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La Pedagogia: dalla Grecia all'Ermeneutica, Dispense di Psicologia

Una panoramica storica della pedagogia occidentale, dall'età classica greca ai più recenti sviluppi dell'ermeneutica. Da platone e aristotele ai primi teorici umanistici, passando per i padri della chiesa e il rinascimento, il documento esplora i principi fondamentali dell'educazione e della formazione umana. Con un focus particolare sulla tradizione classica e cristiana, il testo illustra come le idee sull'educazione si sono evolute attraverso i secoli, influenzate da filosofi, scrittori e istituzioni. Le pagine seguenti offrono una ricca e interessante esplorazione del problema pedagogico, che rimane attuale e rilevante in ogni epoca.

Tipologia: Dispense

2018/2019

Caricato il 28/08/2019

Emiliaabate111
Emiliaabate111 🇮🇹

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Scarica La Pedagogia: dalla Grecia all'Ermeneutica e più Dispense in PDF di Psicologia solo su Docsity! Pedagogia Disciplina che studia i processi dell’educazione e della formazione umana. Con il termine pedagogo si intende il precettore, l’istitutore, la persona a cui è affidata l’educazione di un fanciullo. In origine il pedagogo era semplicemente il servo a cui si affidavano (soprattutto in Atene) i fanciulli dall’età di sette anni. A Roma il pedagogo comparve, come altre figure della civiltà greca, nel 1° sec. a.C., e vi assunse, più chiaramente, le funzioni del precettore, assistendo i giovani finché indossavano la toga virile (17 anni). 1. Gli esordi: l’età classica La p., come riflessione scientifica sul problema dell’educazione o della formazione dell’uomo, si afferma in Grecia con i sofisti, iniziatori del pensiero pedagogico in Occidente. Il loro impegno di maestri è volto a promuovere una cultura utile, fatta di conoscenze di vario genere (polymathia) e di quelle abilità dialettiche e retoriche di immediata efficacia pratica nella vita pubblica (assemblee cittadine e tribunali). Al contrario, Socrate è impegnato a scoprire un criterio di validità universale che concili le possibilità aperte dal soggettivismo sofistico con la saldezza di un valore oggettivo. L’educazione è intesa come un processo di autoliberazione, di conquista della consapevolezza etica. L’originalità pedagogica di Socrate è in questo motivo e nel principio connesso della maieutica (arte ostetrica), che presuppone nel discente la capacità di generare spontaneamente il vero. Il meglio dell’insegnamento morale di Socrate fu accolto e continuato da Platone e da Aristotele. Per il primo si giunge alla vera educazione soltanto con la dialettica, con la contemplazione del mondo delle idee, al vertice del quale si trova l’idea somma del bene. La dottrina dell’anamnesi o reminiscenza costituisce un aspetto decisivo della p. di Platone. L’uomo possiede già la conoscenza, nessuno deve insegnargliela; compito dell’educazione è di volgerla dal mondo del divenire a quello dell’essere e di ciò che nell’essere è più luminoso, il Bene. Nei suoi sforzi di restaurare lo Stato su basi razionali, Platone lo ha concepito come un immenso paedagogium, in cui la filosofia non deve soltanto indicare nel Bene lo scopo supremo della vita sociale, ma dirigere e regolamentare anche le manifestazioni più particolari, dai matrimoni alla proprietà privata. Così Platone si oppone consapevolmente ed energicamente al nuovo principio, cui risale la responsabilità della crisi della polis, il soggettivismo sofistico. Per Aristotele, il processo educativo consiste nel fare acquisire l’abitudine alla virtù, ciò che è compito, oltre che dell’educatore, anche del buon legislatore, poiché lo Stato per Aristotele è il supremo educatore. Con Epicuro, ideale dell’educazione diventano l’aponia e l’atarassia, la liberazione dal dolore e dal turbamento. Così l’epicureismo si avvicina al suo antagonista, lo stoicismo, che poneva come fine dell’educazione l’apatia, l’assenza di desiderio. Roma non conta nessun pensatore che abbia fatto oggetto di indagine la sua intuizione educativa. Quando con Cicerone, e poi sotto l’Impero con Seneca e Quintiliano, si prendono a dibattere i problemi dell’educazione, lo si fa alla luce di un pensiero che non affonda le sue radici nella tradizione indigena. L’unica opera organica sui problemi tecnici dell’educazione e dell’istruzione della letteratura romana sono le Institutiones oratoriae di Quintiliano, che si propone di tracciare le linee di una sistematica educazione del futuro oratore, vir dicendi peritus, che incarna l’ideale civico-retorico dell’età imperiale. 2. L’età cristiana Con il cristianesimo il problema dell’educazione veniva posto su basi nuove. L’amore e la dedizione diventano le virtù capitali della nuova comunità e l’imitazione del Cristo, che per amore ha affrontato il supremo sacrificio, diventa il caposaldo di ogni educazione cristiana. L’ideale dell’educazione cessa di essere la contemplazione teoretica o, comunque, l’inerte autosufficienza di chi ha conquistato la saggezza. L’uomo ha il dovere di impegnarsi a fondo nel dramma dell’esistenza. Ma accanto all’imperativo di collaborare infaticabilmente all’instaurazione del regno di Dio nelle coscienze, attraverso l’amore e la dedizione, sopravvivono nei Vangeli altre intuizioni: quella, per es., che tende a identificare la bontà con l’innocenza, o quella, che preannuncia già l’indirizzo ascetico-monastico dei secoli seguenti, che all’ideale di vita intesa come milizia attiva tende a sostituire quello della rinuncia all’azione, della contemplazione e della preghiera, nell’attesa fiduciosa che si compia la volontà del Padre. Questo intrinseco dualismo costituisce l’esito più organico di una lunga riflessione sul tema della riforma della scuola e del metodo didattico. 4. La p. dell’empirismo Particolare interesse per la vasta influenza nell’ambito dell’organizzazione tecnica della scuola media, specialmente sulla formazione spirituale delle classi dominanti del Seicento, offre anche il pensiero educativo dei gesuiti, che tuttavia per alcuni suoi caratteri fondamentali, quali l’astratto formalismo, l’importanza eccessiva data agli esercizi di memoria e il sistema complesso e severo di disciplina, riesce a influenzare piuttosto negativamente il libero sviluppo della personalità dell’educando. Notevole efficacia hanno anche esercitato sulla p. successiva i giansenisti. Le loro ‘Piccole scuole’di Port-Royal sono rimaste in fama di modelli di un altissimo spirito educativo, severo e talvolta forse un po’ duro, ma a un tempo rispettosissimo della personalità dei discenti. I loro testi scolastici, in lingua francese, accurati, chiari, sobri hanno giovato a liberare definitivamente la scuola dalla letteratura scolastica. Anche dopo lo scioglimento della comunità e nonostante le persecuzioni cui fu sottoposta, il pensiero e le metodologie educative gianseniste rivelarono una sorprendente vitalità fino ai primi anni del 19° secolo. Un’impostazione profondamente originale del problema pedagogico è avviata dal cartesianismo e dall’empirismo baconiano-lockiano, due indirizzi che, pur divergendo nel metodo, finiranno con il fondersi in una sola corrente speculativa. «Cogito ergo sum», afferma Cartesio: il pensiero che dubita non può non esistere. Ecco la prima certezza che ridà al pensiero una solidità, che nessuno scetticismo sarà in grado di scuotere. La p. dell’empirismo è rappresentata specialmente da J. Locke con i suoi Some thoughts concerning education. Tutta la sua attenzione è rivolta alla formazione della personalità del discente attraverso la sua propria esperienza. «Il fine dell’educazione», dice in Of the conduct of the understanding, «non è già di rendere gli uomini perfetti in alcuna scienza, ma di aprir loro la mente, in modo che siano capaci di riuscire in tutto ciò a cui si applicano». Di qui il suo disprezzo per le discettazioni sul metodo migliore, per le regole, per le dispute di scuola, per il formalismo e le cognizioni libresche, per il sapere che non germoglia dall’esperienza personale. La fiducia inconcussa nell’appello alla ragione anche con i bimbi, il ripudio di ogni forma di imposizione coattiva dell’intelletto e della volontà, la celebrazione della libera iniziativa nel lavoro e nel gioco, traggono ispirazione dalla fede nelle forze spontanee e nell’autonomia della ragione umana, presupposto che imprime a tutta l’opera, letterariamente frammentaria, un sapore di modernità che la distingue nettamente da tutte le precedenti. 5. L’ Illuminismo Dopo Locke e prima di Rousseau, notevole significato riveste nella storia del pensiero pedagogico G. Vico. Il suo De nostri temporis studiorum ratione (1708) è il primo grande monumento pedagogico italiano moderno. In esso la p. di Cartesio, o meglio dei cartesiani, è assoggettata a una critica severa. Sostituire nell’educazione il criterio delle idee chiare e distinte al senso comune, all’autorità del genere umano, significa capovolgere il processo naturale e porre all’inizio il punto d’arrivo. Ciò che è comune agli uomini non è la mente, ma la memoria e la fantasia, e a ogni modo all’uso della mente ci si solleva soltanto attraverso la cultura della memoria e della fantasia. Prima di giudicare, i giovani devono avere appreso. Solo chi avrà coltivato opportunamente la memoria con lo studio delle lingue, la fantasia con le lezioni dei poeti, storici e oratori, l’ingegno con lo studio della geometria, sarà in grado di giudicare. Nell’Émile di J.-J. Rousseau il problema è ormai quello d’intendere l’educazione come processo di autosvolgimento della personalità. Due soli maestri gli possono dare questo dominio di sé: «l’expérience et le sentiment» (cioè l’immediatezza del sentimento morale). Gli altri insegnanti debbono collaborare con essi, non sostituirsi a essi. L’educazione non deve essere ‘attiva’, ossia non deve intervenire a sproposito, violando il normale e spontaneo svolgimento del processo naturale, ma deve essere ‘negativa’, vale a dire tempestiva. Ormai l’educazione naturale non è già quella che tende a conservare l’integrità di un’ipotetica purezza originaria contrapposta alla mala influenza della vita sociale, come è stato troppo spesso affermato considerando la posizione dei Discours, ma quella che tende a salvaguardare e a promuovere la spontaneità, l’autonomia dell’educando nella vita sociale. Nonostante alcune contraddizioni del suo pensiero, Rousseau rimane il primo filosofo moderno della personalità prima di I. Kant, e Kant ha dichiarato di aver imparato da lui ad apprezzare l’umanità nell’uomo. Con il concetto di sintesi a priori e in particolar modo con quello di autonomia della volontà, Kant poneva implicitamente le fondamenta di una p. come scienza della personalità autonoma e appagava l’esigenza più profonda dell’autore dell’Émile. 6. L’Età romantica Tuttavia il pensatore che ha per primo conquistato un concetto veramente adeguato dello spirito come autonomia, inverando le esperienze filosofiche e il più profondo motivo speculativo di J.G. Fichte e F.W.J. Schelling, è stato G.W.F. Hegel. Il suo concetto del divenire e dello spirito come autocoscienza sono a fondamento della dottrina dell’autoeducazione, per quanto Hegel non ci abbia dato una trattazione sistematica del problema pedagogico. A questo stesso concetto s’ispirano anche, nella loro azione di maestri e nella loro opera letteraria, due grandi apostoli dell’educazione infantile, J.H. Pestalozzi e F. Fröbel. La p. di Pestalozzi ha superato quasi ogni traccia di dogmatismo e di oggettivismo: non c’è sapere né moralità che non provenga dall’esperienza personale. Processo naturale per lui è quello che rispetta non già «l’homme abstrait», ma la personalità storicamente determinata del discente. Alla formazione armonica delle varie attività dell’uomo, fine immanente di ogni educazione spontanea, si perviene unicamente con l’esercizio normale di esse, con la libera attività. L’unico discepolo veramente geniale di Pestalozzi è stato Fröbel, il creatore dei giardini d’infanzia. La sua originalità consiste nella scoperta del mondo dell’infanzia nella pienezza dei suoi interessi. Egli ha rivelato, più a fondo di Pestalozzi, l’umanità del fanciullo, come libera attività creatrice, avente in sé il proprio fine. Questa materna penetrazione degli interessi della prima infanzia gli ha rivelato il significato e il valore del gioco, cioè la profonda serietà dell’attività creatrice del bimbo. Egli, accanto a J.P. Richter e a F. Schleiermacher, si può considerare uno dei più originali interpreti dell’anima del Romanticismo. controllando i risultati ottenuti con l’aiuto di opportuni test di apprendimento. 8.2 P. e ricerca scientifica. - Lo scambio tra p. e ricerca scientifica ha in particolare interessato la psicologia e la sociologia. A un lungo periodo di ricerche psicologiche nel campo dell’apprendimento e dello sviluppo cognitivo fa seguito anche la ‘rivoluzione pedagogica’ che J.S. Bruner si è proposto di realizzare negli Stati Uniti a partire dalla conferenza di Woods Hole nel 1959. Bruner ha elaborato una concezione pedagogica proposta in alternativa a quella di J. Dewey: insiste sulla centralità dell’educazione intellettuale e ritiene che l’insegnamento e l’apprendimento debbano essere concentrati, più che sulle singole nozioni in gioco nelle varie discipline, sulle loro strutture tipiche, e che tra le varie materie siano da privilegiare quelle che, come la matematica e la logica, forniscono conoscenza astratta. Lo scambio tra p. e sociologia ha avuto come risultato un gran numero di studi sull’incidenza dei condizionamenti ambientali nel favorire o ostacolare i processi di apprendimento. I pedagogisti hanno tenuto a sottolineare con particolare insistenza che la realizzazione di mete educative ottimali non può prescindere da una programmazione che non perda di vista il momento politico e che sappia incidere sulle strutture socioeconomiche. Queste ricerche, che prendono il via dalle opere del sociologo É. Durkheim hanno avuto esiti particolarmente fruttuosi nello studio dell’influsso del condizionamento ambientale sullo sviluppo delle capacità linguistiche (B. Bernstein). 8.3 La p. cibernetica- Un considerevole contributo alla riflessione pedagogica è venuto anche da diversi settori della tecnologia e della ricerca applicata, che hanno permesso il rapido fiorire dell’istruzione programmata e della p. cibernetica. Alla base di questo settore della p. vi è la concezione dell’educazione avanzata da I.P. Pavlov, ripresa dalla psicologia comportamentistica ed esposta con chiarezza da B.F. Skinner. L’apprendimento è visto come una modificazione del patrimonio di conoscenze di un organismo, modificazione che si realizza attraverso un’esperienza di carattere attivo ed esplorativo, dipendente in larga misura/">misura dal sistema di rinforzi e di stimoli previsto e programmato dall’educatore al fine di formare il discente. La ricerca, conseguente a un’accettazione di questi presupposti, di un processo ottimale di apprendimento ha portato a un rapido sviluppo delle tecnologie educative, che vanno dall’uso sistematico di test di vario genere, all’istruzione programmata, all’utilizzazione di strumenti cibernetici e di vere e proprie macchine per insegnare. Lo scambio tra riflessione pedagogica e ricerca applicata ha portato, inoltre, a concepire l’educazione in termini cibernetici come un processo che si propone di fare acquisire al discente una capacità di adattarsi e di rispondere, mediante un processo di riassestamento analogo al feedback delle macchine cibernetiche, ai fattori di novità presenti nella situazione. 9. Sviluppi Interessanti sviluppi ha avuto anche la p. sperimentale, che, come hanno illustrato E. Bechi e M. Laeng, ha avuto impulso soprattutto negli USA con E.F. Lindquist, L.J. Cronbach, N.I. Gage, R.M.W. Travers, B.S. Bloom, G.B. Carroll, F. Kerlinger, e in Europa con H. Taba, T.N. Postlethwaite, G. de Landsheere, G. Mialaret, A. Visalberghi, L. Calonghi. Essa si è spesso coniugata alla ricerca psicologica e, in particolare nelle indagini sul profitto scolastico attraverso la grande ricerca internazionale, International Association for the Evaluation of Educational Achievement (IEA), si è largamente avvalsa di docimologia e statistica applicata. Gli sviluppi in p. teorica hanno cercato di calibrare il linguaggio pedagogico alla luce della filosofia analitica inglese, come nelle opere di D.J. O’Connor, R.S. Peters, J.P. White; l’influenza si è estesa in Germania con G.F. Kneller, e in Italia con A. Granese. La filosofia tedesca ha sviluppato applicazioni alla p. del metodo fenomenologico, a partire da A. Fischer per venire a un nutrito gruppo di ricercatori come J. Derbolay, di cui ha dato conto in Italia S. de Giacinto. Più recenti sviluppi sono venuti dall’ermeneutica, come teoria generale dell’interpretazione: i fatti educativi non sono suscettibili di spiegazione causale deterministica, ma esigono piuttosto una comprensione globale di significato; a questo indirizzo, utilizzando indicazioni di Schleiermacher e di W. Dilthey, si sono accostati molti autori in Germania, come H. Nohl, E. Weniger, A. Reble, W. Böhm. In Italia ha favorito un indirizzo fenomenologico-problematicistico P. Bertolini.
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