e in qualche misura fu il vero depositario dello stile impero e della moda di Corte, tanto che la sua influenza ì non finì nel momento in cui divorziò da Napoleone. Anzi al contrario l'imperatore impose alla sua successiva compagna di vestirsi con lo stesso gusto che aveva caratterizzato la Corte negli anni precedenti, così da non modificarne in nessun modo l'immagine pubblica. L’affermazione della moda Borghese La nuova cultura del lusso La nuova società che si era sviluppata dalla rivoluzione e dall'impero virgola e che alla fine aveva voltato le spalle a Napoleone, era rappresentata dall'amalgama descritto da Balzac in cui però la borghesia aveva una parte preminente. La restaurazione non significo un ritorno all'ansia regime, ma l'affermazione di nuove regole sociali ed economiche alla cui riuscita era necessario il pacificato apporto all’aristocrazia. La vita parigina della restaurazione aveva perso tutti gli eccessi del passato: privato e pubblico erano diventati due sfere separate e pressoché in comunicanti lavoro e casa erano i regni dell'uomo e della donna; in mezzo ai due poli, la città offriva una serie di attività di piacere e di divertimento destinate, o almeno aperte, a tutti. C'erano giardini e parchi dove passeggiare o mostrarsi su lussuose carrozze, caffè dove sostare e per la sera, teatri, balli, concerti, opere liriche. Fecero la loro comparsa anche i primi luoghi di vacanza al mare. La stessa famiglia reale non si distingueva per un tenore di vita particolare. Le eccezioni a questa norma generale erano considerate con disprezzo dai benpensanti punto lo spreco era diventato una colpa. Questo non significa che la borghesia che si andava affermando rifiutasse gli agi della ricchezza: semplicemente, non si riconosceva nella cultura del lusso ostentato e dello sperpero, nei confronti dei quali aveva forti remore moralistiche, e non intendeva consumare patrimoni faticosamente accumulati le spese che avevano il loro scopo di scimmiottare l'antico edonismo aristocratico. Il lusso borghese prese quindi altre strade quella dell'eleganza e quella del comfort di matrice inglese, che si innestò facilmente nella cultura della casa e del privato che contraddistinse l'epoca. Il comfort I racconti dei viaggiatori che alloggiavano in Inghilterra in questo periodo si soffermavano, con meraviglia e a volte con un po’ di ironia, a descrivere tutte le piccole cose che persino nelle stanze delle locande erano a disposizione dell'ospite per rendergli più comoda la vita è più piacevole il soggiorno. Oggetti, dettagli, segni di una nuova cultura materiale finalizzata alla comodità, all'igiene del corpo e della casa, al benessere: lussi privati spesso privi di qualsiasi aspetto esteticamente ricercato fatti per una gestualità quotidiana normale ma anche virtuosa. La moda del revival La struttura simbolica di base che gli abiti dovevano comunicare era costantemente arricchita da significati aggiunti, solo raramente si cambiava la linea dell'abito. Le mode non nascevano come fatto separato ma come parte di un gusto generale che coinvolgeva tutto il vivere sociale. Nella prima metà del secolo, il movimento romantico diffuso una moda storicista che si manifestò attraverso la letteratura, il teatro. Dal medioevo al Rinascimento tutto era fonte di ispirazione, anche l'abito femminile percorse lo stesso cammino. Il maggior successo fu l'abito aristocratico per eccellenza, con busto e gonna ampia, revival di un segno che assimilava le nuove signore alle Dame di Corte dell'ancien regime. non mancavano richiami alle colonie con esotismi. Il museo diventa il luogo dove reperire gli esempi da imitare. Il revival e il kitch che caratterizzarono i manufatti di questo periodo costituivano una negazione dell'eleganza ma diventarono una parte importante della cultura medio borghese che aveva scoperto in essi una fonte di ricchezza per il commercio. L'arricchimento rapido dato dal sistema capitalistico stava creando una situazione di benessere improvvisa, che non aveva dato tempo alla media borghese di educarsi al buon gusto dell'aristocrazia. Ci si lasciò andare al piacere di possedere cose mai avute prima, pensando che fossero più preziose tanto più assomigliavano a quelle delle classi dominanti del passato. La moda rimase a lungo esente dalle esagerazioni più vistose e limitato lo spazio della copia alle feste in costume. Le sarte seppero limitare le citazioni storicisti alle decorazioni. La diffusione delle mode gli strati sociali richiedeva strumenti moderni che vennero messi a punto da nuovi professionisti. Magasine de nouveautes Il commercio degli articoli di moda si era sviluppato nel periodo napoleonico, alle mearchandes de modes, si erano sostituiti i magasins de nouveautes che comprendeva tutti i settori riferiti all'abbigliamento e ai suoi accessori. Adottarono l'abitudine di esporre la merce in modo che fosse visibile anche all'esterno. Volantini e manifesti furono il primo veicolo pubblicitario diretto. Dagli anni 40 la loro organizzazione divenne più moderna: catalogo delle proprie merci da fornire al pubblico, in cui era descritta la suddivisione della struttura commerciale in reparti omogenei. In questo periodo subì una trasformazione fondamentale anche il rapporto con la clientela: guadagnare poco su ogni cosa per vendere di più, prezzi fissi e conosciuti, nessun acquisto obbligato, possibilità di rimborso. Fondamentale erano i prezzi: non più un mercato di lusso con prezzi esagerati ma il contrario. La produzione industriale immetteva sul mercato grandi quantità di prodotti e aveva costi più bassi di quelli artigianali. La confezione La vera novità di questa fase della società borghese fu la confezione. Gli abiti delle classi sociali più alte continuarono ad essere confezionati da couturieres, I cui modelli venivano pubblicati sulle riviste. I ceti medi e piccoli non potevano permettersi gli stessi fornitori ma rifiutavano anche di ricorrere al mercato dell’usato. Il problema riguardava soprattutto gli uomini, consci delle esigenze di decoro e di proprietà. Per rispondere a questa domanda, Parissot creò un'impresa in cui vendere indumenti maschili, confezionati in serie e nuovi, che all'inizio erano destinati solo al lavoro. Il successo fu tale che in breve confezionò anche abiti borghesi di tipo corrente. Fu dagli anni 40 che la realizzazione di abiti pronti ebbe un vero sviluppo. La confezione femminile riguardava solo indumenti che non richiedevano di essere modellati sul corpo e seguì una logica diversa da quella maschile. Si rivolgeva a un mercato di signore ricche ed eleganti a cui proponeva capi e accessori costosi ultima moda. Si diffusero due nuove professioni: le confezioniste e le sarte- confezioniste, le prime fabbricavano su carta modello, le seconde realizzavano, oltre ai normali indumenti su misura, preconfezionati da vendere direttamente. La produzione di indumenti pronti non riguardò l'abito intero ma ci fu una novità dagli anni 40, quando l’industria tessile iniziò a commercializzare pezze stampate già pensate in Funzione del modello finale. “Robe de Paris”: taglio da mettere in vendita con una litografia di una figura femminile vestita secondo la ripartizione della stoffa e la maniera in cui tagliarla. Le indicazioni potevano essere sia per una sarta che per una signora capace di cucire. Era ancora un tessuto venduto metraggio ma consentiva di vendere abiti completi quando ancora non si pensava a modelli femminili già fatti. I grandi magazzini 1848: grave crisi economica, fine della prima fase dello sviluppo industriale, serie di rivolte/rivoluzioni in UE. Iniziò una ripresa che dal 1850 diventò un boom economico mondiale. il capitalismo ebbe nelle esposizioni universali i suoi riti di auto-esaltazione. I grandi magazzini furono la forma stabile delle grandi esposizioni, la merce poteva essere ammirata ma anche acquistata. Degli anni 50 cominciarono a sorgere i nuovi grandi magazzini, Queste imprese cominciarono subito a ingrandirsi, approfittando della trasformazione urbanistica fino ad arrivare a occupare interi quartieri. Il successo delle imprese attirò l'attenzione di finanziatori che investirono grandi somme in questa nuova forma di attività commerciale. La regola del grande magazzino era la stessa delle MN: ridurre il margine di profitto sui singoli articoli per aumentare le vendite e il giro delle merci/capitali. Richiedeva una produzione in serie capace di offrire costanti novità, sono l'industria tessile e la produzione di confezione ne erano capaci. Fino agli anni 70 l'oggetto principale della vendita commerciale furono la moda E gli oggetti di artigianato. Ogni reparto, specializzato in una merce, era gestito individualmente da un responsabile. L’Assenza di qualsiasi coercizione all’acquisto era l'obiettivo della messinscena del grande magazzino: la signora borghese doveva essere indotta ad entrare, dimenticare i propri principi etici E lasciarsi andare agli acquisti. Per questo vennero utilizzate calcolate tecniche scenografiche. La facciata assunse lo stile eclettico della nuova architettura pubblica, ma il vero strumento di adescamento erano le vetrine: affascinate da esse, le virgola che fornivano dei tessuti, accessorie confezioni la clientela più importante e raffinata: la nobiltà e l'alta borghesia sia francese sia internazionale. Lentamente in questo contesto si fece strada la figura di un professionista che, all'interno del grande magazzino, assunse il compito di guidare nella scelta degli abiti, oggi noi lo definiremmo come un commesso virgola che cercava di interpretare le esigenze delle clienti e operava una prima selezione fra le merci. Dall'impero personalità delle vetrine e dei banchi specializzati si cominciò a passare a un rapporto fiduciario nei confronti di qualcuno che per professione si intendeva di abbigliamento e proprio per questo poteva dare consigli. In questo momento Charles Friederich Worth fece il suo ingresso nel mondo della moda parigina. Charles Friedericl Worth (1825 – 1895) Worth era nato in Inghilterra nel 1825 in una famiglia borghese e aveva svolto il suo apprendistato in due notissime ditte di tessuti londinesi prima di recarsi a Parigi nel 1845. Qui lavoro come commesso a La Ville de Paris, prima di essere assunto come assistente alle vendite da Gagelin, uno dei più importanti magasin de modes della città, specializzato in novità esclusive, ricami dell'india, articoli di gusto, sete e scialli cachemire. Presso fu incaricato di occuparsi del reparto scialli e mantelli e qui cominciò a introdurre la prima innovazione: quella di presentare i capi utilizzando come modella una commessa del reparto virgola che sarebbe poi diventata sua moglie. Probabilmente per far risaltare maggiormente gli scialli proposti, realizzo per la modella semplicissimi abiti con la crinolina che le clienti notarono e richiesero: anche le signore dell'alta società cominciavano a essere attratte dall'idea di acquistare indumenti già fatti purché fossero alla moda e lussuosi come quelli che ordinavano dalle loro sarte. Nell’aprile del 1858, Worth creò una nuova società, insieme a Bobergh, uno svedese che forse aveva conosciuto quando lavorala a La Ville de Paris. La nuova maison offriva servizi nuovi: innanzitutto vendeva stoffe, ma soprattutto proponeva abiti esclusivi progettati da Worth, anche con varianti di colori e tessuti, che venivano confezionati su misura secondo le modalità imposte dalla creatività del couturier. La società del secondo impero Il mondo che cominciò a rivolgersi a Worth. Seguendolo nella sua impresa privata, era quello del secondo impero, che ruotava intorno alla nuova corte e ai gusti dell’imperatrice eugenia. Questa società ricca, opulenta e amorale cercava di dare al proprio denaro un'immagine che fosse capace di rendere visibili innanzitutto i propri trionfi, manchi l'adozione di un modello politico e sociale conservatore, il più possibile lontano da sospetti rivoluzionari. Il colpo di Stato del 1851 virgola che aveva abbattuto la Repubblica nata dalla rivoluzione del 1848, aveva trasformato un socialista in imperatore e virgola con lui, aveva portato al potere l'intera classe dirigente che per l'occasione aveva barattato la rappresentatività repubblicana con la monarchia. Super questo che da un lato vennero riesumate le regole delle vecchie etichette di Corte e dall'altro ci si affrettò a fregiarsi di insegne di nobiltà pagate con il denaro. L'imperatrice, una contessa di origine spagnola, aveva un mito che poteva essere adottato e pubblicamente enfatizzato come modello estetico e di comportamento per rispondere a questo desiderio diffuso: l'ultima fase dell'ansia regime prima della rivoluzione e l'infelice regina Maria Antonietta, nelle cui vesti Eugenia si era fatta raffigurare, dal pittore più in voga in quel tempo nelle corti europee. Anche la moda, evidentemente, siete qua a questo gusto e per tutti gli anni 50 si impegnò a segnalare il lusso e a ricchezza attraverso i metraggi riflettuto necessari alla realizzazione dell'abito femminile. La crinolina assunse proporzioni sempre più esagerate per adeguarsi al desiderio di revival che percorreva la società parigina e la quantità di stoffa necessaria per confezionare un abito alla moda in pochi anni raddoppio. La moda di Worth Worth si inserì in questa moda senza cambiarne la Foggia, ma proponendo i vestiti più semplici e rispetto a quelli che uscivano dalle mani dei produttori di lusso. La sua lunga esperienza in campo tessile e la conoscenza della sartoria inglese divennero le basi per abiti in cui tessuti e forma erano sempre strettamente correlati e in alcuni il taglio si incaricava di costruire una struttura perfetta, su cui poteva essere applicata ogni sorta di decorazione senza intaccare la vestibilità dell'abito. La sua fama iniziale derivò anche da un modello da sera dall'aspetto lieve èei un romanticismo particolare: il tessuto pesante con cui era realizzata la gonna era coperta di tulle di seta punto la novità non contraddiceva l'intento sociale in cui l'abito doveva adeguarsi: essere risultava ancora più lussuoso per il raddoppiamento del tessuto necessario, ma contemporaneamente suggeriva virgola in modo del tutto originale, quell'idea di frivolezza che caratterizzava la pittura del 700. L'ingombro del vestito veniva mascherato e la sua pesantezza annullata da questa nuvola leggera da cui le bianche spalle delle signore emergevano in modo conturbante come la una scultura di zucchero filato, resa ancora più impalpabile per il colore candido con cui veniva normalmente realizzata. Il successo in una ristretta cerca di clienti dell'alta borghesia virgola che l'aveva seguito nella sua impresa virgola non era però sufficiente perché il nome di Worth diventassi sinonimo di moda. Per raggiungere questo risultato era necessario conquistare l'imperatrice e le sue Dame inserirsi in quella élite di fornitori che potevano da un lato e realizzare gli infiniti modelli di altissimo costo che erano imposti dalla nuova etichetta, e dall'altro, utilizzare l'immagine della Corte per accreditarsi nei confronti del pubblico borghese virgola che continuava a guardare alla nobiltà. Dopo l'obiettivo fu raggiunto nel 1860, quando la moglie di Worth vestita con un abito del marito, fu mandata a sottoporre i figurini di un album di modelli a una vera aristocratica, la principessa Pauline, elegantissima e colpa moglie dell'ambasciatore austriaco, arrivata a pochi mesi prima a Parigi. Essa ordino due modelli: un modello da giorno e un abito da sera in tulle di seta bianco e argento, con cui si presentò a Corte. L'interesse suscitato all'imperatrice aprì al couture la porta dell'alta società virgola che cominciò a frequentare la maison e segnò il suo definitivo successo. Raggiunta la fama voluta, Worth cominciò ad apportare i primi cambiamenti alla Foggia dell'abito femminile. A questo punto gli era sufficiente che le Dame di Corte e l'imperatrice adottassero un modello perché queste diventasse di moda. Utilizzando la nuova vetrina costituita delle corse dei cavalli è la moglie come modella, presento un nuovo coprispalle in merletto di dimensioni ridotte al posto dei lunghi avvolgenti scialli che in quel periodo coprivano gli abiti virgola e un cappello che lasciava vedere l'acconciatura. Si trattava ancora di particolari che però mettevano in discussione una maniera di vestire universalmente adottata e che, soprattutto virgola non venivano imposti dal capriccio di qualunque signora la moda, ma da un sarto attraverso la sua portavoce ufficiale. Il 1864 fu l'anno dell'affermazione, egli divenne fornitore ufficiale degli abiti da sera e di rappresentanza dell'imperatrice punto a questo punto poteva permettersi di uscire con proposte davvero innovative punto la prima venne creata appositamente per Eugenia, la cui passione per le passeggiate era messa in difficoltà della lunghezza e dall'ingombro delle gonne alla moda:Worth la tolse d'impaccio creando un abito in cui l'orlo si fermava alla caviglia. Il modello era costituito da una sottoveste corta e una sopravveste drappeggiata. Nonostante la singolarità dell'indumento virgola che creo qualche perplessità moralistica, la sua diffusione è documentata sia dai margini dell'imperatrice sia da figurini di moda sia da alcuni abiti. Ma questa innovazione aveva un Fu negli anni 80 che Worth concentrò la propria creatività sul gusto storicista, ripercorrendo i modi di vestire e gli stili di tutte le epoche. Le fonti di ispirazione erano facilmente riconoscibili, perché spesso si trattava di quadri celebri conservati nei musei, utilizzati sia come spunti creativi, sia per ricavarne i dettagli. Mentre infatti, le fogge rimanevano di norma all'interno delle mode consolidate, i tessuti, i particolari sartoriali e le decorazioni si arricchivano di richiami al passato che si susseguivano e si accavallavano proponendo, sulla scena della couture secoli e corti diversi a seconda della stagione. Dal 500 al 600 furono ripresi colletti alla lattuga o le ampie maniche, ma anche nuove soluzioni per mantelli, stole e cappe da sera derivati, a volte in modo diretto, da Fogge maschili di diversa provenienza. Antica aristocrazia e borghesia attuale si intrecciavano per assecondare i riti della nuova società. la stessa sopra gonna aperta sul davanti e drappeggiata sul dietro che richiamava alla mente gli abiti femminili all'epoca di Luigi quattordicesimo poteva essere dotata, secondo una pratica molto comune virgola di due corpetti: uno da sera scollate senza maniche, con applicazioni di fiori o merletti rigidi virgola e uno da giorno con lunghe maniche elaborate e collo montante, per meglio adeguarsi alle esigenze al modo di vivere di una ricca signora di fine 800. Tutta questa ricchezza di elementi decorativi virgola che vestirono un decennio molto difficile dal punto di vista economico, se c'è sparire la linea verticale dei primi anni 80 e tornare alla moda la tournure virgola che dal 1883 ricomparve trionfalmente sotto le gonne, dove rimase fino alla fine del decennio. Non era più un rigonfiamento di crine arricciato degli anni 70, ma una piccola gabbia metallica dalla struttura squadrata destinata a sostenere un vero e proprio ampliamento posteriore della gonna. Gli anni 90 gli inizi degli anni 90 segnarono una serie di cambiamenti nella maison di Worth, suo figlio, che lavorava nell'atelier dalla metà degli anni 70, assunse una maggiore parte di compiti creativi e contemporaneamente si assistette a nuove trasformazioni di Foggia e di decorazioni. Comparvero infatti le prime concessioni al giapponesismo virgola che con il suo linguaggio figurativo, stava influenzando ormai da tempo tutta la cultura artistica d'avanguardia. Worth Non fu certamente tra i promotori del nuovo gusto o tra i collezionisti di stampe giapponesi, tuttavia adotto per i suoi abiti decori, tessuti o ricamati, che non possono che essere riferiti a quella corrente estetica, come lampasso a tulipani o il ricamo con il sole tra le nuvole. Abbandonata per la seconda volta la tournure, la figura femminile assunse quell'andamento verticale che la maison aveva destinato per anni ai modelli da indossare all'interno delle mura domestiche. La gonna fù alleggerita da tutti gli elementi di decoro che la tagliavano orizzontalmente e prese una forma campana. si trattava indubbiamente di una soluzione moderna e più funzionale della precedente, ma il pubblico femminile non era ancora preparato a tanto rigore, per cui la stampa specializzata si affrettò ad attribuire all'innovazione un significato di tipo storico. Pur conservando il busto steccato e i riferimenti di tipo storico, l'abito si alleggerì e si semplificò. La gonna campana con il breve strascico venne avvolta accompagnata con corpetti aderenti, ma più spesso comparve in abiti Princess, ti mettevano pienamente in risalto la semplicità della nuova linea. Erano i primi sentori di una nuova epoca. le signore che si vestivano da Worth erano un establishment che voleva essere alla moda senza troppe rivoluzioni e senza mettere in discussione la certezza di gusto della Maison. La semplificazione strutturale non impedì nuovi revival. Worth morì nel 1895, per diversi anni la Maison continuò ad essere un punto di riferimento fino alla fine degli anni ’20 del 900, poi altri assunsero il suo compito. Dal 1870 Worth diresse da solo la Maison anche se negli anni ’60 aveva coinvolto i figli. Aveva realizzato abiti perfetti sia dal punto di vista del gusto che della confezione, ma anche costruendo dal nulla il personaggio del couturier. Questo ruolo doveva essere riconosciuto e riconoscibile e lui decise di comunicarlo attraverso i segni che utilizzavano gli artisti. Trasformò il suo aspetto in modo eccentrico e si atteggiò a tiranno delle sue clienti. Questo era finalizzato a rafforzare l’idea di originalità del prodotto di proprietà intellettuale. Affermarsi di una figura professionale che non produce generiche tendenze ma creazioni esclusive, autentico è solo l’abito con l’etichetta. Ciò si contrapponeva alla tradizione di pubblicare figurini per far si che gli abiti venissero copiati dalle sartorie e dalle donne stesse. Il Couturier non era più un semplice artigiano, rivendicava il ruolo di lavoratore intellettuale che aggiungeva alla sapienza di mestiere la propria creatività. Convinse le proprie clienti di essere delle elette, e la Maison non era aperta a tutti. Questo non significava che egli non avesse chiaro qual era il vero mercato del gusto: tutti i rituali della mitologia artistica che vennero messi in atto servivano per conquistare Parigi e poi l’America. Si era reso conto che la clientela borghese non poteva dargli il successo che cercava, Solo le dame dell'aristocrazia potevano. L'aristocrazia e l'alta borghesia erano i modelli di riferimento del gusto. Ogni gruppo sociale andava trattato secondo regole e aveva un certo peso, egli riuscì a coordinare le loro esigenze utilizzando gli strumenti della modernità: la vendita esclusiva di modelli da realizzare all'estero, La comunicazione attraverso le riviste di moda. Gran parte dell'aristocrazia europea si servì da lui, il successo della maison non dipese dall'essere fornitore ufficiale di varie case regnanti, ma dal vestire le nobildonne più in vista leader della moda. In eguale misura fu curato il mondo dello spettacolo e della mondanità, che fu un tramite indispensabile con il grande pubblico. Fu per raggiungere l'immaginario borghese che cominciò a presentare i modelli sulla rivista “L’art de la Mode” prima testata che sceglieva di rivolgersi all’elite. L'obiettivo non era propagandare I propri modelli per farli copiare alle sarte, ma era accrescere la sua fama. Ciò gli era indispensabile per la clientela più importante, Quella americana, attratta dalla cultura europea. La moda di Worth arrivò a un pubblico più vasto attraverso sistemi di comunicazione e diffusione, I magazzini di moda americani e inglesi acquistavano a Parigi abiti per essere copiati. Fu alla fine degli anni 80 che “haper’s bazar” assunse il ruolo di “L’art de la Mode” e la maison lo utilizzò per pubblicizzare i propri modelli. avevano creato abiti femminili adatti al loro tipo di pittura, quindi “medievali”, con indumenti morbidi, maniche Avevano creato abiti femminili: adatti al loro tipo di pittura, quindi “medievali”, con indumenti morbidi, maniche ampie, capelli sciolti. Gli abiti non richiedevano alcun busto o crinolina, riproponevano un ideale di gusto elaborato sulla base di un Medioevo mitico, visto come luogo di totale integrazione tra classi sociali e come momento perfetto del capitalismo Il kùnstlerkleid Il progetto di una riforma del modello culturale borghese ottocentesco nel giro di pochi decenni si diffuse in tutta Europa e in vari paesi si formarono gruppi di artisti che perseguivano questa utopia di cui il vestito estetico divenne il simbolo. Gli esoterici frequentatori di Ascona adottarono indumenti che rispettavano la bellezza del corpo e rispettavano la bellezza del corpo e rispecchiavano l’armonia tra soggetto e natura, Henry van der Velde, inventarono abiti femminili dal taglio semplificato, la vita alta, la gonna lunga e sciolta. Più rivoluzionari furono i risultati di Klimt, che disegnò per sé e per la sua compagna Emilie Flöge modelli ispirati alle tradizioni orientali. L’abito alla greca Nel 1890 venne fondata la Healthy and Artistic Dress Union, che intendeva promuovee un modo di vestire che non fosse contrario alla salute ma che avesse un alto valore estetico e quindi diversi autori come Walter Crane furono incaricati di rappresentare il nuovo modello vestimentario da pubblicare sulla loro rivista “Aglaria”. Il vero interprete dell’abbigliamento greco fu l’artista catalano Mariano Fortuny che reinventò il modello del chitone e lo tradusse in una tunica chiamata “Delphos” e poi tributò con la sciarpa “Cnossos” un omaggio alla scoperta della civiltà minoica e degli scavi a Creta; I futuristi Balla teorizzò una forma estetica adeguata al mondo del futuro che coinvolgeva l’apparire sociale, lui realizzò scialli, Balla teorizzò una forma estetica adeguata al mondo del futuro che coinvolgeva l’apparire sociale, lui realizzò, scialli, cinture, sciarpe, borse, camicie, cappelli e tessuti ma la collaborazione tra il futurismo e la produzione di moda fu pressoché assente. Tuttavia, le realizzazioni più interessanti furono i gilet ed assemblage prodotti da Balla e Depero negli anni venti, che comunque, ebbero scarsissima diffusione. Costruttivismo e Rivoluzione russa nella Russia post rivoluzionaria vennero presi in esame i vestiti come componente simbolica, Nella Russia post-rivoluzionaria vennero presi in esame i vestiti come componente simbolica, per creare un abbigliamento per tutti e che non comunicasse più segni della distinzione sociale, la ricerca di una nuova bellezza in ambito vestimentario tenne conto di due elementi di fondo: la possibilità di una produzione industriale e il legame con la tradizione popolare russa. La generosa adesione di sarte e artisti al progetto rivoluzionario però si scontrò con la realtà dei fatti: l’arretratezza del sistema produttivo sovietico non consentiva una vera produzione di massa, i progetti rimasero però in gran parte irrealizzati o limitati a prototipi da esporre alle mostre nazionali. Caso Thayat spesso associato al futurismo anche se i suoi rapporti con il movimento di Marinetti risalgono solo alla fine degli Spesso associato al futurismo, anche se i suoi rapporti con il movimento di Marinetti risalgono solo alla fine degli anni Venti, era una risposta al costo proibitivo dei tessuti: indumento intero composto da camicia e pantaloni, abbottonato sul davanti e trattenuto da una cintura. Propose anche una tuta da donna, una sorta di camicia da uomo allungata, con una parziale abbottonatura sul davanti e le maniche corte da indossare con la cintura stretta in vita; Sonia Delaunay rtista russa trasferita in Germania e poi a Parigi per completare la propria formazione, il suo incontro con il Artista russa, trasferita in Germania e poi a Parigi per completare la propria formazione, il suo incontro con il mondo dei tessuti e della moda ebbe inizialmente un carattere privato e quel contenuto eccentrico e provocatorio che caratterizzò molte delle realizzazioni dei primi decenni del Novecento, una robe simultanee dai colori violenti, che essa stessa indossò nel 1913. Negli anni venti cominciò a realizzare abiti simultanei e robes-poemes per un ristretto gruppo di intellettuali e collezionisti, poi fu contattata da un produttore di sete lionese che le commissionò 50 disegni e l’anno dopo aprì l’atelier Simultané, significativa fu la sua ricerca sulla decorazione tessile, che modificò in modo sostanziale i disegni e i colori di indumenti e oggetti d’arredo, principalmente attraverso la stampa ma anche il ricamo. Paul Poiret (1879 – 1944) Ma la sperimentazione di mezzi pubblicitari innovativi non si fermò qui, utilizzò tutti i modi possibili per far parlare i giornali, come la serata in costume “La festa della Milleduesima Notte” del 24 giugno 1911 nel giardino della Maison. Dopo un il viaggio in Russia accompagnato dalla couturier moscovita Nadezhda Lamanova, l’incontro che lo segnò maggiormente fu quello con Vienna, dove conobbe Klimt, Hoffman e la produzione delle Wiener Werkstätte. La suggestione fu enorme e scatenò in Poiret una serie di riflessioni sul ruolo della moda, l’ipotesi che la creazione di abiti facesse parte di un più generale movimento di gusto che andava dalle arti maggiori fino agli eventi mondali gli fece riservare uno spazio di iniziativa personale. Nel 1911 aprì infatti l’Atelier Martine, dove un gruppo di ragazzine dava libero sfogo alla propria creatività in tutti i campi delle arti applicate, era dotato di un punto vendita e partecipò anche a diverse esposizioni ma la sua produzione ebbe sempre un tratto un po’ dilettantistico e quindi non raggiunse mai quel valore di rottura che Poiret sognava. Un discorso diverso invece, fu la decorazione di tessuti finalizzati all’abbigliamento, che Poiret affidò a Raoul Dufy nel 1911, il livello professionale altissimo delle sue realizzazioni attirò immediatamente l’attenzione dell’industria tessile e l’anno successivo il pittore venne cooptato dalla Bianchini- Ferier, che gli mise a disposizione i mezzi di una grande azienda dalla raffinata produzione. Ma un successo decisamente maggiore fu la sua produzione di profumi con la collaborazione del dottor Midy, venne fondata la ditta Rosine e si aprì un laboratorio di cartonnage “Colin” che produceva le scatole e gli oggetti pubblicitari, alla produzione di profumi poi affiancò anche la gamma di prodotti di bellezza [creme, mascara e ciprie]. Con lo scoppio della guerra, Poiret fu mobilitato in un regimento di fanteria dove prestò servizio come sarto, ma nel 1915 venne destinato agli Archivi del Ministero della Guerra e una volta finito il conflitto, Poiret ne uscì duramente provato dal punto di vista economico, nonostante avesse cercato durante la guerra di mantenere uno stretto rapporto con il mercato americano. Per far fronte alle difficoltà, aveva dovuto vendere o ipotecare tutte le sue proprietà, ritrovò lo stimolo creativo solo con un viaggio in Marocco: le sue collezioni si fecero sempre più sapienti e lussuose, i materiali diventarono sempre più ricercati, i ricami elaborati e le ispirazioni colte ed esotiche. Un viaggio negli Stati Uniti, dove era esplosa la moda a la garconne, gli fece però rendere conto della fine del suo successo, la soluzione temporanea fu quella di affidare la gestione amministrativa dell’azienda a un professionista e cercare un sostegno finanziario nel mondo degli affari. Nel 1926 però perse tutto dalla sua collezione di pittura, all’Atelier Martine e Rosine. Coco Chanel (1883 – 1971) La sua vita privata ebbe un’importanza fondamentale nel suo percorso creativo, a partire dalla sua infanzia, l’origine di una personalità difficile. Era nata il 19 agosto 1883, il padre Albert era un venditore ambulante occasionale, bevitore e donnaiolo che trascinò moglie e figli in una vita miserabile e fatta di stenti, la madre Jeanne era una donna delicata e malata d’asma che non resse agli sforzi e, dopo aver avuto 5 figli, morì a 35 anni [Coco ne aveva 12]. Così, Albert abbandonò i figli e sparì per continuare altrove la sua vita, i nonni misero i due maschi a lavorare e affidarono le tre femmine a un orfanotrofio ad Aubazine, a 18 anni Coco dovette abbandonare l’orfanotrofio e fu trasferita a Moulins, dove iniziò a lavorare alla Maison Grampayre, un negozio di biancheria e maglieria insieme alla zia coetanea Adrienne. La cittadina aveva due caratteristiche fondamentali: 1. Era organizzata per le vacanze e i divertimenti [cafè, cafè concerto, corse di cavalli]; 2. Era luogo di stanza di diversi reggimenti militari; Gabrielle e Adrienne rimasero per un anno al negozio, poi aprirono una piccola attività e la conquistata autonomia consentì loro di cominciare a frequentare la vita sociale della città e i giovani ufficiali che la popolavano, in particolare Etienne Balsan che chiese a Gabrielle di trasferirsi con lui a Royallieu, un antico monastero che aveva acquistato con i capitali ereditati. Qui Chanel scoprì un nuovo mondo, quello delle scuderie, delle corse, della vita isolata, e probabilmente in questi anni cominciò ad elaborare un suo modo di concepire l’abbigliamento, influenzato dalle uniformi. Tuttavia, non si cimentò subito negli abiti, ma partì modificando i cappelli che acquistava per sé: eliminava gli elementi decorativi troppo pesanti, riduceva le forme, li rendeva più portabili e adatti alla vita che conduceva fra la campagna e i cavalli. Così, chiede ad Etienne di aprirle una modisteria a Parigi, l’attività ebbe un immediato successo ma lei non era una vera modista e quindi aveva difficoltà a mettere in pratica le sue idee, fu contattata allora Lucienne Rabatè, che accettò la 8proposta di lavorare con lei. Con l’aiuto economico di Arthut Capel [detto Boy], amico di Etienne e uomo d’affari, affittò la prima sede di Rue Cambon: le riviste cominciarono a pubblicare i suoi cappelli indossati da attrici famose come Gabrielle Dorziat, protagonista in un adattamento teatrale del “Bel Ami”; Chanel fece di tutto per fornire i copricapi, e realizzò due paglie senza fronzoli e pennacchi, che ovviamente, vennero immediatamente riprese dalle riviste di costume. Durante l’estate la coppia seguì l’alta società parigina, che per allontanarsi dai cattivi presagi, si recò in vacanza a Deauville, in Normandia. Deauville era una cittadina di mare in cui, i parigini e i londinesi si recavano per la villeggiatura punto come ai tempi dell'imperatrice Eugenia, cavalli, casino barca a vela e negozi di moda erano gli appuntamenti obbligati di una pigra esistenza che si svolgeva fra passeggiate, incontri per il tè delle ville, appuntamenti alle corse o al polo club. La sera si conversava, si andava al casinò o si partecipava qualche festa privata. I bagni al mare erano ancora una novità che interessava qualche eccentrico o gli inglesi. Gabrielle e Boy la intuirono che quello poteva essere il luogo in cui iniziare una vera attività di moda. Le signore erano le stesse di Parigi, ma le loro esigenze erano un po’ diverse: gli sport lentamente stavano entrando a far parte dello stile di vita vacanziero e anche il mare e la spiaggia esercitavano un'attrazione nuova. La moda balneare dell'epoca, indifferente a tutto questo, prevedeva abiti di lino bianco ricamati decorati di pizzo scarpe con quattro cinturini abbottonati, tre giri di perle monumentali cappelli ricoperti di piume, fiori e quant'altro potesse essere considerato prezioso, elegante e ingombrante. eppure, l'area di vacanza il contatto con le spigliate donne inglesi, facevano desiderare un abbigliamento un po’ più confortevole. I capelli semplificati di Chanel conquistarono anche qui il bel mondo. Poi cominciò a produrre capi da vendere nella boutique: marinare in maglia, pullover sportivi, sì blazer di flanella copiati da quelli di Boy. Finora aveva guardato agli abiti da uomo per vestire sé stessa: da questo momento frugo negli armadi dei suoi amanti per vestire anche le altre donne. Era la sua prima esperienza ufficiale di sarta, ed ebbe un successo immediato, un successo cui, però, la guerra contribuì in modo fondamentale. La guerra: Il 28 giugno 1914 a Sarajevo fu assassinato l'arciduca Francesco Ferdinando. A un mese di distanza la Prima guerra mondiale era scoppiata. Deauville si svuotò: tutti tornarono a casa tranne Chanel, la quale fece bene a restare, perché dopo poco la Francia fu invasa e Deauville divenne la meta di una fuga precipitosa dalla capitale. Le ville furono riaperte e le signore, questa volta sole, cominciarono una vita inusuale: non potevano considerarsi in vacanza, ma allo stesso tempo sono lontane dalla normalità della città. Il vestito nero può essere considerato il risultato finale del lavoro di semplificazione cui Chanel sottopose l’abito intero femminile: la sua ricerca negli anni successivi si concentrò quindi sul tailleur e sull’abbigliamento informale. La collezione degli anni tra il 1927 e il 1930 si specializzarono nei completi composti da giacca dritta di modello maschile, gonna e blusa coordinata, cui si aggiunsero gilet a righe e cappotti sportivi ispirati alla sartoria inglese. Per Chanel i gioielli avevano una funzione nuova: servivano a decorare e a rendere femminile l’abito e a individualizzare il modo di portarlo. La Seconda guerra mondiale e la chiusura della Maison Il 2 settembre, la Francia e l’Inghilterra, messe di fronte all’invasione della Polonia dichiararono guerra alla Germania. Tre settimane dopo Chanel chiuse la maison, lasciando aperta solo la boutique che vendeva profumi. Negli anni della guerra Chanel visse a Ritz, insieme al suo ultimo amore, un ufficiale nazista, che la coinvolse in un’improbabile operazione di spionaggio. Il ritorno alla moda Nel 1946 aveva sessantatré anni, e la sua parabola sembrava definitivamente chiusa. Un anno dopo Dior sarebbe comparso sulle passerelle di moda con una nuova idea di stile. Chanel era scomparsa, cancellata dal mondo della moda, le uniche cose che resistevano di lei erano i tessuti, commercializzati con il marchio Chanel, e il suo profumo che continuava ad essere un mito. Il tailleur Chanel Il completo era composto da tre pezzi: una giacca, una gonna o un vestito senza maniche e una blusa. Per conservare la caduta a piombo di questi materiali estremamente leggeri, una catenella piazzata in fondo alla giacca, assicurava una verticalità irreprensibile all’insieme. Madeleine Vionnet (1876 – 1975) Madeleine Vionnet nasce nel 1876 in Francia da una famiglia poverissima, e il primo contatto che ha con il mondo del costume è piuttosto lontano da quello dell’alta sartoria. Inizia infatti come umile apprendista nel laboratorio di una merlettaia e, dopo un matrimonio appena diciottenne - con un uomo che poi, dopo la morte del primo figlio a causa di una malattia infantile, abbandonerà - e il trasferimento in Inghilterra in cerca di fortuna, si stabilisce nella lavanderia di un manicomio in Surrey. Sono soltanto la determinazione, la voglia di rivalsa e di indipendenza, che finalmente un giorno conducono Madame Vionnet a Londra, città in cui avrebbe finalmente trovato il meritato successo. Gli inizi nello studio di Kate Reilly, una sarta inglese che copiava i modelli francesi, sono ciò che convince Madeleine Vionnet di essere nata per creare abiti e che, il luogo giusto per farlo è la culla della couture, Parigi. È il 1900 quando Vionnet approda nella capitale francese, e lo studio delle sorelle Callot diventa l'arena in cui impara l'arte della sartoria più pura. La voglia di libertà si manifesta nella sua prima collezione, sostenuta da Jacques Doucet che in lei vede la calamita per il nuovo modo di fare moda, rivolto a una clientela più giovane e spensierata.  Madeleine Vionnet immagina modelle senza bustini o scarpe, sceglie tessuti leggeri e li disegna perché possano fluttuare sui corpi. Dal 1912 inizia l’età d’oro di una delle più grandi couturier del XX secolo: Vionnet apre a Parigi la sua prima boutique, che conosce periodi di chiusura durante la guerra e rivede la luce nel 1919. Forte di un soggiorno a Roma, durante il quale si appassiona alle sculture, agli abiti delle divinità greche, cambia ancora percezione delle dimensioni e degli spessori, che si assottigliano e che devono muoversi appunto, come l’acqua. Altro aspetto importante della sua carriera è il sodalizio con Paul Poiret e Chanel coi quali si schiera contro il bustino, poiché le donne, tutte le donne del mondo, non devono aver bisogno di orpelli e terribili accessori, ma devono godere di libero movimento, celebrare il corpo e la forma fisica. In quei stessi anni, la predisposizione verso lo sport e il mantenimento della silhouette femminile comincia ad avanzare prepotentemente in tutta Europa, e i vestiti Vionnet sono simbolo di un rinnovamento non solo stilistico, ma anche sociale. Affamata di successo e di determinazione Madeleine Vionnet elabora il taglio sbieco - in diagonale di 45° rispetto alla direzione di trama e ordito - una nuova tecnica sartoriale che sancisce la fine degli abiti rigidi, e che permette ai nuovi abiti di assimilarsi, fluidi, esaltando la sensualità del corpo femminile e celebrandone ogni centimetro. I tessuti Vionnet vengono quindi realizzati ad hoc in dimensioni straordinarie, mentre lei, minuziosa e impeccabile - con l'aiuto di Marielle Chapsal, suo braccio destro - realizza prima i modellini su manichini alti 80 centimetri, poi in grandezza reale. La voglia di copiare il suo stile innovativo è forte, e le repliche alle creazioni arrivano presto, ma Madame Vionnet è fiera e gelosa della sua creatività, e lancia una vera sfida a chi sceglie di imitarla. Mette le sue impronte digitali sulle etichette dei vestiti, li fotografa e li cataloga dal primo all'ultimo, appone il copyright più severo e si scaglia contro qualsiasi tentativo di contraffazione. Decisa sul lavoro, ma delicata con chi lavora per lei, Madeleine Vionnet apre i laboratori - che arrivano a contare oltre mille dipendenti - a un pensiero moderno e aperto, piacevole per le sue sottoposte: un medico e un dentista sono sempre presenti in azienda, le lavoratrici godono di sedie con poggiaschiena e di una mensa. Pragmatismo e decisione, fermezza e talento, le sfaccettature della personalità di Madeleine Vionnet sono infinite, tenute insieme dai vestiti impalpabili e acquatici. Il 1939 è l’anno del suo ritiro dalle scene e della chiusura della maison, che conoscerà anni di sonno e silenzio, prima di essere riportata in vita nel 2006 e di essere oggi sotto la guida di Goga Ashkenazi. Madeleine Vionnet muore nel 1975 a 98 anni, lasciando il mondo con un ricordo leggero, fluido, assolutamente sublime. Proprio come i suoi abiti. Christian Dior (1905 – 1957) Proviene da una famiglia borghese, la madre era figlia di un avvocato e il padre si occupava della fabbrica di concimi Dior, il cui centro di produzione era stanziato a Granville, in Normandia e dove la famiglia aveva acquistato la villa Les Rhumbs, per poi trasferirsi a Parigi. Christian mostrò sin da subito una predisposizione per l’arte, frequentando i balletti, il circo, il teatro, il bar del Boeuf ed espresse l’intenzione di iscriversi all’Accademia delle Beaux Arts, con una reazione durissima da parte dei genitori, che lo avviarono invece alla carriera diplomatica nella Scuola di Scienze Politiche. Nel frattempo, però strinse contatti con il musicista avanguardista Henri Sauguet e Jean Bonjean, con cui aprì una galleria d’arte e con cui organizzò diverse mostre con artisti di spicco come De Chirico, Paul Klee, Otto Dix. Nel 1930 però il fratello Bernard venne internato in un ospedale psichiatrico e la madre, che non era riuscita a superare il dolore, morì di setticemia, gli affari del padre subirono anche un duro colpo per la crisi del 29, così Christian fu costretto a vendere i quadri della galleria. Nel 1934 a tutto ciò si aggiunse la tubercolosi e Dior dovette andare a curarsi al sole delle Baleari, ma al suo ritorno la situazione familiare era peggiorata e lui fu costretto a cercare lavoro, l’unico settore che ancora resisteva era quello della moda e fu lì che s’indirizzò. Per caso fortunato riuscì a vendere uno dei quadri che gli erano rimasti [tela di Dufy per l’Esposizione Internazionale di Arti Decorative del 1925] e con il guadagno sistemò i problemi più gravi della famiglia, concedendosi un periodo di studio in cui imparò a disegnare figurini da Jean Ozenne. Presto questi disegni vennero apprezzati e nel 1938 iniziò a lavorare con Piguet con l’abito pied-de-poule Cafè Anglais, venne anche sostenuto dai suoi amici: Marcel Herrand gli fece progettare i costumi per un’opera teatrale di Sheridan. Con la guerra si chiusero i canali commerciali più importanti come quello degli Stati Uniti, a questo si aggiunse il problema dei materiali necessari alla confezione di abiti e accessori, con la firma dell’armistizio, la Francia diventava fornitore ufficiale della Germania, che cominciò a requisire ogni tipo di materie prime. Fu merito di Lucien Lelong, il presidente della Chambre, e della lunga e difficile trattativa che condusse in prima persona che la Francia riottenne i propri archivi e la possibilità di continuare a produrre moda a Parigi, questo consentì ovviamente di ricominciare a lavorare. I cambiamenti imposti dall’occupazione e dalla guerra interessarono anche la clientela, scomparvero le straniere, rimasero quelle francesi ma il pubblicò diminuì, ed era rappresentato da due nuove categorie: 1. Mogli, figlie e amanti dei collaborazionisti che avevano bisogno di abiti per partecipare ai ricevimenti tedeschi; 2. BOF, ossia quelli che il mercato nero stavano costruendo enormi e scandalose fortune; La nascita di un nuovo mercato per le creazioni di moda però non cancellava i problemi: da un lato c’era la necessità di confrontarsi con il gusto eccesivo e poco raffinato delle nuove clienti, dall’altro la costante lotta con la mancanza di materiali, furono sperimentati tessuti fabbricati con ogni tipo di succedaneo dei filati tradizionali, spesso disastrosi [cuoio sostituito con legno, sughero e carta]. Dior si specializzò nei modelli romantici e Belle Époque, chiamato da Roland Tual per “Le lit a colones” dove ebbe la possibilità di ricercare una silhouette opposta al passato: busto che stringeva la vita ed esaltava il seno, gonne ampie e gonfie con la crinolina o la tournure. Le molte case di moda che avevano chiuso nel periodo bellico avevano lasciato dei vuoti che potevano essere colmati con nuove iniziative e nomi nuovi, Dior e Balmain kcolsero il cambiamento e si misero in società per fondare un atelier ma l’iniziativa abortì sul nascere per l’indisponibilità della sede che i due avevano scelto. Dior venne allora assunto per il rilancio della Maison Gaston et Philippe, il suo progetto era quello di creare una maison innovativa nel gusto e nell’aspetto, piccola ed elitaria, capace di produrre uno stile diverso. La prima collaboratrice che scelse fu Suzanne Luling, affidata alla direzione dei saloni e delle vendite ma che in questa fase preparatoria si occupò della promozione insieme al giovane americano Harrison Elliott come responsabile dell’ufficio stampa. Molti amici offrirono il proprio contributo, come l’amico di infanzia Serge Louiche, che propose di costituire insieme una società per i profumi, dopo l’approvazione di Boussac, nacque Miss Dior e l’anno dopo venne formalizzata la società dei Parfums Christian Dior. Collezione primavera 1947:  La prima uscita fu il modello Acacia, con il busto aderente, la vita stretta, i fianchi segnati e la gonna lunga fino a metà polpaccio, seguito da una serie di capi con la linea a 8;  Silhouette corolle, modelli con le gonne larghissime;  La proposta aveva caratteristiche di revival e si ispirava al secondo 800, reso più aggraziato attraverso un richiamo al gusto 700, così il corpo della donna veniva modellato secondo una silhouette che ne enfatizzava le curve grazie al corsetto; L’intento di Dior era quello di cancellare la guerra, ripartire da capo proponendo l’esatto contrario di quello che si era dovuto indossare per necessità, il tailleur Bar, con la piccola giacca di shantung crema dalle baschine arrotondate e l’ampia gonna di lana nera a pieghe divenne il simbolo della collezione e del nuovo stile. La seconda collezione per l’autunno-inverno 1947, confermò la linea del New Look accentuandone le caratteristiche, il dato più rilevante era rappresentato dalla lunghezza e dall’ampiezza delle gonne realizzati con incredibili metraggi di tessuto: il modello Diorama aveva una circonferenza all’orlo di 40 metri. Dior intuì infatti che per l’immaginario collettivo la moda era francese e che solo puntando sulla francesità la couture poteva ritrovare l’antico primato, il revival che propose si ispirava ai momenti della maggiore felicità inventiva e della massima centralità del gusto parigino [Secondo Impero e Belle Époque]. Se nel Settecento questa eleganza aveva avuto il marchio dell’aristocrazia e nell’Ottocento quello della borghesia alta, ora dichiarava la sua disponibilità a mettersi a servizio della media borghesia americana, che aveva voglia di allontanare da sé lo spettro della depressione e della guerra. Dior offrì quindi l’immagine di una donna fiore, fragile e raffinata, una donna irreale che assomigliava al ricordo che lui aveva di sua madre: borghese, perbene, ossessionata dalle forme e dalle apparenze. In pochi mesi, lo stile Dior fu tramutato in un linguaggio fatto di segni precisi immediatamente riconoscibili e facilmente comunicabile: gonna a corolla, cintura stretta, cappello minuscolo, scarpe con il tacco e la collezione Milieu de siecle per l’autunno-inverno 1949-50 rappresentò l’apoteosi del modello Dior: ϟ Non più una sola linea, ma un’infinita variazione su tutti i temi a seconda dei modelli, alternando i tessuti per ottenere effetti asimmetrici a forbice e a mulino a vento; ϟ Grandi colli a coup de vent, aderenze morbide, gonne a campana e drappeggi;
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