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La Guerra Fredda: l'URSS e gli Stati Uniti dopo la seconda guerra mondiale - Prof. Tonini, Appunti di Storia Delle Relazioni Internazionali

Una panoramica della relazione tra l'unione sovietica e gli stati uniti d'america dopo la fine della seconda guerra mondiale, descrivendo le tensioni che portarono alla guerra fredda. Questioni come l'atteggiamento sovietico nei confronti dell'europa occidentale, la creazione del cominform e del comitato speciale delle nazioni unite per la palestina, la crisi di suez e la politica estera degli stati uniti e dell'unione sovietica nei confronti del medio oriente.

Tipologia: Appunti

2023/2024

Caricato il 08/03/2024

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riccardo-dangeli 🇮🇹

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Scarica La Guerra Fredda: l'URSS e gli Stati Uniti dopo la seconda guerra mondiale - Prof. Tonini e più Appunti in PDF di Storia Delle Relazioni Internazionali solo su Docsity! APPUNTI STORIA DELLE RELAZIONI INTERNAZIONALI . - 30/03/21 1. Centralità questione tedesca. 2. Guerra Fredda: periodo unico con caratteristiche totalmente diverse, con dimensione irripetibile e per questo non paragonabile a ciò che attualmente accade tra USA e Cina, come alcuni giornalisti invece affermano. Uno degli elementi costitutivi del nuovo sistema internazionale bipolare è il ruolo delle armi nucleari, che fin dall’inizio del confronto tra USA e URSS divengono centrali. Il proseguimento della guerra rende indispensabile mantenere buone le relazioni, nonostante l’inizio burrascoso dei rapporti con il nuovo presidente americano. Al fronte, i sovietici hanno occupato Berlino e gli angloamericani si sono fermati alle porte di Praga (tensioni tra britannici e americani, perché Churchill vuole proseguire oltre dove stabilito con i sovietici per arrivare alle trattative di pace in posizione di forza, mentre gli americani vogliono evitare motivi ulteriori di tensione). Berlino, come la Germania intera, viene divisa in quattro zone di occupazione militare temporanee. Lungo la linea dal Baltico all’Adriatico, futura “cortina di ferro”, ci sono diversi motivi di tensione. Uno di questi è quello relativo alla liberazione di Trieste, dove contemporanea arrivano le truppe dell’VIII brigata britannica e le truppe jugoslave guidate da Tito. Gli jugoslavi chiedono di poter occupare la città, mentre gli alleati insistono che spetti a loro. In giugno si arriva ad un faticoso compromesso, dividendo il FriuliVenezia Giulia. in zona A (controllata dagli alleati) e B (controllata dagli jugoslavi). È in questo momento che si effettua la pulizia etnica ai danni della minoranza italiana. Tali episodi avvengono a seguito di un trascorso di violenze barbariche da una e dall’altra parte, che culminano con l’episodio delle Foibe. L’attenzione su Trieste costituisce un antefatto, un’anticipazione della Guerra Fredda. Contemporaneamente, si conclude la crisi relativa alla formazione del governo polacco. Truman invia Hopkins, uno dei più stretti collaboratori di Roosevelt a Mosca. Solo dopo l’incontro Stalin accetta di sbloccare la situazione e attuare una soluzione di compromesso, chiaramente a vantaggio del partito comunista polacco. La soluzione delle due crisi rischiara gli animi e apre le porte alla convocazione di una Conferenza. Questa viene convocata a Potsdam, con un po’ di ritardo, dal 16 luglio al 2 agosto del 1945. Occorre fare un’analisi per capire il rinvio della convocazione. 38 I protagonisti di Potsdam sono: - Truman, novità rispetto alle conferenze di vertice precedenti - Stalin - Churchill, a cui segue Attlee, capo del partito laburista, con il suo nuovo ministro degli Esteri Bevin (ex sindacalista) Uno dei motivi che porta al prolungarsi della Conferenza è l’appuntamento elettorale inglese, che porta Churchill a richiedere una breve sospensione. Nonostante la gratitudine nei riguardi di Churchill per gli esiti della guerra, l’elettorato inglese vota un nuovo primo ministro. Ciò segna una variazione della politica estera britannica, anche se i due nuovi protagonisti avevano collaborato al governo di coalizione nazionale di Churchill. Nell’utilizzo delle risorse, il mantenimento dell’impero diviene di secondo piano rispetto alla necessità di riforme interne (fautori del Welfare State, nazionalizzano alcuni settori dell’economia). Pur essendo un partito di sinistra, non è per nulla un partito di stampo filo-sovietico: Bevin era stato un sindacalista e prima un operaio, che però aveva assistito agli scontri tra socialisti e comunisti che avevano portato alla spaccatura degli operai britannici. La GB a guida laburista è sì, filo-americana, ma meno di quanto non sarebbe stata quella di Churchill e al contempo è preoccupata per gli esiti dell’allargamento di influenza dell’URSS. Il cambiamento dei protagonisti porta anche all’emergere di nuove regole di comportamento, di linguaggio e di atteggiamento tra i leader, quindi il gioco si complica. La Conferenza di Potsdam inizia il 16 luglio perché Truman vuole aspettare di essere sicuro di avere un’importante novità, ovvero che il primo test nucleare fosse già avvenuto. La cronologia della scoperta nucleare coincide con il peggioramento delle relazioni internazionali: i fisici, che prima si scambiavano tranquillamente le informazioni e i risultati delle loro ricerche, si rendono conto che in quel clima plumbeo le loro scoperte si sarebbero potute usare in maniera strumentale durante una possibile e sempre più tangibile guerra. In effetti il 1 settembre 1939 scoppia la guerra, proprio quando si era diffuso il dibattito. In realtà in quel momento si pensava fosse impossibile costruire una bomba, perché in natura si trovava solo uranio 238 e per creare energia ne serviva una qualità troppo grande; due fisici tedeschi intuiscono per che se si fosse impoverito l’uranio (235), ne basterebbe qualche chilo: Frisch e Peierls inviano nel marzo 1940 un memorandum esplicativo al governo di Londra, e pure essendo ancora nell’ambito della riflessione teorica, si va aprendo la possibilità la possibilità di utilizzare materialmente questa scoperta. Il contesto nel quale i fisici britannici lavorano in quel Moment è di totale euforia e panico. Nel rapporto MAUD del giugno 1941 si accetta di intraprendere questo processo di ricerca: gli scienziati compiono passi avanti molto significativi. Intanto in Germania vengono attuati diversi progetti per la creazione della bomba, uno dei quasi assegnato a Heisenberg. I progetti vengono moltiplicati, come tipico dell’amministrazione nazista che divideva l’attenzione su più di uno e li metteva in competizione, disperdendo le risorse in quattro progetti totali. Nell’ottobre del 1941 Heisenberg si reca a Copenhagen per incontrare il suo vecchio maestro Bohr e il colloquio è stato ricostruito in modi disparati. Comunque, nonostante durante la guerra non ci fossero state certezze su quanto avveniva in Germania, a fine guerra si è scoperto che i tedeschi avevano provato a creare la bomba, fallendo un po’ per la dinamica dei progetti e un po’ per errori di calcolo. Roosevelt viene avvisato di ciò che stava accadendo da due fisici, Einstein e Szilard, scrivendo il 2 agosto 1939 quali erano le scoperte europee relativamente al possibile utilizzo dell’uranio 238. Roosevelt impiega tempo a rispondere e non dà grande importanza alla cosa. Passano due anni prima che il presidente prenda una decisione: nel gennaio 1942 viene autorizzato il progetto Manhattan, il più dispendioso in termini di spesa pubblica della storia degli Stati Uniti. Ovviamente i britannici avevano sollecitato nell’estate del 1941 l’attuazione degli studi, vedendo nell’arma nucleare un elemento centrale per gli esiti della guerra. I primi risultati vengono ottenuti a dicembre 1942 dall’equipe di Fermi, che riesce a far funzionare il primo prototipo di reattore nucleare. Tutto è 39 coperto dal massimo segreto, ma i progetti continuano a procedere spediti. Tutto viene vissuto con una sensazione angosciosa di fretta, dettata dalla paura che la Germania arrivi prima alla costruzione della bomba e determini l’esito del conflitto. Nell’autunno ’44 e inizio ’45, quando le truppe penetrano in territorio nazista, ci si rende conto che il progetto tedesco era molto più arretrato di quanto si sarebbe pensato. Si arriva alla consapevolezza di avere un progetto avanzatissimo, ma Bohr, messo a conoscenza del progetto Manhattan, manda una nota a Churchill e Roosevelt dicendo loro di mettere i sovietici a conoscenza per evitare una futura corsa agli armamenti: nessuno dei due presidente prende bene il consiglio, e da questo possiamo intuire che probabilmente Roosevelt avrebbe compiuto la stessa scelta di Truman, anche se a seguito di considerazioni diverse. Ricordiamo che negli ultimi giorni della sua vita Roosevelt aveva manifestato dubbi sul buon mantenimento dei rapporti con i sovietici. Una parte della storiografia ha paragonato le vittime dei bombardamenti nucleari a quelle dell’olocausto. Quando si parla di vittime civili innocenti è quasi automatico fare un paragone, ma sicuramente nella scala degli orrori della guerra l’olocausto resta su un piano superiore. Nell’olocausto non sussiste neanche la “giustificazione” bellica, si tratta di un’azione completamente slegata dal conflitto e finalizzata solo allo sterminio. Certo anche quella statunitense era stata una scelta deliberata e consapevole (Truman dichiara qualche anno dopo che la bomba avesse un obiettivo militare, ma in realtà mente perché lì non c’erano basi rilevanti: voleva attaccare la popolazione civile), ma non si possono mettere nello stesso piano. Interpretazioni storiografiche sulle cause della guerra fredda. ⤵︎ La prima considerazione da fare dopo i bombardamenti, Stalin convoca una riunione con i suoi collaboratori più stretti e dà l’ordine di dare un’accelerata alla ricerca sul nucleare sovietica. È significativo che Stalin dia la responsabilità a Beria, ministro degli interni e capo della polizia segreta, centrale per vari ordini di motivi: 1, a lui spetta il compito di mobilitare l’universo concentrazionale sovietico (prigionieri dei gulag usati nelle miniere di uranio e per costruire gli impianti); 2, ha il compito di fare ciò che gli alleati hanno fatto sulle loro zone di occupazione, ovvero dare la caccia agli scienziati tedeschi e utilizzarli per contribuire al proprio programma nucleare; 3, le spie del progetto Manhattan svolgono un ruolo cruciale, riportando informazioni importanti - non che gli scienziati sovietici non fossero all’altezza ma, con le scarse risorse a disposizione e un paese praticamente distrutto dalla guerra, avere informazioni pronte aiutava molto. Da questo momento in poi la posizione sovietica si irrigidisce nei negoziati, anche se ci vogliono due anni prima di arrivare alla rottura definitiva. Quali sono le cause? La storiografia occidentale si è suddivisa in quattro scuole interpretative (per quella sovietica non c’è mai stato dibattito: la GF era stata causata dagli USA): 1. scuola ortodossa → quella più influenzata dalla dimensione ideologica del conflitto, riflettendo simmetricamente l’atteggiamento ideologico dell’URSS: in occidente si colpevolizzano i sovietici per via delle loro mire espansive, mentre gli americani vengono visti come collaborativi fino all’inevitabile innesco del meccanismo contrario ai disegni di Stalin. Si diffonde principalmente all’inizio della Guerra Fredda stessa. 2. scuola revisionista → mette in discussione la visione ortodossa. Il dissenso viene da alcuni storici americani negli anni ’60, dovuto allo scollamento dell’opinione pubblica americana derivante dalla guerra del Vietnam: ci si interroga sul senso della politica estera fino ad allora condotta, quindi si critica duramente da questo gruppo di storici revisionisti. Si ribalta la prospettiva. Uno dei primi a ragionare in questi termini è William Arthur, che afferma che la politica estera americana in realtà è condizionata dalla volontà di esportare il più possibile il capitalismo. Si sottolinea qui soprattutto la dimensione economica, variabile determinante che spiega tutto il resto e fa comprendere tutta una serie di scelte, concepite per ampliare la propria influenza più che sul frenare il comunismo. Uno dei limiti di questa scuola è il mancato riscontro nelle fonti primarie: quando i documenti ufficiali vengono desecretati negli anni ’70 si aprono nuove piste interpretative, che affermano che la paura di un attacco sovietico fosse reale. 42 Sia gli americani che i britannici, nonché i leader dell’Europa occidentali, erano preoccupati dalle scelte dell’URSS e adottano decisioni derivanti dal timore della minaccia (in maniera poi non troppo lecita: la paura era praticamente speculare dall’altra parte). 3. scuola post-revisionista → il ruolo di alcuni paesi europei, in particolare della GB, nell’attirare gli Stati Uniti nelle questioni europee per la paura di non poter colmare il vuoto di potere dovuto dalla caduta della Germania. Ciò porta alla volontà degli Stati di avere gli Stati Uniti a reagire contro le minacce sovietiche, innescando un sistema di colpi e contraccolpi fin quando l’alleanza si sbriciola. 4. (ironicamente) post-revisionista con documenti → ultimo ritocco derivante dall’accesso agli archivi sovietici dopo il crollo dell’URSS. Emerge che i comportamenti di Stalin derivassero dalla volontà di espandere il suo ruolo in Europa orientale. Si aggiusta in tal senso la prospettiva post-revisionista. Lezione 13 - 07/04/21 Da un lato si estingue progressivamente la logica della cooperazione e dall’altra si procede sempre più verso la logica dello scontro. Più diventa difficile mantenere la cooperazione, più aumentano gli strumenti di coloro che vogliono lo scontro. Il Consiglio dei ministri degli Esteri ha la sua prima riunione a Londra, tra 11 settembre e 2 ottobre 1945. Il primo incontro è un fiasco e non si riesce a raggiungere un accordo comune neanche sulle potenze minori. Il fallimento è dovuto al fatto che tutte le quattro parti usano questo incontro per capire fino a dove possano spingersi. Più i sovietici pensano che gli USA vogliano usare la leva del nucleare, più si mostrano intransigenti. Ancora nessuna delle parti pensa però che ci si stia avvicinando alla rottura; la posta in gioco è alta, quindi è normale che ci siano delle schermaglie e dunque che insorgano difficoltà. Il fatto che la primissima riunione finisca con un nulla di fatto e con neanche un comunicato stampa congiunto, tantomeno con la definizione di un nuovo appuntamento, rende palesi le difficoltà. Siamo in una fase in cui entrambi i colossi si mettono alla prova e nessuno sembra disposto a rivedere la sua posizione. Sembra non presagire nulla di buono per le future trattative. Una volta tornato negli USA il Segretario di Stato Byrnes afferma che bisogna fare qualcosa per sbloccare la situazione, in modo da dar luogo a trattative serie. Stalin accetta la proposta e lo invita a Mosca in dicembre, in un colloquio bilaterale che però coinvolge anche il ministro degli Esteri britannico che insiste quando viene a saperlo. La Conferenza di Mosca del dicembre 1945 sembra sbloccare la situazione e pare che le trattative per la pace sarebbe iniziate in primavera, a seguito di una fase preliminare. A Mosca si stabilisce il calendario per il completamento dei trattati di pace. A sbloccare la situazione è la richiesta di Byrnes a Stalin e Molotov di ritoccare i governi in Romania e Bulgaria, in modo da poter dire all’opinione pubblica statunitense che gli accordi di Yalta fossero stati rispettati. Stalin acconsente. La cordialità inizia a lasciare il posto ad una tenacia negoziale impregnata di sospetti e sfiducia. Negli stessi giorni esplode per la prima volta una crisi extra-europea, che getta degli spettri sulle intenzioni sovietiche. In Iran infatti c’erano stati dei problemi con il ritiro delle truppe sovietiche lì stanziate: precedentemente si era optato per un’occupazione sovietica e britannica del paese, per evitare che lo scià prendesse delle posizioni filo-tedesche, con l’impegno di ritirare le truppe dopo 6 mesi dalla fine della guerra. L’URSS però non si ritira dalla parte dell’Iran settentrionale e anzi, qui vengono instaurati governi filo-sovietici. I britannici (e non solo) protestano. La questione dell’Iran viene portata alla prima riunione del Consiglio di Sicurezze dell’ONU nel gennaio 1946. Il segnale non può che essere inquietante: la prima riunione dell’associazione nata per gestire insieme le situazioni di crisi viene bloccata dall’URSS. La soluzione viene rinviata ai due contendenti, 43 sollecitandoli all’adozione di una soluzione soddisfacente da entrambe le parti. Mosca si impegna a ritirare le sue truppe mediante un accordo che gli permette di sfruttare le risorse petrolifere dell’area; il governo iraniano accetta, i sovietici si ritirano. Il parlamento però poi non ratifica il trattato e i sovietici falliscono nei loro obiettivi. L’inizio del 1946 vede un accavallarsi di tensioni su più fronti, nonché una serie di dichiarazioni pubbliche inquietanti da parte dei maggiori leader occidentali e sovietici: - Stalin afferma l’inevitabilità dello scontro tra potenze capitaliste e URSS. - Churchill (ormai privato cittadino) il 5 marzo 1946 a Fulton pronuncia il celebre discorso in cui per la prima volta si parla di cortina di ferro; enorme pessimismo caratterizzato da senso di sfida a cui l’Occidente deve adeguarsi. Già a marzo le tensioni solo molto alte e preoccupanti Qui dobbiamo introdurre un personaggio chiave della nostra storia: George F. Kennan, diplomatico americano che ha speso parte della sua carriera a studiare l’Unione Sovietica dall’esterno prima (inviato nei Paesi Baltici) e dall’interno poi (inviato a Mosca, numero 2 dell’ambasciata americana in Unione Sovietica). È in Russia che assurge la sua principale funzione: quando il dipartimento di Stato americano manda una nota ai suoi principali diplomatici per capire il comportamento sovietico e tutto ciò che ne deriva, Kennan risponde con un documento importantissimo per la storia della Guerra Fredda. Esso prende il nome di “Lungo telegramma” e coinvolge questioni molto intricate e lontane dal modo di pensare americano, da dover approfondire: problemi complessi necessitano di risposte complesse. Molte delle cose che scrive sono abbastanza discutibili, ma è fondamentale il suo atteggiamento nella stesura della risposta. Il linguaggio usato è molto significativo, poiché rivolto ad una cerchia ristretta di persone e non all’opinione pubblica. Kennan crede che alla base del comportamento sovietico ci sia insicurezza: essi sono nevrotici e il loro comportamento inquietante riflette questa nevrosi di fondo. L’insicurezza si spiega con una spiegazione storica di lungo periodo; essa nasce in epoca zarista, quando la pacifica popolazione sovietica viveva in un territorio pianeggiante e privo di protezioni naturali e per questo incapace di difendersi dalle innumerevoli invasioni. La politica estera russa ha cercato di garantirsi sicurezza proiettando all’esterno la propria potenza. L’instaurarsi dell’unico regime comunista del mondo proprio in Russia è spiegabile anche in quest’ottica: il marxismo poteva attecchire solo in una società come quella Russa, da sempre priva di un vicino amico. Ovviamente ciò ha accresciuto il senso di insicurezza bolscevico, che adesso è circondato da un mondo capitalista e inevitabilmente ostile, per cui l’espansione del comunismo risulta essere l’unica via per garantirsi sicurezza. Annichilire l’avversario e rendere quest’ultimo insicuro e incerto è il modo per rafforzare se stessi. Il problema di affrontare questo atteggiamento è quello più grande mai affrontato dalla diplomazia americana. Secondo Kennan la guerra non è inevitabile, perché la strategia di Stalin non è pianificata e non ha intenzione di assumersi grandi rischi: i sovietici sono disposti ad espandersi in ogni direzione, ma essendo pragmatici si ritirano di fronte a grandi ostacoli. Se le situazioni saranno gestite adeguatamente, non ci sarà in bisogno di impegnarsi in un conflitto. Inoltre, paragonandoli alla forza occidentale i sovietici risultano ancora i più deboli. Kennan avanza delle proposte: capire il nemico e affrontarlo con tranquillità, informare l’opinione pubblica sul funzionamento della Russia senza passare ad una anticomunismo radicale, migliorare la situazione americana in modo da non lasciare spazio all’espandersi dell’ideologia comunista negli Stati Uniti (incontro politica interna ed estera). Dopo aver scritto questo documento, Kennan diventa una sorta si stella polare della politica americana. Il telegramma sembra offrire la chiave di lettura più efficiente, recepita dall’amministrazione Truman nelle sue decisioni; più aumentano le difficoltà durante il 1946, più le sue idee prendono forza e si direzionano a tradursi in politica. Intanto nel 1946 proseguono le tensioni, in particolare relativamente a tre portato avanti è ormai guasto. Si logora progressivamente la sopravvivenza dell’alleanza USA-GB-URSS e aumenta la sfiducia nella possibilità di poter mantenere in vigore il rapporto di collaborazione con i sovietici. Così 46 prendono sempre più piede le idee di Kennan e la sintesi del Lungo Telegramma diviene lente di lettura degli eventi. Man mano si sostituisce la volontà di collaborare con quella di mostrare una maggiore intransigenza. I sovietici sono in grado di leggere gli avvenimenti, ma dal loro punto di vista è quasi inevitabile che si arrivi allo scontro: la volontà dei capitalisti è quella di opporsi comunque all’URSS, quindi i sovietici devono fare il massimo per massimizzare i propri vantaggi. A questa lettura ideologica si aggiunge la concezione pragmatica delle trattative da condurre in sede di negoziato, presa coscienza che lo scontro si sarebbe soltanto posticipato e non evitato. Lezione 14 - 12/04/21 Entriamo nel vivo della guerra fredda, analizzandone le fasi iniziali. È in questi anni che si definisce la divisione dell’Europa in sfere di influenza e una volta che essa avviene, soprattutto con la divisione della Germania in due parti, la situazione inizia a stabilizzarsi. Per Di Nolfo la lettura più appropriata di questo momento storico è relativa alla contesa e all’incertezza rispetto alla spartizione dei frutti della 2GM. Una volta che la divisione viene fatta, il quadro si stabilizza. Il punto critico è che l’amministrazione Truman necessita di mobilitare l’opinione pubblica verso una politica estera inedita. Fino ad allora c’era stato una sorta di isolazionismo, anche se in realtà gli Stati Uniti erano intervenuti spesso in sud America e nel sud-est dell’Asia, quindi in pratica il distanziamento era solo relativo agli affari europei. Come fa Truman a modificare la linea verso un interventismo europeo? Il collante che tiene insieme la nuova politica estera è la dimensione ideologica, quindi la crociata anticomunista: essa diventa strumento per scuotere l’opinione pubblica e fa sì che si possa intervenire in Europa, ma allo stesso tempo intrappola l’amministrazione statunitense che in virtù della sua stessa costruzione sarà molto limitata nello scendere a patti con l’URSS. Dopo il crollo dell’URSS, grazie alla possibilità di accedere agli archivi, sono emersi molti da dettagli sulla politica estera sovietica. In particolare un documento risulta molto importante: il telegramma dall’ambasciatore sovietico a Washington Novikov a Molotov, che a fine 1946 manda un documento analogo (anche se non avrà lo stesso risvolto e la stessa influenza) a quello di Kennan, con l’obiettivo di spiegare i motivi della politica estera statunitense al Cremlino. La politica estera risulta essere molto diversa da quella anteguerra. A suo parere, c’è una lotta interna negli USA e la stanno vincendo i circoli reazionari, la cui volontà è quella di arrivare al dominio del mondo. L’unico elemento che gli Stati Uniti sembrano non aver colto è che l’URSS non ha perso e non è uscita indebolita dalla guerra, dunque i due paesi entreranno in collisione. Mentre l’amministrazione Roosevelt voleva collaborare con i sovietici, ora al governo c’è l’instabile Truman che ha permesso l’affermarsi dei reazionari. Si va sempre di più verso una direzione di scontro. D’altra parte il mondo capitalista è diviso: in Medio Oriente ci sono motivi di tensione tra USA e GB per spartirsi la zona, perché i rispettivi capitalisti vogliono prendersi tutto. Gli Stati Uniti si stanno impegnando ad occupare tutto gli spazi possibili, creando al loro interno un nucleo ostile alla cooperazione con l’Unione Sovietica. I primi due aspetti dello sviluppo della guerra fredda sono due: 1. dottrina Truman; 2. Piano Marshall. Innanzitutto, la posizione della Gran Bretagna è importante. La guerra fredda nasce sicuramente dalla riformulazione della politica estera statunitense e dall’ambizione di quella sovietica. L’amministrazione inglese promuove fortemente un maggior coinvolgimento degli Stati Uniti nella 47 politica mondiale, fungendo da catalizzatore tramite l’invio continuo di comunicazioni relative all’Unione Sovietica. Tra 1946 e 1949 in Grecia è in corso una sanguinosa guerra civile tra partito comunista (sostenuto dai governi di Yugoslavia, Albania, Romania e altri) e il governo monarchico reazionario filo britannico (sostenuto dalla GB che fornisce addestramento, armi, munizioni e assistenza economica). Stalin non è favorevole alla creazione di una federazione dei partiti comunisti balcanici guidata dalla Yugoslavia, poiché la vede come uno strumento fuori dal suo possibile controllo; finché l’insurrezione in Grecia rimane sotto controllo Stalin lascia fare, ma quando la situazione diverrà insostenibile ci sarò lo scontro con Tito. Intanto la Gran Bretagna è impegnata in Palestina, scontrandosi con alcune milizie semite che vogliono affrettare l’allontanamento della GB (mandato Società delle Nazioni) per creare uno Stato ebraico; deve gestire la transizione dell’India verso l’indipendenza e la volontà della componente musulmana di creare uno Stato a parte. Tutto questo avviene durante una gravissima crisi economica e durante l’adozione di enormi riforme amministrative volute dal partito laburista. Per questo motivo, la GB deve diminuire il suo impegno verso l’estero: non rinuncia al suo Impero, ma riduce la sua partecipazione esterna cercando comunque di mantenere il suo ruolo di grande potenza. Nel momento in cui si cerca di far fronte al moltiplicarsi degli impegni con un numero di risorse sempre più ristretto, è inevitabile che gli inglesi cerchino di sensibilizzare gli americani ad intervenire. In particolare viene richiesto che gli USA siano più attivi in Grecia e Turchia. In Grecia perché c’è in corso una guerra civile e la GB non riesce a supportare economicamente e militarmente il governo di Atene. In Turchia invece non c’è una guerra civile, anzi essa è rimasta neutrale durante in conflitto e non vi è stata coinvolta (se non gli ultimi giorni della guerra ma solo a livello formale), ma essa è sottoposta a grande pressione diplomatica dall’URSS; i sovietici chiedono di rivedere la convenzione di Montreux che regola gli spostamenti attraverso lo stretto dei Dardanelli e il Bosforo, chiedendo un’internazionalizzazione del passaggio (così da poter far passare le proprie navi militar) e di rivedere i confini, con riguardo a zone che la Russia rivoluzionaria aveva ceduto al governo di Kemal nel 1921. In pratica, Londra chiede di essere sostituita da Washington. Gli Stati Uniti si preparano a questo passaggio fondamentale. Si tratta di un passo senza precedenti, privo di analogie nella politica estera americana. La richiesta inglese porta Truman a riflettere molto sul da farsi. Nel 1947 Truman si decide ad intervenire. Il 12 marzo viene pubblicato un memorandum, che passa alla storia come Dottrina Truman, in cui il presidente cerca di capire se il Congresso è allineato. Prima viene convocato Acheson, che considera i rischi come necessari e consiglia a Truman di informare (o anche spaventare a morte) l’opinione pubblica per avere l’appoggio del Congresso. Gli USA devono iniziare a prendersi le responsabilità dell’esser diventati superpotenza e intervenire intorno al mondo al seguito della mobilitazione dell’opinione pubblica. La controparte dell’attuazione di questa politica è la perdita di controllo dell’opinione pubblica da parte dell’amministrazione. Per esempio quando negli anni Cinquanta si diffonde l’isteria maccartista della presenza di spie sovietiche, è proprio il governo democratico ad essere accusato. Va tenuto presente che c’è una contraddizione: risorse economiche vengono stanziate per la Grecia e la Turchia, ma non per la Cina. Marshall era stato in Cina e aveva constatato che il governo di ChangKaisek era inefficiente ed era inutile continuare a erogare risorse in quella direzione; inoltre, l’Asia in quel momento conta molto meno rispetto all’Europa. Occorre fare delle scelte e convogliare le risorse, insufficienti per intervenire ovunque, in luoghi di interesse principale e dove il rischio è più elevato. Ciò porta all’attuazione della dottrina Truman. Una volta che il Congresso ha sborsato i soldi per Grecia e Turchia si arriva al passo successivo, ovvero alla gestione della Germania. 48 Ricordiamo che: • 10 feb 1947 → firma Trattati di pace con potenze minori dell’Asse, libertà degli USA di attuare la sua controffensiva diplomatica contro i sovietici, ma continuando comunque a collaborare nonostante le difficoltà: la contrapposizione è più scoperta. • aprile 1947 → nuova sessione del Consiglio dei ministri degli Esteri a Mosca. Qui i nodi iniziano a venire al pettine ed riemergono tutte le difficoltà già presentate si nei mesi precedenti. A recarsi in Russia è il nuovo Segretario di Stato Marshall, un militare (evidente che l’amministrazione si sta preparando a un atteggiamento più intransigente nei confronti dei sovietici). Non siamo ancora alla rottura, ma Marshall apre le trattative sulla Germania ma affiorano sempre di più le divergenze. Marshall vuole una Germania riunificata in cui le varie popolazioni delle zone di occupazione, organizzare delle elezioni democratiche e poi instaurare un governo in base agli esiti elettorali; i sovietici invece vogliono prima unificare il paese con la creazione di un governo controllato dagli alleati e poi andare alle urne. Queste divergenze sommate alle altre portano ad un fiasco. La Conferenza fallisce. Marshall arriva alla conclusione che l’URSS non abbia intenzione di trovare una soluzione in tempi brevi e che voglia mantenere la situazione invariata, così da non permettere la rinascita della Germania (che potrebbe essere nuovamente una minaccia), nonché mantenere l’Europa centrale debole economicamente ed estendere la propria influenza (nb: quella messa in piedi dall’URSS era in realtà una politica difensiva, anche se gli americani la interpretano in modo duplice e vi leggono aggressività). • maggio 1947 → si diffonde l’interpretazione di Marshall e si inizia a lavorare ad un piano di aiuti economici. • 5 giungo 1947 → celebre discorso di Marshall all’università di Harvard, con cui lancia il suo progetto. Afferma che gli USA sono preoccupati per l’indigenza economica e per le mancanti prospettive di rinascita dell’Europa occidentale, dunque gli Stati Uniti sono pronti a fare la propria parte se dall’Europa arriva un segnale. • fine giugno-inizio luglio 1947 → viene convocata una Conferenza a tre su iniziativa dei ministri degli Esteri Bevin e Bidault, che a Parigi invitano Molotov per discutere di come rispondere alla proposta di Marshall. I sovietici si presentano con un’ampia delegazione, manifestando il proprio interesse nell’essere coinvolti. È proprio in questa fase che la rottura si accentua. Durante la Conferenza Bevin e Bidault spiegano a Molotov che il piano di aiuti americano prevede che vengano creati dei meccanismi per capire come questi soldi fossero spesi e Molotov ritiene l’insistenza delle pressioni franco-britanniche inaccettabili. Molotov e Stalin pensano che una modalità di gestione degli aiuti che permetta agli americani di fare verifiche in URSS faccia sì che essi possano constatare la debolezza economica sovietica. Anche questa Conferenza è un fiasco. Da alcuni documenti sappiamo che Molotov si convince che quella fosse una trappola per inglobare l’URSS nell’area di influenza americana e dunque di aver fatto bene a tirarsene fuori. • metà luglio 1947 → Bevin e Bidault organizzano una seconda conferenza, invitando tutti i paesi interessati a partecipare al piano di aiuti a recarsi a Parigi. Stalin non permette la partecipazione di tutti i paesi alleati dell’URSS, perché facendolo sarebbero entrati a far parte della sfera di influenza americana. A Washington si risponde alle idee preparando un’enorme macchina con il partito comunista. Infatti, l’Italia può essere considerata uno dei primi teatri dello scontro della guerra fredda. Qui gli USA testano gli strumenti appena creati. Mentre tutto ciò è in corso, nel febbraio 1948 si verifica il colo di Stato in Cecoslovacchia. Esso mette fine alla collaborazione tra partito comunista e altre forze. Qui il p.c. aveva preso il potere democraticamente, vincendo le elezioni, e il leader del partito, Gottwald, guida un governo di coalizione. I ministri dei partiti non comunisti rassegnano le loro dimissioni per manifestare il dissenso rispetto ad alcune scelte fatte dal primo ministro: il partito comunista sfrutta la situazione e attua un colpo di mano, mettendo al bando tutti gli altri partiti invece che aprire al dialogo. Il capo dell’opposizione viene trovato morto poco dopo. Gli eventi di Praga seminano il panico in tutta Europa e hanno una pesante influenza su molti passaggi successivi. Sicuramente sulla campagna elettorale italiana, dove si sfrutta l’evento per distruggere l’immagine del PCI. La situazione viene acuita quando il comandante in capo in 51 Germania Clay manda un telegramma a Washington, nel marzo 1948; nel documento afferma che mentre precedentemente considerava molto improbabile la guerra, ora essa sembra quasi inevitabile. In risposta si accelerano le varie iniziative americane in fase di preparazione. La campagna elettorale in Italia è ferocissima, spesso si teme il ricorso alla forza dalle parti. Il risultato comunque è la vittoria della DC con il 48,5%, mentre socialisti e comunisti insieme non fanno il 40%. Inizia così l’era De Gasperi. La CIA la interpreta come esperienza fondativa e intuisce che con risorse economiche ridotte si possono raggiungere risultati molto soddisfacenti. La situazione italiana pare stabilizzata e le tensioni delle settimane precedenti iniziano a placarsi. In realtà, proprio per via dell’altissima tensione di febbraio e marzo, USA, GB e FR hanno messo su un’iniziativa importante: convocano a Londra una Conferenza in due tappe (23 febbraio - 6 marzo e 20 aprile - 2 giugno), in cui discutono sulla possibilità di creare uno Stato unico tedesco. La conclusione che raggiungono è che se si vuole che gli aiuti americani portino al un risultato sperato e alla crescita economica, è necessario far rinascere la Germania. La Francia non è entusiasta, ma bisogna sottolineare che nel 1948 le resistenze francesi vengono attenuate, lasciando il posto al timore nei confronti dell’Unione Sovietica e di una sua possibile estensione di influenza alla Germania tutta. Serve innanzitutto una riforma valutaria, che si abbandoni il vecchio marco e si crei una nuova moneta. Nel giungo 1948 la nuova moneta inizia a circolare nelle zone di occupazione occidentali. Questo porta ad una crisi all’interno dell’ACC (commissione alleata di controllo), organo creato per gestire le ripartizioni: di fronte al tentativo di introdurre una nuova valuta, addirittura a Berlino ovest, il responsabile della ACC, un sovietico, interrompe le sue attività e inizia un’enorme pressione sovietica su Berlino Ovest. L’obiettivo è quello di far invertire la rotta e fermare la diffusione della moneta. In realtà le finalità sono più ampie: bloccando tutte le vie di comunicazione con la città, in una sorta di assedio, sperano di far arrendere le altre parti. La risposta dell’amministrazione Truman è la creazione di un enorme ponte aereo, che rifornisce quotidianamente i cittadini di Berlino Ovest aggirando il blocco sovietico. I sovietici sarebbero dovuti intervenire con la forza per fermare gli americani, ma avrebbero così dato un pretesto per farsi attaccare. Quindi non succede niente, il ponte aereo va avanti per quasi un anno, fino a maggio del 1949. La crisi di Berlino è l’apice di questa fase della guerra fredda, quando si toccano livelli di tensione altissimi. Nel giugno 1948 inoltre Truman sposta 60 bombardieri (atomici) B-29 in Gran Bretagna e chiaramente Stalin la vede come una minaccia (anche se ora sappiamo vennero mandati senza armamenti nucleari, dato che l’arsenale statunitense era in quel momento ridotto). Gli Stati Uniti creano la propria immagine di forza. Sommando queste manovre al piano Marshall, è evidente la loro potenza. Inizia la fase cruciale della guerra fredda. Per tutto il 1948 continuano i negoziati per dar vita a uno Stato tedesco federale in Germania occidentale. I partiti delle tre zone di occupazioni si dividono: la DC rinuncia alla creazione immediata di uno Stato unitario, rimandandola ad un secondo momento per evitare l’influenza americana e britannica e nella concezione di riunificarsi in maniera totale, con anche la quarta zona di occupazione. Comunque, la Francia per accettare l’unificazione tedesca ha bisogno di aiuti economici e di garanzie militari da parte degli USA. I ministri degli Esteri britannico e francese avvicinano Marshall durante una delle riunioni, nel dicembre 1947, richiedendo che venga formata un’alleanza militare; in tal proposito Marshall si dice disposto, ma che bisogna mobilitare l’opinione pubblica statunitense. Sono gli europei che chiedono un’alleanza, il futuro Patto Atlantico, mentre gli USA stabiliscono come sarà strutturata. Il primo a parlarne è Bevin nel gennaio 1948, che alla Camera dei Comuni propone la creazione di un’unione occidentale (alleanza politico-militare) che metta insieme FR-GB-BENELUX e tutti gli altri paesi, come l’Italia, che avrebbero voluto aderire. Va sottolineato che in questa fase la Gran Bretagna è prima fautrice dell’integrazione europea, perché non era stata invasa in guerra ed aveva ospitato gli innumerevoli governi in esilio; molti storici 52 ritengono che Bevin non avesse intenzione di creare un’alleanza solo europea ma che volesse attirare gli americani, mentre altri ritengono che Bevin pensasse alla costituzione di un cuore in Europa, in parte indipendente dagli USA. Il discorso ha l’esito di far stipulare il Patto di Bruxelles il 17 marzo 1948, che crea un’unione occidentale con FR-GB-BE-NE-LUX (ricordiamo il momento: colpo di Stato di Praga, piena campagna elettorale in Italia - per questo De Gasperi declina l’invito, per paura di effetti controproducenti). La creazione dell’alleanza con gli USA passa per due passaggi fondamentali: - risoluzione Vandenberg votata nel Senato l’11 giugno 1948, che autorizza il presidente USA a dar vita ad alleanze regionali in tempo di pace, purché compatibilmente ai regolamenti ONU; - conversazioni a 7 (USA-CA-GB-FR-BE-NE-LUX) svolte durante l’estate 1948, che si svolgono lentamente perché intanto Truman è in campagna elettorale. Due temi fondamentali le rendono spinose: ‣ definizione regionale dell’alleanza (quanti e quali paesi dovrà coinvolgere): come si allarga dai 7 ai 12 firmatari Patto Atlantico 4 aprile 1949? Strada facendo si coinvolgono vari paesi considerati rilevanti per la loro importanza strategica. Portogallo, Danimarca e Islanda sono necessari perché controllano delle importanti vie di comunicazione atlantica. Norvegia, perché sottoposta a pressioni sovietiche. Italia, fino a quel momento oscillante verso la neutralità, ma poi, compresane l’importanza politica, vuole essere coinvolta. Si apre qui una crisi, perché non tutti sono d’accordo all’allargamento all’Italia ma poi dietro pressione francese la si accetta. ‣ come dovrà funzionare: non può stabilire degli automatismi che provochino l’entrata in guerra degli USA perché contrario alla Costituzione americana ma allo stesso tempo i paesi europei vogliono che ciò ci sia. Art. 5: un attacco contro un membro è un attacco a tutti e ogni paese membro risponderà in base alla propria Costituzione (massimo che l’amm. Truman possa fare). Lezione 16 - 14/04/21 Il biografo di Acheson scrive che alla firma del Patto Atlantico aleggiavano nella sala dei fantasmi: quello del presidente Wilson, perché il patto è un modo per rimediare agli errori fatti dalle amministrazioni repubblicane degli anni Venti, che hanno ripudiato il patto di alleanza con l’Europa (previsto da una clausola del trattato di Versailles) - se gli USA avessero fatto quanto previsto dal trattato di Versailles, l’Europa forse avrebbe avuto una maggiore stabilità; c’è poi quello di Chamberlain, primo ministro britannico della seconda metà degli anni Trenta e fautore dell’erronea politica dell’appeasement, monito per mantenere una posizione di forza e intransigenza con i sovietici; poi Hitler, perché nessuno vuole ripetere gli errori fatti con la Germania nazista e quindi occorre creare lo strumento giuridico che consenta agli Stati Uniti di stabilire la loro presenza in Europa, come non erano stati in grado di fare prima; per ultimo c’è quello di Stalin, verso cui vanno applicate tutte le cose imparate negli anni Venti e Trenta. Pur sembrando un’alleanza preventiva, in realtà la si può definire una risposta tardiva agli errori commessi in vent’anni, allo scopo di evitare di ricadere negli sbagli del passato. L’appeasement degli anni precedenti non ha evitato la guerra e anzi l’ha resa ancora più sanguinosa, quindi un patto del genere serve a mantenere l’equilibrio. Il Patto funziona come un’alleanza multifunzionale, rispondendo a più esigenze: - allontanare la pressione politica dell’URSS per diminuirne l’influenza in Europa occidentale; - battuta del primo segretario generale della NATO, Lord Ismay, che disse che lo scopo del patto fosse “to keep the Americans in, the Russians out, and the Germans down”. La presenza americana funge anche da livellatrice per evitare le pulsioni egemoniche delle varie potenze europee (continuando ad agire anche dopo la dissoluzione dell’Unione Sovietica, con l’appoggio di gran parte degli Stati). L’alleanza è fin dall’inizio è un successo, dà garanzie ed evita scontri. Nonostante ciò ci sono diverse crisi nella storia dell’alleanza atlantica, ciascuna delle quali interpretata come definitiva ma senza risvolti nella realtà. Uno dei motivi della sua longevità è 53 proprio la multifunzionalità, ma l’asimmetria dei ruoli fa sì che gli Stati europei cerchino continuamente di livellare la situazione, aprendo appunto così le crisi. La politica del contenimento viene delineata nel telegramma Kennan, viene discusso dall’amministrazione Truman e da essa viene applicata in maniera inizialmente circoscritta e poi più incisiva con il piano Marshall. Il patto è l’ultimo tassello utile allo scopo, così da stabilizzare l’Europa e creare un blocco stabile. All’inizio dei negoziati sull’estensione geografica, Francia e Gran Bretagna insistono affinché vengano inclusi nell’alleanza anche tutti i territori dei loro imperi. Gli Stati Uniti si mostrano da subito contrari, innanzitutto perché sarebbero necessarie risorse ancora più ingenti, poi perché il suo scopo è quello di stabilizzare l’Europa e inoltre gli americani sono tradizionalmente ferventi anti colonialisti. L’area geografica coinvolta è quella dell’Atlantico del nord, con estensione all’Algeria (motivo di forti tensioni allo scoppio della guerra civile argentina) poiché essa è area metropolitana francese. Ci sono altri due elementi da aggiungere. Con la firma del patto si arriva alla fine del blocco di Berlino perché una volta firmata l’alleanza si è consolidata e Stalin si dice disposto a revocarlo, richiedendo un’ulteriore tra i ministri degli Esteri. La trattativa, tenutasi in maggio, fallisce di nuovo. Nel settembre del 1949 nasce la Repubblica Federale di Germania, profondamente spaccata al suo interno perché parte delle forze politiche al suo interno ci vedono il sacrificio della riunificazione completa. In qualche settimana la risposta sovietica è quella di dar vita alla sua Repubblica Democratica Tedesca. Questa divisione va molto oltre quanto precedentemente concordato e la nascita delle due Germania sembra scandire una soluzione permanente. La Repubblica Federale nasce con forte spirito revisionista, tanto che nella sua legge fondamentale afferma che essa ha validità per i lender che vogliono aderirvi, ma anche coloro che non possono. In pratica non riconosce né la Repubblica Democratica né le cessioni territoriali fatte a vantaggio di Polonia e URSS. Tale presupposto fa temere all’Unione Sovietica una possibile futura aggressione, rispondendo a sua volta con il mancato riconoscimento dell’altra parte. La situazione è più o meno stabile, ma comunque contiene già i germi delle tensioni future. Per tutta la sua storia, la Repubblica Democratica si rivolgerà a quella Federale con l’appellativo di zona di occupazione. In Cina nei mesi successivi alla firma dell’alleanza atlantica si susseguono degli eventi che avranno esiti importanti. Qui è in corso una sanguinosa guerra civile tra Chiang Kai-shek e Mao Tse Tung. Il 1 ottobre 1949 Mao proclama ufficialmente la costituzione della Repubblica Popolare Cinese. Il Ricordiamo che la distribuzione di indù e musulmani sul territorio è molto complessa e che, proprio per questo, una 43 divisione su base religiosa è difficile da attuare. L’India Britannica comprende tutta l’India, il Pakistan e il Bangladesh attuali. 44 Lo Stato che Jinnah aveva in mente non contempla le derive radicali del Pakistan di oggi. 45 76 spinosa è quella del Kashmir, Stato a prevalenza musulmana ma dove il sovrano decide di optare per l’adesione all’India (ciò darà vita ad una divisione della regione e poi a alla guerra indo pakistana). La partizione dell’India alla fine non è il pacifico momento sognato da Gandhi, ma è uno scontro durissimo che, nonostante gli sforzi britannici, porta all’esodo di milioni di persone. Nel momento in cui il sovrano del Kashmir decide di chiedere accesso all’India e di sottoporre il suo territorio alla nascente Federazione indiana, il Pakistan reagisce con la forza. Inizia la prima guerra per il controllo dell’area, che vede lo Stato musulmano perdente. L’area viene divisa in due parti divise dalla cosiddetta line of control , ancora oggi valida, che nessuna delle due considera 46 definitiva: il Pakistan continua a rivendicarlo come sua spettanza, l’India continua a insistere sulla libertà religiosa e nega l’indipendenza della sua parte e il ricongiungimento con l’altra. Il primo passaggio dell’Impero britannico verso la decolonizzazione è difficile e drammatico, lascia dietro di sé profonde tensioni strutturali. Palestina La crisi indiana si svolge contemporaneamente a un’altra che riguarda l’Impero britannico: quella della Palestina (1946-1947). Per capire cosa succede in questo biennio, bisogna iniziare dal 1920, ovvero da quando i britannici si insediano nell’area. Con lo sfaldamento dell’Impero ottomano, la Gran Bretagna ottiene un mandato per gestire Palestina e Iraq. La gestione inglese porta alla divisione di due territori: Palestina e TransGiordania. Il problema della Palestina è che essa è un territorio conteso tra parte araba e ebraica della popolazione. Qui i britannici hanno fatto promesse contraddittorie: nel 1917 la Gran Bretagna rilascia alla parte ebraica la dichiarazione Balfuour, in cui si impegna a dar vita ad una Jewish national home, ovvero a un insediamento nazionale ebraico, promettendo contemporaneamente allo sceriffo Hussein della Mecca la creazione di un grande Stato arabo se egli avesse guidato la rivolta contro l’Impero ottomano. Quando la guerra finisce, la Gran Bretagna si trova a dover rispettare questi impegni contraddittori e lo fa con crescente difficoltà tra 1920 e 1939, incoraggiando inizialmente l’emigrazione ebraica verso la Palestina e a partire dal 1936 (anno della rivolta della popolazione palestinese) riducendo l’impegno in senso sionista: più si va verso la guerra, più si ha bisogno di mantenere buoni rapporti con tutto il mondo arabo. Durante la guerra la relazione tra la Gran Bretagna e i coloni ebraici non è priva di difficoltà, tant’è che all’interno dell’insediamento ebraico si creano delle correnti nettamente contrapposte: - la maggioranza, che fa capo all’Agenzia ebraica di David Ben-Gurion e si identifica con 47 l’Yishuv e che ha una sua forza paramilitare, l’Haganah. Adotta un atteggiamento di moderata 48 collaborazione con la forza britannica occupante. Gran parte di questa maggioranza ha un orientamento socialisteggiante e dà vita ai kibbutz. - una minoranza che adotta un atteggiamento molto più ostile nei confronti della Gran Bretagna, che fa capo alle idee di Jabotinsky, padre dell’attuale destra nazionalista ebraica. Questa parte vuole una politica ebraica improntata a principi più nazionalistici, di aperta ostilità nei confronti della popolazione araba nella regione. Jabotinsky trova molti seguaci, tra cui un gruppo radicale di nazionalisti ebrei che dà vita al movimento Irgun Tzvai Leumi . L’Irgun adotta una politica 49 molto più ostile nei confronti della Gran Bretagna e solo con difficoltà accetterà una tregua che andrà dal 1940 al 1944; proprio per via di quest’ultima, male accetta dalla parte più estrema del Parte dalle regioni dell’Himalaya e attraversa tutto il paese. 46 Entità politica che amministra la presenza ebraica in territorio palestinese. 47 Insediamento originale ebraico. 48 Uno dei principali sostenitori sarà il futuro primo ministro Menachem Begin. 49 77 gruppo, nascerà un movimento ancora più radicale, Lehi, guidato da Avraham Stern che cercherà addirittura un contatto con i nazisti, secondo lui preferibile al mandato britannico. Alla fine della guerra Stern e il Lehi vengono messi fuori gioco rapidamente, ma poco prima della fine del conflitto l’Irgun decide di interrompere la tregua e di intraprendere azioni terroristiche contro il mandato britannico. La Gran Bretagna si trova a dover gestire una situazione di estrema difficoltà, poiché la maggioranza (Agenzia Ebraica) dei coloni ebraici insiste per avere l’indipendenza, una minoranza (Irgun) ricorre alla lotta aperta contro l’occupazione britannica e per un periodo relativamente breve, ma che si protrae per mesi, l’ala oltranzista riesce a trascinare con sé quella moderata, tant’è che nel 1946 l’intera colonia ebraica adotta un atteggiamento ostile nei confronti della Gran Bretagna. La difficile alleanza tra moderati e radicali termina quando l’Irgun organizza un enorme attentato al quartiere generale del mandato britannico, all’Hotel King David a Gerusalemme, provocando un centinaio di morti. Si tratta del momento più drammatico del periodo, soprattutto perché ci si trova a dover gestire una repressione anti-ebraica poco dopo la scoperta dell’olocausto; le truppe britanniche si trovano in difficoltà. La Gran Bretagna cerca una soluzione per il futuro della Palestina che lasci spazio a entrambe le componenti etniche che la abitano, elaborando una sorta di piano di partizione (cosa che però si è tentato di evitare fino alla fine). Per buona parte del 1946 si moltiplicano gli sforzi per cercare una soluzione che eviti il predominio di una parte sull’altra: la Palestina non dovrà essere né uno Stato ebraico né uno Stato arabo e la forma di governo dovrà preservare gli interessi di entrambe le fedi. Inizialmente quindi la Gran Bretagna vuole evitare la divisione e insiste con un secondo piano, quello Morrison-Grady, elaborato dal governo laburista: si immagina di tenere sotto controllo inglese alcune parti del territorio palestinese e di concedere l’autonomia sotto la propria supervisione alle province arabe e israeliane. Il tutto però accade contemporaneamente alla guerriglia degli estremisti e la Gran Bretagna alla fine si decide a cambiare strategia. Quando si concludono le trattative per l’indipendenza dell’India (maggio 1947), si decide di affidare il futuro della Palestina a una commissione speciale delle Nazioni Unite. La UNSCOP ha riunioni 50 con i rappresentanti delle due componenti, nonostante le difficoltà di dialogo con la parte musulmana. La commissione stessa si spacca in due filoni ma alla fine prevale l’opzione del partizionamento. Il piano proposto prevede la divisione tra zone arabe e zone ebraiche, con una zona internazionale a Gerusalemme sotto il controllo diretto delle Nazioni Unite. Tale proposta 51 viene portate all’Assemblea Generale e la risoluzione 181 viene approvata con un’ampia maggioranza il 29 novembre 1947. Fin dall’inizio la comunità ebraica di Ben-Gurion accetta, mentre la popolazione araba la rifiuta e tutti i paesi arabi circostanti la contestano (inoltre la risoluzione ha il voto contrario di tutti i paesi arabi). La risoluzione 181 è di fine novembre 1947. Il mese successivo è quasi insostenibile: la Gran Bretagna inizia le manovre per andarsene dalla Palestina , ma nel frattempo inizia una guerra non 52 dichiarata tra le due popolazioni per il controllo del territorio. Il conflitto si gioca sulla pulizia etnica, terrorizzando la controparte per mandarla via. Questa guerra a bassa intensità divampa in guerra vera e propria nel maggio 1948, quando il mandato britannico termina. La parte ebraica proclama la fondazione del suo Stato nel territorio concesso dalla risoluzione; immediatamente, la Lega Araba, che racchiude i principali Stati arabi, dichiara guerra al neonato Stato ebraico. United Nations Special Committee on Palestine. 50 Poiché si tratta della città multi-religiosa per eccellenza. 51 Se ne andrà definitivamente il 15 maggio 1948. 52 78 Lo Stato di Israele viene subito riconosciuta sia dagli Stati Uniti che dall’Unione Sovietica. L’URSS adotta in questa prima fase un atteggiamento filo-israeliano perché vuole avvicinarsi al nemico del suo nemico, in modo da controbattere all’influenza britannica nell’area. La guerra dura fino agli inizi del 1949, ma è composta da tre fasi divise da lunghe pause armistiziali. Gli eserciti libanese e siriano, le forze irachene, giordane, saudite ed egiziane appoggiano la parte araba, ma in realtà il rapporto non è così sproporzionato perché l’unica componente armata solida è la Legione Araba del regno di Giordania, perché inquadrata, addestrata e controllata da generali britannici (ma comunque ha obiettivi limitati, non vuole annientare lo Stato di Israele). Durante la prima interruzione del conflitto le parti in causa cercano di rifornirsi militarmente, laddove possono. La seconda fase delle operazioni vede la parte israeliana prendere il sopravvento, ma comunque dura pochissimo e dopo una decina di giorni l’ONU riesce a ottenere un nuovo cessate il fuoco; gli israeliani hanno però già conquistato una parte importante del territorio, mentre le forze arabe sono in difficoltà. La terza fase della guerra è quella decisiva: a partire dall’ottobre 1948 (dopo 3 mesi di interruzione) gli israeliani sono in grado di infliggere una serie di sconfitte decisive, soprattutto alle forze egiziane. La guerra finisce tra gennaio e marzo 1949 con una serie di armistizi in cui nasce uno Stato di Israele molto più alto di quello concepito dal piano di spartizione approvato dall’Assemblea Generale due anni prima: il risultato ottenuto dalla parte araba è quello di perdere anche la parte di Palestina precedentemente concessa dalla risoluzione. Gli armistizi non vedono il riconoscimento dello Stato di Israele da parte dei paesi arabi , che continua a essere entità sionista. 53 Questa sequenza di avvenimenti crea una seconda situazione di tensione sulla scena mondiale e anche in questo caso la transizione non è indolore: lo smantellamento dell’Impero britannico lascia una scia di questioni irrisolte, proprio come in Kashmir. La guerra porta alla fuga di una parte di popolazione araba dalla Palestina, che si insedia in campi profughi negli Stati limitrofi che, invece di favorire l’assimilazione preferiscono tenerli in questa situazione promettendo di riportarli nella loro terra una volta distrutto Israele. Egitto La guerra ha importanti risolvi anche in Egitto, le cui forze armate vivono come un’umiliazione inaccettabile la sconfitta e la imputano alla corruzione della monarchia guidata da Faruq. Il sovrano viene spodestato nel luglio 1952 da alcuni militari che hanno in mente due obiettivi: un progetto di modernizzazione del paese su un modello laico ispirato alla Turchia di Ataturk e la vendetta per ribaltare il risultato della guerra del 1948. Nasser e Naguib sono i leader della Rivoluzione, nonché i fautori del progressivo allontanamento dall’Egitto dalla Gran Bretagna per creare le premesse della guerra successiva contro Israele. La Gran Bretagna mantiene una forte influenza sull’Egitto perché secondo il trattato anglo-egiziano del 1936, la corona inglese ha basi militari lungo tutto il Canale di Suez, che le consentono il controllo dell’area. Qui sono stanziate migliaia di truppe, quindi non si tratta di una presenza circoscritta. Una volta insediati al potere, i militari di Naguib e Nasser insistono per trattare con la Gran Bretagna per chiudere la presenza militare. La pressione nazionalista egiziana è fortissima e nell’ottobre 1954 si arriva a un trattato: esso prevede il ritiro di tutte le truppe britanniche, che però mantengono la possibilità di rientrare qualora il traffico nel Canale fosse minacciato in caso di guerra. Le truppe si ritirano definitivamente nel giugno 1956 e l’Egitto riacquista la sovranità su Seri contrasti si rinnovarono nel secondo dopoguerra con l'Egitto i cu governanti chiedevano la fine della presenza militare inglese e tra il 1945 e il 1947 il governo del Cairo denunciò il trattato anglo-egiziano del 1936. Anche l'Iraq voleva abrogare l'accordo che lo teneva legato alla GB, anche se forte restava l'influenza inglese sulla monarchia e sui giacimenti petroliferi. Solo la Transgiordania sembrava rimanere fedele a Londra e firmava un altro accordo di collaborazione con questa. Una delle prime questioni sulla quale la Lega Araba concentrò la sua attenzione fu la situazione esistente in Palestina con la richiesta del blocco dell'emigrazione ebraica e la fine del mandato britannico. Gli ebrei già presenti in Palestina sentivano di non voler più essere sottomessi a forme di persecuzione e di essere pronti ad usare la forza pur di vedere trionfare il progetto sionista e si rafforzò per questo la struttura militare dell'Hagana, un'organizzazione di autodifesa degli insediamenti ebraici; inoltre si formarono gruppi armati clandestini che avviarono un'azione terroristica contro le autorità e forze britanniche. Dal punto di vista politico la GB elaborò un progetto basato sulla suddivisione del territorio palestinese in 4 aree: - un distretto arabo; - un distretto ebraico-, - la città internazionalizzata di Gerusalemme; - il territorio deserto del Negev Questo piano scontentò sia gli arabi che gli ebrei e la questione fu posta in sede di ONU che creò un'apposita commissione , la UNSCOP e la maggioranza si espresse a favore della costituzione dei due stati separati, uno arabo e uno ebraico e , discussa dall'Assemblea delle Nazioni Unite alla fine del 1947 venne approvata . Il governo inglese stanco di dover gestire una situazione così difficile , dichiarò che avrebbe posto fine al mandato nel 1948 e nel maggio dello stesso anno Israele si dichiarò stato indipendente e dovette affrontare la reazione militare degli stati confinanti, conflitto che si protrasse fino agli inizi del 1949. Alla fine furono costituiti vari armistizi separati, ma questo non portò alla pace in quanto non vi fu mai un riconoscimento dello stato di Israele da parte araba. Inoltre si apriva la questione dei profughi arabi sfrattati dal territorio concesso a Israele e questi si confinarono soprattutto a Gaza. Durante il conflitto l'ONU cercò di elaborare una situazione di compromesso , ma questa fu respinta con l'intervento degli USA. Nel 1949 Israele entrava a far parte anche delle Nazioni Unite. Significativa nella nascita di Israele era stata anche la posizione dell'amministrazione americana che aveva subito riconosciuto il nuovo stato e poi respinto il secondo piano dell'ONU. Anche l'URSS tra il 1947 e il 1948 espresse la sua posizione favorevole nei confronti di Israele e questo atteggiamento trovava giustificazione nel carattere socialista del nuovo stato ebraico, nella presenza di ebrei russi tra i leader di Israele e nella convinzione di Stalin che le monarchie del Medio Oriente rappresentassero stati conservatori fortemente condizionati 39 dall'influenza britannica. Nonostante gli scarsi esiti della politica perseguita in Palestina e i pessimi rapporti con l'Egitto, sia il governo labourista, sia il successivo gabinetto conservatore di Churchill, continuarono a considerare il Medio Oriente come un'area di vitale interesse. Gli interessi inglesi nel settore petrolifero si intrecciavano con quelli statunitensi, infatti anche le autorità americane da dopo la seconda guerra mondiale si erano rese conto dell'importanza del controllo del petrolio e Washington aveva stretto intensi rapporti con l'Arabia Saudita. Gran parte delle risorse petrolifere nel dopoguerra erano sotto controllo americano e in misura minore inglese. Non sempre però gli obiettivi d Londra coincidevano con quelli di Washington e quest'ultimo aveva deciso di sostenere la GB come uno dei propri alleati maggiori, ma non era intenzione degli USA essere identificati in Medio Oriente con le tradizionali politiche europee. La collaborazione anglo-americana si manifestò tra il 1951 e il 1953 nel caso della crisi iraniana proprio perchè gli USA ritennero che l'accaduto si inserisse nel contesto del conflitto con l'URSS. Nella seconda metà degli anni 40 l'Iran, governato da Pahlavi, sembrava doversi allineare stabilmente all'Occidente e forte restava l'influenza inglese, ma nel 1951 i nazionalisti riuscirono a far approvare dal parlamento iraniano la nazionalizzazione dei beni della compagnia straniera , ne seguì una fase di alta tensione con il governo britannico e da parte loro le autorità di Washington tentarono un'opera di mediazione che risultò comunque vana. Sebbene il leader nazionalista Mossadegh non fosse comunista a Washington si diffuse il timore che egli fosse guidato dal PC iraniano, il Tudeh, e che Mosca potesse trarre vantaggio dal contrasto tra Londra e Teheran. Agli inizi del 1953 la CIA e il servizio segreto britannico organizzarono l'operazione Ajax la quale grazie all'azione dei militari iraniani filoccidentali e con il sostegno indiretto dello scià, avrebbero dovuto condurre alla destituzione di Mossadegh. L'azione non parve andare a buon fine, ma gli americani organizzarono a Teheran una manifestazione a sostegno dello scià e i leader delle forze armate arrestarono Mossadegh e fecero una repressione dei seguaci di Mossadegh e del Tudegh. Fu restaurato lo scià e il nuovo governo iraniano negoziò un nuovo accordo con alcune compagnie petrolifere occidentali che condusse a un'espansione dello sfruttamento delle risorse petrolifere. L'Iran era stato rafforzato dalla prova con i nazionalisti , in Egitto la dinasta di re Faruq veniva rovesciata nel 1952 da un colpo di stato guidato da Naguib, il quale però restò alla guida del paese per breve tempo, poichè nel 1954 fu arrestato e il suo posto veniva occupato da Nasser che avrebbe retto le sorti dell'Egitto fino al 1970. Secondo il leader egiziano il compito dei militari era portare l'Egitto a librarsi dagli inglesi e soprattutto prendere la guida di tutto il mondo arabo nel processo d affermazione nazionale. Sul piano interno Nasser mirava a modernizzare il paese sviluppando un modello di "socialismo arabo" laico comunque ben lontano dal comunismo. Nel 1954 veniva siglato un nuovo trattato anglo-egiziano che sostituiva quello del 1936: Londra riconosceva il canale di Suez come parte integrante del territorio egiziano e accettava di evacuare tutte le sue installazioni militari, riservandosi di poter intervenire nel caso l'Egitto fosse stato attaccato. La fine dell'influenza inglese in Egitto spingeva la GB a cercare di dare una nuova struttura a tutta la sua influenza in Medio Oriente e Churchill sembrò trarre vantaggio dalle scelte di alcuni paesi: nel 1954 la Turchia, membro del patto atlantico, siglava un'alleanza con il Pakistan. Alcuni mesi più tardi il governo iracheno guidato da un politico filoccidentale al-Sa'id , avviava contatti con Ankara (capitale della Turchia) che conducevano agli inizi del 1955 alla firma del cosiddetto patto di Baghdad , alleanza sostenuta da Londra che vi aderiva qualche mese dopo, e nel 1955 a questo accordo si univano l'Iran e il Pakistan, per cercare di contenere la spinta di URSS e Cina verso sud, ma gli USA decisero di non entrare a far parte del patto. Nel 1953 era stato firmato un trattato di alleanza tra Turchia, Grecia e Jugoslavia, il cosiddetto patto balcanico. Dall'Atlantico all'Asia Orientale si estendevano una serie di alleanze che vedevano gli USA come stato fondatore o ispiratore. L'URSS giudicava tutto questo come una sorta di accerchiamento da parte dell'amministrazione americana e intendeva reagire soprattutto dove questo insieme di accordi si mostrava più debole. La sorte dell'alleanza siglata a Baghdad si intrecciava con le aspirazioni del leader egiziano Nasser di porsi alla guida del mondo arabo. La sua azione si sviluppò in varie direzioni: diede avvio a una campagna propagandistica di stampo nazionalista e antioccidentale che ebbe molta presa sulle popolazioni arabe e il governo del Cairo si erse a paladino del FLN algerino e dei diritti palestinesi. Nasser inoltre vedeva nel patto di Baghdad una minaccia agli interessi arabi e rafforzò i rapporti con Siria e Giordania. Di fronte all'attivismo di Nasser l'amministrazione Eisenhower parve muoversi con difficoltà. Il governo statunitense aveva comunque ritenuto di poter sfruttare nei rapporti con l'Egitto la carta dell'aiuto economico, che aveva trovato espressione nel progetto per la costruzione di una diga ad Assuan lungo il Nilo e agli inizi del 1956 l'amministrazione Eisenhower si dichiarò disposta a finanziare il progetto, ma alcune scelte di Nasser spinsero Washington a cancellare il progetto. Il 26 luglio 1956 Nasser annunciò la nazionalizzazione della Compagnia del canale di Suez, la quale era a capitale anglo-francese 40 e la mossa di Nasser mise in grave difficoltà le autorità francesi e inglesi che vedevano sfumare la possibilità di essere considerate grandi potenze. In una prima fase, però , GB e FR cercarono la via diplomatica contestando la regolarità della nazionalizzazione, mentre successivamente il segretario di stato americano avanzò la proposta di un'Associazione degli utenti del canale, ma anche questa ipotesi fu respinta da Nasser e risultò un fallimento anche il tentativo anglo-sovietico di rivolgersi all'ONU. A Londra e Parigi si iniziava a prendere in considerazione l'ipotesi di un'iniziativa militare contro l'Egitto, per Mollet, socialista alla guida francese, la sconfitta egiziana avrebbe inferto un duro colpo al FLN algerino e avrebbe cambiato le sorti della guerra in Molte osservatori dell'America Latina erano convinti che dietro il colpo d stato guatemalteco ci fossero gli USA e che questi non temessero tanto la diffusione del comunismo, quanto qualsiasi tentativo di politica riformatrice. Conseguenza di questo episodio fu il radicarsi dei sentimenti antiamericani ed episodio significativo fu la visita del vicepresidente Nixon in alcuni stati dell'America Latina , accolta con manifestazioni di protesta e violenze. L'amministrazione americana valutò l'accaduto come un episodio nel quadro della strategia del comunismo internazionale, senza comprendere che si trattava di una profonda ostilità verso gli USA. Nel 1959 i diversi tentativi rivoluzionari di Castro arrivarono finalmente al successo, spodestando il dittatore Batista e facendo la rivoluzione. Castro rivendicava la volontà di sovranità popolare, ma nel momento in cui cercò di affermare la sovranità economica delle risorse del suo paese, gli USA cercarono di riportarlo sotto il loro controllo. Venne quindi effettuata un'operazione a Cuba e la CIA si convinse che la popolazione di Cuba fosse dalla parte degli USA, ma non era così e l'operazione fu un fallimento clamoroso. Cuba poneva le premesse per il pieno coinvolgimento dell'America Latina nelle dinamiche della guerra fredda. CAPITOLO 6 - LA BREVE STAGIONE DI UN MONDO BIPOLARE: DALL'ETÀ DELLE CRISI ALLE PREMESSE DELLA GRANDE DISTENSIONE (1957 - 1969) 1.Il confronto Est-Ovest nell'era di Chruščëv: da Berlino a Cuba, al Test Ben Treaty Tra gli anni 50 e 60 l’economia sovietica visse un’evidente fase di crescita, evoluzione che sembrò espandersi anche alledemocrazie popolari, e per qualche anno l’URSS parve essere all’avanguardia in alcuni settori industriali ad alto livellotecnologico. Centrale fu nel 1957 il lancio dello Sputnik I , il lancio del primo satellite artificiale orbitante nello spazio, seguito poi dallo Sputnik II con a bordo un essere vivente. Nel 1961 Mosca avrebbe conquistato anche il primato del primo uomo nellospazio, Jurij Gagarin. Questi successi si tradussero in una serie di dichiarazioni circa la superiorità sovietica nel settore spaziale e in quello militare dell’URSS, questa infatti dichiarò di essere in grado di produrre missili balistici intercontinentali (ICBM) contestata nucleare, capaci di colpire l’intero territorio americano. L’opinione pubblica statunitense cadde nel panico. La questione ebbe concrete conseguenze sul piano politico perché il presunto missile gap o “divario missilistico” fra USA e URSS diventò tema di polemica da parte dei democratici nei confronti di un’amministrazione passiva. Eisenhower, però, era preoccupato per le conseguenze di un’indiscriminata corsa agli armamenti, la quale avrebbe favorito il clima di scontro tra le due potenze e avrebbe aumentato le spese federali per la difesa .inoltre Eisenhower sapeva che il gap missilistico era in gran parte frutto della propaganda di Chruščëv. Era stato messo a punto un aereo , U-2, in grado di volare a grandi altezze in modo da non essere intercettato e compiere voli di ricognizione su tutta l’URSS. Eisenhower in qualche occasione autorizzò questi voli, i quali 44 avevano raccolto dati che smentivano gran parte delle affermazioni di Chruščëv sulla velocità sovietica nel costruire ICBM. In altre aree del mondo l’amministrazione americana sembrava aver avuto altri successi, come nelle isole di Quemoy e Matsu. Per la seconda volta, dopo il 1954, la Repubblica popolare Cinese aveva bombardato queste isole, le quali erano sotto il controllo dei nazionalisti di Taiwan . a questo punto l’amministrazione americana rispose rafforzando la presenza navale nel mar della Cina e minacciando una rappresaglia massiccia nucleare. Il governo di Pechino pose allora fine alle azioni militari e venuta meno la tensione lungo la costa cinese, il conflitto Est-Ovest tornò a localizzarsi in Europa, nel luogo dove la divisione del continenteera più complessa : Berlino. La rinascita economica della Repubblica federale tedesca aveva coinvolto anche la parte occidentale della capitale, c’era la volontà di Bonn di mostrare il divario tra il benessere e la libertà della Germania Ovest e l’arretratezza della Rep. Democratica. Tutto ciò favoriva un crescente esodo della popolazione dalla RDT alla parte occidentale della Germania. Il leader della SED (partito socialista unificato tedesco) Ulbricht (Germania Est) si rendeva conto che ciò avrebbe posto in discussione la stessa esistenza della Germania Est. Nel frattempo il governo di Bonn (Germania Ovest) continuava a rivendicare la propria sovranità su tutta la Germania in quanto la costituzione di Bonn era rappresentativa di tutto il popolo tedesco. Le potenze occidentali si rifiutavano di riconoscere la RDT, e la Germania Ovest aveva elaborato la cosiddetta dottrina Hallstein, in base alla quale la RFT avrebbe rotto i rapporti diplomatici con ogni nazione che avesse riconosciuto la RDT. Sottoposto a forti pressioni di Ulbricht, Chruščëv in una nota ufficiale inviata alle tre potenze occidentali nel 1958, chiese che entro 6 mesi si trovasse una soluzione al problema berlinese, proponendo la creazione di una città internazionalizzata e un trattato di pace con la Germania , in caso contrario minacciò di concludere con la RDT un accordo separato e di affidare alla stessa RDT ilcontrollo degli accessi a Berlino, implicando così la necessità per gli altri stati di riconoscere il governo della RDT. La risposta occidentale fu ferma e seguirono inconcludenti contatti diplomatici fra Mosca e gli occidentali, ma il leader sovietico fece caderel’ultimatum e le minacce, e la questione si trascina negli anni successivi.Chruščëv si era fatto interprete di ipotesi che la guerra fredda potesse essere sostituita da una “coesistenza pacifica” : egli cioè riteneva che nel lungo periodo il comunismo avrebbe finito con il prevalere e che sarebbe stato possibile evitare il conflittonucleare grazie alla capacità di intervento di Mosca nel Terzo Mondo. In tutto questo l’azione propagandistica svolgeva un ruolo fondamentale e sia quella di Washington sia quella di Mosca erasempre più mirata a convincere. Nell’estate del 1959 si tenne a Mosca una fiera internazionale alla quale vennero invitati anche gli USA e sebbene lo scontro traWashington e Mosca non si fosse interrotto, si assiste a un progressivo “mutamento” nel clima di fondo che non escludeva una “distensione” . Subito dopo la fiera Eisenhower invitò Chruščëv negli USA. Varie erano le intenzioni dell’amministrazione, fra cuil’impressionale il leader sovietico circa la potenza economica, la libertà, il benessere americani, nonché l’opportunità di avviare dialoghi sui grandi problemi internazionali, in particolare Berlino. Qualche mese dopo i responsabili delle tre potenze occidentali (Eisenhower, Macmillan e de Gaulle) invitarono Chruščëv a unaconferenza al vertice a Parigi nel maggio del 1960. Soprattutto il primo ministro britannico era interessato ad avviare un processo di distensione tra Est e Ovest. Il leader sovietico accettò la proposta. Qualche settimana prima della conferenza Eisenhower autorizzò un volo U-2, il quale fu abbattuto dai sovietici i quali scoprironoche si trattava di un’azione di spionaggio degli USA. Per alcuni giorni i sovietici tennero nascosto l’evento e fu solo alla vigilia della conferenza che Chruščëv, profondamente irritato, denunciò l’azione chiedendo le scuse di Eisenhower, il quale si assunse laresponsabilità dell’accaduto ma non si scusò con l’URSS, Chruščëv decise quindi di lasciare Parigi e la conferenza. Questo segnò la fine di ogni possibilità di uscire dallo scontro. Infine da qualche tempo si stava manifestando un crescente divario di opinioni tra Chruščëv e Mao, il quale era sempre più criticoverso le aspirazioni al dialogo con l’Occidente del sovietico, considerato da Mao un simbolo di debolezza dell’URSS verso USA. Inoltre nel momento in cui l’URSS avvia un processo di distensione non ha bisogno di un alleato con atteggiamenti provocatoriverso gli USA, quale è ad esempio l’attacco alle due isole da parte di Mao. Inoltre Mao critica Chruščëv poiché questo aveva denunciato i crimini di Stalin e il leader popolare cinese non era d’accordo. Il leader sovietico arriva alla conclusione che la Cina popolare è un alleato pericoloso e bisogna tenerla sotto controllo e non esporsi alle sue critiche. Nella seconda metà del 1960 elementi di tensione fra Est e Ovest si manifestarono in altre parti del mondo come in Indocina, in particolare in Laos e in Vietnam del Sud, dove le locali forze comuniste avevano avviato delle guerriglie che mettevano in difficoltà i governi filoccidentali. Ai Caraibi invece il cambio di regime a Cuba stava per offrire all’URSS l’opportunità di porre indifficoltà l’amministrazione americana. Fu in questo clima teso e apparentemente non favorevole agli USA che si svolsero le elezioni alle quale Kennedy si impose suNixon. Sin dall’inizio del suo mandato Kennedy volle imprimere alla sua azione un carattere di radicale novità. Il presidente comprese che il conflitto con l’URSS aveva assunto un carattere globale e se gli USA volevano uscirne vincitoridovevano impegnarsi in maniera forte. L’azione della nuova leadership non era però totalmente in linea con Kennedy. Nei primi mesi di presidenza Kennedy incappò in un fallimento che ebbe ripercussioni a lungo termine sia per la politica diWashington sia per i rapporti con Mosca : la crisi di Cuba. L’America Latina e i Caraibi erano considerati fin dalla fine dell’ottocento un’area di influenza statunitense e Cuba era un casoemblematico. Liberata dal dominio spagnolo Cuba fu posta sotto una specie di protettorato statunitense e ottenuta l’indipendenza formale nel 1902 l’isola continuò a restare sotto l’influenza americana, che trovò espressione nel cosiddetto emendamento Platt che permetteva a Washington di intervenire a Cuba se le autorità statunitensi l’avessero
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