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Storia della scuola e delle istituzioni educative secondo semestre, Appunti di Storia della scuola e istituzioni educative

Appunti del secondo semestre del corso di Storia della scuola e delle istituzioni educative (sostitutivi dei libri) del prof. Alfieri

Tipologia: Appunti

2019/2020

In vendita dal 25/11/2021

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Scarica Storia della scuola e delle istituzioni educative secondo semestre e più Appunti in PDF di Storia della scuola e istituzioni educative solo su Docsity! ÈDOUARD CLAPARÈDE Nasce a Ginevra nel 1873 Si forma a fianco del cugino, medico e psicologo, di cui sarà successore In un primo momento si occupa di fanciulli anormali Nel 1912 fonda a Ginevra l’istituto J.J. Rousseau per la formazione degli insegnanti. L’idea alla base dell’istituto è il fatto che l’efficacia dell’opera educativa dipenda dalla formazione degli insegnanti, formazione pedagogica ma una pedagogia che si basa su dati sperimentali, cioè una pedagogia scientifico- sperimentale, a forti basi psicologiche (in particolare la psicologia dell’apprendimento infantile). Il motto dell’istituto è: “discat a puero magister” (l’insegnante deve imparare dal bambino, deve conoscere la sua psicologia e su quella base impostare la propria attività educativo-didattica) approccio psico- pedagogico di tipo puerocentrico — Nel 1913 viene annessa all’istituto anche una scuola elementare, chiamata Maison des petits. Essa ha come obiettivo quello di dare agli insegnanti una scuola dove fare tirocinio Muore a Ginevra nel 1940 Opere principali La scuola su misura Psicologia del bambino e pedagogia sperimentale L’educazione funzionale La sua proposta pedagogica si fonda su due concetti principali: 1. 2. 1 La teoria dell’intelligenza La scuola su misura Teoria dell’intelligenza L’intelligenza è la capacità di risolvere con il pensiero nuovi problemi. E’ uno strumento di adattamento che l'individuo ha per affrontare i problemi. L’intelligenza risponde quindi ad una situazione di squilibrio che l’individuo deve affrontare. L’uomo però è un po’ diverso dagli altri esseri viventi perché non risponde ai bisogni solo con l’istinto o l’abitudine, ma attraverso un atto intelligente, un processo mentale più complesso: l’intelligenza razionale. Quest’ultima funziona secondo tre leggi: 1 Legge del bisogno: siamo nella sfera biologica. L’intelligenza smuove l’azione, ogni bisogno provoca delle reazioni atte a soddisfarlo. Questa legge è spiegata attraverso la legge dell’estensione della vita ——» mentale la nostra attività mentale è consequenziale allo scarto tra il bisogno ed i mezzi necessari per soddisfarlo. Se lo scarto è inesistente non c’è atto intelligente. Esempio la respirazione è un bisogno biologico MA è qualcosa di automatico, quindi non muove l’intelligenza; la fame è un bisogno biologico che, per essere soddisfatto, può muovere l’intelligenza; Legge dell’interesse: siamo nella sfera psichica e sociale. Ogni bisogno rinvia ad un interesse, e ogni interesse ha come base un bisogno. L’interesse è quindi la relazione tra bisogno e oggetto, è alla base della motivazione dei comportamenti umani; Legge del tatonnement (brancolamento): l’azione del brancolamento è quando l’individuo si trova di fronte ad una situazione nuova che non ha mai sperimentato, allora occorre procedere per tentativi ed errori. Tutte queste leggi seguono una legge più generale, la legge dell’autonomia funzionale ——» ciascuno di noi, in base al momento di sviluppo in cui si trova riesce a dare risposte intellettive proporzionate al bisogno. Per Claparède dunque l’educazione deve educare l’intelligenza, quindi è sempre un progressivo adattamento rispetto allo sviluppo dei bisogni/interesse e capacità del bambino. Visione funzionalistica dell’educazione ——»l’educazione è sempre in funzione di qualcosa. L'apprendimento è efficace quando parte da una motivazione intrinseca e non dal castigo, dalla ricompensa... quando cioè il bambino capisce che apprendere è nel suo interesse, cioè gli interessa e gli è utile. Da qui deriva: - la centralità del gioco come esercizio educativo spontaneo, come esperienza di ampio spettro (non è un’attività specializzata) - una concezione della scuola che deve si favorire lo sviluppo delle funzioni intellettive e morali, ma senza “riempire il cranio di una massa di cognizioni che, quando non sono subito dimenticate, rimangono spesso cognizioni vuote, trattenute nella memoria come corpi estranei, senza riferimenti alla vita”. Richiamo molto foîfe al puerocentrismo, all’attivismo e al legame scuola —vita la scuola non è più preparazione alla vita MA vita stessa. La concezione funzionalistica dell'educazione accentua questo aspetto, perché l’educazione serve in funzione di un obiettivo di vita. 2. Lascuola su misura E’ il tipo di scuola che Claparède ha in mente, molto diversa da quella tradizionale. Mentre la scuola tradizionale prevede il programma, cioè il fatto che tutti i bambini seguano le stesse lezioni e gli stessi obiettivi, e quindi ci si aspetta un comune risultato di apprendimento, non è così per la scuola su misura, cioè una scuola che va a calibrare i contenuti scolastici, i ritmi di apprendimento e la stessa organizzazione della scuola in modo da assecondare le esigenze personali (ogni bambino ha bisogno di una scuola a sua misura, perché le differenze individuali pongono la necessità di una differenziazione dei pereersi+di apprendimento) principio dell’individualizzazione degli interventi per valorizzare i diversi ritmi di apprendimento, le differenti attitudini e capacità individuali. Il Il maestro non è più un trasmettitore di contenuti, non è più incaricato solo di trasferire informazioni, ma è colui che stimola gli interessi del bambino e aiuta i bambini a collaborare tra loro per rispondere a questi bisogni. Egli è uno stimolatore, un facilitatore dell’apprendimento. Ne consegue che il maestro è preparato soprattutto dal punto di vista psicologico e didattico. PERSONALISMO Corrente culturale che si basa su una precisa concezione antropologica, che poi si declina in diversi ambiti del sapere, dalla filosofia, al diritto, alla pedagogia... e si fonda sull’unicità e sulla centralità della persona. Tutti questi personalismi partono da una comune concezione antropologica: intendono l’uomo come persona. Questa idea deriva dalla cultura ebraico-ggistiana valore assoluto dell’essere umano, l’unicità e l’eccezionalità di questa creatura rispetto a tutte le altre. Essa è dotata di libertà, valore donato da Dio. Inoltre l’uomo come persona ha un’apertura orizzontale sia verso il mondo, verso i suoi simili (visione dell’uomo non come individuo ma come 2 Con Maritain solo la filosofia ci può spiegare qual è l’uomo che noi vogliamo educare. Certo sono importanti anche la psicologia, la metodologia, la didattica... ma esse non esauriscono i compiti dell’educazione, che vanno ben oltre questa visione funzionalistica che Maritain condanna. Per spiegare la prospettiva pedagogica di Maritain ricorriamo ai sette errori dell’educazione contemporanea (o riduzionismi), che riducevano l’educazione a qualcosa di unidimensionale: 1. il misconoscimento dei fini dell’educazione: il non riconoscimento dei fini dell’educazione, cioè l’idea è che l’educazione contemporanea ponga troppa attenzione ai metodi, e quindi si scambia l’obbiettivo da raggiungere nel breve termine, in termini di efficienza, con le mete educative finali, quindi l'educazione non riconosce che la formazione dell’individuo ha mete molto più ampie dei singoli obbiettivi che la scuola può raggiungere; 2. le false idee riguardo al fine dell’educazione: l’idea scientifica dell’uomo dà informazioni nuove e utili, ma non ci dicono verso quale finalità occorre portare l’uomo; 3. il pragmatismo: la falsa idea che l’educazione debba dedicarsi completamente alla pratica, cioè debba fornire solo competenze spendibili nella pratica; 4. il sociologismo: la falsa idea secondo cui l’educazione deve fornire all'uomo delle competenze per inserirlo nella società, cioè l’idea che l’educazione sia uno strumento per l'adattamento e l’integrazione sociale. Certamente deve fare anche questo, ma non solo questo; 5. l’intellettualismo: la falsa idea che l’educazione debba puntare solo sulla formazione dell’intelligenza; 6. il volontarismo: la falsa idea che l’educazione debba puntare solo sull’educazione della volontà e del carattere; 7. l'eccessivo professionalismo scolastico: la scuola diventa un luogo per formare dei professionisti. Tutto può essere insegnato, ma non si deve dimenticare che non sono solo le discipline scolastiche a formare la persona, ma anche tutte quelle conoscenze di tipo etico-religioso che non maturano soltanto attraverso l’insegnamento di una disciplina. L'educazione quindi non può ridursi all’istruzione. Secondo Maritain questi errori riducono rss ad alcune dimensioni. L'educazione deve abbracciare TUTTE queste dimensioni. Dopo aver denunciato gli errori dell’educazione contemporanea Maritain presenta i principi di un’educazione che rispetta la persona nella sua integralità — principi dell’educazione liberale (che ha a che fare con la promozione della libertà dell’educando, che promuove ciò che rende l’uomo uomo in quanto dotato di libero arbitrio): a. incoraggiare le disposizioni che permettono la vita dello spirito del bambino: l’educazione deve liberare le “buone energie” del bambino, cioè far leva sullo sviluppo di energie che lo portano a perseguire l’amore per la verità e la giustizia, l’attaccamento alla vita, il senso del dovere, la disponibilità a collaborare con gli altri, che sono valori propri della vita spirituale del bambino; b. centrare l’attenzione sull’intima profondità della persona: occorre cioè sviluppare la capacità di riflessione nell’educando, e non solo il sapere o il saper fare. Bisogna saper essere, cioè sviluppare la propria umanità; c. il lavoro educativo deve tendere a unificare la persona e non a disperderla: l’essere umano è uno e integrale, quindi non ha senso pensare ad un’educazione settoriale, ma tutte le dimensioni dell’uomo formano un tutt'uno, quindi l’educazione deve essere unitaria; d. l’insegnamento deve liberare l’intelligenza e non appesantirla: l’insegnamento ha come scopo quello di formare la ragione perché domini le cose che si sono apprese, quindi deve sviluppare il pensiero critico (studiare anche per saper riflettere e ragionare criticamente). L’alunno è si attivo, ma non nel senso di portato al fare, ma attivo nel pensiero e nella riflessione. Maritain prospetta anche un curricolo scolastico dell’educazione liberale, cioè immagina un curricolo scolastico per la scuola secondaria» le discipline dell’educazione liberale, viene ripreso il concetto di arti liberali del mondo medievale. Queste si dividevano in due gruppi: ® artideltrivio (discipline linguistico-letterarie) ® arti del quadrivio (discipline scientifiche e filosofiche) Queste sono le discipline di base, che riescono a formare la persona colta ed esperta, cioè la persona nella sua integralità, propedeutiche agli studi universitari. ® Trivio modemo —» obiettivo: comprensione della parola - Eloquenza: sapersi esprimere oralmente e per iscritto - Letteratura esperienze estetiche che consentono di alimentare l’interiorità dell’adolescente - Poesia ® Quadrivio mederno obiettivo: ragionamento e formazione di un giudizio critico - Matematica —> - Scienze naturali - Filosofia morale - Politica LA RIFORMA GENTILE E’ un pilastro legislativo, dal punto di vista storico la riforma Gentile è significativa perché può essere considerata il punto di arrivo della tradizione politico-scolastica liberale, poiché viene promossa a partire dal ’23, quindi durante il primo anno del ventennio fascista. Per capirla occorre guardare al primo dopo guerra. In quegli anni la scuola entra nel dibattito pubblico come una questione nazionale, cioè come un problema collegato al dibattito intorno all’educazione nazionale, rilanciato all’inizio del ‘900, il problema del “fare gli italtani® l’Italia aveva affrontato la guerra senza aver maturato un sentimento nazionale collettivo, pertanto in questo periodo la scuola si presenta come un problema urgente da risolvere perché a livello sociale si prende atto di una spaccatura tra classi dirigenti e classi popolari. Segnale di questa spaccatura sono i conflitti sociali post-bellici, sia a destra che a sinistra. E’ inoltre diffuso un forte malcontento, che viene letto anche come l’esito di una mancata nazionalizzazione delle masse. Dentro questo scenario che politicamente vede la crisi del sistema liberale, che scontenta le fasce più basse della popolazione ma anche i ceti più alti, si insinua il movimento fascista. Il 28 ottobre 1922 Mussolini compie la marcia su Roma, atto dimostrativo di sfida nei confronti delle istituzioni liberali. Il re decide di non dichiarare lo stato di assedio, ma decide di dare a Mussolini l’incarico di formare un governo, che si insedia-4181 ottobre governo fatto da diverse forze politiche, ma comunque il primo governo dell’era fascista. In questo scenario Mussolini chiama a fare il ministro della pubblica istruzione Giovanni-Gentile Perché? - ragioni di carattere strumentale: Gentile è un intellettuale molto noto, forse il più famoso, la sua riflessione filosofico-culturale era ormai all’apice della sua fama - Gentile è un professore universitario, conosce il sistema scolastico (in questa fase Gentile non è fascista, ma è un intellettuale liberale-conservatore). Gentile subito pensa di dover mettere in atto una riforma della scuola, riforma che può essere compresa alla luce di due ragioni: ragioni storiche: idea che l'educazione nazionale promossa dopo l’unità non era stata raggiunta, dunque i governi liberali avevano fallito nel costruire un sentimento di appartenenza nazionale, quindi bisognava riprendere in mano il progetto di “fare gli italiani” anche per sconfiggere l’analfabetismo spirituale (per ravvivare cioè lo spirito morale e patriottico degli italiani); ragioni teoriche: riconducibili alla filosofia di Gentile educazione come formazione dello spirito e Doe N —» , > di > principio dello Stato educatore, cioè lo Stato deve assumersi il controllo dell’educazione e dell’istruzione. La Riforma Gentile viene promossa nel 1923. Non è una legge MA un insieme di decreti, attuativi di una legge del 1922 che aveva come obiettivo il risanamento del bilancio e la razionalizzazione dell’amministrazione statale. Questa legge concesse al governo la delega a legiferare, quindi questi decreti vengono approvati e hanno valore di legge senza passare dall’approvazione parlamentare. Questa riforma si compone di: decreti sull’amministrazione scolastica un decreto sulla scuola media (= scuola secondaria) un decreto sull’ università un decreto sulla scuola elementare altri decreti e regolamenti Gentile elabora la riforma con l’aiuto di alcuni collaboratori, tra cui Giuseppe Lombardo Radice. Questa riforma si ispira a tre principi: 1 restaurazione del modello casatiano: secondo Gentile bisogna tornare nello spirito ispiratore della riforma a Casati, perché tutto ciò che è stato fatto dopo ha tradito l’intento originario di Casati stesso. Politicamente la riforma Gentile quindi è ispirata ad una visione liberale conservatrice della scuola e della società, anche se Mussolini la definisce “la più fascista delle riforme”; questo perché da subito questa riforma fu attaccata dai fascisti stessi, che vedevano nella cultura politica che ispirava la riforma qualcosa di lontano dalla loro sensibilità. Proprio per difenderla da questi attacchi Mussolini la definisce “la più fascista delle riforme”. In realtà essa è fascista solo nella forma; accentramento e statalizzazione dell’amministrazione scolastica: principi che avevano ispirato la Legge Casati che vengono qui rivisitati. Questi principi avevano due obiettivi: rendere più efficiente la burocrazia stessa e ridurre la spesa pubblica; sottolineare la funzione educativa dello Stato secondo la visione filosofica dell’attualismo. Questi principi si declinano a diversi livelli: ministeriale: i membri del Consiglio Superiore della Pubblica Istruzione vengono ridotti di numero (da 36 a 21) e tutti vengono nominati dal re (non più eletti); il Consiglio Superiore della Pubblica Istruzione viene unificato in un’unica sezione (elementare e secondaria); scuola secondaria: i provveditorati diventano regionali e non più provinciali; vengono aumentati i poteri del preside, cioè viene svuotato il potere del collegio dei docenti (alcuni storici parlano della creazione della figura del “preside-duce”); scuola primaria: le regioni vengono divise in circoscrizioni con a capo un ispettore; le circoscrizioni a loro volta sono divise in circoli con un direttore didattico governativo; l’accesso alla pubblica amministrazione e quindi anche alla professione docente viene regolamentato per concorso (principio che vuole affermare l’idea che è lo Stato a stabilire l'idoneità o meno di una persona ad insegnare); elitarismo e selettività della scuola: il compito prioritario del sistema scolastico è quello di formare la classe dirigente. Anche qui l’attenzione è per i ceti medio-alti della società, quindi la scuola deve essere selettiva, che ha quindi come attenzione prioritaria la scuola secondaria (in particolare il liceo classico, 1. Università finanziate completamente dallo Stato divise in: - facoltà (Giurisprudenza, Lettere e filosofia, Medicina e chirurgia, Scienze matematiche, fisiche e naturali) - scuole ((Farmacia, Ingegneria e architettura + Politecnici + Istituto Superiore di Architettura a Roma) 2. Università con parziale finanziamento dallo Stato 3. Università libere (autofinanziamento ma rispetto delle istituzioni e dell’ordinamento sociale). Il diploma universitario era solo un titolo accademico, quindi per accedere alle professioni era necessario un esame di Stato. Si ripristina la figura del libero docente, cioè un docente non strutturato che insegnava per fare concorrenza al docente strutturato. La legge prevedeva l’obbligo di giuramento dei docenti di fedeltà al re e alle leggi, oltre che l’obbligo di formare “cittadini operosi, probi e devoti alla patria”. Il ventennio fascista Periodizzazione essenziale 1922 — 1925: dalla presa del potere alla dittatura 1926 — 1929: il regime prima della Conciliazione 1930 — 1935: il consolidamento del consenso 1936 — 1943: il compimento del totalitarismo, l’ Impero e la fine del regime Gli storici hanno guardato al progetto politico del fascismo individuando una intenzionalità di tipo totalitario ——+ progetto di fare in modo che il partito (in questo caso fascista) si sovrapponga agli organismi dello Stato per arrivare poi a controllare la società. Il fascismo infatti vuole occupare gli organismi statali per poi arrivare a controllare la totalità della vita sociale dei cittadini, a partire dall’educazione I Il fascismo ambisce ad ottenere il monopolio sull’educazione degli italiani, nella volontà di costruire l’uomo nuovo fascista, cioè un uomo che porta con sé nuovi valori, nuovi atteggiamenti, nuove modalità di impiego del tempo libero® è un progetto che vuole arrivare ad una rivoluzione antropologica, cioè a rifare gli italiani, dando loro un nuovo carattere, un carattere che andrà via via sempre più avvicinandosi alla figura del duce che incama i tratti dell’uomo nuovo. Lo strumento principale per realizzare questo progetto politico-pedagogico totalitario sono le organizzazioni giovanili fasciste. 1. Opera Nazionale Balilla Fondata nel 1926. Il nome richiama ad un mito risorgimentale» Balilla era il nomignolo di Giovanni Battista Perasso, un bambino che alla fine del ‘700 si era ribellato a Genova contro gli austriaci. Questo eroe- bambino, che aveva lottato per cacciare lo straniero e per affermare l’identità italiana, viene recuperato dal fascismo, che riprende questo mito e lo riveste-dinuovi significati Balilla diventa il bambino fascista, colui da cui bisogna partire per rifare l’Italia in senso fascista. La legge che istituisce la ONB al primo articolo recita così: “E” istituito un ente morale, con sede in Roma, denominato “Opera Nazionale Balilla per l’assistenza e per l’educazione fisica e morale della gioventù””. Educazione morale sottintende l’educazione politica, cioè la formazione dei giovani ai valori del fascismo. Il Presidente era Renato Ricci, che nel 1929 diventa anche sottosegretario ministeriale per l’educazione fisica. L’ONB era articolata in diverse sezioni: - 6-8 anni: Figli/figlie della lupa dal 1933; - 8-14 anni: Balilla (maschi) e Piccole italiane (femmine) dal 1927; 10 - 14- 18 anni: Avanguardisti (maschi) e Giovani italiane (femmine) dal 1927; - 18 — 21 anni: i giovani italiani erano invitati ad entrare in un’altra organizzazione, chiamata Fasci giovanili di combattimento, creata nel 1930, che inquadrava i maschi nei ranghi dei Giovani fascisti, e le ragazze nei ranghi delle Giovani fasciste. L’ONB era controllata dal Ministero della Pubblica Istruzione, mentre i Fasci giovanili di combattimento erano sotto il controllo del Partito Nazionale Fascista. Questa separazione ci dice che il tentativo di controllo del partito sulle organizzazioni giovanili non è ancora concreto. L’obiettivo dell’ONB era quello di ottenere il monopolio sull’educazione giovanile* — scontro con il mondo cattolico e soprattutto con gli scout, organizzazione giovanile cattolica che venne chiusa, essendo sottoposta a continui attacchi da parte del regime. *Come? >» Attraverso l’educazione fisica, con l’organizzazione di momenti di allenamento motorio, e attraverso l’assistenza scolastica, cioè l’ONB assunse il compito dei patronati scolastici, quindi gli alunni poveri potevano usufruire delle provvidenze che l’ONB elargiva. Altro grande settore in cui si realizzava l’assistenza è quello delle colonie estive, montane e marine (l’ONB organizzava le vacanze dei bambini, specialmente di quelli appartenenti ai ceti più umili). Nell’assistenzialismo, attraverso un atteggiamento paternalistico, il fascismo certamente inizia ad ottenere molto consenso. L'intervento dell’ONB si realizzava: - nella scuola attraverso l'educazione fisica ——» nella scuola secondaria i professori di educazione fisica non erano professori della scuola, am erano istruttori dell’ONB che andavano a scuola ad insegnare ginnastica. L’ONB, tra l’altro, scriveva i programmi di educazione fisica, e quindi era attraverso l’educazione fisica che l’ONB, e quindi il regime, entrava nella scuola; - nell’extra-scuola l’ONB controllava il tempo libero dei ragazzi nel giorno del sabato fascista, in cui i ragazzi erano chiam@ti a partecipare a delle esercitazioni ginniche, saggi, raduni o manifestazioni che l’ONB organizzava con l’intento di occupare, in senso ideologico, il tempo libero dei ragazzi. La divisa dei Balilla era costituita da: - camicia nera - fazzoletto azzurro tenuto da un fermaglio a scudo con l’effigie del duce - pantaloni di panno grigioverde (colore delle divise militari) - calzettoni di lana grigioverde - cintura e fascia nera - corpicapo nero detto fez - moschetto: fucile giocattolo che consentiva ai bambini di giocare al gioco della guerra. La divisa delle Piccole italiane era costituita da: - gonna nera a pieghe - camicia bianca - cravatta - piccolo copricapo nero. Quindi con la nascita dell’ONB inizia il tentativo (riuscito) del fascismo di controllare il tempo libero della gioventù e di inquadrare in modo paramilitare i giovani italiani, esercitando su di essi un controllo per realizzare, attraverso l’educazione, il progetto politico-pedagogico del fascismo che, in questo senso, può essere definito totalitario. Quest'ultimo andò assumendo contorni più marcati nella seconda metà degli anni ’30, quando inizia la politica coloniale del fascismo (svolta anche in politica estera che portò all’alleanza con la Germania). Questi 11 sforzi che portavano il fascismo verso una maggior fisionomia totalitaria necessitavano di uno sforzo ulteriore anche nel campo dell’educazione. 2. Gioventù Italiana del Littorio (1937) Littorio: richiama un’arma che era già in uso presso la Repubblica romana ed è un insieme di bastoncini legati con una fascia e contenenti 1-2 asce. Si chiamava fascio littorio, ed era un’arma che portavano i littori, cioèle guardie personalid ei consoli ai tempi della Repubblica romana. Questa scelta ha un duplice significato: - richiamava il mito di Roma, che il fascismo recuperò nella propaganda del regime. Il fascismo era infatti presentato come una rinascita dell’ Impero romano e della sua grandezza; - significato ideologico, ci fa capire l’intendo del regime di esprimere con questo simbolo l’unità, l'annullamento delle differenze in nome di un bene superiore che è la nazione fascista. In questo senso l'individuo doveva superare la propria individualità per partecipare a questoa rmonico collettivo rappresentato appunto dalla nazione fascista. Questo corporativismo è realizzato anche attraverso l’aggressività (ecco perché il fascio littorio). L'idea è quella di rafforzare l’unità morale e politica dell’Italia a partire dalla gioventù. La GIL è un organismo nuovo che fonde in sé le due organizzazioni giovanili precedenti (ONB e i Fasci giovanili di combattimento). Quindi i bambini italiani dai 6 a 21 anni partecipavano ad una grande organizzazione che li univa tutti. La novità è che la GIL è in stretta dipendenza dal Partito Nazionale Fascista, dal quale è controllata totalmente. Ecco perché la GIL esprime ancora maggiormente l’intento toalitario del Regime. Quindi è Mussolini stesso il comandante generale della GIL. I compiti della GIL: - preparazione spirituale, sportiva e premilitare; - insegnamento dell’educazione fisica nelle scuole elementari e medie, secondo i programmi da essa predisposti di concerto col Ministro per l'educazione nazionale; - istituzione e funzionamento di corsi, scuole, colegi e accademie aventi attinenza con le finalità della Gioventù Italiana del Littorio; - assistenza, svolta attraverso i campi, le colonie climatiche e il patronato scolastico; - organizzazione di viaggi e crociere; - istituire e promuovere borse di studio e di provvedere alla loro assegnazione; - vigilanza e controllo su colonie e istituzioni affini da chiunque fondate o gestite. La progressiva fascistizzazione della scuola Il primo intervento scolastico è la “politica dei ritocchi” (ritocchi alla Riforma Gentile). La Riforma Gentile era stata sottoposta a diverse critiche: - accusata di eccessiva selettività; - la cultura che la ispirava era una cultura meritocratica, che ovviamente facilitava coloro che avevano già delle opportunità economiche maggiori; - la scuola doveva essere fascistizzata, e lo spirito della Riforma Gentile mal si adattava a questo processo. Vennero emanati alcuni provvedimenti che, pur du. abrogare i decreti che costituivano la Riforma Gentile, modificavano alcuni aspetti del sistema scolastico per smussare alcuni elementi rendendoli più adatti alle esigenze politiche del Regime. La politica dei ritocchi seguì due direttrici: 12 - collaborazione tra scuola e famiglia secondo l’idea per la quale se la scuola trasmette alcuni valori, questi valori arrivando ai ragazzi poi arrivano di riflesso anche in famiglia. La scuola è quindi intesa come un luogo dove far in modo che i valori del fascismo possano, dalla scuola stessa, arrivare alla famiglia. L’ordine elementare - scuola materna biennale (4 — 6 ami); - scuola elementare trennale (primo ciclo scuola elementare); - scuola del lavoro biennale (secondo ciclo scuola elementare): nei programmi di studio avrebbero dovuto essere inseriti alcune esercitazioni pratiche di avviamento al lavoro, non tanto per insegnare un mestiere, ma per diffondere nei bambini il gusto, l’interesse e la coscienza del lavoro manuale. L’idea è che tutti i bambini, anche quelli che poi avrebbero proseguito gli studi, dovevano fare esperienza del lavoro, per comprendere l’importanza del senso del dovere, di fare la propria parte per il benessere ed il progresso della nazione fascista; - scuola artigiana triennale (per i ragazzi che non proseguivano gli studi): preparava i ragazzi ad entrare nelle botteghe artigiane. L’ordine medio - scuola media umanistica (triennale con latino): unico provvedimento della Carta della scuola che fu attuato con la Legge 899 del 1940. Era una scuola media che sostituiva i gradi inferiori del ginnasio, del magistrale e del tecnico. Era molto selettiva perché vi si accedeva con un esame, vi si insegnava il latino, ed era l’unica via di accesso all’istruzione superiore; - scuola professionale triennale, a cui fa seguito la scuola tecnica biennale, per formare operai qualificati e pensata soprattutto per i centri urbani. Questa scuola però non aveva nessuno sbocco verso l’istruzione superiore. L’ordine superiore - liceo classico quinquennale: scuola molto selettiva, che mantiene l'impianto gentiliano, ed è la scuola che dà accesso a tutte le facoltà universitarie tranne Magistero (facoltà pensata per i professori delle scuole medie); - liceo scientifico quinquennale che dà accesso a tutte le facoltà universitarie tranne Lettere, Filosofia e Magistero; - istituto magistrale quinquennale che ha una forte formazione umanistica ma anche pratico-didattica (reintroduce il tirocinio), quindi dà accesso ad alcune facoltà universitarie come Magistero e Lingue e letterature straniere; - istituto tecnico commerciale quinquennale che dà accesso a Statistica, Economia e Scienze politiche; - istituto tecnico quadriennale (agrario, industriale, per geometri e nautico) che non dà accesso all’università se non attraverso un esame integrativo. L’università Vengono equiparate tutte le facoltà universitarie, a cui vengono affiancate anche altre scuole dirette a fini speciali. INQUADRAMENTO STORICO (1943 948 Nel luglio del 1943 Mussolini fu sfiduciato dal Gran Consiglio del fascismo, venne arrestato e poi liberato dai tedeschi. A] nord Italia venne impiantata la Repubblica Sociale Italiana che aveva sede a Salò —» si trattò di un esperimento politico che riproduceva il regime fascista in un ordinamento di tipo repubblicano. Nel contempo nel sud Italia venne a costituirsi il Regno del Sud, che poi si sarebbe trasformato nel governo militare alleato 15 dove abbiamo i Savoia che guidano questo nuovo regno con la presenza degli alleati, che erano sbarcati in Sicilia e stavano via via risalendo la penisola per liberarla. In questo periodo quindi, fino al ’45, l’Italia rimane divisa in due parti. Il 25 aprile 1945 venne proclamata ufficilamente la liberazione, con l’insurrezione milanese. La liberazione avvenne grazie alla collaborazione tra gli alleati, che liberarono l’Italia da sud verso nord, e i partigiani al nord, che clandestinamente lottarono contro l’occupazione nazi-fascista. Con la liberazione inizia una nuova fase per la storia d’Italia, che porterà il 2 giungo del 1946 all’instaurazione della Repubblica. Lo stesso giorno, italiani e italiane furono chiamati ad eleggere la Assemblea Costituente, organismo che avrebbe scritto la carta costituzionale repubblicana, pubblicandola il 1° gennaio 1948. Negli anni del governo militare alleato (1943 — 1946), per quel che riguarda la scuola vennero individuate due priorità: - fronteggiare l’emergenza provocata dalle devastazioni della guerra, che aveva reso precario lo svolgimento «delle lezioni il primo obiettivo era quello di riaprire le scuole, di ritornare a svolgere l’attività didattica; - riformare gradualmente il sistema scolastico, perché era impossibilie stravolgere, dall’oggi al domani, l’ordinamento scolastico in senso democratico. Questa riforma graduale non doveva essere né un ritorno al fascismo, ma nemmeno un eccessivo stravolgimento degli ordinamenti vigenti). Di questi compiti si occupò una apposita commisione creata dal governo alleato, la Sottocommissione all’istruzione, presieduta da Washburne (era un pedagogista americano, allievo di Dewey) ——» attenzione agli aspetti pratici e laboratoriali dell'educazione, e la scuola come microcosmo della società democratica. A questi principi si ispirarono proprio i prgrammi che Washburne stese per l’anno scolastico 1943/1944 (programmi per la scuola elementare provvisori, estesi ai territori liberati). Questi programmi si ispiravano ad alcuni principi: - cancellazione dell’educazione limitare; - insegnamento religioso a discrezione dei maestri; - proposta di un’educazione morale più attenta alla promozione dei valori dell’individuo, che sostituisca la morale asservitrice del fascismo; - didattica per problemi (apprendimento per scoperta attraverso soprattutto l’utilizzo del laboratorio didattico inteso come sperimentazione e risoluzione di problemi); - gioco e lavoro; - classi come piccole società di autogoverno (dare ai ragazzi la possibilità di avere degli spazi di auto- organizzazione per allenarsi alla vita democratica); - programmi di storia si fermavano alla prima guerra mondiale, per evitare di affrontare a scuola un tema, quello del fascismo, ancora molto complesso e problematico, omettendo il rischio che ci potesse essere un ritorno a quell’ideologia. Questi programmi però furono presto ritirati per due ragioni: - pressione della Chiesa, poiché questi programmi introducevano la facoltatività dell’insegnamento religioso (fu l’arcivescovo di Palermo a chiedere il ritiro dei programmi perché nell'Italia cattolica non era concepibile rendere facoltativo l’insegnamento religioso); - gli insegnanti italiani erano impreparati a queste novità, poiché la loro formazione confliggeva con questi principi, sia da un punto di vista ideologico ma anche da un punto di vista pedagogico-didattico. Nel 1945 vennero emanati nuovi programmi, stesi ancora una volta da Washburme in collaborazione con Gabrielli (pedagogista italiano). Questi programmi si ispiravano ad alcuni principi: 16 - antinazionalismo: rifiuto di quella accentuazione dello spirito nazionalistico che aveva caratterizzato il ventennio fascista; - fraternità fra gli uomini, solidarietà universale; - educazione alla socialità in chiave democratica e all’autogoverno (idea di una democratizzazione del curricolo primario, che doveva essere defascistizzato); - lotta contro l’analfabetismo strumentale e civico (idea che la scuola dovesse formare il cittadino democratico, proiettato verso la democrazia). Le discipline insegnate erano: religione, lingua italiana, storia e geografia, aritmetica e geometria, scienze, igiene, disegno e bella scrittura, canto. Ciò che caratterizzava questi programmi però era: - un nuovo approccio pedagogico e didattico, che risente ancora una volta dell’attivismo deeyano, con il suo puerocentrismo, e quindi una didattica che tenga conto della centralità del bambino; - più attenzione alla preparazione degli insegnanti venne riformato l’istituto Magistrale, smantellando ciò che ne era rimasto sulla scorta della Riforma Gentile (diminuiscono le ore di latino, viene ripristinato il tirocinio e viene introdotto lo studio della psicologia). La scuola nei lavori della Costituente (1946 — 1947) Di scuola si parlò nell'Assemblea Costituente, dentro quella forte contrapposizione ideologica che si registrò lungo tutti i lavori della Costituente. Venne rotta l’unità antifascista tra i partiti italiani e la Costituente espresse la contrapposizione tra due principali schieramenti: da una parte la Democrazia Cristiana (partito di maggioranza, che aveva posizioni moderate e di centro), dall’altra le forse di sinistra (socialisti e comunisti). Questo scenario era anche legato all’avvio della guerra fredda, e delle tensioni a livello internazionale che si stavano registrando tra URSS e USA. I temi principali del dibattito sulla scuola furono: - la contrapposizione tra scuola statale e scuola privata: la Democrazia Cristiana puntava a tutelare le scuole private, che in Italia erano prevalentemente di orientamento cattolico; le forse di sinistra puntavano su una scuola laica, e quindi su una scuola di stato; - insegnamento religioso: vedeva contrapposti i due schieramenti. Questa controversia fu risolta grazie ad un accordo tra Democrazia Cristiana e partito comunista, quando venne steso l’art. 7 della Costituzione “Lo Stato e la Chiesa cattolica sono, ciascuno nel proprio ordine, indipendenti e sovrani. I loro rappofti sono regolati dai Patti Lateranensi. Le modificazioni dei Patti, accettate dalle due parti, non richiedono procedimento di revisione costituzionale”. nel momento in cui l’art. 7 della Costituzione recepiva i Patti Lateranensi, recepiva anche l’insegnamento religioso obbligatorio. I comunisti, per evitare un eccessivo scontro sociale, accettarono di far recepire dalla Costituzione i Patti Lateranensi; - obbligo d’istruzione: ci fu un sostanziale accordo tra le forze politiche. Nella nostra Costituzione inoltre vi sono due articoli che parlano espressamente della scuola: - art. 33: “L’arte e la scienza sono libere e libero ne è l’insegnamento” (ogni insegnante ha un’ autonomia nello svolgere la propria professione. “La Repubblica detta le norme generali sull’istruzione ed istituisce scuole statali per tutti gli ordini e gradi”. “Enti e privati hanno il diritto di istituire scuole ed istituti di educazione, senza oneri per lo stato” (libertà di iniziativa ai privati di aprire scuole, quindi autorizza l’esistenza di scuole private che lo Stato non è obbligato a finanziare, ma ha la possibilità di farlo se può e vuole farlo). “La legge, nel fissare i dirtti e gli obblighi delle scuole non statali che chiedono la parità, 17 - Consiglio di classe (scuola secondaria) - Collegio docenti - Consiglio d'istituto - Consiglio scolastico distrettuale - Consiglio scolastico provinciale - Consiglio Nazionale della Pubblica Istruzione Si ispiravano ad una logica di partecipazione alla vita della scuola da parte dei docenti, del personale scolastico, degli studetni, dei genitori, degli esperti, delle forze sociali... j Idea che la scuola si trova in una società democratica quindi non è chiusa in sé stessa, ma ascolta il contributo di tutti, quindi la scuola deve essere dotata di organismi rappresentativi, nell’ottica di una democratizzazione della scuola —» principio della collegialità (le varie decisioni sono prese da un collegio e scaturiscono da un dibattito). Altro tema che si viene a porre negli anni ’70 è quello dell’integrazione scolastica, cioè come integrare i bambini disadattati all’interno della scuola. In sintesi si può dire che, per tutto 1’800 e nel primo ‘900 prevale la logica della separazione e dell’assistenza, nonostante gli sviluppi della pedagogia speciale. Il primo passo verso il superamento della logica della separazione si ha con la Costituzione (scuola aperta a tutti quindi anche ai disabili). La Costituzione, sancendo il principio dell’uguaglianza, porta anche l’idea che la scuola deve fare i conti con l’integrazione. negli annu seguenti furono varati diversi provvedimenti che, pur garantendo più diritti ai ragazzi disabili, confermavano la logica della separazione. Negli anni ’70 si afferma una nuova sensibilità verso il problema dell’integrazione scolastica dei disabili Y 1971: viene varata la Legge n. 118 sulla categoria definita dei “mutilati e invalidi civili” (disabili). Questa legge sancisce alcuni punti importanti: - eliminazione delle barriere architettoniche per facilitare l’accesso dei disabili ai luoghi pubblici; - trasporto gratuito; - assistenza scolastica ai disabili più gravi; - art. 28: “l’istruzione deve avvenire nelle classi normali della scuola pubblica, salvi i casi in cui i soggetti siano affetti da gravi deficienze intellettive o da menomazioni fisiche di tale gravità da impedire o rendere difficoltoso l’apprendimento o l’inserimento nelle predette classi”; - art. 29: le classi speciali rimanevano fruibili “esclusivamente quando sia accertata l’impossibilità di far frequentare ai minorati la scuola pubblica dell’obbligo”. Gli artt. 28 e 29 sono molto importanti perché affermano che la condizione normale, ciò che dinorma dovrebbe avvenire è che tutti i ragazzi frequentino la scuola pubblica, salvo le eccezioni sopracitate. Si afferma quindi un anuova idea ——» la separazione, nella scuola speciale o nella classe differenziale, diventa una eccezione, bisogna fare di tutto perché la maggior parte dei ragazzi frequenti la scuona normale. Questo è un principio molto importante, che afferma l’idea che la norma è l’integrazione, e non la separazione. Tuttavia mancavano gli strumenti, le indicazioni concrete su come rendere queto principio d’integrazione applicabile. Solo nel 1974 — 1975il Ministro Malfatti istituisce una Commissione che si deve occupare del problema della disabilità a scuola L 20 Commissione Falcucci (presieduta da Franca Falcucci, deputata democristiana che guida la Commissione). Essa stabilisce alcuni principi pedagogico-sociali: per favorire l’integrazione dei ragazzi disabili occorre favorire il loro protagonismo all’interno della scuola attraverso la valorizzazione delle sue potenzialità cognitive, operative e-sasiali invece che sottolineare ciò che manca al disabile si chiede agli insegnanti di valorizzare ciò che egli ha e ciò che può fare; una scuola che voglia integrare i ragazzi disabili deve superare lo scolasticismo/nozionismo, per valorizzare l’espressività del bambino e l’intelligenza sensomotoria e pratica, non solo dei ragazzi disabili ma di tutti. In questo senso la Commissione Falcucci propone anche l’idea che la scuola dell’integrazione debba essere una scuola a tempo pieno, perché una scuola temporalmente ridotta solo alla mattina non riuscirebbe a favorire quella flessibilità organizzativa che invece il tempo pieno può garantire; nuove forme di valutazione che superino la rigidità del voto, che è chiaramente penalizzante perché non può dare una visione complessiva della valutazione che invece in guidizio, formulato individualmente su ciascun ragazzo, può esprimere. Dopo il documento Falcucci ci fu la Legge n. 517 del 1977 che: stabilisce l’abolizione delle classi differeziali e in parte delle scuole speciali, e prescrive l’obbligo dell’inserimento dei disabili nelle classi ordinarie (stabilisce quindi la chiusura di tutte le esperienze scolastiche di separazione e rende effettivo il principio dell’integrazione); prevede che ci siano degli interventi didattici di sostegno e del servizio socio-psicopedagogico; punta sulla flessibilità organizzativa, cioè occorre organizzare attività che integrino l’attività ordinaria e che vadano ad agire sulla socializzazione, per favorire lo scambio e l’incontro tra i ragazzi. Logica diversa da quella dell’inserimento, qua si LL di integrazione, cioè anche il bambino disabile deve sentirsi parte di un gruppo sociale, deve poter dare il proprio contributo e partecipare alla vita del gruppo classe. In questo senso la scuola non è solo lo strumento dell’integrazione, ma è anche un luogo in cui si promuove una cultura dell’integrazione, in cui si promuove l’idea che l’integrazione dei disabili deve avvenire nella scuola ma anche nella società. DON CARLO GNOCCHI Nasce a San Colombano al Lambro (tra Milano e Lodi) nel 1902 E’ orfano di padre e la sua famiglia è vittima di altri lutti (muoiono due fratelli giovani e resta figlio unico) Diventa sacerdote della Diocesi di Milano nel 1925 All’inizio cura l’oratorio e diventa amico di Don Orione, che stava realizzando il suo Piccolo Cottolengo 1936: diventa direttore spirituale dell’Istituto Gonzaga di Milano, una delle scuole private di Milano più prestigiose Inizia a riflettere sul tema della carità e della solidarietà verso i più deboli Apre la sua opera pastorale anche agli strumenti formativi della mdoernità (utilizza il cinema, la musica, il teatro, lo sport, come strumenti per attirare i giovani e per educarli) 1937: pubblica l’opera L’educazione del cuore, che sottolinea l’importanza della relazione affettiva tra educatore ed educando 21 1941: viene nominato cappellano militare della divisione alpina Julia sul fronte greco-albanese. L’esperienza lo segna profondamente e inizia quindi a riflettere sulla sua posizione nei confronti del fascismo 1942: viene inviato al fronte russo e rischia di morire nella tragica ritirata del 1943. In questa esperienza, di fronte alla morte di molti soldati, promette ai morenti che, una volta tornato in Italia, si sarebbe preso cura dei loro cari. Assiste anche alle tremende esperienze del congelamento e delle amputazioni, poiché il freddo portava a delle cancrene negli arti inferiori ch espesso dovevano essere amputati 1942: pubblica l’opera Cristo con gli alpini in cui racconta la sua esperienza di cappellano militare 1943: torna al Gonzaga e inizia ad assistere le famiglie dei caduti in guerra Aiuta i partigiani nella lotta partigiana e deve poi rifugiarsi in Svizzera perché il fascismo lo vede come un personaggio pericoloso. Arrestato e liberato, con la liberazione si adopera per ricostruire un clima di riconciliazione cristiana. In questa fase torna a proporre l’opzione pedagogica del personalismo: continua a rimanere di fianco ai giovani invitandoli ad essere protagonisti della rinascita dell’Italia, invita i giovani al sacrificio e all'impegno quotidiano per gli altri 1944: il prefetto di Como gli affida la direzione dell’Istituto Grandi Invalidi di Arosio, dove accolse i primi orfani e mutilatini (bambini che erano stati mutilati, soprattutto per lo scoppio di bombe, e avevano bisogno di un'assistenza e di un accompagnamento educativo). Egli pensa così di saldare il debito contratto in Albania e in Russia. Don Gnocchi cerca di accudire questi bambini non solo dal punto di vista assistenziale e medico ma anche dal punto di vista educativo. Don Gnocchi descrive il dolore dei bambini come “innocente” perché essi non hanno nessuna colpa. Egli ha anche una reazione di sconforto, abbandoo e tristezza di fronte al dolore dei bambini. Muore a milano nel 1956 La pedagogia del dolore innocente (1956) Quest'opera di Don Gnocchi è una riflessione pedagogico-educativa del dolore, e in particolare del dolore innocente di chi non ha colpa, quindi specialmente il dolore dei bambini. La sua esperienza con i bambini è centrale in questa riflessione pedagogica sul tema del dolore. Due citazioni: “Ogni bimbo che soffre è come una piccola reliquia preziosa della redenzione cristiana, che si attua e si rinnova nel tempo, a espiazione dei peccati di tutti i giorni, degna di essere onorata e quasi venerata”: il dolore assume un significato sacro, come partecipazione del dolore di Cristo, e quindi diventa esempio per gli altri; “Nella misteriosa economia del cristianesimo il dolore degli innocenti è permesso perché siano manifeste le opere di Dio e quelle degli uomini: l’amoroso e inesausto travaglio della scienza; le opere multiformi dell’umana solidarietà; i prodigi della carità soprannaturale”: valorizzazione del dolore, è un’esperienza che appartiene alla vita dell’uomo, che non si può cancellare, ogni vita umana vive esperienze di dolore più o meno intense e forti, quindi il punto non è quello di negare il dolore ma quello di dargli un senso, quasi a dire che anche chi soffre può essere accompagnato attraverso un percorso formativo che lo aiuti a trovare un senso al proprio dolore. LA SCUOLA DELL’INFANZIA NEL PRIMO 900 1907 — 1908: Inchiesta Corradini ——» si occupa anche della scuola dell’infanzia e ci dà questi dati: 4967 asili, di cui 3576 giardini d’infanzia e ancora 1391 sale di custodia (nonostante le conquiste raggiunte nell’800 sull'importanza di un istituto per l’infanzia non solo assistenziale ma anche educativo); 7392 educatrici, di cui solo 2873 abilitate (l’offerta formativa presente in questi asili era piuttosto povera). 22 3. Siamo nella stagione del centro-sinistra, cioè la fase politica in cui il partito di maggioranza, la Democrazia Cristiana, si allea con i socialisti, e quindi si inaugura una stagione di riformismo per andare incontro alle esigenze socio-economiche dei ceti meno abbienti, e quindi dei ceti lavoratori; Per la creazione della scuola materna statale vengono elaborati diversi progetti di legge, che vedono un dibattito piuttosto acceso tra i due partiti che avevano maggior consenso: la Democrazia Cristiana e il partito comunista. Il partito comunista avrebbe voluto una completa statalizzazione della scuola materna, cioè che la scuola materna diventasse di competenza esclusiva dello stato. La Democrazia Cristiana invece voleva tutelare gli interessi delle tantissime scuole materne cattoliche presenti nel paese, quindi c’erano alcuni nel mondo cattolico che volevano che questa egemonia cattolica nel sistema di formazione infantile rimasse tale (contrari all’apertuta della scuola materna statale), altri che invece erano favorevoli all’apertura della scuola materna statale in un sistema integrato. Un aspetto molto interessante, che vede scontrarsi Democrazia Cristiana e partito comunista, è la battaglia sull’ apostrofo. Quando ci si accinse a scrivere la legge bisognava parlare anche dell’insegnante della scuola materna. Ci sono due visioni contrapposte della figura educativa dell’infanzia: - una che ha radici profondissime nell’immaginario collettivo per cui si riteneva che la donna fosse naturalmente orientata a compiti educativi, in quanto madre o comunque in quanto più sensibile ad alcune questioni dell’infanzia ——» idea che dell’infanzia debba occuparsene la donna; - icomunisti e non solo avrebbero voluto lasciare indistinta la definizione per aprire anche agli uomini la possibilità di entrare nella scuola materna. Viene varato l’ordinamento della scuola materna statale sotto il governo di Aldo Moro, statista democristiano, vittima delle brigate rosse e protagonista della stagione dell’apertura del centro-sinistra. Questa legge dice che: - la scuola materna ha fini di educazione, di sviluppo della personalità infantile e di assistenza e preparazione alla scuola dell’obbligo, integrando l’opera della famiglia; - iscrizione facoltativa e frequenza gratuita; - ogni scuola ha 3 sezioni corrispondenti alle età dei bambini (numero: tra 15 e 30); - insegnanti solo donne dotate di titolo riconosciuto dal ministero, e quindi che si fossero diplomate alla scuola magistrale; - anno scolastico di durata di 10 mesi; - 7 ore giornaliere; - gestione affidata ai direttori delle scuole elementari del territorio. L’obiettivo è aprire scuole statali laddove non c’è una offerta privata o comunale. Le statistiche ci fanno notare come ancora negli anni ‘70/80 le scuole statali erano inferiori rispetto a quelle private o comunali: - 1976: 30% del totale - 1981: 40% del totale Da qui nasce anche l’esigenza legittima che lo stato finanzi le scuole materne private o comunali, perché queste operano su un terriotrio dove generalmente non c’è una scuola materna statale. Gli orientamenti dell’attività educativa nelle scuole materne statali (1969) Principi generali: 25 - invito alle educatrici ad essere molto attente al contesto sociale, che era profondamente mutato soprattutto in seguito al boom economico; - famiglia come principale interlocutrice della scuola materna, e non più solo la madre; - invito alle educatrici a svolgere il proprio ruolo con una forte libertà d'insegnamento; - nella preparazione dell’educatrice la svolta più significativa è l’accentuazione della cultura psicopedagogica; attitudine alla relazione positiva e forte equilibrio emotivo è un riconoscimento essenziale, perché non si può pensare di educare se non si è raggiunto un equiliBfio emotivo, oltre che tutte le altre caratteristiche come il senso del dovere e lo spirito dell’ordine. Proposte didattiche: - intelligente impiego di arredamenti e attrezzatyre, anche in rapporto all’igiene; - importante il gioco negli spazi aperti e altre attività come il giardinaggio; - nonsi parla di programmi perché non è un percorso di prescolarizzazione, e si sottolinea che la scuola materna ha un carattere più ludico che disciplinare; - si fa riferimento solo ad alcuni ambiti disciplinari (educazione religiosa, affettiva, emotiva, morale, sociale; gioco e attività di vita pratica, educazione intellettuale e linguistica; libera espressione grafica, pittorica e plastica; educazione musicale, fisica e sanitaria). Nuova visione del bambino, non più a-storica ma situata nel contesto storico degli anni. “La personalità infantile è nella società attuale in trasformazione, investita da un flusso multiforme e continuo di stimolazioni e di messaggi; il bambino è costretto a confrontarsi continuamente con abitudini, atteggiamenti e modelli di vita in rapida evoluzione, dai quali può derivare conflitti e tensioni sul piano emotivo e disorientamento sul piano delle acquisizioni intellettuali. La scuola materna ha il compito di preparare il bambino ad affrontare una realtà sempre mutevole”. q Forte attenzione al contesto, nel tentativo di fuggire dalle visioni cristallizzate e standardizzate delle età della vita. Chiunque si appresti a fare un intervento educativo non deve farsi condizionare dalle visioni statiche del bambino, che invece, pur con alcune continuità, varia al mutare dei contesti in cui si dispiega la sua esperienza familiare, sociale e scolastica. UN NUOVO FILONE DI RICERCA DELLA STORIOGRAFIA SCOLASTICA: LA STORIA DELLA CULTURA SCOLASTICA Noi abbiamo conosciuto fin’ora due filoni tradizionali: - storia della pedagogia scolastica - . storia politico-istituzionale della scuola. Oggi la storiografia scolastica cerca di entrare dentro un nuovo filone di ricerca, quello che si chiama storia della cultura scolastica. La parola cultura qui ha un’eccezione molto estesa: cultura come tutto quell’insieme di elementi che vanno a creare quella che gli storici della scuola chiamano “scatola nera della scuola”. ; 26 Gli storici cercano di capire che cosa effettivamente avveniva dentro la scuola, dentro le aule scolastiche. La cultura scolastica quindi è la vita interna della scuola, è quell’intrico tra le norme, la legislazione scolastica, i programmi didattici, i contenuti insegnati, gli spazi dell’educazione, la figura del maestri, i valori trasmesse, le abitudini veicolate, i tempi... cioè tutto ciò che dava vita all’esperienza scolastica; è quindi l’esperienza della scuola vissuta dall’interno. Come entrare nella vita della scuola? Ad esempio attraverso lo studio - dei libri di testo e di lettura utilizzati dai maestri (perche veicola valori, norme, immagini...) - dell’articolazione degli spazi della scuola (es. lavagna e banchi indicano la relazione tra alunni e insegnante) - dell’abbigliamento - premi e punizioni erogati ai bambini Altro elemento importante è quello della memoria scolastica, costruita dal cinema e dalla televisione: come è stata ricordata e rappresentata la scuola del passato. Possiamo studiare la cultura scolastica da diverse prospettive: - storia della didattica: come è insegnata una particolare disciplina piuttosto che altre; - storia delle discipline scolastiche; - storia dell’immagine della scuola e degli insegnanti. Le origini del libro di lettura scolastico moderno Fine del 1700 ——» nascita di una rete di scuole popolari statali (riforma Terseio-giuseppina) nel contesto del dispotismo illumanto, in cui lo stato inizia a farsi carico dell’istruzione popolare, creando una rete di scuole e organizzando anche una burocrazia per la loro gestione. Dentro questo nuovo sistema scolastico prende piede anche l’idea di scrivere dei libri di testo adatti a queste scuole (abbeccedari e libri di lettura) per sostituire i libri religiosi su cui i bambini, fino a quel momento, erano stati avviati alla lettura. Il primo libro di lettura laico, ad ampia circolazione, è il testo intitolato Kinderfreund (amico dei bambini) scritto e pubblicato tra 1776 e 1779 da von Rochow (Russia, dominio a confessione protestante). E considerato il progenitore di tutti i libri di lettura dell’età contemporanea ed è un’opera importantissima perché esprime l’applicazione dentro un libro di lettura dei principi della pedagogia illuminista, dentro quel movimento culturale chiamato filantropinismo. E’ un’opera che ha un successo enorme, edito e riedito per 200 volte, tradotto in tantissime lingue e rimane in adozione fino al 1872 (più di cento anni). Rappresenta quindi un modello per tutti gli altri libri di lettura. - E’ unlibro composto da 72 novelle moralisul modello di Esopo (intento di insegnare dei valori); - Le novelle spesso si chiudono con un rimando a dei passi biblici (perché le famiglie avrebbero diffidato di un libro privo di riferimenti religiosi, in quanto era comune opinione che la morale si fondasse sulla religione). Rochow riprende quindi delle citazioni bibliche per veicolare però una morale laica; - Si tratta di testi brevi, scritti con stile semplice e familiare; - Perrendere più agevole la lettura Rochow predilige uno stile dialogico; - Completamente assente la dimensione amena (cioè la dimensione del divertimento) perché la lettura non è intesa come uno svago, il fine della lettura è quello di istruire ed educare, non divertire; - Scopo: far apprendere al popolo ciò che è utile (i valori trasmessi sono onore, ordine, diligenza, moderazione, pulizia del corpo, laboriosità, utilità dello studio, senso del dovere). 27
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