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Storia e cultura in Europa tra XV e XVI secolo, Appunti di Storia Moderna

appunti completi sulla storia della stampa e dell'editoria in Europa tra il XV e il XVI secolo

Tipologia: Appunti

2022/2023

Caricato il 09/06/2023

SamBri.
SamBri. 🇮🇹

4.3

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Scarica Storia e cultura in Europa tra XV e XVI secolo e più Appunti in PDF di Storia Moderna solo su Docsity! STAMPA E CULTURA IN EUROPA TRA XV E XVI SECOLO 1. Dal manoscritto alla stampa: continuità e innovazione. Il manoscritto: le trasformazioni della produzione prima della stampa. Dopo qualche anni di prime diffidenze, alcuni umanisti, laici ed ecclesiastici salutarono la nuova invenzione della stampa con parole di entusiasmo, colpiti dalla rapidità della produzione e dalla conservazione del sapere che la stampa portava. In molti di loro c’era la consapevolezza che l’invenzione avrebbe rafforzato e reso più rapida un’evoluzione culturale e una trasformazione nella produzione dei libri iniziati molto tempo prima che arrivasse la stampa a caratteri mobili. Cambiamenti che avevano preceduto l’invenzione di Gutenberg non erano irrilevanti:  Tra XIII e XIV secolo si era assistito nelle città universitarie di Bologna, Parigi, Oxford, Cambridge… la diffusione delle botteghe di copiatura. Esse erano gestite da cartolai, laici o stazionari. La produzione dei libri si era spostata dal mondo della comunità monastica, al mondo dell’università. Gli stazionari mettevano a disposizione degli studenti i testi scolastici, dietro pagamento di un affitto. Gli studenti si affidavano a uno o più copisti, consentendo una produzione molto più ampia e rapida rispetto a quella garantita dagli antichi scriptoria.  La produzione libraria aumentò anche grazie all’introduzione in Europa della carta, originariamente importata dall’Oriente per tramite degli Arabi. I primi manuali da carta apparvero in Spagna nel XII secolo e in Italia nel XIII. Dopo un periodo di poco entusiasmo per la fragile carta, contrapposta alla resistenza della pergamena, essa guadagnò, nel corso del ‘400 nei paesi dell’Europa occidentale, terreno.  Scribi e calligrafi a pagamento, assieme ad altri artigiani legati ai mestieri del libro (miniaturisti, rubricatori e legatori) erano organizzati in associazioni corporative. Centri culturali più produttivi sono quelli della Borgogna e delle Fiandre (Brouges e Gand). Tra la fine del ‘300 e nel corso del ‘400 in tutti i centri europei le botteghe di produzione e di vendita del manoscritto risultavano in aumento. Numerosi erano gli scribi professionisti che lavoravano per le cancellerie, sia per la domanda di codici di lusso sia quelli che producevano manoscritti per il libero mercato (Diebold Lauber e Colard Mansion). Monasteri e conventi continuavano a produrre libri sia per il loro uso sia per la vendita (Convento di S. Domenico e Fratelli della vita comune in Olanda e Germania). L’invenzione della stampa fu preceduta anche da trasformazioni della modalità di lettura. Nel Medioevo si era affermata la lettura visiva e silenziosa, resa possibile dagli scribi irlandesi e anglo sassoni, che diminuì progressivamente l’esigenza di oralizzazione. A partire dal XIII secolo, i lettori sembrano più numerosi, grazie anche ad un aumento dell’alfabetizzazione. Questi alfabeti “liberi di scrivere” hanno lasciato testimoniane scritte in volgare, ispirandosi a un modello documentario (epistola, ricevuta, registro di conti…), redatto non in scrittura testuale ma nella scrittura corsiva, i cosiddetti libri zibaldone. Accanto al commercio regolato dagli stazionari e alle botteghe die librai-cartolai vi erano anche le biblioteche private, nate dall’aumento della domanda di libri anche tra ceti mercantili e tra professioni liberali. I mercanti fiorentini non possedevano soltanto libri devozionali, Bibbie e messali, ma anche romanzi di cavalleria, la Commedia dantesca, il Decameron e classici latini. Alla fine del XIV secolo l’editoria universitaria e quella degli scribi a pagamento, risultava ormai un’attività urbanizzata e laicizzata. Non sempre una rapida produzione comporta un buon livello qualitativo. Due sono i motivi:  Per i troppi passaggi da una mano all’altra che questo meccanismo di produzione comportava.  Per la scarsa preparazione culturale e tecnica degli scribi. La trascuratezza era tale da condizionare gravemente la trasmissione dei testi, alterandole il significato. Petrarca suggeriva agli autori di controllare direttamente la riproduzione delle loro opere. Il controllo della diffusione di testi filologicamente corretti che quei centri annessi alle grandi università non erano in grado di garantire, vi lavoravano uomini dalle competenze diversificate, cui sfuggivano errori di ogni tipo. In questo contesto prende avvio “la riforma della scrittura”, cui aveva lavorato, dalla fine del ‘300 e del primo ‘400, umanisti discepoli di Petrarca. Intento era quello di riportare in vita la scrittura degli antichi, non degli antichi romani, ma della minuscola carolina, che garantiva maggior leggibilità e comprensione dei testi, diventando l’unica adatta a onorare i testi classici. I centri della nuova produzione libraria non sorgeva accanto alle università, ma nelle città dove la cultura umanistica era più attiva, come a Firenze e Roma. I committenti dei nuovi codici non erano più monasteri o centri universitari, ma principi, re, cardinali, banchieri e ricchi commercianti. L’invenzione di Gutenberg. Nuove tecniche, nuovi mestieri. Da un lato esistono numerosi elementi di continuità tra il libro manoscritto e il libro a stampa. Dall’altro è indubbio che la stampa a caratteri mobili rappresentò una svolta, riscontrabile sia nell’uso di un procedimento meccanico indipendente alle tecniche di scrittura a mano, sia nella formazione di un nuovo ambiente sociale in cui le figure professionali avevano una preparazione non connessa con quella degli scribi. Questi provenivano per lo più dal mondo degli artigiani della fusione e della lavorazione dei metalli poiché, numerosi iscritti della corporazione degli orafi, provenivano numerosi stampatori della prima generazione soprattutto tedeschi. Lo stesso Gutenberg, si pensa fosse un orefice. Della paternità della stampa si hanno numerose incertezze (Gutenberg, tedeschi, italiani, boemi e olandesi). Uno dei possibili padri è Prokop Waldfoghel che tra il 1446-1448 si hanno testimonianze della sua capacità di rifornire un ebreo di non ben precisati arnesi e strumenti per la riproduzione di testi ebraici e latini. Si tratterebbe di silografia, che consentiva non solo di divulgare immagini ma anche testi brevi. Gli Europei furono i primi a utilizzare la stampa a caratteri mobili. Nella Cina del X secolo è attestata una tecnica che consisteva nell’uso della ceramica. Gli ideogrammi venivano scolpiti su cubetti di argilla, cotti e incollati in una cornice di ferro. In seguito questi blocchi venivano realizzati in legno. Il primo libro a impiegare la tecnica moderna pare essere stato coreano (XIII secolo). Più significativo è l’uso della silografia, documentato in Corea (VIII secolo) e in Cina (IX secolo). La stampa a caratteri mobili sembra debitrice non verso l’Oriente ma dei progressi dell’ingegneria meccanica tedesca. A Strasburgo, Gutenberg mise appunto tecniche diverse di lavorazione del metallo, su cui poco sappiamo. Sappiamo di un processo a Strasburgo nel 1439 dove si menzionano tecniche “segrete” della levigatura delle pietre, della fabbricazione di specchi e una misteriosa tecnica, “arte nuova”, che prevedeva l’utilizzo di un “torchio”, “forme di piombo”, e altri strumenti “relativi all’azione di pressare”. Nel 1448-1454 si trovava a Magonza dove aveva formato una società con Johann Fust, un banchiere, e con Peter Schoffer, valente copista. L’accordo prevedeva che Gutenberg fabbricasse una non ben precisata “attrezzatura” e si impegnasse in un’attività definita “l’opera dei libri”. Dalla loro collaborazione uscì la “Bibbia a 42 linee”, in latino, detta anche Mazzarina, databile tra 1454- Deventer si orientò su autori classici, soprattutto latini diventando uno dei centri più importanti, sarà superato da Anversa solo nel XVI secolo.  L’introduzione della stampa in Inghilterra è legata all’attività di William Caxton che, dopo aver praticato alcuni anni Bruges alcune cariche nella compagnia che riuniva mercanti londinesi di stoffe, diventò governatore della nazione inglese in terra l’Oltremare. Apprese l’arte della stampa a Colonia e ritornò a Bruges, inaugurando una stamperia.  Spagna e Portogallo devono la diffusione della stampa alla compagnia di Ravensburg che aveva sede a Valenza. Per un lungo tempo i tipografi spagnoli non furono in grado di competere con i colleghi italiani, tedeschi e francesi. Non potendo entrare in competizione con i grandi editori europei, gli stampatori spagnoli puntarono sul mercato locale, producendo libri scolastici, almanacchi, letteratura devozionale e di larga circolazione volgare. I mestieri della transizione (scribi, miniatori e cartolai) e il commercio del libro. La diffusione delle tipografie non portò la fine della produzione dei libri manoscritti. I due sistemi convinsero per qualche decennio, perché:  Alcune professioni legate alla produzione del manoscritto furono coinvolte nel processo produttivo del libro a stampa.  La produzione libraria a mano continuò per tutto il ‘400 e per buona parte del ‘500 sotto varie forme. L’attività nei tribunali, nelle cancellerie, negli archivi e negli uffici, non cessarono di dar lavoro agli scribi. Molti di questi copisti continuavano a offrire i loro servigi presso le corti, viaggiando di città in città, o a lavorare su commissione. Le due attività convissero per tutto il ‘400 in un gioco di condizionamenti reciproci:  Scribi cercarono di adeguarsi e di rispondere alle esigenze del nuovo tipo di produzione.  Stampatori cercarono di assimilare le tecniche di decorazione dei manoscritti e di utilizzare la loro rete di distribuzione. Molti professionisti nel libro manoscritto continuarono ad avere un ruolo importante anche nel mondo della produzione e della circolazione dei libri a stampa, in modo particolare i miniatori e i libri-cartolai. Ai primi, la stampa aprì loro un mercato più vasto. La collaborazione tra tipografi e miniatori era mediata dal libro-cartolaio, che si occupava dalla vendita del prodotto. Anche per loro, la stampa comportò un aumento di numero. Alcuni aprirono una stamperia, altri assunsero il ruolo di editori, o finanziando gli stampatori o fornendo loro la carta, elemento più costoso. Ruolo fondamentale per lo sviluppo del mercato del libro a stampa ebbero le fiere internazionali, in particolare quelle di Lione, Francoforte e Lipsia. 2. Forme e repertorio dei testi. l’incunabolo: nel segno della continuità. La stampa non creò un prodotto dalla forma nuova: il libro continuò ad essere la struttura del codex. Dai codici manoscritti la stampa riprendeva sia le caratteristiche di organizzazione del testo e delle immagini, sia le caratteristiche materiali. Anche i libri usciti dalla tipografia non avevano un frontespizio che contenesse il titolo dell’opera, il nome dell’autore, il luogo e la data di edizioni. Essi incominciavano dalle prime righe del testo (incipit) e terminavano con una formula di commiato (explicit). Il primo frontespizio apparve a Venezia nel 1476. Per alcuni anni però la tendenza fu quella di formulare titoli brevi, senza indicare il nome dell’autore, ma successivamente il titolo si allungò fino a diventare una sorta di riassunto dell’opera. Occorre attendere i primi decenni del XVI secolo perché si stabilizzino le caratteristiche del frontespizio. Graduale apparve anche l’affermazione della marca dello stampatore o del libraio, sotto forma di una semplice sigla con le loro inziali o tramite una “marca parlante”. Verso la fine del secolo comparve un motto in versi sotto la marca e successivamente l’indirizzo dello stampatore nel margine basso del frontespizio. Anche i caratteri rivelano la continuità con le scritture fino ad allora usate dai copisti, non a caso per i primi tipografi così come per i lettori, la bellezza dei caratteri tipografici risiedeva nella leggibilità. Per le opere dei classici e degli umanisti i prototipografici utilizzano il carattere romano, riproducendo la littera antiqua. Per le opere di argomento religioso, teologico e giuridico imitavano la scrittura gotica. Anche per il formato, gli stampatori fecero riferimento ai modelli di libri manoscritti che circolavano nel XV secolo. Tre erano i principali modelli del libro manoscritto:  Il libro scolastico o “libro da banco”: nato in ambiente universitario e caratterizzato da un rande formato, di scrittura gotica.  Il libro umanistico: di formato medio, di scrittura e ornamentazione ispirate ai modelli tardo- carolini, nato in ambiente umanistico.  Il libro popolare: prodotto in ambiente privato, da scribi non professionisti o in centri scrittori religiosi culturalmente arretrati e contenente opere volgari in dialetto e di carattere tecnico-professionale. Anche l’impaginazione degli incunaboli è debitrice nei confronti dei manoscritti. Si aveva la tendenza di disporre il testo su due colonne o a inserirlo al centro della pagina. Nei primi libri a stampa, come i manoscritti, le pagine non erano numerate. Due furono le soluzioni adottate dai tipografi per risolvere il problema della piegatura dei fogli e dell’assemblaggio dei fascicoli:  L’indicazione, nell’ultima pagina, della successione delle parole (registro).  L’indicazione della segnatura, contrassegnare ogni fascicolo con una lettera. Questo fu il metodo più diffuso per tutto l’“antico regime tipografico”. L’illustrazione riscontrò l’uso delle silografie sulle prime pagine del testo, che si affermò come la tecnica più usata nelle decorazioni degli incunaboli. Testi antichi, testi nuovi. Il nuovo sistema di produzione consentiva ciò che il mondo del manoscritto non poteva permettere, e cioè la riproduzione in un tempo più breve rispetto alla riproduzione manoscritta. Il prezzo del libro a stampa, in una prima fase, rimase alto, soprattutto quelli destinati a un pubblico colto ed elitario. E invece nell’editoria in volgare che si riscontra un calo maggiore nei prezzi. Quali libri pubblicarono i primi tipografi nei primi cinquant’anni di stampa? Si possono distinguere tre gruppi:  Bibbie, libri teologici, filosofici e giuridici della tradizione medievale. Il repertorio dei testi stampati in Europa nel corso del ‘400 rimanga un repertorio di opere non moderne, in cui il latino non domina il 77% della produzione.  Editoria umanistica, sia opere umanistiche contemporanee sia pubblicazioni di autori classici “risuscitati”. Gli stampatori italiani puntarono maggiormente a questa categoria. Oltre all’edizione di opere umanistiche e volgarizzazione umanistica, si puntò soprattutto su classici latini.  Libri di larga circolazione, di contenuto letterario, religioso e scolastico. Conobbero un’estrema diversificazione del libro di larga circolazione, che estesero la loro clientela all’interno delle categorie sociali. Il libro di larga circolazione: repertorio e caratteristiche materiali. L’uso del volgare fu un fattore che avvicinò al libro a stampa anche una parte di lettori meno familiarizzati con il latino. Gli stampatori tedeschi seppero sfruttare per primi la potenzialità di questo libro puntando anche sulle illustrazioni. Anche per quanto riguarda la Bibbia, i tipografi tedeschi puntarono sulle edizioni in volgare. In Italia gli stampatori furono molto attenti per quanto riguarda la Bibbia, a immettere sul mercato traduzioni in volgare. Altri stampatori di Lione, Ginevra, Vienna e Chambery si rivolsero invece alla pubblicazione di romanzi d’avventura, storici, o alla versione in prosa di chanson de geste, di poemi allegorici. In Italia è Firenze che puntò maggiormente sull’editoria popolare del genere umanistico. È proprio nel libro illustrato che si fa più netta la distinzione tra libro dotto e libro di larga circolazione. L’editoria umanistica tra la fine del ‘400 e il primo ‘500. Tra la fine del ‘400 e l’inizio del ‘500 si assiste a una progressiva diversificazione del repertorio testuale e l’affermazione dell’editoria umanistica. Anche gli stampatori francesi e tedeschi si avviarono verso la moltiplicazione dei testi dell’antichità latina e cristiana. Studiosi di formazione umanistica collaborarono con i tipografi dei grandi centri editoriali europei. Nel 1494 truppe francesi entrarono a Firenze e l’anno successivo conquistarono il regno di Napoli, facendo sacco della biblioteca reale. Stessa sorte toccò a quella di Milano. Nel 1499 le spese per armare la flotta colpirono drasticamente l’economia veneziane. Il mondo finanziario fu sconvolto da numerose bancherotte e la crisi si percepì anche nell’editoria. 3. Autori, editori e lettori. L’autore, lo stampatore-libraio e il ricorso alla privata. Dopo mezzo secolo di convivenza, il libro a stampa cominciò ad assumere un aspetto materiale e un’organizzazione delle informazioni bibliografiche più stabili. Le informazioni del frontespizio individuano tre nomi quasi sempre distinti:  L’autore.  Dedicatario del libro.  Libraio o stampatore, conferendo loro un’evidenza grafica e pubblicitaria, sconosciute al mondo del manoscritto. Tra la fine del ‘400 e l’inizio del ‘500 si può cogliere una crescente evidenza del nome dell’autore, ma anche del libraio e dello stampatore. La crescente importanza del ruolo dello stampatore e del libraio-editore e la tendenza a ripubblicare opere di successo senza chiedere il permesso agli autori provocano, si dall’inizio del ‘500, la reazioni di alcuni di loro, rivelando una tensione nel mondo dell’editoria almeno fino al riconoscimento del diritto d’autore nel XVIII secolo. La lettura individuale della sacra scrittura è tenuta nono solo da teologi ma anche da sovrani. Enrico VIII, nel 1543 accettò la diffusione della Bibbia in inglese, e distinse tre categorie di persone e di lettori:  I nobili e gentiluomini potevano leggere ed esporre a Sacra Scrittura in inglese.  Le donne della nobiltà e i ceti medi potevano leggere solo per loro stessi.  Il resto della società la lettura in inglese era proibita. Nel 1529 Lutero puntò su un genere adatto all’indottrinamento popolar, il catechismo. Nei Paesi Bassi il fattore di maggiore urbanizzazione e alfabetizzazione, e la diffusione del calvinismo nel contesto urbano, incoraggiò maggiormente la lettura individuale della Bibbia. Le versioni cattoliche circolavano soprattutto tra il clero e le chiese parrocchiale, quelle protestanti venivano acquistate dagli stessi abitanti delle città. Stampa e censure. Fu subito chiaro che il libro a stampa diventasse un pericolo per la diffusione di idee eretiche. Il sistema delle privative, per sorvegliare la produzione editoriale, risultò poco efficace. A operare i primi controlli del materiale a stampa furono le attività ecclesiastiche delle città tedesche, che si avvalsero della collaborazione delle università, seguite poi da quelli statali. Negli spazi italiani i controlli furono severi e resero impossibile la pubblicazione aperta dei libri di riformatori o di scritti che li sostenevano. L’organizzazione della censura non riuscì a controllare completamente la circolazione degli scritti di ispirazione protestante. Nei paesi cattolici fu difficile stamparli. Meno difficile fu l’importazione dall’estero in particolare da Lione, Ginevra e Basilea, città in cui vi erano molti fuoriusciti italiani che avevano aderito alla Riforma. Nel 1542 papa Paolo III istituì l’Inquisizione romana. L’organizzazione della censura preventiva divenne un territorio di scontro tra le autorità ecclesiastiche e quelle statali. In Spagna, negli anni ’50 del ‘500, il Consiglio reale della Castiglia centralizzò il rilascio delle autorizzazioni. In Francia fu molto meno rigida la censura, senza che mancasse. Nel 1521, Francesco I proibì agli stampatori di pubblicare libri prima che fossero esaminati dalla Facoltà di Teologia. La Ginevra di Calvino non riuscì a sfuggire all’intolleranza e al dogmatismo. Nel 1559 fu pubblicato l’Indice romano di papa Paolo IV, organizzato in 3 classi:  Autori non cattolici di cui si proibiva l’intera opera.  Solo alcune opere.  Titoli anonimi. Con Pio IV si ha un alleviamento delle restrizioni. Dalla “Bibliotheca universalis” alle biblioteche in volgare. Nel 1545 uscì a Zurigo la Bibliotheca universalis, la prima e unica bibliografia con l’ambizione di coprire tutte le discipline del sapere. Il repertorio è diviso in due parti: per nome d’autore e per settori disciplinari. Riportava opere, manoscritte e a stampa, di autori che avevano scritto nelle tre lingue della civiltà occidentale cristiana: latino, greco e ebraico. All’origine dell’impresa c’era il timone di una perdita: quello di vedere distrutto un patrimonio culturale soggetto a grandi rischi. Timore nato dalla spoliazione e distruzione, nel 1526, a opera dei turchi, della biblioteca di Buda. Il primo esempio di bibliografia in volgare fu pubblicato nel 1550 a Venezia. Anche in Inghilterra e in Francia troviamo verso la fine del ‘500 un repertorio nelle loro corrispettive lingue. La controriforma e la lettura “disciplinata”. I vescovi riuniti a Trento approvarono i nuovi testi liturgici e canonici:  Il catechismo, unico testo di cui il concilio aveva approvato l’edizione sia latina sia volgare.  Il breviario.  Il messale. Per leggere la Bibbia in volgare, proibito fino alla metà del XVIII secolo, bisognava avere una licenza speciale della congregazione romana del Sant’Uffizio. Per garantire la perfetta conformità con i testi approvati dal Concilio di Trento il papato fece ricorso ai privilegi di stampa concessi principalmente a stampatori romani. Stamperia del popolo romano, istituita nel 1561 da Pio IV, ottenne le privative dei più importanti testi conciliari. Fino alla fine degli anni Cinquanta l’editoria italiana visse una condizione di espansione, tanto che sia commedie che novelle riscontrarono una notevole vivacità e ricchezza di proposte. L’indice del 1559 portò malessere agli uomini per i quali il libro costituiva un investimento. Altro fattore di crisi per gli stampatori e librai era anche l’estrema variabilità dei criteri di giudizio, che rendeva ogni novità una diffidenza. Il risultato era una completa paralisi dell’iniziativa editoriale e del commercio del libro.
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