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Storia economica e sociale 2022-2023, Appunti di Storia Economica

Appunti delle 15 lezioni del corso in oggetto. L'ultima parte (hudson) è per la maggior parte traduzione delle slide

Tipologia: Appunti

2022/2023

In vendita dal 11/01/2023

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Scarica Storia economica e sociale 2022-2023 e più Appunti in PDF di Storia Economica solo su Docsity! Vanessa Arnoldo STORIA ECONOMICA E SOCIALE [LT2210] 2022-23 Prof. Rolf Petri 1 STORIA ECONOMICA E SOCIALE PRIMA LEZIONE 13 SETTEMBRE 2022. L’industrializzazione europea senza le colonie, le piantagioni schiavistiche, le politiche che sopprimevano in India la produzione di cotone, etc… sarebbe incomprensibile. La base del predominio europeo è stata la rivoluzione industriale, che ha permesso di costruire le basi per la produzione di armamenti, che permettevano ad un’area del mondo di dominare militarmente, politicamente, culturalmente. Il passaggio all’età industriale è centrale per il corso e analizzeremo i vari paesi che si industrializzano per primi nel continente europeo: Gran Bretagna, Belgio, Svizzera, Francia e Germania. Analizzeremo questi casi per capire quali erano i presupposti, in quanto nessuno è riuscito a copiare pienamente il caso britannico; coloro che la seguivano ricorsero ad altri meccanismi in quanto la Gran Bretagna era ormai pienamente industrializzata. Bauman riflette su come i cambiamenti dell’economia hanno influito sui rapporti sociali. 00_Meccanizzazione e mutamento strutturale I settori dell’economia Se pensiamo ad industria ci viene in mente la fabbrica, mentre etimologicamente ha a che fare con l’operosità. Nel nostro rapporto come specie con la natura, possiamo rappresentare le attività economiche, che servono al mantenimento e al riprodursi della specie, come un flusso di materie fisiche: - Il primo settore è il PRIMARIO, è il più immediato e primordiale, e corrisponde all’ESTRAZIONE di materiali, che ci servono e che provengono dalla natura. Questo settore ha dominato la riproduzione anche di altre specie animali e ha dominato l’economia dopo la cosiddetta rivoluzione neolitica (passaggio dalla caccia all’allevamento e dalla raccolta alla coltura). L’agricoltura e l’attività mineraria si collocano in questo settore e nel tempo si sono sviluppate tantissimo in termini di utensili, studi su terre arabili, sistemi di conduzione etc. Si può dire che prendendo l’insieme dell’economia umana alle soglie dell’industrializzazione (1750), la ricchezza prodotta era comunque di grande maggioranza derivante dal primario. - Il settore SECONDARIO consiste nella TRASFORMAZIONE delle materie prime in altri beni (ceramiche, artigianato, poi fabbriche, etc.). In termini relativi, il settore secondario è comunque rimasto per millenni in una posizione di peso ridotto rispetto alle attività agricole ed estrattive, e anche di quelle commerciali e finanziarie. É sempre esistito per soddisfare i bisogni primari (costruire rifugi, nutrirsi ad esempio). Con la rivoluzione neolitica si trovano sistemi di conservazione dei cibi e si avvia ad una differenziazione sociale in popolo, esercito, religiosi; questa stratificazione sociale è resa possibile da questi sviluppi. Questo settore secondario non arriva mai fino alla rivoluzione industriale ad avere lo stesso peso del primario. - Interessante è il TERZIARIO, ossia i servizi, i beni non tangibili e la DISTRIBUZIONE di altri beni, come i servizi finanziari. Questo settore diventa sempre più importante nel corso del tempo. Definizione di industria: una convenzione La trasformazione del generico termine “INDUSTRIA” in significati più specifici risente di convenzioni e casualità di vario genere, peraltro differenziate per aree linguistiche e temporalmente. In varie aree linguistiche, inclusa quella inglese, l’espressione “industria” ha assunto un valore di sinonimo di “settore secondario”, fino a comprendere tutte le operazioni lavorative di trasformazione fisica del materiale. In inglese, pertanto, industry è un’espressione che intende sia l’artigianato sia la fabbrica meccanizzata, ossia tutto il secondario. Per farmery industry si intende l’agricoltura. In sostanza industry, in inglese, significa una branca di attività economica. In italiano abbiamo ad esempio l’espressione di industria alberghiera, ossia se uno faceva il cameriere al ristorante statisticamente faceva parte del terziario, mentre se era un albergo figurava tra i metalmeccanici. Questo fa riflettere su da dove emerga l’industria. In epoca preindustriale, le attività economiche erano organizzate (nel Vanessa Arnoldo STORIA ECONOMICA E SOCIALE [LT2210] 2022-23 Prof. Rolf Petri 2 senso di organo di un corpus sociale) come corporazioni, secondo principi di fraternità che ne regolavano l’accesso (c’erano poche professioni libere). SECONDA LEZIONE 20 SETTEMBRE 2022. Industria e artigianato Nella tradizione tedesca, ad esempio, al posto di “industria/industry”, per designare forme di organizzazione produttiva esulanti dagli ordinamenti corporativi e di antico regime si usava un’altra espressione (Gewerbe). Ciò permise di usare il termine Industrie con un’accezione nettamente distinta da forme di trasformazione manifatturiera, come l’artigianato da bottega urbana o rurale, l’artigianato da manifattura accentrata o la proto- industria. Nell’Europa continentale è stato molto forte il fatto di distinguere l’artigianato dall’industria e non chiamare tutto industria come nel mondo anglosassone. Questo è dovuto al fatto che dal punto di vista tecnico la rivoluzione industriale ha introdotto una nuova modalità di organizzare la trasformazione delle materie diversa dal lavoro artigiano. - Al centro del sistema di PRODUZIONE ARTIGIANALE, quello che si è praticato dalla rivoluzione neolitica fino all’industriale, troviamo il LABORATORIO o anche la manifattura tradizionale, che pratica produzione seriale e di massa con metodi artigianali. Si basa sull’uso di attrezzi e strumenti manuali. L’atto produttivo è molto collegato con l’abilità del lavoratore, sviluppata attraverso l’apprendistato. - Al centro del sistema di PRODUZIONE INDUSTRIALE, che emerse da metà del Settecento, c’era il SISTEMA DI FABBRICA, ossia un sistema che aveva nel suo nucleo la macchina, quello che l’artigianato non aveva. La fabbrica della rivoluzione industriale diventa un luogo specializzato di produzione meccanizzata mediante macchina. La MACCHINA è un artefatto che nella produzione sostituisce il lavoro manuale e mentale dell’uomo o dell’animale. Questa distinzione fu ritenuta meno importante nel mondo anglosassone, per il fatto che la distinzione in diversi sistemi corporativi era già molto debole (per l’espansione coloniale e la crescita del capitale mercantile). Nell’Europa continentale invece il sistema corporativo rimase forte, persino nel caso tedesco impregnando di sé perfino il sistema industriale. Ad esempio il telaio meccanizzato fu inventato a Norimberga, ma le corporazioni ne proibirono l’uso, perché l’artigianato andava protetto. Non fu un caso che la prima industria tessile meccanizzata fosse quella del cotone, non appartenente a nessuna corporazione. Quali sono i tratti distintivi tra industria e artigianato? Ciò che distingue l’industria da altre forme e modalità produttive inerenti al settore secondario, non è la presenza dell’imprenditore capitalistico, né la razionalizzazione organizzativa della produzione (ad esempio attraverso la specializzazione e la divisione del lavoro), né la produzione in serie, già in precedenza praticata sia dal sistema proto-industriale sia dalla manifattura accentrata. Il nocciolo dell’industrializzazione è dunque: il processo di MECCANIZZAZIONE. Certo è che la mano umana non riuscirà mai a produrre come una macchina, ad esempio il bullone è difficile farlo uguale più volte. Introdotto dalla meccanizzazione fu quindi anche un aspetto qualitativo e non solo quantitativo. Ogni organizzazione tecnica presuppone una qualche forma di organizzazione sociale. Ma presuppone una determinata organizzazione tecnica una determinata organizzazione sociale? E produce una determinata organizzazione sociale una precisa organizzazione tecnica? La macchina è stata al centro dell'analisi anche di pensatori come Marx. L’economia cambia, la capacità produttiva è accelerata, ma allo stesso tempo cambiano anche le relazioni sociali, gli insediamenti urbani e si sviluppa il capitalismo. Alcuni esempi di MACCHINE UTENSILI: fenomeno INDUSTRIALE SISTEMA FABBRICA MACCHINE ARTIGIANATO LABORATORIO ATTREZZI Vanessa Arnoldo STORIA ECONOMICA E SOCIALE [LT2210] 2022-23 Prof. Rolf Petri 5 Le trasformazioni ebbero inizio in Inghilterra intorno alla metà del Settecento e diedero origine a quella che è nota come rivoluzione industriale. La PRIMA RIVOLUZIONE INDUSTRIALE va all’incirca dalla metà del Settecento alla metà dell’Ottocento e interessò innanzitutto l’Inghilterra, seguita da Francia e USA. Fu caratterizzata da un insieme di innovazioni tecnologiche, che riguardarono in primis la caldaia a vapore, l’industria tessile e siderurgica. La popolazione crebbe a ritmi costanti mettendo a disposizione braccia a buon mercato per la crescente industria. L’agricoltura conobbe un aumento della produzione e della produttività, grazie a nuovi metodi di coltivazione e concimazione. Il miglioramento dei mezzi di trasporto, con la costruzione delle prime linee ferroviarie, permise di ampliare i mercati. I lavoratori, il cui sfruttamento era particolarmente pesante, cominciarono tuttavia ad organizzarsi in associazioni. Questa rivoluzione industriale risultò poco costosa. I capitali iniziali vennero principalmente da proprietari terrieri o da mercanti che si erano arricchiti con il commercio estero. Le banche ebbero scarsa importanza in questa fase, perché i capitali consistenti vennero forniti agli imprenditori da familiari e da amici. La SECONDA RIVOLUZIONE INDUSTRIALE si sviluppò intensamente fra la seconda metà dell’Ottocento e la I Guerra Mondiale, per proseguire fino alla metà del XX secolo. Riguardò USA e Germania, ma interessò anche Russia e Italia, mentre la Gran Bretagna si avviava a perdere il suo primato. Le principali attività produttive riguardavano la chimica, l’elettricità, l’acciaio, il petrolio, il motore a scoppio e la radio. La popolazione mondiale aumentò del 60% e quella europea raddoppiò. Molte persone si trasferirono in altri paesi e molte altre si spostarono nelle città. Il numero di addetti in agricoltura diminuì, mentre la produzione e la produttività del settore primario crescevano a ritmo elevato. I mezzi di trasporto subirono una rivoluzione straordinaria, con la diffusione delle ferrovie e delle navi a vapore, e poi degli aerei e automobili. Si assistette al trionfo della grande impresa, che riuscì a concentrare un gran numero di operai lungo la catena di montaggio. Gli operai si organizzarono e diedero vita a grandi sindacati di settore. L’industrializzazione diventò più costosa, perché ormai l’impianto di una fabbrica richiedeva ingenti capitali, che vennero forniti dalle banche e dalla Borsa. L’aumentato costo dell’industrializzazione cominciò a evidenziare le diseguaglianze che si stavano producendo fra i paesi sviluppati e quelli che erano rimasti maggiormente legati all’agricoltura. La TERZA RIVOLUZIONE INDUSTRIALE ha preso l’avvio dopo la II Guerra Mondiale ed è giunta sino ai giorni nostri. Essa ha interessato prevalentemente i paesi che già si erano industrializzati e si è sviluppata in settori come l’elettronica e l’informatica. La popolazione mondiale si è quasi triplicata. Il commercio internazionale si è sviluppato come mai prima. La grande impresa manifatturiera ha proceduto al decentramento produttivo in unità più piccole e si è assistito al trionfo del settore die servizi, tanto che si parla di società post industriale. Presupposti e possibili fattori determinanti della Rivoluzione industriale in GRAN BRETAGNA. Fu la sede della rivoluzione industriale. Una possibile interpretazione della differenza tra rivoluzione industriale e industrializzazione, che guarda alla differenza spazio-temporale in cui è avvenuta la prima e in cui segue la seconda, è: - Rivoluzione industriale: è un fenomeno unico e irripetibile della storia inglese, avvenuto tra la metà del XVII e la metà del XIX; - Industrializzazione: è la diffusione e l’adattamento del sistema inglese, prima in Europa e poi in altre aree del mondo; questo processo si realizza tramite il commercio, l’imitazione tecnica, le migrazioni di capitale umano, gli interventi statali; Una seconda lettura, in cui rivoluzione industriale e industrializzazione si susseguono nel tempo, ma con modalità sostanzialmente ripetitive e simili nei vari luoghi, è: - Rivoluzione industriale: designa un lasso di tempo relativamente breve, che in tutti i paesi porta – tramite un miglioramento dell’agricoltura, la crescita demografica, la diffusione del lavoro salariato – all’imporsi del sistema fabbrica; - Industrializzazione: è in ogni paese la fase in cui i risultati della rivoluzione industriale si consolidano, comportando una crescita sostenuta di popolazione e reddito fino alla definitiva prevalenza del lavoro e del reddito industriale su quello agricolo; Vanessa Arnoldo STORIA ECONOMICA E SOCIALE [LT2210] 2022-23 Prof. Rolf Petri 6  Quali furono le determinanti per la rivoluzione industriale in GRAN BRETAGNA? - Colonialismo e capitalismo mercantile, commercio marittimo. Il colonialismo per alcuni studiosi non andrebbe incluso come fattore determinante, ma nella realtà dei fatti non è così. I rapporti tra colonie e madrepatria sono stati determinanti per lo sviluppo, sia per l’input di materie prime, sia per l’output di prodotti finiti. Colonialismo significa anche lavoro degli schiavi nelle piantagioni caraibiche di cotone, materia prima, che veniva impiegata nell’industria tessile del cotone. - Mercantilismo e politica di potenza; - Miglioramenti agricoli, recinzioni, circolazione terre. Il miglioramento rende possibile gli investimenti in agricoltura, ma soprattutto la privatizzazione delle terre porta conseguenze rilevanti. Sorgono le recinzioni per delimitare la proprietà. Nell’idea medievale la terra era gestita dal re, che dava il feudo a qualche nobile, che la faceva lavorare dal povero. La privatizzazione rendeva più facile gli investimenti e allargava la base nutrizionale della popolazione, che allo stesso tempo stava espellendo manodopera dal mondo rurale, fornendo offerta di un lavoro a prezzo più basso. Le profonde trasformazioni che ebbero luogo in Inghilterra hanno dato luogo alla rivoluzione agraria, ossia un incremento della produzione e della produttività in agricoltura, grazie all’introduzione di nuove tecniche e al mutamento del regime della proprietà fondiaria. - Crescita demografica e riduzione del tasso di mortalità. L’alimentazione diventò regolare e in alcuni paesi anche diversificata e abbondante. Le condizioni igieniche sia pubbliche sia private cominciarono a migliorare. - Mentalità della nobiltà e sistema politico. La nobiltà diffusa – quella che controllava la terra – era coinvolta nell’attività coloniale, nel mercato marittimo e nel commercio, che poi portò all’apparire di grandi società di capitali. La nobiltà aveva una certa consuetudine con gli investimenti in agricoltura e con i commerci a lunga distanza, fin dal Medioevo, in quanto erano luogo di produzione di lane pregiate commerciate nei mercati europei. Anche i prodotti agricoli venivano smerciati in mercati internazionali. - Forme dell’impresa, sistema bancario, monetario e borsistico. Per investire nell’industria c’era bisogno di capitali e i primi capitali venivano sì dal commercio, ma il grosso del capitale delle società preindustriali derivava dalla terra/agricoltura e da chi la controllava (nobiltà). Nelle altri parti d’Europa la nobiltà non aveva questa mentalità. Ad un certo punto emerse la prima borsa dei valori e le forme di impresa sorte favorirono la raccolta di capitale con il conseguente investimento industriale. - Proto-industria. È una forma di organizzazione di produzione semi-rurale, era meccanizzata, ma a casa. Un imprenditore raccoglieva i semi lavorati e poi li spacciava sul mercato. Si parla di proto-industria, perché nacque un’attività, che nonostante avesse aspetti artigianali era destinata a mercati lontani. - Localizzazione di giacimenti e produzione, poli regionali e clima. L’uso del carbone è stato un piano B della storia, una volta assodato che il carbone era insieme al ferro una materia prima fondamentale per l’industria, si può dire che la Gran Bretagna si trovò nel posto giusto. Si potevano concentrare le produzioni in aree dove si poteva minimizzare il costo di trasporto, questa fu la grande con la differenza con la Francia che non aveva questa opportunità. - Infrastrutture e trasporti (mezzi di trasporto, strade, vie d’acqua, ferrovia). Innovazioni tecnologiche; Qual è la determinante più importante? Può essere dovuta alla combinazione di tanti fattori e dalla contingenza storica, senza doverne per forza individuarne uno solo. Tutti questi elementi sono concorsi allo sviluppo industriale in Gran Bretagna. Certo, in Europa le condizioni per lo sviluppo della scienza, della tecnica e dell’iniziativa economica trovarono terreno fertile. La stessa frammentazione politica europea favorì una competizione tra loro. Inoltre si andava allargando la partecipazione democratica dei sudditi al governo del proprio paese, specialmente in Gran Bretagna, e si stava affermando una sempre maggiore uguaglianza degli individui dinanzi alla legge. Erano garantiti i diritti di proprietà senza i quali non vi può essere iniziativa privata. Da tempo la ricerca scientifica si era sottratta all’influenza delle forze che vedevano nelle novità un attentato al potere costituito e aveva individuato un nuovo metodo basato sulla sperimentazione e osservazione. A metà del Settecento l’industria tessile prevalente in Inghilterra era quella della lana, la quale alimentava una consistente corteante di esportazioni. L’industria del cotone era arretrata e richiedeva l’impiego di molta manodopera, che non riusciva a stare dietro alla domanda di tessitori, che lavoravano più velocemente, sicché Vanessa Arnoldo STORIA ECONOMICA E SOCIALE [LT2210] 2022-23 Prof. Rolf Petri 7 si imponeva un perfezionamento dei filatoi. Il successivo aumento della capacità delle filande fece crescere l’importazione di cotone greggio. A questo punto divenne urgente innovare ne campo della tessitura che ormai disponeva di ottimi filati, abbondanti e a buon prezzo, etc. L’Inghilterra si meccanizzò e produsse tessili, che poi vendeva in tutto il mondo. La meccanizzazione inglese era in gran parte dovuta a sviluppo empirico da parte dei tecnici. Tutte le produzioni, che all’epoca si erano basate sullo sviluppo scientifico, come l’industria chimica o il telaio Shaka, erano di origine francese. All’Inghilterra questo mancava, basti vedere come l’industria chimica si sia sviluppata grazie a immigrati. In Inghilterra non nacque un capitalismo manageriale, ma si puntò su aziende individuali. I problemi del processo di industrializzazione. Un problema che affliggeva gli imprenditori inglesi era la scarsità dei mezzi di pagamento. Il passaggio dalla vita di campagna a quella di città comportava un peggioramento delle condizioni di vita materiale, oltre un doloroso sradicamento dalla comunità dei villaggi e la distruzione delle basi tradizionali della vita familiare. Nacquero le trade union, i moderni sindacati britannici, che conservarono il carattere di unioni di lavoratori specializzati. Le prime fabbriche, in particolari quelle tessili, fecero largo uso del lavoro di donne e bambini. QUARTA LEZIONE 4 OTTOBRE 2022. Belgio e Svizzera sono due paesi piuttosto piccoli, ma precoci nel compiere il mutamento strutturale chiamato industrializzazione. Il caso del Belgio somiglia molto al caso inglese, mentre il caso svizzero ha notevoli differenze. In entrambi i casi si tratta di una vera e propria industrializzazione, ossia quel processo che finisce nel momento in cui più persone lavorano nel secondario rispetto al primario e il secondario produce più del primario. Entrambi i paesi raggiungono il traguardo poco prima della metà dell’Ottocento, subito dopo la Gran Bretagna. Per quanto siano piccoli, confermano l’importanza della regionalità nella comprensione della diffusione dell’industria, dell’interconnessione e degli stimoli che ci furono. Processo di industrializzazione del BELGIO. Quando si parla dell’INDUSTRIALIZZAZIONE del BELGIO si deve considerare che lo stato nazione nasce nel 1830. Tutta la valle del Reno, compresa la parte dei Paesi Bassi a Sud, ossia il Belgio (Fiandre), in connessione con l’Impero Spagnolo, aveva avuto notevole sviluppo in seguito all’espansione transoceanica a partire dal Cinquecento, superando i primati dell’area mediterranea. In quest’area si sviluppò – riguardo alla produzione manifatturiera - un’attività proto-industriale (industria domestica) organizzata dagli imprenditori, operanti sul lino e sul cotone. Il cotone è un prodotto coloniale, che qui si tesse e si colora, per poi essere esportato nuovamente nelle colonie africane e sudamericane. Il mercato era quindi transnazionale e il ruolo della manifattura era centralizzato a livello di tintorie e stampe dei tessuti, ma mancava ancora la meccanizzazione. La produzione meccanizzata verterà poi appunto sul cotone. Il termine PROTO-INDUSTRIA nacque da alcuni studiosi con l’intento di dimostrare la continuità del modello, ossia dalla proto-industria all’industrializzazione meccanizzata e spronata da macchine a vapore. Gli studiosi non sono riusciti a provare in toto questa continuità. A fine Settecento ci fu un momento di crisi con la Rivoluzione Francese, il Belgio fu aggregato alla Francia e questo li tagliò fuori dai mercati coloniali, quindi dal principale mercato di sbocco dei prodotti di cotone. Questo portò al fallimento di molte imprese proto- industriali. Sempre in epoca napoleonica, aprì la prima filanda a vapore, la prima vera e propria fabbrica. Quindi si ha in questa regione: da un lato, una continuità nella conoscenza del cotone e della sua lavorazione come materia prima, dall’altro, gli studiosi si sono accorti che i primi imprenditori di fabbriche meccanizzate non erano mai stati imprenditori proto-industriali, ma erano per la maggior parte mercanti (il primo fu un mercante di carbone frequentatore della Gran Bretagna), che mano a mano acquisì conoscenze sulla materia. Vanessa Arnoldo STORIA ECONOMICA E SOCIALE [LT2210] 2022-23 Prof. Rolf Petri 10 molto precoce, con la filiera lattiero-casearia e l’industria delle conserve, confetture e del cioccolato. Queste industrie servivano a smerciare lo zucchero, che era in sovrabbondanza (da barbabietola in Europa, da canna dall’America). Queste industrie rinforzarono l’immagine di natura della Svizzera, consolidata poi con il marketing (Unilever, Milka, Nestlè). QUINTA LEZIONE 11 OTTOBRE 2022. Industrializzazione della FRANCIA in comparazione al caso inglese. La Francia con i suoi 20 milioni di abitanti, attorno alla fine del Seicento, era lo stato europeo più popolato dopo la Russia. Aveva il triplo della popolazione inglese e fino alla Rivoluzione Francese queste proporzioni non cambiarono. Aveva una superiorità in Europa a livello culturale e di istituzioni, che venivano prese a modello, come l’amministrazione del sistema-strade. Lo Stato cercò di promuovere attività di miglioramento delle terre e di avviamento manifatturiero, produceva più ferro dell’Inghilterra e quello che fu interessante è che nel 1780 la Francia era anche un consumatore di prodotti di cotone in termini assoluti maggiore dell’Inghilterra. L’importazione di cotone sia per trasformazione sia per consumo interno era più alta, mentre a livello pro-capite l’intensità dell’importazione del cotone in Inghilterra era il doppio di quella francese, perché gli inglesi riesportavano, mentre i francesi non erano così orientati al mercato esterno. La Francia presentava, infatti, un ragguardevole mercato interno e pertanto fu fisiologico che tendesse ad una maggiore autonomia e autarchia, invece di essere orientata all’esterno. Verso la fine del Settecento si ebbe un quadro abbastanza paritario tra Gran Bretagna e Francia in quanto a sviluppo economico e tecnologico. Si vedeva comunque già, che similmente al Belgio, la Francia nei settori nuovi del cotone si serviva di tecnologie britanniche e che, con il tempo, avrebbe assunto capitale umano e tecnologico nel settore macchinario tessile dell’ingegneria e conoscenza britannica, similmente al caso belga. Nell’area fiamminga francese (nord) abbiamo un flusso degli sviluppi del Belgio: si sviluppa un’industria del tessile del cotone meccanizzata, sempre di ispirazione inglese. Nell’Ottocento abbiamo uno sviluppo, in cui quello britannico rispetto al francese è più dinamico, e questo ha creato la grande domanda fra gli storici economici: “come si è perso il primato in favore dell’Inghilterra?”. Lo sviluppo dell’economia francese nell’Ottocento è abbastanza graduale seppur sostenuto, soprattutto dopo il 1870, quando la Gran Bretagna cresceva sempre del 2% all’anno, la Germania del 2,9%, gli USA del 4%, mentre la francese 1,6%. Complessivamente un quadro molto lento, ma entro il 1914 completa il processo di industrializzazione. Alcuni studiosi hanno sviluppato delle teorie con cui spiegare la perdita di vantaggi rispetto all’Inghilterra. Alcuni hanno finito con l’incolpare la Rivoluzione Francese, che avrebbe interrotto lo sviluppo per una serie di ragioni. Questo svantaggio si sarebbe trascinato per decenni nel corso dell’Ottocento. Bisogna considerare anche il costo delle Guerre e delle campagne di Napoleone. Riguardo a questo, sicuramente bisogna distinguere effetti di medio e lungo periodo: per esempio il costo della guerra si riversa sullo sviluppo economico nel breve periodo in senso negativo, lo frena perché molte risorse sono dedicate alla guerra. Inoltre molte industrie nell’Europa continentale devono sostituire l’import inglese e dopo il Congresso di Vienna quando ritornano i prodotti inglesi, queste industrie tramontano. Al prof la teoria che la Rivoluzione Francese determini un ritardo tecnologico irrecuperabile non quadra. Dal punto di vista tecnologico, la Francia è il paese dove maggiormente si crea precocemente – fin dal Settecento con l’industria chimica - un connubio tra conoscenza scientifica e innovazione tecnologica. In Inghilterra prevalgono invece le aziende individuali, che sperimentano più empiricamente passo dopo passo la connessione tra ricerca scientifica e tecnologia. Nella prima metà dell’Ottocento in Francia si fanno i primi colori sintetici. Prima della rivoluzione abbiamo il peso della nobiltà conservatrice, almeno in relazione all’azione economica, quindi non abbiamo un precoce inserimento del capitale che derivava dalla terra in altri circuiti finanziari. Le scuole politecniche istituite durante la rivoluzione rimangono, nel periodo di restaurazione si torna a riservare l’educazione solo alla gente abbiente, mentre i poveri ritornano analfabeti. Questo si riconoscerà come un Vanessa Arnoldo STORIA ECONOMICA E SOCIALE [LT2210] 2022-23 Prof. Rolf Petri 11 errore, confrontandolo all’esperienza prussiana, che mostrava quanto fosse importante un livello minimo di formazione della manodopera per l’industria. L’obbligo scolastico generalizzato è stato introdotto quindi tardivamente. Una cosa che la Rivoluzione ha determinato è che è stata data la proprietà della terra ai contadini. Si creò un ampio strato di contadini, coltivatori diretti, che avevano abbastanza terra per il sostentamento. Si sviluppa il codice civile, come concetto ereditario della rivoluzione. La strategia della famiglia contadina è non avere tanti figli con cui dividere la terra. Abbiamo quindi una crescita demografica molto lenta, mentre in altri paesi si verifica l’opposto, con la necessità di migrare. Lione è l’unica città industrializzata, Marsiglia all’epoca era un porto e Parigi la capitale. I poveri si spostavano per sopravvivere dalla campagna alla città, ciò comportava una saturazione del sistema produttivo in termini di occupazione e subentra la stagnazione del salario. L’industrializzazione francese ha avuto un input per la creazione della rete ferroviaria, similmente alla Germania. Già dopo il 1850 lo stato tornò attivo nella promozione dei lavori pubblici, dell’edilizia, dello sviluppo di rete ferroviaria, banche di investimento e credito fondiario. La domanda era come portare il capitale da alcuni settori a dove doveva essere investito? Si sono sviluppate le banche di investimento, a Lione e dintorni. Non si trattava di alta finanza, ma un nuovo tipo di banca. Il periodo era di speculazione sul valore della terra, infatti se si facevano lavori di inurbanizzazione nelle città, il valore delle terre aumentava. Queste banche potevano quindi speculare sul mercato immobiliare. Presto arrivò però la bolla speculativa immobiliare, che mise a terra gran parte di queste banche e rallentò lo sviluppo industriale. Rispetto all’Inghilterra, dove la geografia economica era molto favorevole (distribuzione miniere e giacimenti), in Francia le zone di estrazione del carbone erano molto lontane dal ferro. C’era una impossibilità, soprattutto prima della ferrovia, di portare il carbone ai siti della produzione del ferro. Con la sconfitta del 1870-71, la Francia perde l’Alsazia e Lorena, che vanno alla Prussia. Sono aree industrializzate, in particolare la Lorena è area di produzione del ferro. In questa area si acuisce l’inimicizia franco-tedesca, in quanto dopo la guerra l’uno cerca di mettere le mani sulle risorse dell’altro. Nel processo di integrazione europeo si dovette sciogliere il nodo della gestione delle risorse tra questi due stati (CECA – CEE). La Francia fu anche il primo paese europeo ad avviare un’industria automobilistica. Comparativo con Gran Bretagna SVANTAGGI VANTAGGI Perdita delle colonie, geografia Scienza basata su molta innovazione Erano poco orientati all’esportazione Imprenditoria nell’industria del vetro, gas, prodotti chimici, zucchero Peso della famiglia capitalista nell’industria tessile e siderurgica Ruolo nella seconda rivoluzione industriale (acciaio, sostanze chimiche, elettricità, etc.) Nobiltà conservatrice e classe media contadina come retaggio della rivoluzione Lenta crescita demografica Sistema bancario debole L’industrializzazione della Francia è caratteristica: si intensifica l’attività dello stato sotto Napoleone III e verso la fine del secolo, però al contempo abbiamo anche un continua espansione (graduale) di una potenzialità importante, come lo sviluppo scientifico e l’apparire di società per azioni. Vanessa Arnoldo STORIA ECONOMICA E SOCIALE [LT2210] 2022-23 Prof. Rolf Petri 12 Ferrovie e banca universale: caratteristiche dell'industrializzazione della GERMANIA. Se la Francia ha attraversato uno sviluppo industriale molto graduale, nel caso tedesco è il contrario. La Prussia diventa dopo il congresso di Vienna lo stato predominante. All’inizio dell’Ottocento non abbiamo grandi punti economici, se non Francoforte e Amburgo, legati all’alta finanza. Il sistema monetario è frammentato, non c’è l’uso della moneta come credito e “se si porta moneta metallica in giro non si può fare industrializzazione”, serviva un sistema bancario in grado di produrre credito. Ci sono alcune zone di proto-industria e meccanizzazione, come la Turingia e la Sassonia o distretti di produzione al confine con il Belgio per industrie metallurgiche. Complessivamente non si raggiungeva il livello francese di inizio Ottocento, ma alla fine del secolo la produzione industriale della Germania superò quella francese e quella britannica, facendone concorrenza. Com’è successo? A cosa è dovuta l’accelerazione? Non ad una singola industria guida, ma si spiega attraverso le dinamiche scatenate dalla costruzione ferroviaria. Secondo un economista degli anni Cinquanta, ci sono effetti di connessione. Le costruzioni ferroviarie si accelerarono dal 1850 e ancora di più dopo il 1870. Queste potenziarono la produzione delle miniere del carbone, sia perché le ferrovie consumavano carbone, sia perché il carbone era all’epoca la materia prima più voluminosa e il costo di trasporto era altissimo. Quindi un carbone approdato in Italia costava il triplo di quello che costava in Inghilterra, perché portarlo a destinazione era oneroso. La ferrovia ne ha allargato il mercato. In Germania, la creazione delle ferrovie sviluppò la zona industriale della Ruhr, zona di estrazione del carbone. La ferrovia quindi unificò i mercati, rese più abbordabile il prodotto e moltiplicò la produzione del carbone. Lo stesso si può dire per l’acciaio con la sua produzione di massa. Tutto questo incentivò quello che fu a livello di esportazioni il pezzo forte dell’industria tedesca: l’industria metalmeccanica, che si sviluppò nelle grandi città e nelle vicinanze degli snodi ferroviari. In Baviera nacquero a Monaco, Norimberga, Augusta, etc. centri importanti anche oggi. Anche Berlino si industrializzò nonostante si trovi in area agricola non sviluppata. Gli snodi ferroviari erano utili sia per avere una via diretta per smerciare i prodotti, sia per ricevere materie da impiegare. La ferrovia allarga i mercati, ma distrugge anche molte industrie locali. Prima dell’avvento della ferrovia in ogni città c’erano tot industrie che dovevano servire il fabbisogno della provincia e della città. La ferrovia fece arrivare i beni tessili migliori, più economici, etc. e molte industrie locali non ressero la concorrenza. Questo fu l’inizio della creazione di un mercato nazionale, ogni regione doveva trovare una propria specializzazione per non impoverirsi. Queste industrie che si crearono potevano poi produrre su larga scala, con l’acquisto di nuove tecnologie e investimenti maggiori. La Germania diventò campionessa delle esportazioni anche a destinazioni globali, soprattutto di macchinari, come ad esempio macchinari per la produzione dello zucchero di canna. L’ultimo aspetto caratteristico del caso tedesco è il finanziamento, ad esempio nella Prussia la ferrovia nacque da finanziamenti privati. Dove si sono presi questi soldi? Si creò una banca universale, cioè una società per azioni che comprò banche locali e provinciali e le accentrò. Queste banche facevano tutto, dal deposito dei ricchi al libretto di risparmio del contadino. Le uniche due cose che non facevano erano l’investimento nel credito agrario e in quello ipotecario immobiliare. Queste eccezioni toglievano due fattori di rischio molto importanti. SESTA LEZIONE 18 OTTOBRE 2022. Regioni industriali in ITALIA, SPAGNA, MONARCHIA ASBURGICA e ZARISTA. In Italia c’è la Lombardia e il Piemonte, in Spagna abbiamo la Catalogna, nella Monarchia Asburgica la Boemia e la Bassa Austria, nell’Impero Zarista la Polonia e alcuni nuclei come la Scandinavia e Svezia. Questi paesi erano agricoli o comunque a prevalenza agricola, ma avevano in parte dei nuclei di industrializzazione moderna, anche se nella statistica generale degli stati prevale ancora l’occupazione agricola e il prodotto agricolo. Spagna In Spagna la Catalogna è sicuramente una regione di vecchia industrializzazione tessile. L’industria si sviluppò con l’energia cinetica dell’acqua (come Svizzera) più che con l’uso del carbone, poi con la ferrovia si creò Vanessa Arnoldo STORIA ECONOMICA E SOCIALE [LT2210] 2022-23 Prof. Rolf Petri 15 prestito a lungo termine. Questo ultimo tipo di banca è stato importante sia nell’industrializzazione della Germania, ma anche dell’Impero Asburgico e dell’Italia. Queste banche hanno dato un grande contributo alla costruzione dei sistemi elettrici in Italia, soprattutto nella zona centrale. Si crearono importanti imprese idroelettriche con enormi investimenti, qui la banca mista era molto esposta. Questo tipo di banca fu importante anche in Russia e in Giappone. Molto simile all’Italia furono gli stati successori dell’Impero Asburgico, ossia l’Austria Ungheria dove anche lì le banche fallirono e si nazionalizzarono. In Germania invece per un pelo non dovettero essere nazionalizzate durante il nazismo. Le banche universali tedesche in confronto alle italiane, austriche o ungheresi erano molto esposte verso l’industria, ma avevano continuato a seguire più settori, quindi se il ramo industriale andava in crisi veniva compensato da altro. Erano quindi più fedeli all’aggettivo misto, inoltre la Germania era già un paese pienamente industrializzato, mentre l’Italia stesso periodo era ancora agricolo. Tra i paesi europei vediamo come la Gran Bretagna fino agli anni Cinquanta, grazie alla sua esperienza dal Settecento come pioniere dell’industrializzazione, fosse capofila come paese con il reddito pro capite più alto. Poi ci sono Francia e Germania, poi si trova l’Italia. Il Giappone inizialmente nel processo di industrializzazione era un po’ dietro l’Italia, ma riuscì poi a superarla. India e Cina erano molto simili come reddito pro-capite ai paesi europei fino a fine Ottocento, poi il divario si aprì nel corso del Novecento, perché subentrò una sorta di stagnazione. Il percorso degli USA Fu una traiettoria diversa rispetto all’Europa continentale. Dopo la I Guerra Mondiale, nella cui fase finale entrò l’America, abbiamo nei paesi europei un’esplosione di attenzione verso gli USA (film, moda, musica, prodotti, etc.). In qualche modo gli europei notavano un’enorme differenza, consistente nel livello di consumo di classi equiparabili, che in USA si vedevano addirittura nei film, avevano elettrodomestici, macchine, etc. La meccanizzazione nella produzione in Europa era molto più spinta. Una differenza era che il mercato americano, per il territorio e per la massa di popolazione faceva sì che il mercato fosse enorme. Era più facile quindi creare una industria del consumo, in quanto il mercato era dato dal numero di persone e dalla loro capacità d’acquisto. L’America aveva una popolazione interna molto ampia rispetto ai paesi europei e il mercato era però ancora più vasto, perché la capacità di spesa del consumatore americano era molto più alta rispetto a quella di un europeo. In Europa i beni capitali e materie prime erano scarse e il lavoro abbondante, i salari reali erano stagnanti, questo significò che il lavoratore poteva acquistare poco, rispetto all’americano che poteva spingere per chiedere una paga migliore. In Europa si era investito sul risparmio dei beni capitali, mentre in USA si voleva risparmiare sul lavoro quindi con la meccanizzazione, studi sul miglioramento della catena per risparmiare sulla forza lavoro che costava molto di più. SETTIMA LEZIONE 25 OTTOBRE 2022. 02_HEYWOOD: “La società europea nell’Ottocento”. 1_Una panoramica sui cambiamenti sociali fino alla prima guerra mondiale. L’organizzazione della società nel tempo cambia ed è interessante guardare a come la società - e con quali modalità - rappresenta la gerarchia sociale (sfere di comando, fino a scendere ai meno potenti). È abbastanza comune rappresentarla a piramide, quelli che stanno sotto sono molti, quelli che stanno in alto e comandano sono pochi. C’era stato con la Rivoluzione Francese, il tentativo di cambiare la società nella struttura politica, Vanessa Arnoldo STORIA ECONOMICA E SOCIALE [LT2210] 2022-23 Prof. Rolf Petri 16 economica e sociale. La borghesia voleva liberare la forza dirompente del capitale, controllato dalla nobiltà, metterlo in circolazione e creare infrastrutture e con l’occasione arricchirsi. Nel linguaggio tra Sette e Ottocento si ha un passaggio da un linguaggio di ceto ad un linguaggio di classe. Il linguaggio di ceto era la modalità di incasellare la popolazione, secondo un linguaggio di derivazione medievale, che incasellava le persone a seconda del lavoro che svolgevano. Il lavoro svolto era predeterminato dall’ambito familiare in cui nascevano (chi nasceva nobile rimaneva nobile, il povero restava povero). Nell’Ottocento l’utopia liberale diceva di sciogliere questi legami familiari e puntare ad una società in cui il singolo era il protagonista nella sua fortuna. Nell’Ottocento, guardando la piramide sociale riferita all’Inghilterra, si può vedere che il linguaggio era di tipo misto, si parlava sia di ceto sia di classe. Nella seconda piramide, in tedesco, vediamo una rappresentazione a fine dell’Ottocento dove l’idea di classe era abbastanza diffusa. Si noti il linguaggio con cui un alto funzionario inglese divide statisticamente la popolazione. È presente l’influenza della monarchia e dell’alta nobiltà, che si intreccia con le nuove forze. A questi ceti si appartiene per nascita. Gli strati sotto working class e lower class sono i più numerosi. Heywood dice che nell’Ottocento si passa da un linguaggio cetuale ad uno di classe. Tutto è determinato dall’attività lavorativa che le persone svolgono all’interno della società e ne deriva la seguente suddivisione in classi per professione. La settima classe sono ad esempio i poveri, che sono poveri per loro colpa e sono anche visti come pigri, zingari, vagabondi, criminali (11%). Nello schema in lingua tedesca di fine Ottocento c’è la classificazione in alta borghesia, borghesia, piccola borghesia e proletariato. La cosa interessante di questo schema è che a lato rimane la classificazione che c’era prima, con i proprietari terrieri, i contadini e i proprietari più o meno benestanti, mentre equiparati al proletariato ci sono gli operai e i servi in agricoltura. Questo è il linguaggio che si fa strada nel corso dell’Ottocento. La popolazione è sostanzialmente classificata in tre gruppi. Le classi di Marx sotto il dominio del capitale: I. I capitalisti, o la borghesia, che hanno la proprietà dei mezzi di produzione e comprano il lavoro per organizzare la produzione. II. I lavoratori o il proletariato, non possiedono mezzi di produzione, vendono la propria forza lavoro. III. Piccola borghesia di transizione o classe “media”; possiede mezzi di produzione, ma non acquista forza lavoro perché non vi ha i mezzi per comprarla in modo significativo. Lavora essa stessa a carattere familiare (bottegaio, artigiano). Vanessa Arnoldo STORIA ECONOMICA E SOCIALE [LT2210] 2022-23 Prof. Rolf Petri 17 Questo è uno schema che semplifica quello che dice Heywood soprattutto sul conto della borghesia. Per l’ideologia liberale nella prima metà dell’Ottocento si attendeva una convergenza di tutti verso il terzo gruppo (maggioranza della popolazione). La seconda metà dell’Ottocento vide un’enorme polarizzazione tra capitalisti e classe operaia, e quelli in mezzo che si sentono tirati da ogni parte. Si può fare una classificazione della società a seconda del ruolo che ciascuno ha nel processo di produzione. Esistono anche altre classificazioni a seconda dell’obbiettivo che uno ha, ad esempio una classificazione fiscale in base al reddito senza guardare da dove uno viene. Nel pensiero marxiano soprattutto si doveva guardare all’appartenenza oggettiva dei singoli ad una di queste classi per poi poter interpretare i suoi interessi, concetto simile a quello di “coscienza nazionale”. Oggettivamente si appartiene ad una classe anche se non abbiamo preso piena coscienza del nostro status nella struttura sociale e ci illudiamo di quali siano i nostri reali interessi. Nell’Ottocento nasce un nuovo ceto impiegatizio nella pubblica amministrazione o i funzionari di fabbrica, che prima non esistevano. Spesso erano di estrazione operaia ma non prendevano un salario come l’operaio e si distanziavano dalle loro origini. In effetti era un dato di fatto che ce l’avevano fatta, ma non si dovevano illudere, perché nemmeno loro possedevano i mezzi di produzione similmente agli operai in tuta blu. A lungo andare nelle grandi crisi la paura era di tornare da dove venivano ed erano soggetti ai fluttuamenti come gli operai, vittime di disoccupazione e perdita del reddito. Questo dimostra come la descrizione oggettiva possa discostare da come uno si vedeva nella gerarchia sociale. Per capire le dinamiche storiche e capire se esiste una classe operaia inglese per sé stessa, bisogna indagare le modalità con cui queste persone parlano di sé stessi (visione soggettiva). Heywood si inserisce in questo filone e lo estremizza. Lui dice che classicamente la borghesia dell’Ottocento si riconosce nell’ideologia liberale, la classe operaia in quella socialista, poi ci sono altre classi residuali nel conservatorismo. La sua idea è interessante perché vuole vedere nello specchio dell’ideologia come cambia la società. Ad una lettura superficiale sembrerebbe un’analisi della storia di queste tre correnti ideologiche. Il suo tentativo è in realtà focalizzare su come cambia la società. Lui guarda alla progettualità politica della borghesia e come si relazione alla realtà della seconda metà dell’Ottocento, la quale va in crisi e ciò rispecchia un cambiamento economico e sociale. Il suo ragionamento negli altri due casi non è così perfetta come per l’analisi della borghesia. Partiamo quindi dalla sua perfetta applicazione alla borghesia. 2_Trasformazioni della borghesia e "idea liberale" Volutamente non parla di borghesia, ma di idea liberale. È molto importante cogliere come queste idee potessero sembrare verosimili nella prima metà dell’Ottocento. In questo lasso di tempo non abbiamo grandi fabbriche (le imprese sono medie-piccole diffuse), lavoratori di vario tipo, passaggio dal lavoro artigianato al salariato abbastanza fluente, importante realtà agricola, imprenditorialato diffuso, che poteva dare l’idea che la società si evolvesse verso un’evoluzione egualitaria. Questo è determinante nell’età dell’utopia liberale, dove si pensava del futuro che la società ideale fosse una associazione libera di individui liberali. Si tratta di una società senza classi, perché tutti sarebbero stati liberi e si sarebbero incontrati nel libero mercato, instaurando rapporti egualitari. È nel libro mercato che l’egoismo dei singoli viene tradotto nel benessere della società. In Europa continentale ci sono sfaccettature diverse, in quanto il liberismo nel continente non è lontano da tradizioni religiose, rispetto all’Inghilterra di cui stiamo parlando. Importante e caratteristico della prima metà dell'Ottocento è la creazione di una sfera pubblica. Una borghesia, che come privati anche fuori dalle istituzioni di stato, si auto-organizza e diventa modello borghese per tutta la società. Si vanno a creare associazioni sportive, per il tempo libero, culturale, proto-politico, etc. Nascono i caffè, i club, al cui interno nascono anche idee politiche. Abbiamo da un lato un libero mercato, dove c’è la società ideale dei liberi produttori che con la concorrenza migliorano il sistema, dall’altra abbiamo l’autoorganizzazione della società, dove si incontrano da uguali. Heywood parla anche dell’aspetto di genere, dove però in questa situazione idilliaca della borghesia, la donna sarà sì la regina, ma in casa quindi relegata alla sfera privata. Il concetto di famiglia tradizionale è questa borghese di inizio Ottocento. Nella famiglia borghese c’è l’uomo che porta a casa il reddito. Vanessa Arnoldo STORIA ECONOMICA E SOCIALE [LT2210] 2022-23 Prof. Rolf Petri 20 D’altra parte, Bessel parla anche di fattori di instabilità e conflitto: - Squilibrio tra ricchi e poveri, ancora povertà terribile e diffusa. In alcuni stati europei le differenze sociali ed economiche erano ancora enormi. In Europa questo sviluppo descritto sopra, a differenza degli USA, lavorò soprattutto per l’abbattimento del costo del fattore capitale (materie prime, bassi salari, stagnazione dei salari reali), per cui tutto lo splendore della belle époque nascondeva il lato di povertà, marginalizzazione, sobborghi. - Condizioni igieniche terribili nei sobborghi poveri, con case abitate da tantissime persone. - Aspettativa di vita bassa (circa 45 anni), mortalità infantile, frequente nelle classi lavoratrici più basse. - Epidemie, un 1/6 di tutti i morti erano per tubercolosi. Nel complesso, però, per Bessel, l’Europa salutava il nuovo secolo con ottimismo. Si noti che nel XX secolo i bassi salari – che permettevano l’accumulazione del capitale – erano dovuti alla pressione demografica, che portava all’emigrazione. In Inghilterra questa pressione era stata assorbita dal processo di industrializzazione, che necessitava di forza lavoro, mentre in Germania alcune regioni perdevano un terzo della popolazione, che si spostava verso le Americhe (anche in Italia e Impero Zarista). Inoltre essendoci molta domanda di lavoro, al proprietario della fabbrica non interessava aumentare i salari, in quanto se a un lavoratore non andava bene, ne trovava subito un altro. Verso fine Ottocento crebbe però il potere dei sindacati, che si organizzarono e fecero sì che anche la popolazione operaia guardasse al nuovo secolo con ottimismo. L’impatto della Grande Guerra. Se l’inizio del Novecento era visto come un periodo di progresso e sicurezza, il generale ottimismo fu smantellato dallo scoppio della Grande Guerra. Bessel descrive cosa accadde tra la parentesi delle due Guerre. La I Guerra mondiale nell’immediato portò a: - Mobilitazione di circa 100 milioni di soldati, 9 milioni morti, milioni di invalidi, 3 milioni di vedove, 6 milioni di orfani. - Mobilitazione industriale, terre incolte e distrutte nelle aree di guerra, distruzione di case. Essendo la I Guerra Mondiale una guerra industriale, buona parte della produzione civile fu convertita alla produzione bellica in senso ampio, non solo cannoni, ma anche uniforme e scatolami per i soldati. Bessel non ne parla, ma cosa significò la Grande guerra per le donne e i contadini? Si noti il lascito più strutturale della Grande Guerra, al fatto che i maschi erano nelle trincee e chi doveva sostituirli erano le donne sia negli uffici sia nelle fabbriche. Fu molto importante, perché segnò la fine della lunga fase che solo la sfera privata appartenesse alle donne. Questa entrata in massa delle donne nel processo organizzativo e produttivo della società era irreversibile, infatti alla fine della I Guerra Mondiale alcuni paesi diedero il diritto di voto alle donne, si crearono organizzazioni femminili, etc. I contadini durante la I Guerra Mondiale furono tolti alle terre e chiamati alle armi. Inoltre, in riferimento alla mobilitazione industriale ci fu la cooperazione tra sindacati e capitalisti industriali in nome della patria. Questo modello interclassista avrà la sua parte riguardo al discorso socioeconomico nel periodo tra le due guerre. Se si guarda al caso italiano, il Ministro fascista dell’epoca Edmondo Rossoni, che era un uomo molto potente e indipendente da Mussolini, aveva alle spalle moltissimi contadini e lavoratori, era stato uno dei sindacalisti rivoluzionari, che nel periodo della I Guerra Mondiale aderirono alla mobilitazione economica in nome della patria. - Deportazioni forzate di popolazione civile. In parte accadde anche dopo la I Guerra Mondiale con i modelli Wilsoniani sul diritto di autodeterminazione dei popoli. Concetto che suona bene, ma che non riuscì a rispondere a come strutturare dei nuovi confini quando si scioglie un Impero con tanta popolazione di lingua diversa, di etnia diversa. Spesso un popolo diventa una minoranza all’interno di una popolazione di quel Stato, magari è legata allo Stato confinante; in alcuni casi la situazione si è risolta con dei referanda, ma in altri casi si decise per spostare milioni di persone da una parte all’altra per omogenizzare lo stato nazionale (caso Turchia-Grecia). La Prima Guerra Mondiale è – per Bessel - la “madre di tutti gli sviluppi” fino alla Seconda Guerra Mondiale e fu vista come una sorta di rottura della civilizzazione: Vanessa Arnoldo STORIA ECONOMICA E SOCIALE [LT2210] 2022-23 Prof. Rolf Petri 21 - Lotta politica violenta. - Rivoluzione d’Ottobre, Rivoluzione di Novembre in Germania nel 1919, guerra civile in Russia con 13 milioni di morti, emigrazione russa. Gli inglesi e i polacchi avevano un bel contingente coinvolto nella Rivoluzione Russa e USA e Canada la invasero dalla Siberia. Ci fu un forte intervento straniero. - Collettivizzazione. Bessel sottolinea come la collettivizzazione abbia distrutto le basi della società. - Antisemitismo montante sia per la crisi, sia per la “minaccia bolscevica”, pogrom in Europa centrale, molte migliaia di vittime. Nel partito bolscevico erano presenti molti ebrei, per cui per la destra europea c’era la paura dell’emersione di una plutocrazia, che vedeva negli ebrei la minaccia di annullamento delle altre razze. L’antisemitismo in ogni caso era già molto sviluppato, se non c’era l’occasione di incrudimento con la minaccia bolscevica, ci sarebbe stato un altro evento. - Iperinflazione in Germania, Austria e Polonia ed inflazione in altri paesi nei primi anni ’20. La situazione era incontrollata, una tazza di caffè triplicava il valore dalla mattina alla sera, fino al 1922 quando con dei prestiti americani si risanò la situazione. - Guerra greco-turca e milioni di profughi e “deportati”, “scambio di popolazione”. - Milioni di invalidi e orfani, bisognosi di sostegno pubblico: “welfare State”. Nel periodo tra le due Guerre il cosiddetto welfare state fece passi avanti a causa del lascito della Grande Guerra. Lo stato sociale in Germania nel 1929 pesava per il 20% sul budget dello Stato, nonostante gli importi delle pensioni fossero bassi. Sorsero in tutti i paesi istituti di assicurazione sociale a vari livelli e di vari modelli, ibridi a inizio Novecento, ma che la Guerra aveva spinto alla definizione. In alcuni paesi europei ci fu una difficoltà nel gestire l’eredità della I Guerra Mondiale, anche in alcuni paesi vincitori come la Francia l’economia non è riuscita a ripartire. L’insicurezza creata dall’inflazione si sommò al problema della disoccupazione. L’inflazione creò anche un clima di incertezza e paura, l’improvvisa scomparsa di alcuni beni dai negozi provocò ansia e di conseguenza criminalità. L’instabilità economica fu favorita dai Trattati di Pace, che avevano imposto soprattutto alla Germania delle riparazioni pesantissime ed eterne, che servivano a ripagare Francia, Gran Bretagna che si erano indebitati con gli USA. Si creò un circuito del debito, che Keynes vedeva come una sciagura. In ogni caso con la crisi del 1929 crollarono i capitali che avevano risollevato le sorti e dopo, tramite questi circuiti, la crisi USA si trasmise subito in Europa. Bessel non ne parla, ma rileva per comprendere i cambiamenti sociali: a livello mondiale, dove si sposta l’asse economico, sociale e culturale in seguito alla guerra? La I Guerra Mondiale mise in evidenza gli USA a capo di una nuova gerarchia economica mondiale. Non solo coinvolse l’economia, ma anche la cultura con il cinema, la musica e la creazione di nuovi modelli di vita, con la famiglia di ceto medio, che possedeva un frigorifero o una macchina a inizio anni Trenta. Nacque l’idea che la società di consumo di massa sarà la società del futuro. Le crisi del periodo interbellico. Bessel parla soprattutto in termini di crisi del periodo interbellico, in quanto fu segnato nei primi anni Venti in Europa centrale da un’iperinflazione mai vista, e nei primi anni Trenta nei paesi industriali disoccupazione di massa. Il clima sociale dell’epoca era caratterizzato anche da un’incertezza sociale ed economica, dalla paura della povertà (discesa sociale), dalla perdita della speranza in un futuro migliore, etc. Al contempo Bessel ricorda che gran parte dell’Europa era rurale e subentrò una crisi della produzione agricola, con una grande pressione demografica sulla terra e con una sottoccupazione agraria in molte parti d’Europa. Subentrarono grandi movimenti nazionalistici, antisemiti e protezionisti tra le masse rurali, che erano alimentati da questa situazione complessiva. In questo clima di incertezza e di ansia, si arrivò a pensare che le condizioni non sarebbero mai migliorate. L’Europa era il continente pessimista e tutto questo dovette fare i conti con l’arrivo della II Guerra Mondiale. Bessel poi richiama molti cambiamenti traumatici legati alla collettivizzazione e all’industrializzazione forzata in URSS. Molti contesti tradizionali e i villaggi furono distrutti col trapianto di un modello urbano nelle campagne, che significò una forzata proletarizzazione delle campagne, fame per il bestiame, raccolti sottratti, con un conseguente sbandamento sociale e distruzione del tradizionale tessuto sociale del villaggio rurale russo. Dal Vanessa Arnoldo STORIA ECONOMICA E SOCIALE [LT2210] 2022-23 Prof. Rolf Petri 22 punto di vista dell’industrializzazione, negli anni Trenta, l’URSS ebbe una importante crescita industriale, che inquietava molti in Europa. Si possono generalizzare le situazioni economiche, differenziate nel tempo e nello spazio europeo? Il problema del testo di Bessel è che generalizza un po’ troppo la situazione economica e sociale del periodo tra le due guerre. Per esempio, come ha fatto la Germania nazista nel 1933-35 per superare la depressione e la disoccupazione? Qui Bessel avrebbe dovuto approfondire di più. Le tendenze di lungo periodo. Secondo Bessel, la Guerra ha innescato dei trend duraturi e stravolgenti dal punto di vista sociale e culturale europeo, che furono visti come positivi. La storia dell’Europa tra il 1900-45 viene disegnata da Bessel come la storia contradittoria, dove disastri a breve termine si scontrano con i più grandi positivi cambiamenti a lungo termine. Nell’insieme quindi i risultati del periodo furono “negativi”, ma alcuni trend di lungo periodo furono “positivi”, quindi si tratta di una situazione contraddittoria. L’errore di Bessel è che non li mette in correlazione. I trend “positivi” sono: - Allentamento della crescita e pressione demografica con diminuzione del numero medio dei componenti della famiglia. La famiglia operaia si conforma al modello borghese (genitori e figli) e ciò è dovuto allo sviluppo del processo di urbanizzazione. Si tratta quindi del declino della dimensione familiare. - Aumento della scolarizzazione dei giovani, anche delle ragazze; il lavoro minorile nelle grandi fabbriche fu soppiantato dall’istruzione formale a tempo pieno. - Socializzazione e nazionalizzazione delle donne: nuova società di massa. Crescente integrazione delle donne nel processo produttivo e nella vita pubblica; voto femminile 1918/19 in GB e D, in F solo nel 1944. Questo processo è stato innescato con la I Guerra Mondiale, ma si stava assistendo alla sua nascita già prima. A causa della perdita in guerra dei mariti, le donne dovettero prendere il loro posto e questo stravolse la dimensione familiare patriarcale. - “Igiene sociale”, prevenzione pubblica, aumento aspettativa di vita. Si deve parlare anche di eugenetica, che visse una grande stagione tra le due guerre. - Crescente tendenza dello Stato di intervenire nelle politiche economiche e sociali; forme di welfare per proteggere meglio non solo i vecchi, ma anche gli orfani e invalidi della Prima guerra mondiale. La tendenza all’intervento dello Stato nelle politiche non è riuscita a ridurre la spesa sociale in Europa. - Nuova mobilità: aereonautica civile; automobili; nuovi mezzi di comunicazione: cinema, radio, telefono; giornali molto diffusi, la lettura, la stampa. - Organizzazione e mercato del tempo libero: dilettantismo, consumo culturale, sport. Se l’organizzazione del tempo libero era un’attività tipicamente borghese nel corso dell’Ottocento, diventa ora nel periodo tra le due Guerre un’attività di massa. NONA LEZIONE 14 NOVEMBRE 2022. 04_KAELBLE: “La società della seconda metà del Novecento”. È un testo eccezionalmente ben strutturato. Parte da due considerazioni, in primis fa una caratterizzazione generale del periodo che va dal 1945 al 2000 (anno di uscita del testo). Dicendo che tale periodo è stato un periodo di pace straordinariamente lungo, anche se negli anni Novanta questo è stato un po’ meno vero nel contesto della dissoluzione della Jugoslavia. Complessivamente si verificò un dinamismo sociale straordinario, legato a mutamenti strutturali della struttura economica, come l’emergere dell’importanza del settore dei servizi. Il periodo fu caratterizzato da una straordinaria crescita economica, che coprì però un periodo ristretto. Tutti i settori della società furono coinvolti nel cambiamento, l’Europa si rafforzò nel dopoguerra, viceversa ci fu un indebolimento del comunismo dopo l’iniziale trionfo dopo la II Guerra Mondiale. L’Europa vide la fine della sua era coloniale (Spagna, Portogallo, Gran Bretagna, Paesi Bassi, Danimarca, Belgio). Kaelble fa accenno alla perdita di questa centralità coloniale con un relativo decentramento dell’Europa a livello globale, ora diventato uno dei centri del potere economico all’interno della globalizzazione. Questa posizione dell’Europa fu Vanessa Arnoldo STORIA ECONOMICA E SOCIALE [LT2210] 2022-23 Prof. Rolf Petri 25 videro la miseria dei propri pensionati o dipendenti statali, che non seppero più come sopravvivere. Non fu però un quadro completamente desolante, ma piuttosto disomogeneo. Una valvola di sfogo per le persone che vissero gli aspetti negativi fu l’emigrazione verso Ovest. Nell’EUROPA OCCIDENTALE ci fu quindi il colpo della grande mobilità di persone, che arrivavano dall’est, con conseguente modifica del mercato del lavoro per poterli assorbire. Queste popolazioni nel tempo ebbero un’ottima integrazione; Est e Ovest diventarono una cosa sola e l’Europa seppe guadagnarsi una nuova immagine di spazio sociale e culturale. Kaelble segnala anche il passaggio per l’UNIONE EUROPEA alla moneta unica. Dopo il trattato di Maastricht, soprattutto per le regole che normano la vita dei cittadini di tutti i giorni, l’UE diventa sempre più un potere enorme. Nacquero le idee europee, la bandiera, il passaporto e una identità culturale, che si afferma sempre di più. Ora vediamo i periodi analizzati per tema e come questi hanno impattato nel processo di cambiamento sociale.  LAVORO Kaelble sostiene che il lavoro non ebbe un unico trend lineare per tutto il periodo e si può ulteriormente suddividere in due periodi. Dalla società europea divisa in due diversi settori lavorativi, si passò a una società lavorativa sempre più omogenizzata. La società lavorativa si caratterizzò da più lavoro nei settori dei servizi, dall’impiego di donne, da carriere più fluide e meno gerarchizzate, dalla formazione permanente, da tassi di disoccupazione più alti, meno sicurezza. - Dal 1945 al 1980. Perdura il paradigma della grande industria. In questo periodo il lavoro manuale man mano diventò sempre più meccanizzato e automatizzato. Il contadino lascia i campi e va a lavorare nella fabbrica. La grande industria tendeva a offrire contratti a lungo termine, dove consigliavi anche ai figli di lavorare. In genere la tendenza era quella a mansioni più complesse e a una crescita della divisione del lavoro, in quanto più tecnologia c’è, più figure specializzate nascono. Nella grande fabbrica l’idea di classe era collettiva, così il tasso di iscritti all’organizzazione sindacale era molto alto in quanto capace di difendere i propri interessi con la negoziazione degli accordi contrattuali. - Dal 1980 al 2000. A partire dagli anni Settanta si ebbe una ristrutturazione delle grandi aziende, con tagli in quelle più piccole. La produzione automatizzata e computerizzata emerse e questi sistemi rimpiazzarono il lavoro monotono eseguito dagli operai, che era diventato troppo costoso. Il lavoro prese un’altra direzione: il controllo, l’installazione e il riparo di questi nuovi macchinari erano le nuove abilità lavorative richieste agli operai. Ecco che flessibilità, innovazione, immaginazione e realizzazione prendono il posto di obbedienza, affidabilità, monotonia e puntualità. Inizia un altro sistema industriale che porta anche a relazioni più precarie tra lavoratore e azienda. L’automatizzazione tende a diventare digitale e l’incertezza del rapporto di lavoro aumenta. Al contempo però – sia per politiche antisindacali sia per l’automatizzazione del rapporto di lavoro – il tasso di iscrizione al sindacato diminuisce e il sindacato stesso può fare meno per il lavoratore.  FAMIGLIA Negli anni Settanta, si sente la diversificazione dei modelli di famiglia. La famiglia monogamica borghese non è più l’unica, nascono i divorzi, cresce il lavoro femminile (anche perché un salario unico non era più sufficiente), quindi l’indipendenza economica delle donne. Questo porta ad un crollo delle nascita dal 1970 al 2000, in contrapposizione al periodo 1945-1970 chiamato del baby-boom. Si ha anche sempre più da un lato stato sociale che consente alle donne di lavorare (asili nido, etc.) e strutture sociali che consentono anche alla donna single di essere una famiglia (prima erano colpevolizzate e marginalizzate), ci sono le convivenze senza matrimonio. Si sviluppano nuove attività per il tempo libero come lo shopping, le vacanze e la vita di relazioni con i vicini o gli amici viene rimpiazzata dalla TV e dall’auto. La tendenza è di abbandonare le case di campagna, dove vivevano più nuclei insieme, per trasferirsi in piccoli appartamenti in città. Nelle campagne abbiamo trasformazioni di tipo architettonico, le case coloniali vengono sostituite e vi cominciano a vivere coppie di una generazione. Kaelble prende atto che la famiglia di una volta non è del tutto finita, in quanto dopo il 1989 - con il crescere dell’incertezza sociale, con la riduzione dei servizi sociali, con la disoccupazione giovanile, che costringe i figli a vivere più a lungo nella casa dei genitori - la famiglia torna ad essere una sorta di assicurazione per la Vanessa Arnoldo STORIA ECONOMICA E SOCIALE [LT2210] 2022-23 Prof. Rolf Petri 26 sopravvivenza. I nonni acquisiscono un ruolo per la crescita e la cura dei figli, per consentire alla coppia di andare al lavoro. Con l’aumentare dell’incertezza sociale, abbiamo non proprio il ritorno di un tipo di famiglia, ma una rivalorizzazione della solidarietà e dell’affetto famigliare. La famiglia è rimasta importante.  CONSUMI L’arrivo del consumismo di massa è stato il maggior spartiacque della storia sociale europea. Negli anni Venti il modello di consumo di massa cominciò ad arrivare nella mente degli europei (influenza USA), dagli anni Cinquanta nell’Europa dell’Ovest e a Est dagli anni Settanta ci fu la consapevolezza di essere arrivati al consumo di massa. L’era di prosperità degli anni Sessanta, con il suo straordinario aumento dei redditi privati reali, costituì la base reale degli inizi del consumo di massa in Europa. Le famiglie private non solo ricevettero redditi reali più alti, ma anche la struttura della spesa delle famiglie cambiò (spesa per il cibo, ma anche per beni durevoli, trasposti, alloggi). Le persone erano consapevoli di godere di un certo benessere. C’era una crescente internazionalizzazione di stili e gusti; il consumo alterò la funzione simbolica e sociale dei beni, infatti se prima del suo arrivo i beni di consumo erano visti come lo strumento di distinzione sociale, ora le linee di distinzione diventarono sempre più offuscate e difficili da differenziare, essendo che sempre più persone potevano avere accesso a tutto. C’era anche l’estetica del mondo industriale, essere un metalmeccanico era un obbiettivo da raggiungere, insieme ad un appartamento in un condominio di 12 piani. Si voleva essere parte di una massa. Questo dagli anni Settanta comincia a cambiare. Mentre prima eri contento di far parte della massa con le stesse cose e facente le stesse cose, arrivò poi la fissa dell’individualità, si richiedevano prodotti che non avessero le stesse caratteristiche (boom dell’artigianale, dei posti dove non ci sono turisti). Il consumismo di massa tra Est e Ovest era ben diverso. Nell’Est non fu solo più tardivo, ma anche diverso nel suo carattere. In Occidente, con un’abbondanza di beni, il consumo era limitato dal reddito individuale, in Oriente, con un’abbondanza di denaro, il consumo era limitato dalla scarsità di beni, specialmente quelli durevoli. Si potrebbe parlare di americanizzazione? Per Kaelble no. Il consumo di massa europeo ha seguito gli stili, i prodotti, i gusti europei. Quindi non ha solo caratteristiche USA, chi ne continuava a parlare erano i critici del consumo di massa, che millantavano che trasformava negativamente la società. Dalla società di classe all’individualismo. Rappresentò un cambiamento sociale importante. Si assistette alla scomparsa delle classi sociali, non solo la classe operaia, ma anche la borghese, i contadini e l’aristocrazia. Grazie anche al consumismo di massa, i confini tra le classi sociali si sfumano sempre di più e si assistette a una graduale omologazione e dispersione delle tradizioni o stili di vita, che prima caratterizzarono le diverse categorie sociali. Il facile accesso al sistema lavorativo favoriva le persone ad avere un proprio stipendio, una loro autonomia e a cambiare gli stili di vita: si guadagnava per arredare bene la casa, fare shopping, viaggiare, pagare la scuola ai figli. Inoltre l’allargamento con nuove riforme urbanistiche della città ridussero la tradizionale separazione spaziale dei diversi contesti sociali. Un ulteriore conseguenza di tutto questo era che l’uomo e la donna diventarono sempre più simili. Crescita urbana e migrazione. Fino al 1970 si assistette ovunque ad una crescita urbana, dopo il 1970 fu invece sostituita da un’intensificazione: creazione di zone pedonali, trasporto pubblico. Le città Europee cominciarono ad assomigliarsi le une con le altre. La migrazione arrivò principalmente da due aeree: dall’est Europa che fu ben assorbita, non la si vedeva quasi come immigrazione, e dalle colonie, ben visibile. La crescita del moderno welfare state . Il periodo 1945-75 prevede un reddito minimo in caso di invalidità, vecchiaia o disoccupazione come un diritto di ogni cittadino. Si noti che in Est Europa invece era garantita l’occupazione. Per il periodo 1975-2000 il costo del welfare stava cominciando a diventare difficilmente sopportabile e pertanto si dovette procedere con la riduzione progressiva della spesa prevista, in nome dell’efficienza. La disoccupazione divenne strutturata e nacquero nuovi poveri. Vanessa Arnoldo STORIA ECONOMICA E SOCIALE [LT2210] 2022-23 Prof. Rolf Petri 27 DECIMA LEZIONE 15 NOVEMBRE 2022. 05_BALDWIN e MARTIN: “Due ondate di globalizzazione economica”. Che cos’è la globalizzazione? Storici dell’età moderna dicono che la globalizzazione è una tendenza di secoli e si è già realizzata con la scoperta dell’America, con la creazione di un mercato globale delle spezie ad esempio. La prima ondata di globalizzazione avvenne dunque durante la prima epoca moderna, quando il commercio e i flussi di denaro comprendevano praticamente l'intero globo. Altri storici invece tendono a negare che sia avvenuta questa globalizzazione nel 1492, in quanto i flussi non la giustificano, infatti sebbene ci sia una connessione mondiale di mercati per certe materie prime o metalli preziosi, i costi di trasporto e di informazioni rimasero molto alti. Quindi le merci e i valori in questi flussi erano troppo bassi in confronto alla percentuale dell'economia mondiale per chiamarla globalizzazione. Inoltre, non esistevano mercati del mondo reale e una convergenza dei prezzi per la maggior parte delle merci; se un prodotto cambiava valore, la borsa di Amsterdam lo sapeva dopo 3 o 4 mesi, quando giungeva la lettera. A causa degli elevati costi di trasporto, transazione e informazione i mercati a lunga distanza difficilmente si integravano e pertanto i critici non la ritengono essere la prima globalizzazione. L’uso della parola globalizzazione in genere viene ricondotta ad un saggio di un economista americano LeVitt del 1983, che si riferiva ai processi economici. LeVitt sosteneva che dagli anni Settanta le nuove tecnologie di comunicazione e di trasporto avevano drammaticamente abbassato la struttura dei costi di produzione e distribuzione per i beni di consumo di massa e avevano condotto ad una convergenza dei prezzi sui mercati mondiali. Ad esempio un bene di massa era quello elettronico giapponese, che inondava i mercati internazionali, con prezzo concorrenziale rispetto ai prodotti europei o americani. La convergenza dei prezzi è l’espressione più convincente di una integrazione dei mercati, si traduce con un’interazione diretta con meno ostacoli come il tipo di moneta, dogane, costi istituzionali, etc. Non risulta che il mercato mondiale - creato dopo la scoperta dell’America - corrispondesse appieno a quest’aspetto di integrazione dei mercati caratteristico della globalizzazione. Dalla seconda metà dell’Ottocento (1870) e fino al 1914, ci fu una forte stabilità dei prezzi, grazie al predominio della sterlina inglese. Il grado di integrazione dei mercati era molto convincente e pertanto gli storici la indicano come Prima Globalizzazione, per i sostenitori della prima ipotesi Seconda Globalizzazione. Baldwin e Martin accettano l’idea che ci siano state due ondate di globalizzazione e sottolineano che ci sono alcune somiglianze, ma anche molte differenze. La prima differenza - risalendo all’Ottocento – è che non si ha convergenza nei mercati dei prodotti di consumo di massa, ma si ha convergenza dei prezzi delle comodities ossia materie prime. Questo fu dovuto alla navigazione a vapore, che migliorò i collegamenti transoceanici, abbattendo i costi di trasporto. Con il telegrafo si riusciva a scambiarsi velocemente le informazioni, si sapeva il prezzo del grano in tempo reale. Un’altra caratteristica rimarcata da questi autori è che la prima globalizzazione fu caratterizzata da una forte gerarchia, che aumentò in proporzione allo sviluppo industriale. La globalizzazione rafforzò la capacità del nord di industrializzarsi, mentre il sud finì deindustrializzato. La Cine e l’India videro la sparizione dei loro fatturati. Nella seconda globalizzazione (dopo il 1960) almeno una parte del sud si industrializzò, mentre il nord andò incontro ad una relativa deindustrializzazione. I due autori indagano alcuni punti delle due ondate di globalizzazione: - Industrializzazione e iniquità del reddito del paese; - Mercati del capitale e all’integrazione finanziaria; - Commercio, investimenti, migrazioni e costi dei fattori; - Teorie e politiche economiche; Prima di affrontare punto per punto gli argomenti precedenti, bisogna precisare che Baldwin e Martin suddividono il mondo nel nord globale e nel sud globale. Non si tratta di una divisione geografica. Si tratta di Vanessa Arnoldo STORIA ECONOMICA E SOCIALE [LT2210] 2022-23 Prof. Rolf Petri 30 lavoro. Cosa avvenne? Un grande afflusso migratorio verso i paesi dove il costo del lavoro era alto, dove i salari erano alti. Questo alleggerì la pressione sul mercato del lavoro in Europa e aiutò i salari a crescere. In America, nel lungo periodo aiutò invece ad abbassare i salari. Negli Stati Uniti, l'aumento della disparità di reddito contribuì alle pressioni contro l'immigrazione con una nuova legislazione tra fine Ottocento e inizio Novecento. La II ondata non fu caratterizzata da un’ondata di migrazione così consistente, perché nel Sud globale con la globalizzazione si crearono nuove opportunità di crescita e lavoro. Quest’ultima osservazione vale durante la seconda ondata, fino al periodo di osservazione (Cina, Sud Est asiatico, etc.). Lo si deve al fatto che: - Il commercio si espanse rapidamente, soprattutto le esportazioni di manufatti dall’emergenti economie: creazione di nuove opportunità di reddito nel Sud e minori opportunità nel Nord (la gente preferisce rimanere nel proprio paese perché ha una opportunità); - La tecnologia a risparmio di manodopera (automazione di fabbrica, tecnologia dell'informazione) ha portato alla riduzione della domanda di lavoratori poco qualificati negli uffici e nelle fabbriche; - Le politiche neoliberiste hanno trionfato in tutto il mondo, indebolendo il potere delle organizzazioni sindacali per la contrattazione; - Gli investimenti diretti esteri sono cresciuti rapidamente e ciò ha favorito l'esternalizzazione o delocalizzazione in regioni a basso salario. Credenze economiche e policymakers.  Stabilità monetaria. Il protezionismo andò accentuandosi. Per i politici della fine del XX secolo, l'impatto più sorprendente della globalizzazione riguardò la gestione del tasso di cambio. I funzionari dovettero scegliere tra tenere a galla il loro tasso di cambio (con relativa instabilità) e l'adesione a una grande unione monetaria (con perdita di sovranità).  Politiche commerciali Nel 1800, c'era un solido ragionamento a favore del libero scambio unilaterale. La supremazia della dottrina del libero scambio, tuttavia, non ha ostacolato lo sviluppo del protezionismo moderno progettato per promuovere lo sviluppo. Il risultato è stato a sostegno della protezione temporanea della produzione come mezzo di promuovere l'industrializzazione. Oggi, il sistema del commercio mondiale è visto da quasi tutte le nazioni come un bene pubblico essenziale, un sistema degno di sostegno anche per motivi puramente nazionalistici. Riepilogo "Le due onde sono superficialmente simili, ma fondamentalmente diverse". In primo luogo, il flusso delle idee è più importante nella seconda ondata. Danno molta centralità ai flussi di informazione. Questo può essere visto: - La diversa natura dei flussi di capitale (enormi flussi a breve termine guidati da un ritmo frenetico di scambio di informazioni e progressi nella tecnologia dell'informazione piuttosto che i flussi a lungo termine che segnato la prima ondata); - La diversa natura dell'attività di IDE e multinazionali (IDE intra-industriali tra nazioni simili concentrati sulla produzione, sui servizi e sull'outsourcing piuttosto che sugli investimenti nord-sud nel primario settori merceologici e ferrovie caratteristici della prima ondata); - La diversa natura del commercio (voluminosi scambi intra-industriali tra nazioni simili e differenziazione dei prodotti, piuttosto che il commercio intersettoriale guidato dalla dotazione di fattori differenze e lacune tecnologiche come nella prima ondata); - La diversa natura della convergenza/divergenza dei redditi e dell'industrializzazione/deindustrializzazione. La seconda ondata ha assistito a una rapida convergenza del reddito (secondo gli standard storici) tra le nazioni leader, unita alla loro deindustrializzazione e all'industrializzazione estremamente rapida di alcune nazioni in via di sviluppo. La prima ondata è stata caratterizzata da un lento recupero delle nazioni ora ricche (nel Regno Unito) insieme all'industrializzazione dei convergenti e alla deindustrializzazione dei divergenti. Vanessa Arnoldo STORIA ECONOMICA E SOCIALE [LT2210] 2022-23 Prof. Rolf Petri 31 - Le diverse velocità con cui sono diminuiti i costi di trasporto e comunicazione. Entrambi sono scesi bruscamente in entrambe le ondate, ma il calo dei costi di comunicazione ha superato di gran lunga il calo dei costi di trasporto nel seconda ondata, soprattutto dal 1980. • “Ancora troppo protezionismo e scarso laissez-faire” L'eredità del colonialismo e le enormi differenze di reddito che ora vediamo hanno un profondo impatto sull'ambiente decisionale, specialmente nel Terzo Mondo. • “Seconda ondata di globalizzazione: meravigliosamente governata da istituzioni internazionali” Il sistema economico internazionale è ora sostenuto da un solido insieme di istituzioni e regole internazionali (ad esempio WTO/GATT e FMI) e questi sono difesi da tutte le principali nazioni. Tali disposizioni contribuiscono a stabilizzare il sistema, anche se gli USA si scrollano lentamente di dosso il manto della leadership economica. • “Va tutto bene a parte il comportamento anacronistico di Russia e Cina” Le mutevoli convinzioni dei responsabili politici hanno radicalmente alterato l'economia internazionale sistema. La prima ondata si è conclusa in due WW. La causa ultima è stata l'errata convinzione che la prosperità nazionale implicasse necessariamente la competizione internazionale. Alla fine del XX secolo, tali nozioni sono scartate dai paesi industrializzati avanzati. Sfortunatamente, queste credenze del XIX secolo sono ancora vive per alcune nazioni, come Cina e Russia. Sembrerebbe, quindi, che una sfida chiave a livello globale è quella di coinvolgere strettamente queste nazioni nel sistema globale del commercio e degli investimenti. UNDICESIMA LEZIONE 22 NOVEMBRE 2022. C’è una inversione della deindustrializzazione del Sud, che ha regnato nella prima ondata di globalizzazione, ora ci sono tendenze – già viste da Baldwin – di flussi di investimenti verso il Sud globale ovvero anche una intensificazione degli scambi e degli investimenti all’interno del Sud. 06_SEGRETO: “Globalizzazione e nuovi equilibri economici mondiali (1989-2019)”. L’avvento dei BRIC(S) Il testo di Segreto del 2018 si occupa di quello che è successo dopo, precisa quali sono le economie emergenti e segnala alcuni risvolti della globalizzazione, che Baldwin e Martin ancora non potevano conoscere. Il fenomeno più importante connesso con la globalizzazione è la diffusione dello sviluppo economico in aree del mondo che in precedenza erano state coinvolte solo marginalmente. Segreto parla dell’avvento dei BRIC, un’espressione del 2003 inventata da James O’Neill, che indica Brasile, Russia, India e Cina, quattro grandi economie globali con buoni numeri di crescita. I BRIC erano gli unici paesi al mondo, insieme agli Stati Uniti, ad avere contemporaneamente un PIL superiore a 600 miliardi di dollari, una popolazione oltre i 100 milioni di abitanti e una superficie maggiore di 2 milioni di km2. Nel 2009 questi quattro paesi ne fecero proprio un’organizzazione con un summit ospitato dalla Russia. Rappresentano sia per dimensione geografica, sia per popolazione, sia per economia, il fatto che durante la globalizzazione le economie emergenti sono diventate il motore dell’economia mondiale. Il contributo di queste economie emergenti alla crescita economica mondiale era negli anni Ottanta un 31%, alzatosi negli anni Novanta al 46%, negli anni Duemila al 67% e nel decennio 2010-19 addirittura oltre il 70%. Le economie emergenti hanno sempre con il tempo accentuato il loro ruolo di motore di crescita. Nel 2011 per non lasciare fuori l’Africa da questa prospettiva venne accorpato anche il Sudafrica e diventano i BRICS. Nei primi anni Duemila ci fu un boom dei prezzi delle materie prime e questi paesi essendone esportatori ne guadagnarono. Dal 2009 i BRIC fecero un salto a livello organizzativo e compilarono un contro programma rispetto al G20, questo perché la globalizzazione economica stava cambiando carattere, il mondo si stava riorganizzando in blocchi diversi e non in un intreccio generalizzato come previsto dalla teoria della globalizzazione. Vanessa Arnoldo STORIA ECONOMICA E SOCIALE [LT2210] 2022-23 Prof. Rolf Petri 32 I BRICS non si sono solo ritrovati annualmente per due chiacchiere, ma hanno preso anche delle iniziative come la creazione di strumenti come il new development bank, ossia una banca di credito comune con sede a Shangai per facilitare transazioni finanziari tra stati membri e inducendo alla possibilità di avere altro oltre il FMI o la Banca Mondiale, istituzioni create nel Dopoguerra sotto il controllo del dollaro. Crisi o rilancio? Nel 2013 apparvero all’orizzonte i primi segnali che fecero pensare che forse l’era dei BRIC era già finita. Invece quattro anni più tardi, nel 2017, la situazione era in miglioramento. Dal 2017 i quattro BRIC sono tornati a crescere insieme, ma in realtà le loro situazioni sono molto diverse. Con la crisi del 2008 e 2013 molti paesi soffrirono della crisi finanziaria partita dal mercato immobiliare statunitense. Va sottolineato che negli anni più difficili della crisi (2008-2013) il PIL cinese aumentò del 60% e quello indiano del 40%. Nel 2012 i BRICS produssero un quarto della ricchezza globale, ma nel 2013 entrarono in crisi almeno rispetto alle previsioni. Russia e Brasile nel 2015-16 andarono in recessione, perché andò in crisi il settore delle esportazione delle materie prime, come anche il Sudafrica, che presentò una crescita molto debole. India e Cina invece continuano a crescere, anche se il tasso cinese scese sotto quello indiano. Questo rallentamento presentato a volte come crisi, in realtà ebbe comunque tassi di crescita invidiabili comparati a quelli dell’Occidente, inoltre va tenuta in considerazione anche la struttura interna della Cina. Il The Economist nel 2013 scrive “Benvenuti nel mondo post-BRICS”. Un interrogativo è proprio quello di chiedersi se i BRICS avranno futuro. Ad oggi hanno chiesto di aderire Argentina, Arabia Saudita, Indonesia, Iran, Algeria, l’Egitto, EAU, Senegal, etc. quindi paesi molto grandi. In questi ultimi due anni i BRICS sono tornati in auge come forma alternativa di collaborazione economica globale, che si svincola un po’ dai meccanismi governati dal dollaro o dalle istituzioni nate nel dopo guerra. Per esempio ci sono sistemi di trasmissione diversi dallo SWIFT, forme di scambio in monete nazionali e non in dollaro. Al centro di tutto questo discorso sta la Cina. CINA Al centro dell’avvento dei BRICS sta la Cina, nuova fabbrica del mondo, soprattutto dopo i Trattati stretti con gli USA in chiave sovietica sulla possibilità di investimenti americani per la manodopera a basso costo. Grandi settori dell’economia cinese iniziarono a lavorare sotto un profilo capitalistico, creando inizialmente enormi divari regionali e sociali. La dinamica di crescita era inaudita: si è industrializzato questo enorme paese, che è diventato parte essenziale della filiera produttiva mondiale. Dal 2012 la Cina è diventata il primo esportatore al mondo, con uno share di esportazioni al 50% del PIL. Alcuni studiosi la considerano la Gran Bretagna del XXI secolo. La Cina ha un profilo ideale come partner commerciale. È il principale partner commerciale per oltre 100 paesi al mondo, che insieme rappresentano l’80% della ricchezza mondiale. Si veda la mappa, nel 2000 la maggior parte del mondo faceva commercio con gli USA (blu), che nell’uscita della Seconda Guerra Mondiale aveva un’economia tale che corrispondeva alla somma degli altri, successivamente nel 2020 la Cina ha monopolizzato il mondo come principale partner commerciale (rosso). Nel 2012-2018 si riscontrò un certo raffreddamento della crescita da livelli del +9% al +6% anno, perché si verificò un mutamento dell’economia e della società cinese: i consumi interni avevano preso la meglio sull’esportazione e erano cresciuti i salari. Infatti, prima la Cina produceva beni che la sua popolazione non poteva permettersi, con l’aumento dei salari è aumentato il mercato interno e ora i consumi privati interni sono il principale propulsore dell’economia cinese. Cambiando la struttura sociale all’interno della Cina si ha ora una situazione in cui è emersa una nuova classe media di quasi 400 milioni di persone. Moltissime persone hanno lasciato la fascia della povertà assoluta (programma politico del governo con investimenti regionali) e la Cina ha iniziato una transizione verso una Vanessa Arnoldo STORIA ECONOMICA E SOCIALE [LT2210] 2022-23 Prof. Rolf Petri 35 COREA DEL SUD La Corea del Sud, partita come uno dei paesi poveri dopo la Guerra di Corea (1951-53), è diventata un modello di crescita per altri Stati della regione, anche per la forte presenza dello Stato. La Corea investì molto in politiche di educazione e ricerca per la formazione di capitale umano di alta qualità, ricerca e sviluppo. Ebbe un ruolo importante la tecnocrazia governativa, che con governi autoritari e politiche protezionistiche, aiutò lo sviluppo interno, ma sempre con attenzione alla competitività estera delle corporations sudcoreane. Le principali aree di sviluppo riguardarono l’industria siderurgia, cantieristica, automobili, chimica di base, e informatica e telecomunicazioni, tipo Samsung. Il reddito pro capite passò da 295$ del 1970 ai 38.000 $ del 2016. SINGAPORE Singapore è una città-Stato, con popolazione mista tra malese, tamil e cinese. È diventata il terzo centro della finanza mondiale dopo Londra e New York. È uno degli hub portuali più importanti del mondo, in quanto controlla lo Stretto di Malacca, dove passa il 40% del commercio marittimo mondiale. La strategia consistette in un oculato equilibrio tra intervento statale, libero mercato e apertura a investimenti esteri, investendo molto nei settori high tech. Produrre per il mondo e per sé stessi: lo sviluppo dei rapporti SUD-SUD Rispetto alla prima ondata di globalizzazione (1870-1914) e l’inizio della seconda (1973-1999), nel secolo XXI secolo le correnti di traffico, le dinamiche economiche e le prospettive generali si spostano di più verso l’interscambio Sud-Sud. Questo è senza precedenti nella storia. Al centro di questa dinamica sta la Cina. La vorace domanda cinese ha prodotto un super-ciclo dei prezzi delle materie prime. C’è una integrazione economica, con strutture e organizzazione di cooperazione economica nell’area pacifica, in Asia o comunque fondati o co-fondati con la stessa Cina. Questi spazi sono sempre più integrati sia in termini spaziali sia in profondità. Gli USA non hanno più alternative vantaggiose da offrire. Questo da un lato ha offerto nuove opportunità di crescita ai paesi esportatori di materie prime, specie quelli africani, che le precedenti esperienze con le potenze coloniali europee non avevano mai offerto. Dall’altro lato per alcuni paesi asiatici (Indonesia, Malesia), africani e sudamericani (Brasile, Cile, Venezuela, Perù) ha dato nuove opportunità e cambiato la struttura economica interna. Cooperazione Africa-Cina. Tutto questo è stato un fattore di attrattiva per i paesi africani. Dal 2000 in poi il PIL africano cresce a tassi buoni. Innanzitutto c’è la cooperazione Africa e Cina, la quale offre la possibilità di costruire infrastrutture – sostituendo quelle obsolete del periodo coloniale - e non finge di essere un benefattore. La Cina ha un’enorme fame di materie prime, quindi ha investito in infrastrutture per facilitarne l’esportazione (strade, porti, ferrovie), ma anche ha fatto una diversa politica di investimento senza porre ai paesi condizioni politiche per i vari progetti, quindi senza ingerenza politica. Al contempo le produzioni cinesi, che inizialmente erano anche di basso livello tecnologico o di bassa qualità, per gli africani erano prodotti abbordabili e che potevano utilizzare. Questo si tradusse in un mantenimento della bilancia commerciale abbastanza equilibrata con i partners africani, esportando beni di consumo cinesi a basso prezzo. Per la prima volta la popolazione africana povera accedeva ai beni di consumo semplici. Sempre più stati africani cominciano a pensare perché solo esportare ad altri stati se poi si tengono Vanessa Arnoldo STORIA ECONOMICA E SOCIALE [LT2210] 2022-23 Prof. Rolf Petri 36 il plusvalore? Alcune economie africane riuscirono a inserirsi nel mercato globale con i loro prodotti. Ma per ora la scarsa diversificazione rende lo sviluppo africano ancora dipendente e vulnerabile e i primi prodotti venduti continuano a essere materie prime. Il PIL africano cresca dal 2000 a tassi tra il 2-4%annuo. «Una delle novità maggiori sta però nel fatto che le pressioni americane trovano sempre meno spazio per affermarsi». DODICESIMA LEZIONE 29 NOVEMBRE 2022. 07_BAUMAN: “La società liquida postindustriale – lavoro e relazioni sociali”. Questa prima parte spiega il passaggio dalla modernità solida a quella liquida. Bauman spiega il passaggio da una realtà solida a una liquefazione dei rapporti instaurati e questo lo si vede anche nella sua biografia. Nasce nel 1925 a Colonia, nella sua vita ha attraversato la II Guerra Mondiale e poi è diventato professore di sociologia, nei primi anni Settanta si è spostato in Occidente. La dimensione biografica risuona, per esempio, sul fatto che è stato sposato per molti decenni con la stessa donna, ha vissuto in un contesto di socialismo reale, e poi anche quando si è spostato in Gran Bretagna, c’era ancora welfare state e diritti sindacali. Questo è ciò che mette nella modernità solida. Dagli anni Ottanta in poi invece iniziano i cambiamenti, si passa a una realtà più liquefatta e ciò coincide con il passaggio dall’era della prosperità all’era delle difficoltà economiche, coincidente con quello che per Baldwin e Martin è l’inizio della seconda ondata di globalizzazione. La sua idea è dimostrare un collegamento tra la descrizione dei comportamenti umani degli individui e le ragioni socioeconomiche, perché fondamentalmente Bauman resta un sociologo e gli uomini per lui rimangono degli animali sociali. (1a) L'ascesa e la caduta del lavoro Per spiegare che cos’è la modernità solida innanzitutto inizia con il parlare del LAVORO come categoria analitica, che diventa poi anche politica ed economica, il cui significato è risaltato nel passaggio all’industrializzazione. Nell’economia classica c’è l’idea che tutto il plusvalore e tutta la ricchezza si radichi nel lavoro, cosa che viene poi nell’Ottocento abbandonata dai marginalisti. I fattori di produzione nella funzione di produzione è terra, lavoro e capitale, e tutti hanno una produttività. L’industrializzazione diventa la forza preminente dei rapporti del mercato, il lavoro subisce una mercificazione. Questo passaggio per Bauman è un passaggio da una situazione premoderna, cioè quella dell’antico regime con le sue corporazioni, che era una società solida, a una situazione di incertezza con la prima industrializzazione. Nel primo passaggio dell’industrializzazione si sciolgono i rapporti solidi premoderni. Nella seconda metà dell’Ottocento assistiamo ad un cambiamento, dopo il 1850 a causa dello sviluppo del mercato capitalistico e dei sistemi tecnici-organizzativi si assiste ad una polarizzazione tra una crescente classe operaia da un lato e dall’altro i capitalisti-banchieri, ma una polarizzazione anche tra piccole imprese e grandi concentrazioni di capitale. Vediamo svilupparsi una forma di capitalismo manageriale, corrispondente alla seconda rivoluzione industriale (basata su ricerca scientifica e innovazione). Il grande capitale aveva convenienza di mercati regolati, si sviluppavano cartelli, monopoli, etc. e una razionalizzazione che consisteva nella creazione di impianti produttivi sempre più grandi, specialmente nell’industria manifatturiera. I mezzi di produzione spingono verso una situazione in cui c’è una maggior divisione del lavoro e si evidenzia la socialità dei rapporti produttivi. La pressione sulla terra andava diminuendo in Europa e pertanto cominciarono a migliorare i rapporti tra capitale e lavoro, c’era un alto grado di organizzazione sindacale e si arrivò a un miglioramento dei salari, infatti per il capitalista non era più così facile trovare lavoratori soprattutto quelli qualificati. Dopo la II Guerra Mondiale questo clima di stabilità, ordine e negoziazione ordinata e cooperazione si consolida ancora di più soprattutto attraverso lo Stato Sociale, che si rafforza nel dopoguerra. Questo significa per la vita delle singole persone negli anni Sessanta e Settanta una quasi riduzione della disoccupazione, c’erano grandi imprese che avevano interesse nell’instaurare relazioni più stabili con il territorio ossia coni loro lavoratori, che sono un grande contenitore di conoscenze tecniche. Questa appena descritta è per Bauman la modernità solida, simboleggiata anche dal fordismo, il quale alzava lui di iniziativa sua i salari sia per legare gli operai alla sua azienda sia per creare un mercato in cui lo stesso operaio poteva comprarsi una Ford, seppur quella economica. Vanessa Arnoldo STORIA ECONOMICA E SOCIALE [LT2210] 2022-23 Prof. Rolf Petri 37 Comunità liquefatta (1750-1870) - Epoca preindustriale: relazioni sociali ben definite e solida comunità organizzata - L’industrializzazione ha sradicato i lavoratori dai mezzi di sussistenza ed è il motore della generalizzazione delle relazioni di mercato. - Economia Classica: tutta la ricchezza viene dal “lavoro” - Polarizzazione lavoratori |capitalisti; nazioni ricche | nazioni povere Solida modernità (1870-1970) - Dopo il 1850, tendenza a superare l'insicurezza, inizia l'era ordinata, razionale e organizzata della solida modernità - Il "fordismo" simboleggia la solida modernità: uno standard/futuro universale - Il legame tra capitale e lavoro è rafforzato dalla dipendenza reciproca; - Grandi imprese e capitalismo manageriale - Alto grado di organizzazione sindacale; migliorare i salari - L’orizzonte temporale del capitalismo pesante era di lungo periodo; - Lungo legame dei lavoratori con un'azienda, la cui durata di vita supera di gran lunga la loro Modernità liquida (1970 - …) - Tutto ciò che era solido, diventa liquido - Tutto ciò che era a lungo termine, diventa a breve termine - Vedere come e perché Dopo gli anni Settanta tutto quello che è solido si liquefà, quello che era a lungo termine diventa a breve termine. Si rifà anche alla metafora del matrimonio e della coabitazione (riferimenti alla sua esperienza personale, dove una parte è obbligata, mentre l’altra può fare quello che vuole). (1b) Dal matrimonio alla convivenza Bauman strinse matrimonio durante la fase della modernità solida per reciproco interesse e per convenienza di capitale, nel senso che ognuno da qualcosa per far prosperare il rapporto. Successivamente diventa invece una coabitazione, se non una specie di divorzio. Bauman parla spesso di sintomi e di cause. I sintomi, cioè quello che si coglie in giro per la società, iniziano con l’ascesa dell’etologia neoliberista. Negli anni Settanta la disoccupazione stagionale diventa sempre più strutturale ed è colpa del lavoratore se non è più flessibile nel mercato del lavoro (non hai imparato abbastanza, non sei disposto ad andare in un altro posto, non vuoi imparare un nuovo mestiere, non cogli l’occasione, etc.). Il discorso è che è sempre colpa tua se fallisci. Il mercato è libero ed è l’individuo che si deve adeguare alla nuova struttura. Fino agli inizi degli anni Settanta la produttività andava di pari passo con l’aumento dei salari reali, dal 1972 circa in poi la produttività è impennata, mentre i salari reali crescono di una percentuale irrisoria: si crea un divario. Significa che qualcuno si è intascato questa differenza, evidentemente non è il lavoro, ma è il capitale. Si tratta di un cambiamento ideologico, che va di pari passo con politiche economiche che vanno a favorire la competitività e i margini del capitale. L'incertezza di oggi è di un tipo completamente nuovo: - La cooperazione sembra non essere più utile per affrontare i rischi; - L’incertezza è una formidabile forza "individualizzante"; - Le paure e le ansie si subiscono in solitudine; - Le persone stabiliscono legami deboli tra loro; C’è inoltre una libertà territoriale del capitale che prima non c’era, è diventata geograficamente fluida. Si consideri che inizia anche Internet negli anni Novanta, la telefonia satellitare, che sono cose che rendono possibile controllare una fabbrica dall’altra parte del mondo in tempo reale. - Il capitale si è liberato della sua dipendenza dal lavoro, conquistando la libertà di movimento, si abbandonano le legislazioni degli anni Trenta, per i controlli bancari o che ne limitano la libertà; - Il successo di un'azienda si misura in dividendi annuali e valore delle azioni; Vanessa Arnoldo STORIA ECONOMICA E SOCIALE [LT2210] 2022-23 Prof. Rolf Petri 40 Questo desiderio è una risposta a questa liquefazione, si desidera stare con gli altri in modo più armonioso e solidale. L’individuo umano non può sopportare il peso dell'insicurezza, preferisce le comunità. Per comunità si intende la forma di stare insieme precedente all’età industriale, un insieme regolato in cui uno nasce, non c’è mobilità sociale, cresce e muore al suo interno seguendo un percorso prefigurato. La modernità liquida fa tornare un certo nazionalismo, soprattutto vediamo nei paesi ex comunisti una visione della storia da un punto nazionalistico. Il nazionalismo è un modello esclusivo, che alimenta il desiderio di demonizzare l'Altro, di cosa/chi c'è fuori, infatti il concetto di "comunità" è intrinsecamente esclusivo. Questa tendenza è stata visibile in altri paesi europei, si fanno tornare in vita alcuni modelli comunitari. Ma si tratta di un falso ritorno, la Gemeinschaft premoderna non può essere restaurata! La sicurezza ha il suo prezzo: - Le comunità assomigliano più a prigioni, in quanto non ammettono che la libertà possa aumentare la sicurezza; - Le istituzioni sociali e tutti i legami, anche familiari, sono altrettanto effimeri; - Lo Stato sta smantellando sostanzialmente tutte le garanzie e tutele di sicurezza che una volta fornito; - Il corpo è “divenuto l'ultimo rifugio e santuario della permanenza. La solitudine del corpo e la solitudine della comunità sono i risultati più significativi della nuova società liquida. Si tratta di una visione di Bauman a tinte fosche. Dagli anni Ottanta a vari livelli la parola identità è entrata nell’uso pubblico e accademico, proprio per spiegare i processi come l’identità sessuale, nazionale, etc. è diventata una parola di grande significato. La periodizzazione coincide con il discorso di Bauman sulla società. Aver creato un nesso tra l’ambito economico e sociale che crea una vulnerabilità del lavoro, dei lavoratori, della società in generale, il tempo breve, la mancanza di coordinate per un piano di vita, tutto ciò crea un desiderio di comunità. Quello che al prof. non convince di Bauman è come lui intende il potere, che per lui non è più controllabile e gli stati nazione non possono fare più niente. Questa è una caratterizzazione incompleta, in un mondo in cui l’1% possiede il 40% del patrimonio mondiale. Il potere non è così anonimo, al giorno d’oggi è più corretto parlare di un’oligarchia. QUATTORDICESIMA LEZIONE 13 DICEMBRE 2022. 08_HUDSON: “Capitalismo del XXI – un neo-feudalesimo basato sulla rendita?”. Questo testo ripercorre l’arco cronologico della nostra discussione e fa ritorno anche alla storia romana e sumera. Ha una sua difficoltà, è un testo di un’economista a cui interessa il presente e il futuro, per questo lui salta in modo sistematico a seconda del tema. Hudson è stato un economista che ha lavorato a Wall Street e poi è diventato docente universitario. Ha pubblicato sulla bilancia dei pagamenti e sui flussi finanziari e sulla fine della convertibilità del dollaro con l’oro. Coglie il peso dell’economia industriale americana che si relativizza per la crescita di altri paesi (super-imperialismo). “Il futuro del capitalismo”: che tipo di capitalismo? Hudson inizia il suo saggio guardando all’idea di futuro che si aveva durante la rivoluzione industriale e l’industrializzazione.  Il futuro visto durante la Rivoluzione industriale e l’industrializzazione dell’Otto e primo Novecento. Agli albori dell’industrializzazione, quando prevaleva la teoria economica classica, c’era da parte degli economisti classici l’idea che si trattasse di superare il feudalesimo e i suoi residui, che si materializzavano nelle rendite, tipo fa monopolio, da cartello, etc. perché per gli economisti classici non erano redditi guadagnati con il lavoro e investimento, ma derivava da un privilegio. L’idea era abbattere il capitale improduttivo e convogliarlo verso investimenti in impianti e attrezzature industriali impiegando lavoro per produrre output con un profitto. Si è quindi voluto abbattere il capitale improduttivo, eredità del feudalesimo con: - Una tassazione gravante su patrimoni immobiliari; Vanessa Arnoldo STORIA ECONOMICA E SOCIALE [LT2210] 2022-23 Prof. Rolf Petri 41 - Una legislazioni anti-trust contro i privilegi commerciali monopolistici e del controllo monopolistico delle imprese; - Una nazionalizzazioni di monopoli naturali e infrastrutture; - Sulla regolazione di banche e interessi finanziari, assicurativi e immobiliari favorendo investimenti industriali; Questo per l’epoca corrispondeva al concetto di libero mercato. La visione del futuro era quella dell’innovazione industriale (l’investimento industriale, il progresso tecnologico), che porta ad un aumento della produttività, lo sviluppo dei livelli salariali deve essere in linea con la produttività che aumenta in favore del reddito da capitale (cfr. grafico visto anche nelle lezioni precedenti con divario dal 1971). Per Hudson siamo entrati in un capitalismo finanziario dove valgono altri paradigmi: l’abbattimento tecnologico dei costi di produzione come principale fonte di profitto e la concorrenzialità sul mercato dei consumi. Era questa la società dell’abbondanza e del benessere per tutti previsti ancora a metà Novecento.  Il futuro che si presenta dopo la finanziarizzazione post 1970. Dopo il 1970 l’asse si è invece spostato via dai profitti industriali sempre più ai “capital gains” tratti da variazioni speculative dei prezzi senza creazione di plusvalore/nuova ricchezza/benessere: - Austerità e riduzione dell’occupazione; - Imprese si indebitano principalmente per il riacquisto di azioni proprie; - Privatizzazione dei beni pubblici per abbattere il debito pubblico; - Le banche prestano principalmente ad altre istituzioni finanziarie; - La crescita del credito è dovuta alla speculazione; - Capital gains tratti da plusvalenze sui prezzi dei terreni e l’aumento dei prezzi per azioni e obbligazioni in borsa; - Il calo dei tassi di interesse dopo il 1990 ha aumentato la massa monetaria e la disponibilità di credito; La visione del futuro con il capitalismo dei fondi pensione, dell’economia della bolla e dell’austerità, così com’è oggi intuibile, sembra riportare alla servitù debitoria e una sorta di neo-feudalesimo. Capitalismo finanziario vs. capitalismo industriale La sua tesi è che nel capitalismo industriale la contraddizione centrale è salario versus profitto, lavoro contro capitale. I lavoratori sono minacciati da tecnologie salva-lavoro che causano disoccupazione e dalla delocalizzazione della produzione in paesi a basso salario. Il capitalismo industriale ha perso la battaglia storica di liberare l'economia dalle rendite post-feudali. Di conseguenza, lo sfruttamento del lavoro salariare è sempre più accompagnato da forme di sfruttamento finanziario. C’è una distinzione tra valore e prezzo e tra reddito e rendita, c’era una grande polemica contro le rendite e i nobili possidenti, che avevano patrimoni non tassati e non avevano necessità di essere reinvestiti nel circolo produttivo. Su queste basi si è sviluppato il capitalismo industriale fino a metà Novecento. Ora siamo entrati nel capitalismo finanziario, dove oltre al classico sfruttamento capitale/lavoro, è diventato altrettanto importante lo sfruttamento del lavoro per vie finanziarie. Alcuni aspetti qui citati sono particolarmente importanti per il mondo anglosassone, un po’ meno nell’Europa continentale, dove si gode ancora di un sistema di previdenziale pubblico. Il lavoro viene sfruttato per via finanziaria tramite il drenaggio del salario verso il debito attraverso: - Speculatori finanziari che svuotano i fondi pensione o riducono le pensioni; - Banchieri che gravano il lavoro tramite prestiti personali (casa, studio, salute); - Il settore bancario, immobiliare e assicurativo co-finanzia la previdenza sociale per sgravare le tasse sui ricchi; - Il carico fiscale sui lavoratori aumenta sgravando patrimoni e redditi da capitale, e servendo il debito pubblico. Vanessa Arnoldo STORIA ECONOMICA E SOCIALE [LT2210] 2022-23 Prof. Rolf Petri 42 Le osservazioni che ha fatto Hudson sono più attinenti al sistema americano. Al normale sfruttamento del lavoratore, al giorno d’oggi ti vorrebbe debitore sempre e su tutto (cfr. carte di credito USA). Un nuovo (vecchio) paradigma di sfruttamento: il surplus prodotto è diretto al servizio di debito, anziché essere investito in nuova formazione di capitale per impiegare lavoro e produrre benessere. A livello di legittimazione politica, un presupposto ne è stato la rimozione della teoria economica classica dall’insegnamento accademico e dal dibattito pubblico. Gli assioma base dell'economia classica creati nell’Ottocento: - Lavoro fonte ultima/unica di plusvalore - Distinzioni tra valore e prezzo - Distinzione tra reddito e rendita - Distinzione tra lavoro produttivo e non produttivo sono stati «definitivamente confutati» dalla teoria neoclassica. Quindi, la teoria neoclassica non fa distinzione tra reddito e rendita, sostenendo che in economia «non ci sono pasti gratuiti», quando invece le grandi ricchezze private ne sono di norma il frutto. Se pensiamo all’espressione oligarchi nei paesi ex comunisti, sono persone che si sono accaparrate disponibilità pubbliche, accumulando ricchezza e potere. Il capitalismo finanziario da fondo pensione Non essendoci un sistema di pensioni pubbliche, elaborato come nel contesto europeo, inizia negli anni Cinquanta un’idea di pensione aziendale. Grandi aziende hanno creato fondi di azione privata, venendo ai lavoratori azioni della stessa impresa per cui lavorano. Praticamente dagli anni ‘50 società industriali hanno trattenuto quote del salario dandole a dei brokers per investirle nei mercati azionari. Le azioni e le obbligazioni in cui è stato effettuato l'investimento erano azioni di società, in alcuni casi – di un Piano di azionariato dei dipendenti - dell'impresa in cui i lavoratori erano impiegati. C’era un’idea di orgoglio di appartenere a questa società, si consideri che ciò avveniva durante il periodo della cosiddetta modernità solida. Si prometteva così ai lavoratori di essere diventati essi stessi capitalisti, si responsabilizzano ulteriormente nei confronti dell’azienda. I lavoratori in realtà non avevano alcuna influenza né sulla gestione della loro azienda industriale né sulla gestione dei fondi pensione. I fondi pensione essendo grandi accumuli di capitale erano desiderio di altri attori del mercato finanziario. Questi sono stati trascinati nel mercato generale finanziario, perché si prometteva che avrebbero reso di più. Ai lavoratori è stato promesso di trarre profitto dai capital gain, ma hanno anche rischiato di perdere la pensione attraverso fusioni o fallimenti. I fondi pensione dopo la crisi degli anni '90 sono stati salvati dalle banche centrali, che hanno pompato più denaro nel mercato finanziario sostenendo così anche i fondi pensione. Quando si fanno grandi investimenti, si corrono grandi rischi. Con la crisi del 2008 si temeva il fallimento dei fondi pensioni con le relative conseguenze sociali e politiche. Sono intervenute nuovamente le banche centrali e i mercati finanziari si sono rivalutati mantenendo a galla i fondi pensione e altri fondi di investimento, grazie all'aumento dei prezzi di immobili, azioni, buoni del tesoro. Hudson sottolinea come l’effetto di tutto questo per i lavoratori sia un aumento in modo dinamico del costo della casa e dei mutui rispetto ai loro redditi da lavoro: i propri risparmi investiti attraverso i fondi pensione hanno quindi rincarato i loro costi di vita. Hanno contribuito involontariamente a rendersi il mutuo della casa inaccessibile. Hudson parla anche del divorzio tra capitale e impresa, questo è molto importante perché ci offre una chiave aggiuntiva di lettura. Ciò ci spiega molto la fluidità e l’incertezza che subentra. Con la crescita della borsa, il valore di un titolo azionario dipende dalle prospettive di capital gain. Il management dell’impresa si deve quindi orientare allo sviluppo del valore delle azioni in ogni quadrimestre, piuttosto che fare un piano di investimenti lungo. Fondi speculativi (Hedge Funds) possono rovinare per un capital gain un’impresa industrialmente sana. «Secondo le più rosee immagini dei manuali, il mercato azionario dovrebbe raccogliere fondi per l'industria. Ma la proprietà delle azioni si è staccata dalla gestione delle imprese, proprio nel momento in cui il settore finanziario Vanessa Arnoldo STORIA ECONOMICA E SOCIALE [LT2210] 2022-23 Prof. Rolf Petri 45 Al danno dell’impoverimento dell’economia reale si aggiunge così la beffa dell’ulteriore rafforzamento di quel settore bancario, che sta al nocciolo del problema. QUINDICESIMA LEZIONE 20 DICEMBRE 2022. Riguardo al tema dell’austerità di può dire che la reazione all’indebitamento pubblico, che viene stimolata secondo Hudson dai meccanismi del capitalismo finanziario a crescere, la reazione è tagliare la spesa pubblica, che porta allo smagrimento degli investimenti nell’economia reale. Un caso di riferimento è quello USA, dove le industrie private si sono spostate altrove con una deindustrializzazione, inoltre c’è un minore investimento pubblico, come la mancanza di treni veloci. L’austerità porta allo smagrimento dell’economia reale. L'economia dei salvataggi Vi è però un capitolo di spesa pubblica per cui l’austerità non esiste: i salvataggi di banche ed assicurazioni. Nel caso americano si può aggiungere anche la spesa militare. Hudson dice che una strategia bancaria funzionale sarebbe dare tanto credito quanto l’economia reale (ovvero le imprese e i lavoratori) necessita per produrre e può ragionevolmente restituire in base alla sua attività produttiva. Si ricordi la curva della produttività e del salario che dal dopoguerra andavano di pari in passo fino agli anni Settanta, poi si evidenzia un divario esponenziale. Una politica governativa funzionale sarebbe: - Punire creditori facili lasciandoli soli con l’inesigibilità dei crediti concessi al di là della capacità produttiva dell’economia reale; - Cancellare obbligazioni e derivati «tossici» inesigibili che gravano sulle attività produttive. L’ideale sarebbe che operazioni rischiose non gravassero sulla fiscalità generale, ciò è il tema delle leggi bancarie post 1929, che proibivano alle banche di partecipare alle speculazioni dei derivati se contemporaneamente supportavano le industrie. Queste leggi tra gli anni Ottanta e Novanta sono state un po’ alla volta abolite; - Lasciar fallire ed eventualmente nazionalizzare la banca che ha agito irresponsabilmente, e punire i responsabili se hanno agito contro la legge. Nel 2008 si ritiene invece che era necessario non far fallire quella banca, perché era troppo importante per il sistema. A quel punto il contribuente è obbligato a contribuire al salvataggio, una volta salvata il ciclo si ricompie. Infatti, succede che mentre il compratore di una casa in difficoltà è richiesto di restituire credito e interessi fino all’ultimo centesimo, i crediti marci ed inesigibili in pancia alle grandi istituzioni finanziarie vengono regolarmente incollati al budget pubblico, quindi alla fiscalità generale. La fiscalità a sua volta fa leva su lavoratori e imprese dell’economia reale delimitando le loro capacità di investimento, produzione e consumo. L’intreccio tra politica e oligarchia finanziaria crea spazi di impunità penale e civile e influenza la stesura di leggi sempre più favorevoli al settore finanziario. Free lunches: «Dopo tutto, la maggior parte delle grandi fortune nella storia è provenuta dal pubblico dominio (lo Stato, in quanto accentra la ricchezza). Il primo obiettivo è quindi prendere i finanziamenti e i salvataggi del governo e scappare. Il secondo è scoraggiare l'azione penale nei confronti dei responsabili trasformando i contributi elettorali nel diritto di nominare (o almeno esprimere un veto su) i principali amministratori pubblici.» (M. Hudson) L'era dell'economia spazzatura Economia classica nell’Europa del lungo Ottocento . Lo sviluppo dei paesi che si sono industrializzati dopo l’Inghilterra, tipo la Francia, la Germania e gli USA, che hanno inseguito e poi superato la Gran Bretagna, dal punto di vista delle scuole di economisti prevaleva un orientamento attento al settore pubblico, all’attività dello Stato. Gli economisti classici si proponevano di liberare l'Europa dalla eredità post-feudale delle rendite e incanalare il surplus che veniva tolto ai proprietari terrieri e banchieri verso impieghi industriali e di pubblica utilità. Fu l'orientamento prevalente nelle politiche europee dalla fine del Settecento alla prima guerra mondiale, soprattutto tra i conservatori, ma anche tra settori liberali. Esempi: Vanessa Arnoldo STORIA ECONOMICA E SOCIALE [LT2210] 2022-23 Prof. Rolf Petri 46 • In Gran Bretagna, Disraeli tra altre misure abbozzava un sistema sanitario pubblico; • In Germania, Bismarck promulgò un piano pensionistico per la popolazione. Nella loro visione, il capitalismo aveva un’intrinseca tendenza verso il 'socialismo’ ossia l’intervento regolatore governativo. Lo sforzo di controriforma. Lo sforzo di controriforma si basa sulla teoria economia neoclassica che costruisce modelli sull’ipotesi come funzionerebbe un’economia priva di interferenza governativa. E’ un mondo alternativo in cui: - L’economia non ha una vera banca centrale; - Le infrastrutture e i servizi sono privatizzati e il lavoro è efficiente in termini di costo pur in assenza di controllo su prezzi, antitrust, protezione dei consumatori e frodi; - Si limita l’analisi a variabili come i livelli salariali, i deficit pubblici e i prezzi al consumo in modo da «dimostrare» inesorabilmente che alla corsa al ribasso di salari, tasse, regolazione ecc. “non c'è alternativa”. Mentre le scienze naturali partono dalla realtà empirica, l'economia neoliberista parte da una finzione e ne ragiona in modo deduttivo (parte da una astrazione della realtà), con conclusioni pre-determinate dagli assioma. Dicono che: - Le economie crescono tagliando la spesa sociale, smantellando i regolamenti governativi e gravando gli utenti di tasse per istruzione, assistenza sanitaria e altri servizi pubblici; - I costi del lavoro devono essere abbattuti per rendere le esportazioni competitive; - I banchieri devono essere lasciati a decidere come meglio allocare le risorse e pianificare l’economia. Su questo mondo che non esiste, questa teoria in base agli assiomi porta alla dimostrazione che il mercato se lasciato in pace porta all’equilibrio e per raggiungere l’equilibrio bisogna abbassare i salari e le tasse. Per governare e plasmare l’opinione pubblica, la finanza: - Interferisce con elezioni politiche e la stesura delle leggi; - Acquista giornali, TV e media e tempo di comunicazione; - Finanzia think tanks e business schools «per creare un corpus di matematica ariosa che pretende di dimostrare che le controriforme neoliberali sono efficienti» (Hudson). Dalla servitù debitoria al neo-feudalesimo? Le riforme dei Gracchi 133-29 a.C. furono un movimento popolare a Roma, che promuoveva una legge agraria, che prevedeva il trasferimento della terra dai ricchi patrizi al resto della popolazione. La forte opposizione del Senato, in rappresentanza degli aristocratici e grandi proprietari terrieri, dopo decenni di conflitto anche armato sconfisse e soppresse ogni tentativo di riforma. Roma è stata la prima a non cancellare i debiti. Un'economia favorevole ai creditori (manus iniectio, addictus, ecc.) ha fatto scivolare l'Impero verso la servitù debitoria, in un plurisecolare declino verso l’«Età buia». È stato un regime di privilegi e rendite ereditarie, che soffocava la produzione, con infrastrutture e istituzioni in decadenza, fino al pieno regresso verso le economie decentralizzate e auto-sufficienti dei feudi medievali. Oggi come a Roma? - Oggi l'appropriazione ed espropriazione delle risorse è diventata una dinamica finanziaria a sé, che opera in modo più velato, in un contesto politico più democratico, rispetto alla conquista militare. - Una schiera impersonale di istituti bancari sostituisce il sequestro con la forza delle armi. - A differenza dei servi della gleba, i moderni servi del debito sono liberi di vivere dove vogliono, o almeno dove possono permetterselo; possono acquistare un immobile stipulando un'ipoteca e pagandone gli interessi alla banca, ma ovunque vivano, portano con sé i loro debiti, dai mutui ai prestiti studenteschi ai debiti contratti con le carte di credito. Vanessa Arnoldo STORIA ECONOMICA E SOCIALE [LT2210] 2022-23 Prof. Rolf Petri 47 - Inoltre, a differenza della guerra, la conquista finanziaria non uccide direttamente, è molto più «gentile». Eppure l’austerità provoca povertà, scoraggia la formazione della famiglia, il matrimonio e il tasso di natalità e accorcia la durata della vita. L'obiettivo del neoliberismo: «È quello di serrare il potere come ha fatto Roma: riducendo la maggior parte della popolazione a dipendere dal debito. E proprio come a Roma, il sovraccarico di debito oggi non può essere pagato. La domanda è: come non verrà pagato? La società si renderà conto della necessità di cancellare il debito oppure consentirà un altro massiccio pignoramento facendo a pezzi la società e riducendo i debitori a nuovi servi?» (Hudson) «Il sogno dei reparti marketing delle banche, dopotutto, è che tutti spendano l’intero reddito disponibile oltre i bisogni primari (da mantenere ai minimi) e l’intero flusso di cassa aziendale come servizio di debito». (Hudson) Non deve essere in questo modo! Il «libero mercato» nella teoria economica «classica» crea un equilibrio tra prezzi da un lato, il costo-valore dall’altro, perché non sosteneva che il prezzo fosse corrispondente al valore. Il libero mercato puntava a marginare il settore delle rendite e gravarlo di tassazione (cosiddetta: patrimoniale), in questo modo venivano neutralizzati, inoltre i crediti/debiti dovevano emettersi a scopo produttivo, non speculativo. Nella sfera del debito pubblico, il miglior modo per ridurre il sovraccarico fiscale di un'economia è astenersi dalle guerre.  «Sin dai tempi di Adam Smith, la logica della riforma del libero mercato è stata quella della pace» (Hudson). Simili idee hanno informato le linee guida della politica economica per rendere le economie più produttive ed efficienti, specialmente nei paesi che rincorrevano lo sviluppo britannico (Francia, Germania, Stati uniti, Giappone, e altri paesi) cercando di diventare industriali e produttivi anche più dell’Inghilterra. - Henri Saint-Simon in Francia promuoveva un'unione tra industriali e lavoratori contro la classe dei rentier, per uno sviluppo industriale guidato da ambiziosi progetti dello Stato; - Friedrich List in Germania, Simon N. Patten negli Stati Uniti credevano nell'infrastruttura pubblica come il «quarto fattore di produzione», il cui rendimento era misurato non dai profitti ma dalla sua capacità di abbassare la struttura dei costi di produzione; - La creazione di denaro pubblico - in particolare i biglietti verdi americani emessi durante la guerra civile - evitava ai contribuenti di dover pagare gli obbligazionisti. La ricetta dell’economia mista è ad esempio quella dell’Italia. Simili idee "stataliste-socialiste" di intervento pubblico furono i motori dietro al dinamico raggiungimento e sorpasso industriale della Gran Bretagna da parte di questi paesi. Il loro successo è stato quello di un’economia mista, in cui il settore pubblico e il settore privato svolgono funzioni complementari, con l'interesse generale formulato dal governo. La primaria fonte di squilibrio. Crediti e debiti non sono un male in sé. Il credito/debito è stato necessario da quando una divisione del lavoro si è sviluppata con i ritmi stagionali e gli intervalli tra la semina e il raccolto nel ciclo agricolo neolitico. È necessario ovunque vi sia un divario temporale tra l'investimento iniziale e il prodotto finale che viene consegnato e pagato. L'interesse è documentato sin dal terzo millennio a.C. come un modo per le istituzioni pubbliche sumeriche di stimare la giusta quota dei loro guadagni sui progressi commerciali. I tassi di interesse sono stimati sulla possibilità di restituzione. La maggior parte dei debiti agrari era dovuta agli esattori reali, principalmente per i canoni di affitto dei terreni o per acqua, trasporti e prestiti al consumo. Quando questi debiti crescevano troppo, anche a causa di disastri naturali e sconvolgimenti bellici, tanto da creare disordini e povertà, i governanti cancellarono i debiti per ripristinare l'ordine politico e risanare l’economia. Non si illudevano che il ristabilimento di un equilibrio economico fosse un effetto automatico, sapevano che era richiesto il loro intervento. L’intervento di azzeramento dei debiti era facilitato dal fatto che la maggior parte dei debiti fosse dovuta ad autorità governative e/o religiose, non a privati. Oggi si vuol far credere in un’economia che, se lasciata far da sola, ristabilisce l’equilibrio da sé a patto che tutti i debiti siano pagati! Inoltre, si sostiene che non esistano “pasti gratuiti” ovvero, non esistano né abbiano Vanessa Arnoldo STORIA ECONOMICA E SOCIALE [LT2210] 2022-23 Prof. Rolf Petri 50 per comprarla in modo significativo (bottegaio/artigiano). Infine i capitalisti e la borghesia e alta borghesia che hanno i mezzi di produzione e comprano la forza lavoro. - Sei regioni dell’UK, quali erano e in cosa erano specializzate. Lancashire distretto cotoniero / Yorkshire industria laniera / Midlands miniere di carbone / Cornovaglia stagno e rame / sud zona agricola / nord pastorizia. - Descriva in termini brevissimi il mutamento provocato dall’industrializzazione nella struttura settoriale dell’economia di un paese e con quali parametri si determina che quel mutamento è concluso. Per mutamento settoriale si intende un cambiamento nella composizione settoriale di una economia. Si valuta la produzione del primario secondario e terziario. - Come si è evoluta la famiglia. Dagli anni Settanta si sente la diversificazione del modello di famiglia. Si passa dalla famiglia monogamica e borghese a nuovi modelli con coppie che convivono non sposate, divorzi, riduzione del numero delle nascite, lavoro femminile per l’integrazione del reddito familiare e supporto dello stato con asili nidi, etc. La madre single non veniva più marginalizzata, ma sostenuta. Le famiglie tendevano ad abbandonare le grandi case dove vivevano più generazioni per trasferirsi in piccoli appartamenti in città. Le famiglia sviluppano nuove attività per il tempo libero: shopping, vacanze, tv. Con il crescere dell’incertezza sociale, la famiglia torna ad essere vista come una sorta di assicurazione (nonni, risparmi, casa). - Cos’è l’utopia liberale. L’utopia liberale si sviluppa nel corso dell’Ottocento e consiste nell’idea che la società i sviluppasse verso un’evoluzione egualitaria, dove la società ideale corrisponde ad una associazione libera di individui liberi. Si tratta quindi di una società senza classi, dove gli individui sarebbero stati liberi e si sarebbero incontrati nel libero mercato. L’individuo è il protagonista. ++ borghesia. - Definizione di industrializzazione. Il processo di industrializzazione è quel mutamento strutturale che porta un’economia, che prima era agricola, a una accelerazione del prodotto industriale sul precedente. Si può considerare concluso questo processo quando la produzione industriale supera quella agricola e quando l’impiego industriale supera l’impiego agricolo. - Quali 5 paesi si sono industrializzati prima della Grande Guerra? Elenchi inoltre 5 regioni già pienamente industrializzate entro il 1914 che facevano però parte di Stati complessivamente non ancora pienamente industriali. Gran Bretagna, Belgio, Svizzera, Francia e Germania. Boemia, Catalogna, Piemonte, Lombardia, Bassa Austria, Budapest, Polonia. - Descriva brevemente perché l’utopia liberale di una società egalitaria convergente secondo Heywood si infrange nella seconda metà dell’Ottocento. Nella II metà dell’Ottocento l’idea dell’utopia liberale di una società egalitaria convergente, cioè secondo cui la società sarebbe sempre più confluita verso il ceto medio, crolla, in quanto non è più in grado di interpretare la realtà sociale. Infatti, la trasformazione sociale non si conforma a questo modello, ma anzi si realizza l’opposto: invece di una convergenza si ha una polarizzazione sociale tra lavoratori e capitalisti. Inoltre anche il libero mercato non divenne quello della libera concorrenza, ma sempre più oligopolistico. Lo stato in tutto questo diventa un attore sempre più impotente. - Cosa distingue il lavoro artigianale dal lavoro industriale? Ciò che distingue il lavoro artigianale da quello industriale è che il secondo è caratterizzato dal processo di meccanizzazione. Al centro del sistema di produzione artigianale c’è il laboratorio, dove il lavoratore attraverso utensili pratica la produzione, in considerazione anche della sua abilità. Il sistema industriale sviluppatosi da metà del Settecento ha nel suo nucleo la fabbrica, ossia un luogo dove la produzione si realizza mediante macchine, le quali sostituiscono il lavoro manuale e mentale dell’uomo. - Quali sono i periodi della prima e seconda ondata di globalizzazione? Dal 1870 al 1914 e dagli anni Sessanta ad oggi. - Descriva brevemente in cosa si assomigliano e si differenziano la prima e la seconda ondata di globalizzazione in tema di migrazione e costo dei fattori, flussi finanziari, etc. (Baldwin e Martin). I livelli di flussi finanziari e dell’integrazione e dei mercati a livello globale erano più alti nella I ondata, che nella II (nb. Legge bancaria). I flussi della II ondata sono di breve durata, molto veloci, mentre nella I sono di lunga durata. Nella I ondata si ha una struttura unilaterale del commercio: il Sud fornisce manodopera e materie prime, il nord esporta prodotti manifatturieri; nella II questo cambia, il sud diventa fornitore di prodotti finiti e ci sono più investimenti. In entrambe diminuiscono i costi del trasporto, nella I con la navigazione a vapore, ferrovia, etc. Nella II aereo, conteiners, etc. Diminuiscono i costi di comunicazione, prima telegrafo e ora internet. ++ Vanessa Arnoldo STORIA ECONOMICA E SOCIALE [LT2210] 2022-23 Prof. Rolf Petri 51 migrazioni nella I, aumento salari europei, diminuzione salari USA. La II ondata non ebbe questo afflusso, perché nel sud globale con la globalizzazione si crearono nuove opportunità di crescita e lavoro. Flussi di capitale ora enormi a ritmo frenetico, prima ridotti e lenti. La II ondata ha assistito a una rapida convergenza del reddito tra nazioni. - Descriva a grandi linee i mutamenti del lavoro dalla fine della Seconda Guerra Mondiale alla fine del Novecento, in Europa, secondo Kaelble. Per Kaelble l’evoluzione del lavoro si può suddividere in due sotto periodi. Si passa da una società europea divisa in 2 settori lavorativi a una società sempre più omogenizzata. Si arriva a più lavoro nel settore dei servizi, lavoro femminile, carriere più fluide, formazione permanente, tassi di disoccupazione più alti, meno sicurezza. Più nel dettaglio tra il 1945-80 regna la grande industria con il lavoro manuale sempre più meccanizzato, con contratti a lungo termine, con una crescita della divisione del lavoro. L’idea di classe era collettiva e il tasso di sindacalizzazione era molto alto. Dal 1980 al 2000 si ebbe una trasformazione delle grandi aziende, emerse la produzione computerizzata che rimpiazzò il costoso lavoro degli operai. Erano richieste nuove abilità lavorative, le relazioni tra operaio e azienda diventano precarie, la sindacalizzazione decresce, l’incertezza aumenta: le parole d’ordine sono flessibilità, innovazione e immaginazione.
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