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Storia della ragioneria (appunti + domande esame), Appunti di Storia Economica

Appunti di storia della ragioneria con professor Gervasio e professoressa Bassani, con alla fine le domande più frequenti che chiedono all'esame orale.

Tipologia: Appunti

2023/2024

In vendita dal 21/06/2024

chiaraa2000
chiaraa2000 🇮🇹

4.6

(5)

11 documenti

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Scarica Storia della ragioneria (appunti + domande esame) e più Appunti in PDF di Storia Economica solo su Docsity! 1 - Storia della ragioneria: Concetti base Introduzione Secondo Antonio Amaduzzi: «La conoscenza della Storia della Ragioneria, che non è solo conoscenza dell’evoluzione dell’arte e della tecnica contabile, è conoscenza vera, basata su documenti del passato nelle varie epoche arricchiti e reinterpretati». I nuclei di ricerca nella Storia della Ragioneria Il tema del metodo nella ricerca della Storia di una scienza, ovvero della Storia della Ragioneria, comprende in Italia 4 nuclei di indagine tra loro indipendenti: 1. Storia della ragioneria: Analisi genetica ed evolutiva dell’aritmetica commerciale (o mercantile) e delle rilevazioni contabili. 2. Storia delle aziende e delle imprese: Evoluzione ed identificazione delle aziende e delle imprese da un punto di vista evolutivo dei bilanci, della contabilità e della governance. 3. Storia delle dottrine: Evoluzione nel tempo del pensiero contabile ed economico-aziendale. 4. Storia delle professioni: Evoluzione dai cambiavalute ai commercialisti. Risulta evidente che la Storia della Ragioneria non è solo Storia dell’analisi genetica ed evolutiva dell’aritmetica commerciale e delle rilevazioni contabili, ma investe in stretta interdipendenza la Storia delle aziende e delle dottrine aziendali e, conseguentemente, la Storia dell’operare concreto, ovvero della professione di aziendalista; dunque la Storia della Ragioneria è un mix di questi 4 nuclei. Il nucleo di ricerca nel quale è possibile individuare il centro di orientamento fondamentale e caratterizzante per gli studi storici corrisponde alla Storia della Ragioneria. La Storia della Ragioneria è storia delle relazioni tra gli andamenti aziendali che scaturiscono dall’analisi dei documenti quantitativi, di tipo contabile o extracontabile, ed essa è percorribile soltanto con la conoscenza delle metodologie di rilevazione. Come qualsiasi disciplina del campo storico, la Storia della Ragioneria origina dai documenti amministrativi che testimoniano le vicende delle istituzioni economiche in epoche passate. Il compito dello studioso prevede quindi la ricerca e la raccolta dei documenti utili all’indagine, chiamati fonti. Le fonti nella storia della ragioneria Definizione Una fonte è un elemento materiale del passato che deve fornire allo storico informazioni creando un rapporto tra l’oggetto-fonte e lo storico stesso. Le fonti possono essere di 3 tipi (in ordine di oggettività decrescente): 1. Fonti scritte: Si suddividono in: - Primarie/documentarie (documenti storici, carte prodotte dai soggetti sotto osservazione…). - Derivate/narrative (produzione letteraria, coeva o contemporanea, celebrativa, critica, divulgativa...). 2. Fonti figurate (Quadri, dipinti, stampe, planimetrie…). 3. Fonti orali (Leggende, testimonianze…) → Sono soggettive. Fonti primarie Le fonti primarie si suddividono in: - Carte pubbliche: Documenti prodotti dallo Stato, che danno informazioni volontariamente o involontariamente (indagini, statistiche, censimenti...). - Carte semi-pubbliche: Documenti prodotti da enti di diritto pubblico (CCIAA…). - Carte private: Documenti prodotti a vario titolo da enti privati (come aziende, famiglie...). Possono essere: a) Personali (lettere, testamenti, diari...). b) Aziendali (documentazione contabile quali libri obbligatori, verbali ecc. e carteggi diversi). Fonti prima della stampa Le fonti prima della stampa sono: 1. Statuti: Contengono le leggi emanate dai consigli direttivi delle arti e dalle autorità politiche del Comune. Si tratta di documenti comunali e delle arti dai quali si evince l’organizzazione del commercio. 2. Protocolli notarili: Da essi si desume come avvenivano le transazioni tra i soggetti economici a quel tempo. In essi erano indicati i tassi dei mutui, le vendite di immobili ecc. 3. Libro di commercio: I libri che il mercante deve tenere sono: - Libro dell’asse, nel quale sono riportati i creditori e i debitori del mercante. - Libro segreto o libro ragione, nel quale sono riportati i rapporti tra i membri di una compagnia (accoglie gli atti costitutivi della società). - Libro dell’entrata e dell’uscita, ovvero il conto cassa. - Libro delle compravendite o libro della mercanzia (libro magazzino). - Memoriale, equiparabile all’attuale prima nota. - Libri ausiliari: a) Libro delle recate dei panni. b) Libro delle mandate. c) Libro delle vendite al minuto. d) Libro dei lavoranti. e) Libro delle spese minute. f) Libro delle possessioni (immobilizzazioni). 4. Lettere mercantesche: Lettere dei mercanti. 5. Pratiche di mercatura: Libri che contengono insegnamenti di tecnica commerciale. 6. Ricordanze personali e cronache. Fonti dopo la stampa Le fonti dopo la stampa sono: 1. Opere per una conoscenza elementare della storia del libro, dell’organizzazione bibliotecaria e del metodo della ricerca storica. 2. Opere di storia dell’economia e sull’evoluzione dei sistemi socio-economici nel tempo (si tratta di fonti storiche di supporto per comprendere meglio il contesto in cui il mercante operava). 3. Bibliografie di economia, ragioneria, computisteria, aritmetica, contabilità. 4. Cataloghi di mostre sulla storia e l’arte della contabilità. 5. Opere di ragioneria, aritmetica, pratica, commercio (sono una fonte primaria per la ricerca). 6. Manuali di divulgazione scientifica, prontuari, tariffe. 7. Manoscritti, documenti contabili (per esempio fatture), carteggi, ritratti di autori (sono ricompresi in questa classe anche la corrispondenza commerciale e quella tra studiosi). 8. Riviste ed enciclopedie scientifiche. 9. Storie di aziende e di imprese (viene classificata qui tutta la documentazione relativa alla vita delle aziende). 10. Documentazione degli archivi d'impresa (come cataloghi dei prodotti aziendali, depliants pubblicitari…). 2 - Fibonacci: Aritmetica e commercio Aritmetica mercantile All’inizio del 1200 in Italia: - La conoscenza dell’aritmetica era ridotta al minimo e la quasi totalità della popolazione non sapeva neppure fare le quattro operazioni elementari. - La persistenza della numerazione romana basata su lettere era un freno pesante alla conoscenza e allo sviluppo della matematica. - La situazione socio-economica era assai precaria in molte regioni italiane e il mezzo di scambio prevalente era costituito dal baratto. Da questo si comprende come le contabilità aziendali fossero limitate sia di numero che di estensione. Non è possibile individuare un’origine precisa della matematica mercantile, tuttavia si ritiene che questa abbia origini lontane e legate al commercio. In particolare, l’uso della moneta ha stimolato gli scambi e ha portato ad uno sviluppo commerciale. La diffusione della moneta ha incentivato l’utilizzo del calcolo numerico: il denaro si moltiplica e si divide con facilità e precisione, e questo ha rappresentato il comune denominatore di svariate merci. Da qui in poi lo sviluppo dell’aritmetica ha vissuto una crescita continua. Gli eventi che hanno accelerato lo sviluppo della matematica nel Rinascimento sono: - L’abbandono della scrittura a favore di altri mezzi di espressione e materiali di calcolo (abaco). - L’introduzione dei numeri arabi nella cultura europea, che ha cercato di soppiantare l’utilizzo della numerazione romana. Fibonacci Introduzione L’introduzione dei numeri arabi nella cultura europea è avvenuta per merito di Leonardo Pisano, detto Fibonacci. Questo ha agevolato lo sviluppo dell’economia monetaria, le negoziazioni senza contante attraverso cambiali e assegni (sostituti della moneta) delle Banche e lo sviluppo del calcolo dell’interesse. Dunque Fibonacci ha contribuito all’evoluzione che porterà la Ragioneria da arte a scienza, in quanto il numero rappresenta una realtà economica. La vita Leonardo Pisano o Fibonacci (come derivato dal latino filius Bonacci, ovvero “figlio di Bonacci”) è vissuto tra il XII e il XIII secolo, in particolare nacque a Pisa intorno al 1175. Nel 1192 seguì il padre, che svolgeva attività di «publicus scriba pro Pisanis mercatoribus», ad Algeri al fine di poter apprendere le arti del calcolo e diventare mercante. Questo viaggio gli permise di conoscere nuove tipologie di scambi e comprendere meglio il commercio. In quest’occasione, Fibonacci fece la prima conoscenza delle “nove cifre indiane” e del segno 0 (decima cifra) che gli arabi chiamavano “zefiro”. Quando tornò a Pisa verso la fine del secolo cominciò a scrivere dei metodi di calcolo con le cifre indiane al fine di diffondere tale numerazione. Nel 1202 compone la sua prima opera, la più famosa, il “Liber Abaci”. Altre sue opere sono “Pratica geometriae” (1223), “Flos” e “Liber quadratorum” (1225). Dopo il 1228 non si conosce nulla della vita di Leonardo, tranne il decreto della Repubblica di Pisa che gli conferì il titolo di “Discretus et sapiensis magister Leonardo Bigollo” come riconoscimento dei grandi progressi che portò nell'ambito matematico. Fibonacci morì qualche tempo dopo il 1240, presumibilmente a Pisa. Liber Abaci (1202) Introduzione Il “Liber Abaci” è un imponente trattato di aritmetica e algebra scritto in latino da Fibonacci nel 1202 con il quale, all'inizio del XIII secolo, ha introdotto in Europa il sistema indo-arabico e i principali metodi di calcolo ad esso relativi. L’opera è composta da 4 parti, 15 capitoli e 459 pagine. Furono soprattutto gli ambienti mercantili ad avvertire senza indugio l’importanza che avrebbe assunto per la conduzione degli affari il nuovo sistema di calcolo, agile e potente, eseguibile con il solo supporto di carta e penna, rispetto al laborioso e rigido sistema allora in uso, fondato sui numeri romani. Questo ha comportato un: - Cambiamento di mentalità: La matematica non è più solo qualcosa di teorico, ma è uno strumento utile per il mercante in quanto facilita la sua attività. - Cambiamento di comportamento: Utilizzo dei numeri per misurare i fatti economici. Il “Liber Abaci” per lo storico della Ragioneria rappresenta l’opera primaria della conoscenza delle più remote origini. Questo manoscritto si apre con un proemio nel quale vengono spiegate le ragioni della compilazione del lavoro e dal quale traspare il fine di far conoscere all’Europa le cifre arabico-indiane, dall’impiego delle quali trae origine un metodo di calcolo aritmetico che supera quello che si fonda sull’uso della numerazione romana. Prima parte La prima parte del “Liber Abaci” è un’introduzione all’algebra e ai nuovi numeri, in cui Fibonacci si concentra nel presentare la numerazione araba; non fa riferimenti alla vita reale ma presenta esempi sempre più complessi così da abituare il lettore ai nuovi numeri. In particolare, la prima parte è composta da 7 capitoli: 1. Le nove cifre indiane (dieci con lo zero) e come con esse si possa scrivere ogni numero. 2. Moltiplicazione dei numeri interi. 3. Addizione dei numeri interi. 4. Sottrazione di numeri da numeri maggiori. 5. Divisioni di numeri interi per altri. 6. Moltiplicazioni di numeri interi per frazioni. 7. Addizione, sottrazione e divisione di numeri interi e frazioni. L’incipit recita: «Le nove figure degli indiani sono queste: 9 8 7 6 5 4 3 2 1. Con queste nove cifre, assieme al simbolo 0 che gli indiani chiamano zephirum, è possibile scrivere qualunque numero». Prima, per fare i conti c’erano solo i numeri romani. Sommare e sottrarre con i simboli M, D, C, L, X, V e I è facile, ma quando si passa a moltiplicazioni e divisioni le operazioni diventano decisamente più complesse. Nel Duecento i calcoli si facevano con le dita o con diversi tipi di abaco. Di fatto, i numeri venivano usati solo per annotare i risultati. E per lavorare su quantità più grandi di 10.000 ci voleva una grossa esperienza e una buona dose di destrezza. Inoltre, i passaggi non venivano messi per iscritto e il risultato doveva essere accettato sulla fiducia. L’opera era corredata da immagini in cui Fibonacci cercava di illustrare il più possibile gli utilizzi pratici della numerazione araba. Ad esempio, alcune immagini spiegavano come “i numeri si possono tenere sulle dita e in che modo” e, fra le tante soluzioni, riportava quella del celebre quesito che ha dato origine alla c.d. “Serie numerica di Fibonacci”. Seconda parte Segue poi la seconda parte del “Liber Abaci”, in cui Fibonacci presenta l’utilizzo della numerazione araba per risolvere molti possibili problemi dell’attività mercantile; qui il lettore mette alla prova le nuove conoscenze e capisce la superiorità dell’algoritmo indiano rispetto a quello romano. Il dodicesimo capitolo è il più ampio, e comprende problemi di matematica “dilettevole” (come uomini che trovano borse, conigli che si moltiplicano, ecc.). Nel capitolo 12 troviamo anche la famosa “Serie numerica di Fibonacci”, la quale origina dal seguente celebre quesito che gli ha assegnato un posto nella cultura popolare dei nostri tempi: «Quante coppie di conigli possono essere prodotte dalla coppia iniziale in un anno, supponendo che ogni mese, ogni coppia produca una nuova coppia in grado di riprodursi a sua volta dal secondo mese?». La soluzione a questo quesito è che lo 0 si trova a gennaio, quando ancora non sono nati i piccoli. Il numero 1 a febbraio quando è nata una coppia di piccoli. A marzo ancora 1, cioè una sola coppia nata, perché quella di febbraio ancora non fa piccoli. Ad aprile nascono invece 2 coppie, una dei conigli iniziale, l'altra della coppia di febbraio. A maggio sono nate 3 coppie di piccoli: ora anche la coppia nata in marzo ha avuto due piccoli. A giugno 5 coppie: una dalla coppia iniziale, e una ciascuna dalle coppie nate a febbraio, marzo e aprile. Da questo deriva la regola della sequenza di Fibonacci, secondo cui ogni numero della sequenza è pari alla somma dei due precedenti: 0 - 1 - 1 - 2 - 3 - 5 - 8 - 13 - 21 - 34 - 55 - 89 - 144 ... (fino all’infinito). Fino al XIX secolo a questa successione non fu attribuita alcuna importanza, finché si scoprì che può essere applicata, per esempio, nel calcolo delle probabilità. In matematica, la successione di Fibonacci, indicata con Fn, è una successione di numeri interi positivi in cui ciascun numero è la somma dei due precedenti e i primi due termini della successione sono per definizione F1 = 1 e F2 = 1. Tale successione ha quindi una definizione ricorsiva secondo la seguente regola: Fn = Fn-1 + Fn-2 (per ogni n > 2). In particolare, la seconda parte è composta da 5 capitoli: 8. L’acquisto e la vendita delle merci e simili. Ad esempio, se un cantare, cioè 100 rotoli, si vende per 40 lire, quanti rotoli avrò per 2 lire? Secondo la regola del tre, scrivi 100 rotoli e a sinistra il loro prezzo, cioè 40 lire; poi scrivi 2 lire sotto le 40 lire, poiché numeri dello stesso genere vanno uno sotto l’altro: rotoli sotto rotoli e lire sotto lire. Moltiplica ora in diagonale i numeri che si trovano agli estremi, cioè 2 e 100, che fa 200. Dividi poi per 40. Viene 2 lire come prezzo di 5 rotoli. 9. Baratti di cose venali, acquisti di monete e simili. Ad esempio, se 20 braccia di panno valgano 3 lire di pisani e 42 rotuli di cotone valgano 5 lire di pisani, quanti rotuli di cotone si avranno per 50 braccia di panno? Scrivi sulla tavola 20 braccia e accanto scrivi 3 lire, cioè il loro prezzo, sotto le quali scrivi 5 lire, e a fianco di queste scrivi 42 rotuli. Scrivi poi 50 braccia sotto 20 braccia, e moltiplica 50 per 3, che stanno diagonalmente, fa 150 che moltiplica per 42 posto diagonalmente, e quello che viene dividilo per gli altri numeri, cioè per 20 e per 5, cioè per 100. Il risultato è 63. 10. Delle società fatte tra consoci (costituzione di società commerciali tra 2 o più persone). Ad esempio, se dei soci hanno fatto una società insieme e ciascuno di essi ha messo una parte diversa nella società, quanto dell'utile totale spetta a ciascun socio? Scrivi la parte del primo socio all'estremità destra della tavola, poi sulla stessa linea scrivi verso sinistra le parti degli altri soci e all'altra estremità poni il profitto; somma tutti i capitali in uno e metti da parte la somma, per la quale dividerai il prodotto del capitale di ogni socio per il profitto. 11. Miscugli di monete e regole relative (come legare metalli differenti per coniare monete). 12. Soluzioni di questioni dette “erraticas”, cioè svariate (come problemi di aritmetica e tecnica mercantile). Liber quadratorum (1225) “Liber quadratorum” (1225), tradotto libro dei quadrati, è una delle opere più impressionanti di Pisano, nonostante non sia quella per la quale divenne famoso. Si tratta di un libro sulla teoria dei numeri che, tra le altre cose, esamina i metodi per trovare il triplo pitagorico. Fibonacci notò che i numeri quadrati potevano essere costruiti come somme di numeri dispari, descrivendo, in linea essenziale, un procedimento induttivo e usando la formula n2 + (2n + 1) = (n + 1)2. Matematica applicata al commercio: Opere Con l’invenzione della stampa verso la metà del 1400 si supera il primo limite del Liber Abaci, infatti si sviluppano e si diffondono tutta una serie di libri d’abaco che danno il via ad un utilizzo intensivo dell’aritmetica nell’ambito commerciale. Il primo libro a stampa di aritmetica è “L’arte de l’Abbacho” (1478) (Autore anonimo), detto anche “L’Abaco di Treviso” perché è stato stampato da uno stampatore di Treviso. Si tratta di un piccolo volume di 62 carte scritto in lingua volgare, quindi più facile da comprendere per i mercanti, e questo rappresenta un grosso vantaggio e permette di superare il secondo limite del Liber Abaci. In particolare si occupa di: - Numerazione e 4 operazioni. - Regola del 3 applicata per calcolare sconti, percentuali, cambi, ecc. - Calcolo delle fasi lunari. “L’Abaco di Treviso” apre la strada ad una serie di importanti pubblicazioni. Dall’invenzione della stampa fino alla fine del 1700, le opere di aritmetica sono state circa 320 (censimento di Cerboni), comprendendo i Trattati di Abbaco e Metrologia, l’aritmetica applicata alla mercatura ed ai cambi. Altre opere del 1400 furono le seguenti: - Piero Borghi pubblica la prima edizione del “Libro de Abacho” (1484). Nella prima delle 116 carte numerate si legge: «Qui comenza la nobel opera de / aritmetica nela qual se tracta / tutte cosse a marcantia pertinente». - Francesco Calandri pubblica “Pictagoras arithmetrice introductor” (1491). Il volume è illustrato con vignette e figure esplicative dei problemi e sono riportati alcuni giochi numerici. 3 - Benedetto Cotrugli Periodizzazione Cotrugli ha dato sicuramente il suo contributo affinché la ragioneria potesse entrare nell'attività del mercante. Considerando la ripartizione temporale basata sulle opere di ragioneria prodotte, siamo nel periodo delle opere frammentarie; in particolare, l’opera di Cotrugli “Della mercatura et del mercante perfetto” (terminata nel 1458 e data alla stampa nel 1573) si colloca tra queste opere: - “L’Arte dell’Abbacho”, Autore anonimo (1478). - “Summa”, Pacioli (1494). - “Indirizzo degli economi”, Angelo Pietra (1586). Benedetto Cotrugli La vita Benedetto Cotrugli nasce in Dalmazia intorno al 1410 da Giacomo e Nicoletta Illich, terzogenito di 8 figli. La famiglia Cotrugli, appartenente al ceto dei cittadini, era una famiglia mercantile da generazioni. Benedetto intraprese gli studi giuridici presumibilmente presso l’Università di Bologna, e probabilmente, senza mai portarli a termine. Nel 1436, a seguito della morte del padre, fu proprio lui a continuare l’attività commerciale di famiglia con la stretta collaborazione del fratello Michele legato alla corte napoletana, diventando a tutti gli effetti un mercante. Nel periodo successivo fino al 1453 viaggia per affari in diverse città italiane, europee e nord-africane. Una notevole importanza è rivestita dall’attività commerciale in Catalogna, infatti i lunghi viaggi in Spagna e il commercio della lana con i catalani influenzeranno notevolmente il contenuto della sua opera “Della mercatura et del mercante perfetto”. Nel 1451 si trasferisce definitivamente a Napoli alla corte del Re Alfonso d’Aragona. Durante il soggiorno a Napoli, oltre a continuare con la sua attività, riveste alcune importanti cariche: ambasciatore del regno di Napoli, uditore della Ruota, Giudice delle cause sotto il Re Alfonso, Commissario, e primo Ministro di Stato, direttore della Zecca fino al 1468. L’anno seguente venne esiliato. Nel 1469 diventa direttore della Zecca presso L’Aquila, dove morirà lo stesso anno. Le opere principali di Cotrugli sono: “Della mercatura et del mercante perfetto” (1458), “De uxore ducenda” (anteriore al 1458), “Della natura dei fiori” (1460) e “Della navigatione” (1464). Della mercatura et del mercante perfetto (1458) Introduzione L’opera “Della mercatura et del mercante perfetto” è stata scritta e terminata nel 1458 nella città di Napoli, ma fu data alla stampa solo nel 1573 quando il suo manoscritto viene portato a Venezia dal mercante Giovanni Giuseppi e lì pubblicata dallo stampatore Francesco Patrizi di Cherso. Francesco Patrizi non si limitò solo a stampare il manoscritto, ma lo revisionò togliendo, a suo dire, i numerosi errori di scrittura, dovuti alla scelta del Cotrugli di scrivere in lingua volgare e non in latino per favorire una diffusione più rapida dell’opera tra i mercanti. Inoltre, con la stampa, Patrizi aggiunge una lettera dedicatoria che precede l’opera per il mercante Giacomo Ragazzoni perché ha bisogno di far capire chi è il destinatario principale dell’opera di Cotrugli. Il libro “Della mercatura et del mercante perfetto” è probabilmente la prima opera in cui si trattano le modalità di tenuta dei libri necessari al mercante. La volontà di Cotrugli era quella di fornire uno strumento valido e utile ai mercanti, rivolgendosi così a coloro che volevano esercitare tale disciplina e che definisce rozzi e ignoranti, descrivendo gli aspetti tecnici che la figura doveva avere ma anche considerando la sua dimensione morale e civile nel contesto storico di allora. Dunque all’interno dell’opera non si trovano solo una serie di elementi che sono di utilità per l’attività del mercante, ma anche degli aspetti più etici che si rivolgono primariamente al mercante da un punto di vista sia professionale che personale. Questo perché il mercante è visto come l’uomo perfetto che per esercitare la sua professione deve avere grandi conoscenze e deve condurre la propria vita personale in un certo modo. Caratteristiche dell’opera Forma espositiva La forma espositiva dell’opera ha le seguenti caratteristiche: - È un discorso lineare, che si mantiene impersonale e non accenna a ricordi personali, al fine di mantenere un distacco tra il lettore e l’autore. - Mancanza della contrapposizione di opinioni e punti di vista di terzi interlocutori che caratterizzava molte opere del periodo, quindi non dà spazio a un dibattito. - Esordio in tono accademico, poi si rivolge al lettore in modo cordiale, a metà tra l’ammaestramento e il precetto, e ciò riflette la sua idea di mercante. - Ha più della dissertazione umanistica con un convinto intento pedagogico che del manuale pratico, si nota infatti un’attenzione costante al problema della formazione e dell’educazione dell’uomo, prima ancora che del mercante. Lingua L’opera è scritta in lingua volgare in quanto era quella che utilizzavano i mercanti, quindi ciò consentiva una più facile comprensione e una più ampia diffusione. Da una parte, l’autore avrebbe voluto ricorrere al latino, poiché tale lingua avrebbe sicuramente conferito una maggiore “dignità” all’opera; dall’altra, bisognava considerare che la stessa era scritta per l’utilità del mercante, il quale non conosceva il latino ma era solito utilizzare il volgare. Destinatari I destinatari dell’opera sono i mercanti già affermati, cioè possiedono già tutta una serie di caratteristiche e di conoscenze, dunque non si tratta di un manuale di avviamento al commercio utilizzabile dai mercanti agli esordi che devono iniziare a praticare l’attività mercantile. Configurandosi quindi come un trattato di un esperto che istruisce un principiante o fornisce a chi già pratica la professione consigli e regole da rispettare, ampio spazio è riservato all’esemplificazione in funzione didattica, dalla quale spesso si possa trarre una morale. Citazioni L’opera contiene molte citazioni tratte dalle Sacre Scritture o dagli antichi, e ciò aveva la funzione di avvalorare gli insegnamenti e i consigli dell’autore, cioè di conferire autorità all’opera, attribuendo una maggiore efficacia espressiva. Queste citazioni sono presenti in modo particolare nel libro secondo, terzo e quarto; il primo libro, invece, si basa soprattutto sull’esperienza personale dell’autore e per questo vanta forse una maggiore originalità. Struttura dell’opera Struttura dell’opera L’opera è composta da 4 libri più l’introduzione. Tutti i libri sono incentrati sul mercante, e partono dalla considerazione che “ai mercanti molte cose sono prohibite, le quali a molti altri sono tollerabili” e che “quelli vitii che alle volte sono ad alcuni leciti, al mercante in veruno modo né per alcuno tempo”. Ciò significa che la figura del mercante è posta sopra qualsiasi cosa e per essere “perfetto” non può compiere alcune cose che all’uomo sono concesse. Il mercante è presente in tutte le pagine e la sua figura viene delineata in tutti i suoi aspetti professionali e sociali. Casi Quando è lecito Quando è illecito Prestare denaro e assicurare con pagamento i naviganti. Se non si ottiene in cambio un pagamento (no interessi). Vengono richiesti interessi. Dare grano vecchio in cambio di grano nuovo. Se lo fanno per non perdere il proprio grano non è usura. Se lo fanno per guadagno è usura. Prendere denaro ad usura. Nel caso ciò serva per adempiere alle proprie necessità. Qualora si induca altri ad usura. Chiedere interessi. Remunerare un costo opportunità. Eredità del suocero usurario spettante al genero. Qualora il genero fosse all’oscuro di tale situazione e qualora il suocero possieda dei beni leciti e non frutto di attività di usura. Qualora il genero sapesse della condizione del suocero. In tal caso è quindi tenuto a restituire tutta l’eredità. Il contratto. Se condiviso dalle parti. Esercizio dell’usura. Se contro un nemico della patria. Inserimento di una clausola “penale” all’interno dei contratti. Nel caso in cui si abbia timore che il debitore non adempia alle proprie obbligazioni e quindi non vi è intenzione fraudolenta. Vi è presunzione di usura nel caso in cui colui che la inserisca in contratto si sia già comportato da usuraio e qualora “la pena andasse di mesi et anni”. Libro terzo Il libro terzo tratta il tema dei “costumi del mercante, circa le virtù morali et politiche”, quindi affronta il tema della vita morale, politica e di relazione, ed è strutturato in 18 capitoli. In particolare, Cotrugli definisce le virtù che devono ispirare il “mercante perfetto”, le quali si rifanno al pensiero cristiano. Le virtù possono essere di due tipi: virtù morali, cioè quelle riferite all’uomo, e le virtù speciali, cioè quelle riferite alla sua professione. Le virtù che l’autore analizza sono 15: prudenza, confidenza, fortuna, integrità, diligenza, facilità d’agire, astuzia, urbanità, giustizia, costanza, autorità, liberalità, tranquillità, modestia e temperanza. In molti casi queste virtù sono riferibili all’uomo, piuttosto che al mercante in quanto tale. Le virtù direttamente riferibili al mercante sono temperanza, modestia, onestà e autorità. Molte virtù sono tipicamente maschili. Emerge quindi la figura di un mercante acculturato, intelligente, preparato, attento e deve saper “ricordarsi delle cose passate, considerare le presenti, provvedere le future”. Dopo averle elencate, l’autore spiega nel dettaglio ciascuna delle 15 virtù: 1. Prudenza: Consiste nella facoltà di saper valutare con attenzione la situazione basandosi sulla propria esperienza, oltre che comportarsi con cautela. 2. Confidenza: Consiste nell’essere confidente, sicuro e audace e affrontare con forza e con animo le situazioni e la fortuna, senza però sfociare nell’eccessiva temerarietà e animosità. 3. Fortuna: Consiste nell’affidarsi alla fortuna, la quale dovrebbe essere di sostegno a chi la cerca, senza però portare a sminuire l’integrità dell’uomo. 4. Integrità: Consiste nell’avere un comportamento corretto e affidabile e nel dare la precedenza alla propria integrità piuttosto che al denaro, al fine di essere un riferimento. 5. Diligenza: Consiste nell’essere precisi e scrupolosi, dunque è un valore imprenditoriale poiché è strettamente legata alla condotta degli affari e alla tenuta delle scritture contabili. 6. Facilità d’agire: Consiste nell’animo del fare, cioè nel saper affrontare quotidianamente e costantemente tutta una serie di situazioni. 7. Astuzia: Consiste nell'essere astuti ma con moderazione per non offendere nessuno, limitandosi così alla facoltà di intraprendere affari qualora si presentino inganni ed errori. 8. Urbanità: Consiste nel modo di comportarsi civile e cortese con altre persone, rispetto anche al senso civile della società. 9. Giustizia: Consiste nell’essere onesto e giusto negli accordi intrapresi, quindi deve rendere a ciascuno ciò che gli spetta senza trattenere nulla per sé. 10. Costanza: Consiste nel perseverare sia nei casi fortunati che in quelli meno favorevoli, dunque bisogna sempre comportarsi in modo adeguato alle situazioni. 11. Autorità: Consiste in un potere basato sul riconoscimento da parte dei propri interlocutori di certe qualità morali nella persona del mercante, che trae origine dall’integrità d’animo. 12. Liberalità: Consiste nella prontezza che bisogna dimostrare nel ricambiare i benefici ricevuti e tale virtù si riscontra maggiormente negli uomini illustri piuttosto che nei mercanti. 13. Tranquillità dell’animo: Consiste nell’avere buona comprensione, essere in pace con se stessi e con gli altri, essere amichevoli, non provare invidia, non essere avari né maligni. 14. Modestia: Consiste nella sobrietà da mantenere nel parlare, nel conversare, nell’agire e in tutte le situazioni in cui ci si trova, e deve essere praticata costantemente. 15. Temperanza: Consiste nell’evitare gli eccessi in qualunque momento della propria vita, nel comportarsi nel modo più moderato possibile e nel non lasciarsi mai andare (nelle avversità non ci si deve turbare e bisogna essere temperati anche nel mangiare e nel bere). Libro quarto Il libro quarto tratta il tema del “governo circa la casa et la famiglia, et il vivere economico”, quindi affronta il tema del governo della casa e della famiglia del mercante, ed è strutturato in 10 capitoli. Secondo l’autore, il mercante deve avere le virtù sia nel privato sia nel pubblico, quindi c’è una relazione tra vita privata e vita professionale. Tuttavia distingue in modo chiaro la vita privata dalla vita professionale, infatti il mercante ha due vite distinte e tali devono rimanere. Emerge quindi l’idea di una casa e di una famiglia con una vita autonoma, la cui gestione è nettamente distinta dall’attività commerciale che ne assicura il finanziamento. Vengono definiti con chiarezza funzioni e doveri di ciascun componente. In particolare, al centro viene collocato il Pater familias, il quale deve ottenere il rispetto di tutta la famiglia e della servitù e deve essere il punto di riferimento della famiglia. Partendo dalla considerazione che l’aspetto esteriore è rivelazione di quello interiore, il “mercante perfetto” deve adoperarsi alla propria cura esteriore per essere di bella presenza ma senza eccessi, perché questo riflette le sue virtù. Una grande attenzione viene riservata alla famiglia, giovane e in espansione, che si configura come un’unità armonicamente perfetta. Secondo l’autore, l’età ideale per la costituzione della coppia è 16 per la donna e 28 per l’uomo in quanto il fine del matrimonio è la procreazione. Per quanto riguarda la condizione della donna, col matrimonio passa dalla dipendenza del padre a quella del marito; i suoi diritti all’interno della famiglia sono limitati, viene trascurata la sua funzione materna e risulta esclusa dell’educazione dei figli e delle figlie. L’inferiorità della donna e la necessità della sua subordinazione è spiegata anche da caratteristiche fisiologiche. I figli devono obbedire e rispettare il padre. Per quanto riguarda l’educazione dei figli, il mercante doveva preoccuparsi di riuscire ad accasare le femmine, la cui formazione sarebbe poi spettata al marito. I figli maschi invece erano avviati alla professione attraverso un tirocinio fuori dall’ambito familiare, e il padre doveva limitarsi ad insegnargli il valore del denaro e la fatica di guadagnarlo. Il numero di dipendenti del mercante (inclusi giovani figli di altri mercanti, presumibilmente in corso di tirocinio) denotano la sua autorità e la sua elevata condizione sociale. Il limite temporale per esercitare l’attività mercantile si ritiene coincida con il compimento del cinquantesimo anno d’età. Si vuole sottolineare che questo lavoro richiede un grande impegno e che il mercante, in qualità di uomo “universalissimo”, deve essere intellettualmente brillante e dotato di buona salute. In seguito al compimento del cinquantesimo anno d’età, il mercante si dedicherà sempre meno alle attività terrene ma si dedicherà sempre di più alle attività più spirituali e religiose. In particolare, il mercante deve predisporre la propria eredità, pensando ai suoi figli, ma riservando anche una villa per sé in modo da potersi riposare fino al momento della morte. Proprio in vista di questa fine, suggerisce di avere sempre a disposizione un cappellano per la messa e per le preghiere, di purificare la propria coscienza, di pensare solo al paradiso e alla vita eterna e non più alle cose terrene. Egli fa quindi riferimento a quiete e pace dell’anima, parla di riposo ma non di ozio, in quanto il mercante deve comunque sempre lavorare in qualche modo. Etica Benedetto Cotrugli voleva, attraverso la sua opera, essere per il mercante una guida non solo negli affari commerciali, ma anche morale perché il commercio offriva molte tentazioni di contravvenire alle leggi divine. Inoltre, enfatizzava l’aspetto morale della figura del mercante predisponendo come requisito la comprensione della religione cristiana, ossia la conoscenza delle messe e delle orazioni. Dunque per Cotrugli l’etica e la morale sono aspetti fondamentali. In questo periodo gli scambi iniziano ad avvenire anche tra continenti diversi, dunque i mercanti italiani iniziarono ad aprire rappresentanze della propria attività all’estero per opera di uomini di loro fiducia o di soci, dando così il via all’evoluzione della figura del mercante. Le opere di Luca Pacioli Introduzione La opere maggiori (o principali) di Luca Pacioli furono le seguenti, tutte stampate e pubblicate a Venezia da Paganino Paganini: - La “Summa” (1494). - La traduzione latina degli “Elementi di Euclide”, la più importante opera matematica giuntaci dalla cultura greca antica composta tra il IV e il III secolo a.C. - Il “De Divina Proportione” (1497), che contiene dei riferimenti al rapporto aureo e alla prospettiva architettonica, con illustrazioni riferibili a prototipi di Leonardo da Vinci. - Il “De Viribus quantitatis” (1496-1508), lavoro presente all’Università di Bologna, in cui il Pacioli esprime in modo più completo la visione della matematica. - Il “De ludo scaccorum”, il suo ultimo lavoro, del quale non si avevano notizie sino al 2006. Le opere minori di Luca Pacioli furono le seguenti: - Un trattato d’algebra del 1470, dedicato ai figli del mercante Rompiasi. - Un trattato del 1476 dedicato ai giovani di Perugia. - Un trattato che il Pacioli sostiene di avere scritto a Zara nel 1481. - Due opere aggiunte alla “Divina Proporzione”, cioè un Trattato d’architettura e figure di antichi caratteri (insegna le forme e le regole degli antichi caratteri latini). - Un trattato dei corpi regolari. De Divina Proportione (1497) Il “De Divina Proportione” è stata scritta nel 1497 ed è tra le più importanti opere perché estende il suo dominio in più campi. La versione a stampa del 1509 è composta da 3 parti ben distinte: 1. La prima parte è composta da 71 capitoli e tratta del rapporto aureo e delle sue applicazioni nelle varie arti. 2. La seconda parte è composta da 20 capitoli ed è un trattato di architettura che si rifà alla teoria di Vitruvio. 3. La terza parte è la traduzione in italiano del “Libellus de quinque corporibus regularibus” di Piero della Francesca su 5 solidi regolari. Per questo Pacioli verrà poi accusato di plagio. La sezione aurea (rapporto aureo o proporzione divina), nell'ambito delle arti figurative e della matematica, indica il rapporto fra due lunghezze disuguali, delle quali la maggiore è medio proporzionale tra la minore e la somma delle due. In formule: b : a = a : (a + b). Lo stesso rapporto esiste anche tra la lunghezza minore e la loro differenza: a : b = b : (a - b). Ne deriva che l'intera linea (c) sta al segmento più lungo (a) come questo (a) sta al segmento più corto (b), ovvero c : a = a : b = φ, dove φ è il numero che dà contezza del rapporto aureo. L’opera è fortemente influenzata dall’amicizia che in quel periodo legava Pacioli a Leonardo da Vinci, ambedue a Milano alla corte di Ludovico il Moro, infatti contiene 59 illustrazioni di Leonardo da Vinci. In particolare, nella parte in cui parla della prospettiva architettonica, Pacioli porta come esempio l’Ultima cena di Leonardo. Inoltre, in quest’opera Pacioli include tra le discipline fondanti di ogni sapere, soprattutto del mercante, oltre alle tre fondamentali, geometria, aritmetica, astrologia, anche la musica, la prospectiva architettura e la cosmografia (attuale geografica). De Viribus quantitatis (1496-1508) Il “De Viribus quantitatis” è stato scritto tra il 1496 e il 1508 e il tema principale di questo trattato è la forza dei numeri e la loro presenza fondamentale in qualsiasi attività della vita quotidiana, dunque vuole attribuire ai numeri un significato di utilità e importanza. Luca Pacioli propone una coinvolgente sequenza di passatempi logici, giochi con i numeri e con le carte, indovinelli e segreti; una divulgazione scientifica stimolante anche ai nostri giorni. L’opera è divisa in 3 parti: 1. La prima contiene una raccolta di giochi e problemi matematici e algebrici. 2. La seconda parte contiene problemi geometrici e giochi fisico-matematici. 3. La terza raccoglie ricette e giochi non di carattere scientifico. De ludo scaccorum (1500) Attorno al 1500 Pacioli compose in forma manoscritta e in lingua latina il trattato “De ludis”, da lui chiamato anche Schifanoia e dedicato a Isabella d’Este; di esso fa parte il “De ludo scaccorum”, analisi del gioco degli scacchi con le soluzioni di cento problemi. Quest’ultimo trattato, per secoli creduto perduto, è stato ritrovato nel 2006 a Gorizia dal bibliologo Duilio Contin, nella raccolta del conte Guglielmo Coronini Cronberg; il manoscritto è stato attribuito con piena certezza a Pacioli, sia per la scrittura e le caratteristiche grafiche, sia per lo stile del linguaggio. Summa de arithmetica, geometria, proportioni et proportionalità (1494) Introduzione La “Summa de arithmetica, geometria, proportioni et proportionalità” è l’opera di maggior impatto del Fra Pacioli, scritta e pubblicata nel 1494 a Venezia e composta da 3 parti. In particolare, per “summa” si intende un ordinato sistema di idee e concetti che fanno riferimento all’aritmetica e alla geometria, per “proportioni” si intende la relazione tra i vari concetti che sono fondanti dell’aritmetica e della geometrica, e per “proportionalità” si intende l’armonia tra gli elementi e i concetti che costituiscono l'aritmetica e la geometria. Parte I La parte I è un’introduzione e un sommario (composta da 8 fogli e 16 facciate), dove si spiegano le fonti che il Pacioli ha considerato per comporre l’opera ed è esplicitato il contenuto dell’opera in una sintesi di 23 argomenti più il sommario. Dopo la prima facciata dedicata ad un’elencazione del contenuto di tutta l’opera in una sintesi di 23 argomenti si trova la dedica a Marco Sanuto Patrizio Veneto. Segue poi un’epistola indirizzata al Principe Guido Ubaldo, Duca di Urbino, che occupa 5 facciate ed in cui sono ricordati vari scienziati, astrologi, architetti, pittori, scultori, maestri di musica, ecc. Si passa ad un sommario delle parti principali con un indice analitico, in cui l’opera è divisa dal punto di vista dei contenuti. Parte II Composizione La parte II tratta di aritmetica, algebra, computisteria (applicazione dell’aritmetica ai calcoli commerciali), contabilità e usi mercantili. È formata da 224 fogli, per un totale di 448 facciate, e divisa in 9 distinzioni (“distinctiones”) a loro volta divise in trattati (“tractati”): - Distinzione 1: Concetti di numero, le sue specie, quantità discreta e continua. - Distinzione 2: Concetto di algoritmo (numerazione, addizione, sottrazione, moltiplicazione, divisione, progressione, estrazione). - Distinzione 3: Concetto di frazioni e 3 metodi per individuare il massimo comune divisore. - Distinzione 4: Problemi sulle frazioni. - Distinzione 5: Spiegazione della regola del 3, delle pratiche mercantili e dei contratti che si basano su essa. - Distinzione 6: Definisce ragione e proporzione individuandone 3 specie: geometrica, aritmetica, armonica; tratta proporzioni continue, composte e applica ad esse somma, sottrazione e divisione; in un trattato definisce come “meraviglie” alcune nozioni usate per risolvere numerosi problemi; presenta inoltre 15 teoremi sulla proporzionalità (chiavi). - Distinzione 7: Regole “elchataym”, cioè come dalla doppia falsa posizione sia possibile trarre il vero. - Distinzione 8: Spiegazione dei termini “più” e “meno” (originariamente usati per misurare quantità eterogenee). - Distinzione 9: La più importante ai fini della contabilità, è un manuale teorico-pratico di economia mercantile e si compone di 12 trattati esposti in logica sequenza: 1) Le società. 2) Le soccide ed i contratti di locazione. 3) Il baratto e lo scambio monetario. 4) Il cambio. 5) L’interesse e lo sconto. 6) La lega e le mescole delle monete. 7) La determinazione dei guadagni o perdite di un mercante nei suoi viaggi. 8) No titolo: Imposta problemi di denaro attraverso calcolo algebrico. 9) No titolo: Approfondisce l’argomento precedente. 10) Determinazione del costo del lavoro e di vari beni. 11) I computi e le scritture (dare, avere, bilancio, inventario): per la prima volta viene teorizzata a stampa la partita doppia che poi si diffuse in tutta l’Europa col nome di “Metodo Veneziano” (o metodo italiano) perché usato dai mercanti di Venezia. 12) La tariffa di tutti i costumi, cambi, monete, pesi, misure. Distinzione 9, Trattato 11 Nella seconda parte, all’interno della Distinzione 9, troviamo il Trattato 11 (“Tractatus XI Particularis: De computis et scripturis”), che rappresenta il primo trattato a stampa sulla contabilità ed è largamente ritenuto il precursore delle moderne pratiche contabili. Il proposito del Trattato 11 è di insegnare ai mercanti un’ordinata tenuta dei conti e dei registri contabili secondo “el metodo de Vinegia”. Ne deriva che per la prima volta il metodo e le regole della partita doppia vengono teorizzate e divulgate con un’opera a stampa. Il Pacioli è convinto che la conoscenza dei conti e delle scritture contabili è qualificazione professionale irrinunciabile per trasformare un mercante, già “buon ragioniere e pronto computista”, in un “vero” mercante. I requisiti necessari per divenire un “vero mercatante” sono: a) Possedere un congruo capitale da immettere negli affari. b) Essere esperto di “ragioni e computi”, sì da qualificarsi come “buon ragioniere e pronto computista”, dunque deve conoscere e utilizzare il metodo della partita doppia. c) Saper tenere ordinatamente “conti e scripture” di tutto il traffico mercantile in modo costante, “a ciò con brevità possa de ciascuna haver notizia, quanto a lor debito e credito”. Inoltre, Pacioli esamina: - L’inventario, dando le norme per compilarlo ed esponendo i criteri che si devono seguire per descrivere riassuntivamente il patrimonio posseduto dal mercante in termini di quantità per iniziare e perseguire l’attività di impresa. - I libri o registri che il mercante deve tenere e compilare per ricordare le operazioni compiute. In particolare, i registri che il mercante deve tenere sono 3: L’utilità della “Summa” a supporto della gestione delle attività mercantili non riguarda solo la parte strettamente contabile, ma anche la matematica e la geometria, infatti tali discipline hanno una chiara utilità per l’attività mercantile poiché permettono di risolvere problemi quali: - La quantificazione delle merci che componevano le spedizioni. - La necessità di dover misurare la capacità di carico delle navi, attraverso il calcolo dei volumi delle stive di queste ultime. Partita doppia La partita doppia rappresenta una vera innovazione in quanto consente: - Una doppia rappresentazione, statica e dinamica, della gestione. - Una doppia rappresentazione della situazione patrimoniale. - Una doppia concezione del reddito, inteso come incremento/decremento subito dal patrimonio nel corso di un certo intervallo di tempo. I vantaggi della partita doppia sono: - Semplicità d’uso. - Valido strumento di rilevazione degli errori. - Efficacia nel determinare periodicamente i risultati economico-finanziari dell’azienda (utile/perdita d’esercizio). - E’ uno strumento utile e versatile. 5 - I post pacioliani Contesto storico del 500-600 Caratteristiche del Rinascimento Nel periodo tra il 500 e il 600 ci siamo lasciati alle spalle tutto il Medioevo, che nei territori Europei era caratterizzato dal sistema feudale (possedimenti terrieri e capacità di produrre ricchezza), e siamo in pieno Rinascimento. Col declino del Feudalesimo, e quindi con l’abbandono del mondo legato alla campagna, unito ad un notevole incremento demografico e miglioramento delle condizioni di vita, vi è una ripresa economica e sociale. Ci fu un fenomeno di urbanizzazione, cioè le città andarono progressivamente ripopolandosi, il che implicò l’inizio della specializzazione in ambito lavorativo e lo sviluppo di mestieri e professioni (tra cui la rinascita dell’artigianato). Questo contesto rappresenta un trampolino di lancio per il commercio, infatti dal punto di vista economico in questo periodo c’è una forte intensità di scambi. Dunque il mercante ha un ruolo di primo piano nella società post-feudale, egli deve conoscere e comprendere gli usi commerciali, le tecniche mercantesche e le valute dei paesi stranieri, padroneggiare l’aritmetica mercantile in modo da poter trarre un profitto dalla propria attività lavorativa. Per quanto riguarda i traffici mercantili, le città italiane subirono gli effetti negativi dello spostamento del baricentro commerciale dal Mediterraneo verso l’oceano Atlantico a causa delle scoperte geografiche quali la scoperta dell’America e della concorrenza di paesi emergenti come Paesi Bassi ed Inghilterra nella produzione manifatturiera. Le città che continuano a mantenere un ruolo di primo piano furono Firenze, Genova e Venezia. Le prime registrazioni contabili furono di natura finanziaria, in quanto erano riferite solamente ai movimenti di denaro, ovvero crediti e debiti, poiché erano questi due elementi a determinare sinteticamente se l’attività era in perdita o in attivo. Per il mercante è essenziale padroneggiare le tecniche contabili, in modo da controllare i movimenti finanziari che si intensificano con l’incremento degli scambi commerciali. Nel 400 in Italia c’era una forte frammentazione dal punto di vista politico in un complesso di Stati diversi per estensione territoriale e per regime politico. Nel 500 in Italia c’erano forti contraddizioni: da un lato c’è una decadenza politica e la parziale perdita del passato potere economico, mentre dall’altro lato c’è un fervore artistico e culturale. Questo contesto storico è caratterizzato da un’evoluzione che ha riguardato: - Invenzione della stampa (metà 400). - Scoperte geografiche (scoperta dell’America nel 1492). - Riforme dell’agricoltura (nuovi prodotti, nuovi metodi di coltivazione). - Intensificazione dei commerci. - Nuovo ordine del mondo geografico ed economico. Nascita di nuovi bisogni contabili Questa evoluzione ha portato allo sviluppo di nuovi bisogni contabili, perché in questo periodo è nato il Monastero, una nuova tipologia aziendale molto differente dall’azienda mercantile in quanto possiede una complessità maggiore, e quindi richiede delle esigenze contabili diverse: - Azienda mercantile (Mercante): L’obiettivo primario è quello di incrementare il reddito, cioè di avere una remunerazione del capitale impiegato. Le scritture doppie sono scritture di capitale. Per quanto riguarda la governance, c’è una coincidenza tra proprietà e controllo, infatti il mercante è al tempo stesso colui che possiede il capitale e colui che deve gestirlo e controllarlo, e che quindi deve fare le scritture contabili. 2. Inventario degli effetti, dove è riportata l’indicazione della cassa, delle posizioni creditorie e debitorie e del magazzino. 3. Inventario dei beni mobili, dove sono riportati i singoli elementi mobili (es. aratro), esposti in forma tabellare, con l’indicazione delle tipologie di beni in verticale e i consegnatari degli stessi, cioè chi li sta utilizzando, in orizzontale. Oltre al libro giornale e al libro mastro, Pietra suggerisce 2 libri ausiliari: 1. Le Vacchette, ossia quelle che oggi sono le prime note, tenute dal Padre Cellerario, dal Concellerario e dallo Spenditore del Monastero. L’idea è quella che ci sia una persona di riferimento, il Padre Cellerario, che vada a segnare tutti i giorni tutto quello che accade. 2. La Istruttione, ossia un’agenda, dove vengono indicate tutte le operazioni da compiere quotidianamente per il Monastero, ordinate cronologicamente durante l’anno (riferimento per l’amministrazione), dunque dal punto di vista operativo è un libro fondamentale. Per quanto riguarda il momento della registrazione, cioè quando si annotano le operazioni, esistono diverse possibilità a seconda delle dimensioni aziendali e della rilevanza della spesa. In particolare nelle realtà più piccole in cui le operazioni non sono troppo numerose vanno rilevate nello stesso giorno in cui si verificano, mentre nelle realtà più complesse in cui le operazioni sono molte, come nel caso di grandi Monasteri, vanno rilevate mensilmente o trimestralmente. In generale, prima si scrive sulla prima nota, poi sul libro giornale e sul libro mastro. Libri che deve tenere un gestore del Monastero La prima nota contiene delle informazioni molto dettagliate su tutti i fronti, infatti sono indispensabili le scritture tenute nelle “Vacchette” che memorizzano i diversi fatti di gestione con riferimento ai soggetti coinvolti, tempi, qualità, quantità controllate. Il libro giornale: - Deve essere compilato solo dal Cellerario, e se tenuto bene consente di passare facilmente al libro mastro. - Le operazioni possono essere annotate giornalmente oppure mensilmente. - Le scritture contabili non vengono numerate, dunque ciò rende più difficile il riscontro tra il libro mastro e il quaderno perché l’unico riferimento è la data dell’operazione. - Le scritture contabili che contiene sono solo le scritture d'esercizio, dunque non troviamo alcun tipo di scrittura di assestamento, tant’è che le chiusure e le riaperture di tali conti si trovano solo ed esclusivamente nel libro mastro. - Non considera gli elementi patrimoniali legati ai beni immobili, quindi i conti elementari sono parziali in quanto questa parte sfugge ancora completamente all’idea di patrimonio. - Bisogna scrivere “per” davanti ai conti addebitati (dare), “a” per i conti accreditati (avere), dove i crediti e le spese (costi) vanno in dare e i debiti e le rendite (ricavi) vanno in avere, e così definisce i conti di natura economica e i conti di natura patrimoniale o finanziaria. - Utilizzo del conto partimenti, ossia quello che oggi è il conto diversi, se ci sono più conti da addebitare o accreditare. Il libro mastro (libro nobile): - Prevede conti a sezioni contrapposte, dove il riporto da una pagina all’altra avviene per saldo, ad esclusione dei conti Introito, del conto Esito e del conto Spesa e Entrata generale che sono trasferiti per somma. - Usa il conto Introito per aprire i conti (capitale generico, che contiene creditori e debitori). - Usa il conto Esito per chiudere i conti. - Contiene il conto Monastero, che è il conto legato al capitale netto (capitale specifico). - Contiene il conto Spesa e Entrata generale, che corrisponde al Conto economico di oggi. Nel libro mastro viene compilato il Bilancio di Apertura (o Introito). La differenza fra crediti e debiti viene riportata come credito o debito del conto Monastero Nostro. Il conto Monastero Nostro rappresenta il conto capitale netto, ottenuto dalla differenza tra elementi attivi e passivi, a cui affluisce il saldo del conto Spesa e Entrata generale in cui vengono registrate le variazioni subite negli altri conti. Le operazioni di apertura e di chiusura dei conti si registrano solo nel libro mastro perché nel libro giornale vanno registrate solamente le partite che derivano da fatti gestionali. Con Pietra emerge l’esigenza di tener conto della competenza economica, ma ancora in via precaria perché non tiene conto degli ammortamenti. Si avvicina al concetto di rateo in riferimento ai fitti, affermando che, volendo rilevare per ogni anno il credito del proprio frutto o del raccolto, questi vadano registrati a San Martino (termine di tutte le raccolte) o a Maggio (mese in cui si saldano i conti). Inoltre, Pietra pone attenzione alla fluidità del flusso informativo-contabile che descrive le operazioni che avvengono al Monastero, ossia fornire alla collettività e ai singoli come, dove e con quale obiettivo amministrare la ricchezza e il sistema contabile (ossia ciò che ha fatto anche con il ducato di Mantova, dal quale è stato definito una sorta di revisore). Lodovico Flori La vita Le notizie sulla vita di Lodovico Flori sono scarse e frammentarie. Nacque circa nel 1580 e la sua città natale dovrebbe essere Fratto (corrispondente all’attuale Fratta Todina) in provincia di Perugia. Dopo aver conseguito la laurea in Filosofia, Teologia e Diritto, nel 1610 entra nella Compagnia di Gesù, cioè nell’ordine dei gesuiti, di cui fu Padre procuratore. Muore a Palermo nel 1647, dunque sappiamo che quello che caratterizza il suo pensiero è riferito al contesto siciliano. Le caratteristiche principali dell’attività della Compagnia di Gesù sono: - La libertà individuale nei confronti del servizio apostolico. - La forte inclinazione alla mobilità, sia fisica che intellettuale (nella coscienza del gesuita era dominante il senso del mutamento). - Il tema dell'auto-sussistenza, infatti i gesuiti non potevano vivere di elemosine, ma dovevano provvedere ad una loro autonomia economica che poteva pervenire da varie fonti comprese le rendite derivanti da beni immobili. I Monasteri erano dotati di cospicui patrimoni propri, dunque i notevoli beni posseduti ed i livelli di complessità dell’amministrazione comportavano la necessità di effettuare periodicamente un controllo complessivo della gestione relativamente al patrimonio e alle sue variazioni. Trattato del modo di tenere il libro doppio domestico col suo esemplare (1633) Introduzione Nel 1631, Flori ricevette dai vertici della Compagnia l’incarico di redigere un manuale per supportare la contabilizzazione nelle Case e nei Collegi gesuiti, chiamato “Il Trattato del modo di tenere il libro doppio domestico col suo esemplare”. Il Trattato viene pubblicato come manoscritto nel 1633 e la prima copia a stampa fu realizzata a Palermo nel 1636. In realtà, Flori dice che riconosce il lavoro di Pietra, ma introduce questo Trattato per due ragioni: 1. Sostiene che il libro di Pietra sebbene sia molto valido è faticoso da reperire, quindi è difficile che possa avere una così ampia divulgazione come l’ordine dei gesuiti voleva che avesse in modo da istruire più gesuiti possibili su questo tema. 2. Sostiene che c’è una differenza di concettualizzazione, infatti l’ordine benedettino non è costituito da Assistenze, Province, Case e Collegi, ma ci sono i Monasteri, e quindi Flori adotta esattamente i concetti che fanno riferimento alla struttura della Compagnia di Gesù. Ne deriva che l’opera di Flori è ispirata a quella del benedettino Padre Angelo Pietra e da molti viene considerata quasi una prosecuzione di questa. Lo scopo dell’opera è la volontà di trasmettere ai gesuiti una sicura capacità di amministrare una Casa o un Collegio andando a divulgare le scritture doppie domestico-patrimoniale. Flori cita e a volte critica gli scritti in materia contabile dei suoi predecessori e conferisce all’opera autorevolezza derivante dalla sua esperienza e dalle sue competenze anche teoriche. Inoltre, distingue tra gli autori di scrittura doppia applicata all’azienda mercantile (Pacioli, Tagliente, Manzoni, Grisogono) e gli autori che hanno sviluppato la rilevazione in partita doppia riferendosi alla realtà domestico-patrimoniale (Pietra). L’autore ricorda la necessità di una saggia amministrazione dei beni temporali, soprattutto per i religiosi che da essa debbono trarre sostentamento, individuando nella partita doppia il miglior metodo di amministrazione di detti beni. Struttura dell’opera Il proemio contiene un’introduzione nella quale vengono esposte le finalità dell’opera. Successivamente, il Trattato si sviluppa in 3 parti, alle quali si aggiunge l’esemplificazione di un caso concreto e completo di tenuta di contabilità intitolato Esemplare. La prima parte (12 capitoli, 40 pagine), intitolata “Del modo di formare le partite in Giornale e riferirle a Libro”, tratta i temi delle logiche e dei metodi di rilevazione quantitativi, ponendo particolare attenzione alla definizione del metodo della partita doppia ed ai suoi strumenti. Nella parte iniziale dell’opera, egli elenca inoltre tutta una serie di definizioni con lo scopo di rendere più agevole lo studio anche per i non esperti in discipline contabili. La seconda parte (26 capitoli, 70 pagine), intitolata “Come si debba disporre ed ordinare il Libro per ottenere l’intento che si pretende che è di conoscere in ogni momento, lo stato delle nostre cose e se ve ne fosse bisogno di renderne buon conto”, è il nucleo centrale dell’opera in cui si concentra sul bilancio d’esercizio. Si affrontano in maniera specifica i temi riguardanti le valutazioni, analizzando con particolare attenzione le procedure, i criteri, i principi e gli aspetti formali che sottendono alla realizzazione del bilancio d’esercizio. La terza parte (8 capitoli, 12 pagine), intitolata “Dell’uso e comodità del libro disposto e ordinato al modo suddetto”, si sofferma sulle molteplici opportunità e possibilità di utilizzo delle indicazioni del Trattato, cioè a chi può servire e come utilizzarla. Libro mastro e il giornale I libri o registri principali utilizzati nella tenuta della contabilità delle aziende gesuitiche sono: - Il mastro è un libro di scritture sistematiche che raccoglie tutti i conti, con le relative scritture in dare ed in avere di ognuno di essi. Tale Libro Maestro è ritenuto dall’autore il più importante, in quanto è quello con il quale, da un punto di vista tecnico, le scritture potrebbero funzionare anche senza l’utilizzo del giornale. Il mastro è anche chiamato Libro Doppio da Flori, sia perché forma un sistema unitario con il giornale infatti rispecchia la continuità con il giornale, sia perché in esso ogni scrittura viene annotata due volte infatti viene movimentato un conto in dare ed un conto in avere. La tenuta del Libro Doppio è affidata al Padre Procuratore che deve avere conoscenze sia contabili che di aritmetica. Il Libro Doppio è distinto in 3 tipologie: Libro di Banco, Libro mercantesco e Libro nobile o domestico (stessa distinzione che fa Pietra). 6 - Degrange e Marchi Edmond Degrange La vita Edmond Degrange è uno studioso di ragioneria, nato a Bordeaux in Francia nel 1763 e morto nel 1826 circa. La sua opera principale è “La tenue des livres rendue facile”, pubblicata per la prima volta in Francia nel 1795 e tradotta in numerose lingue, tra cui l’italiano nel 1837. In quest’opera, egli espone la cosiddetta “teorica cinquecontista”. Teorica cinquecontista Dall’esperienza maturata nel settore commerciale e dato che era solito tenere la propria contabilità, ideò una semplice ed efficace teoria denominata “teorica dei cinque conti generali” o “teoria cinquecontista”, in cui riuscì a sistematizzare i principi esposti dai suoi predecessori e a ridurre a 5 i conti generali intimamente correlati con gli oggetti principali del commercio. Degrange si preoccupò principalmente di semplificare il più possibile la partita doppia nella sua applicazione alle aziende individuali. Pertanto, ai 5 oggetti del commercio collegò 5 conti che egli individuò come necessari e sufficienti per la completa tenuta della contabilità. Questi 5 conti, strettamente connessi alla persona del titolare (negoziante), sono costituiti da: Merci (“Marchandises générales”), Cassa (“Caisse”), Effetti da ricevere (“Effets à recevoir”), Effetti da pagare (“Effets à payer””), Profitti e perdite (“Profits et pertes”). Facile, essenziale ed efficace è anche la regola generale della contabilizzazione in partita doppia secondo questa teorica, ben sintetizzata nella regola: addebitare colui che riceve e accreditare colui che dà (“débiter celui qui reçoit et créditer celui qui donne”). Occorre quindi aprire un conto per ognuno dei 5 oggetti generali del commercio, per poi procedere ad addebitarli e ad accreditarli ogni volta che il negoziante riceve o dà degli oggetti della specie per il quale quel conto è aperto. Ciò gli consente di vedere cosa ha ricevuto o somministrato in merci, denaro, effetti da ricevere, effetti da pagare e ciò che ha perso o guadagnato. La teorica dei cinque conti generali, benché non del tutto razionale e non esente da difetti, trovò terreno fertile anche in Italia, non solo per la sua innegabile semplicità, ma anche a causa della situazione politica allora vigente, infatti il nostro Paese era diviso in diversi Stati politicamente ed economicamente asserviti agli stranieri, il che aveva comportato un forte decadimento degli studi. Francesco Marchi fu il primo che, in questo contesto sicuramente non incoraggiante e a prezzo di ingenti sforzi personali (di carattere morale e materiale), cercò, riuscendovi in buona parte, di contrastare l’ormai imperante teorica degrangiana. Giornal-mastro Definizione Degrange è l’inventore (o padre) del giornal-mastro (“Journal-Grand-Livre”), noto anche come “giornale-mastro” o “giornale-maestro”, infatti egli fu il primo a presentare al pubblico tale innovativa e geniale invenzione nel 1804. La tecnica del giornal-mastro si diffuse, anche in Francia, sotto il nome di “metodo americano”, pur essendo stato ideato da un francese e non avendo neppure avuto oltreoceano una diffusione maggiore che altrove. In particolare, il giornal-mastro è un particolare tipo di registro contabile che presenta oltre che il contenuto del libro giornale anche quello del libro mastro, consentendo la rilevazione sia cronologica che sistematica delle operazioni aziendali. Principio di funzionamento del giornal-mastro Il principio di funzionamento del giornal-mastro è lo stesso della partita doppia tradizionale, infatti le regole fondamentali sono identiche. L’unica differenza risiede nel fatto che la duplice serie di conti tipica della scrittura doppia, invece che essere esposta mediante un mastro tradizionale (registrazione sistematica) e un giornale (registrazione cronologica), viene raccolta in forma sinottica o tabellare su un unico libro che è, al contempo, un registro sistematico e cronologico. Un difetto di tale forma di scritturazione risiede nel fatto che il numero dei conti che possono essere aperti deve essere necessariamente limitato, pena l’impossibilità di gestire correttamente la redazione del registro stesso. Per ovviare a questo problema si può svolgere ogni conto sintetico del giornal-mastro in conti analitici contenuti in un’apposita tabella, ma ciò significa snaturare l’essenza stessa del registro, per sua natura sinottico, quindi sintetico. Il giornal-mastro, nella sua forma più ricorrente, presenta una prima colonna dedicata al numero progressivo delle operazioni e una seconda colonna dedicata alla data delle operazioni. Poi troviamo gli articoli del giornale con la loro descrizione e le somme relative (sezione del libro giornale). In seguito riscontriamo la presenza dei singoli conti sintetici (cassa, merci, ecc.) ognuno dei quali presenta le colonne del dare e dell’avere (sezione del libro mastro). Infine, può essere prevista un’ultima sezione, anch’essa divisa nelle colonne dare ed avere, con i totali generali. Le modalità tecniche di registrazione sono molto semplici. Come nei giornali ordinari, si procede, dopo aver indicato il numero d’ordine e la data, ad effettuare la scrittura dell’operazione (inserendo a sinistra le voci in dare e a destra le voci in avere, precedute dalla lettera “a” la quale indica l’avere) con la relativa descrizione e, a seguire, si riportano le somme. I valori vengono poi inseriti nelle rispettive colonne (dare e avere) dei conti sintetici coinvolti. Nella forma originaria proposta da Degrange, i conti del mastro erano i 5 conti base tipici della sua teorica (Merci, Cassa, Effetti da ricevere, Effetti da pagare, Profitti e perdite). Inoltre, era presente una sesta colonna denominata Conti diversi, che accoglieva i conti particolari dei corrispondenti, ovvero le registrazioni da sviluppare eventualmente nei partitari o sottoconti, nonché i conti non ricompresi nei 5 conti generali e che si riconnettono solitamente a conti poco movimentati durante l’anno, come il capitale, gli immobili, i fondi, ecc. Infine, era prevista un’ultima colonna contenente i “totali generali” dei conti movimentati, al fine di rendere più agevoli i riporti ed i riscontri. In concreto, il giornal-mastro originariamente proposto del Degrange aveva la seguente forma: Ad esempio, volendo registrare: - Un acquisto di merci a dilazione (verso Tizio) per 100. - Il pagamento di una cambiale passiva di 200 con uno sconto di 10. - L'incasso in contanti di un affitto per 50. Il giornal-mastro di Degrange viene movimentato come segue: Alla fine di ogni pagina occorre effettuare i totali di ogni colonna, i quali devono essere iscritti a fondo pagina sulla medesima linea e poi riportati all’inizio della pagina successiva. Questi totali possono essere agevolmente effettuati anche periodicamente (come alla fine di ogni mese o di ogni settimana) per permettere un maggiore controllo e riscontro delle operazioni poste in essere. Al momento di chiudere i conti le colonne vengono chiuse nel modo consueto della partita doppia. Si saldano i conti principali iscrivendo il relativo importo da saldare nella sezione opposta e riportandolo, contemporaneamente, al bilancio (nella sezione dedicata al giornale), attraverso le scritture “Bilancio finale a Diversi” e “Diversi a Bilancio finale”. Nelle scritture “Bilancio finale a Diversi” e “Diversi a Bilancio finale” vengono chiusi anche i conti diversi dell’ultima colonna. Ogni conto di dettaglio saldato in avere provocherà un contemporaneo addebito del bilancio finale, mentre la chiusura di ogni conto di dettaglio saldato in dare comporterà un accredito del bilancio finale. Si determina quindi il risultato di esercizio (dal saldo del conto Profitti e perdite) e si gira a capitale. Considerazioni critiche Il giornal-mastro è una speciale forma di registrazione in partita doppia sinottica, cioè sintetica, che si caratterizza per la “fusione” del libro giornale e del libro mastro in un solo documento. La sua tenuta non elimina quindi gli eventuali libri speciali o ausiliari (quali prima nota, partitari, scadenziari, ecc.) tipici della partita doppia, i quali, se presenti, vanno ad aggiungersi a questo. La caratteristica fondamentale del giornalmastro è la capacità di sintetizzare l’intera situazione aziendale. Questo è, al contempo, il maggior pregio ed il limite principale di tale congegno contabile. Infatti, se da un lato la sintesi aiuta la speditezza e la facilità nelle registrazioni, dall’altro lato il numero estremamente ridotto dei conti che possono essere movimentati comporta l’ottenimento di dati eccessivamente sintetici. Ne consegue che la figura dell’amministratore è un vero e proprio intermediario tra il proprietario-capitalista ed i terzi variamente coinvolti nella gestione, ovvero i consegnatari ed i corrispondenti, pertanto rappresenta l’azienda nei confronti di ognuno di questi. L’amministratore, per la sua stessa natura e funzione, non può avere un credito o un debito netto, ma il suo credito deve essere sempre uguale al suo debito. Invero, egli risponde verso il proprietario del patrimonio netto e risponde verso i corrispondenti “creditori” del passivo, mentre sono i consegnatari ed i corrispondenti “debitori” a rispondere verso di lui dell’attivo. Considerato che dall’equazione di bilancio si deduce che l’importo dell’attivo è uguale a quello del passivo più il netto, il credito (complessivo) dell’amministratore è sempre bilanciato dal suo debito (complessivo). Inoltre, poiché i crediti e i debiti dell’amministratore sono i debiti e i crediti che il proprietario-capitalista ed i terzi hanno verso di lui, il suo conto si può desumere indirettamente dai vari conti aperti alle altre persone (proprietario-capitalista, consegnatari e corrispondenti). Perciò diventa superfluo, se non ridondante, aprire effettivamente un conto intestato a tale persona. Ne deriva che, nella costruzione teorica del Marchi, il conto dell’amministratore, benché fondamentale in quanto rappresenta un’interfaccia e un intermediario tra i titolari di diritti ed obblighi, non viene effettivamente acceso, ma, per motivi di convenienza, resta sottinteso. Conclusione In definitiva, la teorica personalistica del Marchi prevede, in ultima analisi, come necessarie 2 serie di conti generali: la prima accesa al proprietario e la seconda ai terzi (consegnatari e corrispondenti) “che si addebitano e si accreditano in modo inverso e si riferiscono all’azienda, personificata anche quest’ultima dall’amministratore o gerente, che non ha bisogno di costo espresso; ma nel suo conto sottinteso accoglie la contropartita di tutti gli altri e perciò si trova in continuo bilancio”. In tal modo, il Marchi ha dimostrato che “la bilancia fra il conto del proprietario da una parte e i conti dei consegnatari e dei corrispondenti dall’altra, è tenuta dall’amministratore” e ha pertanto gettato le fondamenta della più nota logismografia cerboniana. 7 - L’Ottocento e Villa Ottocento Nella prima metà dell'Ottocento l'Europa vide due grandi trasformazioni: 1. Rapida crescita demografica: In questo periodo ci fu una crescita notevole e continua mai verificatasi prima d'ora. Le cause fondamentali sono da ritrovare nell'aumento della produttività in agricoltura e nel miglioramento delle condizioni igienico-sanitarie (anche se la mortalità infantile rimase molto alta). A questo seguirono dei fenomeni particolari che cambiarono l'aspetto dell'ambiente e della società del tempo, come: - Lo spostamento graduale ma continuo della popolazione di campagna nelle città causata dalla ricerca di forza lavoro da parte delle nuove industrie. - L'eccesso di popolazione delle campagne grazie alla crescita demografica e alle trasformazioni in senso capitalistico dell'agricoltura che prevedeva la riduzione di manodopera. Fu l'aumento della produzione agricola ad incrementare la crescita della popolazione, anche se in Europa non fu omogenea (l’Europa del nord si modernizzava, mentre l'Europa dell'est e i paesi mediterranei, tranne la parte nord dell’Italia, rimanevano piuttosto arretrati). 2. Industrializzazione. Per quanto riguarda gli studi di ragioneria, essi non hanno avuto salti qualitativi precedenti, ma si iniziano a superare i confini dell’arte e della pura tecnica contabile per diventare un vero sistema scientifico, dunque iniziano a svilupparsi i germi dell’Economia Aziendale. Francesco Villa La vita Francesco Villa nasce a Milano nel 1801 da una famiglia umile. Intraprende studi classici e tecnici e consegue il diploma di ragioniere ed agrimensore. Nel 1826 trova impiego presso l’Imperiale Regia Contabilità Centrale Lombarda. Nel 1830 inizia ad impartire lezioni private di contabilità e di agraria e poi viene incaricato di tali insegnamenti nelle scuole governative per gli agenti rurali. Nel 1837 pubblica la sua prima opera di contabilità, chiamata “Manuale per la tenuta dei registri, o sia esposizione teorico pratica del modo di tenere il registro a scrittura semplice e doppia”. Nel 1839 vinse un bando del governo austriaco per il miglior testo di contabilità di Stato con un trattato di due volumi, pubblicati nel 1840 e 1841, intitolati “La contabilità applicata alle amministrazioni private e pubbliche”; questo gli permise di ottenere la cattedra di Pavia nel 1842. La sua opera più importante è “Elementi di amministrazione e contabilità”, stampata a Pavia nel 1850. Villa insegnò contabilità di Stato a Pavia fino al 1859 e poi Scienza della Contabilità di Stato a Milano. La sua ultima opera “Nozioni e pensieri sulla pubblica amministrazione” è stata pubblicata nel 1867 a Pavia. Questo trattato risulta essere un ottimo compendio di ragioneria pubblica. I riconoscimenti conferitigli furono i seguenti: - Nomina di “Socio corrispondente nazionale” nel 1868 dall’Istituto Lombardo di Scienze e Lettere. - Medaglia d’oro e iscrizione tra gli “Accademici onorari corrispondenti nazionali” nel 1869 dall’Accademia dei Ragionieri di Bologna. Villa muore il 30 luglio 1884 a Milano, dove trascorse gli ultimi anni di vita dopo il ritiro dall’insegnamento. La concezione di ragioneria Contributi principali Francesco Villa fu il principale studioso della scuola Lombarda, allo sviluppo della quale apportò contributi sia di carattere dottrinale che pratico-contabile. In particolare egli sostenne: - Il carattere scientifico della Ragioneria e la sua separazione rispetto all’Amministrazione. - L’applicazione dei principi economici a tutte le categorie di aziende. - La teoria mista dei conti e la concezione economica del patrimonio. Definizione di ragioneria Secondo Villa, la ragioneria è l’insieme dei principi di governo dell’azienda. L’obiettivo della ragioneria è il controllo amministrativo-contabile inteso come complesso di operazioni per far sì che la stessa azienda dia la sua massima utilità, finalizzata a controllare ciò che avviene in azienda. La ragioneria serve quindi per interpretare i fatti di gestione ai fini del controllo. La ragioneria non consisteva solo nella tenuta dei conti, ma in un complesso di nozioni economico amministrative applicate all’arte di tenere i libri. La ragioneria non è solo rilevazione contabile, ma riguarda anche i principi che guidano l’amministrazione delle aziende. Mentre per la tenuta dei conti erano sufficienti le nozioni possedute da amanuensi e computisti, il ragioniere doveva possedere conoscenze superiori riguardo le leggi della tipologia di amministrazione considerata. Nelle sue opere “Elementi di amministrazione e contabilità” (1850) e “Nozioni e pensieri sulla pubblica amministrazione” (1867), egli evidenzia il campo di studio della ragioneria, in particolare l’azienda è analizzata sotto 3 aspetti: 1. Organizzazione: Organizzazione intesa come disposizione del personale. 2. Gestione: Amministrazione del patrimonio finalizzata alla sua massimizzazione. 3. Rilevazione per controllo: Registrazione dei fatti aziendali per il controllo dei risultati. Si evidenziano 3 tipi di pensiero: 1. Pensiero aritmetico. 2. Pensiero economico (legato alla soluzione del problema economico, cioè risorse limitate per bisogni illimitati). 3. Pensiero computistico (la tenuta della contabilità e i calcoli sono parte della computisteria). È parte della Ragioneria. Concetto di amministrazione L’amministrazione è finalizzata alla massimizzazione del patrimonio e si sostanziava: - Nell’indagine della composizione del patrimonio da amministrare. - Nella definizione del piano di operazioni da realizzare nell’anno successivo. - Nell’accertamento dell’effettiva realizzazione di quanto programmato. La ragioneria operava come guida all’amministrazione e ne verificava i risultati. Questo è ritenuto un principio economico valido sia per le aziende private che per quelle pubbliche. La conoscenza dell’amministrazione di un’azienda è indispensabile al ragioniere che vuole controllarla attraverso le registrazioni. Questo deriva dal fatto che lo Stato dell’800 non è più considerato come una proprietà del re, ma come un ente da amministrare secondo la ragioneria. Villa studia varie tipologie di aziende: - Amministrazione domestica (famiglia). - Azienda di erogazione. - Aziende agrarie. - Aziende commerciali. Principi fondamentali del revisore I principi fondamentali ai quali un revisore deve fare riferimento sono i seguenti: 1. Non è ammissibile una modifica della sostanza, se non è rigorosamente dimostrato che era inevitabile o che era richiesto dallo scopo di conservazione del patrimonio. 2. È censurabile qualunque improduttiva giacenza di capitali o di somme esuberanti l’occorrenza dell’ordinaria amministrazione. 3. E’ censurabile la mancanza di cautela riguardo all’impiego di capitali, o la non eseguita restituzione di capitali passivi se la restituzione avesse potuto effettuarsi. 4. Le spese devono risultare sostenute per una determinata utilità o convenienza, i prezzi della manodopera devono essere ragionevoli, le provviste devono essere fatte nei tempi, nei luoghi e nei modi di maggiore convenienza, i pagamenti devono essere puntuali per ottenere facilitazioni dai fornitori e finanziatori e aumentare il valore dell’amministrazione. 5. Il revisore del rendiconto deve confrontare titolo per titolo le entrate e le spese che risultano dal rendiconto stesso con quelle degli anni precedenti, sia richiamando i precedenti rendiconti, sia attraverso i libri di amministrazione. Questi confronti riescono a dare l’idea del progresso dei diversi rami dell’azienda e del decadimento di altri. I possibili rilievi del revisore sono: 1. I rilievi sulle irregolarità delle competenze e dei relativi adempimenti (il revisore controlla se le spese di competenza concordano con le somme approvate nel preventivo). 2. I rilievi sulle illegalità dei mandati (si tratta della chiara indicazione della somma in cifre e lettere, regolarità delle ricevute e delle firme, ecc.). 3. I rilievi sulle illegalità delle liquidazioni (il revisore esamina gli atti di liquidazione e cerca di desumere la vera competenza). 4. I rilievi in linea amministrativa (riguarda il giudizio da parte del revisore se tutto è proceduto come era desiderabile). A volte, il rendiconto sottoposto a revisione, evidenzia un grave disordine della tenuta dei registri, per la sua irregolare disposizione e l’imperfezione dei documenti che la compongono. Al revisore spetta l’obbligo di avvertire l’amministrazione e proporre soluzioni, che gli operatori contabili dovranno seguire. In alcuni rari casi, lo stesso revisore è incaricato dall’amministrazione o dall’autorità che la tutela, di riordinare la contabilità e di rilevare un rendiconto accettabile. Sistema di controllo interno La revisione deve essere preceduta da informazioni riguardanti l'organizzazione amministrativa e il sistema ordinario di controllo, dove con “controllo” si intende l'azione del verificare e l'atto che serve di base alla verificazione. L’autore dedica una parte del capitolo al sistema di controllo interno che chiama "controlleria amministrativa e contabile". Questo sistema deve assicurare: - La regolarità degli introiti e dei pagamenti. - L’effettivo realizzarsi di ciascuno di essi. - La coincidenza delle somme con quelle registrate dal cassiere. In ambito di controllo interno, fa riferimento anche al Consiglio di sorveglianza, che deve essere indicato nello Statuto, ovvero nell’Atto costitutivo, di una società. In particolare, spetta al Consiglio di sorveglianza l'obbligo di vigilare l'andamento della gestione e l'osservanza dello Statuto stesso. Esso può ispezionare la cassa, i libri di conto e le pezze giustificative (mandati e bollette) che appoggiano le registrazioni. In caso di sospetti, è dovere del Consiglio di sorveglianza convocare l'Assemblea generale, dando avviso analogo agli Amministratori. Altri compiti del Consiglio di sorveglianza sono i seguenti: 1. Incaricato di fare il programma dell'amministrazione ordinaria. 2. Conclude i contratti per l'acquisto degli spazi e dei materiali. 3. Decide gli investimenti conformi allo statuto. 4. Nomina e revoca il direttore e fissa l'onorario degli impiegati. 5. Approva i piani di costruzione e di miglioramento. 6. Determina il modo con cui il tesoriere della società deve fare gli introiti e i pagamenti. 7. Determina l'ordine delle proprie operazioni e gli incarichi di ciascuno dei suoi membri. Il Consiglio di sorveglianza deve presentare annualmente un rapporto sullo stato degli affari della società. Esempio dell’autore Un esempio che illustra l’autore riguarda lo Statuto di una società civile per la costruzione delle case di operai in Bruxelles e nei Sobborghi, dove: - Il capitolo 1 tratta della costituzione della società, dello scopo e della natura delle sue operazioni. - Il capitolo 2 (diviso in 14 articoli) tratta la gestione e l'amministrazione della società, in particolare l'Assemblea generale, il modo di votazione, il Comitato di sorveglianza ed in generale la procedura per la trattazione degli affari. Riassumendo Villa può essere considerato un precursore dell’economia aziendale, in quanto fu il primo a dare spazio ai problemi economici della gestione. La ragioneria iniziò a delinearsi come scienza per l’amministrazione dell’azienda con i suoi 3 rami: 1. Organizzazione (elemento personale). 2. Gestione (azioni per conservare/accrescere la ricchezza). 3. Rilevazione (mezzi per conoscere e controllare i risultati). L’oggetto di studio della ragioneria è l’azienda, vista sia sotto il profilo dell’organizzazione amministrativa, sia sotto il profilo dello studio delle azioni che vengono operate sul patrimonio, ovvero sulla gestione della medesima. I punti chiave del pensiero di Francesco Villa furono: - Il carattere scientifico della Ragioneria. - La sua separazione dall’amministrazione. - L’applicazione dei principi economici a tutte le categorie di aziende. - La concezione economica del patrimonio. 8 - Giuseppe Cerboni I maestri tra il 1800 e il 1900 L’immagine mostra gli autori che hanno vissuto tra il 1800 e il 1900 che abbiamo visto (Degrange, Villa, Marchi, Cerboni, Besta e Zappa), i quali hanno contribuito maggiormente allo sviluppo della ragioneria e poi dell’economia aziendale. Vediamo che i maestri hanno vissuto in periodi abbastanza contemporanei in termini di esistenza, soprattutto Marchi, Cerboni e Besta. Giuseppe Cerboni La vita Giuseppe Cerboni è nato a Marciana Marina (Isola d’Elba, Livorno) il 24 dicembre 1827 da una famiglia modesta ed ha vissuto la propria giovinezza nel paese di Portolongone (oggi Porto Azzurro). Nel 1844, all’età di diciassette anni, entrò nell’Amministrazione Militare Toscana come apprendista e decise di arruolarsi come volontario presso l’artiglieria indigena, e ciò lo porterà a partecipare nel 1848, poco più che ventenne, alla prima guerra d’Indipendenza. Nel 1849 gli fu chiesto di organizzare la parte amministrativa del corpo della gendarmeria del Granducato di Toscana e due anni dopo gli fu chiesto di fare esattamente la stessa cosa per il corpo dei bersaglieri. Nel 1859 partecipò alla seconda guerra d’Indipendenza con il grado di capitano e gli viene affidato il compito di costruire una relazione rispetto a come vengono utilizzate le risorse pubbliche, che pubblica nel 1861. Nello stesso anno ottiene un riconoscimento da parte della Corte dei Conti in merito a questa relazione, che gli vale l'inserimento nel Ministero della Guerra a Torino dove cominciò ad occuparsi dell’organizzazione dei servizi amministrativi. Nel 1865, anche grazie all’esperienza maturata sul campo, pubblicò un opuscolo intitolato “Sull’ordinamento della contabilità di Stato” con il quale già si scostava, sia pure di poco, dalla comune scrittura doppia mercantile. In questo opuscoletto indicava la necessità di tenere congiuntamente la registrazione finanziaria e la registrazione economica, dunque inizia a descrivere l’importanza di dare riscontro sia ai fatti finanziari che ai fatti economici per amministrare un’azienda pubblica. Questo è il primo passo verso la nascita del suo metodo contabile, la Logismografia, che significa descrizione ragionata dei conti. Nel 1867, Cerboni fu inserito in una commissione che doveva progettare una legge che regolamentasse la contabilità a livello statale, cioè la contabilità delle aziende pubbliche. Tale legge sancì l’entrata dell’utilizzo del metodo della partita doppia all’interno della contabilità delle aziende pubbliche. Fino ad ora, a parte l’opuscolo dove in realtà non parla esplicitamente di Logismografia ma sviluppa solo alcune idee base, non ci sono tracce del metodo contabile che sta progettando; sarà solo qualche anno dopo, nel 1875, che deciderà di pubblicare un'opera che riguarda proprio la Logismografia. Il punto è che non lo fa lui in prima persona, ma decide di farlo pubblicare a qualcun altro, in particolare si affida a Riva, un altro studioso di ragioneria. Dal 1876 al 1891 Cerboni rivestì la carica di Ragioniere Generale dello Stato, e durante questo periodo porta il metodo della Logismografia in sostituzione della partita doppia per contabilizzare i conti pubblici. Tuttavia nel 1892 viene spostato come consigliere presso la Corte dei Conti e quindi abbandona la Ragioneria Generale, e quando se ne va il suo metodo smette di essere utilizzato. “La ragioneria è un gran corpo dove vi sono tre membra principali (la contabilità, la computisteria, la logismografia), e il pensiero logismologico abbraccia ed armonizza tutti i fatti economici, amministrativi e computistici”. Sulla base di ciò, possiamo dividere l'azienda in 3 componenti: 1. Economica: L’istinto di soddisfare i bisogni a partire da quelli primari a quello della creazione della ricchezza. 2. Amministrativa: Modalità in cui il pensiero economico può essere ricondotto verso l'equità e il diritto tramite l'aggiustamento d'interessi divergenti. 3. Computistica: Quantificazione degli scambi attuati e delle relazioni giuridiche instaurate. Il pensiero logismologico è il motore e l’anima dell'azienda, dunque è un qualcosa di intangibile. Il suo studio consente di individuare le leggi che guidano la vita dell'azienda e, dal punto di vista operativo, di governare e dirigere le aziende verso il raggiungimento del loro fine. All’interno del pensiero logismologico che sta alla base della ragioneria, Cerboni individua la Logismografia, cioè il metodo razionale che ordina i procedimenti computistici, cioè i fatti che succedono in azienda, andando a descriverli nei conti. La ragioneria fornisce i principi mediante i quali controllare tutti i soggetti interni ed esterni con i quali l'azienda entra in relazione, attraverso la rilevazione contabile effettuata utilizzando i conti accesi alle persone, tant’è che diciamo che Cerboni dà vita in modo chiaro alla teoria personalistica. Concetto di azienda Cerboni basa il suo ragionamento sulle persone perché aveva come riferimento di azienda l’azienda domestica, cioè il singolo individuo, che rappresenta la forma più elementare di organismo sociale. La società umana non è altro che l'unione degli individui e quindi delle aziende domestiche avvenuta nel corso del tempo in modo graduale. L’azienda è basata sui rapporti giuridici che intercorrono tra soggetti interni ed esterni all'azienda stessa (i quali sono il proprietario, gli amministratori, gli agenti-consegnatari e i corrispondenti) e il sistema scritturale è fondato sulla personificazione dei conti. Dunque, per Cerboni, l’azienda è caratterizzata dalla centralità delle persone da un punto di vista giuridico. Logismografia Definizione Secondo il metodo logismografico (o logismografia), che si contrappone alla partita doppia mercantile, lo svolgimento amministrativo di qualsiasi azienda, consiste in una serie continua di fatti che hanno effetti diversi, che possono comportare: - Obblighi e diritti tra le persone (interne ed esterne) interessate nell’azienda. - Trasformazione della sostanza, cioè modifica del patrimonio. - Aumenti o diminuzioni del capitale netto, cioè modifica del capitale netto. Categorie di fatti amministrativi La logismografia prevede che i fatti amministrativi siano divisi in 3 categorie: 1. Fatti modificativi: Comprendono i fatti che modificano i valori integrali del patrimonio e conseguentemente la sostanza netta (come oneri, rendite, spese, sopravvenienze attive e passive, insussistenze attive e passive, ecc.). 2. Fatti permutativi (di scambio): Generano permutazioni degli elementi componenti del patrimonio e delle responsabilità dell'amministratore e dell'agenzia (come acquisto di uno stabile, acquisto di mobili, acquisto di merce, pagamento di un debito, ecc., cioè il trasferimento di un bene da un possessore ad un altro). 3. Fatti misti: Generano sia permutazioni che modificazioni della sostanza netta (es. vendite con guadagno o con perdita, incasso di un credito, pagamento di un debito con interessi/sconto, ecc.). Queste tre tipologie di fatti amministrativi che sono alla base della logismografia devono essere rappresentati nel miglior modo, quindi una buona contabilità presuppone che essi siano tenuti in modo ordinato e registrati con una certa dose di tempismo. Dunque, lo scopo principale di una buona contabilità è quello di presentare la storia quotidiana e ordinata dei fatti sopra citati, cioè: - Tenere in evidenza obblighi (debiti) e diritti (crediti) delle persone interessate nell’azienda. - Controllare il capitale netto e segnalarne aumenti/diminuzioni. - Presentare le variazioni che avvengono nelle singole specie della sostanza. - Fornire tutti gli elementi necessari alla compilazione del rendiconto amministrativo. Categorie di conti In particolare, tali risultati si ottengono attraverso i conti, infatti per tradurre i fatti amministrativi in una buona contabilità bisogna aprire e movimentare dei conti. I conti sono divisi in 3 categorie: 1. Conti giuridici: Sono conti che chiameremo conti di natura finanziaria, che tengono conto e quindi danno modo di controllare le relazioni giuridiche, cioè le relazioni di obbligo e di diritto tra i vari soggetti (quindi quello che è il dare di un soggetto è l’avere dell’altro). 2. Conti statistici o economici: Sono conti di natura economica/reddituale, anche se allora non c'era un concetto di reddito, che evidenziano le modifiche che le relazioni di dare e avere tra i diversi soggetti hanno sul patrimonio aziendale. 3. Conti specifici: Sono conti relativi alle variazioni quantitative del patrimonio (conti economici) e variazioni qualitative del patrimonio (es. crediti che si trasformano in cassa, ecc., cioè come variano le voci tra categorie all'interno dello stesso patrimonio). Queste 3 categorie di conti danno come risultato il rendiconto amministrativo, con maggiore o minore difficoltà a seconda della maniera con cui i conti sono tenuti, ordinati e collegati insieme, il quale si trova disteso in diversi libri. Libri e prospetti utilizzati I libri e i prospetti utilizzati dalla logismografia sono: - Il “Giornale” (o Giornale logismografico), che è il libro fondamentale che comprende i due conti principali (conto del proprietario e il conto dell’agenzia). - Gli “Svolgimenti”, che sono dei libri ausiliari che dettagliano le tre categorie di conti (conti giuridici, conti statistici o economici, conti specifici) che descrivono i due conti principali. - Il “Quadro della Contabilità”, che è un indice che contiene la denominazione di tutti i conti, quindi parte dai conti principali ai quali lega tutta una serie di conti. - Le “Minute dei Conti”, che è una sorta di prima nota dove si registrano, per ogni operazione, le somme da registrare nelle varie colonne del giornale e degli svolgimenti. C’è la necessità di dare evidenza di come il patrimonio viene modificato. Questo perché qualsiasi amministrazione ha per oggetto una sostanza qualunque e l’ente a cui questa sostanza appartiene è il proprietario. La sostanza si affida alla custodia dei consegnatari, cioè coloro che detengono i beni che afferiscono al patrimonio, e viene modificata dai corrispondenti, cioè i creditori/debitori di essa. I consegnatari e i corrispondenti insieme formano l’agenzia. Ne deriva che in qualunque amministrazione sorgono 2 enti: proprietario e agenzia. I conti necessari ad un’amministrazione, secondo Cerboni, si possono riassumere in 2 conti: conto del proprietario e conto dell’agenzia. In particolare, questi 2 conti accesi al proprietario e all'agenzia formano la “bilancia patrimoniale” (o bilancia economica, o bilancia logismografica) perché il dare di un conto è l’avere dell’altro, e trovano rappresentazione nel giornale logismografico. Le scritture, oltre al contenuto giuridico, hanno anche natura economico-patrimoniale perché devono dare evidenza di come si modifica il patrimonio per mostrare al proprietario cosa fa l’agenzia, e natura finanziaria perché se non avessero natura finanziaria l’amministrazione non potrebbe operare. Lo scopo principale del Giornale logismografico è quello di registrare consecutivamente e cronologicamente i fatti amministrativi per rappresentare in ogni momento la situazione economica del proprietario, cioè la “sostanza netta”, in modo che i due conti presentano continuamente la situazione complessiva dell’intero corpo scritturale. Quindi di fatto, il Giornale raccoglie i conti giuridici, statistici o economici e specifici che a loro volta devono bilanciare. Giornale logismografico Rappresentazione L’immagine mostra una rappresentazione del Giornale logismografico secondo Cerboni: In particolare, il Giornale logismografico è composto da: - Colonne 1-5: Rappresenta i dati cronologici e la descrizione dei fatti amministrativi (numero, data, descrizione dell’operazione, numero degli articoli) e l’importo degli articoli da rilevare in partita doppia (ammontare degli articoli). - Colonne 6-7 e 8-9: Rappresenta la bilancia economica, che è composta dal conto del proprietario (conto A), dove in avere ci sono le attività e in dare ci sono le passività e la differenza è il capitale netto, e dal conto degli agenti e corrispondenti (conto B), dove in dare ci sono le attività e in avere le passività. Dunque contiene i fatti modificativi, cioè i fatti che modificano la sostanza e che quindi modificano il patrimonio. - Colonna 10: Rappresenta le variazioni compensative che originano fatti permutativi. Dunque contiene i fatti permutativi, cioè i fatti che non modificano la sostanza e che quindi non modificano il patrimonio. In particolare, contiene il doppio degli importi oggetto del fatto permutativo perché la compensazione avviene due volte, sia nel conto del proprietario che in quello dell'agenzia. - Colonna 11: Rappresenta le sigle degli svolgimenti, in particolare gli svolgimenti sono dei libri accessori al Giornale logismografico in cui si svolgono i due conti accesi al proprietario e all'agenzia, cioè in cui si dettagliano i conti particolari che fanno riferimento ai due conti principali, il conto A relativo al conto del proprietario e il conto B relativo al conto dell’agenzia. In particolare, ci sono 4 serie di svolgimenti: A e A-bis, B e B-bis. Esempi Ad esempio, nel caso della riscossione di interessi attivi si verifica un aumento di crediti del proprietario verso l’agenzia quindi va posta in avere del conto proprietario, mentre, nello stesso tempo, va posta in dare del conto dell’agenzia perché rappresenta un aumento di debiti (il debito del cassiere consegnatario) verso il proprietario. Ad esempio, nel caso dell’acquisto di beni con pagamento differito si verifica un acquisto di beni in avere del conto proprietario e in dare del conto dell’agenzia, e il sorgere del debito è in dare del conto proprietario e in avere del conto dell’agenzia. 9 - Fabio Besta I maestri all’inizio del 1900 All'inizio del 1900, c'è Cerboni che ha 70 anni, Besta che ha 55 anni e Zappa che ha 20 anni. In questo periodo, c’è un dibattito tra Cerboni e Besta, infatti l'ultimo Ottocento ed il primo Novecento è ancora influenzato dal pensiero logismografico di Cerboni a cui si contrappone, con sempre maggiore solidità, l’opera di Besta, tuttavia non dobbiamo dimenticarci di Zappa, allievo di Besta, che è in procinto di seguire il suo maestro negli studi a Venezia. In particolare, il dibattito tra la teoria personalistica di Cerboni e la teoria del valore di Besta sfuma a danni del Cerboni e a beneficio di Besta in quanto nel momento in cui Cerboni abbandona la Ragioneria dello Stato il metodo logismografico viene abbandonato, tuttavia in seguito all’arrivo di Zappa il suo pensiero prevalse e quindi anche Besta venne dimenticato. Fabio Besta La vita Fabio Besta nacque a Teglio di Valtellina (Sondrio) il 17 gennaio 1845, da Giacomo Enrico e Teresa Bonadei. Egli proveniva da una nobile stirpe, il problema è che non aveva i mezzi legati al rango di famiglia nobile e quindi viveva in ristrettezze economiche, dunque i Besta erano poveri di mezzi, ma ricchi di cultura. Il padre di Fabio prima fu impiegato presso il Comune di Teglio e poi diventò maestro elementare, mentre la madre si diplomò a cinquant’anni come maestra alla Scuola Normale di Como e quindi iniziò ad insegnare. Fabio era molto legato alla madre e le deve gran parte del suo percorso, infatti da lei attinse l’impegno nello studio e nel lavoro. Besta frequentò la Scuola Reale per computisti e ragionieri e poi, presso la Scuola Normale di Treviglio, si diplomò come maestro elementare nel 1864 con votazione 10/10. Nello stesso anno chiese di poter sostenere l’esame per il conseguimento del diploma d’insegnante di aritmetica, algebra e geometria (cioè di ragioneria) nelle Scuole tecniche presso l’Università di Torino, ma l’esame non ha luogo perché troppo giovane. Nel 1866 partecipa alla terza guerra d'indipendenza contro l’Austria perché si arruola nella legione valtellinese a difesa dello Stelvio, quindi lui è da sempre legato alla sua terra d’origine. Successivamente, la madre decise di trasferirsi insieme alla famiglia a Sondrio, e questo è molto importante per il percorso di Besta perché grazie anche a questo si diplomerà e inizierà a conoscere una serie di persone. Questo perché a Sondrio sua madre, oltre a fare la maestra, dà in affitto a studiosi e lavoratori alcuni locali della sua abitazione, dunque oltre alla rendita da maestra ha anche la rendita dell’affitto e in questo modo riesce a migliorare la condizione familiare. Nel 1869, a 24 anni, Besta ottenne il diploma di ragioniere presso l’Istituto Tecnico di Sondrio. Nel 1871, Besta iniziò ad insegnare ragioneria nell’istituto dove si è diplomato e diventò uno tra i primi soci della Banca Mutua Popolare della provincia di Sondrio. In questi anni ha la grande fortuna di incontrare Luigi Luzzatti, e si deve proprio a lui l’invito fatto a Besta di diventare docente nella scuola Superiore di Commercio di Venezia, da poco fondata. Nel 1872, Besta assunse l’incarico di docente supplente di Calcolo mercantile e Computisteria (Ragioneria) a Venezia, cattedra che ricoprì dal 1876 e mantenne come docente principale sino al 1919. Dunque da Sondrio si trasferisce a Venezia, dove passa tantissimo tempo all’Archivio di Stato, andando a ricercare tutta una serie di documenti che fanno riferimento al periodo della Repubblica Veneta (finito alla fine del 1700). In realtà, passa tantissimo tempo anche a scoprire le radici e le origini profonde della ragioneria, quindi è lui stesso che studia tutto ciò che era nella comprensione dei maestri prima di lui andando a reperire i documenti originali. Nel 1879 partecipa al Primo Congresso Nazionale dei Ragionieri Italiani, dove Besta pronuncia il famoso discorso sui metodi, con il quale dichiara, per la prima volta pubblicamente, di non essere d’accordo con la logismografia. Nel 1880, in occasione dell’apertura degli studi per l’anno accademico, legge la prolusione sul tema “La Ragioneria” in cui delinea la sua visione della ragioneria e fissa i caposaldi della sua attività di ricerca (che è del tutto in contrasto con l’impostazione cerboniana dominante, cioè con il metodo logismografico). Secondo Besta, uno dei compiti più importanti di una scuola di ragioneria è quello di creare i quadri di docenti per gli istituti medi superiori, quindi ideò il Corso magistrale per la formazione degli insegnanti di Ragioneria negli Istituti Tecnici Superiori d’Italia, un percorso utile alla formazione di coloro che dovranno insegnare la ragioneria all’interno di questi istituti. Nel 1904, Luzzatti affida a Besta (insieme a D’Alvise e Forza) il compito di proporre una riforma organica della Contabilità di Stato. Già dai primi anni in cui Besta è in Cà Foscari a Venezia affianca all’insegnamento della Ragioneria generale quello della Contabilità di Stato. Nel 1917, a causa delle vicende belliche, il governo trasferì la Scuola Superiore di Ragioneria da Venezia a Pisa, dunque Besta fu costretto a trasferirsi a Pisa. L’anno successivo la Scuola ritornò in sede, cioè a Venezia, ma per motivi di salute Besta rimase a Pisa. Nel 1919 chiese di essere messo a riposo, che gli fu concesso solo nel giugno del 1920. Con l’anno accademico 1920-21 la cattedra di Ragioneria generale ed applicata sarà affidata a Gino Zappa, l’allievo prediletto di Besta, che quindi prende il suo posto. Nel 1921 Besta fu nominato “professore emerito”. Poi il maestro si trasferì definitivamente da Pisa a Tresivio (SO), dove si spense nel 1922. Opere e concetti Trattato di ragioneria generale L’opera più importante di Besta è “Trattato di ragioneria generale” o “La Ragioneria” (solitamente ricordata come il "Trattato"). Si tratta un’opera enorme perché è composta da 3 volumi e perché per finalizzarla completamente ci ha impiegato 25 anni (nel 1891 viene stampato il primo dei 3 volumi che vengono terminati definitivamente nel 1916). Gran parte del terzo volume è dedicato ad argomenti di natura storica, iniziando con le origini del metodo in partita doppia per proseguire con l'analisi delle scritture delle aziende medievali italiane e la trattazione delle teoriche del conto in Italia ed all'estero. Dunque in questo volume ripercorre tutto il percorso che ha portato la ragioneria ad arrivare fino ai suoi giorni. Il primo e il secondo volume si concentrano su 3 concetti principali, in particolare le 3 principali direttrici su cui Besta sviluppò il suo contributo furono: 1. Il concetto di azienda, quindi propone una sua definizione di azienda. 2. La concezione di Ragioneria come “scienza del controllo economico”. 3. Il sistema patrimoniale, definendo la teoria dei conti a valore. In particolare, Besta propose di includere la Ragioneria nell’ambito delle scienze che, come il diritto, l’economia e la matematica, studiano lo stesso fenomeno, cioè la ricchezza; per tale motivo la Ragioneria, al pari di altri ambiti, deve rientrare tra le scienze. 1. Concetto di azienda Besta definisce l’azienda come: “La somma dei fenomeni, o negozi, o rapporti da amministrare relativi ad un cumulo di capitale che formi un tutto a sé, o una persona singola, o a una famiglia, o a un’unione qualsivoglia, o anche soltanto una classe distinta di quei fenomeni, negozi o rapporti”. In questa definizione, Besta espone 3 concetti fondamentali: la gestione (“somma dei fenomeni, o negozi, o rapporti da amministrare"), il patrimonio (“relativi ad un cumulo di capitale”) e i soggetti che compongono l’azienda (“che formi un tutto a sé, o una persona singola, o a una famiglia, o a un’unione qualsivoglia, o anche soltanto una classe distinta di quei fenomeni, negozi o rapporti”). Dunque l’oggetto di studio è l’azienda, in particolare le operazioni di gestione che avvengono nell’azienda, che movimentano il patrimonio e questo avviene perché esistono dei soggetti. Notiamo che per Besta, al contrario di Cerboni, i soggetti non sono più il focus del ragionamento, infatti non dimentica che esistono dei soggetti, ma il suo obiettivo è quello di andare a evidenziare le operazioni che vengono fatte e che generano ricchezza e movimentano il patrimonio. In particolare, Besta distingue tra 2 categorie di azienda: - Le imprese (che potevano essere mercantili, bancarie, agrarie, manifatturiere, ecc.) in cui la ricchezza rappresentava sia il mezzo che lo scopo dell’amministrazione, dunque comprende tutte le aziende che hanno come mezzo e come fine la produzione di ricchezza. - Tutte le altre aziende (categoria residuale) in cui la ricchezza era solamente il mezzo, ma non il fine. Tra queste vi sono le aziende o amministrazioni di rendite o di entrate (aziende domestiche, convitto, conventi, opere pie, ecc.), la cui attività era quella di sopperire ai bisogni di una persona o di una comunità utilizzando e amministrando una ricchezza (patrimonio) derivante dalla remunerazione dei soggetti per i quali avveniva la spesa, e le aziende di corporazioni o di sodalizi, dove la ricchezza veniva apportata da contributi volontari o obbligatori (tra queste rientra lo Stato). 2. Ragioneria come “scienza del controllo economico” Besta concepisce la Ragioneria come la “scienza del controllo economico”, in quanto secondo lui la Ragioneria non è solo la contabilità e la tenuta dei libri, ma è il controllo della ricchezza dell’azienda nella sua integrità, che permette di capire se un’azienda sta generando ricchezza. Il controllo economico viene raggiunto tramite la contabilità e la gestione, dove la contabilità orienta e misura la gestione dell’azienda, dunque senza le scritture in partita doppia della contabilità la gestione non viene orientata e nemmeno misurata. 3. Teorica dei conti a valore Definizione Besta elabora la teorica dei conti a valore, in particolare dedica il secondo volume della sua opera alla valutazione della ricchezza, in cui richiama il concetto di valore e della sua misura. Per Besta, il valore serve a porre in evidenza la misura di un fondo di beni e l’oggetto del sistema contabile è la misurazione del patrimonio (inteso come fondo e quindi come un insieme di valori). Nella sua teorica i conti non fanno più riferimento a persone vere o fittizie, ma sono accesi a valori perché ogni singolo conto misura una movimentazione in più o in meno di un’attività o di una passività e il tutto rappresenta il patrimonio, cioè la ricchezza. L’intento di studio, infatti, è quello di valutare la variazione del patrimonio attraverso l’utilizzo di questi conti. Ne deriva che la teoria dei conti a valore stabilisce che tutti i conti sono aperti a valori ed hanno la funzione di raccogliere le variazioni di valore riguardanti un determinato oggetto. Poiché la differenza qualitativa degli elementi patrimoniali non consente di misurare il patrimonio dal punto di vista quantitativo, occorre pertanto considerare i beni che compongono il patrimonio sotto un’unica grandezza comune a tutti gli oggetti di conto, ossia il valore. I valori, infatti, consentono di Secondo questa regola, per ogni fatto si rilevano sempre due variazioni che danno luogo ad una doppia registrazione, in quanto ogni operazione si registra sempre in dare di uno o più conti e, per lo stesso valore, in avere di uno o più conti. Si crea così una costante uguaglianza fra le somme che, nel rilevare i singoli fatti, si registrano in dare e quelle che si registrano in avere. Stato patrimoniale Al termine del periodo amministrativo occorre procedere alla chiusura dei conti, quindi alle scritture di assestamento che rettificano e integrano i valori rilevati durante l’esercizio per determinare la consistenza aziendale e l’utile o la perdita netta d’esercizio. In particolare, alla fine del periodo bisogna calcolare i saldi di tutti i conti, sia elementari che derivati. Questi saldi finali subiscono giroconti e quindi confluiscono in un unico conto chiamato perdite e profitti solo se riferiti al periodo di gestione considerato, mentre restano invariati tutti i componenti che non sono ancora maturati anche se sono stati riscossi (come interessi, sconti, rendite, ecc.), oltre a quelli che non sono ancora stati consumati anche se acquistati. In seguito, i saldi dei conti degli elementi diretti o reali, cioè dei conti elementari, e i saldi dei conti delle componenti derivate, cioè dei conti derivati, vengono girati in un conto riepilogativo, detto Stato patrimoniale. Analogamente, si attua un giroconto del saldo del conto perdite e profitti utilizzando un apposito conto chiamato utile o perdita d’esercizio. Al termine delle procedure appena esposte, se le scritture vengono eseguite correttamente lo Stato patrimoniale pareggia, cioè l’attivo è uguale al passivo più il capitale netto (Attivo = Passivo + Capitale Netto). La derivazione del bilancio di esercizio del sistema patrimoniale nella versione originaria di Fabio Besta può essere sintetizzata nel prospetto seguente, dove in dare vanno gli elementi attivi (meno l’eventuale perdita d’esercizio) e in avere vanno gli elementi passivi più il capitale netto (composto da capitale d’apporto, riserve e utile d’esercizio): 10 - Gino Zappa Introduzione e rivoluzioni industriali La prima rivoluzione industriale, iniziata alla fine del ‘700, riguarda prevalentemente il settore tessile-metallurgico ed è connessa all'introduzione della macchina a vapore. La seconda rivoluzione industriale, iniziata attorno alla metà del XIX secolo (si manifestò in tempi diversi a seconda dei paesi), si sviluppa con l'introduzione dell'acciaio, l'utilizzo dell'elettricità, dei prodotti chimici e del petrolio. In particolare, la seconda rivoluzione industriale rappresenta un processo di trasformazione economica, che da un sistema agricolo-artigianale-commerciale porta ad un sistema industriale moderno caratterizzato dall'uso generalizzato di macchine azionate da energia meccanica, dall'utilizzo di nuove fonti energetiche (come il petrolio e l'elettricità) e dalla diffusione della fabbrica come principale luogo di produzione nel quale si concentrano i mezzi di produzione (forza lavoro e capitale). In Italia le innovazioni tecnologiche ed il relativo cambiamento economico e giuridico delle aziende arrivano con un certo ritardo rispetto alle nazioni europee più sviluppate, ed è un processo che abbraccia solamente la parte settentrionale della penisola. L'Italia conobbe tra il 1896 e il 1914 (in forte ritardo) una vera e propria fase di decollo industriale. Fu proprio nel quinquennio 1902-1907 che l'industrializzazione assunse in Italia la sua massima accelerazione. L’accelerazione della storia, unitamente alle spinte innovative del pensiero di Besta raccolte da Zappa e dai suoi primi allievi, portano ad una veloce evoluzione della dottrina contabile ed aziendale. Zappa, vivendo ed insegnando in questi luoghi, vive in prima persona questo cambiamento e le rinnovate esigenze delle aziende. Gino Zappa Come cambia l’azienda Gino Zappa nasce il 30 gennaio 1879 e muore il 14 aprile 1960. Si tratta di un periodo in cui l’azienda e il contesto politico-economico in generale subiscono dei cambiamenti notevoli, quindi capisce che il metodo patrimoniale utilizzato dal suo maestro Fabio Besta (per cui nutre profondo rispetto) non si adatta alle esigenze delle rinnovate imprese. Il sistema patrimoniale, infatti, per come era strutturato, si adattava bene alle aziende di tipo patrimoniale/agricolo/artigianale tipiche di un’economia chiusa, modesta e con combinazioni produttive di dimensioni medie, limitate e costituite sotto forma di aziende individuali o società con un numero ridotto di soci. Con l’affermazione della rivoluzione industriale, con lo sviluppo dei mercati e con la crescita delle dimensioni medie e del numero dei soci delle aziende, il sistema patrimoniale divenne rapidamente desueto in quanto poneva l’accento sul patrimonio, mentre nelle moderne società per azioni con molti soci l’interesse di questi ultimi era incentrato sul reddito prodotto e distribuibile. Zappa e la scienza moderna Grazie a Zappa si arriva alla moderna concezione della scienza economico-aziendale, suddivisa nelle seguenti 3 discipline: 1. Organizzazione: Intesa come lo studio della combinazione ottimale dei fattori produttivi e delle risorse umane. 2. Gestione: Intesa come lo studio della dinamica aziendale, cioè dei fatti e delle operazioni che caratterizzano la vita delle imprese, nonché l'analisi del processo di formazione delle decisioni aziendali e del comportamento della direzione aziendale. 3. Ragioneria: Intesa non solo come mera tecnica contabile, ma anche come disciplina volta alla formazione e all'interpretazione delle cifre che rappresentano la dinamica aziendale, dunque con funzioni di controllo, informazione e previsione sulla vita aziendale. Nella sua opera “Tendenze nuove negli studi di ragioneria” Zappa scriveva: “la scienza che studia le condizioni di esistenza e le manifestazioni di vita delle aziende, la scienza ossia dell’amministrazione economica delle aziende, l’economia aziendale è quindi la nostra scienza”. A Zappa si deve l'introduzione del metodo di rilevazione basato sul reddito d'impresa, che verrà poi normato anche dal legislatore: - Con la legge 216 del 1974, in cui venne per la prima volta stabilito il contenuto minimo del conto profitti e perdite e resa obbligatoria la redazione a costi, ricavi e rimanenze. - Con la legge 127 del 1991 e il nuovo art. 2423 del c.c. che ha previsto che il bilancio d'esercizio sia costituito da Stato patrimoniale, Conto economico e Nota integrativa. Zappa definisce l'azienda, cioè l’oggetto di studio dell’economia aziendale, come "una coordinazione istituita e retta per il soddisfacimento dei bisogni umani" e anche come "istituto economico destinato a perdurare che, per il soddisfacimento dei bisogni umani, ordina e svolge in continua coordinazione la produzione od il procacciamento ed il consumo della ricchezza". In particolare, esistono più definizioni di azienda, tra queste le più significative sono: - L’azienda è un sistema economico perennemente perturbato, dinamico e in continua evoluzione. E’ qualcosa di più della somma dei suoi componenti con un intricato processo di interrelazioni che sfuggono ad ogni configurazione statica dell’economia aziendale. - L’azienda è una coordinazione economica in atto nella quale ogni elemento ossia ogni fenomeno economico ha la sua ragion d’essere, in corrispondenza agli altri elementi ed allo stesso complesso che è istituita e retta per il soddisfacimento di bisogni umani. Sistema patrimoniale di Fabio Besta Per il Besta la “ricchezza”, cioè il patrimonio, è l’aspetto oggettivo comune a tutte le aziende. Dunque bisogna osservare e rilevare le operazioni aziendali da una parte in funzione delle variazioni degli elementi patrimoniali e dall’altra in funzione del fondo (capitale) netto che li riassume, unitariamente ed astrattamente. L’equazione patrimoniale è Attivo - Passivo = Netto. In particolare, ai due termini di osservazione corrispondono i due aspetti di osservazione delle operazioni: 1. Concreto (o originario): Elementi patrimoniali (“aspetto elementare”). 2. Astratto (o derivato): Patrimonio netto (“aspetto delle variazioni nette”). Le operazioni aziendali nel sistema patrimoniale vengono classificate in relazione al tipo di variazione che determinano sul patrimonio: - Fatti permutativi: Operazioni aziendali che comportano variazioni di pari importo e di segno opposto negli elementi patrimoniali (es. l’acquisto di merci con pagamento in contanti o a dilazione, ecc.). - Fatti modificativi: Operazioni aziendali che comportano la variazione di un solo elemento patrimoniale e modificano il netto (es. il pagamento di fitti, di retribuzioni, ecc.) - Fatti misti: Operazioni aziendali che comportano variazioni non coincidenti negli elementi del patrimonio e quindi modificano solo in parte il fondo netto (es. la vendita di merci per un importo diverso rispetto a quello di carico: la differenza, pari all’utile o alla perdita mercantile, è considerata variazione netta, aumentativa o diminutiva, del fondo netto). Valore economico e valore contabile Zappa confronta il valore economico delle immobilizzazioni con il valore contabile ed il relativo ammortamento dicendo che si tratta di due metodi differenti di prendere in considerazione il futuro. Se all’idea del valore giusto (cioè il fair value, Zappa punta molto alla visione dei fenomeni reali) non corrisponde un prezzo fatto, essa si riduce ad una ipotesi di valore che ciascuno concepisce secondo la convenienza propria. La valutazione contabile non è una stima, ma si basa sulle grandezze fissate dagli scambi monetari effettuati. Sono le entrate e le uscite numerarie che determinano la rappresentazione contabile delle variazioni di conto. Tuttavia bisogna prendere in considerazione delle stime nel caso in cui manchi la variazione monetaria, in particolare nel caso della ripartizione della vita aziendale in più esercizi e a causa dello sfasamento temporale inevitabile tra costi e ricavi. Gli utili o le perdite non si possono mai accertare annualmente, senza un più o meno largo coefficiente di errore. Affinché i risultati di una gestione di impresa siano sufficientemente intellegibili, la nozione del reddito d’esercizio deve essere integrata dalla conoscenza dei cambiamenti sopravvenuti nella situazione economica e nella situazione finanziaria d’impresa. Capitale e reddito Il capitale è il fondo di valori astratti riferiti ad un dato istante e determinati in relazione al sistema di variazioni di conto. Durante l’esercizio, il capitale rimane nominalmente invariato. Non è possibile valutare il reddito d’esercizio come semplice differenza fra due momenti distinti, occorre coglierne il mutamento e comprendere la dinamica della sua evoluzione temporale. Il reddito è l’accrescimento che, in un determinato periodo di tempo, il capitale di un’impresa subisce in conseguenza della gestione. La perdita è la diminuzione subita in un dato tempo dal capitale per effetto della gestione. Non è possibile separare il concetto di reddito da quello di capitale, inteso come grandezza espressa in termini monetari che attribuisce astratta unità agli elementi, attivi e passivi, che concorrono alla sua formazione. Il capitale esprime lo stato complessivo delle attività e delle passività che, conferite nell’impresa, concorreranno alla formazione dei redditi venturi. Il reddito invece manifesta il divenire di componenti attribuiti ad un dato periodo di tempo. Il reddito dà una visione dinamica di quel complesso investimento, del quale il capitale esprime l’aspetto statico. Si può dire che il reddito esprime il movimento, la corrente o il flusso di valori accertato in relazione al tempo che intercorre tra due rilevazioni della grandezza di quel fondo, o stock di valori, che è il capitale. Il reddito non prelevato o distribuito, e non destinato a coprire precedenti perdite, è risparmiato, in particolare nelle imprese sociali si dice che esso è devoluto a riserva, nelle imprese individuali che è portato a capitale. Ogni reddito risparmiato è sempre “capitalizzato”. Il reddito è un “valore”, è una astratta eccedenza di capitale, e come tale non può direttamente costituire oggetto di distribuzione o di prelevamento ma deve essere trasformato in liquidità o beni distribuibili. Scuole moderne Negli anni successivi il sistema del reddito è stato oggetto di rivisitazioni e di modifiche da parte di molti studiosi che hanno proposto aggiustamenti più o meno radicali del medesimo. In ordine cronologico ricordiamo, in particolare: - Il sistema del capitale e del risultato economico di Aldo Amaduzzi (anni ‘50). - Il sistema reddituale rettificato di Carlo Caramiello (anni ‘70). Aldo Amaduzzi, allievo di Zappa, è considerato uno dei più brillanti ed originali interpreti delle teorie zappiane. Secondo lui, l’azienda è un sistema di forze economiche in evoluzione, nella quale i fatti aziendali sono tra loro interconnessi e in cui la gestione deve essere vista come un insieme di operazioni passate, presenti e future, in grado di condizionarsi vicendevolmente. L'azienda deve essere ritenuta, al di là delle diverse definizioni date dai vari autori, come la “cellula prima del più ampio sistema macroeconomico”. Secondo Amaduzzi l'azienda è un sistema di forze economiche che sviluppa, nell’ambiente di cui è parte complementare, un processo di produzione, o di consumo, o di produzione o consumo insieme, a favore del soggetto economico e altresì degli individui che vi cooperano, dunque è una nozione di impresa intesa come sistema operante. Riassunto delle più importanti scuole italiane Le 3 più importanti scuole italiane sono le seguenti: Ideatore Sistema di scritture Oggetto complesso Conti Applicabilità Fabio Besta (1845-1922) Sistema patrimoniale Patrimoniale Conti elementari Conti al netto Tutte le aziende Gino Zappa (1879 - 1960) Sistema del reddito Reddito Conti numerari Conti di reddito Conti di capitale Solo aziende di produzione Aldo Amaduzzi (1904-1991) Sistema del capitale e del risultato economico Capitale e risultato economico Conti finanziari Conti economici Tutte le aziende Domande esame Fa 1 domanda per i frequentanti e 3 domande per i non frequentanti, di cui 2 generali sugli autori (prepararsi un discorso per ciascun autore) e 1 più specifica. 1 - Storia della ragioneria: Concetti base 1. Quali sono i 4 nuclei di indagine della storia della ragioneria? 2. Mi parli della ricerca delle fonti. 3. Mi parli dei problemi da affrontare nella ricerca storica (periodizzazione, storia orizzontale e verticale, approccio sincronico e diacronico). 2 - Fibonacci 1. Mi parli di Fibonacci. 2. Che teorie introduce Fibonacci e quali sono le sue opere più famose? 3. Mi parli dei libri d’abaco. 3 - Cotrugli 1. Mi parli di Cotrugli. 2. Perché Cotrugli è considerato un autore Postpacioliano? (Non presente nelle slide, ma credo perché la sua opera, nonostante sia stata manoscritta prima di Pacioli, è stata stampata oltre un secolo dopo, appunto dopo le opere di Pacioli). 3. Qual è la differenza tra mercatura e mercanzia? 4 - Pacioli 1. Mi parli di Pacioli. 2. Chi ha inventato la partita doppia? 3. Come facciamo a sapere che Pacioli era amico di Leonardo da Vinci? In quale opera lo troviamo? 4. A chi è dedicato il Ludo Scaccorum di Pacioli? 5. Mi parli della Summa del Pacioli. 6. Mi parli del rapporto aureo. 7. Mi parli delle scritture di assestamento in Pacioli. 5 - I post pacioliani: Pietra e Flori 1. A quale tipo di azienda si ispirano Petra e Flori? 2. Mi parli di Pietra. 3. Mi parli di Flori. 4. Confronto tra Pietra e Flori. 5. Mi parli del Pietra. Rispetto al Pacioli cosa fa in più? 6. Cos’è il conto partimenti? 7. Chi ha introdotto le scritture di assestamento? 8. Cosa ha introdotto il Flori? Rispetto al Pacioli cosa ha apportato in più? 6 - Degrange e Marchi 1. Il '700 nella storia della ragioneria. 2. Mi parli di Degrange. 3. Mi parli della teoria cinquecontista (o dei 5 conti) di Degrange. 4. Chi ha ideato il giornalmastro e come è fatto? 5. Mi parli di Marchi.
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