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Breve storia della Russia dalle origini a Putin (Paul Bushkovitch), Sintesi del corso di Storia della Russia

Sintesi di "Breve storia della Russia. Dalle origini a Putin" di P. Bushkovitch. Si tratta di uno dei manuali più diffusi di Storia della Russia. Il testo parte dalla fase che precede la Rus di Kiev e si conclude con i primi anni duemila con l'affermazione del putinismo. Esame di Storia della Russia e dell'Europa Orientale sostenuto con votazione 30 presso l'Università di Genova.

Tipologia: Sintesi del corso

2020/2021

In vendita dal 30/12/2020

AntonioE.
AntonioE. 🇮🇹

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Scarica Breve storia della Russia dalle origini a Putin (Paul Bushkovitch) e più Sintesi del corso in PDF di Storia della Russia solo su Docsity! Storia della Russia Primo libro: Breve Storia della Russia di Bùs-kovich Capitolo Primo: La Russia prima della Russia La storia della Russia inizia con quella realtà statuale definita usualmente come “Rus di Kiev”. Rus era il nome dato dagli stessi abitanti ad un territorio sorto nel X secolo ed avente per maggiore centro Kiev e comprendente l’Ucraina settentrionale, parte della Bielorussia e delle regioni russe adiacenti fino alla Russia artica europea ai confini con la Finlandia. Le popolazioni della Rus di Kiev parlavano una koiné di lingue affini denominata oggi paleoslavo. I popoli confinanti erano ad occidente i magiari, i polacchi ed i popoli baltici. Ad est vi erano i Bulgari del Volga, popolazione di origine turcomanna che si slavizzerà nel corso dei secoli. A est della Bulgaria del Volga, in quest’epoca troviamo popolazioni seminomadiche di varie estrazioni che popolavano gli Urali e la Siberia. Fiumi principali erano l’Ural, il Don, il Volga e il Dniepr che servivano anche come fondamentale via di comunicazione. Il territorio era generalmente pianeggiante, la terra più fertile era quella della parte meridionale. Grandi erano le estensioni di conifere e betulle. La fauna selvatica, specialmente quella di uccelli acquatici forniva una grande risorsa alimentare. La parte meridionale dell’Ucraina, non compresa in quest’epoca nella Rus keviana, era la lingua occidentale di quella regione di steppa popolata all’epoca da nomadi di lingua turca che si muovevano dagli attuali confini con la Cina fino al Caucaso. Gli slavi orientali erano il gruppo dominante di questa regione compresa tra la Russia europea e l’Ucraina già nel IX secolo e costruivano villaggi in legno, protetti da palizzate. Prima del cristianesimo erano politeisti e tra i loro dei maggiori vi era Perun (dio del tuono e del cielo), Strigorg (dio del vento), Veles (dio del bestiame) ecc. Per quanto concerne la storia politica la leggenda racconta di un variago, Rjurik, il quale giungendo dalla Scandinavia sottomise Novgorod. Questa leggenda è raccontata in un testo del XII sec. intitolato Pòvest vremè ni-kh ljet (racconto dei tempi passati) nel quale si menzionano altri personaggi ma senza chiarire il rapporto di parentela (Oleg, Igor): questa dinastia prende il nome di Rjuri-kovici ed era dunque di origine variaga (cioè normanna) anche se la maggioranza della popolazione doveva essere slava. Da un punto di vista archeologico però la presenza variaga a Kiev è precedente a quella di Novgorod che fino al 950 non esisteva nemmeno. Il gruppo di guerrieri vichinghi era probabilmente insediato già da tempo intorno al lago Ladoga e col tempo sottomise popolazioni slave e finniche assorbendone la cultura (non esistono iscrizioni runiche come se ne trovano invece in Islanda). La Rus di Kiev aveva intensi rapporti commerciali con il Califfato Abasside, all’epoca cuore pulsante della civiltà ma fu con Bisanzio che essi ebbero il rapporto più stretto. L’Impero bizantino, pur avendo perso molte delle proprie terre strappate dagli Abassidi rimaneva il cuore della cultura greca e l’erede dell’Impero romano (i greci di Bisanzio si definivano “romaioi” e cioè romani). A sud della Rus kieviana a partire dal 750 circa vi era l’Impero Cazaro che si convertì all’ebraismo e che dominava il Caucaso. Ai Cazari si sostituirono più tardi i Peceneghi e poi ancora i Polovcy. Guerrieri e cristiani La Rus del X secolo non era uno stato vero e proprio quanto una confederazione di tribù guidate dalla dinastia dei Rjurikovici. La conversione al cristianesimo avvenne con Olga, vedova di Igor, forse dopo un soggiorno a Costantinopoli e oggi venerata come santa dalla Chiesa Ortodossa anche se il figlio Svjatoslav mantenne la fede pagana e soltanto con Vladimir si ebbe la conversione al cristianesimo del regno e nelle specifico alla Ortodossia di Costantinopoli nata da poco dopo lo scisma del 1054 e la reciproca scomunica emessa da Papa leone IX e dal Patriarca Cerulario. La Chiesa Ortodossa rispetto a quella Latina si compose sin da subito in diverse chiese autocefale e mantenne dovunque un rapporto di maggiore dipendenza dal potere politico. E’ al monachesimo ortodosso che si deve in gran parte la nascita della lingua russa in assenza, ancora per molti secoli, di una cultura laica come avveniva invece nell’Oriente bizantino. Principi e Druziny A Vladimir succedette Jaroslav il Saggio. E’ con Jaroslav che la druzina, il drappello di guerrieri, si trasforma in un vero esercito e che nasce una corte di proprietari terrieri, i boiari. Subito dopo la morte di Jaroslav si elaborò anche la Russkaja Pravda, un complesso di norme penali e civili incentrata sugli indennizzi in denaro piuttosto che sulla vendetta privata. I boiardi, nel loro territorio svolgevano anche la funzione di giudici. Non si giunse però, come accadeva nell’impero bizantino ma anche nei califfati islamici, a una suddivisione ben precisa degli incarichi amministrativi centrali. Alla morte di Jaroslav vi furono dei torbidi che durarono fino a che il trono non passò al nipote Vladimir Monomach e poi, nel XII secolo, iniziò a svilupparsi un policentrismo che vide Kiev declinare mentre la città di Vladmir, con il suo sovrano Andej Bogo-ljub-skij, si affermò sui Rjurì- ko-vici. A nord affermò Novgorod che nel 1136 si rese autonoma: il vece, l’assemblea locale, elesse un proprio signore la cui carica non era ereditabile. Élite della città, però, a differenza che nei comuni erano i boiari e non i mercanti. Novgorod fu comunque una fiorente città commerciale ed in particolare ebbe rapporti, nel XIII secolo, con la Lega Anseatica. Commerciava in pellicce, cera d’api ecc. Nel XIII secolo i rjuri-kò-vici non avevano più il controllo della Rus: vari rami della famiglia si erano resero autonomi (come a Smolensk, a Vladmir, a Cernigov) mentre Novgorod si era slegata del tutto da quella dinastia. Da un punto vista religioso i contatti con Costantinopoli rimasero saldi e di norma il metropolita di Kiev era un greco anche se buona parte della popolazione ancora a lungo rimase legata ai culti pagani (nel 1071 a Novgorod vi fu una sollevazione anti-cristiana). L’istruzione religiosa (una delle fonti è il Vopròshanie Kirì-kovo del XII sec.) era piuttosto spicciola e persino opere scritte da religiosi contenevano riferimenti al paganesimo tradizionale slavo. Nacquero però nuovi generi letterari molto popolari e nuovi santi russi come Boris e Gleb, fratelli di Jaroslav il Saggio e uccisi da un altro fratello: Svatopolk. Altro santo importante fu l’igumeno Feodosij, fondatore del Monastero delle Grotte di Kiev, importante centro monastico la cui regola era ispirata a quella dello Studion di Costantinopoli. E’ in questo periodo che giunge da Costantinopoli anche l’arte delle icone e l’esempio più antico oggi esistente è l’icona della Madonna di Vladimir. Nel 1223 giunsero nella Rus di Kiev i Mongoli che sconfissero l’inedita alleanza tra russi e polovcy. Capitolo secondo: Mosca, Novgorod, la Lituania e i Mongoli parlamento (anche se privo di potere decisionale autonomo dal sovrano). Gli incarichi principali erano assegnati attraverso un complesso sistema gerarchico chiamato mest- ni-ces-tvo che regolava anche l’accesso ai ruoli direttivi nell’esercito. Nelle campagne iniziò a sorgere il feudalesimo e i fittavoli sempre più spesso lavoranti dei boiari o dei monasteri che ne acquisivano le terre (nominalmente quasi tutte le terre erano della Corona). La Corona infatti, mediante lo strumento del pomest’e (cioè della concessione) cedeva terre a quei nobili che rappresentavano l’ossatura dell’esercito al fine di assicurarsi la loro fedeltà. La nobiltà era divisa al suo interno in due gruppi: il gosù-darev dvor (la grande nobiltà che risiedeva in genere a Mosca) e ed i gorodò-vie dvorane (la nobiltà di provincia). Pur essendo essenzialmente agricola, la Russia sviluppò intensi traffici: tanto interni (i più importanti erano quelli di sale in mano alla famiglia Strogà-nov) quanto con l’Inghilterra. Nel 1553 il capitano inglese Kancellor giunse alla foce della Dvina settentrionale inaugurando una rotta che sarà utilizzata per i commerci tra la Russia e l’Inghilterra. Sotto Ivan IV nascerà poi la Moscovy Company, compagnia russo-inglese che rappresentò la principale via per le esportazioni e le importazioni russe verso occidente. Allo stesso modo verso la fine del XVI secolo molti mercanti olandesi, mediante il porto di Archangelsk, costruirono le proprie fortune. Con Ivan III Mosca divenne sempre più una città di pietra e meno una città di legno. L’architetto italiano Aristotele Fioravanti costruì la nuova Cattedrale della Dormizione mentre altri architetti italiani (Ruffo, Caressano, Solari) lavorarono sulla cinta muraria. Da un punto di vista religioso la Chiesa russa (diventata autocefala nel 1448) iniziò a considerare la Russia, specie dopo la Battaglia sul fiume Ugra, la nuova Israele: la terra della vera fede circondata da miscredenti (islamici, cattolici e luterani). Una spaccatura nella Chiesa Ortodossa nacque però verso la fine del regno di Ivan III quando il monaco Iosif di Volò-kala-msk diede vita ad un movimento che contestava la natura divina di Cristo: il movimento venne represso ma diede origine ad un movimento pauperistico contrario alle proprietà fondiarie dei monasteri (i nestia-zateli, letteralmente i “non possessori”). Nel 1503 Ivan III morì e gli successe Vassili III che coinquistò ai polacchi-lituani la città di Smolensk. Ivan il Terribile nel 1533 Vassili III morì e gli succedette il figlio Ivan IV soprannominato (a partire dall’Ottocento) “il terribile” o “groz-nj” in russo (che vuol dire però non soltanto terribile ma anche “che incute rispetto”). Ivan IV divenne re ad appena tre anni e la reggenza fu assunta dalla madre Elena Glin-skij, principessa lituana. Durante la reggenza vi fu un feroce scontro tra le famiglie dei boiari che comportò intrighi, avvelenamenti ed esecuzioni degli sconfitti. Ivan IV venne incoronato sovrano nel 1547 e fu il primo ad assumere ufficialmente il titolo di zar, derivato dal latino “Cesar”. Zar, in lingua paleoslava, era anche l’appellativo dato ai re israelitici: questa cosa legò ancora di più l’immagine del sovrano alla divinità. Ivan IV annesse Kazan ed Astrachan ponendo fine ai Khanati di quell’area: molti tatari per non perdere la possibilità di impiego nell’esercito e per non dover migrare si convertirono al cristianesimo ma non vi furono conversioni forzate né vennero abbattute le moschee. Ivan IV provò a conquistare la Livonia (i cui cavalieri si erano estinti) per evitare che fosse conquistata dai polacchi: inizialmente la Russia ebbe successo ed annesse Tartu e Narva, successivamente però entrò nello scontro anche la Svezia che conquistò parte dell’Estonia. La sconfitta in Livonia diede il là alle trame di alcuni boiari guidati da Andrei Kurb-ski: Ivan si allontanò da Mosca e risiedette per alcune settimane ad Alexandrovo minacciando di abdicare. La crisi rientrò ed il popolo di Mosca supplicò il sovrano di tornare. Ivan tornò e diede vita ad una riforma con la quale auspicava di limitare il potere dei boiari. Il Paese venne diviso in due: da una parte l’oprìc-ninà (soggetta al dominio dello zar quasi come un regno separato, con un proprio esercito e comprendente il nord ed il centro del Paese) mentre l’altra parte della Russia venne lasciata alla gestione della Duma e dei boiari. Ivan iniziò a sviluppare una forma di paranoia (forse contrasse la sifilide) e governò l’oprìc-ninà con il pugno di ferro sterminando anche parte della popolazione di Novgorod. La riforma durò poco e presto Ivan fece tornare il Paese alla situazione precedente. Gli ultimi anni del dominio di Ivan furono caratterizzati da una breve abdicazione (gli successe al trono Sain-Bulat, figlio del sultano di Bek-Bulat); dalla morte del figlio Ivan, forse ucciso dal sovrano durante uno scatto d’ira e dalla fine del Khanato di Sibir: nel 1583 il cosacco Ermak conquistò l’area a nome dello zar ed edificò la fortezza di Tobolsk. L’Epoca dei Torbidi Ivan IV morì nel 1584. Lasciò due figli Fedor e Dmitri. Fedor era legato alla famiglia Godù-nov avendo sposato la sorella di Boris Godù-nov: quest’ultimo divenne il maggiore consigliere dello zar ed emarginò gli altri boiari. L’altro figlio Dmitri morì nel 1591: non è chiaro se per un incidente o se fatto uccidere dal fratello Fedor. Sotto il governo di Boris Godunòv si introdusse la Servitù della Gleba con una serie norme che impedivano ai contadini di lasciare le terre e con le corvées. La morte senza eredi di Fiodor nel 1598 fece estinguere la dinastia moscovita. Il patriarca di Mosca (riconosciuto come legittimo anche da Costantinopoli a partire dal 1589) convocò lo Zemskij Sobor, un parlamento feudale al quale partecipavano i boiari e rappresentanti del clero russo. Lo Zemmkij sobòr elesse zar Boris Godù-nov il quale esiliò i Romanov: suoi principali rivali per l’ottenimento del trono. Boris dovette fronteggiare Grigo-ri Otriè-piev, un ex monaco che si affermò di essere Dmitri (per questo è chiamato Falso Dmitri) fratello di Fiodor, scampato alla morte. Dmitri fu appoggiato da alcuni nobili polacchi ed ottenne la fedeltà di alcuni comandati mandati da Boris contro di lui: nel 1605 entrò al Cremlino (nel frattempo Boris era morto). Il regno Otriè-piev è conosciuto come Epoca dei torbidi (in russo smut-noe vremja): allo scontro interno all’aristocrazia si aggiunsero rivolte dei contadini dovute alla carestia. Dopo appena un anno una rivolta a Mosca portò sul trono Vassili Shuiski il quale dovette fronteggiare una grande rivolta contadina nel sud ed un nuovo Falso Dmitri (un contadino di Tushi-no che ottenne l’appoggio di alcuni boiari). Ne approfittarono i polacchi che con Sigismondo attaccarono Smolensk. Shuiski si rivolse agli svedesi che gli fornirono dei mercenari ma venne sconfitto dai polacchi. Nel 1610 Shuiski fu quindi sostituito da un interim di sette boiari mentre parte dell’aristocrazia lavorò affinché divenisse nuovo zar il figlio del re polacco Vladislav ed un esercito polacco riuscì ad occupare Mosca. La Russia fu sconvolta dalle rivolte, a Nizki Novgorod si formò un governo autonomo con Kuzma Minin e Dmitri Pogiarski: i due costituirono un esercito e cacciarono i polacchi. Venne convocato un nuovo Zemkji Sobòr che elesse Mikail Fiodo-rovic Romà-nov (1613). Il nuovo zar impiegò cinque anni per sbarazzarsi della resistenza dei polacchi e per cacciare gli svedesi dal nord-ovest. Alla fine dei torbidi Smolènsk rimase polacca mentre il Golfo di Finlandia venne ceduto agli svedesi. Capitolo 4: Normalizzazione e rivolta La fine dell’Epoca dei Torbidi portò con sé una nuova dinastia, i Romà-nov, i quali rimasero al potere fino al 1917. Mikhail operò subito una restaurazione anche se durante tutto il Seicento rivolte isolate si manifestarono di tanto in tanto. La popolazione crebbe nel corso del secolo e crebbe anche la posizione della Russia sui grandi mercanti internazionali e soprattutto nell’esportazione di materie prime come il grano o la segale il cui prezzo, a causa del servaggio, si mantenne competitivo. Mikaìl riportò in vita la Duma e le altre istituzioni, il padre Filarete, liberato dalla Polonia diventerà patriarca della Chiesa russa. Mikaìl costruirà numerose fortezze per rendere più sicuro il Paese dai tatari e concesse terre ai soldati trasformandoli in colini nelle aree di confine. Il Seicento è anche l’epoca della piena attuazione della Servitù della Gleba (kreposnò-ye pravo) ma le comunità rurali si ripresero dopo la fine dei torbidi. Mosca crebbe economicamente soprattutto grazie ai servizi alla corte ed arrivò a circa 100.000 abitanti. Molte case erano di legno in tradizionale stilo russo e con la parte maschile e quella femminile separate. Nacque un quartiere commerciale (il nemez-kajà slobodà o quartiere tedesco). L’amministrazione contava centinaia di funzionari e nacquero primi archivi e catasti volti a costruire un regolare sistema di tassazione. Nel 1649 venne emanato un nuovo codice (il Sobòrnoe ulògenie) ma nelle province non si avevano tribunali ma erano i governatori a giudicare i casi. Nel 1645 divenne imperatore Aleksej ma essendo troppo giovane la direzione dello Stato fu assunta da Baris Morozov, il quale provò ad introdurre una tassazione sul sale che provocò l’insurrezione dei moscoviti (il salià-noi bunt). Nella parte meridionale della Polonia-Lituania, verso il Don, si erano formate bande di cosacchi, spesso esse erano formate da contadini ucraini ortodossi che scappavano dal servaggio ma anche dalla persecuzione religiosa dei polacchi cattolici. Nel 1648 i cosacchi della Zapò-roze elessero un nuovo ataman, Bogdan Kemel-ni-ski, il quale si sollevò contro i polacchi. Liberato il territorio egli, in cerca di alleati, si pose sotto la protezione dello zar Aleksej. Dopo anni di promesse infine nel 1653 con il trattato di Perè-jaslav i cosacchi della Zapò-roze entrarono a far parte della Russia. Vi fu una lunga guera con la Polonia che riportò Smolènsk e Kiev ai russi. La Russia non fu tuttavia pacificata: nel 1662 vi fu una rivolta contro le svalutate monete di rame e la rivolta dei cosacchi russi di Razin che riuscì per circa un anno a prendere il controllo su Astrakan. Queste rivolte dimostravano che la Russia era diventata più grande e potente ma anche più composita socialmente ed etnicamente: bashkiri, ciuvaski, tatari, circassi, spesso mussulmani, popolavano l’estremo nord russo ed il Caucaso. Nel Seicento giungeranno sotto la protezione dello zar anche i Calmucchi, un’etnia mongola di religione buddista. Kiev rimase fino alla fine del ‘600 sotto il patriarcato di Costantinopoli e non quello di Mosca ma la città eleggeva un proprio consiglio mentre i cosacchi mantenevano una loro autonomia giudiziaria e militare. All’interno della Chiesa russa, soprattutto in virtù dell’influenza ucraina, sorsero movimenti di riformatori che auspicavano un clero più istruito e maggiore spazio per la predicazione. Tra i riformatori vi furono Vonifatev, confessore dello zar e Nikon (metropolita di Novgorod). Lo zar Alessio appoggiò il movimento e inviò a Mosca, da Kiev, dei monaci ucraini per insegnare agli aspiranti monaci russi. rendere molto del denaro rubato. Nel 1715, dopo aver mandato in Svezia un giurista tedesco come spia (Heinrich Fick) istituiì un governo su modello occidentale (strutturato cioè per dicasteri). L’unico figlio maschio, Alessio, fu per Pietro una delusione totale: dedito al bere era diventato intimo del custode del soglio ortodosso Javorskij il quale era entrato in attrito con Pietro. Scappò nel 1718 da Carlo VI d’Asburgo, suo cognato, al quale aveva proposto di armare un esercito per rovesciare il padre. Nascosto dagli Asburgo in Tirolo e poi a Napoli tornerà in Russia dove sarà processato da un tribunale di dignitari e condannato a morte (morirà prima della sentenza forse per i postumi delle torture). Morto il figlio Pietro emanò un ukas con il quale stabiliva che il sovrano poteva scegliere il proprio successore senza badare alla primogenitura. Pietro riformò nuovamente la Chiesa ortodossa istituendo un nuovo organismo direttivo, il Santo Sinodo, composto da laici e religiosi e diretto da un laico con il titolo di Ober-prokuror. Tra le riforme attuate da Pietro prima di morire vi è l’istituzione della Tabella dei Ranghi: equiparò il servizio dei funzionari civili a quello dell’esercito e concesse promozioni e degradazioni sulla base del merito consentendo quindi anche a funzionari di umili origini di accedere al titolo nobiliare. Ulteriore riforma fu l’istituzione delle province e la separazione dei ruoli amministrativi da quelli giudiziari (sempre su modello svedese). Nelle nuove province baltiche, a maggioranza luterana e popolate da tedeschi, estoni, lituani, concesse di mantenere l’elezione dei consigli municipali (eletti su base censitaria) e mantenne la nobiltà locale alla guida dell’area. Ultima riforma importante fu probabilmente l’istituzione del podù-sna-ja podàt, una tassa personale individuale che sostituì molte delle tasse sul patrimonio razionalizzando il fisco. Pietro morì nel 1725 e la reggenza fu assunta dalla moglie Ekaterina: lituana nata come Marta, domestica di un pastore luterano catturato nella guerra contro gli svedesi. L’imperatore non aveva messo in pratica il suo ukaz che prevedeva che il sovrano scegliesse il successore. Caterina governò guidata da Menshikov e da un Supremo consiglio di Stato. Caterina morì nel 1727 e Menshikov cadde in disgrazia e fu esiliato. Morto bambino anche Pietro II i boiari scelsero Anna Ioannò-vna, figlia del fratello di Pietro Ivan V e rimasta vedova. Dolgò-ruki e Galì-zin posero ai fini della sua nomina delle condizioni volte a concentrare il potere nelle mani di alcune famiglie nobili escludendo le altre. Anna finse di accondiscendere ma alleata delle famiglie escluse e degli strelzì restaurò l’autocrazia. Dopo la morte di Pietro la sua immagine parzialmente declinò in quanto la parte più conservativa dei boiari lo considerava portatore di idee estranee alla cultura russa. Senza dubbio da un punto di vista culturale l’impatto di Pietro fu enorme. In ambito religioso non soltanto vi fu la completa subordinazione del patriarcato alla corona. Pietro pur essendo religioso era meno legato ad aspetti come il pellegrinaggio considerati invece fondamentali dall’ortodossia più tradizionale. A San Pietroburgo fece edificare un solo monastero. Pur essendo però religioso e conoscitore della Bibbia egli auspicava che nella cultura russa non vi fosse un monopolio dell’elemento religioso ma che sorgesse una cultura elevata laica (quella folklorica esisteva). Egli fu il primo a fondare un’Università di tipo europeo e promosse lo studio delle scienze tecniche e matematiche: nessuno degli altri boiari era interessato o ancora meno aveva investito denaro in ciò. Per quanto concerne lo Stato la sua preoccupazione principale stava nel mantenimento del potere autocratico ma questo potere era inscindibile da benessere e dalla solidità dello Stato. Da qui le riforme fiscali, l’introduzione delle province, l’introduzione del governo strutturato per dicasteri, la costruzione di un sistema di potere fondato su norme scritte e non più quasi esclusivamente su consuetudini orali. Nonostante ciò però la prima facoltà di giurisprudenza venne aperta soltanto nel 1755 e questo fu un ritardo considerevole. Una difficoltà che incontrò fu che nella Russia periferica il potere dello Stato arrivava con difficoltà: per riscuotere le tasse spesso Pietro nominò funzionari ad hoc da San Pietroburgo. Capitolo Sesto: Due Imperatrici Anna mandò in esilio Dolgò-ruki e Galì-zin e governò per dieci anni molto condizionata da alcuni favoriti tedeschi come Buren, Ostermann (politica estera) e Munnich (affari militari). L’idea di una “dominazione tedesca” è però largamente esagerata: i tre non fecero cricca tra loro ma si odiavano cercando alleanze l’uno contro gli altri. Anna abolì il Supremo Consiglio, riportò la capitale a San Pietroburgo e Munnich fu un ottimo comandante militare (riprese Azov conquistata dai turchi nuovamente nel 1711). Anna sul letto di morte scelse come successore un nipote della sorella, un parente lontano bambino di appena due mesi e figlio di un principe tedesco per altro. Bure, Munnich e Ostermann furono i primi tre reggenti del bambino ma la guardia imperiale si sollevò e scelse Elisabetta, figlia di Pietro il Grande. Elisabetta riede potere al Senato sconfisse gli svedesi (che nel 1741 avevano mosso di nuovo guerra alla Russia). Il governo fu condotto dai fratelli Shuvà-lov mentre gli Esteri andarono a Bestujev-Rumin: tutti e tre venivano da famiglie legate a Pietro. Vennero aboliti i dazi interni per promuovere il commercio. La Russia partecipò alla Guerra dei Sette Anni contro la Prussia e a fianco dell’Austria ma ne uscì anzitempo per la morte di Elisabetta. In Russia con Anna ed Elisabetta ebbe successo il teatro: venne istituito un teatro di corte e il compositore napoletano Araja si trasferì lì e venne composto anche Semìra, il primo dramma russo in linea con l’unità di tempo e luogo adottata in occidente. Nasce il Corpo dei Cadetti, una scuola militare d’élite che imitava le scuole occidentali. Nacque l’Accademia delle Belle Arti su iniziativa di Shuvà-lov e nel 1755 l’Università di Mosca: tra i protagonisti dell’università vi sarà Lomò-nosov, chimico e linguista cui oggi l’università è dedicata. Lomò-nosov fu il primo a scrivere una grammatica della lingua russa creando le possibilità per il russo di separarsi dallo Slavo Ecclesiastico ed affermarsi anche come lingua letteraria. Si introdusse in Russia il pensiero di Laibniz, si tradussero le opere di Voltaire. Socialmente il 70% dei contadini erano servi della gleba, circa la metà al servizio dei boiari e un 15% dei monasteri, altri in condizioni semi-libere. L’idea di Shuvà-lov di togliere le terre ai monasteri e darle in affitto ai contadini non andò in porto a causa della Guerra dei 7 anni. I servi della gleba dei nobili avevano condizioni variabili: alcuni erano gravati da corvées, altri pagavano un semplice affitto (l’obròk) e per il resto erano liberi gestendo in autonomia la vita del villaggio. Nel centro della Russia si allevava bestiame e coltivava lino. Nell’alto corso del Volga i contadini erano invece spesso artigiani del legno, del ferro o dei tessuti. Verso il fiume Oka ad est da Pietro I in poi si erano stanziati molti soldati-contadini che avevano reso più sicura l’area dalle scorrerie tatare. Nel sud diffusi erano i latifondi e le corvées, la bàr-shina, ampiamente praticate. Il latifondista, pòmeshik, poteva imporre qualsiasi corvées e maltrattamento. Circa il 30% dei contadini (soprattuto al Nord e negli Urali) erano liberi e pagavano semplicemente le imposte (anche se gravose dato che nobiltà e clero non le pagavano). Grande attività commerciale degli Strogà-nov che erano i monopolisti della produzione di sale e che poi investiranno i profitti nei giacimenti di ferro e nelle fonderie lungo gli Urali. Il ferro era di scarsa qualità ma la manodopera era in condizioni di semi-schiavitù (erano spesso contadini di terre della corona assegnati gratuitamente agli Strogà-nov). In Ucraina l’atamanato conobbe sorti alterne e venne abolito definitivamente dopo la morte di Kiril Razù-movskij, fratello dell’amante di Elisabetta. Le province baltiche conservarono autonomia. Grandi persecuzioni sotto Elisabetta dei Vecchi Credenti e molte moschee vennero distrutte (eseguite anche conversione coatte). Grandi palazzi nobiliari (è di Elisabetta l’attuale Palazzo d’Inverno di San Pietroburgo) e residenze in stile semi-barocco e poi neo-classico. Elisabetta morì nel 1762 e nominò successore Karl di Holstein-Gottorp, figlio della sorella, rinominato Piotr dopo il battesimo ortodosso. A Karl venne data in sposa un’altra principessa tedesca legata ai prussiani: Sofì, poi ribattezzata Ekaterina. Ekaterina ebbe un figlio, Pavel, avuto con l’amante Saltikov. Caterina leggeva gli illuministi, Tacito, Montesquieu. Caterina ebbe un altro amante Grigori Orlov, ufficiale della Guardia Imperiale, oramai decisiva per le sorti dell’Impero. Pietro essendo prussiano cominciava a destare sospetti, a causa della Guerra die 7 anni, tanto in Elisabetta quanto in alcune famiglie come i Voron-kov che avevano portato alla caduta del ministro degli Esteri Bestuzev-Riumin. Elisabetta morì infine nel 1762 e divenne imperatore Karl col nome di Pietro III. Pietro III concluse la pace con la Prussia facendo uscire la Russia dalla Guerra dei 7 Anni ed attaccò la Danimarca, alleato tradizionale dei russi, per reclamare dei territori per il proprio casato. Caterina lavorò con l’amante Orlòv e con la Guardia Imperiale contro il marito al fine di farsi nominare imperatrice. Dopo pochi mesi di governo Pietro III venne rovesciato dalla moglie e confinato in una residenza di campagna dove fu poi trovato morto. Caterina era diventata Caterina II di Russia. Capitolo Settimo: Caterina la Grande Caterina nel 1764 decretò la secolarizzazione delle terre monastiche liberando un quinto dei contadini russi dalla servitù della gleba. Caterina macchinò poi per imporre al trono polacco (la Polonia era una monarchia elettiva) Stanislav Poniatowskki, suo ex amante, riuscendoci. Caterina operò anche affinché le minoranze ortodosse in Polonia non subissero discriminazioni ma Fondò nuove università a Kazan, Karkov, riaprì l’università tedesca di Jurev, in Estonia. Su iniziativa di Alessandro nacque anche un organismo consultivo, denominato Comitato Segreto (Negla-sni komitet) che spinse Alessandro a riorganizzare il governo centrale sul modello della Francia napoleonica (abolendo i collegi ed istituendo dei dicasteri moderni). I laureati delle università iniziarono a ricoprire gli incarichi amministrativi mentre il Senato divenne una specie di Corte Suprema. Venne istituita, sulla base di una elaborazione di Mikaìl Speranski, un Consiglio di Stato con funzioni non di governo ma di discussione sulle leggi (una specie di parlamento anche se con funzioni unicamente consultive). Da un punto di vista territoriale nel 1809 dopo una breve guerra contro la Svezia la Russia aveva annesso la Finlandia (I Rik-sdag, cioè gli stati generali finlandesi avevano offerto la sovranità finlandese ad Alessandro) ed essa diventò un Granducato con una propria Costituzione ed un proprio parlamento: lo zar autocrate in Russia era sovrano costituzionale in Finlandia. Nel 1805 la Russia partecipò alla coalizione con Regno Unito ed Austria contro Napoleone. Le truppe russe furono sconfitte ad Austerlitz. Nel 1807 tra Francia e Russia venne conclusa una pace. Negli stessi anni la Russia si ingrandì a spese degli Ottomani conquistando la Bessarabia (l’attuale Moldavia) e la Georgia. Nonostante l’ufficiale adesione della Russia all’embargo per le merci inglese questo venne di fatto aggirato. Nel 1812 Napoleone scelse di invadere la Russia coadiuvato dalla Prussia (sconfitta in precedenza) e da una coalizione polacca. Napoleone schierò 400.000 soldati i quali avevano alle spalle tutte le risorse di un Impero fiorente nonché delle colonie (Olanda, Italia, Spagna erano tutte state asservite al disegno napoleonico). Il ministro della Guerra, Mikaìl Barklay de Tolly, propose il piano, poi diventato celebre di ritiro del governo e delle risorse verso l’interno del Paese costringendo Napoleone ad allungare sempre più le proprie linee allontanandosi dalle retrovie che potevano fornire cibo e munizioni. L’unica battaglia campale fu quella di Borodino che vide Napoleone scontrarsi con Kutùzov e che fu la più sanguinosa delle battaglie di quest’epoca (si stima 40-50.000 morti). Kutù-zov si ritirò e Napoleone dipinse la battaglia come una vittoria in quanto aveva la strada spianata per Mosca. In realtà Ktùzov aveva accerchiato le truppe napoleoniche con una manovra ad U aveva tagliato a Napoleone le prospettive di rifornimento da sud. Rimasto senza cibo in una Mosca deserta Napoleone scelse la ritirata, non potendo farlo a sud (dove Kutùzov gli sbarrava la strada) scelse l’ovest. La ritirata fu penosa perché effettuata in inverno e buona parte die soldati francesi morirono. Per Napoleone la campagna di Russia fu l’inizio della fine: nel 1814 venne sconfitto a Waterloo. Nel 1815 anche la Polonia, in maniera simile alla Finlandia, divenne un Regno con lo zar russo come sovrano ma con una propria costituzione. Nel 1818 accarezzò l’idea di adottare una Costituzione anche per la Russia (il vecchio consigliere Novosil-cev ne aveva elaborata una) ma l’idea morì lì. Sul piano personale dopo l’esperienza delle guerre napoleoniche ed influenzato dalla baronessa Krudener si dedicò moltissimo alla letteratura religiosa: fuse il Ministero dell’Istruzione, il Santo Sinodo Ortodosso e l’Ufficio per i culti non ortodossi in un unico collegio affidato al principe Aleksandr Galì-zin. Su iniziativa di Galì-zin i concetti di legge naturale vennero tolti dagli insegnamenti e si ebbe nel complesso una svolta conservatrice nell’istruzione. Alla fine fu la stessa chiesa ortodossa ad opporsi a Galì-zin perché questi era troppo influenzato da idee evangeliche che nulla avevano a che fare con l’Ortodossia. Ad Alessandro si deve anche la trasformazione della Gendarmeria, fino allora una polizia unicamente militare, in una polizia per il controllo dell’ordine interno. Della svolta conservatrice di Alessandro fecero le spese anche i Greci che non 1821 si sollevarono contro gli Ottomani e non ricevettero alcun aiuto dalla Russia in virtù di un principio legittimista che vedeva i turchi come legittimi governanti della Grecia. All’interno molti giovani ufficiali fondarono società come la Sajuz Spasenia (Unione della Salvezza) che auspicavano una Costituzione ed una costituzione liberale per la Russia. Nel 1818 nacque l’Unione del Bene Pubblico e poco dopo delle associazioni liberali composte da soldati: la Società del Nord (con il monarchico liberale Muraev) e la Società del Sud. Questi gruppi ragionavano su cospirazioni, anche violente, ai danni dello zar. Alessandro morì nel 1825 ed a lui successe il fratello più piccolo Nikolaj (Kostantin aveva abdicato). Nikolaj era però all’oscuro di essere l’erede e ciò creò una situazione di enorme confusione. Una parte dei soldati, poi passati alla storia come Decabristi (dal mese di dicembre) si sollevò a favore di Costantino (ma era solo un modo per prendere tempo perché Costantino non voleva governare) e tentarono di catturare Nikolaj al Palazzo d’Inverno ma lo zar sparò su di loro: fu la prima Rivoluzione russa, fallita. Capitolo Nono: L’apoteosi dell’autocrazia Prime azioni del nuovo governo di Nicola I furono la repressione dei Decabristi anche se molti vennero graziati (Nicola interpretava il proprio ruolo anche in maniera paternalista). Per quanto concerne il resto del Paese Nicola attuò una repressione organizzata: istituì la cosiddetta Terza Sezione, un ufficio alle sue dirette dipendenze che poteva contare su un corpo di gendarmi con incarichi di polizia politica (a capo venne posto Aleksandr Benken-dorf). Tra le azioni positive vi fu però la stesura di codici che mettessero ordine nella legislazione russa e l’incarico fu affidato a Mikhaìl Speranski che nel 1835 completò i codici per la Russia, le Province Baltiche e la Polonia. A livello politico per una società che mutava occorreva anche un’ideologia di Stato: Uvà-lov, ministro dell’Istruzione, ci provò con l’idea “dell’autocrazia ortodossa e nazionale” che non attecchì in quanto parte dei livelli direttivi dello Stato (a partire dal capo della polizia politica erano tedeschi del baltico, lituani, estoni, finlandesi). Filosofia occidentale giunse nelle università ed ebbero successo Shelling ed Hegel. Attorno al circolo filosofico di Nikolaj Stankevic di Mosca si radunarono numerosi giovani e tra essi l’anarchico Mikaìl Bakù-nin e il socialista Herzen. Nacquero anche circoli Slavofili come quello di Konstantin Aksà-kov che avversavano le idee occidentali (e la modernizzazione) considerandole frutto dell’egoismo ed idealizzavano una fraternità slava interclassista legata ai valori tradizionali dell’ortodossia. Nacquero anche circoli socialisti, come quello dei socialisti critico-utopisti seguaci di Fourier di Petrashevskij (che ebbe tra i suoi amici Dostoievski). Nei rapporti con la chiesa nel 1836 nominò Ober-prokuror del Santo Sinodo Nikolaj Pratà-sov, un generale degli ussari, con il compito eliminare ogni traccia di impurità dottrinale dall’ortodossia (sia essa evangelica o liberale). La Chiesa ufficiale non esauriva l’intera religiosità: oltre ai Vecchi Credenti (mai sradicati) si diffuse il fenomeno degli starzì, sacerdoti solitari con un grande ascendente spirituale sui contadini. Nonostante l’autocrazia la società russa non era immobile: vi era certo la servitù della gleba ma in alcune aree nascevano industrie tessili e siderurgiche (a Danièsk, in Ucraina o a Ivanovo vicino Mosca). Odessa crebbe notevolmente diventando il principale porto russo. Nel 1851 venne costruita la prima importante ferrovia russa: la Mosca-San Pietroburgo. Nei rapporti con la Finlandia l’autogoverno rimase anche se la Dieta finlandese durante il governo di Nikola I non venne mai convocata. Più conplessi furono i rapporti con il Sejm polacco che sempre mal sopportò la mancanza di autonomia per la nazione. Nikola I ingrandì lo Stato sottraendo l’Azerbaijan ai Persiani e annettendo khanato di Yerevan (Armenia) posto sotto il protettorato dello Sha. Nella confronti della Chiesa Armena, una chiesa completamente differente da quella Ortodossa sul piano dottrinario ed il cui katolikos risiedeva a Yerevan, venne concessa ampia autonomia. Nell’epoca dei nazionalismi e del fallito tentativo di costruire una “cittadinanza ottomana” i sudditi cristiani della Sublime Porta guardavano sempre più a Mosca. Lo stato comatoso dell’Impero era però guardato con interesse anche dai Francesi (che avevano conquistato l’Algeria). Nel 1827 la Russia acconsentì ad un accordo con gli inglesi e inviò truppe nei Balcani a favore dei Greci. Un successivo trattato di pace riconobbe l’indipendenza greca e l’autonomia per la Serbia e i vari principati romeni. Nel 1853 scoppiò la Guerra di Crimea (durò fino al 1856). Essa fu generata da una mossa politica di Napoleone III, il quale al fine di ottenere l’appoggio dei cattolici francesi aveva raggiunto un accordo con i turchi affinché i luoghi santi della Palestina fossero amministrati dai cattolici. Nicola I fu ovviamente contrario ed anzi rispose chiedendo alla Sublima Porta un diritto di protezione sulle popolazioni cristiane dell’Impero Ottomano: richiesta respinta. Francesi, Inglesi e per motivi di gratitudine verso la Francia anche il Regno di Sardegna, preoccupati per l’estensione della Russia verso il Mediterraneo dichiararono guerra alla Russia. I russi combatterono con coraggio ed abnegazione (tennero Sebastopoli assediata per 349 giorni). Nikola I morì nel corso della guerra, nel 1855. La Russia perse una fascia di territorio danubiano e dovette rinunciare a ogni diritto di protezione sui cristiani dell’Impero ottomano (i quali si sarebbero comunque liberati per loro conto nel corso dell’Ottocento) mentre l’altra condizione fu il divieto a tenere una flotta nel Mar Nero. Capitolo Decimo: Cultura e Autocrazia Nonostante la Censura, enormemente potenziata con la fondazione della Terza Sezione, l’età di Nikola I si caratterizzò per una intensa attività culturale. nonostante la censura infatti gli investimenti dello Stato nei licei e nelle università aumentavano il numero dei lettori e degli scrittori ed il capitalismo commerciale generò un forte commercio di libri diffuso almeno nelle città più grandi. In ambito pittorico l’Accademia rimaneva legata alla corte ed ai suoi gusti (Karl Briù-llov maggior pittore). In ambito musicale i nobili ma anche la Società filarmonica di Pietroburgo sfornavano artisti di talento. Anche se mancava in Russia un conservatorio. Maggior compositore Mikaìl Glinka. In Letteratura il poeta Karàm-zin e poi Zukoski (traduttore anche di Walter Scott in russo). Poi ovviamente Puskin: studente a Carskoe Selo e poi funzionario del Ministero degli Esteri egli viene considerato il fondatore della lingua russa moderna (come Manzoni per l’italiano). Il suo grande capolavoro fu il romanzo Evgheni Onè-ghin, un romanzo in versi che offre uno spaccato sulla aristocrazia russa. Un’altra sua opera è La figlia del capitano. Altro scrittore Nikolaj Gogol, scrittore non in diretto contatto con la corte ma apprezzato da Nikola I anche se criticò la corruzione dei funzionari (come ne “L’ispettore generale”). funzione del porto. Nonostante gli investimenti pubblici nelle infrastrutture la maggioranza della popolazione rimaneva contadina e ciò frenava lo sviluppo dell’industria. Sviluppo ebbe il tessile con le fabbriche dei Morò-zov e dei Tretiakov. In Ucraina, nacque una nuova città: Juzovka (oggi Daniesk) sorta intorno alle miniere dell’inglese Gion Iug. Si svilupparono moltissimo le ferrovie (responsabile del dossier fu Mikaìl Roitern) in gran parte grazie a capitali privati garantiti dallo Stato. Tra gli imprenditore del settore Poliakov (grande produttore di vodka) e von Meck. Le ferrovie erano quasi tutte private ancora fino alla fine del secolo. Sorsero diversi istituti tecnici: la Russia era carente di ingegneri e di operai specializzati. A Pietroburgo, con il chimico Mendelev, sorse un grande istituto politecnico volto proprio a formare ingegneri elettronici, fisici e chimici. L’agricoltura continuava ad essere basata sui villaggi mentre l’acquisto della terra dai nobili, anche se dilazionato in 70 anni rappresentava un impegno gravoso. I contadini continuavano a rispondere non individualmente ma come comunità circa il pagamento della terra e occorreva che gli anziani del villaggio autorizzassero la partenza dei giovani. L’agricoltura produceva poco, assenti erano i fertilizzanti chimici mentre quelli naturali erano largamente insufficienti. La meccanizzazione era sconosciuta. L’unica agricoltura diretta al mercato e di successo era quella della barbabietola da zucchero che a partire dagli anni ’80 si diffuse in tutta l’Europa centrale. Intorno alle grandi città nacquero invece fiorenti orti agricoli le cui produzione erano destinate al mercato urbano: è in questo periodo che nascono i kulaki, i contadini ricchi. Il resto dei contadini erano poverissimi: vivevano in stanze piccole, mangiavano male, non disponevano di finestre, si ammalavano regolarmente di tifo, vaiolo, tubercolosi. L’alcolismo era una piaga diffusa. I vaccini iniziarono a diffondersi seriamente soltanto a partire dal 1914. Molto diffusa era la migrazione stagionale verso le città per lavorare nelle industrie o le migrazioni stagionali inseguendo i raccolti Gli ultimi decenni del XIX secolo Come detto gli ultimi decenni del IX secolo si caratterizzarono per lo sviluppo delle acciaierie a Pietroburgo e dell’industria mineraria nel Donbass e negli Urali. La Simens iniziò a produrre motori elettrici mentre la famiglia Nobel iniziò a investire nell’area di Baku nell’estrazione petrolifera. Nel 1891 iniziò la costruzione di una delle più importanti infrastrutture russe e il miglior successo del ministro delle Finanze Witte: la Transiberiana. Negli 1900-1907 si ebbe una crisi del settore metallurgico che interruppe il periodo di boom economico degli anni ’90. Lo sviluppo economico cambiò in parte la composizione etnica della Russia (aumentarono di molto i russi che andarono a coltivare terre vergini in Kazakistan) ed anche la composizione sociale: la classica divisione nobili, contadini, mercanti, cittadini era saltata, se non sul piano giuridico su quello economico-sociale, con l’avvento del capitalismo (almeno nelle aree urbane). Il Paese rimase molto indietro nell’istruzione femminile e per alcuni anni, dopo l’omicidio di Alessandro II per diversi anni gli atenei furono chiusi alle donne. Le donne che potevano contare su un lavoro salariato erano pochissime e molte di esse trovarono lavoro come telefoniste quando iniziarono ad esserci i telefoni nelle città e nelle industrie tessili. Le donne rimanevano comunque pagate meno, molto meno dei colleghi maschi e spesso, anche quando operaie di città, rimanevano analfabete. Il risultato socialmente più rilevante nel fine Ottocento russo fu comunque la comparsa della classe operaia. Se nel 1861 gli operai ed i minatori erano appena 1 milione, al 1913 essi erano diventati 3 milioni (3,5 milioni considerando i lavoratori del settore ferroviario). San Pietroburgo, pur sovraffollata, offriva comunque una qualità di servizi (sale da ballo, biblioteche) enormemente più alta che nel resto del Paese e la classe operaia pietroburghese era la più istruita della Russia (il 74% degli operai uomini ed il 40% delle donne al 1897). I salari erano comunque bassi e gli orari di lavoro estremamente lunghi (10-12 ore al giorno). Lo Stato faceva poco per tutelare i livelli salariali e lo sciopero era vietato. L’ispettorato per le fabbriche aveva infatti pochissimi poteri sanzionatori. Fu tra quegli operai che a partire dagli ’80 dell’Ottocento sorsero i primi circoli marxisti creati dai seguaci di Plekà-nov. Nel 1898 a Minsk nacque il primo partito marxista russo: il Posdr (il partito operaio socialdemocratico) con Lenin e Martov. Nel 1901 anche i populisti fondarono un loro partito, quello Social-Rivoluzionario. Capitolo Tredicesimo: L’età aurea della cultura russa A partire dall’epoca di Nikola I, nonostante il Paese mancasse di insegnanti, il numero di laureati crebbe. Si ebbero alcune eccellenze come Lobacevski nel campo della geometria, Medveleev nella chimica. Le opere di Darwin non riscontrarono particolare opposizione da parte della chiesa ortodossa e si diffusero. In musica Mikaìl Glinka, Anton Rubistein, Nikolai Rimski-Korsakov, Ciaikovksi che fu rettore del conservatorio di Mosca per dieci anni, Balà-kirev e il Gruppo dei Cinque. Nelle arti figurative l’Accademia delle belle arti ma anche gruppi di studenti che si ribellavano ai rigidi canoni estetici e nei soggetti imposti dall’accademia come Kramskoj il quale fondò un gruppo artistico chiamato Cooperativa dei pittori che poi si disgregò e nacque la Società per le mostre itineranti. L’aristocratico Pavel Tratiakov fu uno dei finanziatori del gruppo. Vassili Vere-shaghin ed il suo realismo nelle scene di guerra. Nella letteratura Fiodor Dostoievki (che non era nobile e nonostante il successo letterario visse difficoltà economiche), Lev Tòl-stoi (nobile e filantropo verso i contadini della propria zona e scrisse Guerra e Pace su invasione Napoleone 1812 e prima di morire crisi mistico-religiosa), Ivan Turgenev (che raccontava di nobili di campagna e offre uno spaccato sulla Russia profonda). Capitolo Quattordicesimo: La Russia come Impero Tra il XVIII ed il XIX secolo l’Impero russo si era espanso ma per la maggior parte in zone della Siberia non particolarmente ricche (almeno all’epoca) e si era rafforzato nel Caucaso. Negli anni ’70 dell’Ottocento la Russia fu impegnata a sottrarre l’egemonia turca sulla Bulgaria per sostituirla con la propria e a fianco dell’indipendenza dei serbi e dei bosniaci. La Bulgaria e la Serbia indipendente nacquero ma ebbero più l’influenza inglese che quella russa. A Est sottomessa direttamente o indirettamente tutta l’Asia centrale. Ad occidente rimaneva ormai dall’epoca di Caterina la Grande il problema polacco. In realtà l’autocrazia russa, almeno dai Romà-nov in poi si era sempre appoggiata sullla nobilità locale (fosse finlandese, polacca, estone) cooptandola nel sistema di governo. Il punto era che le trasformazioni economiche dell’Europa orientale stavano facendo declinare inesorabilmente la nobiltà fondiaria sulla quale gli zar si appoggiavano e favorivano invece l’ascesa di una borghesia cresciuta con gli ideali romantici I polacchi nell’Impero russo La Polonia nell’Ottocento si trovava divisa in due realtà distinte: la parte occidentale formava il cosiddetto Regno del Congresso, un’entità amministrativamente separata dall’Impero ma, dopo la rivolta del 1830, sempre meno autonoma. Altri territori, ad oriente erano stati annessi direttamente all’Impero ed erano popolati da pochi polacchi, per lo più proprietà terrieri, e molti ucraini e bielorussi. Polonia era più progredita ed industrializzata di molte parti dell’Impero ed aveva sviluppato una propria borghesia nazionalista sempre più insofferente all’autocrazia (se non sempre ai russi in quanto tali) e diedero vita ad organizzazioni come il Partito Nazional-Democratico. Le province baltiche In Estonia, Livonia, Curlandia i contadini erano già stati emancipati da Alessandro I nel 1819 ma privi di terra erano rimasti fittavoli poveri. Le aree urbane godevano di ampie autonomie amministrative ed amministrate dai ceti più elevanti: non soltanto nobiltà ma anche settori mercantili. Esistevano giornali e realtà culturali oltre che in tedesco in estone e lettone. Nacque un nazionalismo estone, lettone e lituano ma gli obiettivi erano spesso le élite tedesche più che i russi o lo zar. In Finlandia Granducato russo dal 1809 sotto Alessandro I essa aveva un governo separato ed un una propria Dieta nazionale. In Finlandia non c’era mai stata la servitù della gleba e vi erano persino contadini istruiti che sedevano in parlamento. Lo zar, autocrate in patria, era monarca costituzionale ad Helsinki. Inoltre molti ruoli amministrativi e militari in tutto l’impero erano ricoperti da nobili finlandesi. Fedele allo zar nonostante i bombardamenti navali inglesi durante la Guerra di Crimea la Finlandia venne ricompensata con una crescita dello spazio della lingua finlandese a danno delle svedese: lingua dei vecchi colonizzatori e non parlata dai contadini (che furono dunque per questo alleati della zar). La Dieta era eletta per ceti (nobili, cittadini, clero e contadini). La parte baltica dell’Impero, inoltre, a partire dalla capitale divenne un polo di acquisto dei prodotti tessili e metallurgi finlandesi e le ferrovie integrarono sempre più la Finlandia con l’Impero. Alcuni problemi si ebbero all’epoca di Nikola II con il Governatore Nikolai Bobrì-kov il quale attuò alcuni provvedimenti simbolici che però contribuirono ad allontanare da San Pietroburgo una parte della borghesia locale. Gli Ebrei Circa 5 milioni di cittadini (il 4% della popolazione totale). Gli Ebrei nella vecchia Russia keviana erano quasi inesistenti: fu con l’annessione della Polonia e delle regioni baltiche che la Russia acquisì una grande popolazione ebraica. Gli ebrei non potevano, a partire dall’epoca di Nikola I, spostarsi aldilà della zona occidentale ed avevo delle proprie comunità di autogoverno, le kahal, poi abolite dallo zar. A partire da Alessandro II si tentarono delle politiche di coinvolgimento degli ebrei nelle istituzioni russe e nelle università concedendo permessi selettivi per lo stanziamento di ebrei anche aldilà della Polonia. Dopo l’assassinio di Alessandro II si ebbero primi fenomeni di fanatismo, in taluni casi anche pogrom, da parte della popolazione ortodossa e ciò portò a rivedere la politica di assimilazione stabilendo dei tetti per l’iscrizione degli ebrei nelle università e nei licei. Molta insofferenza verso gli ebrei si ebbe sotto Alessandro III anche perché molte organizzazioni populiste ed anche socialiste avevano ebrei tra i loro esponenti. Gli Ucraini Fino agli eventi del 1905 furono gli ucraini furono un gruppo etnico marginale politicamente e dia confini piuttosto incerti. L’Ucraina era inoltre politicamente divisa: i territori dell’ex atamanato nel nord, il Donbass a est, i territori ex polacchi a occidente. Tra i maggiori esponenti della cultura ucraina dell’Ottocento il pittore Shevshenko. Dopo la rivolta polacca degli anni ’60 molte pubblicazioni ucraine, per timore che avvenisse un contagio tra i nazionalismi, furono vietate. L’Impero asiatico Da un lato la Russia aveva il Caucaso, acquisito nel 1828 dall’altro l’Asia centrale. Gli asiatici (presenti l’esercito nelle campagne. La nuova Duma consegnò una maggioranza nuovamente ai contadini (organizzati nel partito del lavoro, Trudovaià gruppa) ed ai liberali e venne sciolta nel 1907. L’impeto rivoluzionario era però finito ed anche l’Unione contadina panrussa venne sciolta. La Rivoluzione del 1905 lasciò 14.000 morti e molte distruzioni. La nobiltà si ricompattò con l’autocrazia mentre le classi subalterne iniziarono a politicizzarsi. Le minoranze nazionali espressero proprio deputati, spesso vicini al partito cadetto, entrando nella vita politica dell’Impero. La terza Duma fu eletta con un nuovo sistema elettorale che assegnava il 50% dei deputati alla nobiltà riducendo il peso dei contadini (ai quali ora lo zar guardava con sospetto) ed alle minoranze nazionali. La maggior parte dei nobili aderì al partito Unione del 17 Ottobre, data nella quale, nel 1905, lo zar aveva promesso la prima Duma. Stolipin propose di introdurre gli zemstvo anche nelle province polacche e di farli eleggere mediante un sistema che favorisse i contadini (considerati più fedeli allo zar che alla nobiltà polacca) e inoltre di aumentare il carico dei compiti per questi organismi alleggerendo lo Stato di alcune spese. La riforma trovò però l’opposizione del Consiglio di Stato e spinse Stolipin alle dimissioni. Lo zar lo richiamò ritenendo indispensabile e fece approvare la riforma degli zemstvo ma nel settembre 1911 un attentato dei social- rivoluzionari uccise Stolipin a Kiev. I nuovi governi, tutti deboli, cercarono, anche da alcuni casi di cronaca di cementare il popolo trovando un nemico negli ebrei che divennero l’obiettivo della propaganda del ministero degli Interni. A simbolo del declino dell’autocrazia e del prestigio dei Romà.nov vi fu la figura di Raspù-tin, introdotto a corte dalla zarina Aleksandra perché credeva il pope potesse aiutare lo zarevic Alexej. Raspù-tin era ubriaco e donnaiolo ed aveva accesso illimitato alle residenze della famiglia imperiale. La questione venne posta persino alla Duma perché ne andava ormai del prestigio del trono. Nel 1914, dopo anni di tensioni, un nazionalista serbo, Gavrilo Princip, uccise l’Arciduca d’Austria Francesco Ferdinando. La Russia si trovava a dover contrastare l’espansionismo austriaco nel Balcani (era alleata della Serbia) e dopo enormi tensioni concluse un accordo con l’Inghilterra per il controllo dell’Asia Centrale e l’influenza sull’Iran, cosa che avrà un effetto sulla scelta delle alleanze nel futuro conflitto mondiale. Capitolo Sedicesimo: Guerra e Rivoluzione La Russia dopo l’accordo l’Inghilterra concernente le sfere di influenza sull’Iran si era avvicinata molto ai britannici mentre si era allontanata dall’Austria a causa dell’annessione della Bosnia. L’unico alleato della Russia nei Balcani era il piccolo regno serbo. Dopo l’ultimatum austriaco alla Serbia la Russia entrò in guerra contro l’Austria, la Germania e gli alleati Ottomani. Lo scoppio della guerra avvenne in un momento di ripresa del movimento rivoluzionario in particolare a San Pietroburgo e questa volta alla cui guida vi erano i bolscevichi e non i social- rivoluzionari. La Russia non era preparata alla guerra: non si era del tutto ripresa dalla sconfitta con il Giappone, era carente nell’industria bellica e nella logistica. Tra la nobiltà ed i conservatori la guerra fu accolta in un tripudio di nazionalismo. La guerra provocò anche una spaccatura nella Seconda Internazionale tra i partiti pacifisti e coloro, come i socialisti tedeschi, che invece accettarono la guerra. I bolscevichi invece non soltanto erano contro la guerra e le conquiste favoleggiate dallo zar (gli stretti del Bosforo e dei Dardanelli) ma invitavano alla rivoluzione contro il nemico interno. In Europa occidentale i socialisti contrari al conflitto iniziarono a separarsi, a partire dalla Germania, da coloro che invece invitavano alla solidarietà nazionale. Il corso del conflitto era sempre più sfavorevole alla Russia: riconvocata la Duma si costruì una maggioranza cadetti-conservatori e si tentò di coinvolgere gli zemstvo per risolvere il problema degli approvvigionamenti ma senza successo. La Russia ottenne qualche successo contro gli Ottomani e contro gli austriaci con i generali Brusì- lov e Judè-nic ma i morti russi ammontavano ormai a due milioni. Un gruppo di aristocratici uccise Raspù-tin nel 1916 credendolo legato a potenze straniere. Nel febbraio 1917 il Paese fu scosso da una serie di scioperi ai quali aderirono anche la classe media. I soldati inviati a reprimerli presto si unirono agli scioperanti. Il 15 marzo Nikola II abdicò e si formò un Governo Provvisorio guidato dal principe Georghi Lvov in attesa della convocazione di un’Assemblea Costituente che avrebbe dovuto decidere anche del futuro della monarchia. Tra i membri del governo anche Kerenski, membro del Partito del Lavoro. La Rivoluzione A San Pietroburgo oltre al governo ufficiale era sorto un governo parallelo eletto dai soviet locali e che contava al proprio interno bolscevichi, menscevichi e social-rivoluzionari. Nel suo Ordine n. 1 il Soviet di Pietrogrado affermava che a guidare l’esercito dovessero essere i soviet dei soldati e non il governo. Altri soviet si erano formati a Mosca, nell’esercito ed in molte altre città. Lenin tornò dall’esilio svizzero nel 1917 raggiungendo Pietrogrando grazie a un lasciapassare tedesco. Lenin appena tornato in Russia elaborò le cosiddette Tesi di Aprile: la rivoluzione borghese era terminata con la caduta dello zar ed in Russia vi erano due poteri, quello dei soviet e quello del governo provvisorio. L’obiettivo primario era che tutto il potere passasse ai Soviet al fine di realizzare la rivoluzione socialista. In molte zone dalla Russia i contadini si appropriavano delle terre nobiliari. Il partito Social-Rivoluzionario crebbe molto ma era diviso al proprio interno tra i sostenitori dela continuazione del conflitto e coloro che erano per la pace. Nel giugno 1917 si tenne il primo congresso panrusso dei Soviet nel quale i social-rivoluzionari ed i menscevichi contavano su circa 300 deputati ciascuno mentre i bolscevichi su circa un centinaio. I bolscevichi provarono a prendere il potere una prima volta a luglio con una manifestazione armata repressa dal governo. La crisi produsse un nuovo cambio di governo con Kerenski che sostituì Lvov. Kerenski esautorò Brusì-lov dalla guida dell’esercito sostituendolo con Korni-lov. I Soviet a livello locale assunsero sempre più potere ed iniziarono espropriazioni a danno della nobiltà e anche delle strutture pubbliche (come l’Istituto Smolny che divenne quartier generale bolscevico). In ucraina si era formato un movimento autonomista, se non indipendentista, che aveva proclamato un proprio parlamento. Ad agosto Kornilov, nominato comandate supremo dell’esercito, aveva tentato un colpo di Stato marciando verso la capitale. Kerenskij si alleò col Soviet locale armandolo. Il governo Kerenki era sempre più allo sbando mentre i soviet ed i bolscevichi al loro interno prendevano sempre più potere. Ad ottobre fu convocato un nuovo congresso panrusso dei Soviet nel quale questa volta i bolscevichi, alleati con parte dei social-rivoluzionari, ottennero la maggioranza. Il 7 novembre (25 ottobre secondo il calendario giuliano) i bolscevichi assaltarono il Palazzo d’Inverno e proclamarono il passaggio di tutto il potere ai Soviet. Kerenski scappò verso il fronte su un’auto dell’ambasciata americana mentre gli altri ministri furono arrestati. Il Congresso dei Soviet elesse un proprio governo, il Sovnarkom, con Lenin a capo, Troski ministro degli Esteri, Stalin commissario alle nazionalità. L’Assemblea Costituente, le cui elezioni erano state convocate dal precedente governo, si autoconvocò nel gennaio del 1918 (i bolscevichi erano in minoranza) e venne sciolta dal nuovo governo. Pochi giorni dopo lo scioglimento della Costituente venne proclamata da un nuovo congresso dei Soviet la Repubblica Socialista Federativa di Russia. In nuovo potere sconfisse rapidamente il tentativo controrivoluzionario di Kaledin che aveva formato un governo cosacco sul Don. La situazione del Paese era però di fame vera e propria: guerra e guerra civile avevano lasciato nel Paese molti morti e lo stop delle principali attività economiche ed in primo luogo dell’agricoltura. Il governo avviò una normalizzazione della situazione economica e politica e concluse, a prezzo della perdita della Polonia la pace di Brest-Litovsk con la Germania, la quale aveva occupato nel frattempo parte dell’Ucraina nominando un proprio governo fantoccio. I social-rivoluzionari di sinistra contrari della pace uscirono dal governo. La guerra civile proseguì con protagonisti i cosacchi ucraini, ex ufficiali zarini guidati da Alekseev e con la Legione Cecoslovacca, un gruppo di cecoslovacchi arruolati dallo zar e adesso senza più stipendio. A Samara la Legione si alleò con alcuni ex deputati social-rivoluzionari che proclamarono un governo autonomo con un loro esercito: l’Esercito Popolare poi sconfitto dall’Armata Rossa di Troski. A luglio 1918 la famiglia imperiale venne giustiziata ad Ekaterinburg per evitare che fossero liberati da qualcuna delle fazioni contro-rivoluzionarie. A Omsk il Generale Aleksandr Kolciak si era proclamato capo supremo della Russia ed aveva liquidato non soltanto i bolscevichi ma anche molti social-rivoluzionari di destra. Kolciak aveva ottenuto l’appoggio di Inghilterra, Stati Uniti e Giappone. Sul Don dopo la morte di Kornilov e di Alkeev si era invece affermato Anton Denikin. L’intervento di Stalin a Zarizin aveva impedito che le truppe di Denikin e quelle di Kolciak potessero unificarsi. L’Ucraina occidentale era ancora occupata dai tedeschi con un governo fantoccio guidato da Skoropadski. La crisi alimentare portò il governo sovietico al razionamento degli alimenti. E’ l’epoca del cosiddetto “comunismo di guerra”. Nel 1919 venne formato il poliutburò, organismo ristretto di governo del partito e quindi dello Stato. Esso comprendeva Lenin, Zinoviev (a capo dell’Internazionale e della città di Pietrogrado), Kamenev (a capo del partito a Mosca), Troski (capo dell’Armata Rossa) e Kalinin (presidente del Comitato Esecutivo dei Soviet). In Ucraina dopo il ritiro dei tedeschi a A Skoropadski era subentrato Simon Petliura il quale aveva proclamato un’effimera indipendenza dell’Ucraina occidentale mentre quella orientale era sotto il controllo di Denikin. In Siberia vi era ancora Kolciak. Denikin si trovò presto schiacciato a sud da un’armata anarchica, quella di Machno e a nord con la cavalleria sovietica guidata da Budienni. Nell’Estremo Est russo, abbandonato Kolciak, i giapponesi appoggiarono un militare ucraino, Sermenov e mobilitarono circa 70.000 uomini. Kolciak fu alla fine consegnato da membri della Legione Cecoslovacca e le sue truppe sconfitte dal futuro maresciallo sovietico Tuchacevski. Tra il 1918 ed il 1920 vi fu anche un conflitto che vide contrapposta la Russia alla Polonia (diventata indipendente) di Pilduski. La guerra fu una sconfitta per la Russia che dovette cedere dei territori bielorussi ed ucraini (già parte della vecchia Polonia-Lituania ma non abitati da polacchi). Alla fine del conflitto Estonia, Lettonia, Lituania e Finlandia (dove scoppiò una guerra civile rossi- bianchi vinta dai bianchi) erano diventate indipendenti. A sud, dopo la fine della guerra e la crisi interna alla Turchia l’Azerbaigian tornò alla Russia mentre nell’estremo est i giapponesi, rimasti soli, si ritirarono. campi di lavoro in condizioni di privazione molto elevate (senza mezzi né risorse per vivere dignitosamente). In tutto ciò vi fu la gravissima crisi cerealicola provocata dal maltempo che colpì l’Ucraina e provocò alcuni milioni di morti. Il governo si rese conto troppo tardi della situazione e continuò l’esportazione dei cereali. Verso la metà delgi anni ’30 gran parte dell’agricoltura sovietica era dominata dai kolkoz, le fattorie collettive le quali si servivano per i macchinari delle “Stazioni macchinari e trattori” di Stato le quali li fornivano al momento del bisogno alle fattorie. I kolkoz svilupparono dei mercati, detti appunti colcosiani, per prodotti orticoli e patate che venivano coltivati su appezzamenti di terra non messi in comune. Gli anni 30 furono un periodo di normalizzazione sociale: gli scontri dentro il partito erano regolarmente vinti da Stalin e ciò che rimaneva dell’opposizione di destra venne liquidata con le grandi purghe tra il 36 ed il 38. Gli anni trenta furono anche il periodo degli stachanovisti e dell’imitazione socialista per aumentare la produzione (anche se spesso a scapito della qualità). Nel 1934 venne ucciso Sergej Kirov e si ebbe una nuova ondata di repressione interna al partito colpì Zinoviev e Kamenev. L’anno seguente vennero colpiti Karl Radek, segretario del komintern e Georghi Pjatakov. Orgionikize si suicidò temendo di essere il prossimo (Piatakov era stato suo stretto collaboratore). Sempre nel 1937 su iniziativa di Molotov venne scatenata un’altra repressione che colpì Tuchacevski ed altri eroi dell’Armata Rossa sospettati di troskismo. Con l’ordine 0047 l’NKVD avviò una repressione anche a livello delle Repubbliche nella quale si distinsero Kagà-novic e Malèn-kov. L’ultimo grande procesos fu quello del 1938 che vide tra gli imputati Bucharin e Jagoda, l’ex capo dell’NKVD prima di Ezov. La NKVD era anche responsabile dei GULAG e delle colonie di lavoro nelle quali le condizioni di lavoro erano spesso dure e dove erano stati confinati i kulaki, i contro-rivoluzionari e le vittime delle purghe. Cuore del potere sovietico in questa fase oltre a Stalin erano Kliment Vorò-shilov (a capo dell’esercito), Kagà-novic (trasporti), Mikojan (commercio interno). Tra i giovani Krushov, Zdanov (capo del partito a Leningrado), Malenkov. Si ebbe, a partire dagli anni ’30, una centralizzazione del potere che porterà alla costituzione di ministeri pansovietici in settori prima demandati alle singole repubbliche (come l’agricoltura). Nel settore industriale era il Gosplan e gli altri organismi centrali a prevalere sulle scelte delle singole repubbliche. In ambito politico gli anni ’30 si caratterizzarono anche per la liquidazione di parte della leadership delle singole repubbliche (specialmente in Ucraina) a causa di sospetti su di loro di nazionalismo. L’industrializzazione portò alla crescita della popolazione urbana (il 31% nel 1928) mentre la Chiesa Ortodossa aveva sempre meno seguito. La popolazione era in genere più istruita ed aumentò enormemente l’occupazione femminile. Capitolo Ventesimo: Guerra In Germania gli anni ’30 si caratterizzano per la presa del potere da parte di Hitler e per la sua politica sempre più aggressiva volta ad espandersi (anschulls con l’Austria è del 1936). L’Unione Sovietica sapeva di avere molti nemici (molti di essi sovvenzionarono Kolciak, Denikin, Vrangler durante la guerra civile) e inizialmente pensò che un attacco sarebbe potuto arrivare dalla Gran Bretagna. La presa del potere da parte di Hiltler creò per i sovietici una situazione del tutto nuova. La Germania cominciò a riarmarsi in maniera preoccupante. Nel 1934 Litvì-nov, ministro degli Esteri dell’URSS si appellò alla Società delle Nazione (a cui l’URSS aveva da poco aderito) affinché si contrastasse la Germania. L’Unione Sovietica, anche a seguito dell’occupazione nipponica della Manciaria, aveva nel contempo aumentato la produzione bellica anche aldilà del piano quinquennale (soprattutto carri armati ed aerei). Nel 1935 il Comintern abbandonò, di fronte alla minaccia fascista, l’idea del socialfascismo (cioè della socialdemocrazia come ala sinistra della borghesia mentre il fascismo era l’ala destra ma entrambe sorte con lo scopo di impedire il governo dei lavoratori) per approvare la linea dei Fronti Popolari il cui primo banco di prova fu la Spagna. Nel 1936 scoppiò la Guerra Civile in Spagna avviata da Francisco Franco contro la Repubblica e l’Unione Sovietica inviò un aiuto che però non fu risolutivo. Nello stesso periodo Germania, Italia e Giappone firmavano il patto tripartito (il Ro-Ber-To, Roma Berlino Tokyo). Nel 1938 vi fu l’annessione da parte tedesca dei Sudeti anche in questo caso, come già in spagna, senza alcun intervento da parte delle potenze occidentali. In pratica i Paesi occidentali speravano, in primo luogo la Gran Bretagna, che l’aggressività di Hilter si dirigesse ad Est. Un patto tra l’Inghilterra e l’Unione Sovietica in funzione anti-nazista venne discusso all’inizio del 1939 ma l’indecisione di Chamberlain nella cooperazione militare con i sovietici fece arenare tutto. La conseguenza fu che nell’agosto 1939 si arrivasse al Patto Molotov-von Ribbentrop. Con il Patto l’Unione Sovietica prendeva tempo per rafforzarsi militarmente e occupava quelle aree della Polonia perse nella guerra contro Pilsudki nel 1920 ed abitate da ucraini e bielorussi. Nel 1940 venne annessi i tre Stati Baltici di Lettonia, Estonia e Lituania dopo che nelle elezioni era emersa la volontà di questi Paesi di far parte dell’Unione Sovietica. Un breve conflitto si ebbe con la Finlandia, la Guerra d’Inverno e la Guerra di Continuazione, in virtù del rifiuto da parte finlandese di giungere ad uno scambio di territori che allontanasse il confine da Leningrado. L’Unione Sovietica uscì dal conflitto con maggiori territori nel nord anche se con grandi difficoltà dovute da un lato alle epurazioni del 1937-38 nell’Armata Rossa e dall’altro da alcune innovazioni tecniche, specie nell’aviazione, nelle quali l’URSS aveva perso il passo. Nel 1940 Hitler invade la Francia e l’anno dopo i Balcani. Nel 1941, sulla scorta di questi successi (specie di quello francese), attaccò l’Unione Sovietica. Stalin pensò che i movimenti tedeschi verso la Polonia fossero un bluff e che Hitler non avrebbe aperto due fonti contemporaneamente ad est e ad ovest. L’Armata Rossa nel giugno 1941 poteva contare su cinque milioni di uomini ma gli ordini impartiti da Timoshenko affinché gli aerei si sparpagliassero sulle piste non vennero eseguiti provocando un danno enorme all’aviazione sovietica. La forza di invasione tedesca era costituita da 3 milioni di soldati più un milione di truppe alleate (rumeni, italiani, finlandesi, ungheresi). Le forze sovietiche, trovandosi troppo vicine ai confini e spesso formate da truppe fresche di arruolamento dovettero indietreggiare. Inoltre i sovietici si aspettavano l’invasione dell’Ucraina industriale e non della Russia centrale. I tedeschi fecero un milione di prigionieri in pochi mesi e a fine dell’estate 1941 avevano preso Kiev. Timoshenko venne esautorato dal comando e Stalin riconvocò la Stavka (il comando centrale di difesa) della quale faceva parte insieme a Zukov e pochi altri dirigenti. Migliaia di impianti e centinaia di migliaia di operai vennero trasferiti dal Donbass e da Leningrado oltre gli Urali per proteggere gli impianti industriali dalla conquista nazista. Molti uffici ed ambasciate vennero spostati da Mosca a Samara in quanto i tedeschi erano giunti a 40 chilometri da Mosca. Anche i tedeschi però si erano logorati ed inoltre erano rimasti lontani dalle retrovie per i rifornimenti (che in loco erano scarsi), rifornimenti (di cibo, munizioni, abiti invernali) che la Germania non era in grado di produrre nelle quantità richieste dallo sforzo bellico. La guerra fu spaventosa, l’obiettivo tedesco era infatti di distruggere gli slavi come popolo e di far entrare l’ex territorio sovietico nel proprio lebens-raum (spazio vitale) colonizzandolo con tedeschi. In Bielorussia ed Ucraina si formarono movimenti partigiani costituiti da soldati scappati dai campi di prigionia, donne e adolescenti. Leningrado, assediata, resistette alla fame per oltre un anno rifornita soltanto attraverso il lago Ladoga. La Guerra fu per il popolo sovietico una guerra di sopravvivenza e il coraggio mostrato da milioni di cittadini sovietici a Leningrado come a Stalingrado stupì gli stessi tedeschi. All’inizio del 1942 la Wehrmacht si mosse verso il Caucaso in cerca del petrolio azero ma la resistenza eroica, per oltre un anno, delle truppe di Ciukov a Stalingrado impedì ai tedeschi di avanzare e costò la mobilitazione di due milioni di soldati tedeschi sul Volga. Nel 1943 la controffensiva sovietica intrappolò 600.000 tedeschi che si arresero. Finalmente nel 1943 le truppe inglesi e canadesi sbarcarono in Italia aprendo un secondo fronte. Nello stesso anno, nella conferenza di Teheran Churchill, Roosevelt e Stalin si accordarono circa la resa incondizionata da chiedere alla Germania (da occupare per un tempo indefinito) e sulla dichiarazione di guerra sovietica al Giappone dopo la fine della guerra in Europa. Altri accordi vennero poi presi, soprattutto tra Stalin e Churchill, circa le sfere d’influenza in Europa orientale (le quali saranno poi riviste a Jalta). Il Comintern, alla luce della conferenza di Teheran istruì perciò i comunisti polacchi, cecoslovacchi, jugoslavi, circa l’atteggiamento da tenere dopo il conflitto e cioè l’avvio di governi popolari e non del socialismo immediato. Nel novembre 1943 i sovietici avevano liberato Kiev e nel gennaio 1944 liberato Leningrado dall’assedio. Nell’estate 1944 i sovietici liberarono la Romania e Belgrado (il resto del territorio jugoslavo era stato liberato dai partigiani di Tito). Nel 1945 i sovietici entrarono in Polonia e da lì si diressero verso la Germania. Il 2 maggio i sovietici entrarono a Berlino sconfiggendo le ultime resistenze fanatiche ed il 9 maggio la Guerra era finita. Capitolo Ventunesimo: Crescita, consolidamento, stagnazione L’Unione Sovietica uscì dal conflitto con 20 milioni di morti ed enormi devastazioni nelle campagne e nelle fabbriche. Milioni di case erano state distrutte e la loro ricostruzione impiegherà per decenni la leadership sovietica. Nel dopoguerra Voroshilov cadde in disgrazia e persino Zukov, l’eroe di Berlino (in quanto metteva ombra a Stalin stesso). Emersero Malenkov (vicepresidente del consiglio), Bulganin (ministro della Difesa e poi Presidente del Soviet supremo) e Krusciov, capo del partito in Ucraina. Il settore metallurgico e quello minerario si ripreso presto vivendo la loro epoca d’oro. Si sviluppò, dopo gli anni 50 un imponente sistema di centrali nucleari indispensabili per l’industria e la vita civile. Nuove repressioni interne al partito colpirono l’organizzazione di Leningrado ed i comunisti della Mingrelia. Stalin morì il 5 marzo 1953 e la dirigenza del partito e dello Stato passò ad un gruppo il cui elemento di spicco erano Krusciov (Segretario) e Malenkov (capo del governo). Il nuovo gruppo, con l’aiuto di Zukov, arrestò Beria, ex ministro degli Interni il quale sarà fucilato da lì a poco. Krusciov iniziò anche a rilasciare moltissimi internati nei campi di lavoro e la Corte Suprema iniziò un lavoro di riesame di molte delle condanne emesse a partire dagli anni ’30. dibattito pubblico sui problemi che allora viveva l’URSS, in primo luogo quello della stagnazione economica. Gorbaciov avviò lentamente un processo di restaurazione del capitalismo consentendo la formazione di cooperative in agricoltura e nei servizi. Ritirò le truppe dall’Afganistan nel 1989. Nacquero nuove pubblicazioni e si rivide la storia sovietica in maniera più critica che nel passato. Mentre a Mosca si avanzava sulle riforme economiche in periferia la glasnost aveva iniziato a far esprimere liberamente i nazionalisti. La prima crisi fu quella tra Armenia ed Azerbaijan (la prima rivendicava il territorio della seconda del Nagorno Karabach). In campo politico l’altra grande mossa di Gorbaciov fu una riforma che avrebbe portato il vecchio Soviet Supremo ad essere sostituito con un Congresso dei Deputati del Popolo non eletto su lista di partito ma rappresentante della nazione. Il risultato delle elezioni segnò una spaccatura: se Mosca e Leningrado avevano eletto deputati riformisti l’Ucraina e l’Asia centrale aveva eletto deputati contrari alla politica di Gorbaciov. L’altro risultato delle elezioni fu l’esplosione del nazionalismo: non soltanto l’Armenia ma anche le repubbliche baltiche aspiravano a rendersi autonome da Mosca e nella stessa Russia Boris Elsin, eletto deputato, spingeva per una Russia autonoma dagli altri popoli. In Georgia era stato eletto Zviad Gamsa-kurdia e la sua elezione scatenò il conflitto in Ossetia del Sud ed Abcasia in quanto venne avviata una politica di nazionalismo spinto contro le due minoranze. L’ultimo tentativo di mantenere in vita l’Unione Sovietica fu quello di Dmitri Jazov ma fallì per l’intervento del nuovo Presidente Russo Elsin. Il 26 dicembre 1991 l’Unione Sovietica si scioglieva e veniva sostituita per alcuni aspetti (come il controllo dei missili balistici) dalla Comunità degli Stati Indipendenti sorta per volere di Elsin e del Presidente ucraino Kuc-ma. Si avviò, come avvenne in tutti gli altri stati socialisti, ad una privatizzazione delle maggiori aziende con fenomeni di corruzione spaventosi. L’economia russa e delle altre nazioni si trovò allo sbando con fenomeni di iperinflazione galoppanti. Tutto il settore sovvenzionato dallo Stato, specie in ambito culturale, chiuse i battenti. Elsin, pure eletto presidente non ebbe una maggioranza in parlamento e nel 1993 si ebbe il gravissimo conflitto con il parlamento. Il Presidente del Parlamento Ciasbù-latov ed il vicepresidente Ruckoj destituirono Elsin il quale reagì inviando i carri armati contro l’edificio che ospitava il parlamento. Elsin riscrisse la Costituzione rafforzando i poteri del presidente e la situazione economica della Russia precipitò sempre più in basso. Intorno al nuovo leader si era radunato un circolo di delinquenti e mafiosi che premevano sull’apparato pubblico per ottenere favori e commesse. Elsin rassegnò le dimissioni nel 1999 lasciando il potere al neo primo ministro Vladimir Putin. Putin tornò indietro su molte delle privatizzazioni effettuate ed avviò un programma di ripresa della scena sul piano internazionale per la Russia che permane ancora oggi.
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