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Le condizioni di pace imposte alla Germania dopo la Prima Guerra Mondiale: un riassunto, Esercizi di Storia Delle Relazioni Internazionali

Storia InternazionaleStoria della Germania modernaStoria del XX secolo

Le condizioni economiche e militari imposte alla germania dopo la prima guerra mondiale, inclusi i momenti chiave della questione delle riparazioni e dell'appacificamento. Viene inoltre esposta la politica estera di hitler dal 1933 al 1939.

Cosa imparerai

  • Quali furono i momenti chiave della questione delle riparazioni dovute dalla Germania ai Paesi vincitori?
  • Quali furono le condizioni economiche imposte alla Germania dopo la Prima Guerra Mondiale?
  • Come si sviluppò la politica estera di Hitler verso la Germania e verso gli altri paesi europei dal 1933 al 1939?

Tipologia: Esercizi

2018/2019

Caricato il 25/07/2019

virus1979
virus1979 🇮🇹

4.5

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Scarica Le condizioni di pace imposte alla Germania dopo la Prima Guerra Mondiale: un riassunto e più Esercizi in PDF di Storia Delle Relazioni Internazionali solo su Docsity! Domanda 1. Esporre i Risultati della conferenza della pace di Pari del 1919, soffermandosi in particolare sole clausole del Trattato di Versailles La conferenza di pace di Parigi del 1919 fu una conferenza di pace organizzata dai paesi usciti vincitori dalla prima guerra mondiale, impegnati a delineare una nuova situazione geopolitica in Europa e a stilare i trattati di pace con le Potenze Centrali uscite sconfitte dalla guerra. La conferenza si aprì il 18 gennaio 1919 e durò fino al 21 gennaio 1920. Da questi trattati la cartina d'Europa uscì completamente ridefinita, in base al principio della autodeterminazione dei popoli, concepito dal presidente degli Stati Uniti d'America Woodrow Wilson, nel tentativo, in seguito rivelatosi fallace, di riorganizzare su base etnica gli equilibri del continente europeo. Woodrow Wilson infatti aveva fissato in 14 punti gli scopi dichiaratamente democratici che gli Stati Uniti volevano raggiungere con il loro intervento nella prima guerra mondiale. Il documento proponeva di liberalizzare i commerci mondiali, abolendo le barriere doganali fra gli stati; ridurre al minimo gli armamenti; sgomberare i territori occupati durante la guerra; stabilire i nuovi confini fra gli stati europei secondo i principi di nazionalità; di fondare una Società delle Nazioni, che garantisse la sicurezza a tutti gli stati aderenti e risolvesse in via pacifica i contrasti internazionali. In particolare il trattato di Versailles stabiliva: Clausole territoriali, clausole Militari-Economiche (ridurre flotta ed esercito). Le condizioni economiche • La Germania fu condannata a pagare un risarcimento danni enorme, incompatibile con la situazione dell'economia tedesca. La richiesta, infatti, fu giudicata eccessiva dalla Gran Bretagna e dall'Italia, che tuttavia dovettero piegarsi alla volontà francese. • La Francia ottenne anche di sfruttare per 15 anni le ricche miniere della Saar dove, nel 1935, si sceglierà con un plebiscito di ricongiungersi alla Germania. Le condizioni militari • La Germania fu obbligata a mantenere una marina militare e un esercito ridotti e quindi fu costretta ad abolire l'obbligo del servizio di leva. • Tutta la valle del Reno (la Renania) dovette essere smilitarizzata, cioè non occupata da reparti armati dell'esercito tedesco. Il "corridoio polacco" Per garantire un accesso al mare alla Polonia, la Germania fu obbligata a cedere una striscia del suo territorio e la città di Danzica. In questo modo però essa risultava divisa in due: la Prussia orientale veniva infatti separata dal resto del paese. Le minoranze tedesche • In alcuni dei territori ceduti dalla Germania (soprattutto la Cecoslovacchia e la Polonia) vivevano delle comunità di Tedeschi. Così delle minoranze tedesche si trovarono ad essere governate da uno stato diverso dal loro. • Il problema delle minoranze sarà un aspetto che verrà sfruttato dai nazisti. Nella loro propaganda, infatti, piena di bugie ed esagerazioni, essi accuseranno gli altri Stati di maltrattare proprio queste comunità. 2. Delineare i momenti principati, dal 1920 al 1932, della questione delle riparazioni dovute dalla Germania ai Paesi vincitori della Prima guerra mondiale La Germania, considerata la maggiore responsabile del conflitto, fu la nazione che perse di più nel conflitto e ad essa vennero imposte condizioni molto dure. La più moderata fu la delegazione inglese che si scontrò con l’intransigenza dei francesi che chiedevano, oltre all’Alsazia e la Lorena, la cessione temporanea dei bacini di sfruttamento carbonifero della Saar. La Germania perse lo Schleswig a vantaggio della Danimarca e dovette cedere alla Polonia la Posnania, l’Alta Slesia e il corridoio di Danzica. Venne decisa a suo sfavore la riduzione dell’Esercito a 100.000 uomini, la perdita delle colonie e l’obbligo di risarcire i danni di guerra, nella misura della immensa cifra di 132 miliardi di marchi d’oro. La Germania considerò il trattato inaccettabile e umiliante. Altri focolai di tensione furono costituiti dall’Italia (con la questione di Fiume) e la spartizione dei territorio dell’ex impero Austro-Ungarico e quello Ottomano. Le somme astronomiche richieste alla Germania dai paesi vincitori della Prima Guerra Mondiale per risarcire i danni di guerra, unite a un periodo di forte inflazione in tutta Europa negli anni ‘20, (anche questa causata dalla catastrofe della guerra) trascinarono il Marco tedesco in una spirale inflazionistica che giunse al suo culmine nel 1923. A questo periodo di iper inflazione si aggiunsero poi gli effetti della Grande Depressione (cominciata nel 1929) che minarono profondamente la stabilità dell’economia tedesca, bruciando i risparmi personali della classe media e provocando una massiccia disoccupazione. La decisione più importante presa nel 1924 fu l’adozione del Piano Dawes che prevedeva la rivalutazione e la stabilizzazione del marco, una dilazione del pagamento e la possibilità per la Germania di ricevere prestiti internazionali. Ciò permette alle banche e alla aziende statunitensi di prestare denaro alla Germania, che può risarcire i danni a Regno Unito, Francia e Italia, che, a loro volta, possono sdebitarsi con gli Stati Uniti. Nel 1929 viene approvato il piano Young che prevede il pagamento rateale dei risarcimenti tedeschi per i successivi 58 anni. Tutto ciò fece registrare una buona ripresa per l’economia europea dal 1925 al 1929. Il Piano Young entrò in vigore il 17.5.1930, ma la crisi finanziaria tedesca del 1931 e gli eventi politici successivi ne impedirono l’esecuzione e la Germania non rimborsò mai il suo debito. Nel 1931 il Presidente USA, accoglie l'appello di sospendere i pagamenti delle riparazioni per un anno (a partire dai 1 giugno 1931); nell'intervallo si organizza una conferenza a Londra (giugno-luglio 1932) che si conclude con la decisione di interrompere le riparazioni tedesche, arrivando ad un forfait di 3 miliardi somma che non verrà mai versata. Esporre le conseguenze diplomatiche della Grande Crisi dei 1929 Con la fine della prima guerra mondiale, gli Stati Uniti riescono a imporsi come principale potenza economica a livello internazionale. L’uscita dalla guerra, però, non fu facile per la maggior parte dei paesi europei, e dopo una breve ripresa (tra il 1925 e il 1926), le economie di tutto il mondo dovettero affrontare quella che è forse tutt’ora da considerare come la più grande crisi delle borse di tutti i tempi. Nell’ottobre del 1929, infatti, il clamoroso crollo dei titoli azionari della borsa di New York, segnò l’inizio della cosiddetta “grande crisi”, crisi che ebbe almeno per i successivi venti anni delle ripercussioni importantissime non solo economiche, ma anche politiche, per tutte le più importanti potenze mondiali. Le cause della crisi del ventinove sono da individuare essenzialmente in due fattori: il primo è la crisi del credito, dovuta alle speculazioni dei grandi finanzieri internazionali e di una parte rilevante di piccoli e medi risparmiatori. A causa delle forti relazioni commerciali tra gli Stati Uniti e i paesi europei, la crisi si diffuse molto rapidamente anche nel vecchio continente. Inoltre, il governo americano guidato da H.C.Hoover adottò immediatamente delle misure protezionistiche, provvedimento che costrinse, nella pratica, a chiudersi a loro volta su sé stessi. Le conseguenze della crisi, insomma, si dimostrarono fortissime anche in Europa, prima da un punto di vista economico, e successivamente anche politico. La riduzione degli scambi commerciali si tradusse quasi subito in una riduzione e poi quasi in una paralisi della produzione, e in una serie di incredibili svalutazioni della moneta. Le risposte, però, arrivarono soprattutto sul piano politico. La Gran Bretagna, forte dei rapporti privilegiati con i paesi del Commonwealth, provò ad uscire dalla crisi aumentando ulteriormente gli scambi commerciali con i paesi appartenenti all’area, in cambio di una certa liberalizzazione nei rapporti politici. Facendo “fronte comune” con i propri partners commerciali, riuscì così ad attutire, anche se moderatamente, gli effetti della crisi, attraverso la riduzione dei dazi doganali all’interno del Commonwealth e la difesa dei prodotti inglesi sul mercato internazionale. Tutto questo, però, costò all’impero britannico la concessione del diritto di autogoverno ai sei Dominions allora esistenti: il Canada, l’Australia, l’Unione sudafricana, la Nuova Zelanda, Terranova e lo Stato libero di Irlanda. Ancora differenti furono le ripercussioni politiche che la crisi del ’29 ebbe sugli altri stati europei. Per quanto riguarda la Germania, c’è da dire che se fino ad allora la destra violenta, eversiva e nazista che avrebbe poi dato vita al partito nazionalsocialista, godeva di un consenso tutto sommato modesto, proprio la crisi economica – fortissima nell’allora Repubblica di Weimar – riuscì a far guadagnare a Hitler l’appoggio di un ceto medio praticamente allo sbando. Dai piccoli industriali agli artigiani, dal ceto impiegatizio agli studenti, passando per i militari, in molti furono affascinati dal programma estremista del partito nazista, che proponeva il superamento della congiuntura sfavorevole attraverso una chiusura che fondasse le proprie basi su un ritorno allo spirito germanico, che sarebbe stato, tra le altre cose, capace di vendicare i torti subiti nel corso e al termine della prima guerra mondiale. La reazione autoritaria alla crisi, infatti, apriva anche alla possibilità di un nuovo conflitto, inteso, dal punto di vista economico, come l’occasione per rilanciare l’industria internazionale. Se Hitler si impossessava del potere attraverso un colpo di stato, Mussolini dal canto suo, che in Italia aveva ormai consolidato il proprio regime dittatoriale, contestava sempre più apertamente gli assetti europei stabiliti dalla pace di Versailles, e chiedeva a gran voce la revisione dei trattati di pace. Le risposte, insomma, date dai governi europei alla crisi economica del 1929 furono molto varie, sia dal punto di vista economico che politico. È vero, inoltre, che alla chiusura britannica e alla reazione autoritaria tedesca, corrisposero talvolta delle risposte “a sinistra”. In Francia, per esempio, dove la crisi arrivò piuttosto tardi (intorno al 1932), e dove proprio il rischio concreto di una avanzata delle destre, portò al trionfo nelle elezioni del ’36 del cosiddetto Fronte popolare, costituito da socialisti, comunisti e radicali, nel tentativo di scongiurare una eventuale presa del potere fascista. Risposte molto diverse quindi, ma che in un modo o nell’altro concorsero a
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