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Lezione del 17/11: Berlino, Cuba e la Francia di De Gaulle - Crisi e Rivalità Geopolitiche, Appunti di Storia Delle Relazioni Internazionali

Nel documento viene descritta la crisi di berlino e la relazione tra cuba, francia e stati uniti durante gli anni '50 e '60. Il documento illustra come la crisi di berlino segna un punto di svolta nella guerra fredda e come la relazione tra cuba e urss porta all'isolamento economico e le ostilità americane. Inoltre, viene presentato il ritorno di de gaulle in francia e la sua nuova politica estera. Una visione dettagliata di questi eventi storici e illustra come la politica estera di de gaulle influenzò l'europa.

Tipologia: Appunti

2018/2019

Caricato il 02/02/2019

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mohamed-drissi-1 🇮🇹

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Scarica Lezione del 17/11: Berlino, Cuba e la Francia di De Gaulle - Crisi e Rivalità Geopolitiche e più Appunti in PDF di Storia Delle Relazioni Internazionali solo su Docsity! Berlino, Cuba e la Francia di De Gaulle (Lezione del 17/11) Il 1957 è un anno di svolta nel sistema di deterrenza, sistema che abbiamo detto caratterizzare strategicamente l'era della Guerra fredda: in quell'anno, infatti l'equilibrio strategico si rompe, ma questa volta a favore dell'URSS. Nell'ottobre del 1957 infatti l'URSS mette in orbita attorno alla terra il primo satellite artificiale, lo Sputnik: in termini militari significava l'acquisita capacità di raggiungere con un vettore intercontinentale gli Stati Uniti. Gli USA perdevano, così, la loro inviolabilità e il loro territorio viene ad essere potenzialmente sottoposto ad una minaccia nucleare. Questo sarà il primo risultato, il più evidente, dell'accelerazione che Chruščëv ha voluto dare all'industria sovietica. Egli è sì l'uomo che favorisce la distensione, ma allo stesso tempo lancia il guanto di sfida agli Stati Uniti, per cercare di acquisire la leadership economica. Il risultato ottenuto con lo Sputnik genera costernazione negli USA, e un po' tutto il mondo occidentale precipita in un clima di terrore ed apprensione. Occorre in realtà sottolineare che il missile gap, cioè il ritardo o la momentanea inferiorità missilistica nei confronti dell'antagonista, durerà pochissimo: già entro il 1958 anche gli americani saranno in grado di produrre i così detti missili intercontinentali, di lunghissima gittata, che andranno a colmare l'inferiorità e a ripristinare la perfetta parità strategica. Dal 1958 viene, quindi, ripristinato il sistema della deterrenza. Più o meno a metà degli anni '50 abbiamo una situazione che vede schierata in Europa i missili di teatro1, cioè che sono in grado di raggiungere territori vicini, e i missili intercontinentali, che sono in grado di raggiungere il territorio dell'altra superpotenza. La cappa di terrore, e quindi di equilibrio, sembra essersi così perfezionata. L'industria missilistica americana molto doveva alle vecchie conoscenze della ricerca nazista. Wernher von Braun era l'ingegnere che aveva lavorato sotto Hitler e che porta le sue conoscenze negli USA, contribuendo allo sviluppo della missilistica americana, dalla quale dipenderà anche lo sbarco sulla luna del 1969. Quindi, come lo sforzo americano della bomba atomica nasceva dalle conoscenze europee, lo stesso avviene nell'ambito della missilistica. SECONDA CRISI DI BERLINO Sul finire degli anni 50 siamo di fronte ad un periodo di grandi crisi della Guerra fredda. Dopo quella dello Sputnik, ben presto rientrata, la più importante sarà la seconda crisi di Berlino. Nulla era mutato nella città dalla prima crisi, il blocco del 1948. Nel 1958 Chruščëv lancia una sua provocazione: l'idea di restituire la sovranità della Berlino est alla repubblica democratica tedesca, ovvero alla Germania dell'est. Così facendo, sempre considerando che l'intera città era completamente circondata dalla RDT, gli occidentali per accedere alla loro porzione di Berlino avrebbero dovuto rivolgersi alle nuove autorità tedesche: questo fatto avrebbe imposto agli occidentali un riconoscimento giuridico della Germania orientale. Ciò, come Chruščëv sapeva bene, avrebbe messo in crisi i rapporti tra Germania Ovest e potenze occidentali. Infatti la Repubblica Federale Tedesca aveva sì aderito alla NATO, ma aveva preteso che i propri 1 Come quelli schierati a Vicenza alleati non avessero rapporti ufficiali con la Germania dell'Est, che non la riconoscessero: dottrina Hallstein. LA COSTRUZIONE DEL MURO Tuttavia, come spesso avveniva nella politica di Chruščëv, il leader russo faceva provocazioni che poi spesso non erano portate avanti: forse rendendosi conto di essersi spinto troppo in là, il passaggio di sovranità sulla Berlino Est alla RDT continua a tardare. Rimane comunque la necessità di risolvere un problema più pratico: il fatto che molti tedeschi dell'est si trasferiscano ad occidente passando per Berlino. C'è un continuo trasferimento di lavoratori e cittadini da est ad ovest, che non solo impoverisce la Germania orientale ma è anche discredito per essa e, di riflesso, per l'URSS. Chruščëv ha quindi un'intuizione: quella di costruire, nella notte tra il 12 e il 13 agosto del 1961, un muro divisorio in grado di isolare definitivamente Berlino ovest. È quindi un aggravarsi delle spaccature della guerra fredda. A conti fatti, però, la costruzione del muro darà un grandissimo vantaggio agli americani: la presidenza Kennedy, infatti, potrà portare avanti un'efficace campagna propagandistica di accusa e condanna degli abusi sovietici. Sarà un momento di straordinaria celebrità per il giovane presidente americano, incautamente offerto dalla mossa sbagliata di Chruščëv. Nulla potevano fare gli USA per alterare la realtà di quel muro. E forse, a ben guardare, in un certo senso faceva comodo anche agli americani: sia in termini propagandistici, sia per sventare una crisi che, senza il muro, avrebbe potuto avere conseguenze ancor più gravi . Questa dinamica dimostra una volta di più come nel ragionare in termini di guerra fredda si debba sempre tenere in considerazione che le due superpotenze avevano almeno un interesse comune: evitare una guerra mantenendo la leadership sui propri blocchi. Il muro edificato a Berlino, per paradossale che possa sembrare, contribuisce alla logica di condivisione delle responsabilità internazionali nell'epoca della divisione. LA CRISI MISSILISTICA DI CUBA Ma l'evento culminante di quest'epoca, che è poi il punto di massima tensione dell'epoca bipolare, è indubbiamente la crisi missilistica di Cuba . PREMESSA: LA RIVOLUZIONE CUBANA Cuba, isola caraibica che ha raggiunto dalla dominazione spagnola sul finire dell'800, ospitava da tempo una base americana (Guantanamo). In questa fase Cuba era retta da un sistema autoritario che faceva capo al Colonnello Batista, cosa del tutto funzionale al mantenimento degli interessi economici americani sull'isola. Il principale interesse economico degli Stati Uniti era lo sfruttamento della primaria risorsa cubana cioè la produzione dello zucchero. Essa era infatti totale appannaggio di rapaci compagnie statunitensi di cui abbiamo già accennato parlando dell'America latina. Il regime incarnato da Batista era fortemente impopolare, proprio per via delle condizioni disagiate dell'economia e dell'intera società, tanto da alimentare le prime manifestazioni di insofferenza ed opposizione. Tra di esse c'era quella guidata da un giovane avvocato, figlio della borghesia quindi non un contadino né uno dei più poveri, ossia Fidel Castro. Castro muove nella sua battaglia politico-ideologica dalle condizioni particolarmente difficili del suo paese. Ben presto la sua proposta diverrà rivoluzionaria: egli capisce che per uscire dalla miseria la prima esigenza dei paese era quella di sottrarre il potere a Batista. Solo Il rischio di un conflitto nucleare non era mai stato così alto, ma alla fine Chruščëv non se la sentì di spingersi fino in fondo. Alla fine si uscì dalla situazione con una manifestazione di buon senso da entrambe le parti. Un agente dei servizi segreti sovietici, Fomin, fece arrivare agli americani una proposta3: se i sovietici avessero rinunciato ad installare missili su Cuba, gli Stati Uniti si sarebbero impegnati a non aggredire Cuba? Tale proposta parve assolutamente ragionevole all'amministrazione Kennedy, e quindi venne accettata. Il 27 ottobre 1962, dopo che il mondo era stato con il fiato sospeso con gli occhi puntati su Cuba, venne siglato questo ragionevole compromesso tra le due superpotenze. Chiaramente questa soluzione andava a scapito del terzo protagonista della vicenda: proprio Fidel Castro, che si vedeva abbandonato dagli alleati sovietici e ripiombava nella condizione di isolamento internazionale (durata fino poco tempo fa, quando è iniziato lo scongelamento dei rapporti tra Usa e Cuba). CONSEGUENZE Il paradosso della crisi di Cuba è che siccome le due superpotenze erano state, come mai, vincine alla guerra si era venuta a creare la volontà di non rivivere più una tale situazione. Si sviluppa, come detto, quel senso comune di condivisione della responsabilità internazionale al mantenimento della pace. Venne istituito il famoso telefono rosso, quella linea tra Russia ed America che doveva servire a prevenire eventuali incidenti. In altre parole se, nel corso di una crisi, americani e sovietici potevano avere dei dubbi sul comportamento dell'altra parte, c'era la possibilità di una diretta consultazione per evitare equivoci, che in ambito di deterrenza potevano essere disastrosi. La crisi missilistica cubana fu una grande vittoria, data la sua conclusione, per l'amministrazione Kennedy, che cancellò l'onta della Baia dei Porci. Al contrario per Chruščëv fu una battuta d'arresto, tanto che poco dopo verrà sostituito in qualità di leader sovietico. C'è tuttavia un ulteriore aspetto fondamentale della risoluzione della crisi di Cuba. Kennedy, infatti, nell'ambito del compromesso con l'URSS concesse anche ai russi il ritiro dei missili di teatro americani4 dislocati in Italia e Turchia. Da una parte Kennedy farà questa concessione per alleggerire la sconfitta di Chruščëv: egli, infatti, è un interlocutore con cui è possibile dialogare, e il presidente americano non vorrebbe metterlo troppo in crisi. Abbiamo già accennato a come, comunque, non ci riuscirà. Dall'altra parte, però, si tratta anche di una mossa molto abile, perché i missili jupiter erano ormai obsoleti: si trattava ancora di missili a testata fissa, che quindi potevano essere distrutti da un banalissimo attacco aereo sulla base che li ospitava. A quel tempo, però, gli americani avevano già pronti i missili Polaris, missili mobili che potevano essere appoggiati su navi e sottomarini. Il fatto di avere missili con testate nucleari a bordo di sottomarini e navi rendeva molto più difficile per l'URSS effettuare la deterrenza, capire la posizione di questi missili ed eventualmente distruggerli. Ciò che fece Kennedy, quindi, fu sfrutta la crisi di Cuba per sostituire i missili vecchi fissi con quelli nuovi mobili, facendo passare la manovra per benevolenza. IL RITORNO DI DE GAULLE 3 Tra l'altro inoltrata tramite un giornalista italo-americano (John Scali) 4 Missili Jupiter La fine degli anni 50 si caratterizza in Europa per il riemergere di una personalità politica che abbiamo già visto all'opera: De Gaulle. Il generale De Gaulle viene richiamato al potere in Francia nel 1958: il paese si trova in fatti nel momento più acuto della sua crisi con l'Algeria. Fortissime tensioni indipendentiste scuotono la colonia, dove si è costituito un fronte di liberazione nazionale sostenuto e fomentato dai paesi arabi (su tutti l'Egitto di Nasser). Ad un certo punto lo scenario si complica a tal punto che c'è il rischio che la guerra civile si estenda anche nel territorio francese: il fronte dei generali più oltranzisti, quelli che volevano mantenere a tutti i costi il controllo sull'Algeria, minacciarono un golpe a Parigi per prendere il potere con la forza. In questo clima De Gaulle assume il potere, a furor di popolo e salutato ancora una volta come il salvatore della patria, e ben presto darà vita alla nuova versione della democrazia francese. Il generale era stato portato al potere anche perché si pensava che egli volesse mantenere l'Algeria sotto l'influenza francese. Al contrario, vi sarà una sorpresa: De Gaulle si renderà conto che l'unico modo di uscire da quella crisi sarebbe stato concedere l'indipendenza. Questo sarà un processo molto doloroso, che si protrarrà per tutti gli anni 60 con una serie di accordi e referendum. Certo De Gaulle cercò di contrattare con l'Algeria un rapporto economico privilegiato in cambio dell'indipendenza, ma si tratterà comunque un processo tormentato e doloroso, un po' come era avvenuto per la decolonizzazione di tutto l'impero francese (al contrario del processo controllato e guidato da Londra per l'impero inglese). UNA NUOVA POLITICA ESTERA FRANCESE L'effetto De Gaulle sull'Europa, naturalmente, non si limita alla sua azione nella crisi algerina. Egli è un uomo che vuole rompere gli equilibri della guerra fredda, che non vuole riconoscere le sue tensioni, e soprattutto che non vuole riconoscere la leadership americana sul blocco occidentale. In sostanza egli cerca di riattribuire alla Francia un'autonomia in politica estera. In questo senso De Gaulle è l'uomo che contribuisce al rilancio dell'integrazione europea, ma un'integrazione “alla De Gaulle” che seguisse la sua volontà: egli avrebbe voluto costruire un'Europa delle patrie , quindi che non fosse un ente sovra-nazionale. Anche se ciò si scontrerà con le nuove tendenze del processo di integrazione mettendo in difficoltà il generale. Sempre nell'ottica di compensare la perduta centralità dell'Europa, riavvicinerà Francia e Germania (accordi De Gaulle-Adenauer: trattato dell'Eliseo), e cercherà persino di migliorare i rapporti con l'URSS. Una serie di iniziative, queste, che lo porteranno a scontrarsi con gli Stati Uniti della presidenza Kennedy. L'aspetto che vedeva De Gaulle più insofferente riguardo alla supremazia americana era quello strategico: il generale non voleva rinunciare all'autonomia della difesa francese. Per questo lancerà il programma per una atomica francese, che porterà i suoi frutti agli inizi degli anni 60: certo, andando contro ai progetti di integrazione e cooperazione europea nel campo atomico (EURATOM). Ma i “conflitti” non finiscono qui. Per quel che riguarda le questioni mediorientali, De Gaulle prende apertamente una posizione filo-araba: contro Israele e contro gli USA. E quando scoppierà il conflitto vietnamita, vedremo che De Gaulle sarà particolarmente critico nei confronti della politica estera americana. Si trattò quindi indubbiamente di una grande personalità in grado di condizionare ampiamente gli equilibri, soprattutto quelli europei: un altro esempio specifico è quello della così detta politica agricola comunitaria. La Francia è un grande paese agricolo e quindi, in questi anni, comincia ad esigere che il processo di integrazione europea si doti di istituzioni in questo ambito agricolo, ma istituzioni che possano tutelare e valorizzare la produzione francese in questo settore. Allo scopo di ottenere ciò, fino a che le istituzioni europee non si dotarono di una politica agricola confacente alla volontà francese, la Francia praticherà la politica della sedia vuota nelle istituzioni stesse. Tra l'altro in quest'ambito si instaurerà un rapporto molto conflittuale con l'Italia, che aveva interessi simili ed antagonisti per il primato agricolo nell'area. In sostanza: De Gaulle non esiterà a strumentalizzare i grandi processi della storia per il vantaggio francese. LA LEADERSHIP EUROPEA Questo discorso lo si capisce meglio facendo un breve riferimento all'antagonista di De Gaulle: la politica estera del presidente Kennedy. Egli è sicuramente un personaggio che con il suo carisma e la sua storia rappresentano una svolta, dopo la pagina della presidenza Eisenhower. Kennedy è l'uomo che lancia nuove grandi visioni, idealistiche ed ispirate, che immagina si possa costruire rapporti diversi tra USA ed alleati europei. Tali rapporti dovevano basarsi su un ulteriore ravvicinamento, una più stretta collaborazione: a partire dal campo economico (si pensò di creare un'area dove non ci siano dazi e sbarramenti). O ancor di più, per quel che riguardava la sicurezza, perché non integrare la sicurezza tra USA ed Europa occidentale? Quella che Kennedy lancia è la proposta delle “forze multilaterali”: sottomarini con dotazione nucleare il cui equipaggio fosse espressione della popolazione di tutta l'alleanza atlantica e con. La realizzazione di questa forza multilaterale prevedeva che venisse assorbito in tale dispositivo anche la forza nucleare britannica. A tutto ciò, come è facile capire, De Gaulle si oppone strenuamente: non voleva saperne di una difesa strategica integrata con leadership americana. Non a caso perseguì, nel periodo, la politica dell'atomica francese. La contro proposta del leader francese, quindi, sarà quella di rivedere l'alleanza Nato e dotarla di una triplice leadership (USA, Gran Bretagna e Francia). In sostanza,la questione che stava dietro a queste tensioni era: chi doveva veramente avere potere decisionale nella NATO e nell'Europa? De Gaulle voleva un posto nella stanza dei bottoni, voleva per la Francia un ruolo di primaria importanza: ruolo che né gli americani, né gli inglesi, erano disposti a riconoscere. Da ciò le tensioni del periodo in tutta l'area. In questo senso possiamo anche leggere il motivo per cui De Gaulle si opporrà per molti anni all'ingresso della Gran Bretagna nella Comunità Economica Europea: essa veniva percepita come il principale alleato degli USA, in virtù della special relationship e delle radici culturali comuni. Secondo De Gaulle la Gran Bretagna, dentro le istituzioni europee, sarebbe stata “un cavallo di troia” americano. Finché sarà in carica, quindi, il generale si opporrà all'ingresso inglese nell'area economica europea. L'USCITA DALLA NATO
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