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Picasso: Vita e Opere di un Genio Spagnolo, Appunti di Arte

Biografia di artistiStoria dell'arte contemporaneaStoria dell'Arte Moderna

Biografia di pablo picasso, pittore e scultore spagnolo, considerato uno dei massimi protagonisti dell'arte del xx secolo. Dal suo infanzia a malaga, alla fama internazionale negli anni venti, passando per i periodi blu e rosa, fino all'impegno politico negli anni della seconda guerra mondiale.

Cosa imparerai

  • Che colore dominava la paletta di Picasso durante il periodo blu?
  • In quale periodo artistico Picasso è considerato di maggior rilievo?
  • In che città Pablo Picasso è nato?

Tipologia: Appunti

2018/2019

Caricato il 30/09/2019

mariaaa-38
mariaaa-38 🇮🇹

4.4

(27)

120 documenti

Anteprima parziale del testo

Scarica Picasso: Vita e Opere di un Genio Spagnolo e più Appunti in PDF di Arte solo su Docsity! Pablo Ruiz y Picasso, semplicemente noto come Pablo Picasso (Malaga, 25 ottobre 1881 – Mougins, 8 aprile 1973) è stato un pittore e scultore spagnolo di fama mondiale, considerato uno dei protagonisti assoluti della pittura del XX secolo. Snodo cruciale tra la tradizione ottocentesca e l'arte contemporanea, Picasso è stato un artista innovatore e poliedrico, che ha lasciato un segno indelebile nella storia dell'arte mondiale per esser stato il fondatore, insieme a Georges Braque, del cubismo. Dopo aver trascorso una gioventù burrascosa, ben espressa nei quadri dei cosiddetti periodi blu e rosa, a partire dagli anni venti del Novecento conobbe una rapidissima fama: tra le sue opere universalmente conosciute Les demoiselles d'Avignon (1907) e Guernica (1937). Pablo Picasso nacque a Malaga, nel Sud dell'Andalusia, alle 23:15 del 25 ottobre 1881, in Plaza de la Merced.[1] Era il primogenito di Don José Ruiz y Blasco (1838–1913), pittore di modesta levatura che lavorava come insegnante di disegno alla Scuola delle Belle Arti e conservatore del Museo della città, e Maria Picasso y López de Oñate (1855–1939), donna di origine genovese dalla quale prenderà il nome d'arte (Picasso). Al giovane Pablo, in ogni caso, furono imposti numerosissimi nomi, tutti in onore a vari santi e parenti: Pablo Diego José Francisco de Paula Juan Nepomuceno Maria de los Remedios Cipriano de la Santísima Trinidad Ruiz y Picasso, dei quali gli ultimi due tratti dal padre e dalla madre, ai sensi della regola del "doppio cognome" vigente in Spagna. La scrittrice Gertrude Stein ricorda la famiglia di Picasso in questi termini:[2] «In antico, venendo probabilmente da Genova, la famiglia Picasso passò in Spagna attraverso Palma de Mallorca. La famiglia della madre era una famiglia di argentini. La madre, come Picasso, è fisicamente piccola e robusta, con un corpo vigoroso, pelle scura, capelli quasi neri, lisci e forti: suo padre, come Picasso diceva sempre, somigliava a un inglese, cosa di cui Picasso e suo padre andavano fieri. Era alto, con capelli ricci e un modo di imporsi quasi all'inglese» Picasso rivelò precocemente uno spiccato talento artistico: secondo la madre, le sue prime parole furono «piz, piz», abbreviazione di lápiz, che in spagnolo significa «matita».[3] La formazione del giovane Pablo avvenne sotto la guida del padre Don José, che valorizzò il precoce talento del figlio introducendolo all'esercizio della pittura e allo studio dei grandi maestri. Picasso si avviò al mestiere di pittore durante il proprio apprendistato presso il padre, realizzando già nel 1888-89 il suo primo dipinto, Il picador: ne seguirono molti altri, tutti caratterizzati da un'eccezionale abilità tecnica che si dice abbia spinto uno sbalordito don José, ormai superato dal giovane allievo, a rinunciare alla tavolozza e ai pennelli.[4][5] Nel 1891 la famiglia di Picasso si trasferì a A Coruña, in Galizia, dove don José aveva accettato l'impiego più redditizio di insegnante nella scuola d'arte locale, l'Istituto da Guarda.[6] «Sebbene mio padre fosse disperato, per me il viaggio a A Coruña era come una festa»: Pablo, a differenza del padre, ricorderà con molta gioia il soggiorno quadriennale nella città galiziana, dove ebbe modo di perfezionare le proprie doti artistiche frequentando, a partire dal 1892, i corsi di disegno della Scuola di Belle Arti.[4] Picasso, in questo stesso periodo, diede prova del suo talento anche attraverso l'ideazione e la raffigurazione di riviste con nomi puramente di fantasia, quali La torre de Hercules, La Coruna, e Azul y Blanco. Intanto, la madre María ebbe altre due figlie: Dolores (detta Lola) nel 1884, e Concepción (detta Conchita) nel 1887, destinata a morire nel 1895 di tubercolosi, a soli nove anni di età.[7] Nell'ottobre dello stesso anno,[8] inoltre, Don José venne nominato professore a La Lonja, e la famiglia Ruiz si trasferì a Barcellona, proprio nello stesso periodo nel quale l'ingegner Ildefons Cerdà stava realizzando l'Eixample. Pablo approdò insomma in una metropoli ricca di suggestioni culturali, animata dai nuovi fermenti del Modernismo catalano e da una sostanziale «indipendenza politica, stabilità economica e prosperità artistica». Nel 1896, riconoscendo il suo talento, con l'aiuto del padre Picasso aprì un atelier a Calle de la Plata. Da questo studio, condiviso con l'amico Manuel Pallarès, uscirono diversi quadri che conobbero tutti una calda accoglienza: L'enfant de choeur (1896), La prima comunione (1895-96) e Scienza e carità (1897), guadagnandosi con quest'ultima tela anche una menzione d'onore alla mostra nazionale di Belle Arti a Madrid e, successivamente, un premio a Malaga. Incoraggiato sia dal successo ottenuto, sia soprattutto dai crescenti attriti con il padre, che lo voleva a Monaco di Baviera (a suo giudizio, «città dove si studia seriamente la pittura senza occuparsi delle mode come il pointillisme e tutto il resto»), Picasso decise di imprimere un più decisivo impulso alla propria formazione artistica trasferendosi a Madrid.[9] Nella città madrilena il giovane pittore venne rapidamente ammesso ai corsi dell'Accademia Reale San Fernando, e visitò assiduamente il museo del Prado, dove venne a contatto con le opere di Velázquez, El Greco, Zurbarán e Goya. La permanenza madrilena di Picasso, tuttavia, si protrasse per un solo, duro inverno, dopo il quale venne colto da un feroce attacco di scarlattina che lo costrinse, nella primavera del 1898, a trascorrere ben otto mesi a Horta de Ebro presso i genitori di Pallarès, per poi finalmente fare ritorno a Barcellona. L'Els Quatre Gats («i quattro gatti») era un locale aperto nel 1897 nella modernista Casa Martí, sul modello dei cabaret parigini. Il gestore della taverna era Pere Romeu che, sedotto dall'atmosfera di Le Chat noir a Parigi, decise di imitarne il concept di birreria al contempo frequentata da artisti e intellettuali. La sua idea fu vincente, tanto che Els Quatre Gats divenne rapidamente uno dei ritrovi preferiti della «Rinascenza catalana», ospitando un cospicuo numero di artisti, politicanti, poeti e vagabondi che diffondevano la musica di Wagner, il pensiero di Nietzsche, l'arte dello Jugendstil e dei Preraffaelliti inglesi. Tra la scapigliata bohème barcellonese che bazzicava per Els Quatre Gats vi era anche un giovane Picasso che, nel pieno delle sue tendenze ribelli, a partire dal 1897 cominciò a frequentare assiduamente la taverna, divenendo rapidamente uno dei membri maggiormente in vista. Qui, oltre ad ascoltare le lunghe riunioni di artisti come Ramon Casas, Miquel Utrillo e Santiago Rusiñol, si legò di stretta amicizia con Carlos Casagemas, un poeta e buon pittore figlio di un diplomatico;[10] nella sala delle rappresentazioni teatrali della taverna, addirittura, si inaugurò nel febbraio 1900 la sua prima mostra personale, con l'esposizione di diversi suoi disegni (perlopiù ritratti di amici). Come riferito da Sabartés, la generazione artistica catalana voleva «che il pubblico sapesse che un altro artista oltre a Casas disegnava, che Casas non era il ritrattista di tutti e che le sue mostre non rappresentavano la sola arte esistente [...] ]». «Noi volevamo soprattutto [...] far arrabbiare il pubblico», avrebbe poi aggiunto Frattanto, Picasso maturò il desiderio di andare a Parigi, incoraggiato dal contagioso entusiasmo dei suoi amici dell'Els Quatre Gats che ne decantavano lo status di capitale delle arti e delle mode. Fu per questo motivo che, malgrado un iniziale interesse a visitare Londra per studiare i Preraffaelliti, Pablo nel 1900 si recò nella Ville Lumière, nel pieno del fermento per l'appena inaugurata Esposizione Universale, dove tra l'altro era esposto un suo dipinto, nelle collezioni del padiglione della Spagna. Il giovane Pablo, in compagnia dell'amico Carlos Casagemas, arrivò nella capitale francese in una brumosa mattina d'autunno di fine settembre 1900, alla Gare d'Orsay, indossando grosse scarpe e un feltro da moschettiere e trasportando con sé un cavalletto, una tavolozza e una scatola di colori. Picasso fu entusiasta di Parigi, non frequentata da «pittori locali» che dipingono «quadri idioti» (a differenza di Barcellona), bensì segnata da una grandiosa abbondanza di stimoli artistici, animati dalle mostre retrospettive su Delacroix, Courbet e Ingres, dalla gigantesca collezione del museo del Louvre, e dalle strade brulicanti di botteghe e gallerie. In una lettera datata 25 ottobre 1900, data del suo diciannovesimo compleanno, Picasso descrive a un suo amico catalano la vita che conduce nella capitale francese, le sue intenzioni di esporre al Salon, la vita notturna trascorsa tra i caffè-concerto e i teatri: [12] «Se vedi Opisso, digli di venire, perché gioverà alla salvezza della sua anima; e digli anche di mandare al diavolo Gaudì e la Sagrada Familia ... Qui ci sono veri maestri dappertutto Il soggiorno francese di Picasso, tuttavia, non fu di lunga durata. L'amico Casagemas, infatti, aveva vissuto un amore tragico e non ricambiato con Germaine Gargallo, una bella ragazza in cerca di fortuna, e Pablo si affrettò a ritornare insieme con lui a Malaga, sperando che la mitezza del clima iberico potesse giovargli; i due arrivarono in Andalusia il 30 dicembre del 1900.[13] Picasso fu totalmente deluso dall'infelice esito del Capodanno a Malaga: nessuno dei suoi parenti, dallo zio Salvador a don José, parve felice di rivederlo, e soprattutto Casagemas non trovò ristoro nei caldi raggi del sole mediterraneo, affogando la propria disperazione negli alcolici, per poi fare nuovamente ritorno a Parigi. Fu per questo motivo che Picasso, in un accesso di scoraggiamento, decise nel 1901 di recarsi per una seconda volta a Madrid, dove ebbe l'idea di fondare insieme all'amico anarchico Francisco de Asís Soler una rivista intitolata Arte Joven [Arte giovane]. Il primo numero di questa pubblicazione, che si proponeva di instaurare a Madrid il movimento modernista catalano, venne pubblicato il 10 marzo 1901; ma la rivista morì dopo cinque numeri, e per questo motivo Picasso ritornò nuovamente a Barcellona. Fu proprio in questo periodo, inoltre, che Pablo decise di adottare il cognome materno - Picasso - come nome d'arte, forse perché era meno comune di Ruiz, ma soprattutto per ribadire la propria Juan Gris, La tenda del sole, 1914. La nascita del cubismo Dopo un'ulteriore vacanza a Horta de Ebro nell'estate 1909,[27] Picasso una volta ritornato a Parigi decise di allontanarsi dal pur pittoresco squallore di Montmatre e di affittare - insieme con Fernarde e il loro gatto siamese - un appartamento al numero 11 di boulevard de Clichy, nei pressi di place Pigalle. Qui si dedicò con assoluta e piena dedizione ai propri quadri cubisti, dando vita a opere quali La femme assise (1909) e Ragazza con mandolino (1910) e i ritratti effigianti Georges Braque (1909), Ambroise Vollard (1909-10) e Daniel-Heinrich Kahnweiler (1910). Con queste tele Picasso, meditando sulla lezione di Cézanne, intendeva studiare il rapporto tra forma e spazio mediante il trattamento schematico dei piani e la scomposizione dei volumi: da queste premesse prese forma una fase che i critici d'arte definiranno «cubismo analitico».[28] Nel frattempo, nonostante i dissidi iniziali, il cubismo incominciò a riscuotere consensi, soprattutto grazie alla pubblicazione di diversi saggi (Du Cubisme e Les peintres cubistes fra tutti) e all'azione divulgatrice di Kahnweiler, fiero sostenitore dell'arte d'avanguardia che organizzò mostre internazionali a Monaco, Colonia, e Berlino. Picasso, insomma, vide finalmente la propria fama consolidarsi, ma malgrado ciò questi non furono anni assai felici: ai sospetti che volevano l'artista essere l'autore del furto della Gioconda nell'agosto 1911, si aggiunsero dei gravi problemi di salute e alcuni contrasti con Fernande, che lo lasciò nel 1912. Picasso avrebbe poi intrecciato un'altra relazione sentimentale con Eva Gouel, destinata a morire precocemente di tubercolosi nel 1915, lasciando il pittore nello sconforto. Ma se le vicende private di Picasso erano piuttosto burrascose, lo stesso non si può dire per quelle artistiche. Picasso e Braque, infatti, scettici dei primi esiti cubisti, approdarono al cosiddetto cubismo sintetico, caratterizzato da un ammorbidimento del rigore geometrico delle forme del cubismo analitico, e dall'impiego pressoché sistematico dei papier collé e dei collage. I Balletti russi Ol'ga Khochlova in una fotografia del 1916 circa. Picasso la sposò nel 1918. La prima guerra mondiale colse Picasso mentre era in vacanza ad Avignone; furono anni difficili, in quanto egli dovette separarsi dai suoi numerosissimi amici francesi, tutti mobilitati per lo scoppio del conflitto. Fu così che i vari componenti della bande à Picasso si smembrarono: se Braque e Derain vennero entrambi arruolati sotto le armi, Apollinaire partì volontariamente per il fronte (morirà nel 1918), mentre Gertrude Stein e Kahnweiler, appena sorpresi dalla tragedia bellica, si rifugiarono rispettivamente in Inghilterra e in Italia.[29] Picasso, essendo cittadino spagnolo, rimase invece a Parigi: fu qui che conobbe un giovane Jean Cocteau, che coinvolse l'artista nella realizzazione di sipari, scene e costumi per Parade, il balletto che stava realizzando per la famosa compagnia dei Balletti russi di Sergej Pavlovič Djagilev. Il 17 febbraio 1917 i due partirono alla volta di Roma, dove la compagnia stava dando le prove per il balletto; nell'Urbe Picasso ebbe l'opportunità di conoscere i futuristi e gli artisti della Secessione e di venire a contatto con l'arte rinascimentale e classica, e fu anche a Napoli (dove si accostò all'arte pompeiana e alla tradizione iconografica della maschera di Pulcinella), Firenze e Milano.[30] Nel frattempo, si invaghì di una delle ballerine del Balletto, Ol'ga Khochlova, figlia di un colonnello dell'esercito imperiale russo, con la quale si sposò. Il matrimonio, celebrato il 17 luglio 1918 nella chiesa russa di Parigi,[31] fu anche coronato nel febbraio 1921 dalla nascita di un figlio maschio, Paulo. [32] La commedia dell'arte e la pittura italiana avvicinarono Picasso a una nuova svolta stilistica, verso il cosiddetto «periodo neoclassico»: echi di quest'esperienza sono riscontrabili nei quadri della prima metà degli anni venti, caratterizzati da immagini sintetiche, rese volumetriche monumentali e composizioni molto equilibrate (degni di nota, in tal senso, La lettura della lettera e Il flauto di Pan). La voce del Novecento[ ] Negli anni successivi, Picasso incominciò a godere di una solidissima notorietà: numerosissime furono le esposizioni tra il 1930 e il 1939 (quando, sotto il regime di Hitler, l'artista cominciò a essere denigrato come fautore di un'«arte degenerata»). Tra le esposizioni degne di nota, vi furono quelle a New York, Parigi, e in Inghilterra e Spagna.[33] Otto Abetz, nazista: «[in riferimento a Guernica] È lei che ha fatto questo orrore, maestro?» Pablo Picasso: «No, è opera vostra!» Nel frattempo, nel 1934, Picasso fece ritorno in Spagna, e questo nuovo contatto con la terra natia vivificò in lui le sue vecchie passioni, quali la corrida, la lotta coi galli e le tradizioni popolari. Il clima politico che si respirava in Spagna, tuttavia, non era più quello della sua gioventù: dal luglio del 1936 al marzo del 1939, infatti, la Spagna fu teatro di una sanguinosa guerra civile che vide scontrarsi le truppe fedeli al governo repubblicano con le milizie nazionaliste di Francisco Franco, il quale sarebbe riuscito a imporre alla Spagna un regime dittatoriale ispirato al fascismo, durato fino al 1975. Picasso, che per un periodo fu anche direttore, in absentia, del Museo del Prado (dal 1936 al 1939), fu intimamente scosso dalla tragedia patria, e denunciò spietatamente la sollevazione militare di Franco nel 1937 incidendo un pamphlet intitolato Sogni e menzogne di Franco (Sueños y mentiras de Franco), dove il generale diventa un mostro senza vita e umanità che compie azioni grottesche e raccapriccianti. [34] Guernic Rovine di Guernica, devastata in un bombardamento del 1937. Riproduzione del dipinto a Whitechapel, Londra. Fuggito prudentemente dalla Spagna nel 1936 a causa della guerra civile, ritornò in Francia dove venne incaricato, nel 1937, della realizzazione di una sua grande opera per rappresentare la Seconda Repubblica Spagnola al posto di onore del Padiglione Spagnolo nell'Esposizione Universale di Parigi del 1937. L'ispirazione per l'opera arrivò nell'aprile del 1937 quando venne colto dalla notizia dello sterminio della popolazione della città di Guernica, cinicamente rasa al suolo dalla furia distruttrice di un bombardamento aereo nazista, inteso come un semplice esperimento terroristico.[35] Picasso non volle mai entrare nella disputa della guerra civile allora combattuta in Spagna da Francisco Franco anche se la sua arte era considerata dal fascismo come "arte degenerata", ma venne drammaticamente turbato dal feroce crimine verso l'umanità e assorbito nella volontà di denunciare le atrocità belliche a tutto il mondo, così che velocemente stese Guernica, un'opera presentata al mondo nell'Esposizione Universale di Parigi e destinata a diventare un'icona del '900. Ricorrendo a un monocromo giocato esclusivamente sui toni del grigio, eco delle foto in bianco e nero che documentavano la tragedia, Picasso racconta la drammaticità del bombardamento raffigurando una stanza nella quale figurano volti deformi, corpi sfatti e cavalli moribondi, restituendoci una delle opere che meglio incarnano il suo impegno morale e civile.I mesi successivi alla redazione di Guernica furono assai intensi: nell'autunno 1937 Picasso visitò a Berna il vecchio Paul Klee, e l'anno successivo stette per qualche mese a Mougins in compagnia del poeta surrealista Paul Éluard, che si guadagnò le simpatie del maestro andaluso con la pubblicazione della lirica Vittoria di Guernica.[36] Nel frattempo, Picasso incominciò a essere afflitto sia dai numerosi attacchi di sciatica[37] sia dall'imminenza della seconda guerra mondiale: giudicando ormai inutile rimanere a Parigi, città dove non si faceva che parlare del conflitto incombente, decise di trasferirsi a Royan, cittadina situata nel dipartimento della Charente Marittima che venne poi occupata dall'esercito nazista. Picasso decise di allontanarsi da Royan quando si seppe della stipula del secondo armistizio di Compiègne: non trovando altri motivi per proseguire quello che sostanzialmente era un esilio volontario, l'artista fece
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