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Capitolo 1- Storia delle dottrine e delle istituzioni educative, Sintesi del corso di Storia delle Istituzioni Educative in Età Romana

Riassunto del capitolo 1 del libro Storia delle dottrine e delle istituzioni educative, prof. Giacomo Piraino

Tipologia: Sintesi del corso

2021/2022

In vendita dal 30/04/2022

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Scarica Capitolo 1- Storia delle dottrine e delle istituzioni educative e più Sintesi del corso in PDF di Storia delle Istituzioni Educative in Età Romana solo su Docsity! I SOFISTI E SOCRATE La presenza dei sofisti si ha dopo le Guerre persiane (450 a.C.) quando la Grecia conosce un periodo di pace e il massimo splendore culturale. Il termine "sofista" ha acquistato nel tempo un significato spregiativo, di ragionatore capace di far apparire come vero ciò che non è, di oratore dall'abilità discorsiva raffinata ma ingannevole e per lo più superficiale. Infatti i sofisti reputano, che tutta la realtà sia legata alla conoscenza sensibile, ed essendo i sensi relativi, ossia mutevoli secondo gli individui, non è possibile pervenire ad alcun immutabile, ad una verità certa e oggettiva, dimodoché vero è ciò che si considera vero e che si riesce a far considerare tale. Protagora, che è il più famoso dei sofisti, non esita ad affermare che: “L’uomo è la misura di tutte le cose, di quelle che sono in quanto sono, di quelle che non sono in quanto non sono”. (è misura di ciò che percepisce con i sensi cioè ciò che appare ai suoi sensi è vero per lui… → per ognuno sono vere le percezioni che egli ha delle cose) L'altro grande sofista Gorgia di Lentini fa una critica all'essere e al non essere e lo conduce a sostenere che “nulla è”. In effetti se non esiste né l'essere né il non essere nè entrambi insieme- e non si può pensare un'altra possibilità oltre a queste- nulla è. La parola diventa così l'asse della realtà. (Egli conclude che l’essere non è; partendo dalla dimostrazione che l’essere non è né uno, né molti, né generato, né ingenerato, ma se non gli si può attribuire alcuna proprietà allora esso non è. →es. QUESTA NON È UNA PIPA) I sofisti dichiarano il trionfo del primato dell’umanesimo, in quanto l’uomo,si rivela il vero ed unico giudice della realtà, non una divinità lontana e inconoscibile. Così Protagora: “Riguardo gli dei, non sono in grado di sapere né che sono né che non sono, né che natura abbiano: molti infatti, sono i fattori che impediscono di saperlo, sia l’oscurità della questione sia la brevità della vita umana“ (degli dei l’uomo non è misura in quanto non ne ha esperienza personale diretta) ↓ differenzia gli individui tra loro La conseguenza è che l’arte sofistica consiste, come dice Protagora, nell’educare gli uomini. In realtà, l’obiettivo fondamentale è l’acquisizione dell’arte di eccellere nella politica. E’ evidente che chi acquisisce la capacità di convincere ha la possibilità di essere eletto con maggiore facilità. I sofisti hanno però ben capito il valore della cultura e le classi agiate di quel tempo lo comprendono di conseguenza. Il sapere come acquisizione del potere sociale e come garanzia del benessere civile. Aprono così delle scuole. Non sono più dei sapienti che insegnano la verità, ma dei professionisti che insegnano delle competenze e delle tecniche. Ad Atene intanto insegna Socrate. Come i sofisti, egli possiede ottime capacità dialettiche, ma non intende aprire scuole. Ha come obiettivo la ricerca della verità e attraverso l’esercizio della ragione mette in guardia dalle false credenze. Numerosi giovani seguono i suoi insegnamenti, tra essi Platone grazie al quale si conosce il pensiero di Socrate considerando che non scrive nulla, perché non ha alcuna verità da consegnare. Suo intento è conoscere la verità, o quanto meno insegnare e a cercarla per divenire sapiente e saggio. Una verità che non può essere cercata fuori di noi, attraverso quei sensi ingannevoli su cui hanno speculato i sofisti, ma all’interno dell’animo umano. È il “Conosci te stesso” inciso sul frontone del tempio di Delfi. Il suo punto di partenza è il “sapere di non sapere” cioè l’unica certezza di cui dispone. Di fatto egli è un sapiente, ma la sua sapienza sta appunto nel riconoscere i propri limiti. Socrate è sempre disposto al dialogo, al colloquio. È colui che chiede, che cerca di capire e che gradualmente fa venire meno le certezze di coloro che si illudono di conoscere. In questo la sua ironia è più tagliente di ogni discorso sofistico, ma il suo argomentare non ha una funzione demolitrice. Dopo che ha dissolto le credenze fallaci, egli cerca di mettere il suo interlocutore nelle condizioni di cercare a sua volta dentro di sé con gli strumenti che ha, la verità. (L’ironia consiste nel fingere che il proprio interlocutore sia più sapiente di lui, accettando come valide le sue definizioni e risposte.) Qui la sua arte maieutica o levatrice. Come le levatrici, Socrate vuole aiutare l'interlocutore a sforzarsi per cercare di trovare da sé la verità. Chi conosce il vero, e quindi il bene, non può fare il male. È il cosiddetto intellettualismo etico. Pertanto, egli pretende discepoli che cerchino per proprio conto più che ripetere inutilmente. Non può, conseguentemente, lasciar nulla di scritto. ↓ perchè? 1. principalmente dialoghi 2. la verità non è una La sua arte oratoria, che lo fa scambiare per un sofista, pone in primo piano l'esigenza dell'autoeducazione. Egli si considera un uomo disposto a servire lo Stato, egli è accusato di essere un sofista, di aver pertanto contribuito al disfacimento della società, di essersi fatto scherno delle divinità. Più che altro i governanti del tempo vogliono processare tutta quella cultura che secondo loro ha condotto al disordine. È così giudicato e condannato a bere la cicuta. Sollecitando la ricerca interiore della verità e additando la necessità di una retta via, Socrate rimane una delle più alte figure e al tempo stesso chiarisce il senso che deve avere la pedagogia: ricerca e insieme insegnamento della verità, di una verità non posseduta, da far continuamente propria attraverso il continuo sforzo di migliorarsi. PLATONE Platone (427-347 a. C.), il cui vero nome è Aristocle, proviene da famiglia aristocratica e del suo rango mantiene la concezione elitaria del sapere. L'interesse per la politica non lo rende lontano dalle posizioni dei Trenta Tiranni. Dopo la caduta dei Trenta Tiranni visita l'Egitto. Si reca poi a Siracusa, su invito di Dione, cognato del tiranno Dionigi il Vecchio, con l'intento di guidare nell'azione politica il monarca. È il sogno della filosofia al potere. Ma Platone cade in disgrazia ed è venduto come schiavo. Riscattato, torna ad Atene dove fondò l'Accademia, la sua scuola, in un ginnasio dedicato all'eroe Accademo. Due altre volte poi torna in Sicilia. Ma non ha ancora una volta fortuna. La morte lo coglie a 81 anni ad Atene. Di Platone restano Dialoghi e Lettere. I Dialoghi, distinguendo Ognuno, nello Stato, deve svolgere le funzioni che sente secondo giustizia e per questo lo Stato assicura a tutti l'ordine e la felicità. Ma chi sarà il filosofo? Sono quelli che rivelano una natura dialettica, sicché tra i 35 e i 50 anni assumeranno cariche varie ove dovranno dimostrare attitudine al retto comando. Solo a 50 anni, i migliori, senza distinzione di sesso, potranno essere assunti a reggitori. Capaci di concepire e desiderose di contemplare il bene, essi reggeranno lo Stato. Non si tratta tanto della filosofia al potere, ma dell'esplicazione che la filosofia è sophia, scienza illuminante che solo il sapiente può e deve governare. Nel pensiero platonico culmina l'ideale del merito, che racchiude saggezza, sapienza, prestazione fisica e capacità organizzativa. ARISTOTELE Discepolo di Platone è Aristotele. Nato a Stagira nei pressi della Macedonia. Intorno al 335/334 apre ad Atene una scuola presso il tempio di Apollo, scuola chiamata Liceo o Peripato, in quanto il filosofo insegna passeggiando. Aristotele compone testi destinati a un pubblico vasto. I capisaldi del pensiero aristotelico sono esposti nei 14 libri della Metafisica. La Metafisica indaga: ● le cause e i principi primi o supremi; ● l'essere in quanto essere; ● la sostanza; ● Dio e la sostanza soprasensibile. Le cause sono 4 ● Formale (riguardano la forma e l'essenza della materia) ● Materiale (riguardano la forma e l'essenza della materia) ● Efficiente (connessa al mutamento) ● Finale (riguarda il fine o lo scopo delle azioni) L'essere è sostanza (la sostanza è l’essenza necessaria di una cosa, ciò che fa sì che una cosa è quella che è e tolta l’essenza non è più tale), sinolo di materia e forma. L'essere, inoltre, deve essere concepito come potenza e come atto. ● La potenza è la capacità di assumere una forma; ● L' atto è la forma, la realtà in quanto conosciuta. blocco di marmo potenza statua atto puro Dunque, tutto ciò che esiste nel mondo è composto da 4 elementi (terra acqua aria e fuoco) che sono sensibili e corruttibili. Essi esprimono la materia. La sostanza soprasensibile, o il vero essere, è priva di materia, quindi puro atto. Tale sostanza è dimostrata proprio dalla presenza del movimento. Lo stesso tempo è una determinazione del movimento. Esso presuppone una causa, un principio eterno che lo generi. Tale principio, il Primo motore, è: ● Immobile, perché presupporrebbe altrimenti un motore prima di sé; ● Eterno, perché se non lo fosse sarebbe generato da qualcos'altro e quindi implicherebbe un altro movimento; ● Atto puro, nel senso che non può essere altro che sé stesso; ● Pensiero di pensiero, in quanto se pensasse altro da sé implicherebbe il non essere. Tale Motore Immobile, ossia Dio, attira a sé le cose. Ne segue, inoltre, che Dio è l'oggetto d'amore, ma non ama. L'anima ha tre funzioni: ● Razionale (sia intellettiva sia percettiva) ● Sensitiva ● Vegetativa L'uomo le possiede tutte e tre. Gli animali possiedono la seconda e la terza. Le piante solo la terza. Si tratta ora di indicare come vivere nel mondo. Per Aristotele il bene supremo dell’uomo è la felicità e l’uomo felice è l’uomo virtuoso. Aristotele distingue tra: ● virtù pratiche o etiche (insegnano a vivere in questo mondo) ● virtù intellettuali o dianoetiche (hanno per oggetto il sapere) La natura delle virtù etiche è il giusto mezzo tra gli estremi, il non fare nulla di eccessivo. È un po' l'arte di vivere misuratamente, secondo ragione, alla luce della maggiore tra le virtù etiche: la giustizia. Tra le virtù dianoetiche la più alta è: la sapienza, la quale coincide con la contemplazione della verità. Per quello che riguarda la società, la polis essa si regge sulla famiglia. Il padre ha un ruolo fondamentale nel sostentamento della stessa e la donna deve provvedere all'amministrazione domestica. Il cittadino è colui che partecipa attivamente alla vita pubblica dello Stato. Di questo vi possono essere tre forme di governo: ● la monarchia (il governo di uno); può degenerare in tirannide ● l'aristocrazia (il governo dei migliori); può degenerare in oligarchia ● la politia (il governo per così dire del ceto medio); può degenerare in democrazia. L'educazione deve essere promosso dallo Stato e il suo intento è la formazione del cittadino. In concreto, tenendo presente le tre funzioni dell'anima, ci si interesserà prima dell'educazione del corpo, evitando però che prevalga un'educazione guerriera e fisica. Fino a 7 anni il piccolo è affidato alla famiglia, in cui svolge un ruolo fondamentale la madre. Il filosofo considera opportuno che il piccolo si abitui alla resistenza fisica, ma senza ignorare l'importanza del gioco. Tra i 5 e i 7 anni i bambini seguiranno come spettatori gli insegnamenti riservati a loro più tardi. Dai 7 anni comincia la vera e propria educazione. Quattro sono le materie che il ragazzo dovrà apprendere: ● lettere ● ginnastica ● musica ● disegno L’intento di Aristotele è l'educazione della classe media, di coloro che praticano le virtù etiche.
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