Docsity
Docsity

Prepara i tuoi esami
Prepara i tuoi esami

Studia grazie alle numerose risorse presenti su Docsity


Ottieni i punti per scaricare
Ottieni i punti per scaricare

Guadagna punti aiutando altri studenti oppure acquistali con un piano Premium


Guide e consigli
Guide e consigli

Storia e civiltà dell'estremo oriente, Appunti di Storia Antica

Tutti i concetti più importanti dell'esame di storia e civiltà dell'estremo oriente qui, in 48 pagine.

Tipologia: Appunti

2018/2019
In offerta
30 Punti
Discount

Offerta a tempo limitato


Caricato il 11/02/2019

al-ais
al-ais 🇮🇹

5

(3)

5 documenti

Anteprima parziale del testo

Scarica Storia e civiltà dell'estremo oriente e più Appunti in PDF di Storia Antica solo su Docsity! Tre sovrani I tre sovrani erano, secondo quanto tramandatoci, semi-dei o re-dei investiti di poteri magici, che utilizzavano per migliorare la vita del loro popolo. Per le loro virtù sovrannaturali vissero fino ad un'età incredibile e governarono in un periodo di lunga pace. Ai tre augusti si attribuiscono varie identità in diversi testi storici cinesi. Negli Annali del grande storico di Sima Qian si sostiene che fossero: Il celeste sovrano, Il sovrano terreno e Il sovrano umano . Lo Yundou shu e lo Yuanming bao li identificano come: Fuxi, Nüwa e Shennong. Sia Fuxi che Nüwa sono il dio e la dea, marito e moglie, a cui si attribuisce la discendenza dell'umanità in seguito ad un diluvio catastrofico, mentre Shennong avrebbe dato origine all'agricoltura e sarebbe stato il primo ad utilizzare le erbe a scopo medico e curativo. I cinque imperatori I cinque imperatori erano leggendari re-saggi, considerati modelli di perfezione morale. Sempre secondo gli Annali del grande storico essi furono: L'Imperatore giallo, Zhuanxu, Imperatore Ku, Imperatore Yao Imperatore Shun. Yao e Shun sono conosciuti anche come i Due Imperatori, e, insieme a Yu il grande, il fondatore della dinastia Xia, vennero considerati dalla successiva storia cinese, sovrani modello e esempi da seguire per l'etica confuciana. Dinastia Xia 2205-1751 a.C. Pur riferendo notizie spesso sottovalutate dagli studiosi e considerate alla stregua di racconti mitologici, gli Annali rivelano spesso fatti storici realmente verificatisi, come il passaggio da un tipo di monarchia elettiva ad una di tipo ereditario, oltre che l’effettiva esistenza della dinastia Xia. Dinastia Shang 1751-1122 a.C. la Dinastia Shang presenta molti tratti di continuità con la cultura Dawenkou e della cultura Longshan dello Shandong. Sima Qian nelle sue Memorie parla, in riferimento agli Shang, di quattordici sovrani predinastici e trenta sovrani dinastici. Ciò sarebbe stato confermato dagli scavi archeologici tutt’ora in corso, che hanno rivelato l’esistenza di una fase pre-dinastica Shang durante l’ultimo periodo Xia. Fondatore della dinastia sarebbe Xie, che avrebbe fondato la prima capitale Shang (da cui il nome della dinastia) nello Henan orientale. Il periodo dinastico ha inizio con Tang, tramandato nelle Memorie come sovrano eccelso e virtuoso il quale, ricevuto il Mandato celeste, dopo aver abbattuto Jie ultimo sovrano Xia. corrotto e crudele, avrebbe conquistato i territori Xia dando inizio ad un periodo di benessere e pace. Durante il periodo Shang, i sovrani mantennero una capitale fissa Shang. Il capo dello stato era il sovrano detto “wang” e deteneva i 3 poteri principali: politico, religioso e militare. I nobili costituivano anche l’esercito. La guerra veniva condotta su carri trainati da quattro cavalli, cosa questa che rendeva decisamente superiori gli Shang sui propri avversari. I territori man mano annessi venivano posti sotto il diretto governo centrale, mentre i territori di confine erano lasciati sotto la guida di nobili, vassalli dei sovrani Shang o imparentati con essi. I più antichi documenti scritti finora rinvenuti in Cina sono più che altro iscrizioni divinatorie su ossa di bovini o sui carapaci delle tartarughe e le iscrizioni sui vasi rituali in bronzo. Le iscrizioni, per altro molto semplici, sono molto brevi e riguardano per lo più domande poste agli spiriti degli antenati reali circa l’opportunità di effettuare, o meno, determinate azioni. Dinastia Zhou: 1122-256 a.C. 1122/1027-771 a.C. Zhou occidentali 771-256: Zhou orientali Primavere e autunni 722-481 a.C. Stati combattenti 403-221 a.C. I Zhou conquistarono i territori Shang nel 1122 o nel 1027 stabilendo la loro capitale ad Hao. i sovrani Zhou, come i sovrani Shang, si chiamarono “wang”. Le divinità di questo periodo erano Tian, identificato con Shangdi, e Houji o Sovrano Miglio, capostipite della dinastia Zhou. L’impero conquistato dal re Wu e consolidato da suo fratello il duca di Zhou, si estendeva su quasi tutta la grande pianura settentrionale. Al contrario degli Shang, i Zhou divisero il loro territorio in tanti feudi che affidarono ai membri della famiglia reale, ai discendenti degli Shang e a loro alleati, tenendo il diretto controllo solo sui territori della valle del fiume Wei. La struttura del governo Zhou, ampiamente descritta nel Zhouli (Riti di Zhou), vede il sovrano al vertice quale garante dell’ordine, attraverso il culto del Cielo. Suoi compiti erano, inoltre, la promulgazione del calendario e il rispetto dei riti, che regolavano ogni aspetto della vita del paese. La società era inoltre formata dall’aristocrazia guerriera, dagli eserciti, dai contadini, dagli artigiani e dagli schiavi. Dopo Wu, altri undici sovrani mantennero la capitale ad Hao ed il governo effettivo sui territori conquistati fino al 771 a.C. L’anno successivo a seguito dell’ennesimo scontro, con una delle popolazioni di confine, i Quanrong, il sovrano Ping dei Zhou trasferì la capitale a Luoyi (l’odierna Luoyang), dove i Zhou mantennero solo un potere formale fino al 256 a.C. Successivamente la dinastia Zhou fu divisa in due periodi: quello dei Zhou Occidentali, dalla conquista al 771 a.C. e quello dei Zhou Orientali dal 771 al 256 a.C. Quest’ultimo periodo viene ulteriormente suddiviso in due periodi: Primavere ed Autunni dal 722 al 481 a.C. e Stati Combattenti dal 403 al 221 a.C. In questo periodo si verificò una vera e propria rivoluzione in campo politico, in quanto ogni feudatario iniziò a perseguire una politica di espansione territoriale a danno degli stati confinanti. Infatti, a partire dal 681 a.C. vennero convocate diverse conferenze durante le quali, venivano sancite alleanze, anche attraverso il sistema dei matrimoni e degli ostaggi. Nel 651 a.C. nel corso di una di queste conferenze nacque l’Egemonia e fu creata la figura dell’Egemone o ba. Ma anche la successione ad Egemone scatenò le lotte fra i vari feudi cinesi, che all’epoca si suddividevano in Qin, Jin, Zhou, Chu, Zheng, Chen, Cai, Song, Cao, Wei, Lu, Qi e Yan. Si alternarono così momenti di pace ad altri di lotte per la supremazia. L’Egemonia perse la sua efficacia, quando, a partire dal V secolo a.C. la situazione evolse rapidamente anche a causa dei cambiamenti interni sia economici che sociali ed istituzionali in atto nei vari feudi, tanto che i più potenti di questi si trasformarono in veri e propri stati. I feudi centrali vennero annessi dalle potenze periferiche e vennero a formarsi sette stati: Zhao, Han, Wei, Qi, Qin, Yan e Chu, che continuarono tra loro la lotta per la supremazia. All'inizio del Periodo dei regni combattenti erano rimaste quattro famiglie: gli Zhi, i Wei, gli Zhao e gli Han. Zhi Yao, l'ultimo capo della famiglia Zhi, la più potente di Jin, tentò di coalizzarsi con i Wei e gli Han per sconfiggere la famiglia Zhao, ma la coalizione si rovesciò e nel 453 a.C. le tre famiglie Wei, Han e Zhao annientarono gli Zhi. Le tre famiglie si spartirono lo Stato di Jin, dividendolo in tre stati: lo Stato di Wei, lo Stato di Zhao e lo Stato di Han. Nel 403 a.C.il re Zhou riconobbe la spartizione e conferì ai loro sovrani il titolo di marchese. Tale periodo detto degli stati combattenti giunse ad una fase conclusiva con l’ascesa al trono di Qin di Ying Zheng nel 246 a.C. Tra il 230 a.C. e il 221 a.C. il regno di Qin riuscì ad annettere ai suoi, i territori di Han, Wei, Chu, Zhao, Yan e Qi. Con l’annessione di Qi realizzò l’unificazione della Cina. Nel VI secolo a.C. fu introdotto il ferro, che non solo sostituì le armi in bronzo, ma anche attrezzi agricoli come l’aratro con punte di ferro trainato dai buoi, cosa questa che portò ad un notevole aumento della produzione agricola. L’aumento della produzione agricola fu favorita anche da tutta una serie di opere di canalizzazione delle acque e accanto al miglio, all’orzo, al riso e al frumento, venne introdotta la coltivazione della soia. È a quest’epoca che si fa risalire il sistema del campo pozzo o jingtian: un terreno a pianta quadrata veniva diviso in nove appezzamenti. Otto di questi sarebbero stati assegnati a otto famiglie firma dell’imperatore, in cui si comandava all’erede al trono e al generale Meng Tian di commettere suicidio. Posero, quindi, sul trono un giovane e inesperto figlio dell’imperatore (Hu Hai) con il titolo di Er Shi Huangdi ed eliminarono diversi ministri e membri della famiglia reale. Nel 209 a.C., scoppiarono numerose ribellioni in tutto il paese che culminarono con l’incendio e il saccheggio della capitale. L’anno successivo, Zhao Gao eliminò Li Si, che fu condannato ad essere segato in due all’altezza della vita e nel 206 eliminò il secondo imperatore. Sul trono fu posto un nipote di Shi Huangdi, Zi Ying che però non assunse il titolo di San Shi Huangdi, ma semplicemente quello di re di Qin. Una volta salito al trono, il nuovo sovrano fece eliminare Zhao Gao, ma ormai i ribelli non riconoscevano l’autorità del nuovo sovrano. Le forze principali dei ribelli erano comandate da Xiang Yu e da Liu Bang. Xiang Yu era un nobile dell’antico stato di Chu, mentre Liu Bang veniva dall’attuale provincia del Jiangsu ed era di umili origini. Nel 206 a.C., mentre Xiang Yu metteva in rotta l’esercito di Qin, Zi Ying si arrese a Liu Bang, che riuscì ad entrare a Xianyang senza combattere. Il motivo della fine di questa dinastia può essere dedotto da una frase di Mencio e cioè “il Mandato celeste si manifesta soltanto attraverso l’accettazione del sovrano da parte del popolo”. Durante le rivolte scoppiate in quest’ultimo periodo, i rivoltosi si procurarono le armi sottraendole all’esercito di terracotta, posto a guardia della tomba del primo imperatore. Dinastia Han 206 a.C-220 d.C. (8-25 d.C. Interregno Xin) Liu Bang aveva conquistato Xianyang, senza combattere, ma ben presto si ritrovò in lotta contro Xiang Yu, le cui truppe avevano messo a sacco la capitale. Xiang Yu si autoproclamò re egemone di Chu occidentale, ma Liu Bang, che aveva da lui ricevuto il titolo di re di Han, si rifiutò di accettare il suo autoritarismo e si ribellò. Nel 202 a.C., circondato dalle truppe ribelli Xiang Yu si tolse la vita. Dopo la morte del rivale, Liu Bang assunse il titolo di Han Shi Huangdi, dando inizio alla dinastia Han. Sarà poi ricordato con il nome postumo di Gaozu. La dinastia fondata da Liu Bang durò circa quattro secoli con una sola interruzione significativa dall’8 al 25 d.C., quando Wang Mang usurpò il trono. Tale interruzione avrebbe poi diviso la dinastia in due periodi, quello degli Han anteriori o Han occidentali e quello degli Han posteriori o Han orientali. Liu Bang affidò i nuovi feudi a sette dei suoi più potenti compagni d’armi. Questi vassalli assunsero il titolo di wang ed ebbero la più completa libertà di azione nei propri regni. Ciò, però, costituì ben presto un pericolo per il governo centralizzato, in quanto i re avrebbero voluto rendersi completamente indipendenti dal potere centrale. Gaozu risolse il problema eliminando 6 sovrani e affidando i guo ai soli principi della famiglia imperiale, il cui potere era comunque limitato, e dividendo i territori dei regni vassalli in comandi militari e prefetture, direttamente collegati al governo centrale. Solo uno dei sette guo assegnati da Liu Bang dopo la sua ascesa al trono, venne governato dal suo vecchio compagno d’armi fino alla morte di quest’ultimo, avvenuta nel 157 a.C. Un’altra minaccia che si presenterà frequentemente durante le dinastie cinesi sarà quella rappresentata dalle imperatrici e dalle loro famiglie. Infatti, ogni qual volta veniva designato l’erede al trono, la madre di quest’ultimo, in quanto imperatrice vedova, diveniva la figura dominante della corte e il più delle volte ella tentava di usurpare il trono a favore della propria famiglia di origine. Tale situazione si verificò proprio alla morte di Liu Bang, avvenuta nel 195 a.C., quando l’imperatrice Lu sembrò in grado di usurpare il trono a favore della propria famiglia. Ella fece uccidere tutte le mogli e le concubine di Liu Bang e la maggior parte dei figli di quest’ultimo, ma alla sua morte avvenuta nel 180 a.C., un fedele luogotenente di Gao Zu uccise tutti i membri della famiglia Lu e pose sul trono Wendi figlio di Gao Zu. Durante il suo regno e quello del suo successore, si ripresentò invece il problema dei rapporti tra il governo centrale e i sovrani dei vari guo, che pur essendo membri della famiglia imperiale, nel 154 a.C. si ribellarono sotto la guida del re di Wu, Liu Bei. La rivolta fu domata e l’autonomia dei wang fu ulteriormente ridotta, fino a divenire un mero titolo onorifico, quando nel 140 a.C. ascese al trono Wudi (140 – 87 a.C.). Egli, infatti, stabilì che alla morte di un wang, il suo territorio dovesse essere diviso tra tutti i suoi figli e non più ereditato dal solo primo figlio della prima moglie. Impose inoltre l’invio di doni all’imperatore e obblighi finanziari sempre più gravosi e ciò finì con il minare il potere dei wang. Anche i nomadi rappresentarono una minaccia costante per la dinastia Han. Questi si erano costituiti in una federazione di tribù che si estendeva dalla Manciuria al Pamir e che riconosceva l’autorità di un capo cui era attribuito il titolo di Shan Yu, che equivaleva al Figlio del Cielo cinese. I funzionari, secondo la filosofia confuciana, avrebbero dovuto essere scelti in base al merito e non per nascita, come già avveniva durante la dinastia Qin, ma durante il periodo Han alle cariche amministrative vi si accedeva anche per censo o versando una somma minima di 100.000 monete. Un altro strumento di selezione era quello della segnalazione, attraverso la quale, gli imperatori Han invitarono i vari funzionari a segnalare appunto quegli uomini degni di entrare a far parte dell’apparato burocratico, al quale potevano accedere previo esame presieduto dall’imperatore che ne accertasse il livello culturale. Nel 124 a. C. Wudi istituì l’università imperiale, in cui i Cinque Boshi avrebbero tenuto lezioni sui Cinque Classici (Shujing – Shijing – Yijing – Liji – ChunQiu). E altre scuole sorsero nelle varie regioni del paese per preparare i giovani letterati agli esami di stato. Con l’ascesa al trono di Liu Bang, le pene erano state mitigate, anche se la pena più severa restava quella di morte per il condannato e lo sterminio di tutta la famiglia, che veniva a volte commutata con la pena di castrazione. Vi era quindi la pena di riduzione in schiavitù, che interessava sempre tutta la famiglia del condannato. Per i reati meno gravi vi era la condanna ai lavori forzati per cinque anni. Il sistema fiscale sotto gli Han si basava su due imposte. L’imposta fondiaria fissata a un quindicesimo del raccolto e poi ridotta ad un trentesimo il cui ricavato veniva utilizzato in parte per le amministrazioni locali e in parte inviato al governo centrale. L’altra imposta era il testatico, che serviva al mantenimento della corte e ricadeva su tutta la popolazione e consisteva nel versamento all’erario di 120 monete di rame se di età compresa fra i 15 e i 56 anni e di 20 monete di rame per i bambini di età superiore ai 7 anni. I nobili, i funzionari di grado elevato e i soldati erano esentati dal pagamento di tale imposta, che invece era raddoppiata per i mercanti e gli schiavi. WUDI inasprì il sistema legislativo e diede l’avvio a numerose opere civili fra cui la costruzione di canali che univano il Fiume Giallo alla capitale. Per queste opere, egli si avvalse oltre che delle corvées dei contadini anche dell’opera dei detenuti. Egli non fece annessioni territoriali, ma inviò sia ambascerie che eserciti presso le popolazioni dell’Asia centrale, giungendo a stabilire delle colonie militari sino in Siria (Partia) e costringendo i signori locali ad inviare doni e tributi all’imperatore cinese. Attraverso la Via della Seta, l’impero Han esportava seta e acciaio e importava sia dal mondo ellenistico che da quello romano: cavalli, pellicce, lana, giada, vetro e oro, che giungevano in Cina quale pagamento delle merci esportate. Tra il 109 e il 106 a.C., gli eserciti di Wu Di conquistarono la Manciuria settentrionale e lo stato semi-sinizzato di Choson, in Corea. Attraverso la Via delle Spezie, la Cina importava soprattutto perle, corna di rinoceronte e spezie. Nel 104, Wudi proclamò concluso il periodo dell’acqua che lasciava il posto a quello della terra e adottò il colore giallo, quale simbolo imperiale. Adottò un nuovo calendario il cui primo giorno avrebbe avuto inizio il primo giorno della prima luna di primavera e inaugurò l’usanza, mantenuta poi fino alla fine della dinastia Qing, di conferire un nome (nianhao) ai periodi di regno, che fino alla fondazione della dinastia Ming vennero cambiati più volte durante il regno di uno stesso imperatore. Il nianhao inaugurato da Wudi fu Taichu o grande inizio. Con Wu Di, la dinastia Han raggiunse il culmine della potenza, ma le spese effettuate sia per le guerre di espansione sia per le opere civili portarono ben presto l’impero sull’orlo di una crisi fiscale tanto che fu necessario adottare drastiche misure economiche, che colpirono soprattutto la classe dei mercanti. Nel 119 a.C., Wu Di introdusse il monopolio governativo del sale e del ferro e un sistema di licenze per le bevande alcoliche. Nove anni più tardi venne adottato il cosiddetto sistema di “compensazione”, che consisteva nell’acquisto da parte del governo delle eccedenze prodotte in zone ricche e della loro vendita in zone povere o in periodi di carestia. Il regno di Wudi segnò una svolta nell'impero Han: un regno segnato da un forte espansionismo e con imponenti masse di cinesi inviate a popolare la regione dell'Ordos. Xuandi mitigò le scelte economiche attuate da Wudi e accolse alcune proposte dei rifomatori confuciani, riducendo l’apparato burocratico e abolendo il monopolio dell’alcool. Ciò però non servì a porre un freno alla crisi e neanche gli imperatori che gli succedettero furono in grado di risolvere la crisi. La popolazione era, infatti, notevolmente aumentata mentre le aree coltivabili diminuivano in proporzione. Inoltre, i contadini furono costretti a pagare tasse sempre più onerose. A partire dal 22 a.C., si assistette così ad una serie di grandi rivolte. Le più alte cariche governative erano nelle mani dei burocrati confuciani, mentre il potere reale non era più nelle mani degli imperatori ma in quelle degli eunuchi e dei parenti delle imperatrici. Fu in questo clima che Wang Mang approfittando di una diceria che prevedeva la prossima fine della dinastia preparò la sua ascesa al trono. A nulla valsero gli sforzi del governo di creare una burocrazia basata sul merito, in quanto la maggioranza dei funzionari prendeva possesso della carica grazie ai privilegi ereditari, al clientelismo o all’aperta manipolazione degli esami ufficiali. Inoltre, essendo i grandi latifondi esenti o quasi da imposte, il governo centrale, per mantenersi fu costretto a imporre tributi sempre più gravosi sui contadini. L’onere diventò alla fine insostenibile, tanto che molti contadini furono costretti a fuggire verso il sud dove il fisco era meno rigoroso o nelle grandi tenute. Il risultato di questo esodo fu un inevitabile aumento dei gravami fiscali sui contadini rimasti, che furono così costretti a darsi al banditismo o all’aperta ribellione. A nulla valsero gli sforzi del governo di creare una burocrazia basata sul merito, in quanto la maggioranza dei funzionari prendeva possesso della carica grazie ai privilegi ereditari, al clientelismo o all’aperta manipolazione degli esami ufficiali. Inoltre, essendo i grandi latifondi esenti o quasi da imposte, il governo centrale, per mantenersi fu costretto a imporre tributi sempre più gravosi sui contadini. L’onere diventò alla fine insostenibile, tanto che molti contadini furono costretti a fuggire verso il sud dove il fisco era meno rigoroso o nelle grandi tenute. Il risultato di questo esodo fu un inevitabile aumento dei gravami fiscali sui contadini rimasti, che furono così costretti a darsi al banditismo o all’aperta ribellione. Mentre alle frontiere gli Xiongnu, gli Xianbei e i proto-tibetani Qiang premevano o insorgevano, nel 184 esplose la rivolta dei Turbanti Gialli, Huangjin. Questo era un gruppo imbevuto di ideali taoisti, che propugnava l'uguaglianza universale, il ritorno alla pace, l'abolizione della ricchezza, sosteneva che le malattie derivassero dai peccati commessi e che la loro cura dovesse essere di tipo religioso e annunciava il prossimo realizzarsi di una nuova era. Dopo lo scoppio delle ribellioni popolari, i generali ebbero in mano il potere. Una volta sedate le rivolte, i vari generali a capo dei loro eserciti iniziarono una serie di lotte per la supremazia, volta a stabilire chi sarebbe stato legittimato ad esautorare la dinastia. Nel 189, il generale Yuan Shao eliminò tutti gli eunuchi di corte e l’anno dopo il generale Dong Zhuo depose il sovrano Shaodi sostituendolo con Xiandi. Contro Dong Zhuo, famoso per le sue efferatezze, si coalizzarono i più potenti generali del tempo. Gradualmente si giunse ad una tripartizione del potere tra i generali più influenti: Cao Cao al Nord, Liu Bei, membro di un ramo cadetto della famiglia imperiale nel Sichuan e Sun Quan al sud. Nel 208 Cao Cao compì l’estremo tentativo di riunificare il paese scontrandosi inutilmente contro gli eserciti di Liu Bei e Sun Quan. Quando Cao Cao morì nel 220 d.C., suo figlio Cao Bei destituì l’imperatore fondando il regno di Wei ponendo così fine alla dinastia Han orientale. L’anno seguente, anche Liu Bei assumeva il titolo imperiale fondando il regno di Shu (dinastia Shu Han) e nel 222 Sun Quan fondava lo stato di Wu. Il successivo mezzo secolo in cui il paese fu diviso in questi tre stati è noto come il periodo dei Tre regni (San Guo). TRE REGNI 220-265 Uno dei principali problemi che lo stato di Wei si trovò ad affrontare fu quello del ripopolamento delle campagne in quanto i contadini, in seguito agli sconvolgimenti politici e sociali che caratterizzarono la fine del II secolo d. C., si erano rifugiati al sud o nelle grandi tenute private abbandonando le loro terre. Una delle soluzioni adottate dal governo Wei per ovviare a tale problema fu quella di istituire su tutto il territorio colonie di contadini-soldato, che precedentemente erano state stanziate sono nelle zone di confine. Tali colonie dovevano provvedere al loro fabbisogno, versare le eccedenze al governo e fornire i contingenti militari per le guarnigioni di confine. Sul fronte esterno invece, lo stato di Wei conquistò lo stato di Yan sorto nella Manciuria meridionale, estese il suo dominio alla Corea e nel 263 riuscì ad annettere lo stato di Shu Han. Nel frattempo il potere effettivo era passato dalle mani degli eredi di Cao Cao a quelle dei grandi generali. Nel 265, il generale Sima Yan usurpò il trono fondando la dinastia Jin, nota anche come dinastia dei Jin Occidentali. I grandi proprietari fondiari godevano al sud di ampia libertà e in molti casi potevano riscuotere per se stessi i tributi che invece sarebbero stati da destinare al governo. Ciò fu reso possibile dalla mancanza di una struttura burocratica fortemente centralizzata. Lo stato di Wu ebbe più degli altri due vita effimera: una sola generazione. Nel 280 fu, infatti, annesso allo stato di Jin. DINASTIA JIN 266-420 La Cina fu così unificata, ma solo per un breve periodo in quanto anche l’impero Jin, come già Wei e Shu, fu caratterizzato dalla mancanza di una tradizione e dalle non risolte questioni economiche e sociali. Sima Yan, noto con il nome postumo di Jin Wudi, come aveva fatto Liu Bang dopo la fondazione del suo impero, assegnò ai membri della propria famiglia e ai suoi compagni d’arme vasti feudi con diritto di riscuotere i tributi. Inoltre, la classe feudale andò assumendo un potere sempre più crescente, che copriva un vasto campo di azione, dall’amministrazione civile al comando militare di guarnigioni e colonie. Solo un forte ethos avrebbe potuto trattenere i nuovi signori feudali dall’aspirare al potere imperiale, ma l’enorme debolezza del potere centrale fece sì che la dinastia fosse travolta da una serie di lotte intestine note come Rivolta degli otto principi, che vide opporsi le famiglie delle imperatrici per circa 16 anni e che, aggiunta alle nuove incursioni di barbari alle frontiere, determinò il crollo della dinastia. Liu Cong capo Xiongnu tolse il mandato ai Jin occidentali occupando prima Luoyang nel 311 e poi Chang’an nel 316. DINASTIE DEL SUD E DEL NORD 420-589 Nel 317, nella Cina del sud un principe Jin si proclamò imperatore a Nanchino fondando la dinastia Jin orientale, che fu una delle Sei Dinastie che tra il 222 e il 589 si succedettero nel sud del paese, fissando la loro capitale a Nanchino (222, Wu; 317, Jin orientali; 420, Song; 479, Qi meridionali; 502, Liang; 557, Chen). All’interno, la dinastia fu caratterizzata da continui colpi di stato e da insurrezioni le più gravi delle quali fu quella scoppiata nel 400 e capeggiata dagli eredi spirituali dei Turbanti gialli. Nel 420, il generale Liu Yu usurpò il trono fondando la dinastia Song (Liu Song), che però scomparve con la morte del secondo imperatore. Le grandi famiglie aristocratiche rifugiatesi al sud mantennero in vita lingua, usi e costumi tipici della capitale Han e si ritennero le depositarie della tradizione. Il modello, abbiamo visto, era la dinastia Han e solo coloro che appartenevano a quelle famiglie che avevano servito nella burocrazia Han potevano essere ritenute le uniche legittimate a ricoprire le stesse cariche nelle burocrazie delle dinastie succedutesi al sud. Mentre a Nanchino si tentava di restaurare la vita fastosa degli Han, il nord del paese fu a partire dal 304, invaso da popolazioni seminomadi note nella storia come i Cinque Barbari, costituite da Xiongnu, i Jie, gli Xianbei, una popolazione proto-mongola proveniente dal nord est; e due gruppi tibetani degli altopiani occidentali i Di e i Qiang. Tali popolazioni si contesero il trono degli Han, dando inizio ad un periodo di guerre e di confusione politica e militare, che si protrasse dal 304 al 439 e che è noto come periodo delle Sedici dinastie. I regni fondati dalle dinastie del nord ebbero tutti vita effimera. Tra questi emerse quello fondato da un gruppo Xianbei, noto come Tuoba. Tra il 338 e il 376 essi avevano dato vita allo stato semisinizzato di Dai assumendo il nome dinastico di Wei settentrionali. I Tuoba Wei avevano nel 440 esteso il loro dominio su tutta la Cina settentrionale. Una volta unificato il nord il processo di sinizzazione subì una rapida accelerazione. Durante il regno dell’imperatore Xiao Wendi (471 – 499) il processo di sinizzazione era fortemente inoltrato. Venne reintrodotto il culto ufficiale di Confucio, che poteva così dare stabilità all’organizzazione statale, mentre il buddismo assurse a religione di stato. Nel 485, l’imperatore Xiao Wendi emanò un editto sulla suddivisione uniforme della terra con il quale si distinguevano due diverse forme di proprietà: il terreno che circondava la casa con alberi da frutto e gelsi, era considerato yong yue (eterno possesso), mentre la terra coltivabile era ceduta solo in usufrutto o Kou fen. Nonostante le difficoltà sorte per poter assegnare la terra in base alle liste degli abitanti, che variavano di anno in anno, tale editto fu attuato in massima parte, anche se con il passare degli anni fu sempre più difficile assegnare un equo numero di territori, sia per l’aumento della popolazione sia perché i latifondisti tendevano ad incamerare sempre più territori e sia perché la terra sia ereditaria che in usufrutto veniva spesso barattata, ipotecata o venduta. Anche la distinzione fra le classi sociali fu oggetto di un editto che Xiao Wendi emanò nel 496 secondo il quale l’uso di oro, argento, seta e ricami era riservato ai nobili, inoltre la condizione sociale e la professione che ognuno possedeva alla promulgazione di questo editto diveniva ereditaria ed era di fatto vietato a chiunque provenisse da una famiglia con ascendenti sottoposti alle corvée di ricoprire cariche all’interno della burocrazia. Ma, nonostante il processo di sinizzazione, tra l’altro non sempre accettato dalla nobiltà Tuoba, esistevano numerosi attriti fra cinesi e Tuoba, fra aristocrazia e guerrieri tribali, fra contadini e latifondisti e tali attriti sfociarono nella rivolta delle sei guarnigioni, che era sorta tra le guarnigioni di confine a causa dell’insufficienza dei rifornimenti e che poi si estese a tutta la Cina settentrionale. In seguito a tali rivolte, la corte perse tutto il suo potere riducendosi ad un’esistenza puramente formale. Nel 550 la famiglia Gao nel usurpò il titolo dando inizio alla dinastia Ji settentrionale. Lo stesso aveva fatto nel nord-ovest la famiglia Yuwen, che nel 557 fonda così la dinastia Zhou settentrionale. I Zhou settentrionali riuscirono a distruggere i Qi settentrionali nel 577 e a riunificare ancora una volta il nord. Ma, il trono fu usurpato dopo solo 4 anni dal generale Yang Jian che fondò la dinastia Sui con il nome dinastico Wendi. DINASTIA TANG 618-907 L’uomo che emerse dal caos venutosi a creare con la fine della dinastia Sui fu Li Yuan, cognato del primo imperatore Sui. Appoggiato dagli alleati turchi, Li Yuan, insieme al figlio Li Shimin, occupò Chang’an nel 617 e l’anno successivo si fece proclamare primo imperatore della dinastia Tang con il nome dinastico Gaozi. La trasmissione del potere da Gaozi al figlio Li Shimin avvenne in circostanze oscure e assomigliò ad un vero e proprio colpo di stato. Nel 626, Li Shimin prese le armi contro i suoi fratelli e ne fece uccidere alcuni, tra cui l’erede al trono e si fece proclamare imperatore, mentre il padre era ancora in vita. Li Yuan fu costretto ad abdicare in favore del figlio e si ritirò dalla scena politica con il titolo di Supremo imperatore in ritiro. Canonizzato dopo la sua morte come Taizong, Li Shimin, che regnò dal 626 al 649, fu certamente una tra le più grandi figure di sovrani della storia cinese e il suo regno può essere considerato l’età d’oro della dinastia Tang. Infatti, Taizong continuò la politica dei Sui di costituire un’amministrazione civile di ispirazione confuciana con funzionari preparati ed effettivamente diretti dalla capitale. A tale scopo furono istituite scuole anche nei distretti rurali e gli studenti migliori potevano aspirare all’ammissione alle due scuole di Chang’an e di Luoyang. Agli esami imperiali potevano partecipare gli studenti delle scuole della capitale e i candidati designati dagli organi di governo locali o da speciali nomine imperiali. Grazie al sistema degli esami, la classe dominante si uniformò culturalmente, in quanto ricevette un’educazione di ispirazione confuciana in cui erano preminenti i principi etici, quali la lealtà all’autorità esistente e il forte senso del valore, del decoro e dell’etichetta. Durante la dinastia Tang, il sistema legislativo fu accuratamente codificato e diviso in quattro gruppi: leggi penali, amministrative , decreti e norme di procedura. Il sistema legislativo fu essenzialmente limitato al campo amministrativo e penale, mentre il diritto civile era tenuto in scarsa considerazione, in quanto si riteneva che le vertenze fra i sudditi dovessero essere regolate privatamente rimettendosi eventualmente al giudizio etico del saggio, il codice Tang è il più antico pervenutoci nella sua interezza. Per meglio amministrare un così vasto impero i Tang divisero il paese in 15 province, l’amministrazione locale era effettuata attraverso le prefetture, a cui erano subordinati i distretti. Durante il suo regno, Taizong adottò con alcune modifiche il sistema del campo uguale già in uso presso i Wei settentrionali e i Sui. Questo sistema consisteva nell’assegnazione di terre coltivabili al popolo a seconda della categoria di appartenenza. Ai contadini venivano inoltre imposte il pagamento di una quota fissa sul raccolto, le consegne di una certa quantità del prodotto tessile locale e 20 giornate di corvée all’anno, che in ogni caso non potevano essere portate a più di 50. Vi erano anche contadini esentati dalle imposte, che erano però tenuti a prestare periodicamente servizio militare a proprie spese e senza retribuzione. Nel 630 Taizong sottomise le tribù turche orientali assumendo il titolo di Khan celeste dei turchi. Con una lunga serie di campagne, i Tang e il regno coreano di Silla sconfissero una coalizione formata da Koguryo e Paekche e dal Giappone e nel 668 la Corea fu unificata sotto il dominio di Silla. Nel frattempo, però, la Cina perse, però, il controllo del bacino del Tarim e non lo riconquistò che durante il regno dell’imperatrice Wu. Figlia di un ricco mercante, l’imperatrice Wu Zhao era stata accolta giovanissima nell’harem di Taizong e dopo la sua morte si era ritirata in un tempio buddhista come voleva la tradizione. Venne però ben presto richiamata a corte dal Figlio di Taizong, l’imperatore Gaozong che aveva da sempre nutrito per lei una passione segreta e finì quindi per farne la sua consorte principale nel 655. E quando Gaozong nel 660 fu colpito da paralisi e perse la vista, Wu Zhao assunse di fatto il potere anche se ancora indirettamente. Alla morte di Gaozong, avvenuta nel 683, suo figlio Zhongzong ascese al trono, ma in seguito alle manovre dell’imperatrice, dopo poco fu deposto e sostituito da suo fratello Ruizong, destinato ad essere un semplice prestanome che regnò come tale fino al 690, anno in cui Wu Zhao si fece proclamare formalmente imperatore, mutando il nome dinastico in Zhou e spostando la capitale a Luoyang cui cambiò il nome in Shendu. Nel 698 pur se pressata dalla richiesta di un suo nipote, che chiedeva di essere nominato erede al trono, ella proclamò suo erede il figlio Zhongzong, facendo presagire la sua volontà di restaurazione della dinastia Tang. La caduta dell’imperatrice Wu fu determinata dai dissidi sorti all’interno della corte tra gli esponenti del governo e i fratelli Zhang, favoriti dell’imperatrice e di sua figlia. Nel 705, all’età di 80 anni, l’imperatrice Wu venne deposta da una congiura di palazzo, che rimise sul trono l’imperatore Zhongzong. I fratelli Zhang furono giustiziati e l’imperatrice Wu, che aveva governato per 15 anni come imperatore Sheng Shen, morì poco tempo dopo. Zhongzong salito al trono venne assassinato nel 710 dalla moglie, l’imperatrice Wei, che tentò di emulare l’imperatrice Wu. Sia lei che la sua famiglia furono eliminati dal figlio dell’ex imperatore Ruizong, che dopo aver posto il padre sul trono, assunse direttamente il titolo di imperatore nel 712, con il nome di Minghuang. Egli sarebbe poi stato ricordato con il nome postumo di Xuanzong. Il lungo regno di Xuanzong (712-756) coincise probabilmente con gli anni cruciali del processo di transizione, che portò la Cina dall’antichità al primo periodo moderno. Durante la prima metà del regno di Xuanzong, la dinastia raggiunse il suo secondo apice e questo regno eclissò completamente quello di Taizong per ricchezza, grandezza e splendore culturale. Ciò nonostante fu proprio in questo periodo che l’intero sistema governativo cominciò a mostrare chiari segni di decadenza. Il rapido aumento della popolazione durante la dinastia Tang, aveva finito con il rendere impossibile la redistribuzione periodica della terra. A ciò si aggiunsero i conflitti tra i capi militari provinciali e il governo centrale. La situazione peggiorò ulteriormente nel 751, quando gli eserciti imperiali furono sconfitti dallo stato di Nanzhao nello Yunnan. Nello stesso anno, anche gli arabi sconfissero gli eserciti del generale coreano dei Tang, Gao Xianzhi, sulle rive del fiume Talas. Questa battaglia, anche se combattuta lontana dai centri di influenza sia araba che cinese contribuì alla fine dell’influenza cinese sull’Asia centrale. Il collasso interno dei Tang non si fece attendere a lungo. Al disastro finale si accompagnò il dramma personale di Xuanzong, che per tradizione gli storici cinesi hanno interpretato come la causa principale della rovina dell’impero. Nel 745, Xuanzong più che sessantenne prese come favorita la giovane ventiduenne Yang Yuhuan, nota come Yang Guifei (preziosa consorte). Secondo la tradizione, Yang Guifei prese sotto la sua protezione il generale An Lushan facendone il proprio figlio adottivo e di cui fu anche l’amante, cosa questa che permise ad An Lushan di assumere sempre più potere a corte e di rovesciare la dinastia. Nel 755, a capo di un esercito di circa 200.000 uomini si decise alla rivolta conquistando prima Luoyang e poi la stessa Chang’an e proclamandosi imperatore della nuova dinastia Wen. Xuanzong riparò nel Sichuan e lungo la strada assistè impotente all’uccisione di Yang Guifei da parte di truppe ammutinate, che la ritenevano colpevole di quanto stava accadendo. Xuanzong abdicò quindi in favore del figlio Suzong, che governò dal 756 al 762. Per ristabilire l’ordine i Tang dovettero ricorrere all’aiuto di truppe straniere composte da Turchi, Tibetani e Uiguri, che nel 757 sconfissero l’esercito dell’usurpatore nelle vicinanze della capitale, mentre An Lushan venne ucciso da suo figlio 757. Dopo la rivolta di An Lushan, il governo centrale non riuscì più a controllare saldamente come in precedenza nemmeno le province cinesi. l sistema dei comandi militari regionali fu esteso a tutto il paese e gradualmente i comandanti trasformarono le zone sottoposte al loro controllo in satrapie personali e in qualche caso riuscirono a rendere la loro carica ereditaria. Anche a corte si intensificarono i conflitti tra le fazioni esistenti in seno alla burocrazia e tra i burocrati e gli eunuchi. Per queste ragioni la seconda fase della dinastia Tang, viene spesso descritta come un’epoca di impotenza del governo centrale e di generale confusione politica ed economica ma, nonostante tutto, la Cina visse un altro secolo di pace relativa, particolarmente al sud dove non si verificarono in questi anni grosse crisi. Nel 780, fu introdotta una nuova riforma fiscale secondo la quale le varie imposte personali, familiari e fondiarie vennero raggruppate tutte nella cosiddetta doppia tassa, che veniva applicata alla proprietà fondiaria anziché agli individui e veniva riscossa il sesto e l’undicesimo mese dell’anno. In seguito, il gettito fiscale prodotto dalla doppia tassa, dalle aumentate imposte sulla ricchezza (proprietari terrieri soggetti a tassazione) e sulle transazioni commerciali venne suddivisa tra il governo centrale, gli organi locali e i comandanti regionali, attribuendo a ciascuno un reddito adeguato alle rispettive funzioni. Poiché le riforme tributarie non migliorarono sufficientemente le finanze dello stato, il governo tornò alla tradizionale politica dei monopoli e delle licenze, inaugurati in epoca Han. Il più importante fu il monopolio del sale reintrodotto nel 758, il cui successo spinse il governo a registrare nel 763 tutti i produttori di alcolici imponendo loro una tassa mensile per poi istituire un vero e proprio monopolio degli alcolici nel 782. Lo seguì nel 793, l’istituzione del monopolio del te. Questo accordo diede inizio ad un periodo di relativa pace, interrotto dalla comparsa della tribù di tibetani che nel 1038, assunto il nome dinastico di Xia, (Xi Xia o Xia occidentali), si prepararono alla conquista della Cina dallo stato che avevano costituito nell’Ordos. Gli Xi Xia furono respinti, ma nel 1044 stipularono un trattato di pace con i Song che contemplava anche il pagamento di un tributo annuo a loro favore. L’amministrazione dell’impero durante la dinastia Song fu controllata direttamente dalla capitale, Kaifeng. Inoltre i Song aumentarono i numeri di province, che ora non avevano un solo funzionario a capo di essi ma quattro intendenti: fiscale, giudiziario, militare e quello preposto all’immagazzinamento e al trasporto delle merci. La forza principale del governo Song stava nell’amministrazione civile che dipendeva in gran parte dal sistema degli esami, il quale era stato ampiamente sviluppato sotto i Tang e aveva raggiunto ora il massimo grado di efficienza. Gli esami dal 1065 vennero tenuti regolarmente ogni tre anni e vennero svolti in tre fasi successive. La prima era rappresentata dagli esami sostenuti presso le prefetture o le scuole governative; i promossi potevano affrontare gli esami che si svolgevano nella capitale sotto l’egida del governo centrale; i promossi venivano poi ammessi agli esami di palazzo che avrebbero stabilito l’elenco definitivo dei vincitori. La nomina iniziale e la futura promozione dipende in gran arte dal posto raggiunto in graduatoria in quest’esame finale. I Song avevano dato vita a un sistema politico molto stabile e inoltre i primi Song furono più prosperi di qualsiasi altra dinastia precedente, ma la consueta decadenza amministrativa e le difficoltà finanziarie ricomparvero già dopo un solo secolo di dominio. Una delle cause di fondo di questa decadenza fu probabilmente l’aumento della popolazione non compensato da un corrispondente aumento della produzione e quindi delle entrate governative. L’aumento della popolazione significava, inoltre, minore disponibilità di terra, minore produzione e quindi minore eccedenza per far fronte agli obblighi fiscali. Un’altra ragione del disavanzo dei Song è da ricercarsi nell’aumento delle spese militari, poiché i mercenari finirono con l’accrescere le spese militari. Un’altra ragione dell’aumento delle spese è da ricercare nel rapido aumento del costo dell’amministrazione civile, nonché dall’accresciuto numero dei funzionari e verso la metà dell’XI secolo, a causa delle difficoltà finanziarie del governo, gli stipendi finirono per diventare inadeguati, e ciò probabilmente contribuì alla formazione di fazioni in seno alla burocrazia. Si formarono così il gruppo dei tradizionalisti, che non vedeva la necessità di attuare un piano di riforme, e il gruppo degli innovatori, convinto della necessità di attuare un intervento deciso. Nel 1069, poco dopo l’ascesa al trono del giovane imperatore Shenzong (1067-85), fu nominato Primo consigliere l’abile ma dogmatico riformatore Wang Anshi (1021-86). Egli diede inizio ad una serie di riforme radicali che potesse rendere attiva la situazione economica e militare del governo. Trasformò le corvée in obblighi fiscali da addossare prevalentemente alle classi superiori e fece eseguire i lavori necessari per il controllo delle acque. Nel settore militare reintrodusse, col nome di baojia, il vecchio sistema della responsabilità collettiva detto dei “tre capi” in vigore al tempo delle Sei dinastie e ogni unità creata con questo sistema doveva provvedere all’addestramento dei propri soldati. Inoltre, per formare una forza di cavalleria, Wang Anshi fece comprare dei cavalli dal governo e li assegnò alle famiglie contadine del nord e in cambio almeno un membro di ognuna di queste famiglie doveva servire a cavallo negli eserciti imperiali in caso di necessità. Aumentò il numero delle scuole governative per contrastare le ricche accademie private. Le riforme messe in atto da Wang Anshi finirono col suscitare l’opposizione dei gruppi contro i quali erano dirette e cioè i grandi latifondisti, i ricchi mercanti, gli usurai e parte della burocrazia appartenente alla classe agiata. Nel 1076, Wang Anshi fu costretto a dimettersi a causa dei violenti rancori personali che aveva suscitato e, dopo la morte di Shenzong, i tradizionalisti ritornarono al potere annullando quei vantaggi militari e finanziari che le riforme di Wang Anshi avrebbero forse permesso di raggiungere. La decadenza finanziaria e amministrativa dei Song giunse al culmine durante il regno di Huizong. Nel frattempo si erano interrotti i rapporti ufficiali tra la Cina e i Liao e gli Xi Xia. Nella Manciuria nord-orientale e nel bacino superiore del Sungari era sorta una nuova potenza creata da alcune tribù tunguse note col nome di Nuzhen, che fondarono la dinastia Jin. Nel 1114, i Jin ribellarono ai Liao. I Song si allearono con i Jin sperando di poter così riconquistare le Sedici province di confine occupate dai Liao due secoli prima. I Jin riuscirono a sconfiggere i Liao nel 1125 e continuarono la loro invasione, questa volta verso la Cina quando quest’ultima si dimostrò insoddisfatta per l’assegnazione di sole sei prefetture intorno a Pechino. A seguito di questa invasione Huizong abdicò e a nulla valsero i tentativi del suo successore di ristabilire la pace. Nel 1127, i Jin occuparono Kaifeng e catturarono Huizong e il suo successore. Uno dei figli di Huizong, Gaozong (1127-62) continuò la lotta, ma riuscì a ristabilire il dominio dei Song solo sui territori centrali e meridionali dell’impero, per cui la seconda fase della dinastia dal 1127 al 1279, viene definita dei Song meridionali. Intanto i Jin che, a causa della morte del loro sovrano avevano rinunciato alla conquista del sud, avevano incorporato il nord al loro impero. Nel 1153 stabilirono la loro capitale a Yanjing (Pechino) ed ebbe inizio per i Jin un rapido processo di sinizzazione. Nel 1142 i Song stipularono un trattato di pace con i Jin riconoscendosi loro vassalli, condizione questa che ebbe fine nel 1165 quando i Jin tentarono senza successo di conquistare il sud. La dinastia dei Song meridionale regnò su di uno stato che, malgrado la limitata estensione del suo territorio, fu sotto ogni aspetto più ricco di quello dei Song settentrionali. Tra l’VIII e il XIII secolo la Cina fu quindi oggetto di un rapido declino militare, ma lo stesso non si può dire per quello che riguarda l’economia del Paese. L’espansione economica di questo periodo fu, infatti, tale da poterla definire a ragione una vera e propria “rivoluzione commerciale” della storia cinese. Una delle ragioni di questa crescita economica è senza dubbio dovuta ai progressi tecnologici raggiunti in questo periodo. Fu introdotto l’uso della polvere da sparo per scopi bellici e, all’inizio del secolo XI quello delle mine e di altri proiettili esplosivi. Nel tardo periodo Song fu invece introdotto l’uso dell’abaco. In questo periodo, inoltre, aumentò considerevolmente anche la produzione agricola. Un attento controllo delle acque insieme all’introduzione dalla regione di Champa di una qualità di riso a rapida maturazione permisero di raddoppiare il raccolto del riso. Fu intensificata la coltivazione del tè sui campi a terrazze e intorno al XII secolo quella del cotone. Fattore ancora più determinante di questa espansione economica fu la rapida crescita del volume commerciale. I primi sovrani Tang avevano regolato ogni attività commerciale attraverso le imposte, i monopoli e le licenze. Tuttavia, durante i tardi Tang e i Song le attività commerciale riuscirono a sottrarsi alle restrizioni imposte dal governo nei precedenti periodi e superarono gli stretti limiti dei vecchi mercati ufficiali. I mercanti si affiliarono in corporazioni mercantili a seconda dell’attività commerciale e ogni corporazione era diretta da un associato, scelto come capo, responsabile di fronte al governo dell’esazione delle imposte, che gli altri membri erano tenuti a pagare, o del versamento di una quota collettiva, nel caso in cui un monopolio governativo fosse concesso in appalto alla corporazione stessa. Le corporazioni più importanti erano quelle che trasportavano e vendevano prodotti di prima necessità come i cereali, il sale, il tè o la seta, oppure quelle che svolgevano funzioni bancarie di deposito e prestito del denaro. I principali prodotti importati dalla Cina in questo periodo erano soprattutto i tessuti di cotone; cavalli e cuoio e prodotti di lusso grezzi dai tropici come il legname pregiato, le pietre preziose, le spezie e l’avorio. Le esportazioni riguardavano invece minerali come l’oro, l’argento, il piombo, e lo stagno, sete, libri, dipinti, porcellane e interessavano soprattutto l’Asia meridionale e occidentale, l’India e l’Africa nord- orientale. Uno dei segni più evidenti della crescita economica che la Cina conobbe durante i Song fu la grande espansione del sistema monetario. Le monete di rame che già erano apparse nel tardo periodo Zhou ebbero grande diffusione soprattutto nel tardo periodo Tang e con la dinastia Song. La richiesta di monete era tale che il governo dovette più volte limitare l’uso del rame alla sola coniatura delle monete. Per fronteggiare il problema dell’aumento del volume delle monete in circolazione (inflazione) si proibì la loro esportazione e nei periodi in cui questa misura non fu in vigore si seguì la politica di imporre una tassa del 50% sulla loro esportazione. La soluzione più interessante del problema fu l’introduzione della cartamoneta. Già nell’811 i Tang emettevano la cosiddetta “moneta volante” vale a dire dei titoli di credito che servivano a pagare merci acquistate in zone lontane ed erano rimborsabili nella capitale. Tale sistema si sviluppò ulteriormente durante la dinastia Song e, grazie alla loro praticità, questi buoni governativi furono adottati anche dai mercanti e in tal modo cominciarono ad essere usati come moneta. I più famosi furono quelli di Chengdu che quando vennero rilevati dal governo nel 1024 diventarono la prima vera cartamoneta del mondo, con una validità di tre anni a causa dell’usura e la solita sottrazione del tre per cento per le spese. circolazione. La crescita economica, insieme ai vari mutamenti politici, sociali, e culturali diedero vita ad una società completamente diversa da quella del periodo anteriore alla dinastia Tang. Accanto alla vecchia aristocrazia terriera si affiancò gradualmente una nuova classe sociale. Di questa nuova classe facevano parte coloro che si erano arricchiti attraverso il commercio. Anche coloro che attraverso gli esami di stato aperti ad un più vasto strato di popolazione avevano raggiunto delle alte cariche politiche facevano parte di questa nuova classe sociale. Un’altra caratteristica di questa nuova società è rappresentata dalla crescente urbanizzazione. Le città si trasformarono da semplici agglomerati rurali in grandi centri nei cui quartieri era possibile trovare anche ristoranti, case da tè, case di tolleranza, teatri e locali di ogni genere. garantendosi fino al XIII secolo le condizioni per una coesistenza pacifica lungo i confini nord-occidentali. L’avvento dei Jin ridimensionò la potenza degli Xi Xia, che fu definitivamente travolta dagli attacchi dei mongoli nel 1227. NHNZHEN-JIN 1115-1234 I nuzhen furono vassalli dei Liao fino a quando, nel 1115, Aguda riuscì ad unificare le varie tribù proclamandosi imperatore della dinastia Jin (1122 – 1234). Nel 1125, l’impero Jin, alleatosi con i Song distrusse l’impero Liao, ma la sete di conquista dei suoi sovrani, li spinse a rivolgersi contro i loro antichi alleati, di cui conquistarono la capitale Kaifeng nel 1127 e catturarono l’imperatore Huizong e il suo successore. Jin rinunciarono alla conquista del sud a causa della morte del loro sovrano e nel 1142 i Song stipularono un trattato di pace con i Jin riconoscendosi loro vassalli, condizione questa che sebbene interrotta a più riprese durò circa un secolo. à a partire dal 1127 i Jin istituirono il sistema degli esami, su modello Song, per il reclutamento dei funzionari e nel 1173 istituirono anche esami in lingua nuzhen. Dopo il trasferimento della capitale da Harbin a Yanjing nel 1153 i Jin costituirono uno stato sempre più basato sul modello cinese, centralizzato e burocratico. Come i Liao ebbero cinque capitali regionali e il territorio venne suddiviso in province, prefetture e distretti, secondo il modello Song. La popolazione venne divisa in due gruppi: i nuzhen e gli altri. I nuzhen godevano di molti privilegi tra cui la esenzione quasi totale dalle imposte. Loro impegno principale era quello di servire nell’esercito. Gli altri che erano formati da cinesi, coreani, qidan e bohai erano tenuti al pagamento delle imposte due volte all’anno e alle corvée. Proprio i privilegi di cui godevano i nuzhen e l’espropriazione delle terre appartenenti ai cinesi, provocò lo scontento della popolazione cinese, che insorse a più riprese, come pure insorse contro i nuzhen la popolazione qidan. Tali rivolte, insieme alle tensioni esistenti all’interno delle stesse tribù nuzhen, contribuirono all’indebolimento dello stato. A causa di tale debolezza i Jin non furono in grado di far fronte agli attacchi esterni sferrati dai mongoli e nel 1214 furono costretti a trasferire la capitale a Kaifeng. Nel 1234, attaccati su due fronti a seguito dell’alleanza stretta dai Song con i mongoli, i Jin vennero definitivamente annientati. I MONGOLI Unificatore di quello che fu il primo grande impero mongolo fu Gengis Khan, il cui nome era Temujin. Suo padre venne assassinato dai Jin nel 1175, prima che venisse nominato Khan e Temujin fu ritenuto troppo giovane per prenderne il posto. A vent’anni divenne vassallo di uno dei più potenti khan del momento, ma poi ribellatosi al suo signore, riuscì a sottomettere diverse tribù arrivando a porre sotto il suo dominio l'intera area del Gobi nel 1206. Subito dopo Temüjin, durante un grande Khurultai (il concilio dei capi tribù), ottenne il titolo di Gran Khan, cioè capo supremo di tutti i mongoli, e da allora iniziò ad essere chiamato Gengis Khan che significa "Sovrano Universale". Promulgò quindi il grande Yasa, un codice imperiale in cui vennero stabiliti i principi fondamentali dell’organizzazione politica, sociale, amministrativa e penale del suo impero. Fu grazie a ciò che Gengis Khan sottomise gli Xi Xia tra il 1205 e il 1209, distruggendone il regno nel 1227. Tra il 1211 e il 1215 condusse una campagna contro l’impero Jin, distruggendo anche questo. Si assicurò però i sevigi di Yelu Chuzai, discendente della famiglia reali Qidan ed esperto dell’amministrazione cinese, che riuscì a convincere i mongoli a fondare il loro impero sul modello cinese, piuttosto che distruggerlo. A occidente, Gengis Khan sottomise i Liao occidentali e tra il 1219 e il 1221 distrusse il vicino impero turco di Chorezm (nei pressi del lago d’Aral), conquistando città come Samarcanda e Bucara. Nel 1227 Gengis Khan nominò Ogodei, suo terzo figlio, suo successore e divise l’impero da lui conquistato in quattro grandi Khanati. Il khanato di Ogodei ebbe come capitale Qaraqorum in Mongolia. A Chaghadai, suo secondo figlio, affidò il Turkestan. A suo nipote Hulegu affidò l’Ilkhan che si estendeva sui territori dell’impero persiano e dell’Asia minore. Mentre, a suo nipote Batu affidò il Khanato di Kipchak, che comprendeva le odierne Russia, Ucraina, e Kazakistan, chiamato anche "Orda d'Oro". Nel 1231, una parte degli eserciti mongoli di Helugu (nipote di Gengis Khan) conquistarono la Mesopotamia, l’Armenia, la Georgia e nel 1258 distrussero il califfato abbaside di Baghdad. Nello stesso periodo, gli altri eserciti mongoli erano impegnati nella conquista della Cina del nord e della Corea, che sottomisero definitivamente nel 1258, mentre più a occidente Batu conquistava i territori compresi tra il Volga e il Danubio giungendo agli odierni confini italiani. n generale, i sovrani mongoli dell’Asia occidentale accolsero l’islam e la sua cultura e si lasciarono assorbire negli intricati rapporti e nelle lotte endemiche del Vicino e Medio Oriente, mentre i sovrani mongoli della Cina diventarono ferventi buddhisti e uomini di stato confuciani. I tre stati cinese, russo e persiano ebbero lingue diverse e si distinsero tra loro per la cultura, i sistemi ufficiali, la politica di corte e le necessità locali. Queste differenze erano destinate a recidere i legami che avevano unito i dominatori mongoli. DINASTIA YUAN 1279-1368 L’occupazione della Cina fu, al contrario del resto dell’Asia, un processo relativamente lento che ebbe inizio con l’estinzione della dinastia Jin nel 1234. La conquista dell’impero Song, insieme a quello del regno di Nanzhao (Yunnan) furono portate a termine solo durante il regno di Kublai Khan (1215 – 1294), nipote di Gengis Khan. Nel 1267 Kublai trasferì la capitale da Karakorum all’odierna Pechino, che ebbe il nome di Kambalic o Dadu e nel 1271 assunse il nome dinastico Yuan, traendo il nome dall’Yijing. Nel 1276, le sue truppe discesero lungo lo Yangzi e si impadronirono di Hangzhou, capitale dei Song, facendo prigioniera l’intera corte oltre che l’erede al trono ancora bambino e sua madre, ma la conquista dell’impero cinese avvenne solo nel 1279. I contadini videro peggiorata invece la propria posizione e, nonostante Kublai incoraggiò in un certo qual modo l’agricoltura questa fu sempre considerata un’attività marginale e sempre più spesso furono costretti ad abbandonare le terre per svolgere lavori di manutenzione delle vie di comunicazione o occuparsi della costruzione dei palazzi della capitale. La differenziazione sociale si rifletteva anche sul sistema legislativo che era diverso per i diversi strati della popolazione. Infatti, se un cinese veniva accusato dell’omicidio di un mongolo la pena prevista era quella capitale e interessava tutta la famiglia, mentre nel caso dell’assassinio di un cinese da parte di un mongolo, la pena prevista era l’ammenda. Fu vietato il matrimonio tra membri di diverse categorie e ai cinesi fu vietato l’apprendimento della lingua mongola e l’uso delle armi. In Cina essi seguirono una politica di tolleranza religiosa. Si assistette in questo periodo al rifiorire del buddhismo chan, oltre che all’introduzione di nuove religioni quali l’islamismo e il cristianesimo. La cosiddetta pax mongolica stabilita dai mongoli su tutta l’Asia inaugurò anche in Cina un periodo di attività commerciali e di relativa prosperità agevolato non soltanto dal ristabilirsi dell’ordine e dalla ripresa dei lavori pubblici, ma anche da contatti commerciali su vasta scala con il resto dell’Asia. Il commercio fu sostenuto da larghe emissioni locali di cartamoneta, più tardi sostituite da un sistema monetario unificato su scala nazionale. Per un certo periodo il governò accettò anche cartamoneta in pagamento delle tasse. Il nipote di Kublai, Temur, che gli successe nel 1294, riuscì a mantenere salda l’amministrazione centrale ma dopo la sua morte, avvenuta nel 1307, il dominio mongolo in Cina andò rapidamente declinando. Il secondo esame aveva luogo ogni tre anni nei capoluoghi di provincia e i candidati promossi diventavano juren. I raccomandati e avevano il diritto di presentarsi agli esami di terzo grado che si tenevano ogni tre anni a Pechino, i candidati che superavano anche questa prova diventavano jinshi studiosi presentati e venivano convocati a palazzo per essere sottoposti ad un’ultima prova da parte dello stesso imperatore. I vincitori ricevevano quindi il loro rango ufficiale e la nomina alla carica relativa. Anche con l’acquisto di un diploma era possibile assicurarsi lo status sociale e i relativi privilegi di un diplomato senza dover superare gli esami, ma non si acquisiva nessuna carica ufficiale. Un gruppo che invece assunse gradualmente potere fu quello degli eunuchi della corte interna. Hongwu provvide a fissarne il numero, il grado, i titoli e la foggia degli abiti; proibì loro di interessarsi degli affari di stato, decretò che non dovessero ricevere istruzione alcuna. Nonostante ciò nella prima metà del XV secolo gli eunuchi di palazzo erano uomini di cultura e assunsero sempre più potere ricoprendo posizioni chiave nell’ambito dell’amministrazione dello stato. Proprio a causa del crescente potere degli eunuchi, il periodo Ming fu caratterizzato da tensioni e lotte senza tregua per il controllo del potere, che ebbero luogo a palazzo tra gli eunuchi e i grandi segretari e, nella capitale, tra questi gruppi della corte interna e i grandi funzionari della burocrazia imperiale o corte esterna. Infatti, a livello del governo locale, era proprio la classe di diplomati, che avevano acquisito il proprio titolo pagandolo, che contribuiva a mantenere un ordine sociale stabile. L’amministrazione civile territoriale dei Ming era ripartita in province, prefetture, sottoprefetture o dipartimenti e distretti o contee. A capo dell’amministrazione provinciale vi erano il commissario governativo, il commissario giudiziario o giudice e il comandante militare. Ogni provincia era quindi sottoposta ad una specie di triumvirato che rifletteva sul piano locale la triplice distinzione amministrativa, militare e di controllo, che caratterizzava l’amministrazione centrale. Nel sistema militare Ming la condizione di soldato era ereditaria; a molti soldati furono assegnate terre da coltivare, affinché ne ricavassero i mezzi di sussistenza, e questo nella speranza di realizzare l’antico ideale di un esercito autosufficiente di soldati contadini. Le famiglie dei militari, registrate in appositi registri erano esentate in parte dalle imposte e dalle corvée. Abolì la schiavitù e requisì le tenute dei principi mongoli e quelle nel sud-est del paese per assegnarne una parte ai contadini senza terra, insieme alle sementi, agli strumenti di lavoro e al bestiame. Per quanto riguarda le imposte agrarie, si seguì la tradizione risalente alla doppia tassa inaugurata nell’VIII secolo, con una modifica che riguardava l’applicazione della tassa in base alla produzione del suolo. Oltre ai pagamenti in cereali, i primi Ming riscuotevano anche, due volte all’anno, un certo numero di lingotti d’argento e di rotoli di seta, oltre alle tradizionali entrate fiscali provenienti dal monopolio governativo del te e del sale. Vi era la responsabilità locale della riscossione delle imposte e dei lavori pubblici ed era organizzata in base al sistema lijia, secondo il quale 110 famiglie costituivano un’unità (villaggio). Ogni anno una delle dieci famiglie dirigenti controllava un decimo delle restanti famiglie formando una jia o sezione, che aveva la responsabilità dell’esecuzione delle prestazioni di lavoro locali nel corso dell’anno. Le missioni inviate in Giappone tra il 1369 e il 1372 ottennero solo che il Giappone inviasse tributi alla corte cinese senza però mai sottomettersi del tutto, tanto che le scorrerie dei pirati giapponesi lungo le coste cinesi non vennero represse. Solo durante il regno di Yongle, il terzo shogun Asahikawa Yoshimitsu, inaugurò un breve periodo di vassallaggio del Giappone alla Cina. Nel 1404, un'ambasciata della dinastia Ming della Cina, arrivò in Giappone con un sigillo destinato al "Re del Giappone"; l'ambasciatore fu ricevuto da Yoshimitsu, che ricevette il dono e rispose per lettera firmandosi con «Il Re del Giappone, vostro vassallo Minamoto Dōgi» utilizzando il suo nome monastico, probabilmente al fine di migliorare le relazioni diplomatiche e commerciali con la Cina, degenerate anche a causa della pirateria (wako) a cui il governo cinese tentava di porre un freno. Sebbene l'episodio appaia oggi di minor conto nelle complesse vicende dell'epoca, dopo la restaurazione Meiji e ancor più con il nazionalismo esso valse al terzo shōgun Ashikaga una vera e propria damnatio memoriæ come traditore della casa imperiale ed esempio di abiezione anti-nazionale. Nel 1403, Yongle ricostituì nelle province costiere meridionali le tre sovrintendenze alla marina mercantile e fece costruire alloggiamenti per le missioni incaricate di offrire il tributo. Le missioni giapponesi, che sbarcarono nel porto di Ningbo tra il 1433 e il 1549, furono undici e oltre al normale tributo, furono spesso usate per vere e proprie transazioni commerciali (rame, zolfo, spade giapponesi). Queste eccezionali spedizioni fecero ritorno alla corte cinese con un gran numero di emissari incaricati di rendere il tributo all’imperatore, di nuove conoscenze e curiosità, come ad esempio gli struzzi, le zebre e le giraffe. I motivi che portarono all’interruzione di queste spedizioni e alle implicite possibilità di poter avviare un fiorente commercio marittimo sono varie, ma si possono riassumere in tre motivi essenziali: istituzionale, ideologico e strategico. La società cinese essenzialmente agricola traeva da sempre il proprio sostentamento dai proventi dell’imposta fondiaria e non dalle tasse sul commercio. Inoltre, lo stabilirsi dell’ortodossia neoconfuciana come matrice del pensiero Ming rafforzò l’antico disprezzo per il commercio. Nel 1369, era salito al potere nel khanato di Chagatai, Timur Khan meglio noto come Tamerlano (1336 – 1405) ultimo grande successore di Gengis Khan. Egli aveva costituito un vasto impero nell’Asia Centrale e i suoi eserciti erano pronti ad invadere l’impero Ming quando fu improvvisamente colto dalla morte. La morte di Timur Khan segnò comunque la fine dell’era mongola. Le tribù mongole della steppa si divisero in due grandi gruppi: i tatari nella Mongolia Orientale e gli oirati nella Mongolia Occidentale. Per porvi fine, a partire dal 1410 e fino al 1424 anno della sua morte, Yongle guidò contro i mongoli cinque spedizioni militari ma non riuscì a sottometterle del tutto, anche se a partire dal 1408 gli oirati si sottoposero al tributo attraverso il quale giungevano in Cina cavalli e pellicce mentre i cinesi donavano stoffe, armi, oggetti artigianali e gioielli. Tra il 1430 e il 1440 proprio mentre venivano interrotte le spedizioni marittime ritornò in primo piano la minaccia mongola. Alla fine del 1449 Esen, nuovo capo degli oirati mobilitò le sue truppe e si rifiutò di riconoscere qualsiasi forma di tributo. Egli riuscì a sconfiggere l’esercito cinese e a fare prigioniero l’imperatore. Rinunciò però ad assediare Pechino e, visto il disinteresse nutrito dalla corte che aveva provveduto immediatamente alla nomina di un nuovo imperatore, un anno dopo liberò l’imperatore fatto prigioniero e ristabilì i vecchi rapporti di tributo. Verso la metà del XVI secolo, i mongoli Tumet sotto la guida del loro principe Anda (Altan khan) invasero i territori cinesi mettendo al sacco i dintorni di Pechino. Solo nel 1571, infatti, fu possibile ristabilire la pace in quanto ad Altan khan fu conferito il titolo di principe giusto e obbediente e furono riprese le missioni tributarie. Nel 1592 lo shogun Toyotomi Hideyoshi inviò una spedizione in Corea. La guerra, durante la quale i coreani ottennero l’appoggio degli eserciti Ming, durò fino al 1598, anno in cui i giapponesi si ritirarono in seguito alla sconfitta inflitta dagli eserciti sino-coreani alla flotta e alle truppe giapponesi e alla morte di Hideyoshi. Tra il XIV e il XIX secolo l’economia cinese fu in costante espansione in tutti i settori. Nel 1647 Zhang Xianzhong dopo la conquista del Sichuan da parte dei Manciù fu condannato a morte. MANCIU' I manciù avevano costruito la loro potenza ai margini della cultura e dell'amministrazione cinese e fu quindi loro possibile accogliere in modo selettivo l'influenza cinese, senza essere completamente soggiogati o significati. Infatti, la parte più meridionale della Manciuria, il Liaodong, benché fosse una regione amministrata di fatto dai cinesi, consentiva facilmente ai barbari che vi vivevano di apprendere i metodi di governo cinesi, di costituire organi amministrativi per dominare la popolazione e sfidare così la dinastia. Gradualmente, tutte le tribù mongole e nuzhen ricevettero lo status di comandi e vennero arruolate come unità militari sotto i Ming. Questi reparti furono comandati dai capi tribali e ereditari, la cui successione era riconosciuta dalla corte. A ogni capo tribale venivano conferiti titoli ufficiali e sigilli, mentre i capi si impegnavano ad inviare ogni anno missioni tributarie alla corte cinese. Nurhaci del clan Aisin Gioro e fondatore dello stato manciù, fortificò i territori in suo possesso, sposò la figlia e la nipote di due potenti capi, soppresse il banditismo e accettò il vassallaggio da parte di capi tribali minori. Nel 1595, la corte Ming, di cui era tributario, gli conferì il titolo di generale drago- tigre. L'ascesa di Nurhaci non fu, però, solo una questione militare, ma anche di ordine politico, economico e amministrativo. Allo scopo di unificare il suo popolo, Nurhaci introdusse nel 1601 il sistema delle bandiere, organizzate sul modello delle guarnigioni cinesi. Inizialmente, sotto quattro bandiere, con i colori giallo, bianco, azzurro e rosso, furono raggruppate delle unità minori, comprendenti 300 uomini e note come niru (freccia) o compagnia e il cui numero variò con il tempo. L’intera popolazione, compresi prigionieri, gli schiavi e i servi, venne registrata nelle varie bandiere e sottoposta quindi alla tassazione, alla costrizione, al controllo e alla mobilitazione attraverso queste unità amministrative del nuovo stato. Nel 1616, Nurhaci assunse il titolo di imperatore della dinastia Jin posteriore (Hou Jin). Successivamente, nel 1635, il suo successore stabilì che fosse usato il nome manciù per tutte le tribù nuzhen. Nurhaci riuscì con l'aiuto cinese a creare un'amministrazione civile e nel 1618 attaccò apertamente i Ming occupando parte del Liaodong; in questa occasione fece prigioniero un diplomato cinese Fan Wenzheng, che divenne il fidato consigliere di Nurhaci e dei suoi successori. Nel 1625, Nurhaci trasferì la sua capitale a Mukden (Shenyang). Dopo la sua morte, avvenuta nel 1626, gli successe suo figlio Abahai, che aprì la strada alla conquista della Cina del Nord, che venne però effettuata dall'uomo che detenne il potere dopo di lui Dorgon quattordicesimo figlio di Nurhaci. Rispettoso delle consuetudini, Dorgon rifiutò di accettare il titolo di imperatore e si pronunciò a favore di un bambino di sei anni, figlio di Abahai, ma in realtà egli governò per sette anni dopo l'occupazione di Pechino, avvenuta nel 1644, in qualità di reggente del giovane imperatore. Il figlio di Nurhaci, Abahai aveva rapidamente esteso la potenza dello stato manciù. Nel 1627 e nel 1636-37, egli attaccò la Corea riducendola alla condizione di Stato vassallo. Inoltre, guidò personalmente le spedizioni nella Mongolia interna, rendendone le tribù vassalle. DINASTIA QING 1644-1912 Nel 1636, Abahai proclamò a Mukden la fondazione della dinastia Qing. All'invasione Qing, i principi Ming opposero soltanto una resistenza individuale e priva di coordinamento. La resistenza più accanita fu opposta da Zhu Yulang, nipote di Wanli. Egli fu proclamato imperatore a Zhaojing nel Guangdong e il suo regno fu contraddistinto dal motto Yongli. Quando i Qing conquistarono il Guangdong, egli fu abbandonato da tutti e dopo un ennesimo tentativo di riconquistare il potere, fu costretto a rifugiarsi in Birmania, dove fu poi consegnato al generale Wu Sangui, che lo fece strangolare nel 1662. Il generale Wu Sangui era stato tra l'altro la figura chiave della conquista mancese. Wu Sangui si costituì una satrapia nello Yunnan e nel Guizhou, mentre altre due satrapie vennero formate nel Guangdong da uno dei figli del generale Shang Kexi, che si era posto al servizio dei manciù nel 1633, e nel Fujian dal nipote del generale Geng Jingzhong. Quando nel 1673, Shang Kexi chiese di poter trascorrere gli ultimi anni della sua vita nella sua patria, il Liaodong, il governo incamerò i feudi concessigli. Come reazione gli altri due generali decisero di proporre due petizioni dello stesso genere per mettere alla prova la capacità risolutiva di Kangxi, pensando che non avrebbe corso il rischio di offenderli. Ma il giovane imperatore riparò al loro bluff, accettando le loro richieste, e ordinando che tutti e tre i loro feudi venissero restituiti alla corona. Dopo quanto accaduto a Shang Kexi, egli temette di perdere i suoi privilegi e si decise alla ribellione, che fu poi nota come la rivolta dei tre feudatari. Egli proclamò una nuova dinastia Zhou e riadottò tutti i costumi e i riti della corte Ming. Molti furono i generali cinesi che si unirono a lui. Inizialmente, riportò qualche successo, ma nel 1677 la situazione peggiorò. L'anno successivo Wu Sangui morì e il suo posto fu preso da suo nipote Wu Shifan che riuscì a resistere fino al 1681, anno in cui finì con il togliersi la vita. L’ultimo territorio cinese che cadde nelle mani della nuova dinastia fu l'isola di Taiwan, dove la resistenza anti-manciù fu tenuta viva da Zheng Chenggong, che morì nel 1622, dopo aver occupato Taiwan, scacciandone gli olandesi. Ma, la morte di Zheng Chenggong non provocò la fine del regime che egli aveva creato, in quanto gli successe il figlio. Ma il regime di Taiwan non seppe approfittare della rivolta dei tre feudatari quando le forze Qing erano impegnate a sedare la rivolta e i Qing riuscirono ad occupare l'isola, nel 1683, grazie anche all'aiuto degli olandesi. In Manciuria i Qing dovettero affrontare un altro problema. La preoccupazione dei Qing fu causata dal fatto che Ghantimur, un capo tribale, dopo ad aver partecipato ad un attacco contro i russi, giurò loro fedeltà e ciò pose ai Qing il problema del mantenimento del controllo sui capi, i territori e le vie strategiche dell'area dell’Amur. Dopo il consolidamento del loro potere in Cina i manciù cominciarono ad estendere il loro controllo militare sulla regione dell’Amur e i russi furono ben presto respinti dai loro avamposti. Di fronte a questa pressione, la corte russa decise di negoziare e a tale proposito inviò nel 1686 a Nercinsk un ambasciatore, Golovin. La morte di Kangxi, avvenuta nel 1722, fu accompagnata da circostanze poco chiare. Quindici dei suoi numerosi figli aspiravano alla successione e, fra essi, l’imperatore aveva favorito Yindi (1688-1755). Chi, però, ascese al trono e governò dal 1723 al 1735 col nome di Yongzheng, fu Yinzhen. YONGZHENG 1723-1735 Egli si impadronì del potere grazie all’appoggio militare e prese tutte le misure necessarie per evitare che i fratelli potessero prendere il sopravvento. Inoltre, Yongzheng sottrasse il controllo delle bandiere ai principi imperiali e istituì una scuola di palazzo per l’istruzione dei giovani principi, così da poterli controllare da vicino; proibì che fosse nominato un erede, stabilendo che la successione dovesse essere decisa dall’imperatore in punto di morte. Al contrario dei suoi predecessori, Yongzheng fu sempre ostile alle missioni cristiane, tanto che nel 1724 fece abbattere molte chiese e cacciare i missionari dal Paese. Favorì, invece, il lamaismo e nutrì un certo interesse per il buddhismo Chan. Nel 1727-28 si ebbe un nuovo intervento dei Qing in Tibet a causa di una guerra civile. A seguito di ciò il Dalai lama fu esiliato fino al 1735. Nel 1732, durante il regno di Yongzheng i gesuiti fondarono a Napoli il Collegio dei cinesi. QIANLONG (1736-1799) Nel 1736, ascese al trono Hongli (1711-1799) quarto figlio di Yongzheng, che assunse il nome dinastico di Qianlong. Durante il suo regno furono intraprese diverse operazioni militari note poi come le 10 grandi campagne. Nel 1720, gli eserciti di Kangxi avevano sconfitto gli zungari nel Tibet. Tale sconfitta li spinse nelle regioni settentrionali del Turkestan orientale. Nel 1738, tra l'imperatore Qianlong e gli zungari fu concluso un accordo provvisorio e i monti Altai segnarono il confine tra l'impero zungarico e quello sino-manciù. Il crollo del predominio zungarico in Asia centrale fu causato dalle lotte di successione che paralizzarono il regno di Tsewang Araptan. Nel 1756-57, le truppe cinesi riconquistarono l’Ili e quindi il Turkestan orientale in seguito noto come Xinjiang, nuova provincia. Nel 1750, si verificò un nuovo intervento, il terzo, dei Qing in Tibet a causa dell'assassinio del capo del governo e dei residenti imperiali, culminato poi in un'insurrezione. A seguito di ciò, l'imperatore decise di conferire al Dalai Lama ogni potere temporale sotto il permanente protettorato dei Qing fino al 1912. Le altre campagne militari, che insieme a quelle del Turkestan e del Tibet, sono note come le “dieci grandi campagne”, furono più che vere guerre di confine delle operazioni di controllo: due guerre per domare i jinzhuan nel Sichuan, una contro una ribellione a Taiwan (1787-88) e quattro spedizioni punitive contro i birmani (1766-70), i vietnamiti (1788-89) e i gurka (1790-92). Quando tutte queste campagne furono portate a termine, Qianlong si trovò a governare sul più vasto degli imperi cinesi. In Mongolia sopravviveva l'antica suddivisione in stirpi e bandiere e l'elemento determinante del punto di vista politico era un legame di idealismo, feudale e personalistico, tra i principi mongoli e l'imperatore. Verso la metà del XVIII secolo, si erano sviluppati al di fuori del sistema tributario due notevoli interessi commerciali: il commercio dei mercanti cinesi con l'Asia sud-orientale e il commercio con gli europei. Dopo il 1780, l'ascendente potenza marittima inglese minacciò il commercio dell'Olanda in patria e in tutto l'oriente finì per infrangerne il sistema monopolistico. Infine, nel 1799, il governo olandese rilevò la compagnia e i suoi debiti. Durante il primo secolo della sua attività commerciale, la compagnia delle Indie orientali inglese fece del subcontinente indiano la sua base principale. Il commercio privato si ampliò sempre più e fu definito con il termine di country trade cioè il commercio esercitato dai privati entro il dominio commerciale concesso alle varie compagnie e che comprendeva tutto l'Oceano Indiano e l’Asia. In Cina finì per essere regolato dal sistema cinese di responsabilità e controllo e di conseguenza l'attività dei mercanti fu limitata da numerose norme (non potevano portare con se le mogli, né sedere in portantina, né entrare nelle città), furono sempre confinati. Dopo il 1785, gli americani cominciarono a fare concorrenza agli inglesi sul mercato di Canton e ad essi si affiancarono i mercanti privati inglesi che volevano l'abolizione del monopolio della compagnia. La compagnia inviò nel 1793 un'ambasceria del re d'Inghilterra guidata dal conte McCartney, che era stato emissario in Russia e governatore di Madras, allo scopo di chiedere l’apertura al commercio estero di altre città cinesi, sulla costa settentrionale. Tale ambasceria non ebbe successe e fu considerata alla stregua di una missione tributaria, durante la quale Qianlong ribadì che la Cina non aveva necessità delle merci importate dall’occidente e quindi non vedeva di conseguenza la necessità di aprire altri porti. Nel 1773, Qianlong incaricò Dai Zhen di compilare una grande raccolta di manoscritti imperiali intitolata Raccolta completa dei quattro tesori: classici, storia, filosofia e lettere. Dei 36000 volumi di questa raccolta ne furono fatte sette copie manoscritte di cui se ne sono conservate solo due. Il controllo esercitato da Qianlong sul mondo culturale cinese si rivelò una vera e propria inquisizione letteraria volta alla soppressione di tutti quegli scritti contrari ai Qing e favorevoli allo spirito di rivolta, quelli che consideravano con disprezzo le precedenti dinastie barbariche o che trattavano problemi di difesa e delle questioni di frontiera. Sotto l’imperatore Qianlong, i missionari che vivevano al di fuori della zona di Pechino subirono continue persecuzioni, per cui furono costretti a vivere nascosti e ad agire clandestinamente. Nel 1742 Benedetto XIV con la bolla Ex quo singulari proibì definitivamente a tutti i cattolici cinesi di prendere parte ai riti in onore di Confucio. Nel 1775, la Compagnia di Gesù fu disciolta dal papa Clemente XIV e con lo scioglimento della compagnia e la morte di Qianlong si chiuse un’epoca in cui la funzione svolta dai missionari-scienziati della corte di Pechino era stata di fondamentale importanza nei rapporti fra la Cina e l’Europa. Solo nel dicembre ’39, con il decreto di Propaganda Fide Plane compertum est, il papa Pio XII concesse il permesso di offrire omaggio rituale a Confucio e agli antenati, in quanto considerati riti di tipo civile senza alcuna implicazione religiosa. Con l’era di Qianlong, la dinastia Qing raggiunse l’apogeo della sua potenza, ma già durante l’ultima fase del suo regno si iniziarono ad avvertire i chiari segni del declino. Uno di questi fu la rapida ascesa di Heshen, una giovane guardia del corpo imperiale, priva di scrupoli, di cui si invaghì l’ormai sessantacinquenne Qianlong, che ne fece il suo favorito. Heshen combinò il matrimonio di suo figlio con la figlia minore dell’imperatore. La corruzione degli ambienti militari andò di pari passo con quella dell’amministrazione civile. Tale deterioramento si rivelò in tutta la sua gravità nel corso della grande rivolta contadina che si verificò tra il 1796 e il 1804. Il movimento sorto a causa delle eccessive esazioni fiscali, si rifaceva all’antica società del Loto bianco che era stata attiva nel tardo periodo Yuan e nel periodo Ming. In seguito la ribellione divenne fortemente antimanciù ma pur protraendosi così a lungo non riuscì mai a costituire un governo così forte da rovesciare la dinastia regnante. La repressione della ribellione fu resa possibile solo quando l’imperatore Jiaqing iniziò realmente a regnare nel 1799. Qianlong aveva formalmente abdicato in favore di Jiaqing nel 1796 affinché il suo regno non avesse una durata superiore a quella di suo nonno Kangxi (61 anni), ma di fatto continuò a governare fino alla morte, sopravvenuta nel 1799. .
Docsity logo


Copyright © 2024 Ladybird Srl - Via Leonardo da Vinci 16, 10126, Torino, Italy - VAT 10816460017 - All rights reserved