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storia dell'arte contemporanea, Sbobinature di Storia dell'arte contemporanea

Sbobinature complete di tutte 24 le lezioni del corso, a.a. 2021-22

Tipologia: Sbobinature

2021/2022

Caricato il 02/07/2024

chiara-antonetti
chiara-antonetti 🇮🇹

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Scarica storia dell'arte contemporanea e più Sbobinature in PDF di Storia dell'arte contemporanea solo su Docsity! 1 STORIA DELL’ARTE CONTEMPORANEA LEZIONE 1 16/09/2021 • J.B.S. CHARDIN, IL CASTELLO DI CARTE, 1737 ca. Con questo dipinto inizia anche ABSOBTION AND THEATRYCALITY di MICHAEL FRIED dove espone alcune osservazioni che verranno poi riprese in ART AND OBJECTHOOD. Fried fa proprie e reinterpreta quelle che sono le teorie di un altro critico, Clement Greenberg, altro critico statunitense, che ha sottolineato l’importanza della superficie in quanto tale nell’opera d’arte. Fried è allievo di Greenberg; in un saggio traccia quelle che secondo lui dovevano essere le caratteristiche dell’arte contemporanea contrapponendovi l’arte minimalista, da lui chiamata, in senso negativo, “letterista”. Cosa c’entra Chardin? In questi dipinti i protagonisti sono impegnati nelle loro azioni ed escludono lo spettatore dalla scena (molto visibile nel quadro a destra). Assorbimento all’interno dell’opera. Ne “il castello di carte” il ragazzo è ignaro dello sguardo esterno, Chardin introduce però un’esca visiva, le due carte che spuntano dal cassetto, una dritta e l’altra al rovescio, la quale occlude ulteriormente l’interazione con lo spettatore. Diversi assi visivi: • Spettatore verso il quadro, fronteggiato dalle due carte, l’una sembra negare l’altra, una riafferma la piattezza della superficie, è come se fossero disposte sulla superficie pittorica, che guarda verso di noi (carta dritta). L’altra invece, quella al rovescio, nega questa possibilità, nega la visione allo spettatore. • Il ragazzo all’interno dell’opera guarda verso le carte, asse perpendicolare a quello dello spettatore, è come se venisse tematizzato il processo della visione. Siamo comunque esclusi dall’azione, non vediamo e non condividiamo il processo visivo che attua il ragazzo. Chardin tematizza la visione, almeno secondo questa lettura di Fried. TEORIE DI DIDEROT (anni ’50 del ‘700) Rifacendosi a queste teorie Fried elabora la divisione tra assorbimento e teatralità. Diderot condannava, nella pittura del suo tempo, il tentativo di attrarre la visione giocando con il colpo di scena/ di teatro. Rapporto con il teatro: questo mira a coinvolgere lo spettatore fino ad arrivare a una sorta di provocazione, gli attori non dovrebbero farlo. L’importante è la seconda fila, il retroscena, coloro che svolgono l’azione senza coinvolgimenti esterni. Enfatizzazione teatrale dell’azione, elemento che un buon quadro non dovrebbe avere, divisione tra mondo della pittura e quello dello spettatore. I quadri che riescono ad ottenerlo, ovvero quelli che ruotano intorno a una sola azione, sono ben strutturati ritmicamente, che coinvolgono i protagonisti senza renderli presenze enfatiche difronte allo spettatore, possono giungere allo status di TABLEAU, di opera finita, dove un elemento fondamentale è l’assorbimento all’interno del dipinto. I quadri che invece necessitano dell’interazione con lo spettatore sono quadri incompleti. 2 Sono chiaramente categorie che cambiano nel tempo, non sono immutabili, lo vedremo anche con qualche opera di David. Fried definisce, in Art and objecthood, il teatro come tutto ciò che si situa tra le varie arti, che non né pittura né scultura. Le opera d’arte vanno lette con i mezzi a disposizione, o pittura o scultura, se alcune opere necessitano di altre coordinate di scrittura allora siamo nel teatro, dove interviene lo spettatore. Questo acquisirà una concretezza plastica nella lettura delle opere minimaliste. Rapporto tra osservatore e dipinto, come abbiamo appena visto può assumere diverse valenze. Queste riflessioni diventano in alcuni casi soggetti di opere, questo perché chiaramente le opere dei critici d’arte finiscono molto spesso nelle mani degli artisti. • JEFF WALL, ADRIAN WALKER, ARTIST, DRAWING…, 1992 La cosa interessante di quest’opera è che si ispira spudoratamente alle teorie di Fried, concetto di assorbimento. Similarità con il dipinto di Chardin. Jeff Wall specifica che l’opera può essere letta da più punti di vista, uno è l’immagine stessa dell’artista all’opera. La foto di Wall è però, in realtà, una messa in scena, con la volontà di farla sembrare pienamente naturale, nasce da diverse prove fotografiche. Apparentemente naturali, le scene raffigurate da Wall nascono da dialoghi tra il soggetto raffigurato e l’artista che compie la fotografia. Difronte a questa nuova caratteristica dell’opera, Fried ha creato una nuova definizione che può essere sintetizzata nel concetto di TO BE SEEN, ovvero avere la consapevolezza di essere visto. Questa consapevolezza distingue diverse opere artistiche, il protagonista dell’opera sa di essere visto ma deve far finta di non saperlo. Questo procedimento sottolinea ulteriormente che valore abbia l’assorbimento per gli artisti. Questa successiva teorizzazione viene svolta da Fried in un libro più che recente, di una decina di anni fa, che si chiama “why photography matters as art as never before”, dove prende in esame vari fotografi spiegando perché la fotografia abbia raggiunto un pieno riconoscimento artistico nell’ambito dell’arte contemporanea. • J.B.S. CHARDIN, THE SOAP BUBBLE, 1733 ca. Tutte le opere escludono lo spettatore, in questo caso l’esclusione si nota dallo sbuffo dalla manica. • J.B.S. CHARDIN, THE GAME OF KNUCKLEBONES, 1734 ca. Si vede che la donna è ignara dello spettatore dal fatto che porti il grembiule slacciato. Un altro elemento che viene tematizzato e che assume una sua autonomia di tema visivo e d’impossibilità della visione è quello della cecità. Questo tema consente una sorta di escamotage per uscire dalle strettoie di un’arte che non sia teatrale, scena in sé definita e conclusa. • J.M. VIEN, ERMITE ENDORMI, SALON 1753 • J.B. GREUZE, LA PIETE’ FILIALE, SALON 1763 5 Il punto di partenza è quello di sconfiggere il teatro, “l’arte degenera nel momento in cui si avvicina alla condizione del teatro”. Il teatro si trova tra le arti, il fatto di trovarsi “in mezzo”, “in between”, che viene intesa da Fried come caratteristica marginale o come qualcosa che squalificava l’arte, è diventato il tema degli artisti contemporanei, i quali si trovano “in between” da diversi punti di vista, d’altronde questa è anche la condizione globale della contemporaneità. Fried vedeva con grande sospetto alcune dichiarazioni di alcuni artisti minimalisti, come Smith e Judd, che avevano teorizzato che la prima caratteristica di un’arte dovesse essere quella di essere interessante. Per Fried essere interessante voleva dire rinunciare a quelli che erano i valori fondanti dell’arte dal suo punto di vista. Racconto Smith autostrada ---- PERCEZIONE FISICA JUDD: SPECIFIC OBJECT, oggetti composti da unità minime di significato, tutti quegli oggetti che possedevano un coefficiente minimale d’arte, spesso non compiuti neanche dagli artisti, spesso di derivazione industriale. L’opera d’arte nasce dalla serialità, oggetti in sé conclusi che non lasciano trapelare la soggettività dell’artista ma dialogano con lo spazio esterno, implicando un nuovo dialogo con l’osservatore, non più solo colui che osserva ma colui che si aggira nello spazio dove è collocata l’opera. Esteriorizzazione dell’opera che trova compimento nell’azione dello spettatore. Per Fried queste opere non sono così specifiche e particolari, come rivendica Judd, ma è come se girassero a vuoto perché la loro lettura non va oltre l’oggetto in sé, non comunicano altro rispetto alla loro oggettività. ENDLESSNESS ---- SENZA FINE: un’opera d’arte, secondo Fried, per essere compiuta in sé deve avere come caratteristica la PRESENTNESS, la presenza, nel senso che l’opera deve essere comprensibile sin dal primo sguardo, comprenderla nella sua interezza. • • F. STELLA, LEO CASTELLI GALLERY, 1964 Fried lo ritiene efficace perché le sue opere fanno coincidere il supporto con la tela; Stella ragiona sul mezzo, lo fa coincidere con l’espressione artistica. Ritagliando una fprma, il dipinto di Stella crea anche una forma sul muro dove è esposto, crea una dinamica particolare e di per sé definita tra la parte dove si appoggia, la forma che definisce e lo spettatore che la guarda. • K. NOLAND, ANDRE’ EMMERICH GALLERY, 1967 Simile a Stella, tematizza linee di diversi colori con diversi rapporti. • PRIMARY STRUCTURE: YOUNGER AMERICAN and BRITISH SCULPTORS, 1966 In questo caso l’osservatore entra nello spazio dell’esposizione e non può solo guardare l’opera, non può limitarsi ad osservarla, per coglierla deve inoltrarsi nello spazio della stessa opera. Non basta più l’occhio. 6 Secondo Fried, queste opere evidenziano una mancanza di autorialità, una mancanza di intenzione da parte dell’artista, proprio perché buona parte del significato dell’opera nasce dall’interazione con lo spettatore, segnali di debolezza autoriale. Percezione soggettiva dell’opera. Si crea da un certo punto di vista un cortocircuito logico perché queste opere nascono e presuppongono un minimo coefficiente d’arte oggettivizzando la volontà dell’artista e si trovano invece a presupporre un massimo di soggettivazione nella ricerca dell’opera stessa. Non sono, secondo Fried, oggetti specifici perché nascono da una ripetizione, da una serialità. LA SCULTURA NEL CAMPO ALLARGATO DI ROSALIND KRAUSS, 1978 Parte da una constatazione da parte dell’autrice, ovvero che aggirandosi negli spazi dove erano dislocate le sculture minimaliste l’identificazione dell’opera stessa nasceva da una doppia negazione, cioè da ciò che non era il paesaggio e ciò che non era l’architettura. Da questo incrocio di due negazioni nasceva un’identificazione positiva che era appunto la scultura, rendendosi conto di ciò elabora una teoria fondamentale nella lettura dell’arte contemporanea. Identifica come caratteristica principale il fatto di elaborare una nuova categoria interpretativa dove gli scultori non sono più limitati a un solo mezzo ma interagiscono con diverse polarità, ciò è evidenziato dallo sviluppo di un settore importante quale la LAND ART. La riflessione dalla Krauss nasce dal rendersi conto che la scultura aveva bisogno di un’altra teorizzazione. L’opera d’arte minimalista può andare in contro a diverse espressioni e significati. SOL LEWITT --- RIFLESSIONI MODULARI, aggregazioni di un’unità astratta. EVA ESSE --- la ripetizione organica degli oggetti da luogo a una sorta di organicismo minimalista. • DONALD JUDD, UNTITLED, 1966 La specificità di questi oggetti, per Judd, sta anche dentro al materiale di cui sono composti, materiali che si legano all’industria, alle nuove possibilità date alla scultura dalla sperimentazione del materiale. Un altro punto di debolezza, secondo Fried, è quello di seguire le dimensioni dell’uomo, una sorta di antropomorfismo che legava la percezione dell’uomo all’interno dello spazio. Dall’interazione tra opera e spettatore si crea un’altra faglia, ovvero che queste opere non erano legate nello specifico a nessuno spazio, infatti cambiando la disposizione dell’opera in spazi diversi, il significato della stessa non sarebbe cambiato, perché sempre di dialogo tra spettatore e opera si parla. • CARL ANDRE, LEVEL, 1966 • SHILPA GUPTA, SPEAKING WALL, 2009-10 Il riferimento a una struttura di Carl Andre è chiaro. 7 Viene sottolineata l’interazione dello spettatore, enfatizza il rapporto ideologico che si instaura tra l’opera e lo spettatore rendendola una sorta di performance per lo stesso, ne implica la partecipazione. Compromesso interiore, vengono implicati tutti gli altri sensi. L’idea che sia fondamentale la percezione è resa evidente dal TORQUED ELLIPSES, un’installazione che può essere compresa solo camminandoci dentro. Costituita da fogli di acciaio che formano dei percorsi, l’effetto ci colpisce a pieno solo entrando dentro, solo percorrendo lo spazio. • ANTHONY CARO, TREFOIL, 1968 Critica di Fried sullo spazio --- Caro elabora delle sculture con questa caratteristica, infatti viene sottolineato il sopra e il sotto, dialettizzano una posizione nello spazio dello scultura con forme che ne determinano uno spazio all’interno dell’opera stessa. Piena intenzionalità. • ANTHONY CARO, TABLE PIECE XCVIII, 1969-70 Grandi fogli di acciaio con valenza pittorica, quasi matissiano, che si collocano in uno spazio preciso, non possono essere spostate dal loro supporto. NICOLA’ BURRIO --- critica fried per aver criticato la troppa soggettività di un’arte che faceva dell’oggettività il suo fulcro. 3 Baudelaire pone Marat sul piano divino. Interno spoglio, uomo completamente dedito al popolo e agli ideali della rivoluzione. “A MARAT, DAVID”, la scelta di usare il cognome non è un caso, infatti era così che si chiamava tra di loro i deputati rivoluzionari; anche l’anno, ANNO II, indica una scelta rivoluzionaria così come anche l’assegnato, la moneta cartacea entrata in vigore dopo la rivoluzione. La maggior abilità di David è stata quella di muoversi tra due registri che non comunicavano tra loro, è quello che Clark ha indicato, in “addio a un idea”, con il termine CONGIUNTURA, ovvero quel momento storico in cui i vecchi ideali entrano in crisi e si ha la necessità di elaborarne altri e nuovi, David si trova in questo momento. SFONDO: allegoria delle difficoltà e del vuoto del concetto di popolo che David doveva maneggiare, schermo vuoto che isola il protagonista dal contesto e che diviene una straordinaria prova di valore pittorico per l’artista. L’opera fu mostrata alla fine del corteo funebre davanti al Louvre insieme a quella rappresentante un altro eroe, il regicida Michel Le Peletier. • ANOBLE DEVOGGE, LE PELETIER DE SAINT…, 1793 David realizza anche un quadro per Le Peletier (in questo caso è un disegno del quadro poiché gli stessi eredi lo hanno distrutto). Iconografia classica, simile alla Morte di Meleagro. Spada di Damocle. Queste opere rimandano alle varie pietà e deposizioni di Cristo, va notato il braccio inerme (BRACCIO DELLA MORTE). • JOSEPH ROQUES, MORTE DI MARAT, 1794 Adesione realistica al dettaglio, visione epidermica, restituzione del dettaglio anatomico. Sullo sfondo si trova il cappello, tipico dei deputati della convenzione, il fascio di luce, che in David sfaldava il corpo di Marat, diventa in questo caso pura orchestrazione teatrale. Lo sfondo si attiene al dettaglio. • RENATO GUTTUSO, LA MORTE DI NERUDA, 1973 Guttuso elogia la morte di Marat di David, riprende le stesse modalità, rappresenta il corpo nudo, semi-coperto, che tiene in mano un foglio e addirittura una penna d’oca. Anche in questo caso il foglio è importante, fa riferimento all’incipit di una poesia, una rielaborazione di una poesia precedente in cui Neruda fa inomi dei responsabili morali della sua uccisione. • RENATO GUTTUSO, IL LENZUOLO DI MARAT, 1983 Fonde diversi dipinti e diverse rivoluzioni. Qui la figura di Marat è strettamente unita a quella che è la figura della libertà che guida il popolo, testimone della morte di Marat. L’assassina, Cordet, non viene raffigurata dettagliatamente, ha appena ucciso Marat e tiene in mano un coltello. • RENATO GUTTUSO, LIBERTE’ MARAT DAVID, 1983 4 Comunanza di ideali posti in atto in un’opera realista-espressionista. Sia la libertà che Cordet hanno il seno scoperto, vengono accomunate, cono in questo caso entrambe responsabili della morte di Marat. La morte di Marat è stata più volte ripresa nel corso degli anni per il suo valore estetico (Robert Wilson, Lady Gaga: The Death of Marat, 2013, slow motion video). • VIK MUNIZ, MARAT, 2008 Raffigura uno dei capi dei CATADORES, figure di estrema povertà che raccolgono i rifiuti nelle discariche, in questo caso a Rio de Janeiro. Scolpisce un loro ritratto con dei rifiuti raffigurandoli come Marat. • Dipinto di una bambina caraibica, BAMBINE DELLO ZUCCHERO, per questo dipinto ha ricreato con lo zucchero le foto fatte in precedenza. In Muniz gli oggetti della sofferenza dei suoi personaggi diventano gli strumenti del ritratto stesso. MORTE DI “CHE” GUEVARA Costruzione di una immagine, elaborazione, iconografia. Anche in questo caso entrano in gioco modelli iconografici e prototipi precedenti, in questo caso il Cristo morto del Mantegna. Si sente in un certo senso la necessità di glorificare i corpi di questi rivoluzionari con rimandi noti ed appartenenti ad iconografie di altro tipo, come quella cristiana. • J. L. DAVID, AUTORITRATTO, 1794 Momento di rivolgimenti politici, è stato eseguito nella breve permanenza dell’autore in carcere, tra agosto e settembre 1794. È ancora presente il culto di Marat. Fried avanza un’ipotesi, sulla base di quanto riscontrato poi da altri autori, il ritratto non è stato ribaltato, David si è raffigurato proprio come si vedeva allo specchio. Se si ribalta l’immagine si notano grandi somiglianze con la Morte di Marat (ipotesi avanzata da Fried). Somiglianze: gli strumenti del mestiere, gli oggetti che qualificano i due uomini, tavolozza e pennello, foglio e penna. Forse David vuole anche rivendicare il suo ruolo di pittore in un momento così difficile. Entrambi avevano poi una malattia della pelle, David aveva un tumore alla guancia. Ritorna anche la posizione del braccio che chiude la composizione verso il basso e tiene, in un caso, il pennello, nell’altro, la penna. Il giaccone di David, da rivoluzionario, è un altro punto in comune, i risvolti che ne escono sono molto pesanti e si abbandonano e si abbandonano sul corpo del pittore come fossero delle pelli che scivolano lungo il corpo; questa stessa inconsistenza materica della pelle con cui David caratterizzava Marat ritorna anche, secondo molti critici, nel giubbotto di David. • J. L. DAVID, INTERVENTO DELLE SABINE, 1799 5 Passaggio da un David romano a un David greco, si nota nella dinamica eroica dei personaggi nudi. Ribaltamento del ruolo della donna, Ersilia si frappone tra Romolo, a destra, e Tazio, sulla sinistra, per fermare il combattimento. Diversa concezione del momento da raffigurare, David raffigura un momento di pausa quasi surreale, una sorta di fermo immagine. Quest’opera fu esposta a pagamento al Louvre, mai era stato così, modalità appresa dai pittori statunitensi, questo rende David impresario di sé stesso. Per raddoppiare il risultato scenico David aveva messo uno specchio davanti al quadro. Questo quadro invita a deporre le armi e le inimicizie che avevano contraddistinto il periodo duro della rivoluzione. • PIERRE NARCISSE GUERIN, IL RITORNO DI MARCO SESTO, 1799 Opera espressamente politica, Marco Sesto è un personaggio inventato, un generale caduto in disgrazia, sulla falsa riga di Belisario, mandato in esilio da Silla e che una volta tornato aveva trovato la moglie morta. Silla = Robespierre. L’opera invita alla ribellione, alla guerriglia, al contrario di David che incita a deporre le armi. La figura di Marco Sesto richiama il Bruto di David, sguardo assorto, tra i due c’era una competizione politica. • J. L. DAVID, LEONIDA ALLE TERMOPILI, 1800-1814 Periodo Napoleonico, David continua a proporre in questo quadro lo sguardo assorto dei personaggi, poiché è sempre più difficile rispettare l’assorbimento e l’esclusione dello spettatore dalla scena. Iconografia di stampo greco. 1814: fine del periodo napoleonico, il dipinto fu mostrato a Napoleone proprio alla vigilia della battaglia di Waterloo e lui non lo ritenne proprio bene augurante. Concepito inizialmente in pendant con l’Intervento delle sabine. Grandi scene quando David era il primo pittore dell’impero: Incoronazione di Napoleone, 1806-1807: ancora grandi difficoltà nel creare quadri che non presupponessero l’intervento dello spettatore. Scene corali ed enfatiche. Distribuzione delle aquile al campo di Marte, 1808-1810: ulteriore difficoltà nel mantenere lo stesso livello rappresentativo. • J.L. DAVID, SAFFO, FAONE E AMORE, 1809 Ultima parte della sua carriera. Definitivo cambio di passo, i protagonisti si rivolgono allo spettatore. Raffigura il momento dell’innamoramento di Saffo per Faone. Estrema modernità, sembra una messa in scena fotografica, l’uomo sembra girare il volto di Saffo per farla guardare verso il pittore. 2 • T. GERICAULT, EPSON DERBY, 1821 Dipinto estremamente moderno per quanto riguarda l'obiettivo di ritrarre il momento dei cavalli, i corpi dei cavalli sono allungati a ritrarre il massimo sforzo fisico, il cielo in tempesta sembra aprirsi e lasciar passare un raggio di luce a illuminare i cavalli e i fantini. La posizione delle zampe e antinaturalistica, sembra stiano quasi volando, e ciò riesce ad aumentare l'idea di velocità, è una posizione che in natura i cavalli non possono assumere. Questo contribuisce inoltre ad isolare il gruppo di cavalli e dei fantini dall'ambiente circostante. • T. GERICAULT, CHARGING CHASSEUR, 1812 Il soldato in posizione e chiastica contrasta con il cavallo, il quale anche in questo caso assume una posizione non realistica, ovvero l'unione dell'avanzare e dell’imbizzarrirsi, questo elemento è però funzionare agli obiettivi di drammatizzazione della tensione del cavallo e del cavaliere. Gioco di muscolature, restituzione violenta del movimento. Nei disegni preparatori quest'agonia muscolare e del volto diventano temi fondamentali. • T. GERICAULT, EXECUTIONER STRANGLING A PRISONER, 1815 Il tema in questo caso non è la scena in sé ma bensì il gioco di muscolature, di tensioni, una sorta di danza muscolare. Corpi michelangioleschi. • T. GERICAULT, STUDY OF TWO SEVERED HEAD, 1819 ca • T. GERICAULT, STUDY OF SEVERED LIMBS, 1818-19 ca Riferimento forse inconscio sulle pose da fare adottare alle figure sulla scena che si riaffaccia alla scena pittorica di David. Unione di corpi e braccia che sembrano sintetizzare i corpi di David, il dialogo tra uomo e donna (teste) e tra braccia e gambe che fungono da elemento prospettico centrale, tipico di David (il Giuramento degli Orazi). IPOTESI: come se avesse voluto isolare gli elementi centrali dipinto. Trae in parte conclusioni da altre opere di Gericault: • Nymph of satyr, 1820 • The embrace, 1815 ca • Executioner strangling a prisoner, 1815 ca Sempre movimenti di massima tensione muscolare. • T. GERICAULT, STARS OF THE RICE OF THE BARBIERI HOUSE, 1817 Partenza della corsa dei cavalli Barbieri. rimane impressionato ancora una volta dalla possibilità di mettere in scena questo contrasto che si instaura tra uomo e cavallo. 3 I cavalli cercano di liberarsi dagli uomini in primo piano. La linea dei cavalli taglia la composizione in senso diagonale, dal basso a destra al centro della sinistra. Risoluzione del secondo piano: sfondo, si limita a tirare una sorta di sipario per chiudere lo sfondo e ritrarre gli spettatori come tante piccole figurine che guardano la gara. Su questo soggetto tornerà in varie occasioni, in uno si focalizzerà di più sul gruppo centrale focalizzando l'attenzione sui due uomini che tengono i loro cavalli. Grande sapienza registica su tutti i fronti, molti raggi di luce che arrivano a forzare drammaticamente il dipinto; il rosso, il bianco e il verde che dialogano a distanza. I due uomini centrali si tirano indietro mentre i cavalli agiscono nel senso opposto (torsione del collo del cavallo). Prova poi a creare una sorta di fregio, da sinistra a destra, come se la scena passasse davanti ai nostri occhi. Un aspetto che emerge è il tentativo di fondere la classicità con la scena che raffigura. Si sottolinea così l'impatto narrativo del quadro (disegno preparatorio). La composizione a fregio ritorna poi anche nel dipinto a olio, in questo caso si focalizza l'attenzione sul gruppo centrale del cavallo e dell'uomo che cerca di trattenerlo. Difficoltà nella risoluzione dello sfondo che chiude in modo piuttosto netto, creano sorta di quinta teatrale. • T. GERICAULT, CATTLE MARKET, 1817 La scena raffigura un mercato di bestiame. il riferimento è l’intervento delle Sabine di David, La disposizione dei due uomini ricorda quella di Romolo e Tazio. Lo schema sottintende anche il dramma interiore di Gericault che secondo lui non riusciva a impostare un grande quadro completo, un tableau. La relazione con lo spettatore è fondamentale in Gericault, cercherà sempre di rispettare la divisione tra il piano del quadro e quello dello spettatore, ci riuscirà probabilmente con la Zattera della Medusa. Anche in questo caso lo sfondo è tirato, chiuso velocemente con delle quinte prospettiche creano un angolo che serra le figure in primo piano. Il fatto che ci Gericault si concentri sui cavalli è significativo, arriva addirittura a farne un ritratto: HEAD OF A WHITE HORSE, 1810-12 ca. Si focalizza sul muso escludendo in parte gli occhi, insiste sulla superficie pittorica, diventa un esercizio pittorico. IMPOSSIBILITA’ DELLA VISIONE • THE PIPER, 1821 • PITY THE SORROW OF A POOR OLD MAN, 1821 In queste litografie, la seconda, si instaura un rapporto che ci ricorda la gestualità dell'Omero di David. 4 Qui sia un ribaltamento delle prospettive, il mendicante in questo caso è di fronte a noi, in secondo piano una donna dispone i pani sul bancone e non sappiamo se sia consapevole o no della presenza del mendicante. Gioco divisioni negate e assenti con l'uomo che ha inteso che la donna sta per preparare il pane e la donna che probabilmente ignora la presenza di quest'ultimo. Anche nella prima litografia si nega la visione. • T. GERICAULT, A PARALEYTIC WOMAN, 1821 Lo sguardo in questo caso diventa il tema principale dell'opera, in particolar modo lo sguardo della ragazza che guarda la donna che sta seduta e con gli occhi chiusi e quindi non può ricambiare. Il tema dell'impossibilità della visione ci viene confermato poi da diverse altre opere dell'artista le quali finiscono quasi sempre nel buio. Jeff Wall riprende ancora una volta il tema di uno sguardo concesso o negato e della consapevolezza di chi è all'interno della scena di sostenere lo sguardo dell'artista. Fried confronta un’opera di Wall, WOMAN WITH A COVERED TRAY, 2003, che raffigura una donna che esce da un giardino dando le spalle al fotografo, e una litografia di Gericault, ENTRANCE TO THE ADELPHI WHARF, 1821, dove un uomo e dei cavalli entrano in un tunnel oscuro. • JEFF WALL, PASSERBY, 1996 Anche qui la scena sembra essere frutto di un caso ma non è così, la scena ritrae due uomini, uno semi-coperto dall'albero, che si sono probabilmente appena sfiorati e si cercano con uno sguardo. Il fatto che la scena non sia casuale è evidenziato dal cartello STOP, nel quale si riverbera profondamente la luce diventando un polo di attrazione visiva per lo spettatore; messa in posa naturale. Jeff Wall riesce molto bene a rielaborare alcuni temi, tra cui appunto quello dell'impossibilità della visione, creando un distacco ben preciso tra quello che il piano dell'opera e quello dello spettatore. • JEFF WALL, BLIND WINDOW NO.1, 2000 • JEFF WALL, BLIND WINDOW NO.2, 2000 Le grandi dimensioni delle sue fotografie le avvicinano al mondo dell'arte. • T. GERICAULT, PUBBLIC HANGING IN LONDON, 1820 ca • T. GERICAULT, WOMAN WITH OBSESSIVE ENVY, 1822 ca Primo quadro: abile ritrattista, a catturare la nostra attenzione sono gli sguardi analizzati con attenzione. 7 Ricostruiscono poi in un video l’accaduto e riportano il tutto in alcuni grafici. I video riproducono, secondo un linguaggio astratto (grafici), degli eventi concreti. • THOMAS DEMAND, PACIFIC SUN, 2012 Tempesta del 2008 che aveva coinvolto un'imbarcazione. È stato indeciso sul tipo di audio da adottare, i rumori del video sono strani e non corrispondono ai rumori che farebbero questi oggetti, sembra un rumore di carta perché gli oggetti sono fatti di carta. Demand sviluppa un'arte tutta sua, parte da un episodio di cronaca, storia, parte da foto, video per ricostruire l'ambiente con scenari di carta che hanno dei segnali distintivi rispetto al modello di partenza, tale distinzione risiede proprio nella mancanza di segni di riconoscimento, sono oggetti privi di segni di demarcazione, di usura. Esempio: riconteggio viti della Florida, le schede non riportano alcun segno. In questo caso l'azione si presenta come scultura. Qui fa di più, infatti una volta riprodotto l'ambiente deve anche ricreare la tempesta, per farlo realizza il video utilizzando 2294 frames, dispone per 2294 volte gli oggetti sulla scena fotografandoli 2294 volte. La presenza dell'artista è data dalla produzione delle foto, dalla scelta degli oggetti, dalla loro disposizione. Nell'assenza dei segni c'è la presenza dell'uomo che li crea. La presenza dell'artista si nota inoltre dalla lampada sullo sfondo che anticipa lo spostamento. E come se il principio di casualità si trasformasse in un principio di causalità perché la lampada manifesta la presenza dell'artista. Azione divina --- opera: raggio di luce che filtra in una foresta di carta. • EUGENE DELACROIX, LA LIBERTA’ CHE GUIDA IL POPOLO, 1830 27-28-29 luglio 1830. Dipinto di cronaca, le tre giornate gloriose che portarono Carlo X ad abdicare in favore di Luigi Filippo d’Orleans. Compresenza di diversi livelli di lettura, allegorico/simbolico e quello della cronaca storia. Nella prima parte del titolo, la Libertà, la preminenza va alla figura femminile che si pone al centro del dipinto e anche in questo caso assume una connotazione piramidale, vertice nel tricolore. Nella seconda parte del titolo si sottolinea la storicità di quanto è successo e quindi ci si deve concentrare sulle figure che attorniano la donna. Questi due registri così diversi provocarono critiche all'opera. La donna porta in una mano la baionetta, nell'altra la bandiera e il cappello frigio in testa, una libertà nuda, estremamente terrena grazie al dettaglio dei peli sotto le ascelle (no nudità classica). La donna è così terrena per sottolineare quello che era stato l'impegno delle donne in queste tre giornate. Il ragazzo sulla destra sta a rappresentare il popolo con i suoi diversi strati sociali che, come una canaglia, è sempre pronto ad intervenire e a sovvertire l'ordine costituito. Le figure sulla sinistra sono rappresentanti degli strati della popolazione che ha preso parte alla rivoluzione, artigiani, borghesi, tipografi. In basso le diverse parti coinvolte nel conflitto, probabilmente un civile in basso a sinistra, una guardia nazionale e un corazziere a destra. 8 Probabilmente la giornata raffigurata è il 28, dove ormai le sorti erano stabilite, si vede infatti sventolare su Notre Dame il tricolore in segno di vittoria. Scena estremamente realistica. Il gruppo scavalca le trincee per andare verso lo spettatore, ormai siamo quindi nella fase in cui gli insorti hanno vinto, un'altra celebrazione della libertà. Delacroix non si dimentica della Medusa e si vede nella posizione dell'uomo sulla sinistra, in entrambi i quadri. I corpi in primo piano costituiscono una sorta di piedistallo per la scena che si svolge dietro. Sfondo: gioca un ruolo importante, ci fa anche capire in che giornata ci troviamo. • THOMAS STRUTH Fotografa il quadro con un'illuminazione diversa, che quasi lo smaterializza. • E. DELACROIX, LA BARCA DI DANTE, 1822 Ne La barca di Dante ci si riferisce sempre alla zattera della Medusa, si ha un riferimento ai nudi michelangioleschi che si trovano sotto la barca. Si ha un effetto di straniamento guardando quest'opera che nasce dal contrapporre questi corpi imponenti e muscolosi che si affidano una fragile barchetta. Nella potenza dei corpi è visibile il rapporto con Gericault. Il resto del paesaggio è affidato a scene infernali. • E. DELACROIX, IL MASSACRO DI SCIO, 1824 Ne Il massacro di Scio si ritorna alla cronaca (guerra Greco-Turca). Scena narrativa, quasi un fregio, serie di gruppi che si alternano da sinistra verso destra fino ad arrivare al punto focale, questo è rappresentato dalla donna legato al cavallo che si richiama la donna aggrappata alla barca di Dante. Impianto scenicamente efficace con apertura al centro che ci lascia entrare al centro del dipinto. Si cerca di sollecitare l'empatia dello spettatore (bambino con la madre morta). • E. DELACROIX, LAMORTE DI SANDANAPALO, 1827 Mitico re assiro che allestisce un'enorme pila e porta con sé tutto ciò che gli appartiene, donne, concubine, oggetti, schiavi, … Critica: anche nelle scene di confusione va seguito un ordine, quadro caotico, disordinato. Gioco sulla contrapposizione dell'astrazione, la presenza del re e una serie di scene intorno; indugia molto sui dettagli, sulle ombre, sui corpi muscolosi. • JEFF WALL, THE DESTROYED ROOM, 1978 Si riferisce all'opera di Delacroix articolo la scena secondo le diagonali usate dal pittore. In questo caso non è presente la figura umana ma una serie di vesti di tutti i colori; sono presenti anche alcune puntine da disegno sulla parete. 9 Wall mette in evidenza la precisione analitica con la quale Delacroix realizza il quadro e riproduce questa confusione disordinata che ha guidato l'artista nella composizione dell'opera. 3 Metodo paranoico critico: identifica la capacità dell'artista di dipingere immagini che possono essere lette con diverse interpretazioni nello stesso momento (donna letta come cavallo o leone). L'attenzione di Dalì fu catturata dal cesto che compare, nel dipinto di Millet, al centro della composizione. Aveva ipotizzato che i due contadini stessero pregando sulla tomba del figlio e da qui aveva dedicato al quadro diverse opere. Questa è composta in materiali differenti, l'origine è il ritrovamento in un mercato del calamaio che la donna tiene sulla testa e che chiude la composizione coronandola. Il calamaio poggia su una baguette che poggia a sua volta sulla donna, sulla cui fronte rappresenta delle formiche, segno di putrefazione, e delle pannocchie di mais sul collo. La collana è invece un teatrino cinetico delle ombre magiche che serviva per proiettare le immagini in circolo. Facendo poi delle analisi non invasive del dipinto è stato scoperto che Millet aveva posto in un primo momento un rettangolo al posto del cesto, ciò ha fatto pensare che Dalì potessi aver ragione nella sua visionaria lettura dell'opera. • J. F. MILLET, THE KNITTING LESSON, 1869 Persone intente a fare il loro lavoro. Si distingue dalle altre poiché la scena si svolge all'interno, si ha un dialogo tra la donna e la bambina. Attenzione al dettaglio e forza della pennellata. Ritorna il dialogo intimo tra i personaggi del dipinto, quasi sempre presente. • J. F. MILLET, IL VIGNAIOLO, 1869-70 Una delle opere più dure, il vignaiolo. Millet va a scavare il profilo e la pelle dell'uomo, i cui occhi sono vuoti e la bocca aperta alla ricerca di aria, rappresenta un riposo affannoso. Il cappello, che ombreggia il suo volto, non fa altro che aumentare la durezza emotiva di quella che è la vita nei campi. La camicia, che si apre sul petto, è vecchia, scucita e si alza sui polsi poggiati sulle ginocchia, si percepisce proprio l'abbandono fisico delle sue mani. I piedi: l'uomo è scalzo, si è levato gli zoccoli, i piedi sembrano impastati della stessa terra su cui è poggiato. Nei suoi dipinti Millet rappresenta tutto, le pennellate lo stile si accordano con la scena rappresentata. Opera di una certa fortuna iconografica. • D’ORSI, PROXIMUS TUUS, 1880 Scultura, fece una grande impressione. Non si era mai vista un'opera dal titolo latino che non mostrasse un avvenimento storico, questa mostra un ammonimento nei confronti dello spettatore. 4 Rappresenta un uomo distrutto dal lavoro che si rivolge al borghese che lo guarda; richiesta d'aiuto, presa di coscienza nei confronti dello spettatore che non può più limitarsi a versare una lacrima compassionevole. È così potente che interroga lo spettatore sulle sue responsabilità. Il contadino sembra formato dalla stessa terra sulla quale seduto, le vesti sono lacere e lo sguardo assente, le mani abbandonate sulle ginocchia, la bocca semi aperta a ricercare aria e la bandana di tessuto in testa come nelle spigolatrici, è un uomo devastato dalla fatica. • D. JOLLO, IL PASTO, 1894 Solo gesso, non abbiamo la versione finale, si rifà a Millet. Lavoratore ritratto nella pausa, con gli attrezzi da lavoro ai piedi, che sta portando un pezzo di pane alla bocca. Accento particolare sulla muscolatura del corpo in contrapposizione con la magrezza nell'opera di D’Orsi. • J. F. MILLET, LA PASTORELLA CON IL SUO GREGGE, 1864 Riprendendo il tratto poetico dell'angelus ci porta constatare la differenza tra Breton e gli altri artisti visti finora. BRETON: a differenza di Millet, che rappresentava scene d'insieme in scenari più ampi, in Breton la scena è dominata dal personaggio. Il punto di vista di Millet era leggermente rialzato, adatto ad abbracciare la scena, in Breton si incentra tutto sulla singola persona, spesso si ha uno scorcio da sotto in su, funzionale ad aumentare la potenza fisica della donna in primo piano. In Breton si hanno figure avvicinate a una sorta di divinità pagane, divinità dei campi. FERRONI: figure massicce nella vita dei campi. Quelle di Breton sono figure classiche che assolutizza nel primo piano, sono contraddistinte più da gesti malinconici, la critica mossa a Breton era quella di essere una versione edulcorata e religiosa di Millet. La qualità della pittura premia la definizione potente delle masse, esaltazione della figura umana. A livello iconografico si ha legame classico e rinascimentale, il gesto di appoggiare il viso alla mano trova una corrispondenza nella Melancolia di Durer. MALINCONIA: questo prototipo iconografico viene impiegato da diversi autori (Michelangelo). • TOMMASI, EMIGRANTI, 1895 La figura della malinconia e utilizzata per rappresentare la donna in primo piano, assorta, che guarda all'esterno del dipinto. Raffigura migranti in partenza, in attesa della nave. Tema molto presente a fine ‘800, con grande fortuna. raffinatezza stilistica dell'insieme, grande sapienza pittorica, crea una sorta di cuneo prospettico che porta lo sguardo dello spettatore verso il fondo. 5 Al centro sito ha una bambina, che sembra direttamente prelevata da una scena di vita dei campi, e la pone al centro di questo cuneo prospettico. Il tessuto rosso e il vestito scuro la fanno risaltare nella composizione. Altro pittore della vita dei campi: attenzione particolare e meticolosa ai dettagli, nei campi degli ortaggi, dell'atmosfera, in questo caso nei gesti dei personaggi. Crea un quadro d'insieme di storia e di cronaca allo stesso tempo. • TEOFILO PATINI, VANGA E LATTE, 1884 Cornici con catene: incatenamento del contadino al lavoro. pittore particolarmente violento, scava molto nell’intensità dei personaggi e nella definizione dei paesaggi stessi. Vanga e latte, la vanga come strumento del lavoro del contadino sul secondo piano e il latte quello della donna che in primo piano riposa allattando il figlio. Prototipo iconografico del vignaiolo, gambe abbandonate a terra, volto assente. Grande forza pittorica. • ARNALDO FERRAGUTI, ALLA VANGA, 1890 Tiene insieme il versante della migrazione al lavoro dei campi. 1889-1890: edizione illustrata di “Sull'oceano” di De Amicis con le illustrazioni di Ferraguti. Per queste illustrazioni ripercorre il viaggio di De Amicis partendo con la sua macchina fotografica. De Dragon: in una critica al quadro identifica l'eccesso di realismo fotografico come difetto della composizione del dipinto. Nel momento della critica aveva in testa un altro artista che era Gaetano Privierati, simbolista. Ferraguti non confermò l'obiezione e rispose di non essere stato attratto dal lato fotografico in sé ma dalla raffigurazione della linea creata dai vangatori nel dipinto, la linea ondeggiante che attraversa l'opera nella sua metà, in questo modo rispondeva con un dato formale, la LINEA. Talvolta il rischio è quello di cadere nella lettura simbolica che presuppone una lettura formale molto più articolata. GUSTAVE COURBET (Ornans, 10 giugno 1819 – La Tour de Pelit,31 dicembre 1877) Si presta a diverse interpretazioni, sia da un punto di vista formalista sia contenutistico e storico. Non si può liquidarlo dicendo semplicemente che fosse un realista. Situazione storica complicata, moti rivoluzionari e sociali, la sinistra ha un buon successo alle elezioni, la campagna non è più un ambiente conservatore, i contadini iniziano a muoversi. • L’UOMO CON LA PIPA (autoritratto), 1847 • BONJOUR MONSIER COURBET, 1854 8 Non si limita a riprodurre una scena realista ma la riempie di significati e rimandi alla storia dell'arte che si inseriva in un determinato filone artistico. Altri riferimenti riguardano le stampe popolari, come quella di alcuni musicisti, presi da punti di vista differenti che tornano nella composizione di Courbet (profilo – ¾). Litografie che raffigurano una scena analoga dove però non c'è la continuità ritmica che troviamo in Courbet, si ha qui una divisione piuttosto netta tra la destra e la sinistra del quadro. Pagine di taccuino di Courbet dove si trova un suo autoritratto che ha lo stesso atteggiamento e la stessa posa di Urbain Cuenot. Un altro autoritratto con il cappello trova riferimento nella struttura adottata per Marlet. Disegno della mano: volontà dell'artista di inserirsi nella sua opera, esigenza di un rapporto diretto con la tela. • BRASSERIE ANDLER, 1848 ca Disegno autoritratto che sembra quasi una prova del dopo cena a ornans, è interessante la disposizione delle gambe allungata che si rifanno non certo senso ah quelle di Promayet. • PITTORE AL CAVALLETTO, 1847 Gambe incrociate. • GIOCATORI DI DAMA, 1844 Due autoritratti di Courbet. Gli atteggiamenti dei due si possono riscontrare con quelli della cena a ornans, in particolare il gesto di tenere il bicchiere e l'inclinazione della testa del ragazzo che tiene in mano una pipa. In base a questi accostamenti, Fried avanza un’ipotesi, ipotizza che questo quadro, dopo cena a Ornans, sia pienamente naturalista anche nella concezione del ruolo dell’artista. Il filtro in questo caso è dato dalla concezione di autore di Flaubert, autore sempre presente ma mai visibile. Fried sottolinea la mancanza di un autoritratto di Courbet all’interno del dipinto, però con tutti i riferimenti che rimandano ai suoi autoritratti è come se fosse comunque presente. Cita i suoi autoritratti e disseminandoli nelle movenze dei vari personaggi si inserisce nella scena, presente ma non visto, come deve essere un artista che ha intenzione di svolgere una narrazione realistica della storia, sia in letteratura che in pittura. GLI SPACCAPIETRE, 1849 Andato distrutto durante la Seconda guerra mondiale. Raffigura due spaccapietre intenti a lavorare. Quadro che trova la sua motivazione in un episodio reale, ovvero la visione di questi spaccapietre, da parte di Courbet, ai lati della strada; di questi abbiamo più descrizioni, in due lettere, una a Champfleury, in cui Courbet si riferisce ha due opere, gli Spaccapietre e i Funerali a Ornans, questa lettera si configura come un collegamento ideale tra le due opere. 9 Scena ispirata da una visione diretta, interessante la descrizione che Courbet ne offre: “panni rigidi”, panni che restituiscono la durezza della scena, la sua scomodità, vengono restituiti con una pennellata efficace. Quando parla delle persone parla di “macchine”, dà l'idea di gesti ripetitivi, sceglie quindi di rappresentare, in modo analogo a Millet, i personaggi in momenti diversi, l'uomo sulla destra che spacca le pietre e il ragazzo sulla sinistra, più giovane, che le raccoglie appoggiandole sul suo ginocchio. Per dare l'idea della brutalità, della ripetitività, sceglie un’inquadratura particolare, i volti sono in ombra, scorgiamo malapena i lineamenti, vengono rappresentati in tutta la loro fatica spersonalizzante. Come nel caso del Dopo cena a Ornans abbiamo la rappresentazione attentamente calibrata da un ritmo di diagonali che si richiamano lungo la composizione, il martello del vecchio richiama e crea una serie mi schiena e con l'altra vanga a terra, che trova un'ultima corrispondenza nella gamba del ragazzo, così come Courbet rilanciava l'azione all'estrema sinistra, qui il ragazzo si piega con la gamba destra e poi s’inarca nuovamente con il busto. Una prima versione dell'opera prevedeva un'altra versione dei personaggi, tra questa che l'opera finita cambia il gioco delle diagonali che si fa più stringente, il fuoco si concentra sui personaggi, qui nello schizzo le dimensioni cambiano, erano inizialmente situati in un’inquadratura più larga, nell'opera finita il fuoco è diretto interamente sugli spaccapietre. L’ineluttabilità e la ripetitività di questo lavoro si riflette anche nella scelta dell'età dei due uomini, il ragazzo è destinato a finire come il vecchio. Fried, a partire dalla gestualità delle figure, ipotizza che è possibile vedere nel gesto attivo dell'uomo che tiene il martello l'artista che tiene il pennello, mentre è possibile vedere nel gesto del ragazzo l'artista che tiene la tavolozza. Inserimento dell'artista all'interno del quadro. Courbet era estremamente orgoglioso e giocava con il suo cognome (colui che non è mai stato Courbet=curvato? Che non si china?), rimanda anche all’azione degli Spaccapietre. 1 LEZIONE 5 30/09/2021 • G. COURBET, UN FUNERALE A ORNANS, 1849-50 Dimensione narrativa, paese natale dell'artista. Grande quadro di figure la cui interpretazione è stata oggetto di dibattito critico partendo dalla lettera a Jean Ferie in cui raccontava la genesi degli spaccapietre e di un funerale a Ornans. Di chi fosse il funerale non si è sicuri, secondo alcuni era del nonno materno del pittore, questo personaggio è però presente nel dipinto (prima figura da sinistra che guarda fuori dal quadro) è quindi più probabile che si trattasse del funerale di Claude Etienne Teste, che fu la prima persona ad essere sepolta nel nuovo cimitero di Ornans. Il dipinto fra una sorta di tour prima di arrivare al Salon di Parigi, questa avventura itinerante entrerà a far parte della letteratura dell'opera, sarà essenziale per comprendere quelli che sono i dati fondamentali per la lettura del dipinto. La struttura è complessa, abbiamo al centro della composizione la fossa e poi una serie di personaggi che sono disposti sulla superficie del quadro. Che tragitto seguono le persone? È una processione che si sta andando a fermare davanti alla fossa e si snoda effettivamente da sinistra verso destra e poi rientra da destra verso sinistra. Si riconoscono vari personaggi già incontrati in altre opere, ad esempio, in fondo è possibile riconoscere il padre di Courbet, la figura con il cilindro, più avanti lungo la processione incontriamo la madre e le sorelle e poi incontriamo degli uomini veterani della rivoluzione del 1793, così celebrati dal pittore (uomini in primo piano). Ci muoviamo da quella che è la ripresa realistica del corteo funebre e quello che è un altro livello che agisce sul piano simbolico, visibile già nella presenza del nonno materno che in realtà era morto, inserito con intento celebrativo. La struttura: Courbet non si accontenta di esporre un semplice corteo, sul quale era tornato in diverse circostanze, nel primo disegno la disposizione ricorda più quella di un fregio, si sviluppa in modo più uniforme, da destra verso sinistra, con la fossa posta all'estrema sinistra, nonostante sia presente un segno nella parte centrale, viene modificata. Nella versione finale del quadro non si vede un rapporto diretto con i cosiddetti SOUVENIR MORTUAIRE, xilografie e stampe popolari, non si ha un rapporto diretto neanche con le stampe popolari francesi diffuse dopo la rivoluzione come LES DEGRES DE AGES, con una disposizione centrale, a semicerchio puro. Articolazione più complessa che ci fa capire quanto Courbet fosse attento all' articolazione sintattica al suo interno, non è un semplice fregio, non è una semplice disposizione a semicerchio dei personaggi, è un corteo che si snoda in modo sinuoso. Altre opere di paesaggi utili a capire lo sfondo del dipinto, ci fanno intendere come Courbet non fosse solo interessato alla disposizione delle figure in primo piano ma anche a creare una scena coesa. • VIEW OF CHATEL SAINT DENIS, 1848 • VALLEY OF THE LOVE IN STORMY WEATHER, 1849 ca Questi dipinti ci mostrano quello che si trovava al di là della scena che vediamo in primo piano, il punto di vista è analogo a quello dell'opera (seconda opera). 4 Conferma inoltre il fatto delle critiche che venivano mosse a Courbet, cioè di fare arte popolare desumendo anche lo stile dalle xilografie e dalle stampe popolari, stile angoloso, rigido, in grado di mettere in piedi marionette e non personaggi reali credibili. Se riprendere i temi dalle stampe popolari era un meccanismo accettabile non lo era desumere anche lo stile e in effetti lo stile di Courbet non concede niente allo spettatore, è uno stile duro come il soggetto che ritrae. • FIREMAN RUNNING TO A FIRE, 1850-51 Apre uno squarcio sulla vita cittadina parigina, una città ancora non entrata nel processo di Osmanizzazione che le cambierà il volto. Parigi pre-Osmann dove ritratto un episodio legato ad un incendio. Il punto centrale è il movimento dei personaggi all'interno del dipinto che chiama in causa allo spettatore e la consistenza della superficie. La contrapposizione dei movimenti mette insieme ancora una volta diverse classi sociali, vediamo la popolana con il bambino a sinistra, mentre sulla destra si vedono dei borghesi che danno le spalle alla scena. Molto interessante è il ruolo dei pompieri, al centro della scena; ancora una volta il centro è il luogo di contrasto visivo scelto da Courbet per la sua opera, abbiamo un uomo in ginocchio, al centro, che con la mano sinistra sta per sondare la consistenza della superficie, sembra quasi sfondarla, sta per essere “buttato fuori” dai pompieri che stanno girando sul loro stessi con questa rotazione, stanno per espellere l'uomo che si sta poggiando sulla superficie del quadro. Appoggiandosi alla superficie sembra ancora una volta escludere lo spettatore dal quadro, premerlo fuori. Questo insistere sulla superficie pittorica è centrale nel momento in cui la storia della pittura contemporanea è stata letta nei termini di un dialogo con il piano della pittura, e come questo sia diventato progressivamente un oggetto in sé del fare pittura e non come una finestra che si apre su un interno, ma diventa materia essa stessa. Questo dialogo arriverà alla massima tensione con Pollock. Riferimenti: REMBRANDT, RONDA DI NOTTE, 1642 Disposizione degli uomini sul primo piano e per i movimenti rotanti adottati dal pittore, non che forti i giochi di luce messi in atto da Courbet. • LE VAGLIATRICI DI GRANO, 1853-54 Michael Fried: lettura stratificata. Vengono raffigurate delle donne, le vagliatrici di grano, e un ragazzo che guarda dentro un attrezzo meccanico. Linda Nocklin ha letto quest'opera in termini di allegoria del processo del lavoro perché si passa da un movimento manuale, dove la distinzione del grano va fatta manualmente, a una fase con il setaccio, finché non viene compiuta a macchina, una sorta di sintesi dell'evoluzione industriale. 5 Fried, invece, la legge in termini di allegoria della pittura perché ha riscontrato delle similarità stilistiche e iconografiche con gli spaccapietre, in particolare tra le due figure femminili e le due maschili abbiamo un'analoga rappresentazione di due figure che lavorano, una in un atteggiamento più dinamico (donna con il setaccio) e l'altra che seleziona il grano. Sensazione della fatica del lavoro. Ma Fried individua nei gesti delle due donne similarità con i gesti del dipingere, del tenere pennello e tavolozza. Campo ipotetico perché questa allegoria, secondo lui, andrebbe oltre quella che è un'identificazione del gesto pittorico compiuto dall'artista, rafforzato in questo caso dalla vista di spalle che quindi favorisce l'identificazione fisica del pittore, ma altri termini di confronto sarebbero il panno che viene buttato a terra come fosse una tela, il grano che cade come pigmento del colore e vede nel riflesso della finestra con le grate, sullo sfondo, un riferimento a supporto del telaio. Il rapporto con lo sguardo dello spettatore è confermato da stampa popolare affissa alla porta, di cui riusciamo a vederne solo un pezzo, gioco divisione concessa e negata. • L’ATELIER DEL PITTORE, 1854-55 Opera esposta al padiglione del realismo all'esposizione universale di Parigi. un funerale a ornans non era stato accettato. Insieme al ministero delle finanze francesi, Courbet riesce a creare questo padiglione dove esporre solamente alle sue opere, vi si poteva accedere pagando il biglietto. Quest'opera era il centro del padiglione. Courbet accentua letture allegoriche (titolo slide). Allegoria reale, ossimoro. Opera tripartita, sulla parte destra si trovano i sostenitori della sua arte e gli amici, coloro che lo hanno aiutato, finanziato. Sulla sinistra troviamo dei personaggi che costituiscono il popolo, i temi a cui si è rivolto in questi anni nella sua pittura. Questi personaggi che apparentemente rappresentano il popolo, studiato da Courbet nelle sue opere, celano delle identità, non sono individui neutri ma persone specifiche, così, ad esempio, l'uomo con il fucile e il cane è Napoleone III (era nota la sua passione per la caccia); abbiamo poi una figura che allude a un repubblicano del ’93, si allude anche in questo caso, come in un funerale a Ornans, agli ideali della rivoluzione; troviamo anche la raffigurazione di una madre con un bambino che raffigurano le isole inglesi e che alludono le condizioni sociali post-rivoluzione industriale. Quindi un'allegoria reale dello studio del pittore. Uno dei significati di questo atelier può essere sondato in corrispondenza di alcune delle teorie filosofiche di Giuseppe Proudon (raffigurato a destra) che predicava teorie universaliste in contrasto con la politica nazionalista di Napoleone III e altre che stavano esplodendo in quegli anni (Garibaldi, Kassuth). Proudon predicava una concordia universale dove il ruolo dell'arte era fondamentale, all'artista spettava il compito di elevare questi ideali. Probabilmente Courbet voleva alludere proprio questo ruolo nell'approntare un'opera così complessa e articolata. Un terzo ruolo è quello che vede Courbet al lavoro mentre raffigura un paesaggio, molti elementi già osservati molti quadri precedenti assumono qui concretezza, e il processo di lateralizzazione assume una evidenza visiva plasticamente evidente, Courbet si raffigura a 6 contatto con la tela, posizione in cui è quasi impossibile dipingere, il suo braccio sinistro sembra proprio a contatto con la tela. Questo corpo a corpo con la tela assume una sua concretezza reale nel gesto di Courbet di dipingere. Predilige ancora una volta il cosiddetto profilo assiro, oggetto di diverse caricature che notano proprio come il pittore sia dentro l'opera. Nella caricatura delle slide addirittura viene rappresentato come parte del quadro mentre si dipinge la barba. La donna al suo fianco raffigura simbolicamente la verità, la volontà di riprodurre il reale così com’è, questo viene confermato dal bambino che guarda l'opera e rappresenta l'occhio ingenuo del pittore che si pone di fronte al reale, viene inoltre confermato dal bambino che disegna i piedi di Champfleury, ai suoi piedi non per caso, ma perché proprio lui era stato il primo a valorizzare l'arte popolare, il bambino rappresenta la (naifitè) per eccellenza, l'ingenuità infantile nel disegno, indicata come una delle debolezze di Courbet ma che il pittore rivendica orgogliosamente in questo dipinto. Fried legge questo gruppo centrale dando enfasi alla disposizione del pittore e della modella e sottolinea che sembra quasi una continuità tra ciò che avviene all'interno e all'esterno dell'opera che l'autore dipinge dentro il quadro, Courbet è completamente immerso nell'opera tanto che si perdono i contorni della gamba destra, che sfuma dentro il paesaggio. La donna sembra continuare l'albero a metà del dipinto, sembra chiuderlo con la posizione inclinata del capo e il braccio piegato che si chiude e prosegue nella cascata di vesti che sembra richiamare, nel suo movimento finale, che attira l'anima, l'atteggiamento dell'acqua. È come se il dipinto fluisse idealmente dall'interno verso l'esterno, osmosi tra il pittore e la sua opera. Pagina di incisioni (slide). • LE BAGNANTI,1853 Torna il gesto visto nell'uomo che sembra reggersi contro la superficie della tela (fuoco), qui avviene però il procedimento inverso, la donna entra dentro lo spazio del dipinto e il dialogo tra le due donne si svolge senza che noi possiamo accogliere gli sguardi della donna a sinistra, non riusciamo a cogliere il discorso. Ideale chiusura della donna che sonda lo spazio dentro la tela ed esclude lo spettatore dalla visione. PAESAGGIO: come cambia nell'arco del ‘700/’800 attraverso tre protagonisti chiave, identificati più di altri nell'ambito del pittoresco e del sublime, Constable, Turner e Friedrich. Distinzione tra sublime e pittoresco, al centro del concetto di pittoresco nel ‘800 sta la nuova invenzione della natura. Francesco Arcangeli, corso ’70-’71: partiva da due episodi in contrapposizione tra loro, ovvero una mostra dedicata al romanticismo (1959) e nello stesso anno la mostra di Documenta che aveva avuto per protagonista la pittura informale, a partire da queste due 9 Constable non è ovviamente un impressionista, tra i due cambia l'utilizzo del colore, le ombre, Monet utilizza colore puro, anche le ombre sono colorate, Constable restituisce il senso atmosferico senza infrangere il senso della pittura. • J. CONSTABLE, LA CATTEDRALE DI SALISBURY, 1820 Dipinti sempre ricchi di particolari. in questo dipinto troviamo diversi punti di appoggio per la visione, come il colore rosso dei vestiti che si inseguono per tutto il dipinto. gioco di corrispondenze tra i cipressi e la cattedrale che si richiamano al centro, in primo piano di nuovo un taglio ex a bruto che serve per tagliare il primo piano sulla visione. • J. CONSTABLE, LA CARRETTA DI FIENO, 1821 • J. CONSTABLE, LA CARRETTA DI FIENO (STUDIO), 1821 Ci fa vedere il passaggio tra uno studio e la sua visione finale. Tra le due la differenza fondamentale è la luce, cambia il modo di stendere il colore, quello dello studio è un colore più brumoso, più cupo, più umido. Fiuslei: “per vedere i quadri di Constable serve un ombrello”. Tempo uggioso, tipico delle campagne inglesi. Nella versione finale questo ambiente uggioso tende ad essere un po’ ripulito, il senso della pioggia va a degradarsi, il cielo, prima chiuso da una serie di interminabili nubi, viene adesso ad aprirsi. Il senso di restituzione veloce che caratterizza lo studio fa poi a depurarsi in tocchi di colore meticolosi che definiscono tutti i dettagli, i tocchi sull'acqua, sul carretto, le selle rosse dei cavalli, prima oppresse dall'atmosfera nello studio. Le singole foglie che definiscono il dipinto finito vengono tralasciate, nello studio, a favore dell’irruenza cromatica. • J. CONSTABLE, STUDIO DI CIELO, 1822 ca Restituiscono la modernità del suo approccio, freschezza della restituzione del dato naturale, grande attenzione al vento, il modo in cui le nuvole si tramutano in vento. Tutto ciò nasce da osservazione diretta del paesaggio. Capacità di passare dalla raffigurazione naturale alla dinamicità del sentimento messo in atto. • J. CONSTABLE, IL LAGHETTO DI BRANCH HILL…, 1828 • J. CONSTABLE, LA VALLE DI DEDHAM, 1828 Meticolosità narrativa. TURNER 10 I termini in gioco cambiano ancora, Turner vuole trasmettere il sentimento, la passione provata nel trovarsi coinvolti dal paesaggio descritto, ancora una volta in preda agli agenti atmosferici. Turner raffigura il sentimento che nasce dalla visione e dalla sensazione del paesaggio. • W. TURNER, TEMPORALE SUL LAGO DI BUTTERMERE, 1798 Arcobaleno che non è più realistico come quello di Constable ma serve come una lama di luce per squarciare il temporale. • W. TURNER, LA QUINTA PIAGA D’EGITTO, 1800 Il soggetto passa in secondo piano, schiacciato completamente dalla raffigurazione del cielo, le architetture sono sconvolte dal tempo atmosferico. • W. TURNER, NAUFRAGIO, 1805 Zattera della Medusa. Qui la concezione pittorica è esattamente opposta, in Gericault è preminente la forma fisica, l'uomo. In Turner gli uomini sono piccoli e l'imbarcazione è completamente in balia di questo mare in tempesta, non sembrano minimamente in grado di controllare le imbarcazioni su cui si trovano. Le onde e il mare diventano l’agente primo raffigurato da Turner, non è più quella presenza eroica che si trovava invece in Gericault. Gli acquerelli in Turner sono essenziali per leggere la qualità pittorica dell'artista. Gli acquerelli accentuano delle caratteristiche già visibili nei dipinti, qui Turner era più aperto all'invenzione e all'innovazione. Quelle ad acquerello non erano opere concepite per essere viste ma servivano in gran parte come studio per l'artista e ci sono quindi utili per capire le idee di Turner. • W. TURNER, PAESAGGIO CON ACQUE, 1840-45 Vediamo sfinarsi gli acquerelli del paesaggio fino quasi a scomparire, paesaggio di una forza astratta incredibile, gioco sulla contrapposizione sul dialogo delle masse cromatiche. • W. TURNER, THE BURNING OF THE HOUSE OF LORDS…, 1835 Qui le masse cromatiche diventano protagoniste di due dipinti (stesso argomento). Nasce da qui un'osservazione diretta, sembra di stare a teatro e ciò è rinforzato dalla massa di gente sul fondo del dipinto, spettatori dell'avvenimento. L'incendio diventa motivo e soggetto pittorico in primo punto, il calore diventa in prima istanza manifestazione di potenza coloristica e illuministica che si diffonde da un bagliore fino a diffondersi a semicerchio per avvolgere tutto il dipinto. 11 Struttura che avvolge completamente gli spettatori della scena e gli spettatori del dipinto. Altro quadro con un altro punto di vista, qui il fuoco divampa al centro della composizione e si riflette sull'acqua. Se prima c'era un nucleo luministico che avvolgeva il tutto, nella seconda versione il polo luministico si sfrangia in colpi di luce per tutta la composizione. Anche qui abbiamo gli spettatori che assistono, però hanno un ruolo più marginale rispetto alla prima versione, sono più tagliati fuori dalla composizione tanto che la lama di luce del fuoco arriva fino a toccare la fine della tela. 3 Gli acquerelli aiutano questo tipo di esperimenti, ovviamente a seconda della direzione e del ritocco si possono ottenere effetti smaterializzanti. La mano gioca un ruolo decisivo per cambiare la trasparenza. Venezia si presta benissimo, questi sono quaderni personali, come per i bozzetti di Constable, gli acquerelli di Turner servono ad aprirci quest'altra sfera di azione. • W. TURNER, COLOR BEGINNING, 1819 Titoli dati a posteriori, interpretativi. Qua sembra andare a cercare ancora l'origine del colore. 1819, Giacomo Leopardi scrive “L’infinito”, corrispondenza con l'opera di Turner, con questa visione figurativa che parte da uno spazio reale e poi si trasfigura nella fantasia, nella pittura per Turner e nelle riflessioni inquiete nel caso di Leopardi. Idea di sospensione, malinconia che si tramuta, nel caso di Turner, nel lasciarsi trasportare dal colore. • W. TURNER, BATTELLI IN MARE, 1830-45 ca Tratti grafici, mai Turner l'avrebbe presentato in pubblico. Interpretazioni successive che nascono dalla visione dei suoi quaderni di schizzi. • W. TURNER, CIELO ROSA, 1820-40 ca • ROTHKO, NUMERO 9, 1954 Similitudine tra le due opere, ragionano entrambe a fasce di colore. Visione del colore che struttura la tela, trova precedenti in Turner, che Rothko riconosce come autore di riferimento, ovviamente gli intenti di entrambi sono diversi, basti vedere i due diversi periodi in cui agiscono. Percepire il colore e rapportarsi alla tela pensando la superficie come totalizzante dell'opera stessa. • W. TURNER, LA STELLA DELLA SERA, 1830 ca Si scorgono personaggi lungo la spiaggia. • C. D. FRIEDRICH, IL MONACO IN RIVA AL MARE, 1808-10 Foundt Claist: testo dove rielabora le recensioni precedenti del quadro. Immedesimazione nel frate, il quadro diventa la duna dove si trova il frate e lo sguardo cerca un mare invisibile all'orizzonte. Dialogo intimo tra spettatore e visione del quadro, non c'è più il paesaggio raffigurato sulla tela ma è il dipinto stesso che diventa il paesaggio, come se lo spettatore venisse immesso nel quadro. Palpebre recise: idea di trovarsi a diretto contatto con il paesaggio, dialogo interiore intimo tra quadro e spettatore. Quadri molto piccoli, poche decine di centimetri. 4 Questi quadri nascono e sono contraddistinti da figure di uomini colti di spalle che funzionano da mediatori tra spettatore e il paesaggio che Friedrich raffigura. Strategia pittorica diversamente interpretata, da un lato è stata letta come un filtro che favorisce l'immedesimazione dello spettatore, dall'altra è stata letta come figura che impedisce quella stessa immedesimazione nel paesaggio, che doveva passare necessariamente per la figura di mezzo. Schermo proiettivo e filtro attivo. Rapporto empatico di comunicazione diretta che si forma tra l'uomo e la natura, tra l'uomo e il paesaggio, sentimento religioso che passa da una rilettura della natura in termini religiosi, immersione panica, Rosembloom si sofferma riportando altre citazioni di altri autori, tra cui Emmerson (vedi slide). Idea di sentirsi parte di un tutto, comunione di sensi che avviene tra i personaggi raffigurati e il paesaggio, dove gli alberi diventano anche loro espressivi ed espressione di un sentimento. PATETIC FALLACE, RUSKIN: si identifica nell'attribuzione oggetti non animati, radici, alberi, rami, delle sensazioni emozioni umane, l'albero si fa portatore di un sentimento all'interno del quadro, quindi chiaramente i rami nodosi, contorti, assumono un significato simbolico, attribuiscono sensazioni al dipinto. ES: Biancaneve e i 7 nani. • C. D. FRIEDRICH, UN UOMO E UNA DONNA IN CONTEMPLAZIONE DELLA LUNA, 1819 Fried accosta la pittura di Friedrich con una scritta di Kant, dove questo si sofferma sul concetto dell'orientamento come qualcosa di innato, d'immediato, tipico dell'uomo capace di orientarsi nel buio totale sapendo distinguere quella che è la destra e la sinistra. Tutto ciò ammesso che gli oggetti della stanza dove ci troviamo mantengano la stessa posizione. Questo testo di Kant viene utilizzato da Fried per leggere queste ROKEN FIGUREN che compaiono nei quadri di Friedrich e per cercare di spiegarle al meglio. • C. D. FRIEDRICH, DONNA AL SORGERE DEL SOLE, 1818 A volte sono figure solitarie, a volte sono più di una. In questo dipinto abbiamo già l’attuazione di quello che uno schema apparentemente simmetrico, la donna si trova al centro che guarda il sole sorgere al di là delle montagne. Si vedono in questo caso perfettamente le due letture possibili di queste figure, infatti la donna, così centrale, scherma la visione allo spettatore o diventa un filtro che la favorisce. Fried privilegia questo accostamento al testo di Kant, ciò non significa che Friedrich conoscesse Kant, però è interessante vedere che su date vicine i termini di riflessione potessero essere vicini. Falsa simmetria, se si osserva meglio, la donna è sottilmente sbilanciata, le mani non sono simmetriche, una è leggermente più protesa dell'altra, ai due alberi sulla sinistra non corrispondono due alberi sulla destra, così come le rocce, che costituiscono una sorta di vialetto prospettico, non sono perfettamente simmetriche. 5 Senso di comunicazione panico che trova riscontro nelle stesse affermazioni dell'autore. Gioco continuo tra interiore esteriore, paesaggio e percezione dello stesso. “Animo puro e infantile”, termini già visti in Courbet, il quale intendeva così la capacità di rappresentare il reale, che si rifaceva anche alle xilografie e stampe popolari; per Friedrich invece significa attingere una purezza spirituale che passa attraverso la chiusura dell'occhio esteriore. “Non bisogna copiare gli antichi maestri”, anche per Constable. Dialogo che alla fine si instaura con lo spettatore, il quadro diventa una sorta di specchio che prima accogliere suggestioni e la visione del pittore, che filtra attraverso la propria interiorità, e che poi diventa uno specchio proiettivo verso lo spettatore. • C. D. FRIEDRICH, DONNA ALLA FINESTRA, 1822 • C. D. FRIEDRICH, VIANDANTE SUL MARE DI NEBBIA, 1818 Anche queste sono pure falsamente simmetriche. Primo quadro: impianto prospettico leggermente sfalsato, oltre all'ottica sfalsata (donna leggermente piegata verso sinistra, albero della barca a destra) notiamo che la parte destra della parete è totalmente visibile, l'ottica è spostata, lateralizzazione verso sinistra. Gioco perfettamente accorto di pesi e contrappesi, grande chiarezza di visione. Secondo quadro: non diverso dal primo grazie al gioco delle rocce che creano diverse diagonali che si intrecciano da sinistra a destra, sino al vallone che si crea sullo sfondo delle due colline che stanno degradando al centro. Raffinatezza tecnica, rappresenta addirittura il ciuffo d'erba calpestato dall'uomo, questo aspetto serve a comunicarci la sensazione fisica, quasi plastica, che l'uomo compie, la sensazione del passo che sta facendo. • C. D. FRIEDRICH, NEBBIA DI MATTINA IN MONTAGNA, 1808 • C. D. FRIEDRICH, IL MONTE WATZMANN, 1824-25 È stato preso in considerazione perché in realtà i blocchi di granito raffigurati in primo piano non si trovano veramente in quel luogo, ci sono stati diversi interrogativi sul perché li abbia inseriti, l'interpretazione fatta è che al pittore tornava bene giocare di nuovo con queste diagonali divergenti rispetto alla centralità del dipinto, perché appunto il Monte Watzmann, sullo sfondo, ha un andamento da sinistra a destra e culmina leggermente spostato rispetto al centro della composizione; questi blocchi di granito sembrano appunto seguire la diagonale opposta, contromovimento rispetto alle asperità su cui poggiano. Tutti questi dipinti giocano su una serie di bilanciamenti di diagonali, specchiamenti e di spostamenti della visione. • L. RICHTER, IL MONTE WATZMANN, 1824 • J. A. KOCH, LE CASCATE DI SCHMADRIBACH, 1822 8 reinterpreta a livello formale ciò che Friedrich mettere il suo quadro, quella sensazione di inquietudine data dalla rottura dei ghiacci che Parmiggiani traduce in questo labirinto inaccessibile. Lettura formale, rapporto di dialettica formale con l'opera, ripensamento dell'opera di Friedrich in chiave contemporanea. • PARMIGGIANI, CASPER DAVID FRIEDRICH, 1988 Installazione di una barca sospesa in alto, con vele che diventano anche qui una presenza formale. Parmiggiani lavora molto sulla suggestione formale delle sue opere, ragiona su di esse come un dispositivo formale, non tanto in termini tematici. Critica Castagnoli (slide): terza lettura romantica, Parmiggiani non si riallaccia solo soltanto tematicamente agli artisti da cui prende le mosse, in particolare a Friedrich, ma tenta di rielaborarli e reinterpretarli a livello formale, non conta la citazione fine a sé stessa ma conta la rielaborazione delle forme che passa attraverso la sua sensibilità personale di artista contemporaneo. Opere dalla forte struttura formale, vele che sono prima di tutto forme geometriche. Secondo Castagnoli guarda proprio a Friedrich perché attratto da un afflato romantico che cerca di fare proprio e di rielaborare nella contemporaneità. Non basta richiamarsi solo tematicamente agli artisti ma c'è bisogno anche di un ragionamento formale. • OLAFUR ELIASSON, THE WEATHER PROJECT, 2003 Artista islandese/danese attento alle tematiche ambientali, ha prodotto anche una lampadina speciale, dedicata ai paesi in via di sviluppo, che si autoalimenta. Cerca di tematizzare questa attenzione per l'ambiente nelle sue opere. Partendo dal presupposto che non ci chiediamo mai nel momento in cui entriamo in un museo che tempo faccia fuori, trascurando quindi gli elementi esterni a favore di quelli interni. Questa installazione giocava tra la realtà e l'apparenza, tra il vero e il falso, tra l'interno e l'esterno, con un accorgimento di matrice turneriana (mattina dopo il diluvio), sembra che il quadro di Turner si sia tramutato con il tempo in una grande installazione immersiva. Il sole irradia la sua luce in tutta la zona, entrando nello spazio lo spettatore si trova avvolto da una forte luce e nebbia, che sembrava ricostruire il paesaggio simil londinese, con l'effetto di suggestionare gli spettatori a tal punto da togliersi il giubbotto e sdraiarsi a prendere il sole. Il sole è vero per metà, è realizzato con una lampadina al sodio per metà, l'altra metà è ottenuta da un gioco di riflessi con gli specchi che chiudono la struttura. Lo spettatore si trova immerso in una situazione dove non è più possibile districarsi con sicurezza tra ciò che è reale e ciò che non lo è. • OLAFUR ELIASSON, YOUR RAINBOW PANORAMA, 2006-2011 Panorama posto sopra il museo di arte contemporanea che domina la città sottostante. 9 Opera che presuppone un interno e un esterno secondo più accezioni, vista dall'esterno può essere ammirata da diversi punti della città, agisce poi come un filtro dall'interno verso l'esterno. Come la città presuppone uno scambio di esperienza e di individualità così il museo deve diventare una zona di interscambio, che mette in comunicazione le persone e serva come strumento di lettura per la città, questa città cambia, viene percepita in modo differente a seconda del tratto che la persona sta percorrendo in quel momento. Mette in comunicazione realtà è apparenza, invita riflettere su ciò che effettivamente vediamo ed è reale, invita porsi delle domande sulla percezione ovviamente. • OLAFUR ELIASSON, THE GLACER MELT SERIES, 1999-2019 Opera dedicata ai ghiacciai che si sciolgono. Serie di fotografie che mostrano gli stessi ghiacciai a distanza di vent'anni, compone dei dittici (vecchio-nuovo). Invita a fermarsi sulla frattura che si apre tra i nostri pensieri e le nostre azioni, tra il dire e il fare. L'arte di paesaggio cambia completamente, ha un intento interrogativo, politico, mostra plasticamente la distanza che separa le parole dalle azioni. • RONI HORN, LIBRARY OF WATER, 2007 Artista islandese; ha trasformato una vecchia biblioteca in una “biblioteca dell'acqua”, ha messo in 24 contenitori cilindrici l'acqua di 24 ghiacciai che si stanno sciogliendo in Islanda. Testimonianza del passato dell’Islanda e ammonimento per lo spettatore. Opere che giocano molto al margine tra quello che è l'impegno della contemporaneità, la tematica ambientale e la rielaborazione di tradizioni pittoriche (soprattutto per quanto riguarda Eliasson). IMPRESSIONISMO Confronto tra Jean Baptiste Camille Corot e Claude Monet. • J. B. C. COROT, IL CAMPANILE DI DOUAI, 1871 • C. MONET, LA RUE MONTORGUEIL A PARIGI, 1878 Opere separate da soltanto 7 anni, l'approccio è lo spirito sono però totalmente differenti, per quanto Corot sia un pittore che è stato in grado di aggiornarsi e di seguire l'evoluzione del quadro della vita urbana e di paesaggio. Il quadro di vita moderno è appunto un quadro che rappresenta scene della vita cittadina, della modernità, che indaga i nuovi comportamenti sociali e sui nuovi protagonisti della scena contemporanea, borghesi che passeggiano per strada, la barista di un bar, l’Olympia. Il punto di vista in entrambe le opere è leggermente rialzato, un po’ di più in Monet, Corot aveva capito che il quadro moderno di vita urbana necessitava di un altro punto di vista, dall'interno della strada e leggermente rialzato che potesse riprendere le strade e le scene che si svolgevano in esse. 10 Quello di Corot è un quadro di grande chiarezza formale, sapientemente giocato sulle luci e sulle ombre, sulla delicatezza pittorica delle nuvole, ad esempio, e sulla strada che si perde sul fondo. Monet guardava con grande interesse alle scene di Corot. La differenza che più colpisce è la pennellata, pulita e vibrante in Corot e rapida e strappata in Monet, funzionale a restituire il movimento delle bandiere che stanno sventolando, restituisce il vento attraverso le bandiere. Quella di Monet è una pennellata più rapida anche nel restituire le persone per strada, virgole che occupano al primo piano. In questo Chapirot, chi ha dedicato uno dei suoi testi all'impressionismo, teorizza che negli impressionisti, e in particolare in Monet, il colore significa molto, diventa forma significante. Si percepisce l'importanza e la sostanza delle pennellate e solo dopo il colore forma la figura che noi possiamo vedere. Sottolinea ancora una volta l'importanza del dato di superficie. Modo innovativo di concepire l'immagine rispetto ai pittori del tempo, anche di uno estremamente moderno come Corot. Nel quadro di Monet tutto viene sul primo piano, l'immagine sembra schiacciata, è presente un senso di verticalità che nasce dal vedere, prima di tutto, il colore in sé, un colore che non ha più il freno delle ombre riportate ma è un colore che nasce dalla volontà di restituire un'impressione che nasce vedendo la scena davanti a noi. Impressione nasce in senso dispregiativo, a significare la valenza quasi bozzettistica delle opere degli impressionisti e che invece viene rivendicato con orgoglio dagli stessi impressionisti, a sottolineare la volontà di restituire l'impressione visiva sulla tela. Quella di Monet è una composizione abitata, affollata, a differenza di quella di Corot, quasi deserta. In Monet la città è vissuta, è un altro elemento questo che contraddistingue questi pittori. Questa caratteristica viene già notata nel Salon Caricatural del 1846, descritta da Baudelaire (slide). Se già nel ‘46 Baudelaire pensava questo possiamo immaginare quanto scalpore abbia fatto il dipinto di Monet trent'anni dopo, in 30 anni questo mondo risulta sconvolto. • J. B. C. COROT, OMERO E I PASTORI, 1845 Impianto classicamente paesaggistico. • J. B. C. COROT, FORI DAI GIARDINI FARNESE, 1826 Impianto classico anche per quanto sia moderno nella definizione del paesaggio in questa scena giocata tutta solo composizione della luce e il solfeggio coloristico che riesce ad imbastire, molto delicato nel giostrare le luci. Non a caso però il soggetto della rappresentazione è quello dei fori, pura classicità. 2 Frammentarietà della visione, carrozza sotto la veranda, e materialità che ci comunica la seduta della poltrona, da cui immaginiamo che uomo si sia appena alzato. Visione leggermente spostata in diagonale, da sinistra verso destra che ci è suggerita anche dalla posizione della finestra, che inquadra il flusso di visione e indirizza il nostro sguardo. Separazione tra l'uomo all'interno del dipinto e lo spettatore che, in questo caso, lo affianca. Soluzione pittorica che caratterizzerà molti altri suoi dipinti. • G. CAILLEBOTTE, I PIALLATORI DI PARQUET, 1875 Sembra mettere in campo alcune caratteristiche della pittura impressionista, luce protagonista del dipinto. La luce si riflette sul parquet e sembra balzar fuori, verso l'occhio dello spettatore. Questo effetto luministico sembra in opposizione con quella che è l'orchestrazione pittorica della scena, che sembra invece ritrarsi dall'occhio dello spettatore, prospettiva molto violenta. Immette immediatamente lo spettatore nella scena ma allo stesso tempo, questa prospettiva, crea un diaframma tra lui e i personaggi della scena, nonostante l'azione compiuta dagli uomini sembri andare verso lo spettatore questi sembrano ritrarsi, non volgendo mai lo sguardo verso la superficie del dipinto, per privilegiare un dialogo interno, intendibile dall'uomo al centro che sta girando la testa per parlare con un uomo sulla destra, che compie il gesto opposto. L’operaio sulla sinistra è invece assorto e intento a lavorare. Scissione tra dimensione interna del dipinto e lo spettatore. Raccoglimento come entità autonoma che compone il quadro. • G. CAILLEBOTTE, STRADA DI PARIGI IN UN GIORNO DI PIOGGIA, 1871 Colpì molto gli osservatori. A livello di ottica è cortamente distribuito perché c'è un punto di vista centrale leggermente spostato a sinistra rispetto al lampione, che crea una dinamica interna. Il lampione scorre fino al centro ma lo sguardo, una volta in questo punto, si perde nelle varie strade rappresentate. La strada sembra bagnata, è l'unica cosa che ci fa capire che piove, non vediamo la pioggia, non c'è effettivamente la pioggia. Taglio dell'inquadratura che suggerisce una dimensione fotografica, di attimo colto nella dimensione della vita con l'uomo sulla destra tagliato a metà, sembra quasi intromettersi nel dipinto mentre noi siamo di fronte a una coppia che però non ci guarda. • THOMAS STRUTH, ART INSTITUTE OF CHICAGO 2, 1990 Rappresentazione fotografica del dipinto messo di fronte agli spettatori. Secondo Belting qui viene privilegiato l'ingresso dello spettatore nel quadro, secondo Fried, invece, questa differenza di scala che si instaura tra spettatore dipinto fa sì che lo spettatore sia escluso dal quadro. Nella scena sono protagoniste diverse monadi, che dialogano tra loro e si isolano all'interno della composizione. 3 Allusione alla società contemporanea e a una nuova socialità, tante unità che non comunicano tra loro, l'ombrello diventa quasi uno strumento di difesa e unisce in un certo senso la scena. Luce e riflessi della pioggia sono senza dubbio una chiave impressionista. • G. CAILLEBOTTE, IL PONTE DELL’EUROPA, 1876-77 • G. CAILLEBOTTE, IL PONTE DELL’EUROPA (VARIANTE) Orchestrazione quasi monocromatica dell'insieme, blu, che rende quasi difficile l'identificazione dei personaggi che sono chiamati in causa. Letto in chiave politica. Ponte: barriera che chiude la visione dello spettatore e la scinde ai protagonisti interni nel dipinto che guardano probabilmente i binari che si trovano al di sotto del ponte. Binari con asse divergente, vanno in direzioni diverse, dato dall'osservazione diretta delle rotaie; è stato visto con lettura politica come uomini che la vedano con diversa mentalità, non accomunati da un lato e, dall’altro, soprattutto nella variante dove gli sguardi puntano in una direzione, è stata letta come una visione politica concorde e condivisa dopo le sommosse degli anni ’70. Anche i personaggi raffigurati dentro il dipinto non sono personaggi neutri, ma sono un personaggio borghese, quello con il cilindro al centro, e un operaio/merciaio sulla sinistra, riconoscibile dal diverso colore della giacca, blu chiaro, e dal cappello. Diverso derivazione sociale, identificazione sociale diversa resa più complessa dall' orchestrazione cromatica del dipinto, che tenda di uniformare le giubbe e i colori. Diversa tematizzazione dello sguardo, l'uomo che vediamo solo per uno scorcio, operaio, è affacciato al ponte, concentrazione dello sguardo prolungato, mentre quello del borghese sembra più uno sguardo veloce, di chi si ferma un attimo a guardare la scena dal ponte e a breve riprenderà la sua passeggiata. Sguardo veloce/prolungato: altri dati tematizzati in ambito impressionista (attimo atmosferico). Un dato che strizza l'occhio alla fotografia è l'uomo che sta uscendo dall'inquadratura a sinistra. Altra versione dello stesso dipinto. Stesso ponte, i protagonisti sono quattro con il cane (fotografia, zampa tagliata). L'uomo sulla destra, probabilmente un artigiano, guarda dal ponte, anche qui abbiamo un borghese incuriosito che si ferma e una donna, variamente identificata con una prostituta in attesa di riscontro o come una figura di intermediazione tra l'uomo sulla sinistra e quello sulla destra. Secondo la prima interpretazione il borghese è incuriosito dalla stessa scena che guarda l'artigiano, questo potrebbe indicare una comunione di intenti, all'indomani del 1870 e all'indomani della costruzione di spazi che favoriscono incontri politicamente democratici. Secondo un'altra lettura il borghese starebbe guardando l'operaio, in questo caso la comunione di intenti sarebbe solo un auspicio per il futuro, sottolineato anche dal guardare una scena al di là del ponte che noi possiamo solo intuire (futuro) e il sorriso della donna, associato all'uomo per la maggior parte delle versioni. 4 In altre versioni la donna guarda qualcosa che non rientra nel nostro campo visivo, è al di là dell'uomo. È come se la finestra venisse tematizzata, c'è sempre qualcosa che non riusciamo a vedere. • JEFF WALL, BLIND WINDOW N.1-2, 2000 Sono state lette come possibile riflessione a partire dall'impossibilità della visione, finestre sbarrate, lo stesso significato della finestra e viene negato da questa orchestrazione compositiva. • G. CAILLEBOTTE, THE HOUSE-PAINTER, 1871 Valenza politica, va tenuto in conto l'estrazione sociale del pittore, da un lato un borghese e dall'altro occupato in attività artigianali. Doppia identificazione del borghese e dell'artigiano nella figura stessa del pittore. Nessuno guarda verso l'esterno, accelerazione prospettica sul primo piano che taglia l'inquadratura e alcuni particolari; ancora una volta abbiamo il borghese, che si allontana sullo sfondo, affianco agli operai al lavoro. Doppia lettura, secondo una prima si ha una compresenza del lato borghese della società che convive con l'aspetto artigiano (coincidenza delle due figure in Caillebotte, sottolineate dal fatto che siano imbianchini). Imbianchini=impressionisti, impression; contrassegna dei pittori che si accontentano del primo abbozzo. Il termine, se associato agli imbianchini, indica la prima mano di pittura. Contiguità semantica che lega l'imbianchino all’impressionista. Inoltre, è stato sottolineato che la posizione di due imbianchini è colta nell'attimo dell'osservazione dell'insegna, sembra l'atteggiamento che si ha durante la visione del quadro, potrebbe alludere a questo. Il borghese dalle spalle a questa scena e gli imbianchini non li prestano attenzione, si creano due mondi separati all'interno del dipinto. Figura del pittore-artigiano che può “salvare il mondo”: Atelier del pittore di Courbet. • G. CAILLEBOTTE, THE LUNCHEON, 1876 Raffigura il pranzo. Sembra quasi ci sia una proiezione del pittore nel dipinto, come se avesse fatto una foto all'interno dal suo punto di vista, il tavolo è tagliato, come se ci fosse lo spazio del pittore lasciato libero mentre sta ritraendo la scena. Non è una prospettiva reale ma è quella che viene identificata da Merlot Contì, in relazione a Cezanne, come prospettiva vissuta, che ci restituisce quello che noi effettivamente vediamo, non restituito dalla razionalità della presa da prospettica, inquadratura molto violenta per il punto di vista, per come viene allestita, il tavolo sembra essere ribaltato verso di noi, è tagliato con forte accelerazione visiva, si ha la sensazione di trovarsi dentro il dipinto, che ci dà l'idea della percezione del pittore che lo sta ritraendo. Il piatto lasciato vuoto è una specie di segnaposto per l'artista che entra così a far parte della composizione, ovviamente è molto diversa dal Dopo cena a Ornans, dove invece la 7 Il riferimento è piuttosto evidente osservando l'uomo con alle spalle la donna vestita di rosso. Un altro riferimento, sempre per quanto riguarda i giochi di sguardo e il posizionamento dei personaggi all'interno dell'opera, è The Forge, Louis Le Nain, 1640s: anche qui compare in secondo piano una donna con sguardo assorto. Per quanto riguarda l'uomo l'opera è stata avvicinata a Rembrandt, Ritratto del padre, 1631. Sicuramente Rembrandt interessava a Manet per i giochi di chiaroscuro. Manet riprendi qui la definizione del capo e addirittura il cappello che distingue i due uomini. Tradizioni francesi, fiamminghe o spagnole ma non apertamente italiane. • THE GYPSIES, ACQUAFORTE, 1862 Collage di esperienze visive che mette in atto citando ancora una volta Louis Le Nain (Le Charrette, 1641): donna col bambino sulla destra. In questo caso le figure iniziano a guardare fuori dal dipinto. Si concretizza ancora di più l'accostamento alla Fucina di Le Nain con l'accostamento tra i due uomini, evidenza formale chiara anche negli sguardi e nella loro conformazione fisica. Andando da allargare il campo visivo possiamo identificare anche la fonte dell'uomo sullo sfondo, un po’ estraneo tematicamente all'acquaforte, che trova riscontro in Rubens (Baccus, 1638-40) con Sileno che si sta abbeverando sullo sfondo. Manet si rifà questa corrente stilistica, allargandola, perché si rifà alle riflessioni teoriche che in quegli stessi anni conducevano alcuni critici francesi, tra cui Ernest Chesneau e Teofile Thorè, che cercavano di definire una scuola francese che comprendeva, in una genealogia realista e che apparentemente ci potrebbe stupire, i fratelli Le Nain, Watteau, nonostante sia associato solitamente ha un ambito rococò per la descrizione delle feste, e Chardin come campioni di una pittura, ai quali si poteva poi aggiungere Rubens, identificata come Scuola che poteva opporsi allo spirito italiano che aveva precluso, secondo questi critici, la nascita di una vera scuola francese precedenti al 1600. Si diceva quindi che il vero spirito francese era noto grazie a questi pittori. Leggendo queste critiche Manet cerca di creare una propria identità visiva, si costruisce una sorta di passaporto artistico, andando a richiamare nelle sue opere autori, identificati come francesi, che costituivano dei precedenti illustri per la sua opera. Si crea una genealogia in cui vuole essere riconosciuto come erede. Cultura del museo che non caratterizza la pittura impressionista. Grande ambizione. • LE VIEUX MUSICIEN, 1862 La scena si svolge in senso paratattico, da destra verso sinistra, qui si può vedere l'emergere della figura che dialoga con lo spettatore. 8 I due bambini, uno dei quali richiama una figura che vedremo successivamente, hanno uno sguardo vuoto. Ci sarà sempre nei quadri di Manet un personaggio che guarda verso l'esterno, come se il dipinto venisse dotato di occhi; quando questa figura verrà a mancare ci sarà sempre qualcosa che ci guarda. Serie di relazioni che mette in atto per dare una certa immagine di sé: • VELAZQUEZ, IL TRIONFO DI BACCO, 1628-29 Manet richiama questo quadro a partire dalla disposizione dei personaggi, per la sintassi che guida le diverse figure a partire dal personaggio sulla destra che richiama l'uomo con il cilindro in Manet, l'uomo che guarda verso l'esterno come il musicista e la linea sinuosa che collega diversi personaggi all'interno dell'opera; i personaggi in Velazquez sono però maggiormente collegati tra loro, non c'è un momento di scissione, la linea prosegue creando una sorta di onda. In Manet invece si ha un'organizzazione leggermente paratattica, una serie di figure poste uno a fianco all’altra come fosse un fregio. • LOUIS LE NAIN, LA CHARRETTE, 1641 la donna con il bambino trova un riscontro, in Manet, nel ruolo dello sguardo, hai il volto girato verso lo spettatore. • LOUIS LE NAIN, LA HALTE DU CAVALIER, 1640 È come se Manet scomponesse questa scena per poi ricomporla, si riscontra un evidente richiamo nei tuoi bambini al centro, anche nella disposizione del personaggio maschile che trova corrispondenza nel musicista; la figura della donna che iconograficamente si rispecchia, in Manet, nella ragazza sulla sinistra. Sembra quasi sia un particolare dell'opera di Manet. Le figure dei bambini vengono qui ribaltate da Manet. • J. A. WATTEAU, PIERROT, 1717-19 Lo sguardo, l'iconografia degli abiti e l'aspetto del bambino che guarda nel vuoto si riallaccia al Pierrot di Watteau. Questa commistione di fonti è una caratteristica dell'arte di Manet e qui richiederà anche la sua abilità di compositore, conferisce a questa frammentazione di segmenti visivi (spunti delle altre opere) un’unitarietà di ordinamento complessivo. Quello per cui Manet viene criticato e l'impossibilità di arrivare a creare un tableau, pittore ottobre ma va a creare dei pezzi di quadro ma non arriva a definire una totalità, Manet soffrirà molto per questa critica. L'uomo col cilindro nel “Le vieux musicien” fa riferimento al “Bevitore di assenzio” del 1858-59, questo a sua volta si richiama ai filosofi di Diego Velazquez (Menippo, 1639-42). Il bevitore di assenzio è un po' l'analogo del filosofo di Velazquez a partire dall'identificazione dei personaggi dei margini della società a parigina come veri filosofi della contemporaneità. Manet ritrae in varie occasioni questi personaggi dei ceti più poveri. Il bevitore di assenzio è però anche riconducibile a “L’indifferent” di Watteau, 1716-18, nel gioco di gambe, nel ruotare il busto rispetto all’assetto della seduta. Modo di Watteau di 9 ruotare i personaggi rispetto all’asse centrale, di creare quindi un effetto dinamico interno alla figura. Altre opere che confermano il rapporto con Watteau. • DONNA IN COSTUME SPAGNOLO, 1862 Recupero di Goya, Maya Vestita. Festa veneziana di Watteau, la figura della statua potrebbe richiamare in parte la descrizione della donna di Manet. Passione di Manet per le scene in costume, per l'aspetto teatrale che va oltre quella che è l'ammirazione per Watteau e trova un riscontro nella cultura contemporanea, in particolare con il gruppo Compribì che nel 1862 era arrivato a Parigi; gruppo di danzatori spagnoli usati da Manet come controprova di queste scene veneziane ritratte da Watteau in altri tempi. DIMENSIONE TEATRALE, trova riscontro in alcune scene, in particolare nella visione di questi frontespizi (slide), sulla sinistra, con una parete che viene infranta da Manet con la figura di Pulcinella che diventa la metafora dell'artista; è ritratta, nella stampa, la scena del pallone aerostatico che viene richiamato e va collegato a un altro avvenimento (rappresentato a destra). Qui, sullo sfondo del componimento, troviamo il riferimento a un altro particolare che ci spiega la figura di Pulcinella, ovvero il teatro dei burattini, che ci conferma una convivialità degli spettacoli teatrali da cui Manet era attratto, che apre anche una finestra su una nuova visione di una società dove potevano arrivare a toccarsi diversi esponenti delle classi sociali. Figura del gatto e di Pulcinella che si leggono alla luce di un’incisione di Nadar per Duranty dov'è di nuovo raffigurato il teatro delle marionette e dove è presente un gatto, che torna in un altro frontespizio di Manet dove il gatto si trova in prossimità di un album su cui è riportata la firma del pittore, sembra quindi occhieggiare al ruolo dell'artista; il gatto è una presenza baudelairiana (Baudelaire era conosciuto anche come poeta dei gatti), dettaglio non secondario per l’Olympia. • MUSICA ALLE TUILERIES, 1862 Manet raffigura qui alcuni dei suoi contemporanei, in questo quadro viene restituita la vivacità della folla con una serie di cilindri che arrivano a scandire la composizione. Domeniche pomeriggio parigine. Fregio di identificazione e di compiacimento del divertimento della domenica pomeriggio dell'intero strato della borghesia. Da tenere presente questo quadro, comunque dettagliato nella serie di particolari che lo compongono, che si distinguerà rispetto ad altre scene di gruppo successive. • LE DEJEUNER SUR L’HERBE, 1862-63 Presentato al Salon des Refusès nel 1863. 1 LEZIONE 8 08/10/2021 • THE RACES AT LONGCHAMP, 1864 Se non c'è una figura a sintetizzare la FACENESS è allora Manet che struttura il quadro in modo che sia direttamente lui a guardarci. Il palo che segna i metri al centro della composizione rappresenta una sorta di occhio, fuoriesce dall'insieme della composizione, si impone sulla superficie, occupa la parte superiore dell'orizzonte tagliato dalle colline che occupano la scena, in modo da stagliarsi meglio sul dipinto. È stato identificato come una sorta di occhio della superficie dipinta che si impone alla visione e guarda verso lo spettatore. Critica del non portare a compimento i quadri: il dipinto presenta zone con pennellate di natura differente, contrapposizione tra pennellata più statica, visibile sulla sinistra, e una più dinamica sulla destra (cavalli che corrono). Al solito Manet gioca su questo tipo di pennellata che sarà anche più rapida per rappresentare il pubblico che assiste alla gara e più attenta nella rappresentazione dei cavalli. Alternanza della pennellata. • OLYMPIA, 1863 Suscita grande scandalo e scalpore, non solo il soggetto ma soprattutto la sua rappresentazione, il quadro fu addirittura spostato più in alto per evitarne un eccessivo linciaggio. Plotone di esecuzione di fronte a Manet. Cosa scandalizza il pubblico e non apprezzano i critici? Sguardo diretto della prostituta sullo spettatore, sguardo bloccato, come sospeso, qualcuno sta entrando indesiderato nella sua stanza. Destra scandalo perché lo spettatore del dipinto si sente coinvolto nella dinamica della scena, si sente un cliente della donna. Così grande impatto narrativo che anche le critiche la descrivono in termini narrativi (Enrie che entra nella stanza, che porta il regalo i fiori); viene allestito un piano narrativo della critica. I fiori vengono rappresentati sul secondo piano e portati dalla donna di servizio a Olympia; spazio e modo in cui vengono raffigurati i fiori in contrapposizione alla pelle della donna. Molta attenzione nella loro raffigurazione insieme ad altri particolari, del letto, dei cuscini, del telo. I fiori occupano un grande spazio all'interno dell'opera, colpiscono il pubblico e ritorneranno in varie caricature dell'opera. Il gatto nero fu un altro dettaglio che colpì molto i critici, la coda ritta fu intesa come un elemento fallico nella lettura del quadro, il gatto era anche un elemento baudelairiano (scritti tra Baudelaire e Manet). Prostituzione di ambito borghese, Olympia non è una cortigiana di alto rango, delle quali era anche permessa la rappresentazione. 2 Scena che effettivamente gli spettatori del quadro avrebbero potuto vivere in prima persona, scena di prostituzione nuda e cruda. In questi anni era sicuramente un gesto provocatorio, che andava sollecitare un problema reale della società parigina. Materialità della scena confermata dal corpo della donna, modella e amante di Manet che appare anche in colazione sull'erba, corpo tozzo rispetto alle forme slanciate che dovevano caratterizzare un nudo ideale di una cortigiana, veniva sottolineato come il corpo fosse fatto di una pennellata inconsistente, quasi eterea che non va a divinare il corpo, in questo caso veniva addirittura paragonata a un corpo preso dall'obitorio. L’Olympia andava a toccare un nervo scoperto della società del tempo. Tanto era realistica la scena che i critici, in questa narrazione del dipinto, affermavano che si poteva addirittura sentire il cattivo odore che emanava la donna. Dato che angosciava Manet che avrebbe voluto ottenere dei riconoscimenti ufficiali. Anche il tema si riconnetteva a Baudelaire (prostituzione) in particolare a un passaggio del “pittore della vita moderna” in cui viene descritto il prototipo della prostituta (slide). Caricatura dell'opera (La Naissance du petite ebaniste), la nascita del figlio dell’ebanista, contesto operaio e artigiano. Molte caricature ribattezzavano Olympia come la moglie dell’ebanista. Bertall: giocando con la raffigurazione del mazzo di fiori, viene detto che il quadro di Manet è il bouquet della composizione; Courbet è distanziato di parecchi metri da quest'opera. Grande mazzo di fiori che copre le nudità della donna. Rappresentare la prostituzione non è una novità assoluta, era il modo in cui l'aveva fatto ad esserlo. • EDGAR DEGAS, FEMMES DEVANT UN CAFE, LE SOIR, 1877 Degas rappresenta scene di donne in attesa di clienti, scene di vita notturna, in una serie di pastelli. Anche qui nella tecnica risiede l'accettabilità di queste opere, nessuna delle quali aveva l'ambizione ti presentarsi come quadro da Salon, come invece aveva fatto Manet. Ovviamente poi essendo una scena di vita cittadina, le prostitute sono rappresentate vestite, questo comporta un'ulteriore accettabilità della scena, Manet rappresenta invece l'inaccettabile e cruda verità. Dipinti di nudi ammessi: • J. L. GEROME, PHRYNE…, 1861 Si cercavano degli espedienti narrativi per rappresentare i nudi di donna, in questo caso scene classiche. Tutto il quadro gira intorno alla nudità della donna, modo di sublimare il nudo. • A. B. GLAIZE, LA POURVOYEUSE DE MISERE, 1860 Qui la prostituzione veniva giocata espressa come una vecchia che sta artigliando, in questo caso, il carro degli amori che fugge in secondo piano. • THOMAS COUTURE, LA COURTISANE MODERNE, 1873 3 Nudo contestualizzato in ambito allegorico e simbolico, senza legarlo alla stessa contemporaneità. • PAUL BAUDRY, PERLE ET VAGUE, 1863 Stesso anno dell’Olympia. Differenza tra nudo e spogliato, differenza teorizzata da Clark, nudo come qualcosa di puro e classico, spogliato come corpo completo, in carne e ossa (Calliebotte: corpo che porta i segni). Maxime Du Camp: slide e riflessioni su prostituzione. Serie di nudi che collo che hanno l'attenzione morbosa del corpo femminile in un quadro classico: • ALEXANDRE CABANEL, LA NAISSANCE DE VENUS, 1863 Stessi anni dell’Olympia. Percezione della materialità del corpo che contrasta con l'immaterialità del corpo di Olympia, che in questo caso comunica quasi la morte del corpo. Gioco delle fonti, si possono individuare diverse suggestioni che partono da un punto intermedio che passano dalla realizzazione delle prime fasi del quadro (bozzetto opera con disposizione diversa da quella finale). Riferimento ad Achille Dèveria, impostazione di una scena analoga. Pittore importante e conosciuto da Manet e apprezzato tanto da apparire anche nel Salon di Baudelaire. • TIZIANO, VENERE DI URBINO, 1538 Connessione tra Tiziano e Manet, per quanto evidente non fu colta da tutti e subito, fu notata sporadicamente dai critici. Quando fu notata, fu notato anche come questo riferirsi al museo non comportasse un innalzamento del tema da parte di Manet che invece otteneva l’effetto opposto, svalutava il tema da museo in un quadro di cronaca realistico nella descrizione della scena. Il riferimento al museo che Manet adottava nei suoi dipinti, con altre ambizioni, non era interpretato allo stesso modo. • J. A. D. INGRES, LA GRANDE ODALISQUE, 1814 Articolazione del corpo, talmente sinuoso e morbidamente plastico che veniva detto non avesse ossa al suo interno. Linearmente plastico nella definizione del corpo, innaturale nella torsione e nella proporzione della schiena. Pittore classico che riforma i principi classici della pittura realizzandone una classicamente moderna. Lo sguardo dell’odalisca è rivolto verso lo spettatore. 6 N.B. la fotografia ovviamente all’epoca non riusciva veramente a congelare un momento come fa ora, erano necessari lunghi tempi di posa. • LE CHEMIN DE FER, 1873 Di nuovo raffigura la solita modella e una bambina che guarda il passaggio di un treno, separato da una grata, in questo caso c'è utile una caricatura del tempo che raffigurava Manet in atto di forzare le sbarre, perché coglie di nuovo l'aspetto di superficie del dipinto, questa orchestrazione a griglie serve proprio a sottolineare questa qualità dell'opera, anche il bianco della nube serve a ciò, sottolinea ancor di più il valore bidimensionale dell'opera su cui si staglia la grata. Attimo congelato e protratto nel tempo da Manet, la donna sembra un attimo sospendere la lettura per rivolgere uno sguardo assente verso lo spettatore, con un gesto immediato di naturalezza tiene il segno del libro. Pittore contraddistinto anche dalla fermezza del dato pittorico, diversa dalla qualità atmosferica e della mutevolezza che agirà in Monet. • RITRATTO DI EMILE ZOLA, 1868 Stampe giapponesi, Emile Zola è circondato da una serie di riferimenti visivi, il quadro di Velazquez, l’Olympia e una stampa giapponese che, insieme all'opera alle spalle di Zola, ci rimanda al dato della superficie. Interessante l'escamotage che utilizza Manet per firmarsi, non è una firma canonica, il nome del pittore è inserito come titolo dell'opuscolo che Zola gli aveva dedicato. • ROLL, IL 14 LUGLIO 1880, 1882 • H. GERVEX, STUDIO PER LESBASSINS DE LA VILLETTE, 1882 Servono per introdurci al prossimo dipinto di Manet. Molto lontani dei principi che guidano l'arte di Manet perché abbiamo la raffigurazione di una scena di folla, nel primo, che quasi un'illustrazione, con la descrizione dei personaggi rappresentati nel dettaglio, che rientrano in una raffigurazione aneddotica della scena raffigurata. Nella seconda invece, che raffigura questo scaricatore di carbone, l'impostazione è tutta giocata sul verismo del corpo e sull'azione che compie l'uomo. Parigi popolare ancora legata a una raffigurazione verista che si distacca dalle problematicità, anche a livello di fattura, che invece mette in atto Manet. • IL BAR DELLE FOLIES-BERGER, 1881-82 Anche questo dipinto incontrò delle problematicità di lettura. 7 Rappresenta una scena all'interno di un bar, i bar sono luoghi particolari, dovevano rientrare in un canone ben preciso, non potevano svolgersi spettacoli di natura teatrale, erano luoghi di aggregazione che riflettevano l'articolazione sociale del pubblico, chi poteva permettersi di prenotare il tavolo stava in una collocazione privilegiata, dove avvenivano dei piccoli spettacoli, qui si trovavano i borghesi con le famiglie, livello medio-alto; allontanandosi scendevano anche ai prezzi e si trovavano qui, quindi, gli operai. Nasce una nuova idea di divertimento popolare condiviso da diversi strati sociali della popolazione, caratteristica principale della modernità, raffigurata anche da Degas. Raffigurare una scena così voleva dire dar voce a un nuovo assetto sociale, indagare le maglie sociali del tempo e lo spazio in cui queste si incontravano. Finzione di condividere uno stesso divertimento. I responsabili dell'ordine pubblico sono preoccupati da questa commistione perché diviene meno controllabile, si creano delle spaccature nella società che avrebbero voluto conservare con classi sociali distinte e distaccate. I pittori sono affascinati da questa modernità, dalle luci a gas e poi da quelle elettriche, che crea una luce differente rispetto a prima; una delle critiche fatta a Manet fu quella di non aver restituito abbastanza la potenza delle nuove luci, le stesse luci che scandiscono allontanandosi la differenza tra le classi sociali. I personaggi all'interno del dipinto sono due, la barista, di fronte a noi, è un'altra persona di cui vediamo il riflesso sullo specchio; tutta la scena è visibile dal riflesso sull'enorme specchio posto dietro la ragazza. Sul bancone, ancora una volta, osserviamo le Nature morte che Manet tratteggia con la sua grande bravura. Osserviamo la scena che si svolge di fronte alla donna che sta servendo. C’è però qualcosa che non torna e che viene subito notato dalle caricature fatte al tempo, di fatto non si capisce con chi la donna stia parlando perché Manet avrebbe dovuto raffigurare una persona davanti a lei, avendo la disposta così, invece, sembra incorrere in una sorta di errore della concezione ottica, a partire dalle fattezze della donna e la rappresentazione dei suoi capelli. Quella che vediamo allo specchio è una donna molto più generosa nelle forme rispetto a quella che vediamo di fronte; in quella di fronte a noi notiamo i capelli raccolti che invece diventano trascurati nel riflesso. Quello che viene detto è che siano due persone differenti, disposte goffamente rispetto all'avventore, che avrebbe invece dovuto essere rappresentato in modo diverso se il pittore avesse voluto raffigurare il dialogo tra i due. In molte caricature del tempo il caricaturista dice di aver sopperito all'errore di Manet che si era dimenticato di inserire la figura dell'uomo. Ovviamente non è che Manet non fosse in grado di farlo, nel bozzetto infatti questo avviene pacificamente, semplicemente forzando e ruotando la figura della donna verso destra, l'uomo così risulta ai piedi del bancone e leggermente fuori dall'inquadratura. In questo caso non ci sarebbero stati problemi e il nostro posto sarebbe stato dietro l'uomo. Nella soluzione finale lo spettatore sembra essere invece nella terra di nessuno, se la donna infatti sta parlando con l'uomo allora non dovrebbe esserci posto per una persona davanti, allo stesso tempo se si ammette la presenza dell'uomo non capiamo la sua disposizione. 8 È un quadro che sottolinea in vari punti la bravura pittorica dell'artista, rappresentata, ad esempio, dalle gambe del trapezista in alto a sinistra. Perché Manet “sbaglia”? Analisi dello sguardo, identificato variamente e letto, nel dialogo che si sviluppa tra la donna e l'uomo, come una scena di prostituzione, l'uomo si sta informando con la donna. Si torna alle cronache lette in precedenza, riguardo alle giovani donne che arrivavano in città e dovevano trovare una propria collocazione sociale, si capisce questo dalla lettura dello sguardo. L’interpretazione di Clark, invece, riguarda la nascita di una maschera sociale che inizia essere indossata in questi momenti, la donna è ritratta al lavoro e indossa un'uniforme che la identifica come barista, anche il volto deve indossare un'uniforme adatta, una maschera, deve sembrare parte di uno strato borghese, deve mettere a suo agio l'uomo, sicuramente un borghese, intendibile dal cilindro. Maschera sociale sulla donna che probabilmente proviene dalla periferia parigina. Lo sguardo, apparentemente imperscrutabile, che non comunica nulla, rientra in questo gioco sociale. Sguardo che ritorna in altre circostanze: • DEGAS, ASSENZIO, 1875-77 Questo sguardo ritorna come riflessione amara sulla contemporaneità. Qui due amici di Degas riempiono la scena, la donna guarda nel vuoto. Virtuosismo prospettico nel taglio del dipinto dall'angolo in basso a destra fino al centro, fino a creare una conversione rapidissima verso i due uomini sul secondo piano. Nascono in questo periodo delle vere star mediatiche, pop star di oggi, protagoniste assolute della scena tanto avere dipinti allora dedicati e caricature, sempre spia dell'importanza del personaggio. THERESA: caricatura, sempre colta come colei che si faceva voce di un nuovo gusto popolare, questo nuovo gusto che corrompeva le canzoni rivoluzionarie che il popolo cantava prima. Caricatura (slide) dove un celebre cantante del 1848 va a chiudere la bocca a Thèrèsa. Gusto popolare moderno: autore della decadenza della sostanza politica rivoluzionaria, diffidenza da parte di coloro che devono mantenere l'ordine pubblico. Tornando al Bar delle Folies-Bergère: perché si ha un’ottica diversa? Evidentemente Manet vuole invitarci a riflettere su qualcosa, questo qualcosa e il rapporto tra il pittore il quadro. • JEFF WALL, PICTURE FOR WOMAN, 1979 1 LEZIONE 9 14/10/2021 • EDGAR DEGAS, LA PROVA, 1877-78 ca Pittore urbano del sottobosco cittadino. Tecnica del pastello e più piccole dimensioni --- no quadri da Salon. Conosciuto in larga scala per la raffigurazione delle ballerine o soggetti che vivono ai margini della società (es. stiratrici). Rispetto all'impostazione che abbiamo notato con Manet, Degas non costruisce le sue composizioni con un sistema prospettico definito in senso classico ma l'opera si squadra davanti agli occhi dello spettatore, si popola di ballerine che seguono una propria disposizione piuttosto che rispondere ha una posizione prospetticamente definita. Inquadratura che conserva la freschezza del momento in cui viene ritratta la scena. Differenti letture legate al contesto sociale e politico e intorno alla scrittura dei testi letterari o di pittori che dialogano con i pittori, com'è il caso del saggio di Duranty “sulla nuova pittura” del 1874 e che si riteneva possa riflettere in parte quelle che erano le opinioni di Degas stesso. In questo testo si sottolineava la capacità dei narratori, in particolare Zola, di restituire il tipo sociale attraverso la descrizione di un singolo carattere, quindi l'abilità di trarre un assunto generale da una descrizione particolare; Degas apparentemente potrebbe sembrare rispondere a questa idea perché prende singole figure che potrebbero essere identificative di uno schema più ampio, la ballerina, la stiratrice, ecc…, nell'ottica di riflettere quella che è l'architettura sociale nel tempo. Possibile lettura di Curk Varnedae ha ribaltato provando a leggere in quest'apparente casualità della disposizione delle figure in Degas la preminenza, non tanto dalla raffigurazione di un tipo sociale quanto viceversa, di una riflessione su quelle pieghe sociali in cui si introducono le figure che ritrae; le figure rappresenterebbero quindi i margini di libertà anarchica (in senso generico) rispetto a un ordinamento sociale complesso. Questo verrebbe attuato, secondo Varnedae, attraverso un sistema prospettico libero sul piano del dipinto e non più rispondente a un'ottica centrale classica. Degas adotta un taglio che trae spunto dall'idea della fotografia e lo trasla in pittura, anticipandola. Non è solo il taglio distinguere i dipinti di Degas, ma questo abbinato alla scelta dei corpi, all'attitudine, all'impianto generico dell'immagine. Un concetto che sta alla base del libro di Varnedae e la capacità del pittore ti riprendere rielaborare dei sistemi pittorici, che magari sono sempre stati a loro disposizione, rigiocandoli in modo nuovo. Degas ritrae le ballerine con atteggiamenti non iconici del balletto ma sono momenti di prova un momento in cui si vestono. Non è raffigurato l'attimo della rappresentazione ma tutti i momenti di contorno, questa scelta riflette a livello tematico l'impostazione stilistica. 2 • E. DEGAS, PRIMA DEL BALLETTO, 1888 Scena serrata e centrata sulla materia pittorica in sé, con questo spazio centrale in gran parte occupato dal pavimento. Le protagoniste della scena si dispongono, paradossalmente, ai lati del fuoco centrale. Perifericizzazione dei personaggi che riflettono questa libertà figurativa da parte di Degas. • E. DEGAS, BALLERINA DI 14 ANNI, 1921-31, modello cera 1865-81 Caso particolare. Artista straordinariamente mimetico nella raffigurazione di questa ballerina, tratti fortemente realistici, come il corpetto, il gonnellino e il nastro, che restituiscono la veduta completa di rappresentazione. Opera che fu scandalosa per il tempo perché rifletteva il lato nascosto della scena del balletto delle scene parigine, perché raffigurava un contrasto forte tra l’aspetto della ragazza, a cui fu notato una sorta di aspetto scimmiesco nel volto, e la fierezza dell'impostazione e della posa. In questo contrasto era visibile anche la gloria, la ricerca del sogno della ballerina che poi si scontra con la realtà. La scultura si inserisce nelle opere che vanno sottolineare una faglia nel sistema sociale del tempo. Contrasto tra posa e natura. • LYNETTE YIADOM-BOAKYE, WILLOW STRIP, 2017 • LYNETTE YIADOM-BOAKYE, THE HOURS BEHIND YOU, 2011 Artista contemporanea che rielabora quella che è la tradizione pittorica occidentale in senso innovativo e dirompente. Serie di dipinti che raffigurano ballerine che danzano e si riallacciano, non solo nelle pose ma anche nel concetto, alle riflessioni di Degas, anche a partire dal rapporto contrastante tipo/genere. • LYNETTE YIADOM-BOAKYE, A CONCENTRATION, 2018 Queste figure che sembrano dei ritratti in realtà non lo sono. Sono figure che nascono da una crasi tra ciò che l'artista ha potuto vedere dai mass media (televisione, carta stampata) fusi con la sua invenzione, personaggi che non esistono nella realtà. È interessante notare come in questi personaggi convivono diversi sistemi narrativi. Figure autonome disposte liberamente nello spazio che creano esse stesse lo spazio. Primi due dipinti: sfondo di impatto monocromatico in cui l'artista mette in scena la danza delle ragazze, che danno vita allo spazio. Dipinti che rispondono a un'idea di musicalità intrinseca nell'opera, non distante da quella che raffigurava Degas (paragonati a dei dipinti di natura jazzista per come il pittore gioca con i suoi personaggi), allo stesso modo in Boakye la scena nasce dal movimento dei personaggi, scene estremamente musicali. 3 Riprende dei concetti pittorici riguardanti il rapporto tela-spettatore (elementi di riflessione che nascono dalla visione delle opere stesse), così in “A concentration” i ballerini sembrano tutti concentrati nel gesto che stanno compiendo tranne uno, al centro sulla sinistra, che guarda verso lo spettatore (FACENESS Manet). Quelle che raffigura la Boakye sono scene di tutti i giorni se non sempre raffigurate in uno spazio in cui vengono rappresentati i particolari, che viene animato dalle figure stesse, e che giocano con la tradizione pittorica, ribaltandola e facendone anche una questione di genere, spesso il ruolo della figura femminile è sostituito da figure maschili. • LYNETTE YIADOM-BOAKYE, ANY NUMBER OF PREOCCUPATIONS, 2010 • LYNETTE YIADOM-BOAKYE, THE GRAINS, 2017 Questo si riallaccia ha una tradizione di nudi distesi sul sofà che hanno caratterizzato un filone dell'arte ottocentesca. Anche in questo caso abbiamo l'uomo che si gira e ci guarda, occupando prepotentemente il primo piano. C'è anche un altro aspetto sottolineato dalla critica, su questa pittrice, ovvero che sviluppa una nuova proposta legata a una società multiculturale e multietnica che è stata identificata in ambito anglosassone come BLACK BRITISH, società pienamente adattata che non ha più bisogno di rivendicazioni politicamente eversive, come tendono a rappresentare i mass media, ma è invece ritratta in attività quotidiane che non lasciano trasparire rivendicazioni politiche. Questa volontà della Boakye va letta come un'integrazione che non necessita più di una rivendicazione politica e quindi può soffermarsi su quelli che sono i valori pittorici e i temi da raffigurare. CLAUDE MONET Pittore impressionista per eccellenza. Slide: riflessione di Mayer Shapiro, che ha dedicato un libro all'impressionismo. Cambia il concetto del quadro visto finora, dal tableau quindi si passa all'idea di voler restituire un'impressione. Termine che oltretutto consente agli artisti di focalizzarsi sull'aspetto pittorico, che sottolinea rivendica la liceità di raffigurare l'attimo, il momento, di fermare un secondo che poi cambia un attimo dopo, questo arriverà ad avere la sua massima espressione nella serie di cattedrali di Monet. Soffermarsi sul lato pittorico con il termine Impression: la natura del dipinto come tale, non tanto come raffigurazione ma come rappresentazione di qualcosa è centrale nella comprensione delle opere impressioniste, e in particolare in Monet. Il colore e la pennellata valgono in prima battuta come sostanza pittorica ma contemporaneamente valgono anche come parte di un tutto, quando vediamo una pennellata in Monet la riconosciamo come entità autonoma ma anche come parte che concorre a formare una scena, doppio aspetto, di restituzione della scena e aspetto autonomo del colore. Questo si vede dal fatto che scompare lo strato nero, usato nella preparazione al dipinto, e le ombre diventano colorate, ci viene restituito “ciò che si vede”. 6 Monet: il museo non c'è, scena realistica, un picnic all'aperto; non c'è più un gioco di riferimenti. Libro dedicato a Monet che riunisce due conferenze di Francesco Arcangeli, “Monet”, restituisce molto bene la novità di questo dipinto (slide). Serie di dipinti che mostrano l'evoluzione dello stile e della pennellata in Monet. • TERRASSE A SAINT-ADRESSE,1866-67 Ritornano alcuni elementi visti prima, come il movimento delle bandiere al vento (visione cittadina di Monet contrapposta a Corot). Le bandiere servono quasi ad inquadrare la scena, leggermente spostati sulla sinistra secondo un’inquadratura che segue le diagonali della terrazza in primo piano. Pennellata che risponde, con la sua qualità materica, alla qualità atmosferica, diventa picchiellatura di colori nei fiori che tappezzano il dipinto, e diventa filamento più lungo nelle onde che si infrangono sul secondo piano. Sembra di percepire l'aria che circola all'interno della scena. • FEMME AU JARDIN, 1866-67 Testimonia la riflessione di Monet sul personaggio all'interno del dipinto, secondo certe critiche non sa bene come disporre le figure all'interno del quadro. La particolarità della figura e che è sempre la stessa, ovvero la moglie Camille che gira intorno all'albero. Composizione pivotale, che ruota intorno a un elemento centrale, in questo caso l'albero, che funziona da articolazione ritmica per la disposizione delle quattro figure femminili. • C. MONET, LE DEJUENER, 1868 Tema già visto in Manet (the luncheon in the studio), a testimonianza dei temi che circolano da un'artista un altro. Cambia l'inquadratura rispetto a Manet, torna però l'idea, rispetto a Caillebotte, di una prospettiva vissuta, c'è un posto lasciato libero, che possiamo immaginare sia quello del pittore. Anche qui possiamo notare la differenza di qualità pittorica tra Manet e Monet, qualità della stesura pittorica, in Manet giocano sicuramente i modelli olandesi, nell’acribia ottica che scava la tovaglia, mentre in Monet la lucentezza della tovaglia si traduce in una materialità, in una sensazione tattile di percezione del materiale, più assente nella composizione pulita di Manet. Abbiamo in Monet un’otticità che va oltre alla dimensione strettamente visiva che sembra chiamare in causa anche l'aspetto tattile. Assenza/presenza del pittore a tavola. 7 • C. MONET, LA GRENOUILLERE, 1869 • RENOIR, LA GRENOUILLERE, 1869 Francesco Arcangeli dice che si potrebbe anche immaginare di vederli dipingere insieme. Nel caso di Monet il taglio fotografico è più accentuato, cambia la luce e la pennellata, composta una serie di tacche cromatiche che animano lo specchio d'acqua in primo piano. Monet rispetto a Renoir abbassa l'inquadratura, questo fa siche si vada anche a creare un primo piano con la sensazione di acqua incombente, caso che in Renoir si ha meno, per quanto entrambi cerchino di restituire la sensazione che nasce dalla visione di un attimo, lo fanno attraverso letture stilistiche diverse. Si vede qui progressivamente emergere l'autonomia della pennellata rispetto alla raffigurazione mimetica di cui fa parte. • C. MONET, THE TIMES AT WESTMINSTER, 1871 Londra, svolge una riflessione pittorica che si arricchisce anche delle riflessioni portate avanti dai pittori inglesi, incontra anche Wisler, altro artista di ambito impressionista. Qui cambia la gamma cromatica con l'obiettivo di restituire il classico clima londinese, quella nebbiolina che c'è sempre la mattina. Monet va come offuscare il piano della visione, il Tamigi in primo piano e le architetture in secondo piano; vai invece a uniformare l'insieme in questa tessitura, quasi monocromatica, resa pulviscolare dalle striature che l'attraversano. Diversa grana della tessitura pittorica, fitti tasselli cromatici, fitte virgolature in basso a destra che progressivamente vanno a distendersi restituendo l’opacità della visione. • C. MONET, IMPRESSION SOLEIL LEVANT, 1872 Dipinto a Leavre, è stato addirittura possibile immaginare l'arco temporale, siamo in autunno, visibile dall'acqua alta che consente di tenere aperta la chiusa per far passare grandi transatlantici, che compare al centro della scena. La pennellata si fa più violenta nelle striature del cielo, nella drammatizzazione dei contrasti luministici, questo è funzionale alla esigenza di trasmettere l'impressione visiva che Monet hai in quel momento. Il sole rosso diventa un fuoco cromatico che illumina tutto il dipinto, si riflette nell'acqua, è un'ombra dettata dalle pennellate che, come nel caso di Londra, poi si spiegano a diventare leggermente diluite intorno al sole e poi strappate nel cielo, con questa serie di contrasti coloristici molto forti. La pennellata si fa così violenta e strappata perché funzionale a restituire la forza del vento che spazza il porto, anche osservando questa tipologia di vento è stato possibile collocare l'opera in un arco spazio-temporale preciso. Opera che suscita una forte reazione, che rompe le convenzioni pittoriche in uso fino a quel momento, che addirittura anche Manet aveva mantenuto, non si sarebbe mai sognato di presentare un'opera che avesse il carattere non finito del bozzetto. Obiettivo di Monet: restituire l'emozione del momento sulla tela. 8 • C. MONET, IL BACINO ALL’ARGENTEUIL, 1875 Questo percorso continua nelle opere successive dove Monet va a calibrare e a rendere più aspra e dilatata la pennellata a seconda della scena. Qui il quadro è tagliato da questi cespugli che chiudono la diagonale in basso a destra e servono quasi per trampolino di lancio per lo sguardo dello spettatore che poi si proietta nel bacino d'acqua con le barche, queste hanno prima un'autonomia come oggetti pittorici e poi come rappresentazione di barche. • C. MONET, DONNA IN GIARDINO, 1875 Il vestito è attraversato da una serie di riflessi di luce che vanno a modificare la percezione stessa, che modificano per la visione stessa del vestito, ciò prelude a quanto Renoir riesce e vuol far più di Monet, ovvero l'ombra che va ad articolare coloristicamente le scene che ritrae. • RENOIR, IL BALLO AL MOULIN DE LA GALETTE, 1876 • RENOIR, L’ALTALENA, 1876 Obiezione fattagli nel tempo: raffigurare i corpi come fossero in decomposizione, oppure dei corpi e dei vestiti macchiati, che sono però vestiti che portano addosso quella che è la sensazione della luce in quel momento. Il colore locale è quello reale dell'oggetto, ma i riflessi, i giochi di ombra e luce assumono una cromia difficile da individuare singolarmente, come il vestito della donna (Moulin de la Galette) che possiamo immaginare bianco ma che nel quadro risulta rosino. Non viene rispettato il colore locale ma viene restituita la sensazione della visione. Voler disarticolare le convenzioni alla visione pittorica del tempo, pensare che la luce possa alterare la cromia originale di un oggetto è un'idea rivoluzionaria. Volontà di mettere fisicamente la luce e di renderla protagonista del dipinto. Nel quadro di vita moderna e in scene che riguardano la modernità non poteva mancare la stazione dei treni. • C. MONET, LA GARE ST. LAZARE, 1877 Stazione che vive sulla contrapposizione dei colori, tra le nubi del vapore che vanno a occupare le architetture contemporanee e giocano con il tessuto cromatico dell'opera e che contribuiscono a creare un’iconografia diversa; in Manet il fumo e il vapore era funzionale a ribaltare sul primo piano la griglia su cui stava la bambina. • C. MONET, LA STAZIONE DI SAINT-LAZARE, 1877 Qui è un vapore che invade interamente la composizione, diventa uno dei tratti predominanti dell'opera. Caricatura Manet in prigione: griglia come sistema pittorico, in Monet invece la bidimensionalità della tela è sottolineata dalla densità pittorica che caratterizza l'opera, quindi il colore che assume una sua indipendenza espressiva. 11 Il soggetto sono le ninfee, di fatto è la pittura, quello delle ninfee è un pretesto. Con le dovute distinzioni, questo si evolverà fino alla pittura ALL OVER di Pollock. • C. MONET, RAMO DI GLICINI, 1919-20 Arabesco quasi Liberty, il colore caratterizza il dipinto. insieme di colori e rutilare di forme pittoriche, il soggetto e la pittura stessa, metaopere. Doppia valenza del colore, qui tende quasi a mettere in secondo piano il valore raffigurativo, conta come colore in sé, come gesto pittorico in sé. Confronto con Pollock: • J. POLLOCK, EYES IN THE HEAT, 1946 Groviglio di forme dati pittorici che occupano tutto lo spazio dell'opera. PAUL CEZANNE Rappresenta un preludio essenziale per capire cosa succederà dopo la sua morte, sulle riflessioni successive tra forma e pittura (Picasso, Demoiselles d’Avignone: nascono in parte dalla visione di alcune opere di Cezanne, che aveva affrontato un soggetto simile in diverse occasioni). Ottica formale e psicanalitica, lettura condivisa, in particolare riferimento a Shapiro “Arte moderna” e Timoteè Jeiue e Clark, che proprio alle Bagnanti dedica dei capitoli di “Addio a un’idea”. • P. CEZANNE, IL PASTORE INNAMORATO, 1883-85 Bozzetto. Presenta alcune delle figure, in particolare nudi di donna, su cui tornerà a breve. Fu interpretato originariamente come “il Giuramento di Paride” (slide). Diverse ipotesi di lettura (slide, Properzio e Virgilio). Di questi temi e di un rapporto contrastato con la sessualità, Cezanne parlava con quello che diventerà un illustre compagno di viaggio, Emile Zola, suo compagno di liceo, Cezanne fu uno dei pochi ad accoglierlo e a rivolgergli la parola. In segno di riconoscenza Zola avevo portato un cesto di mele a Cezanne, di lì nacque un'amicizia che andò avanti finché, probabilmente, Cezanne vide nelle fattezze di Claude Lautier, pittore suicida del romanzo di Zola, la sua raffigurazione. Cezanne in un'intervista dichiarò che in un momento Zola “dimostrava di apprezzare le mele che hai dipingevo”, a dimostrazione di un tema che fin dall'antichità accomuna la lettura della natura morta, in particolare delle mele, ha una sfera erotica, a partire dal testo di Filistrato, ci ricorda Shapiro, sul culto di Venere con la folla di putti che giocano con le mele. Questo ci apre una finestra sulla percezione e sul ruolo della natura morta in Cezanne e del suo rapporto, da un lato con Zola, e dall'altro con una sessualità problematica che traeva 12 un altro punto d'appoggio nel rifiutare il contatto con altre persone, come lui stesso ricorda in un altro aneddoto (ragazzo che lo aveva urtato). Fu tanto turbato da questo evento che addirittura teneva lontane le modelle nello studio. Questa erotizzazione della natura morta, e in particolare delle mele, caratterizza un altro romanzo di Zola, “Le ventre de Paris” (1873) ---- estratti del testo: suggestione erotica tramite descrizione della frutta. • P. CEZANNE, AMORINO IN GESSO, 1895 In alto compare la parte inferiore di un busto che viene contrapposta, in basso, ha una natura morta, mela come oggetto caratterizzante. P. CEZANNE, L’ORGIA, 1864-68 Slide. Natura morta come riconciliazione di una memoria familiare contrastata è una delle possibili ipotesi che nasce vedendo l’opera di Cezanne. Opera fitta di scene violente nel momento in cui si affronta la scena erotica. In questo quadro la forte violenza emerge dai colori e dalla descrizione dei corpi. Questo emerge anche dalle lotte che contraddistinguono i BACCANALI. • LOTTA D’AMORE, BACCANALE, 1875-76 Scene di contrasti e lotte a tratti violente, che arrivano poi a riflettersi in temi come quelli sviluppati da Delacroix di Medea che uccide i figli. Trovano conferma poi in altri dipinti che dialogano con libri del tempo, come il frontespizio di un libro sui sogni del 1867, in cui il protagonista del libro entra in scena accompagnandosi con una modella nuda che poi la concretizzazione del sogno di cui si parla. • IDILLIO, DON CHISCOTTE SULLE RIVE DI BARBARIA, 1870 Compaiono vari nudi di donna. Quella messa in scena da Cezanne è una figura tribolata, pensante, che dialogo con alcuni prototipi ormai diventati celebri, come il “dejeuner sur l’herbe” di Manet, tematizzati come se Cezanne dialogasse con la pittura come una sorta di mezzo psicanalitico utilizzato per esorcizzare alcune paure che traspaiono dalle sue pitture. • UNA MODERNA OLYMPIA, 1873-74 Lo stesso Cezanne si autoritrae, in compagnia del fedele cagnolino Black, mentre ammira il nudo dell’Olympia manifestandolo con la concretezza di un sogno. Le sue fantasie acquisiscono una loro concretezza nel momento in cui le rende sulla tela. 13 Caratteristica che condivide, con la stessa terminologia, con il pensiero, portato avanti in anni vicini, da Sigmund Freud. Suggestiva vicinanza di concezioni portati avanti in campo psicanalitico da uno e tradotte in ambito artistico dall'altro, non bisogna intenderla però come una mera traduzione pittorica della psicanalisi. • L’APRES MIDI A NAPLES, 1870-72 Servitore che entra con una natura morta sul vassoio (mele) e che tira il drappo, successione con la donna che entra con il vassoio in secondo piano in un'altra versione dell'opera. Figura della condensazione e spostamento: rappresentata in NUDO FEMMINILE, 1886-90. 3 Nella seconda opera vari personaggi sono ritratti in adorazione di questa donna nuda posta al centro della composizione. Nella prima, invece, tra le persone che si pongono di fronte, in adorazione a Delacroix, troviamo Cezanne accompagnato dal fedele cane Black. Viene raffigurato anche un pittore con il cavalletto mentre dipinge. Dimostrazione di come la sua riflessione sulla pittura comporti, anche a livello iconografico e quindi disposizione di figure sulla tela, una contemporanea riflessione e implicazione della psicologia e il dialogo con l'eros. • PORTRAIT OF GUSTAVE GEFFROY, 1895 • MADAMME CEZANNE SU SEDIA GIALLA, 1888-90 Un altro argomento riguarda il dialogo con la figura e la sua disposizione all'interno dell'opera. Primo quadro: scrivania troppo inclinata, sembra uno scivolo. Porta a esacerbare il concetto di prospettiva vissuta, dove non c'è un'analisi prospettica apparentemente corretta ma che va a sottolineare il dato percettivo di per sé, con il risultato che questo tavolo sembra incredibilmente inclinato e i libri sembrano pronti a cascare di sotto. La stessa cosa succede nel secondo quadro, la donna viene ribaltata sul primo piano, c'è un dato di superficie, di bidimensionalità che nasce però da una diversa concezione della prospettiva con questa accelerazione spericolata. • LES JOUEVRS DE CARTE, 1892-95 Dipinto che si svolge sulle picchiettature cromatiche e tutto sulla superficie, ugualmente qui la prospettiva risulta accelerata e vissuta. • P. CEZANNE, LE GRANDI BAGNANTI, 1895-1906 (tre versioni) Quadri molto diversi gli uni dagli altri pur partendo dalla stessa iconografia che riguarda appunto le bagnanti. • LES GRANDES BAIGNEUSES, 1895-1905 (MERION BARNERS FOUNDATION) Sono gli anni in cui Freud elabora i suoi concetti cardine. Quest'opera comunica un senso di oppressione, è quasi claustrofobica, il cielo nero va a chiudere la composizione conferendo la sensazione di un temporale imminente. La scena rappresenta un picnic. L'identificazione dei soggetti è collegata strettamente, proprio nella descrizione formale, a due quadri cui Cezanne era particolarmente legato: • BAGNANTE A BRACCIA APERTE, 1880-85 • BAGNANTI IN RIPOSO, 1875-77 4 Opere su cui l'artista torna a riflettere, dopo l'esposizione, cercando di trovare una posizione diversa a questa prima sistematizzazione. Sono corpi che offrono diversi punti di contatto con quelle che poi diventano le bagnanti, a partire dalla disposizione delle braccia e dalla figura sognante, replicata perfettamente senonché messa in piedi nelle grandi bagnanti. Ritorna anche la figura sullo sfondo (bagnanti in riposo). Questi contatti iconografici ci fanno sorgere un dubbio sull'identificazione sessuale delle protagoniste. Freud (slide): turbamenti psichici di Cezanne, Clark “si può quasi udire l'analista che trae un discreto sospiro di sollievo: le fantasie di questo paziente sono sulla superficie”. Enciclopedia della psicanalisi, 1977: definizione di fantasma e donna o madre fallica. Se messi in contatto con i turbamenti di Cezanne ci aiutano nella lettura delle Grandi Bagnanti della Barnes Foundation. Il dipinto non è sempre stato come ci si presenta oggi (foto Cezanne con il quadro). • JASPER JOHNS, RICALCHI DA CEZANNE, inchiostro su plastica, 1994 Già interpretativa del quadro di Cezanne, ci aiuta a capire meglio il salto dalla prima versione (foto) a quella finale. Partendo dal principio, quello di Cezanne è un dipinto che tematizza il contatto e la mancanza di contatto tra le figure (problema di Cezanne), ci sono figure di difficile interpretazione, da cui sembra si generino altre figure, come nel caso della donna al centro. Lo stacco e la separazione tra le diverse bagnanti sono sottolineati volontariamente dall'artista, che va rimarcare la distanza tra queste, si vede bene nelle tacche di colore che separano la donna che entra sulla sinistra e le due bagnanti e successive, lama di colore, il telo che tiene in mano sembra fatto apposta a creare una separazione con il resto del gruppo. Stessa cosa vale per la figura appoggiata all'albero. Crea una tripartizione del quadro che divide il gruppo centrale dalle due donne laterali. Queste due figure separate sembrano dare concretamente corpo a quelli che sono i fantasmi cezanniani, sembra nascere da una restituzione di particelle materiali delle sue fantasie psichiche, come sottolinea Clark nella sua lettura dell'opera. Johns questa “fantasia” raccolta in modo netto, trasforma infatti la figura dal sesso incerto nelle bagnanti, reinterpretandola con un pene, figura maschile appoggiato al tronco. Lo stesso Cezanne accenna una certa ombreggiatura nella figura, questa interpretazione si fa forte di due elementi incontestabili, ovvero che nella versione originale l'ambiguità non c'era e anche nel fatto che si tratti di una figura molto simile, ugualmente incerta, ma che si presume maschile, che ritroviamo nei Bagnati a Riposo. Nella prima versione non si ha nessuna caratterizzazione della testa della donna a sinistra, anche nel dipinto finale viene annullata, diversa da quella degli altri bagnanti, che sembra alludere alla figura di donna o madre fallica. 5 È come se Cezanne allestisse nel quadro una sceneggiatura che dà voce ai fantasmi di castrazione, l'origine della differenza dei sessi, e che trovi riscontro nella sua esperienza biografica e nella definizione delle altre figure che accompagnano i suoi dipinti. Lettura che va oltre l'aspetto formale indaga quello iconografico. La figura sognante, identificata da Clark nel personaggio appoggiato all'albero trova un riscontro in: TENTAZIONE DI SANT’ANTONIO,1870, con la figura ritratta da Cezanne sulla destra. • P. CEZANNE, LE GRANDI BAGNANTI, 1904-06 (PHILADELPHIA) Continuano le riflessioni sul contatto dei corpi. Nuovo elemento. La composizione assume un diverso allestimento prospettico, dipinto con calma pittorica maggiore rispetto al precedente, questo non proibisce però di accelerare una forte compressione dei corpi gli uni negli altri nell'insieme della composizione. È come se effettivamente l'idea del contatto e della separazione venissero tematizzati all'interno del dipinto, come possiamo notare ci sono una serie di corpi che si toccano, che sembrano quasi compenetrarsi, specialmente in primo piano la donna sulla sinistra, nella precedente versione configurata distaccata, sembra ora entrare letteralmente nella capigliatura della donna accovacciato davanti a lei. Questo sembra dar voce a un'altra interpretazione della figura umana in Cezanne, ovvero che nel momento in cui si raffigura un personaggio, lettura di Clark, c'è allo stesso tempo empatia e trasporto tale da condividerlo con le figure e anche dal mobilitarlo dal ritrarre una persona, che non si trova nello stesso punto in cui è ritratta. Concetto di movimento e empatia, movimento empatico, che arriva cristallizzarsi nella compenetrazione di questi due corpi che arrivano a fondersi. Rispetto alla tela precedente ci sono due figure nuove, ovvero le due figure che guardano le donne al di là del fiume, separate rispetto alla scena che si svolge in primo piano. Divisione quindi tra la condivisione empatica del personaggio che si ritrae e l'esigenza di staccare la raffigurazione delle persone rispetto al resto della scena che sembra poter essere ricondotta alla paura del contatto di Cezanne. C'è un'altro affondo interessante sull'idea del contatto e dello sdoppiamento della persona, c'è un personaggio piuttosto bizzarro, ovvero la donna all'estrema destra, figura doppia, la parte inferiore potrebbe appunto rappresentare le natiche della donna sullo sfondo, ma potrebbe anche rappresentare il busto di un'altra donna che si piega in avanti. Figura doppia che si riallaccia da un lato all'idea della persona mista di cui parla Freud (slide). Persona doppia: ritratti di Galton, sovrapposizione di due immagini con lo scopo di identificare un tratto comune, familiare. Trova un riscontro ulteriore nella cultura ottocentesca, In particolare nel testo di Paul Sourion “Suggestione nell'arte” che rappresenta questa doppia capacità dell'immagine di essere letta in due modi diversi allo stesso tempo (slide). Scenario psichico articolato. Sulla sinistra si trova una sorta di “fantasma” che spunta dalla donna. Gli alberi inclinati creano una sorta di scena teatrale inquadrando il tutto. 8 Il volto della donna, Angele Sartre, conosciuta come una delle più belle donne del villaggio di Arles, contrasta con quella che è la sua presenza. Il volto duro e scabro con un’inespressività, com'è stato detto, bovina. Questo consente di fare allacci con altre figure, come ad esempio il ritratto della donna sulla destra, di stampo realista (Ritratto di mia nonna, Bracquemond, 1851), anche qui lo sguardo è vuoto. Lo sguardo di Angele gioca con l'idolo che Gauguin pone sulla sinistra, ci sono due livelli in cui può agire in riferimento alla scultura precolombiana, da un lato è il riutilizzo di forme iconografiche, di figure che passano dalla scultura alla pittura, e dall'altro, invece, un gradino successivo, più complesso, e che troverà una piena attuazione soltanto in anni successivi, è una rimeditazione formale dell'oggetto che viene visto, non riferimento iconografico preciso ma riflessione sui modi pittorici. Qui questi due livelli iniziano a convivere, non si ha solo la citazione dell'idolo ma si ha anche una riflessione sul linguaggio pittorico. L'idolo si riferisce a una ceramica toldteca, mentre la figura della donna può essere ricondotta, anche per la collana e la posizione delle mani, alle statue di Shiva nella posa di Buddha, da collegarsi ancora a Giava. Xilografia di Gauguin raffigurante Buddha. La posizione della donna è un omaggio ben augurante alla sua fertilità, così com'era stato un omaggio e una celebrazione di Madame Roulanalt in un dipinto di Van Gogh. • V. VAN GOGH, LA BERCEUSE, 1889 Ha il suo equivalente in un altro dipinto analogo di Gauguin. Entrambe le raffigurazioni contengono una sottolineatura della fertilità della donna come madre, ma non sono le lette, in particolare la belle Angele, come doni, non sono ben accolte dalle persone ritratte, è un canone di bellezza che non corrisponde alla visione del tempo. È quasi una risposta, nella staticità della forma, a questa pittura che sottolinea il persistere del dato pittorico, la formalità e quasi la risposta all'aleatorietà che veniva trasmessa dal corpo nudo dell’Olympia; una sottolineatura di una moralità incorrotta della provincia francese che si contrappone alla vacuità, alla corruzione della vita parigina ritratta da Manet. Questo dipende anche dal tipo di pittura utilizzato, è una pittura veloce quella che contraddistingue l'inconsistenza del corpo di Olympia, che contrasta con la solidità, con la presenza plastica de la belle Angele. Ne “La Berceuse” la donna viene ritratta con una corda in mano, opera con valore particolare, vorrei essere consolatoria dopo che Gauguin aveva lasciato Van Gogh. Tra i due c'è una contrapposizione stilistica e di concetto artistico di fondo che ruota intorno all'idea dell'arte astratta, il concetto di arte astratta cambierà molto nel giro di decenni. Gauguin veniva inteso come un'artista astratto poiché non si basava sulla scena dal vivo (delle volte solo per iniziare il dipinto) e creava i suoi dipinti in studio, frutto di un pensiero razionale che non concerneva una presa diretta sul reale. 9 Questo reale era, invece, ineliminabile per Van Gogh, tutto doveva consumarsi con il rapporto empatico con il dato naturale, era impensabile lavorare un dipinto non immergendosi nel dato naturale. Anche questi contrasti di visione stanno alla base della separazione tra i due. (slide lettera Van Gogh). La scena consolatoria si riferisce anche alla corda tenuta in mano dalla donna che serve per muovere una culla fuori dall'inquadratura. Idea della donna che culla un bambino, valore consolatorio perché dietro questo quadro c'era un riferimento al romanzo di Pierre Loti “Pescator d'Islanda” (1886), ma c’è anche una visione di questa visione artistica che, agli inizi, Van Gogh e Gauguin si auguravano di poter condividere, come i marinai resistevano in balia delle onde così loro due avrebbero voluto proporre una nuova visione pittorica, condividere una nuova missione artistica. Confronto fra l’Olympia e La belle Angele, due mondi lontanissimi, distanza di principi, di tempi differenti (metaforicamente). Un altro elemento che ritorna nelle descrizioni del paesaggio di questa Bretagna arcaicamente mitica, inseguita da Gauguin, sono le sculture (Cristo giallo) che Gauguin incontra nella campagna bretone e a cui affida un significato di una religiosità intensa, genuina, arcaica, quasi da identificare in una lontana e ormai perduta età dell'oro, che poi andrà a ricercare a Tahiti. • P. GAUGUIN, IL CRISTO GIALLO, 1889 Visioni che nascono dall'aver visto dei modelli ma che poi vengono trasfigurati in questa visione allucinata che va a scavare la superficie, sempre giocando con questa bidimensionalità, cercando di trasmettere questa semplicità della scultura nell’arcaicità della pittura. Forme essenziali e precise. • P. GAUGUIN, IL CRISTO VERDE, 1889 Anche qui il riferimento è a un gruppo scultoreo realmente esistente (cimitero di Nizon). Slide. Mondo arcaico sognato che trova riflesso anche nei dolmen che compaiono in Bretagna, religiosità antica, e che servono nelle credenze a impedire agli spiriti di vagare dopo morti. Distanze abissali rispetto alla centralità parigina e cittadina di Manet e degli altri impressionisti. • P. GAUGUIN, GLI ANTENATII DI TEHAMANA, 1893 Opere che nascono nei diversi soggiorni a Tahiti. Oggetto di ripensamento riflessione nell'ambito dei movimenti di rivendicazione recenti perché raffigura la sposa bambina di Gauguin, all'epoca doveva avere intorno ai 13 anni, bambina raffigurata con un vestito francese, quindi espressione della volontà coloniale e di una religione non tradizionale ma importata e imposta dopo la colonizzazione. 10 Il rischio di un'operazione di questo tipo è di perdere il contesto della raffigurazione, non si può pensare di attribuire le nostre coordinate storico politiche sociali nell'ambito di una pittura che viveva in tutt'altro contesto. Il fregio dietro la bambina comprime e sintetizza, in una crasi suggestiva, diversi elementi che da un lato guardano alla scultura azteca, da un lato ai bassi rilievi del tempio di Giava, in altri casi ancora guardano alle raffigurazioni egiziane (come emerge chiaramente in IL MERCATO, 1892, con i profili e i frontali dei volti delle donne messe a sedere). • P. GAUGUIN, VAIRUMATI, 1897 Anche in questo caso ci sono riferimenti alla pittura egizia, così come nel fregio del tempio di Boroburur a Giava; ritorno sulla disposizione di profilo dei personaggi semplificazione delle figure con chiarezza arcaica. Rilettura dei miti di Tahiti, Vairumati era colei che aveva dato origine alla stirpe andandosi a congiungere con un Dio sceso dalla montagna. La visione dell'uccello che scritto la lucertola ha a che fare con l'inutilità e la vacuità delle parole. Importante la lettura formale dell'opera, modi stilistici che si riallacciano a questa arte arcaica e che preludono all'ingresso e al dibattito del dialogo visivo che si instaura con la scultura e la pittura di altrove immaginati e che trova riflessione poi nella definizione di una mitica età dell'oro, su cui arriverà a meditare anche Matisse.
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