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Conseguenze socio-economiche Prima Guerra Mondiale e Anni '20: Fine Sistema Economico Libe, Appunti di Storia Economica

Le conseguenze socio-economiche della prima guerra mondiale e degli anni '20 in europa e stati uniti, con particolare attenzione al cambiamento del sistema economico mondiale e alla nascita del nuovo ordine economico mondiale dopo la conferenza di bretton woods. Della fine del sistema economico liberale, dei problemi dei debiti di guerra e delle riparazioni, della fragilità della crescita economica e della risposta dello stato all'economia mista.

Tipologia: Appunti

2022/2023

In vendita dal 22/02/2024

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Scarica Conseguenze socio-economiche Prima Guerra Mondiale e Anni '20: Fine Sistema Economico Libe e più Appunti in PDF di Storia Economica solo su Docsity! Università Cattolica del Sacro Cuore 2022/2023 Corso di Politica Economica I, Gr. A-C CORSO DI STORIA ECONOMICA PARTE 2 GRUPPO A-C, DOCENTE: ANDREA MARIA LOCATELLI UNIVERSITÀ CATTOLICA DEL SACRO CUORE - MILANO (UCSC MI) Gli appunti qui riportati riguardano la seconda parte del corso di Storia Economica. Sono stati accuratamente raccolti sia durante le lezioni in aula che dalla consultazione del libro di testo consigliato. Ho fatto del mio meglio per catturare i concetti chiave, le teorie fondamentali e gli esempi pratici, al fine di offrirti uno strumento di studio efficace. Questi appunti rappresentano una sintesi delle lezioni e del materiale di lettura, con l'obiettivo di fornire una panoramica comprensibile e organizzata del corso. Essi mirano a facilitare la comprensione e a offrire un riferimento rapido per gli argomenti trattati.
 Università Cattolica del Sacro Cuore 2022/2023 Corso di Politica Economica I, Gr. A-C Le conseguenze socio-economiche della Prima Guerra Mondiale & gli anni ’20 in EU e USA [Capitolo 9] Con la Prima Guerra Mondiale si giunge alla fine del sistema economico liberale, cioè quel sistema economico caratterizzato dal Gold Standard e dal capitalismo liberale: la guerra determina il cambiamento del sistema economico mondiale. In particolare, si diffonde la convinzione che la guerra fosse uno strumento valido per far prevalere un’egemonia e conquistare nuovi territori. LA GRANDE GUERRA E GLI ANNI ‘20 1. Il conflitto tra i paesi europei, Russia, Gran Bretagna e Francia contro l’Impero Austro- Ungarico, Germania e Turchia, rompe tutti gli equilibri dell’800: la pace del Congresso di Vienna, il predominio inglese, il ruolo di potenza mondiale della Francia saltano, l’equilibrio si rompe. A Russia, Gran Bretagna e Francia, Germani, Impero Austro-Ungarico e Turchia si aggiungono anche l’Italia e USA; 2. La guerra provoca delle conseguenze immediate e di lungo periodo sul piano economico e politico: un esempio di conseguenza di lungo periodo è la nascita dell’URSS, cioè l’affermazione del modello comunista e stalinista. Un altro esempio di conseguenza di lungo periodo è che la Prima Guerra Mondiale coinvolge tutto il mondo, anche l’india, l’Australia e Sudafrica, che entrano nel sistema della guerra, e da cui ottengono conseguenze economiche; 3. Con la fine della Guerra, gli anni Venti sono anni di crescita. In particolar modo, questa crescita ha un protagonista: gli USA. La Prima Guerra Mondiale determina l’affermazione politico, economico e militare mondiale degli Stati Uniti, per effetto della guerra. Tuttavia, nell’ottobre del 1929 terminerà questa crescita (la Prima Guerra Mondiale segna l’agonia del capitalismo liberale e la 1929 è il giorno di dichiarazione di morte del capitalismo liberale); 4. Questo periodo, segnato dal dominio USA è un periodo di crescita, ma vi sono una serie di difficoltà di ordine finanziario e monetario: il Gold standard trova delle difficoltà, degli ostacoli; IL CONFLITTO E LE SUE CAUSE Le ragioni per le quali la guerra diventa mondiale sono: - Cause politiche ed economiche: • la Prima coinvolge le colonie, i mercati di sbocco. Da ciò si arriverà al Nazionalismo economico, che diventerà di ragione politica, in quanto prevede il confronto tra stati. • L’ascesa della Germania, protagonista della Seconda Rivoluzione Industriale, che vantava di importanti miniere di ferro, di zinco e carbone localizzate nella regione dell’Alsazia e Lorena; • Disgregazione dell’Impero Turco: attraverso la Turchia si arrivava verso i paesi produttori del petrolio, come la Mesopotamia, l’attuale Iran, Iraq, la principale fonte energetica; • La crisi dei processi di industrializzazione, che determina contrasti economici (soprattutto nei Balcani), una forte conflittualità tra popoli dominanti e quelli assoggettati (Imperi tedesco, austriaco, russo e turco); - Enormi costi umani, economici e sociali: • La Guerra distrugge capitale umano; • Inoltre, nascono nuove innovazioni e tecnologie, applicate alla produzione di armamenti: aumentano il costo economico della guerra e il suo potere distruttivo vi è un crescente intervento dei governi in ambito economico; • Interruzione dei flussi commerciali; Università Cattolica del Sacro Cuore 2022/2023 Corso di Politica Economica I, Gr. A-C PERCHÉ IL RITORNO AL GOLD STANDARD ERA COSÌ ATTRATTIVO I paesi europei vincitori della guerra, Gran Bretagna, Francia e Italia, vogliono tornare alla situazione del capitalismo liberale e al Gold Standard per diversi motivi: - Non c'era una grave disparità nel tasso di progresso economico tra i principali paesi industriali e gli sviluppi in entrambi i continenti (Europa e America) erano in parte complementari. - La supremazia europea non era all'epoca seriamente minacciata; - La divisione internazionale del lavoro che si era sviluppata nel corso del secolo precedente e la libertà con cui le risorse venivano trasferite tra le nazioni (cibo e materie prime dalla periferia ai centri industriali) davano stabilità al sistema. - Il Gold standard Internazionale poteva essere migliorato per farlo funzionare al meglio. Per conseguire il suo ritorno, bisognava che i questi paesi adottassero delle scelte politiche, (concetto che l’economia è strettamente legata all’economia) due in particolare: - Il tentativo di ricostituire il Gold Standard; i paesi vincitori avevano in mente di tornare al vecchio sistema monetario, al Gold Standard. - Trattati di pace, cioè accordi politico militare, strettamente legate alle questioni economiche. IL TRATTO DI VERSAILLES (28 GIUGNO 1919) In particolare, il trattato di Versailles, è uno dei trattati di pace che pose ufficialmente fine alla Prima Guerra Mondiale. Il trattato fu firmato da 44 Stati il 28 giugno 1919 e Germania, Austria ed Ungheria non parteciparono alla "conferenza", ma si limitarono a firmare il trattato finale il 28 giugno, dopo le minacce, da parte dei vincitori, di una ripresa della guerra se non lo avessero fatto. Invece, gli Stati Uniti d'America non ratificarono mai il trattato. Questo trattato di pace prevedeva: - Nuovi confini della Germania, e quindi nascita di nuovi stati indipendenti e smembramento dell'impero coloniale tedesco; - Restrizioni militari per la Germania; - Riparazioni e indennità di guerra per i paesi responsabili; - Il saldo dei debiti di guerra; - La Società delle Nazioni, previsto da uno dei Quattordici punti del presidente degli Stati Uniti d'America Thomas Wilson. La Società delle Nazioni era un'organizzazione intergovernativa con lo scopo di arbitrare i conflitti tra le nazioni prima che si arrivasse alla guerra. Purtroppo, la tale organizzazione risulterà fallimentare, per diversi motivi, come la mancata presenza degli USA e Germania. Il trattato d Versailles prevede: - Smantellare gli imperi e punire, attraverso il pagamento delle indennità di guerra, i "paesi colpevoli" che avevano causato la guerra, cioè la Germania e l'Impero austro-ungarico che devono pagare i costi della guerra. La Germania perde il 13% del suo territorio; - Ricostruire le «frontiere storiche», per tornare rapidamente alla normalità e alla ripresa economica: 10 nuovi stati, e quindi 10 nuovi mercati e 10 nuove monete. - Con la nascita i nuovi Stati, avviene l’affermazione del principio di «determinazione nazionale» (i 14 punti del presidente Wilson) che si basa sul principio etnico nazionalista, secondo il quale ogni etnia ha il diritto di avere un’entità nazionale, un territorio in cui vivere pacificamente. Università Cattolica del Sacro Cuore 2022/2023 Corso di Politica Economica I, Gr. A-C I PROBLEMI DA AFFRONTARE NEL DOPO-GUERRA Oltre, alle incertezze istituzionali e all’indebitamento estero, i nuovi stati dovettero affrontare una serie di questioni: 1. La riforma agraria: per motivi politici ed economici, i latifondi andavano ridimensionati e questo richiedeva riforme che erano politicamente difficili ed economicamente travagliate, a causa del calo di produttività; 2. Il ridirezionamento del commercio: bisognava riorganizzare il mercato interno ed espandersi verso i mercati internazionali, e ciò richiedeva tempo; 3. Il ricompattamento e il ridimensionamento delle infrastrutture, precedentemente appartenute ad altre realtà nazionali, e che avevano standard diversi. Si pensi a Vienna che prima della guerra vera capitale dell’impero e successivamente si ritrova essere capitale di un paese nettamente più piccolo; 4. La promozione dell’industria, che interessò solo pochi paesi, come la Cecoslovacchia e Austria. In conclusione, la riorganizzazione territoriale dell’est europeo, che si ritrova pieno di nuove realtà politiche, richiede tempo e, soprattutto di un lungo periodo di pace e prosperità, per consoliderai internamente ed internazionalmente. Tuttavia, questo non accadde a causa della - Grande crisi; - Lo scoppio della Seconda Guerra Mondiale. Per questi motivi, l’Europa dell’est rimarrà instabile e debole, e quindi facile preda per i paesi dell’Europa occidentale. UNA RIPRESA ECONOMICA IRRAGGIUNGIBILE Tuttavia, si ritiene che i trattati di pace abbiano ostacolato la ripresa dell’Europa per diverse motivi: 1. Perché la ridefinizione dei confini provocò nazionalismo e alterò le relazioni economiche, interrompendo il commercio internazionale. Il principio etnico nazionalista, provoca un forte nazionalismo economico, genera un confronto tra stati, che altera le relazioni economiche minacciando il commercio internazionale. Il trattato non si tiene conto della sostenibilità economica; 2. Perché hanno privato la Germania delle sue più ricche risorse agricole e industriali. In particolare, la Germania possedeva: • L'Alsazia-Lorena torna alla Francia; • La valle della Saar, ricca di carbone, occupata dalle truppe francesi; • L'Alta Slesia, ricca di minerali, alla Polonia; • Perdita di ¾ dei minerali di ferro, della maggior parte dei minerali di zinco e di ¼ delle risorse di carbone (cedute ai Paesi vicini); • Perdita del 13% del territorio e del 10% della popolazione; • Colonie occupate dagli Alleati, in particolare Gran Bretagna e Francia; • Confisca della marina mercantile. 3. Perché lasciarono irrisolte le questioni dei debiti di guerra e delle riparazioni. In particolare, l’obiettivo degli Stati vincitori è quello di far pagare ai tedeschi i costi della guerra (la somma da pagare è legata sia al trasferimento di beni materiali, che al versamento di rate) e con questi soldi, Gran Bretagna, Francia, Italia e altri paesi pagano i debiti con gli Stati Uniti: le riparazioni tedesche servono per coprire il debito pubblico e pagare i debiti di guerra europei verso gli Stati Uniti. [Riparazioni: somma di denaro che viene pagata dopo una guerra dal Paese sconfitto per i danni e le lesioni che ha causato in altri Paesi. Usato soprattutto per il risarcimento richiesto alla Germania dal Trattato di Versailles dopo la Prima Guerra Mondiale]. In particolare, punire la Germania significa distruggere il paese protagonista della Seconda Rivoluzione: punire la Germania, significa distruggere il mercato più rilevante in Europa. La ripresa economica, a cui tanto si ambisce, risulterà irraggiungibile, un utopia, cos’ì come il ritorno al Gold Standard. Università Cattolica del Sacro Cuore 2022/2023 Corso di Politica Economica I, Gr. A-C LA QUESTIONE DELLE RIPARAZIONI Nei 14 punti del presidente americano Woodrow Wilson che costituirono la Pace di Versailles del 1919, ve n’era uno che prevedeva che la Germania, ritenuta responsabile della guerra, debba pagare una somma “riparatrice”, un’indennità, per i danni arrecati alla popolazione civile degli Alleati e alle loro proprietà a causa della sua aggressione per terra, mare e aria. In particolare, non vi erano fissati i parametri quantitativi e l’interpretazione dei danni poteva essere più o meno estesa. Per arrivare a una proposta operativa, venne nominata una commissione per le riparazioni con sede a Berlino. In particolare, l’idea è quella che la Germania paga, attraverso rate annuali, i finanziamenti americani della Gran Bretagna, Francia e Italia. La prima proposta, del 1920, fu del pagamento di 269 miliardi di marchi d’oro e a cui i tedeschi risposero chiedendo una revisione. Nel gennaio 1921 la commissione propose una somma di 226 miliardi di marchi d’oro (a cui si aggiunge un prelievo del 12% sulle esportazioni tedesche). Infine, nel maggio 1921, considerate di nuovo inaccettabili dalla Germania, si arrivò a stabilire la somma di 132 miliardi di marchi d’oro, da pagare a rate con un tasso d’interesse del 6%. Dopo un primo versamento di 1 miliardo di marchi oro effettuato il 31 agosto 1921, la Germania comunicò nel dicembre dello stesso anno l'impossibilità a proseguire nei pagamenti, chiedendo una sospensione della scadenza delle obbligazioni. Le potenze vincitrici procedettero dunque con l'occupazione della Ruhr nel 1923, importante regione caratterizzata dalla presenza di miniere di carbone, alla quale i tedeschi risposero con forme varie di resistenza passiva. In particolar, a fronte di questo stallo, la Germania ha riconosciuto l’importanza di: - Stampare più carta moneta, per pagare i lavoratori della Ruhr che non ricevono stipendio dai francesi (e questo causa di iperinflazione, aggravando soprattutto la classe media). Infatti, I paesi vincitori, non volendo la moneta svalutata tedesca, chiedono di non pagare i debiti in cartamoneta, ma chiedono il trasferimento del gettito fiscale delle imposte della Germania alla Gran Bretagna, Francia e Italia. Per gettito fiscale si intende l'insieme delle entrate destinate all'erario di uno Stato che derivano dall'imposizione fiscale sui cittadini contribuenti. - Chiedere una ridiscussione del meccanismo delle riparazioni. IL PIANO DAWES (1924) E IL PIANO YOUNG (1928) Nel 1924, sulla questione delle riparazioni, intervengono gli Stati Uniti, che decidono di applicare il piano Dawes, promossa da Charles Dawes, banchiere a cui il presidente Wilson incaricò per redarre un piano economico. Il piano prevede: - Pagamento di rate annuali delle riparazioni; - Stati Uniti concessero alla Germania un prestito internazionale, attraverso l’emanazione di titoli di mercato tedeschi, collocati sul mercato finanziario di Wall street. Questo permise alla Germania di iniziare l’ascesa economia, e quindi pagare i debiti, coprire qualche altro buco della bilancia dei pagamenti tedeschi e e vi era la possibilità di tornare al Gold Standard. Il piano Dawes ha un grande successo: tutti in America comprano i titoli di stato tedeschi, perché il tasso di interesse era molto alto, del 15%. In particolare, l’iperinflazione ha “obbligato” la Germania a una riorganizzazione della Reichsbank, la Banca Centrale Tedesca: in particolare, si introduce una nuova valuta, il Renten Mark, la cui stabilità era garantita: • Dagli immobili, dalle terre e dagli edifici tedeschi; • Dal prestito internazionale, attraverso l’emanazione di titoli di mercato tedeschi, collocati sul mercato finanziario di Wall street, comprati prevalentemente dagli Stati Uniti. Università Cattolica del Sacro Cuore 2022/2023 Corso di Politica Economica I, Gr. A-C - Francia, che subì grosse perdite durante la grande guerra, a cui si aggiunse una grande instabilità politica che afflisse il paese. Tuttavia, grande stabilità lo possiamo trovare nel franco, grazie all’accumulo di oro e approfittando dell’instabilità della sterlina. A ciò li lega anche un miglioramento nell’attività di esportazioni. - Italia, che, dal punto di vista politico, la situazione era drammatica, facendola sprofondare in una dittatura durata 20 anni, per diversi motivi: • Difficile processo di riconversione delle industrie, con conseguenti fallimenti di imprese e banche; • Tensioni sociali, legate alla crescente disoccupazione e all’inflazione; • Gli sviluppi politici, con l’ascesa del partito sociale e popolare; • L’atteggiamento quasi “menefreghista” del Re. - A ciò si legano problemi che il governo fascista dovette affrontare, come lo squilibrio della finanza pubblica, il problema del pagamento dei debiti verso la Gran Bretagna, e la stabilizzazione della lira. In complesso, gli anni ’20 furono anni abbastanza positivi per l’economia italiana.; - Stati Uniti, che registrarono in questi anni una rapida crescita economica: la diminuzione della tassazione, crescita dei salari e la politica monetaria espansiva, favorì un clima favorevole per gli investimenti. I protagonisti di questa ascesa economia furono senz’altro le Grandi imprese, che attuarono il modello di produzione basato sulla standardizzazione del prodotto, in settori come quello automobilistico, la radio, il telefono, il cinema e così via. A ciò si lega cambiamenti socio-culturali, come l’estensione del voto alle donne, il proibizionismo, il jazz e così via: si sviluppa il concetto di American way of life fatta di beni di consumo durevoli, di libertà intrapresa, rottura delle tradizioni. LA FRAGILITÀ DELLA CRESCITA Dall’altra parte, vi è una fragilità della crescita, dovuta da: - Difficile ripresa del commercio internazionale (protezionismo e nazionalismo economico), in quanto i paesi occidentali decidono di mantenere le barriere protezionistiche introdotte nella Prima Guerra; - A livello mondiale, matura una caduta dei prezzi relativi prodotti agricoli (l’agricoltura, in quel periodo produceva la maggior parte del PIL dei paesi). La caduta dei prezzi determina una caduta del potere di acquisto di ampie fasce della popolazione. - Radicale evoluzione del mercato internazionale dei capitali e sua fragilità: Wall street è segnata da inesperienza USA. Infatti, si registra un eccesso di crediti, di liquidità, e concentrati in alcuni paesi, specialmente negli USA, e a breve termine. La borsa di Wall street attira capitali, e quando il sistema crollerà, sarà un bel danno. Per l’esame, studiare le questioni generali Il trattato di Versailles, ha determinato l’inizio della caduta del capitalismo liberale, ha generato una serie di problemi. Università Cattolica del Sacro Cuore 2022/2023 Corso di Politica Economica I, Gr. A-C La prima grande crisi internazionale [capitolo 11] Alla fine degli anni ’20 si sviluppa nei paesi occidentali una delle più gravi crisi del capitalismo occidentale del ‘900. Va in crisi la società dei consumi di massa, che aveva raggiunto il suo culmine negli Stati Uniti tra il 1925 e il 1928: in particolare, va in crisi il ruolo economico degli USA. La crisi del ’29 è una crisi finanziaria, è lo scoppio di una bolla speculativa, che si trasformerà in una crisi economica, quindi produttiva. [Dal crollo di Wall Stretto alla Grande Depressione]. In particolare, la crisi del 29 è - La fine del capitalismo liberale, di quel modello industriale che tornerà negli anni ’80; - Porterà alla ricerca di un modello alternativo, che maturerà a metà anni ’30: la crisi del ‘29 sarà il punto di partenza per la ricerca di una soluzione alternativa che, per la sua applicazione, richiederà anni. Tradizionalmente la grande crisi è fatta iniziare il 24 ottobre 1929 (crollo della Borsa di Wall Street, meglio conosciuto come “Giovedì nero”), quando la situazione economica di molti paesi precipitò senza ripresa, fino al 1932. I due paesi più colpiti furono Stati Uniti e Germania (che era entrata in crisi già nel 1928), mentre il Giappone fu l’unico paese non colpito. LE DIMENSIONI DELLA CRISI Nel 1932 gli Stati Uniti hanno, rispetto al 1929 - Un Pil inferiore del 30%; - Una produzione industriale inferiore del 40%; - Investimenti inferiori del 90%; - Un tasso di disoccupazione del 25%. Gli effetti sociali furono drammatici perché non erano previsti interventi di protezione sociale. Questa crisi determina un forte fenomeno di tensioni sociali, che avranno come conseguenze alcuni fenomeni, come la nascita dei totalitarismi, ma anche fenomeni di populismo e nazionalismo economico. La crisi del 29 è legata a un nuovo sistema politico statunitense e nuovo modello economico. Il cambiamento è strettamente legato al cambiamento delle regole: infatti, si registra un intervento dello stato in economia molto più rilevante. CRISI DEL 29 RICHIAMI TEORICI Economisti e storici hanno sempre osservato che il capitalismo ha un andamento ciclico. Vi sono diverse interpretazioni: - La scuola dell’instabilità: Marx parla di contraddizioni interne dovute all’anarchia del mercato e al sottoconsumo cronico. Keynes formulò una teoria dell’intervento stabilizzatore da parte dello stato, accettando l’interpretazione economica di Marx. - La crisi del ’29 è determinata dalla natura instabile del capitalismo, che, secondo Marx, è sostanzialmente pieno di contraddizioni interne: il capitalismo è un confronto tra capitalisti e lavoratori, e questo confronto è legato all’utilizzo del profitto: i capitalisti tendono a portare via una parte del salario dei lavoratori, per accrescere il proprio profitto, mentre i lavoratori sono sottopagati. Questo genera sottoconsumo, cioè la domanda non segue l’offerta, perché c’è una carenza della domanda dovuta al fatto che una parte del salario va ai capitalisti sotto forma di profitto. La crisi del 29 è una crisi della carenza della domanda, e la soluzione finale di Marx è abolire il capitalismo, poiché è un sistema anarchico. - A partire da questa visione, l'economista John Maynard Keynes, il quale non vuole l’abolizione del capitalismo, ma, anzi, vuole regolare il capitalismo liberale, accettando l'interpretazione filosofica di Marx. Keynes formulò la teoria dell’intervento stabilizzatore da parte dello Stato, cioè l’idea che lo Stato intervenga a stabilizzare il sistema, e quindi contrastare la caduta della domanda. Università Cattolica del Sacro Cuore 2022/2023 Corso di Politica Economica I, Gr. A-C - La scuola della stabilità (scuola del capitalismo liberale): secondo questa interpretazione, il capitalismo è in grado di gestire gli shocks, di superarli, riportando il sistema in equilibrio fra domanda e offerta. Questa scuola non prevede interventi di politica economica ma, gli operatori economici, attraverso la politica monetaria e fiscale, sono in grado di riportare il sistema in equilibrio, cioè la domanda incontra l’offerta, senza l’intervento dello Stato. - La scuola dei cicli: Joseph Schumpeter, ministro delle finanze della Repubblica austriaca, sostiene che il capitalismo procede per cicli: il sistema ha delle fasi di 1. Crescita, legata alle innovazioni tecnologiche, al nuovo paradigma tecnologico; 2. Stasi, cioè quando il paradigma tecnologico raggiunge il suo apice, si innesca questo processo di saturazione; 3. Decrescita - - In particolare, la fase di stasi è accompagnata da un fenomeno di cattiva distribuzione del reddito, che determina la crescita delle diseguaglianze: i ricchi diventano sempre più ricchi e i poveri sempre più poveri, quindi un problema del rapporto domanda-offerta. Questo genera sovrapproduzione e bolle finanziarie (caso classico la crisi del 1929). In particolare - La scuola dell'instabilità è la scuola dell’economia mista, modello economico che ha dominato dagli anni ’50 fino agli anni ’70 e vede come suo principale esponente John Maynard Keynes; - La scuola della stabilità è la scuola della dell'economia classica, di Smith e Ricardo e che tornerà negli anni ’80 del novecento; - La scuola dei cicli è la scuola dell'economia sociale di mercato, che negli anni ’50 e ’60 ha prodotto la cosiddetta teoria del welfare, cioè il complesso di politiche pubbliche messe in atto da uno Stato che interviene per sostenere la domanda, a contrastare le disuguaglianze. LE RADICI DELLA CRISI Nell’estate del ’29 vengono a maturazione due settori negli Stati Uniti: - L’agricoltura americana si è fortemente meccanizzata, ha aumentato la produttività, ma con una fragilità finanziaria: anni ’20 gli agricoltori americani avevano ricorso all'indebitamento bancario per finanziare gli investimenti. Ma quando a metà degli anni ’20 si è verificata una caduta dei prezzi agricoli, calano i profitti e quindi cresce l'indebitamento, cioè cresce l’incapacità di restituire debiti: è la crescita dei crediti inesigibili (incapacità di restituire i debiti); - Industria statunitense sperimenta un aumento della produttività. Questa produttività (nelle Grandi corporation americane) è destinata solo al profitto delle aziende, a vantaggio dei profitti, e non ai salari dei dipendenti, che rimangano fissi, o alla diminuzione dei prezzi. Secondo il modello orientato al mercato, in cui la Grande impresa si finanzia in Borsa, bisogna far crescere i profitti per distribuire i dividendi agli azionisti, perché così la gente comprava le azioni, piuttosto che far aumentare i salari o ridurre i prezzi: si ha come effetto la crescita della disuguaglianza nella distribuzione del reddito, la produzione aumenta più del potere di acquisto e quindi un eccesso di capacità produttiva. Dunque, nell’estate del ’29, negli US si registra un problema di fragilità finanziaria dell'agricoltura, in cui gli agricoltori non fanno più così tanti profitti per ripagare le rate dei prestiti, e dall'altra parte il sistema industriale ha generato un eccesso di capacità produttiva, una differenza fra la domanda e l’offerta, perché i profitti sono stati destinati ai dividendi azionari, non ai salari e ai prezzi. Cresce la merce invenduta da parte delle Grandi imprese. L’eccesso di sovrapproduzione e la fragilità finanziaria agricola, e quindi il crollo dei prezzi agricoli, spinge le Grandi imprese a non investire (blocco degli investimenti), perché le aspettative non sono buone, sono negative (vi è una crisi di sovrapproduzione, i magazzini son pieni). Allora i grandi imprenditori dirottano i propri investimenti verso gli investimenti finanziari: si diffonde la speculazione finanziaria.
 Università Cattolica del Sacro Cuore 2022/2023 Corso di Politica Economica I, Gr. A-C CINQUE ELEMENTI ESPLICATIVI 1. I mutamenti degli anni ‘20 avevano reso il mercato dei prodotti, con lo sviluppo dei monopoli e cartelli, e quello dei fattori produttivi (capitale e lavoro) molto meno flessibili e quindi era molto più difficile ristabilire automaticamente l’equilibrio dopo uno shock. Sostanzialmente di fronte a un eccesso di offerta, la domanda non segue e viceversa; 2. Il Gold Standard fu reintrodotto a condizioni molto squilibrate: a fronte del declino economico e politico inglese, gli Stati Uniti non esercitarono alcun ruolo di regolamento del sistema economico internazionale, come fece l’Inghilterra. Manca il coordinamento: gli US si avvicinano verso l’isolazionismo piuttosto che al multilateralismo (cioè la coordinazione internazionale); 3. La crisi finanziaria è stata anche economica, che riguardò la recessione e crollo del sistema internazionale. Il ruolo della caduta della borsa di New York è stato enfatizzato, perché  la crisi del ’29 non è solo una crisi finanziaria, anche una crisi economica reale; 4. La politica monetaria americana e tedesca, le loro istituzioni sbagliarono, poiché furono molto restrittive e ciò produsse un panico finanziario, fallimenti a catena e deflazione. Non hanno aiutato il sistema ad autoregolarsi, e questo causato anche dall’assenza di un prestatore di ultima istanza a livello internazionale, cioè organismi sovranazionali che regolassero il mercato. 5. La trasmissione della crisi avvenne attraverso 5 elementi: a) I meccanismi del gold standard; b) La mancanza di coordinamento; c) La caduta dei prezzi; d) L’ortodossia fiscale (la regola aurea del Gold Standard, la regola dei bilanci in pareggio); e) Il protezionismo; UN PROBLEMA DI SISTEMA Tutte le politiche economiche che erano state utilizzate fino ad allora con risultati positivi diedero, durante la crisi del 1929, pessima prova perché l'andamento delle economie nazionali non è in sincrono, in contemporanea, all'andamento dell'economia internazionale, per due motivi: [Per sincronia si intende un andamento simultaneo tra le economie internazionali e il commercio] 1. Per il protezionismo: se tutti i paesi adottano il protezionismo, cioè la diminuzione delle importazioni in tutti i paesi, la chiusura dei mercati, questo farà diminuire le esportazioni in tutti i paesi e quindi il reddito. Il protezionismo si risponde con il protezionismo. 2. Per la politica fiscale, cioè la gestione delle risorse pubbliche: un bilancio (rapporto tra le entrate ed uscite) in pareggio secondo il Gold Standard è una buona cosa ma in presenza di una grave crisi come quella del ’29 occorre porre in essere dei fattori compensativi controciclici (Keynes): bisogna trovare qualcuno, un terzo, che sostenga l’economia (azione compensativa) per compensare, autoregolare il sistema. Bisogna intervenire sulla domanda. Università Cattolica del Sacro Cuore 2022/2023 Corso di Politica Economica I, Gr. A-C LE RIPERCUSSIONI BANCARIE IN EUROPA Le banche non ebbero un ruolo di primo piano nella crisi del ’29, ma quando la crisi si fu incancrenita, risultarono naturalmente incapace di sostenere il peso dei troppi crediti inesigibili. La situazione delle banche inizia a peggiorare nella primavera del 1931: la prima crisi scoppiò in Austria, dove il Creditanstalt, una delle più grandi banche miste austriache, fallì nel maggio del ’31. Difficili condizioni del paese spinse il Creditanstalt a sostenere sempre di più le imprese cui era legato, finendo per acquisire il 60% delle azioni delle S.p.A. austriache. I crediti inesigibili costituivano il 70% del totale delle perdite al momento del fallimento. A causa della mancanza di un prestatore di ultima istanza internazionale, il governo austriaco intervenne mediante la Banca centrale: nell’ottobre del 1931, vennero introdotti controlli dei cambi e lo Stato si decise a diventare l'azionista di riferimento della banca, rimettendo in piedi. Tuttavia, incapacità di bloccare il fallimento della banca viennese ebbe ripercussioni ancora più serie, e i cui fallimenti si diffusero anche in Ungheria e soprattutto in Germania: qui la banca centrale versò metà delle sue riserve di oro e dunque gli Stati Uniti dovettero corre in aiuto la Germania, tant'è che il presidente Hoover accordò una moratoria, cioè sospensione, nei pagamenti di riparazione dei debiti di guerra. A luglio crisi bancaria esplose con il fallimento di una delle quattro più grandi banche miste tedesche, la Danat: il governo allora decise di chiudere banche e borsa per una settimana. La crisi bancaria tedesca diffuse suoi effetti in tutta Europa con una corsa all'oro che finì con mettere sotto pressione la Banca d'Inghilterra, che aveva riserve modeste considerando le difficoltà dell'economia inglese negli anni 20. In Gran Bretagna, questa crisi bancaria provocò una crisi di governo: il nuovo governo in particolare tentò di pareggiare il bilancio aumentando le imposte diminuendo le spese. Tuttavia uno sciopero del personale della Marina a Invergorden che protestava per la riduzione delle paghe provocò altre gravi perdite di oro da parte della Banca d’Inghilterra: fu così che la decisione di abbandonare i Gold standard si profilò come inevitabile. Crisi giunse anche in Italia, dove nel settembre del 31 i direttori delle tre più grandi banche miste italiane all’epoca, la Banca commerciale italiana, il Banco di Roma e il Credito Italiano, chiesero a Mussolini aiuto di qualche incarico il suo uomo di fiducia Alberto Beneduce. Egli organizzò un salvataggio delle banche attraverso la - Fondazione di un nuovo istituto di credito industriale a lungo termine pubblico (IMI), che doveva assumere il ruolo di finanziatore al posto delle banche miste; - Fondazione di un altro istituto pubblico, l'IRI che doveva gestire le partecipazioni azionarie delle varie banche miste italiane come una grande holding. Nel 36 infine emanò una nuova legge bancaria con la quale si abolivano le pratiche di banca mista in Italia riducendo le tre ex banche miste banche commerciali possedute dall’IRI. L'unico paese europeo fu risparmiata dalla crisi finanziaria fu la Francia, grazie alla sua ampia riserva d'oro. Il suo più serio problema sembrava quello di liberarsi delle riserve in sterline svalutati senza rimetterci troppo. Infine, la crisi bancarie del 31 si ripercosse anche negli Stati Uniti con un grave aumento delle banche fallite. Il presidente Hoover vedendo che la banca centrale americana non era in grado di fronteggiare questa crisi, spinse i banchieri a creare la National Credit Corporation con lo scopo di fermare i fallimenti bancari con operazioni di intervento dirette ma con scarso successo. Il presidente Roosevelt dovete chiudere le banche per una settimana ed emanare marzo del 33 un Emergency Act, incorporato nel successivo giugno nel Glass Steagall Act, il quale mantenne la piccola dimensione delle banche americane, mani separò le attività: le banche di deposito non potevano effettuare investimenti a lungo termine le banche e investimento potevano rischiare solo i propri capitali, perché non potevano avere depositi. 
 Università Cattolica del Sacro Cuore 2022/2023 Corso di Politica Economica I, Gr. A-C ASSENZA DI COOPERAZIONE INTERNAZIONALE Durante la crisi, ci fu qualche timido tentativo a livello internazionale di direzionare qualche flussi di aiuti verso i punti via via più caldi della crisi: questi aiuti tuttavia furono del tutto inadeguati e discontinui. Il 20 gennaio del 1930 a Zurigo viene fondata la Banca dei regolamenti internazionali (BRI), che doveva supervisionare il pagamento delle riparazioni. Tuttavia questo istituto internazionale terminerà il suo compito non appena Hoover annuncerà la moratoria alla Germania. Alla fine diventerà un luogo di incontri per i banchieri centrali, dove si potevano concordare prestiti internazionali. Infatti questo luogo diventerà un posto di produzione di due piani per la riorganizzazione del del sistema economico internazionale post bellico: questa banca negli anni postbellici funzionerà come luogo di coordinamento degli interventi delle banche centrali europee anticipato alcune funzioni della futura Banca centrale europea. Nel giugno del ’33 invece avvenne il convegno economico di Londra, con rappresentanti di 66 nazioni, per studiare i modi per uscire dalla crisi. Le speranze di riuscire a raggiungere un'opinione comune non erano molte anche perché tutti i paesi mettevano al primo posto la loro volontà, non si riuscì a discutere di abbassare il protezionismo, né di stabilizzare le monete e nemmeno di lanciare un programma comune di spesa pubblica. Nel 36 venne negoziato tra Stati Uniti, Gran Bretagna e Francia l'accordo tripartito, secondo il quale i tre paesi si rendevano disponibili a sostenere reciprocamente il corso delle loro monete per 24 ore. Inoltre gli Stati Uniti accettarono di fornire agli altri paesi oro o dollari a tassi di cambio concordati qualora fosse stato necessario. Assenza di cooperazione internazionale vede di mettere in funzione un prestatore di ultima istanza, che, a livello internazionale, avrebbe contribuito a fermare la crisi.
 Università Cattolica del Sacro Cuore 2022/2023 Corso di Politica Economica I, Gr. A-C ITALIA FASCISTA: LA NAZIONALIZZAZIONE (IMPRESA PUBBLICA) 🇮🇹 Di fronte alla crisi del 29, l’iItalia fascista - Aumentò l’intervento diretto dello Stato nell’economia con l’impresa pubblica: la proprietà e gestione delle imprese appartiene allo stato; - Scelse l’autarchia che ha caratteristiche diverse da quella nazista (economia corporativa). La crisi del ’29 aveva colpito le banche perché vi sono tanti crediti inesigibili. Tra queste si ricordano la Banca commerciale italiana, il Banco di Roma e il Credito Italiano. Mussolini, di fronte a questa crisi, chiamò due funzionari della Banca d’Italia, Alberto Beneduce e Donato Menichella. [Entrambi sono socialisti anarchici e nessuno dei due avrà la tessera del partito fascista (necessaria per avviare l’attività di insegnante, il medico, ecc..)]. Questi propongono un piano di salvataggio delle banche in due tempi fondando - IMI, l'Istituto mobiliare italiano fondato nel 1931, cioè il nuovo istituto di credito industriale lungo termine pubblico, chi assunse il ruolo di finanziatore al posto delle banche miste; - IRI cioè l'Istituto per la Ricostruzione Industriale, istituito nel ’33, il nuovo ente pubblico economico italiano con funzioni di politica industriale. Questo ente della pubblica amministrazione ha il compito di comprare le azioni delle imprese possedute dalle banche miste e, quindi, dall’IMI. l’IRI ha come fondo di dotazione, come capitale iniziale quello conferito dall’INPS e l’INA: dunque, questi enti, a loro volta trasferiscono parte del loro capitale all’IRI, cioè una parte dei contributi degli italiani. Non compra le imprese ma le azioni delle imprese che sono in bilancio nella Banca commerciale italiana, il Banco di Roma e il Credito Italiano. L’IRI controlla così le aziende: in particolare controllava la totalità della produzione di armi, l’80% delle costruzioni navali, compagnie aeree, telefoni; il 40% della siderurgia, il 30% dell’elettricità, il 25% della meccanica, il 15% della chimica oltre alle ex banche miste COMIT, Credit, Banco di Roma. Il 49% del sistema industriale italiano nel '37 era controllato dall’IRI, che compra le azioni delle imprese dalle banche miste italiane per adottare un modello: IRI - Banche miste - Aziende. L’IRI controlla indirettamente le aziende. Questo toglie i crediti inesigibile della banche da parte delle aziende. Nel 1936 venne varata una riforma bancaria: si aboliva la banca mista, cioè Banca commerciale italiana, il Banco di Roma e il Credito Italiano (al tempo le banche miste più importanti), non potevano più esercitare il credito industriale, cioè finanziare le industrie italiane. Questa riforma, inoltre, conferì alla Banca D’Italia anche un potere di vigilanza sulle altre banche. La riforma bancaria e l’IRI, rimarranno in vigore fino al 1992: le banche in Italia, in questo periodo, sono considerate banche d’interesse nazionale. Lo Stato le considera istituzioni soggette al diritto pubblico, cioè controllate dallo Stato, e che sarà una via verso la nazionalizzazione delle banche, nel sistema italiano. Università Cattolica del Sacro Cuore 2022/2023 Corso di Politica Economica I, Gr. A-C ECONOMIA AUTARCHICA Dal ’33, l’Italia ebbe gli stessi problemi (economici, sociali e politici) condivisi da tutti i paesi europei, sopratutto per quanto riguarda il fallimento di banche. Tuttavia, fallimenti a catena delle banche furono evitati grazie all’azione della Banca d’Italia e di Alberto Beneduce. L’economia italiana, che subisce gli effetti del ’29, con fallimenti bancari che diventeranno fallimenti dell’imprese, non può svalutare la moneta, poiché ancora legata al Gold Standard, e quindi ebbe problemi di esportazioni. Inoltre, il governo, volle intervenire per sostituire il modello economico, il capitalismo liberale: vuole avvicinarsi al modello autarchico, un modello che il fascismo recupera dal nazismo, e che prevede l'autosufficienza economica di una nazione, raggiunta tramite l'indipendenza assoluta o relativa dell'economia nazionale e la riduzione degli scambi economici con altri paesi. Il modello autarchico si fonda su due piloni, necessari per superare il capitalismo: - La riforma agraria: questa riforma, necessaria per superare il disavanzo della bilancia commerciale agricola, prevede la • Modernizzazione dell’agricoltura: lo Stato finanzia, attraverso sussidi, gli investimenti in macchine in agricoltura [questo processo di finanziamento favorisce anche la produzione di macchine e concimi, in particolare la FIAT e la Montedison, un industria chimica italiana]. • Progetti di bonifica integrale, ovvero risanare vaste aree improduttive o malsane con lo scopo di recuperarle allo sfruttamento agricolo: poco efficace dato che occorreva il concorso dei privati. • La riforma fondiaria, che prevedeva il trasferimento oneroso di grandi proprietà di terra (lo Stato pagava i grandi proprietari) ai piccoli contadini, che furono chiamati coltivatori diretti. - La modernizzazione, meccanizzazione e le bonifiche funzionarono, ma non la proprietà fondiaria. L’Italia del 1935-36 che vara la riforma agraria, lo fa per superare il disavanzo della bilancia commerciale agricola - Reintroduzione del sistema delle corporazioni (1928). Le corporazioni erano viste come strumento di superamento della conflittualità fra capitale e lavoro, tra imprenditori e lavoratori, i quali si ritrovano a lavorare insieme. Tramite questo sistema, lo Stato gestiva l’economia: in particolare, venne istituita la Camera dei Fasci e delle Corporazioni, un organo legislativo del Regno d'Italia che sostituì la Camera dei deputati dal 1939 al 1943, composto dai massimi gerarchi del partito e dai dirigenti delle associazioni. Il loro ruolo fu quello di supervisionare i cartelli, le decisioni di investimento, i prezzi e i contratti di lavoro. Questo porterà al dirigismo, in cui vi è il controllo da parte della politica fascista del sistema economico-produttivo dell’Italia. IL DIRIGISMO DAL 1935 Nel 1934 l'economia italiana ancora non ha consistenti cenni di ripresa: fu allora che Mussolini, per cercare di alimentare la ripresa economica, applicò il dirigismo, cioè una politica economica secondo cui lo stato deve regolamentare la vita economica di un paese, aumentò il ruolo dello stato in economia: - Riarmo: fino al 1933 la spesa è inferiore al periodo liberale del Regno d’Italia; - Avventura coloniale Etiopica (1935-36): questo comporterà la sanzione da parte della lega delle nazioni e l'avvicinamento progressivo verso Hitler, culminata con il patto d'acciaio del 1938. - Autarchia, blocco esportazioni eccetto con la Germania, nei confronti della quale il commercio estero aumentò. Importante sottolineare il Patto d’Acciaio, cioè un accordo tra i governi del Regno d'Italia e della Germania nazista, firmato il 22 maggio 1939. Il caso italiano è un caso di stato massimale dove emerge il controllo diretto dello Stato sull’economia . Università Cattolica del Sacro Cuore 2022/2023 Corso di Politica Economica I, Gr. A-C USA: IL NEW DEAL La crisi bancaria del 1931 si ripercosse anche negli Stati Uniti: il presidente Hoover non fu grado di fronteggiarla, infatti la creazione della National Credit Corporation (con lo scopo di fermare i fallimenti bancari con operazioni di intervento dirette) che successivamente diventerà Reconstruction Finance Corporation, risultò fallimentare. Il nuovo presidente Franklin Delano Roosevelt, fra il 1933 e il 1937, allo scopo di risollevare il Paese dalla Grande Depressione che aveva travolto gli Stati Uniti d'America a partire dal 1929, emanò il il New Deal, un piano di riforme economiche e sociali, allo scopo di risollevare il Paese dalla grande depressione. Appena insediatosi, fece chiudere le banche per una settimana ed emanò l’Emergency Act, incorporato nel successivo Glass Steagall Act (dal nome dei suoi promotori, il senatore Carter Glass e il deputato Henry B. Steagall): con l’Emergency Act, - Le banche di deposito non potevano effettuare investimenti a lungo termine; - Le banche di investimento potevano rischiare solo i loro propri capitali, perché non potevano avere depositi; - Venne introdotta l'assicurazione sui depositi; - Vennero allargate i poteri di intervento della Banca centrale americana; - Venne creata un'agenzia per il controllo della borsa , Sistema di controlli sulla Borsa, con la creazione della Securities and Exchange Commission, un autorità che vigila sull’attività di borsa; vietava le azioni speculative e la cessione di azioni senza il pagamento di almeno il 55% del valore della transazione; Questi provvedimenti entreranno a far parte del New Deal, attraverso il quale, non si vuole abolire il capitalismo liberale, ma introduce un sistema che si basa sull’idea che il capitalismo liberale debba essere aggiornato, non sostituito. Quali furono le principali riforme del New Deal? 1. Il sistema bancario 2. Sistema monetario 3. Riflessione (sostegno ai consumi) e disoccupazione 4. Industria e agricoltura 5. Disuguaglianza di reddito 5 sono gli ambiti in cui il New Deal interviene: Riforma del sistema bancario, di cui appena discusso, per evitare nuove crisi di banche e borse e ripristinare la solidità del sistema bancario e di riconquistare la fiducia dei consumatori : questa riforma prevede la legge bancaria del 1933 del Glass-Steagall Act. È importante ricordarsi • Abolizione banca mista; • Autorità di controllo sulla Borsa valori (Security Exchange Commission). Riforme del sistema monetario, che portò ad • Abbandonare il Gold Standard, cioè la parità aurea del dollaro statunitense e consentì alla FED (la Federal Reserve System, banca centrale degli Stati Uniti) di aumentare la quantità di moneta in circolazione nella speranza di far cessare la deflazione nel mercato interno e di stimolare le esportazioni. Questa misura favorì anche la produzione industriale, che aumentò del 25% entro il 1937, e del 50% entro il 1942. • Abbandonare le politiche restrittive: espansione monetaria e creditizia.
 Università Cattolica del Sacro Cuore 2022/2023 Corso di Politica Economica I, Gr. A-C LE DISTRUZIONI E I COSTI DELLA GUERRA La Seconda Guerra Mondiale è una guerra più distruttiva e costosa di qualsiasi altro conflitto precedente, dal punto di vista della - Durata; - Ampiezza dello scenario di battaglia, dalle campagne alle città; - Progressi tecnologici (potere di distruzione: bomba atomica), che interessa particolarmente gli US; A ciò si legano altri dati sconvolgenti quali - 40 milioni di morti, 15 milioni di feriti e invalidi (di cui il 40% civili): in particolare, il 50% dei morti proviene dall’URSS, seguita da Polonia, Germania, Jugoslavia; - Massicci spostamenti di popolazioni (tedeschi, polacchi, giapponesi): problema della costruzione dell’entità europea; - Disaccordi sui costi della guerra (730-3.000 milioni di dollari), non si sa quanto sia costata la Seconda Guerra Mondiale, ma sicuramente, il costo è triplicato rispetto alla Grande Guerra - Perdite materiali maggiori provengono dall'Europa dell’Est. La distruzione riguarda anche l’economia: - Industria: danni concentrati nei settori chiave (energia, carbone, acciaio), problema di mancanza di risorse energetiche; - Trasporti, infrastrutture; - Agricoltura: mancanza di fertilizzanti, perdita di bestiame da lavoro. La distruzione del sistema economico comporta la caduta generale dei redditi in tutti i paesi europei (eccetto quelli neutrali e la Gran Bretagna). Il reddito decrescente, inoltre, è inghiottito sempre più dalle spese belliche. Cioè comporta uno stop delle relazioni internazionali dal punto di vista economico. A ciò si legano mutamenti nel - Commercio: • Interruzione delle relazioni tra i paesi in conflitto; • Interferenza tedesca nei commerci dei paesi occupati, cioè la tendenza dell'Impero tedesco a utilizzare le risorse dei Paesi occupati; • Vantaggi per i paesi neutrali; - Mercato del lavoro: • Manodopera femminile; • Lavoratori stranieri (forzati o meno); • Disoccupazione nei paesi occupati (mancanza di materie prime, difficoltà di trasporto). Questa perdita di reddito commerciale riguarda l’Europa occidentale, non gli US, che sono soggetti a una crescita commerciale e produttiva: sono l’unico paese che non sperimenta la distruzione economica e demografica/delle infrastrutture come quella che ha interessato l’Europa occidentale; da qui deriva il primato degli US: gli Stati Uniti sono la parte creatrice della Seconda, è l’unico paese che cresce in tutti i settori, e dunque dopo la guerra imporrerà in tutto il mondo il proprio domino. La guerra ha anche alcune ricadute in termini di innovazione tecnologica, che acquisiranno importanza economica in seguito. La Seconda è caratterizzata dall’interruzione di nuove tecnologie, quali - Energia nucleare; - Aviazione (radar, motori a reazione, pilota automatico, prestazioni degli aerei); - Razzi (navigazione spaziale). Università Cattolica del Sacro Cuore 2022/2023 Corso di Politica Economica I, Gr. A-C LA GUERRA FREDDA La guerra finisce nel ’45, e dal conflitto emerge un nuovo ordine mondiale, basato sull'egemonia di statunitense e russa. I primi ministri di quest’ultimi definiscono il nuovo ordine economico mondiale, che si fonda su un accordo politico, cioè la Guerra fredda: il mondo è gestito dall’egemonia di due blocchi: US e URSS. In particolare, l’Europa viene divisa in due sfere d’influenza - Paesi democratici, con gli US e danno vita all’alleanza Atlantica; - Repubbliche popolari, i cui paesi (dell’est) seguiranno il modello comunista Da questa divisione nasceranno importanti contrasti tra il blocco capitalista e quello comunista (Berlino 1948, Cina, Corea, processo di decolonizzazione, corsa agli armamenti…). La Democrazia coincide l’economia di mercato (economia mista) e alle repubbliche popolari coincidono l’economia comunista sovietica (stato massimale). LE DUE QUESTIONI DEL CAMBIAMENTO DELL’ORDINE POLITICO In particolare, il cambiamento dell’ordine politico è legato al cambiamento dell’ordine economico tra i due blocchi: i modelli economici determinano la differenza tra est ed ovest. La differenza si basa sull’economia e su questo Berlino ne era simbolo. cambiamento dell’ordine politico = cambiamento dell’ordine economico Inoltre, l’ordine economico mondiale appena nato ha il problema dell’accesso dell’area del nord africa e del medio-orientale, fondamentale per accedere al petrolio, la risorsa energetica principale. Il blocco occidentale ha un componente particolare: la Turchia, appartenente al blocco occidentale, necessaria per controllare l’area medio-orientale. Università Cattolica del Sacro Cuore 2022/2023 Corso di Politica Economica I, Gr. A-C LA CONFERENZA DI BRETTON WOODS Il primo passo verso il nuovo ordine economico mondiale deriva proprio dalla conferenza di Bretton Woods del 1944, nel New Hampshire, USA, a cui parteciparono i principali Paesi industrializzati: la conferenza sancì la fine del nazionalismo economico, e stabilì il nuovo sistema monetario mondiale. Il nuovo ordine economico mondiale vuole evitare tutti gli errori della conferenza di pace di Versailles e tutti i problemi che hanno portato alla crisi del ’29. In questa conferenza parteciparono i futuri rappresentanti sia del blocco dell’est che quelli del blocco occidentale, tutti riuniti negli US, nel bel mezzo del capitalismo. Alla fine della guerra, l’URSS deciderà di non aderire a questa conferenza del ’44. La Gran Bretagna nomina come delegato John Maynard Keynes, un professore di economia di Cambridge, il quale aveva elaborato nel ’36 un modello economico diverso, il modello keyenesiano. Gli accordi della conferenza di Bretton Woods prevedono la creazione di nuovi strumenti per risolvere i problemi monetari e di bilancia dei pagamenti (evitare nuove “grandi depressioni”): questo attraverso la creazione di - Un sistema internazionale dei pagamenti, di un coordinamento tra il sistema monetari nazionali; - Organismi sovranazionali, organismi che a livello internazionale coordinano lo sviluppo, il commercio economico. Ritorno al sistema dei cambi fissi (come il Gold Standard, nel quale la base monetaria è data da una quantità fissata d'oro) ma cambia la moneta: Keynes voleva creare una moneta unica internazionale, una Banca Mondiale che dia vita e gestisca una valuta mondiale, necessaria per il commercio internazionale e con l’obiettivo di evitare le svalutazioni. In particolare, il dollaro americano diventa l’unica valuta convertibile in oro: nasce il Gold Dollar Standard, che si troverà a chiamarsi Gold Exchange Standard, che si fonda sull’idea che il dollaro è la moneta di riserva ed è la moneta internazionale. A differenza del Gold Standard, il Gold Exchange Standard, un sistema di cambi fissi, prevede la creazione di meccanismi di cooperazione monetaria. L’idea che nasce è che il nuovo sistema di Bretton Woods prevede dei meccanismi di correzione (intervento) in caso di crisi, gestiti a livello internazionale dal ’44 fino ad oggi. Vengono creati dei organismi sovranazionali: • Fondo monetario internazionale (FMI), è un'organizzazione finanziaria internazionale dotato di un fondo, di risorse, provenienti dal versamento di quote da parte dei paesi. Queste quote vengono stabilitile in base al PIL del paese e ha l’obiettivo di 1. Gestire il sistema dei cambi fissi; 2. Sostenere attraverso prestiti i paesi con squilibri nelle bilance commerciali (Golden rule). Vi è l’intervento del FMI per sanare il deficit del paese che ha aderito al FMI, attraverso prestiti, per evitare instabilità monetaria e attacchi speculativi. Il FMI ha il potere di imporre una serie di interventi allo stato in crisi, chiede una politica economica di rientro al paese a cui ha goduto dei prestiti del FMI a causa del deficit della bilancia commerciale dei pagamenti (Grecia del 2008); • La Banca mondiale, un'organizzazione finanziaria internazionale che non si occupa della distribuzione di cartamoneta, non finanzia i bilancia commerciali dei paesi, ma finanzia processi di sviluppo economico, nata nel ’44 per facilitare la ricostruzione dei paesi colpita dalla guerra attraverso prestiti a lungo termine. Non si occuperà del Europa occidentale, ma del resto del mondo. Ma c’è un eccezione: l’Italia, unico paese beneficiario della Banca Mondiale. La BM va di pari passo con FMI, che determina la stabilità monetaria e la BM sostiene lo sviluppo economico, rimuovendo gli squilibri monetari. Università Cattolica del Sacro Cuore 2022/2023 Corso di Politica Economica I, Gr. A-C La Golden Age del capitalismo NO PARAGRAFO 4 DEL 13 La ricostruzione, dettata dal piano Marshall, ha successo: quasi tutti i paesi europei si danno un nuovo assetto politico, e questo nuovo inizio sancisce l’avvio della Golden age del capitalismo. Per Golden age si vuole indicare la robusta espansione postbellica che ha interessato, sopratutto, l’Europa occidentale, Giappone e Stati Uniti. Si tratta di un periodo di forte crescita economica, stabile e sostenuta, in cui vi è assenza di recessioni (solo qualche rallentamento), e inflazione moderata. Questa intensità e durata (procede per quasi 20 anni) della crescita non è mai stata sperimentata prima. In particolar modo, crolla la disoccupazione. Nasce inoltre un nuovo modello economico che sostituisce il capitalismo liberale: l’economia mista, legata alla teoria economica di John Maynard Keynes. Questa crescita forte e sostenuta è legata al trionfo dell’industria sull’agricoltura: è il periodo in cui l'Europa occidentale, insieme agli Stati Uniti, diventa una società industriale. CONVERGENZE E DIVERGENZE La Golden age è un periodo di forte crescita sopratutto per Europa occidentale (in modo particolare Germania e Italia) e Giappone, che crescono a ritmi superiori a quelli americani e le distanze accumulate in precedenza si attenuano (catching up). Invece Africa, Asia (eccetto il Giappone) e America latina, pur registrando una crescita economica, non riescono a tenere il passo e perdono terreno. L'effetto finale della Golden Age è un predominio dell’asse Stati Uniti, Europa e Giappone sul resto del mondo (ma il primato non è più inglese ma americano). In particolare, quando si parla di Europa si parla di Europa occidentale, perché la parte orientale ebbe vicende no solo politiche, ma anche economiche tutt’affatto separate, separata da una “cortina di ferro” per isolarla dalla contaminazione del capitalismo occidentale. L’Europa orientale era impostata sul modello sovietico, che prevedeva l’eliminazione della proprietà privata e di pianificazione centralizzata. Inoltre, ogni stato aveva di rigidi rapporti economici con l’Unione Sovietica, gestiti da un organizzazione nota come Comecon, analoga alla Comunità europea e manovrata dagli interessi russi. (PRINCIPALI ELEMENTI INTERPRETATIVI DEL LIBRO, PAGINA 259) I principali elementi interpretativi che favorirono lo sviluppo della Golden Age furono: 1. La creazione di istituzioni nuove adatte a promuovere il coordinamento delle politiche economiche, e che sarà alla base del processo di integrazione europea. 2. L’esistenza di una vasta riserva di forza lavoro sotto-occupata o disoccupata, sopratutto in agricoltura, pronti a riversarsi nell’industria senza pretese di aumenti salariali; 3. I vantaggi dell’arretratezza / gap tecnologico: i paesi dell’Europa occidentale, sovrastati dalla guerra, imitarono gli Stati Uniti; 4. La progressiva liberalizzazione del commercio internazionale, per mezzo del GATT; 5. Bassa crescita dei prezzi delle materie prime: ciò ha favorito le esportazioni e importazioni tra Stati; 6. Bassi livelli di speculazione finanziaria, dovuti ai tassi di cambio fissi (il sistema dei Bretton Woods), e forte incentivo nell’investimento estero diretto attraverso la crescita delle imprese; 7. Politiche economiche espansive (modello keynesiano), sul lato del sostegno della domanda e dell’offerta. Università Cattolica del Sacro Cuore 2022/2023 Corso di Politica Economica I, Gr. A-C IL CONTESTO: SUPERAMENTO DEL CAPITALISMO LIBERALE Con la fine della Seconda, finalmente, Europa e Stati Uniti, insieme al Giappone, riescono a superare il capitalismo liberale: si esce definitivamente dalla crisi degli anni ’30 e questo consente di reagire ed confrontarsi con il modello comunista. In particolare, la Golden age sancisce la vittoria del modello occidentale sul modello comunista. Nasce un nuovo modello economico che sostituisce il capitalismo liberale: l’economia mista, legata alla teoria economica di John Maynard Keynes. Inoltre, si afferma un ruolo dello Stato in economia, con obiettivi diversi: questi sono - Raggiungimento della stabilità economica: la crescita di lungo periodo, un PIL che cresce costantemente; - L’occupazione: sta a significare intervenire per sostenere la domanda; - Servizi pubblici: lo Stato finanzia i servizi pubblici a partire da tre grandi settori delle infrastrutture, della sanità e dell’istruzione pubblica; - Il protezione sociale, cioè il welfare state, che si pone come obiettivo finale il raggiungimento di una società più equa e giusta. IL WELFARE STATE William Beveridge è l'ideatore del Welfare state, che fu ministro della Salute e poi del Lavoro nei governi laburisti inglesi, e riprende il modello del New Deal. Il Welfare state è una politica di protezione sociale applicata al sistema democratico: lo Stato garantisce ad ogni cittadino uguaglianza di opportunità e servizi di base. In particolare, i diritti sociali, come l’istruzione, la sanità o le pensioni, diventano diritti di cittadinanza. Il Welfare State è un prodotto derivato delle politiche di protezione sociale degli anni ’30 ( basti pensare al Social Security Act del New Deal), però viene perfezionato, legandolo al sistema economico. In particolar modo, si basa sul principio di solidarietà, di matrice cristiana, che ha caratterizzato l’Europa da sempre. Il Welfare State riguarda tre comparti: - Le assicurazioni sociali obbligatorie (pensione, invalidità, maternità, disoccupazione,…) - L’ assistenza sanitaria (la sanità pubblica); - L’ educazione (scuola pubblica, biblioteche sostegno ai musei,…). - Tutela dell’ambiente naturale, inteso come spazio da difendere per ragioni etiche, estetiche e di salubrità, a vantaggio di tutti i cittadini. Questi diritti di cittadinanza hanno ricadute economiche positive: questi diritti garantiscono la - Crescita del capitale umano, cioè delle competenze, la formazione di persone; - Aumento dei consumi, perché garantire la sanità pubblica permette di destinare parte del salario in altre attività (il Welfare state è legato all’aumento della domanda). Lo Stato finanzia il Welfare State attraverso il principio della progressività del sistema fiscale, secondo il quale il Welfare State è finanziato dal bilancio pubblico, dal sistema fiscale. Utilizzando la tassazione progressiva avviene una redistribuzione dei redditi in quanto la tassazione progressiva, a differenza della fiscalità proporzionale (un’aliquota unica) prevede la contribuzione delle spese dello Stato in ragione del proprio reddito: ci sono aliquote diverse in base al reddito. La progressività è il pagamento delle tasse in ragione del proprio reddito (si può percepire una sorta di solidarietà). In particolare, il welfare state andrà in crisi a partire dalla fine del 20° secolo, a causa dell’invecchiamento della popolazione, dell’aumento dei costi delle prestazioni e del sorgere di nuove povertà.
 Università Cattolica del Sacro Cuore 2022/2023 Corso di Politica Economica I, Gr. A-C STABILITÀ E OCCUPAZIONE L'economia mista è il sistema economico che serve a garantire la stabilità economica, l'occupazione e i servizi pubblici, mentre la protezione sociale è inserita nel Welfare state. Con l'economia mista, lo Stato interviene nel sistema economico in due essenziali modi (teorizzata da John Maynard Keynes): - Uso anticiclico della spesa pubblica: lo Stato interviene per superare le crisi, la congiuntura negativa. Un uso anticiclico della spesa pubblica significa che lo Stato investe in attività industriali; - Lo Stato interviene creando domanda aggiuntiva durante le recessioni attraverso i deficit temporanei di bilancio, cioè attraverso la spesa pubblica in deficit. Keynes afferma che lo Stato non deve intervenire sempre, ma solo in fase di crisi. Keynes non ha in mente il modello massimale. LA TEORIA KEYNESIANA Keynes parte criticando la legge di Say secondo cui il mercato si autoregola (Golden Rule). La teoria keynesiana si basa su un’idea semplice: bisogna sostenere la domanda perché il sistema non si autoregola da sola, bisogna trovare sistemi che stimolino l’economia, dal lato della domanda. Keynes arriva a formulare queste considerazioni per quanto riguarda la crisi degli anni ‘30: - Si può avere una domanda aggregata (complessiva) inferiore all’offerta aggregata. L’offerta non segue sempre la domanda, e pertanto è costretta a ridursi (fallimenti). Cioè il sistema economico può registrare un'assenza di domanda perché i salari e i prezzi non si adeguano, non scendono o salgono con la stessa velocità con cui sale o scende l'offerta e quindi non si trova più il punto di equilibrio. L’offerta è pertanto costretta a ridursi (fallimenti); - Neanche la flessibilità dei salari e dei prezzi verso il basso aiuta a far aumentare la domanda aggregata, non ha sempre funzionato; - La deflazione porta alla recessione, cioè a catene di fallimenti degli operatori indebitati; - Il fallimento dei debitori si riflette sul bilancio delle banche. Secondo Keynes quando si presentano carenze di domanda aggregata diventa necessario l’intervento pubblico (lo Stato) a sostegno della domanda tramite politiche monetarie e/o fiscali espansive: in questo modo, il sistema raggiunge il pieno impiego delle risorse (tutti devono lavorare, tutti devono avere un reddito) Espansivo perchè bisogna intervenire, non chiudere/restrizione. Bisogna crescere. Il modello keynesiano prevede l'intervento dello Stato in modo temporaneo con una funzione anticiclico e prevede che sia la politica monetaria che la politica fiscale intervengano. In particolare, nel modello keynesiano c'è un primato della politica fiscale su quella monetaria ( a differenza del capitalismo liberale), cioè la gestione delle risorse pubbliche. La teoria keynesiana prevede una politica monetaria espansiva e una politica fiscale orientata agli investimenti. 
 Università Cattolica del Sacro Cuore 2022/2023 Corso di Politica Economica I, Gr. A-C PRINCIPI DELL’ECONOMIA SOCIALE DI MERCATO Secondo l’economia sociale di mercato, il mercato ha bisogno di giustizia sociale: un sistema economico deve unire libertà di mercato (perseguimento del proprio interesse) con la giustizia sociale. Lo Stato dunque è l’arbitro, ha un ruolo regolatore, ma non deve intervenire direttamente: ha l’obiettivo di garantire la giustizia sociale, ovvero l’equa distribuzione del reddito. Lo Stato non deve investire, non deve fare l’imprenditore, ma deve regolare il mercato quando non funziona, con l’obiettivo di superare il problema del capitalismo liberale, ovvero quella della cattiva distribuzione del reddito. Lo Stato interviene dove il mercato fallisce, aggiusta l’inefficienza dello Stato, in cinque modi: 1. Controllando il sistema monetario, garantendo una moneta stabile; 2. Applicando l’antitrust, garantire la libera concorrenza e quindi l’economia sociale di mercato è contro i monopoli, i cartelli: se una impresa è dominante in un settore, (Amazon) penalizza gli altri operatori; 3. Politiche fiscali per favorire l'attività lavorativa e l’impresa; 4. Riconoscimento delle autonomie e dei corpi intermedi, cioè dei territori e delle associazioni degli operatori (sindacati e industriali); 5. L’azione dello Stato deve tutelare l’interesse collettivo. A ciò si rifa alla dottrina sociale della Chiesa, secondo i principi di sussidiarietà (un ente superiore [Stato] interviene solo se un ente inferiore non è in grado di farlo) e solidarietà (il bene comune viene prima dell’interesse individuale). si collega alla Dottrina Sociale della Chiesa: principi di sussidiarietà (un ente superiore interviene solo se un ente inferiore non è in grado di farlo) e solidarietà (il bene comune viene prima dell’interesse individuale). Bisogna garantire il libero mercato e l’interesse collettivo viene prima dell’interesse privato. (CARATTERISTICHE DELLA GOLDEN AGE) LE RAGIONI DELLO SVILUPPO: L'OFFERTA Le caratteristiche, i fattori della crescita economica degli anni ’50 e ’60 riguardano: - Crescita degli investimenti: i profitti elevati permette una crescita degli investimenti, con aumento redditi e risparmi, e mobilità del capitale; - Basso costo dell’energia e materie prime: dinamica positiva, stabile e basa dei costi (o loro riduzione); - Crescita della produttività agricola: modernizzazione dell’agricoltura, riduzione dei prezzi - Liberalizzazione dei commerci: l'applicazione del General Agreement on Trade and Tariff favorisce una simultaneità del sistema dei vantaggi comparati e la presenza di economie di scala; - Vengono create istituzioni per promuovere la crescita, nazionali e internazionali. I cambiamenti riguardano anche il mercato del lavoro: - Calo disoccupazione, crescita lavoro femminile (evoluzione sociale, elettrodomestici), È un periodo di piena occupazione, calo della disoccupazione; - Istruzione, formazione e crescita del livello professionale - Immigrazione verso i paesi più avanzati (Francia e Germania accolgono circa 9 milioni di persone) A ciò si lega anche il progresso tecnologico con nuovi prodotti e tecniche, diffusione di prodotti già noti in USA, nuove forme di energia. È un periodo di grande scambio di tecnologia fra gli Stati Uniti, il Giappone e l'Europa occidentale. Università Cattolica del Sacro Cuore 2022/2023 Corso di Politica Economica I, Gr. A-C LE RAGIONI DELLO SVILUPPO: LA DOMANDA La Golden age è un periodo di crescita dell'offerta secondo gli investimenti, l’energia a basso costo, produttività agricola, liberalizzazione dei commerci, istituzioni che favoriscono la crescita, modifiche del mercato del lavoro nella quantità, nell'istruzione, nella mobilità, il tutto all'interno di un processo di diffusione della tecnologia fra i vari Paesi. È importante sottolineare che questo cambiamento dell'offerta è legato a un cambiamento della domanda: la Golden age equivale, nell’asse Euro Atlantico (Europa, Stati Uniti, Giappone), all’affermazione della società dei consumi di massa sul modello americano. In particolare, crescono i salari e migliora la distribuzione del reddito (economia mista): dunque, crescono i consumi. A ciò si legano altri fattori: - Maggiori redditi disponibili, legato alla crescita dei salari; - Clima di fiducia (cioè le aspettative di profitto positive che riguardano sia gli imprenditori che gli operai) consente l’indebitamento a favore dei consumi: acquisti a rate, mutui; - La sicurezza garantita dallo Stato sociale (cioè il Welfare state, che serve a sostenere la società dei consumi di massa perché in quanto un'equa distribuzione del reddito, riduce la necessità di risparmiare); - Domanda pubblica, cioè dalla richiesta di beni e servizi da parte dello Stato. In particolare, lo sviluppo della società dei consumi di massa è legata alla crescita della domanda internazionale, grazie alla liberalizzazione dei commerci e alla stabilità dei cambi. Questo consente un interscambio fra paesi avanzati, e dunque favorisce il commercio internazionale. Inoltre, la società dei consumi di massa è legato alla leadership americana. I PAESI: LA LEADERSHIP AMERICANA Il capitalismo manageriale, la seconda rivoluzione industriale, diventano il modello da seguire. Nel 1945 gli USA realizzano il 50% della produzione mondiale. Nel 1971 circa il 30% (quella quota che passa ai Paesi dell'Europa occidentale e al Giappone). Inoltre, la leadership americana è caratterizzata da: - Ruolo fondamentale delle multinazionali sul modello americano che operano anche sui mercati internazionali: innovazione, commercio, profitti; - Primato tecnologico e finanziario degli Stati Uniti che con il Piano Marshall viene trasferito anche in Europa; - Centralità del dollaro (Bretton Woods): possibilità di deficit. Attraverso la Banca Mondiale, era possibile regolare Il sistema delle monete. Vi sono pero delle difficoltà: - Il primato politico, militare ed economico degli Stati Uniti ha un costo: la forte spesa militare, guerre, sostegno agli alleati, la necessità di intervenire in giro per il mondo per garantire il funzionamento del sistema di Bretton Woods e il sistema del GATT; - La difficoltà di aumentare la pressione fiscale negli Stati Uniti, e quindi il ricorso a deficit. - Perdita di capacità competitiva: Intorno alla fine degli anni ’60 la Golden age si esaurisce in modo particolare il paradigma tecnologico introdotto dagli Stati Uniti, che raggiunge la piena maturità (economia matura). Università Cattolica del Sacro Cuore 2022/2023 Corso di Politica Economica I, Gr. A-C I PAESI: LO SVILUPPO DELL'EUROPA OCCIDENTALE È evidente una convergenza che interessa Europa che cresce più velocemente degli USA. Questa convergenza riguarda il divario tecnologico, con una crescita più rapida dei paesi in maggiore ritardo: legata alla meccanizzazione, riduzione sottoccupazione agricola, innovazione tecnologica e organizzativa. Il contesto istituzionale europeo consente di cogliere le opportunità di crescita. Per evitare una nuova guerra, bisogna creare uno stato contenente stati federali, come gli stati uniti. Questa convergenza fra l'Europa occidentale e gli Stati Uniti, secondo gli storici dipende dal processo di integrazione europea, è reso possibile grazie ad alcuni fattori. - Consenso sociale generale per mantenere l'aumento dei salari al di sotto dell'aumento della produttività. Questo è il punto fondamentale che spiega il successo del modello: il modello funziona sull’idea che nel economia della Golden age, i salari sono inferiori dell’incremento della produttività (rapporto tra input e output).  Il sistema ha funzionato perché i salari, sono cresciuti meno, o almeno in modo uguale, alla crescita della produttività. Questo è reso possibile grazie dalla presenza di politiche sociali (Welfare State) volte ad assicurare la piena occupazione consente un forte processo di investimento. Facendo crescere di più la produttività dei salari crescevano i profitti delle aziende e il sistema continuava con gli investimenti. Invece, se il costo del lavoro cresce meno della produttività, i profitti degli imprenditori, delle imprese ci sono, e vengono reinvestiti. - Quando la produttività cresce meno dei salari, il sistema si imballa. - Aumento della scolarizzazione (e sue ricadute); - Investimenti pubblici in ricerca e sviluppo (e sostegno agli investimenti privati): imitare la tecnologia americana e di migliorarla; - Politiche di cooperazione di integrazione europea, che hanno permesso fondamentalmente di integrare i mercati. L’integrazione dei mercati è uno dei fattori essenziali della convergenza dell'Europa rispetto al primato americano degli anni ’50 e ’60.
 Università Cattolica del Sacro Cuore 2022/2023 Corso di Politica Economica I, Gr. A-C 12. Crisi delle politiche economiche nazionali espansive (modello keynesiano) finanziate con moneta e debito: inflazione. Il modello keynesiano non funziona più, c’è inflazione. 13. Le politiche di welfare costano molto. Il welfare costa molto perché la popolazione europea è cresciuta molto e invecchiata molto. Il regime dei cambi fissi del Gold Exchange Standard (sancita dalla conferenza di Bretton Woods), venne abbandonato con la dichiarazione di inconvertibilità del dollaro nel 1973, che aprì la strada ai cambi flessibili e con essi al ritorno della speculazione. In particolare, i prezzi di alcune materie prime si impennarono, instaurando delle ragioni di scambio sfavorevoli. GLI ELEMENTI DELLA CRISI Alcuni elementi che hanno contribuito alla crisi sono stati: - Dal 1968, si registra un aumento dei salari, legato sia all’inflazione dei costi e sia all’autunno caldo; - Le economie occidentali avevano raggiunto la piena capacità produttiva, e si chiude così il ciclo della Seconda Rivoluzione Industriale; - Fine del Gold Dollar Standard: gli Stati Uniti, a causa della guerra del Vietnam, videro un aumento del proprio debito pubblico (uscite superano le entrate), decidendo dunque di svalutare il dollaro americano, e quindi annunciano l’abbandono del Gold Exchange Standard, portando all’apertura di una nuova fase di cambi flessibili; - Lo shock petrolifero degli anni ‘70 provocò un processo di emulazione, ovvero, una crescita generale del prezzo delle materie prime. Con la crisi del ’73 e lo shock petrolifero come detonatore della crisi, si ha come effetto la stagnazione: Con la crescita dei costi di produzione sui prezzi dei prodotti finiti, si afferma una generale crescita dei costi di produzione. Ciò determina un calo della domanda e quindi un calo dei profitti delle aziende: in particolare, per ridurre i costi di produzione, gli imprenditori furono costretti a licenziare: ciò genera disoccupazione e ulteriore calo della domanda. IL NUOVO OBIETTIVO DELLO STATO Di fronte a questa stagnazione, lo Stato interviene in modo anticiclico in economia con un nuovo obiettivo, che non è più l’investimento produttivo, quello delle aspettative di profitto, ma è difendere i livelli occupazionali. Lo Stato vuole salvare le imprese che sono sull’orlo del fallimento, non investe in infrastrutture o in industrie strategiche. Un esempio è la fabbrica Motta di cui l’IRI nel 1975 diventa proprietario: il suo obiettivo è quello di salvare i livelli occupazionali (vale a dire non più licenziamenti), anche a seguito di forti processi di sciopero di conflitto sociale. Inoltre, nel 1974 viene creato un nuovo istituto, cioè la Cassa Integrazione Guadagni: è un istituto che prevede una prestazione economica, erogata dall'INPS o dall'INPGI, a favore dei lavoratori sospesi dall'obbligo di eseguire la prestazione lavorativa o che lavorino a orario ridotto. In poche parole, lo Stato aiuta il disoccupato attraverso un sussidio. Naturalmente, sostenere le imprese oppure finanziare la cassa integrazione guadagni richiede un costo, impiega risorse pubbliche. In poche parole, si genera un alto debito pubblico. Università Cattolica del Sacro Cuore 2022/2023 Corso di Politica Economica I, Gr. A-C LA FINE DELL’ECONOMIA MISTA E IL NEOLIBERISMO Di fronte agli shock petroliferi e poi alla stagnazione, la politica fiscale, quella pensata da Keynes, non funziona, perchè l'uso anticiclico della spesa pubblica porta ad un aumento del debito pubblico e quindi a una nuova inflazione, perché per finanziare il debito pubblico, gli stati stampano carta moneta. Si ricerca una nuova strada: alla fine, si ritorna al modello dell’economia classica, che verrà comunemente chiamato neo liberismo, che prevede manovre di politica monetaria restrittive, e quindi aumento costo del denaro (aumento del tasso di sconto) per ridurre inflazione. Tra il 1975 e 1976, oltre alla politica monetaria restrittiva, vi è un nuovo fattore rispetto al modello dell’economia classica, ovvero si interviene sull’economia reale: da una parte si applica una politica monetaria restrittiva, e dall’altra si distrugge il sistema dell’intervento pubblico in economia, cioè superare l’intervento diretto dello Stato. Questi due obiettivi (alzare costo del denaro e superare l’intervento diretto dello Stato) si possono raggiungere attraverso due processi - Le deregolamentazioni, cioè quel processo per cui i governi e gli Stati cessano i controlli sul mercato ed eliminano le restrizioni nell’economia: eliminare tutte le regole introdotte dall’economia mista, abbandonare il sistema di Bretton Woods, per tornare al mercato libero. - Privatizzazioni, cioè eliminare l’idea dello Stato imprenditore, e quindi cancellare l'intervento diretto dello Stato in economia. Dunque, la soluzione individuata a metà anni ’70 per superare la crisi dell'economia mista è la politica monetaria restrittiva (la deflazione), le deregolamentazione e le privatizzazioni. Questo processo si sviluppa negli Stati Uniti, più precisamente a Chicago, con la scuola di Chicago, che ha come suo capostipite Milton Friedman. LE RELAZIONI ECONOMICHE INTERNAZIONALI Oltre, all'effetto di abbandonare l'economia mista verso il neoliberismo per superare la stagnazione e l’inflazione, questo processo ha effetto anche sulle relazioni economiche internazionali: in particolare, la fine della convergenza dell’Europa con il sistema americano, che si era manifestata negli anni ’50 e ’60 fino al 1971 si ferma nel periodo 1973-1995, quando i tassi di crescita europei sono diminuiti del 50% rispetto all'età dell'oro, ma sono rimasti generalmente superiori a quelli statunitensi. L'Europa si blocca, non cresce più. Inoltre, tra il 1995 e il 2007 il panorama economico è cambiato molto: molti paesi europei sono cresciuti meno degli Stati Uniti e di altre aree del mondo (Sud Est Asiatico). In conclusione, il processo di imitazione della tecnologia americana è completo: quindi l'Europa deve cercare una nuova fase di innovazione tecnologica. Per il momento questo processo è iniziato solo in alcuni settori o aree. NB: sul piano delle relazioni economiche, l'effetto della fine della seconda rivoluzione industriale si manifesta lentamente, perchè l’età della maturità dell’Europa si verifica tra il 1973 fino al 1995. Dal ’95 in poi, gli US cresceranno molto, avvieranno una fase di innovazione tecnologica, la cosiddetta new economy, che si manifesta negli anni ’90. Ci sono vent'anni instabilità: La crisi macroeconomica è degli anni ’70, ma il processo di innovazione tecnologica richiede vent'anni per manifestarsi. Mentre l'Europa è rimasta legata al vecchio modello, gli Stati Uniti negli anni ’80 avvieranno un processo di innovazione di totale cambiamento, la new economy, che arriverà a compimento nel 1995. Questa è la fase della maturità, in cui non si avvia un processo di sostituzione del paradigma tecnologico. L'Europa ha cercato di affrontare la crisi attraverso il proseguimento del processo di integrazione europea, come soluzione di questa crisi. Università Cattolica del Sacro Cuore 2022/2023 Corso di Politica Economica I, Gr. A-C LA TERZA RIVOLUZIONE INDUSTRIALE Soluzione sul piano microeconomico: La Terza rivoluzione industriale, sviluppata dagli US. - Abbandono del fordismo: il fordismo che aveva caratterizzato il Novecento va abbandonato a favore della produzione flessibile, in mano all’innovazione tecnologica: vale a dire che i robot devono sostituire il lavoro umano. La produzione flessibile che sostituisce il fordismo è quella che nasce con la Toyota: il Toyotismo. Questo nuovo metodo di organizzazione della produzione, vuole che mentre il fordismo prevedeva la produzione di grandi quantità di beni in serie a basso costo, e quindi un sistema legato all’offerta, il Toyotismo, invece, prevede la produzione di beni in serie in relazione alla domanda. Si attiva la produzione quando sorge la domanda (produzione just-in-time). Nel caso di Toyota si produce solo ne caso in cui vi è domanda, mentre nel fordismo si produce con la speranza di venderle (produzione in relazione all’offerta). - Il commercio mondiale diventa il commercio internazionale di prodotti intermedi: è il mondo e non più le nazioni che ospitano le varie fasi della produzione, secondo il sistema dei vantaggi comparativi. Significa che la produzione di un bene è suddivisa in fasi, distribuite, allocate in diverse parti del mondo. (: progettazione a Cupertino e realizzato in Cina). Il prodotto lo si realizza non più in un unica nazione, ma lo si realizza in diverse fasi in tutto il mondo, secondo il sistema dei vantaggi comparati (costo relativo dei costi): ci sono paesi che conviene di più produrli in alcuni paesi, piuttosto che in altri. - Durante l'età dell'oro, le aziende costruivano tutto "in casa", poi si trasferivano. Le aziende della seconda rivoluzione industriale sono state localizzate nei Paesi più avanzati; Nella terza rivoluzione, le imprese operano in rete con una serie di produttori sparsi in tutto il mondo. Per esempio,  è legata ad altre 40 aziende che producono le varie componenti dei propri prodotti.   Nella prima rivoluzione, e soprattutto nella seconda rivoluzione industriale c'era la grande impresa che produceva nel paese avanzato, poi esportava. - Tendenzialmente succede che la produzione flessibile, il commercio mondiale di prodotti intermedi e il network di imprese portano ad una localizzazione differente delle imprese nei paesi avanzati. Nei paesi avanzati, la produzione è ad alto valore aggiunto con salari elevati; mentre nei paesi arretrati la produzione è a basso valore aggiunto con salari bassi. Le politiche economiche degli anni 70 che fanno riferimento all'economia mista, cioè l'intervento dello Stato in economia per salvare i livelli occupazionali, ricordano molto il New Deal: in entrambi i casi c'è una crescita del debito pubblico, perché le varie politiche sono alimentate attraverso la spesa pubblica. La differenza è che nel New Deal la spesa pubblica si mantiene bassa perché la spesa è finanziata con tassazione progressiva; mentre negli anni ’70 i paesi europei e soprattutto gli Stati Uniti non scelgono quella strada perché il consenso sociale è basso, perché la crisi è politica e anche economica e forte. E quindi, decidono di finanziare il debito pubblico stampando moneta. Università Cattolica del Sacro Cuore 2022/2023 Corso di Politica Economica I, Gr. A-C MONETARISMO Con l’ingegneria finanziaria, si afferma il monetarismo di Milton Friedman, esponente principale della scuola di Chicago, e che è stato tra la generazione di economisti ad accettare l'economia keynesiana e poi a criticare la teoria di Keynes di combattere le recessioni economiche usando la politica fiscale (spesa pubblica). L'idea keynesiana di usare la politica fiscale per sostenere la domanda non funziona più, perché genera inflazione e poi stagnazione (anni ’70). Il monetarismo che sancisce l’abbandono del modello keynesiano e il ritorno al gold standard, con alcune variazioni. Il monetarismo è una scuola di pensiero statunitense che sottolinea il ruolo dei governi per quanto riguarda il controllo della circolazione di carta moneta. La teoria monetarista afferma che le variazioni dell'offerta di moneta hanno una grande influenza sulla produzione nazionale nel breve periodo e sui livelli dei prezzi su periodi più lunghi. I monetaristi affermano che gli obiettivi della politica monetaria sono meglio raggiunti puntando sul tasso di crescita dell'offerta di moneta piuttosto che impegnandosi in una politica monetaria discrezionale. Il monetarismo afferma che le variazione dell’offerta di moneta, la quantità di moneta in circolazione, hanno grande influenza sulla produzione delle imprese, e quindi è la moneta che influenza l’economia reale, determinano l’andamento della produzione nazionale. In poche parole, per sostenere l’economia, gli investimenti e la produzione, e quindi l’offerta, è necessario che ci sia la disponibilità di prodotti finanziari ad altro rendimento: la gente investe in borsa comparando azioni e prodotti derivati, e, in teoria, gli operatori in borsa, che raccolgono il risparmio, finanziano le attività industriali. La borsa raccoglie il risparmio (offerta di moneta) e finanzia attraverso queste liquidità le imprese. La finanza determina nel breve periodo la produzione nazionale e nel lungo il livello dei prezzi. Il risparmiatore cliente investe in borsa, dove si raccolgono i soldi e attraverso questi si finanzia le attività industriali nazionali. In questo modello, il sistema borsistico è importantissimo, perché la borsa ha il potere di finanziare l’attività (Centralità della borsa sull’economia nazionale). Lo stato deve semplicemente garantire una politica monetaria stabile, una moneta stabile. Il mercato finanziario è un insieme di prodotti variegati, non solo azioni. Diventa molto più complesso. ALZARE TASSI DI INTERESSE: RIDURRE QUANTITÀ DI MONETA E ATTIRARE CAPITALI Applicando questo teoria, negli anni ’80, la FED ha alzato il tasso di sconto dal 10% al 15%. L’effetto che si ha è che genera un problema di recessione, in cui le imprese non riescono più a finanziarsi con il sistema della anche, ma l’inflazione cala. Le recessioni garantiscono il calo dell’inflazione, ma aumenta il tasso di disoccupazione. Alzare il tasso di sconto equivale ad alzare tassi interessi ai clienti delle banche, che prendono soldi dalla banca centrale. Questo fa si che gli operatori siano meno propensi a chiedere soldi alle banche e quindi genera un problema di calo degli investimenti. Il sistema si blocca. A differenza degli anni ’30, in cui che le recessioni fecero calare l’inflazione, il sistema dopo la crisi si riprenderà. Il meccanismo ha un problema: alzare il tasso di sconto equivale ad alzare tassi interessi ai clienti delle banche, ma nello stesso tempo, il tasso di interesse reale (tasso d’interesse garantito dal sistema borsistico) negli USA aumenta. Ma così cala l'inflazione e il sistema borsistico garantisce rendimenti: si attirano così capitali perché il sistema borsistico garantiva rendimenti maggiori: il capitale è andato al mercato finanziario di Wall Street. Si abbassa inflazione e si dirigono capitali verso il mercato finanziario di Wall Street, e non verso gli investimenti industriali, perché la borsa garantisce investimenti maggiori rispetto alle banche. Università Cattolica del Sacro Cuore 2022/2023 Corso di Politica Economica I, Gr. A-C IL RUOLO DELLO STATO Questo modello porta a un altra conclusione: lo stato deve controllare la quantità moneta, favorendo la finanziarizzazione, abbassando o alzando il tasso di sconto. Bisogna - Privatizzare: se un governo privatizza un'azienda, un'industria o un servizio che è posseduto e controllato dallo Stato, cambia la sua proprietà in modo che diventi privata e di proprietà di un individuo o di un gruppo. - Deregolamentare: vale a dire eliminare le regole stabilite dagli anni ’30. É il processo attraverso il quale i governi e gli stati cessano i controlli del mercato e rimuovono le restrizioni nell'economia al fine di incoraggiare le operazioni di mercato, che in questa misura sarebbe considerato come un organismo di autoregolamentazione. È il ritorno al mercato che si autoregola, in cui lo stato non deve intervenire, autoregolamentazione del mercato. Inoltre, il motore di crescita è il mercato finanziario. Questo processo sancisce la nascita del turbocapitalismo: è il neoliberismo, in cui si basa sull’idea che le istituzioni non devono favorire il sistema industriale, perché si autoregola, così come la domanda, ma deve sostenere la comunità finanziaria, riducendo l’inflazione. Riduce la spirale inflazionistica costringe le aziende a ridurre i salari e a sviluppare tecnologie innovative (la riduzione della forza lavoro e la riduzione dei prestiti per i macchinari erano più costosi). Il turbocapitalismo sancisce la fine della spirale capitalistica, e determina anche il cambio della missione delle banche: da "Istituzioni" per il finanziamento della produzione e del consumo (banche miste) a "Credito alle imprese" per fare profitto attraverso l’ingegneria finanziaria, cioè diventano aziende, imprese le banche. Le banche miste devono diventare della banche commerciali, d’investimento. Le banche diventano operatori insieme alla borsa di questo sistema (market oriented), che comprano e vendono azioni per generare profitti. Le banche devono operare per scopi speculativi. Paragrafo due capitolo 14: Welfare state Il welfare state è una delle modalità di attuazione della politica mista, mentre il turbocapitalismo, cancella o regola il welfare state. Con il welfare state, la spinta solidaristica ebbe una graduale consacrazione istituzionale sia nel fisco, nell'istruzione e nell'assistenza. Tra le principali elementi interpretativi dell’economia mista, c’è la diffusione del welfare state, che nasce come metodo di miglioramento di distribuzione del reddito, superare le sperequazioni sociali: principio di solidarietà insito nella civiltà europea. In particolare, la solidarietà diviene istituzionale: lo stato interviene per riequilibrare le differenze sociali attraverso il fisco progressivo per finanziare istruzione e assistenza; assicurazioni sul lavoro. Dopo la Seconda guerra mondiale nasce il sistema di Welfare State: • Pubblica istruzione • Servizio sanitario nazionale • Sussidi di disoccupazione • Pensioni • Assistenza sociale • Accesso alla culture • Tutela ambientale (dagli anni ottanta, non in tutti i paesi) Il welfare state vuole superare le sperequazioni sociali, secondo il principio della solidarietà, visto come un principio istituzionale. (Principio di istituzioni inclusive) Le due varianti di welfare state sono quello tedesco e quello nordico (svedese), e in alternativa vi è anche quello americano, che afferma che lo stato / le istituzioni non devono istituzionalizzare la solidarietà, cioè non devono adottare politiche sociali e quindi ridurre le sperequazioni sociali (modello individualista). La solidarietà sociale è affidata ai singoli individui, alle Università Cattolica del Sacro Cuore 2022/2023 Corso di Politica Economica I, Gr. A-C associazioni, fondazioni, attraverso iniziative private con assistenza solidale, senza l’intervento dello stato, non coinvolgendo il bilancio americano (filantropia e associazionismo). Il welfare americano si basa sull’idea che il reddito americano è legato all’iniziativa individuale (principio del merito). Inoltre l’assistenza sociale è legata all’iniziativa privata, e non è un problema della collettività e delle istituzioni (se sei povero, è colpa tua). In Europa, invece, matura l’idea che le istituzioni devono occuparsi della solidarietà, e quindi l’affrontare il problema del reddito. Nell’economia sociale di mercato si fonda sull’idea che lo stato intervenga dove il mercato fallisce. Bisogna garantire l’equità sociale per garantire ai singoli operatori d'operare liberamente. Il modello svedese, invece, propone l’impegno pubblico a tutela del cittadino (La tutela sociale è un diritto politico): prestazioni sociali collegate al diritto di cittadinanza, perché nel modello svedese, in quanto cittadini, si ha diritto a prestazioni sociali, che nel welfare state tedesco lo si ha nei momenti di fallimento e legato al lavoro (lavoratori e imprenditori). Rivedere sta parte Il welfare state svedese viene finanziato interamente dalla tassazione: nel 1946 il governo socialdemocratico svedese attuò un programma di riforme con forte indebitamento statale. L’idea è che garantendo miglior condizioni di vita, cresce la domanda interna, e quindi si recupera l’indebitamento statale. Le migliori condizioni di vita ottenute fecero crescere la domanda interna: l’elevata tassazione ricavata dall’aumento del reddito andò a ridurre il debito pubblico. Nel welfare state americano e tedesco, i diritti sono destinati alla professione, a chi lavora perché se lo merita: i lavoratori e imprenditori hanno diritto ad agevolazioni, mentre nel modello svedese diritti sono garantiti a tutti purché cittadini. Dunque: - Nel regime liberale i diritti sociali derivano dalla dimostrazione dello stato di bisogno. Il sistema è fondato sulla precedenza ai poveri meritevoli e sulla logica del ‘cavarsela da soli’. Pertanto i servizi pubblici non vengono forniti indistintamente a tutti, ma solamente a chi è povero di risorse, previo accertamento dello status di bisogno. Quando l’incontro tra domanda e offerta non ha luogo, per l’eccessivo costo dei servizi e/o per l’insufficienza del reddito, si assiste al fallimento del mercato, cui pongono rimedio programmi destinati alle fasce di maggior rischio.Tale regime riflette una teoria politica secondo cui è utile ridurre al minimo l’impegno dello Stato, individualizzando i rischi sociali. Il risultato è un forte dualismo tra cittadini non bisognosi e cittadini assistiti. Tale modello è tipico dei paesi anglosassoni: Australia, Nuova Zelanda, Canada, Gran Bretagna e Stati Uniti. - Nel regime conservatore i diritti derivano dalla professione esercitata: le prestazioni del welfare sono legate al possesso di determinati requisiti, in primo luogo l’esercitare un lavoro. In base al lavoro svolto si stipulano assicurazioni sociali obbligatorie che sono all’origine della copertura per i cittadini. I diritti sociali sono quindi collegati alla condizione del lavoratore. Questo è il modello tipico degli Stati dell’Europa continentale e meridionale, tra cui l’Italia. - Nel regime socialdemocratico i diritti derivano dalla cittadinanza: vi sono quindi dei servizi che vengono offerti a tutti i cittadini dello Stato senza nessuna differenza. Tale modello promuove l’uguaglianza di status ed è tipico degli Stati dell’Europa del Nord. La grande differenza tra il modello di welfare State tedesco e il welfare State universalistico è che nell'economia sociale di mercato, il suo finanziamento è a carico principalmente dei datori di lavoro, con una modesta compartecipazione di lavoratori e una più consistente dello Stato, per assistenza e contribuzioni diverse e, soprattutto, viene erogato come benefit legato al lavoro. Nel welfare State svedese, si è fatto leva sui diritti sociali di ogni cittadino per innescare la crescita economica e dunque viene erogato come diritto di cittadinanza. Università Cattolica del Sacro Cuore 2022/2023 Corso di Politica Economica I, Gr. A-C file vari pezzi di produzioni a filiali o fornitori indipendenti e, scegliendo quelli più specializzati o capaci di produrre a costi inferiori. La pratica del delocalizzare significa acquisire diversi vantaggi: a differenza della seconda rivoluzione industriale, dove le industrie erano ben localizzate nei luoghi più avanzati nella terza si sono frammentate e hanno coinvolta nella filiera produttiva anche medie piccole aziende altamente specializzate o a basso costo del lavoro dei paesi in via di sviluppo. Le imprese ora sono organizzate a rete, e questo ha generato nei paesi sviluppati la corsa a spostarsi su settori e lavorazioni ad alto valore aggiunto. Inoltre, molto importante caratteristica della terza rivoluzione industriale, e il lavoro di ufficio è stato reso più efficiente grazie all'elaborazione di software: mentre la seconda rivoluzione era a forma di piramide, ora esso ha assunto la forma di clessidra dove il segmento intermedio se notevolmente ristretto. Infine il processo di imitazione si è reso sei più rapido che in passato dando origine a processi di crescita miracolosi nei Brics e a una vera e propria corsa all'invenzione nei paesi avanzati: diventa dunque sempre più necessario per le imprese fornirsi di laboratori di ricerca e internazionalizzarsi per competere nei vari mercati mondiali. Essenzialmente, la terza rivoluzione industriale ha reso l'attività produttiva per imprenditori di paesi avanzati molto più complessa e competitiva, mentre l'internazionalizzazione richiede una dimensione di impresa almeno media. DEREGULATION E FINANZIARIZZAZIONE DELL’ECONOMIA Già durante il gold exchange standard, si era aperto un varco nel controllo dei flussi finanziari internazionali con la nascita del mercato dell’eurodollaro, che vede come anno di nascita il 1963, quando per la prima volta l'unione sovietica depositò dollari presso banche occidentali, le quali procedettero al loro utilizzo. Questo circuito del credito non era sottoposto ad alcuna regolamentazione poiché le banche centrali europee avevano autorità solo sulle loro monete, mentre la scheda americana non poteva estendere il suo controllo fuori dal proprio stato. Ciò avrebbe permesso guadagni maggiori anche se con livelli di rischio maggiori. Il mercato dell'eurodollaro ebbe un'impennata negli anni 70, con la crescita delle rendite petrolifere dei paesi del Golfo. Il mercato, essendo non regolamentato, era molto rischioso: in particolare, nei primi anni 80 si incominciò una lunga catena di crisi finanziaria dovuta a eccessi di credito a paesi con scarsa possibilità di restituzione. Di fronte a ciò si cerco di dar vita a una serie di innovazioni finanziare, con l'obiettivo di restituire i prestiti (cartolarizzazione) e per poter vendere a sconto dei crediti, recuperare liquidità ed effettuare con quella altre operazioni. Da qui ci fu un crescendo di titoli variamente connotati che avevano lo scopo di permettere rendimenti maggiori sia le banche sia ai risparmiatori: gli alti rendimenti offerti produsse una corsa all’investimenti di essi, tanto più rapida quanto meno regolamentati erano i mercati. Questa impennata dell'attività finanziaria a livello mondiale è stata generata soprattutto a causa di un grande cambiamento avvenuto negli Stati Uniti: negli anni 80 l'America prese avvio un processo di liberalizzazione del settore, noto come deregulation in cui vennero eliminate le restrizioni dimensionali, favorendo fusioni creazione di filiali e ciò porterà all'abolizione del Glass Steagall Act. Infatti, in questo contesto, le banche di investimento in America furono autorizzate a utilizzare per le proprie attività anche i depositi dei clienti. Le banche americane, come quelle tedesche, divennero universali ma con una forte differenza: mentre la banca universale di modello tedesco era abilitata all'uso di depositi a scopi di investimento industriali a lungo termine, di carattere produttivo, la banca americana era abilitata all'investimento in titoli al puro scopo di effettuare il trading ossia acquisti e vendite che generassero profitti di breve periodo (a scopi speculativi e non di sostegno dell'attività produttive o del risparmio privato).
 Università Cattolica del Sacro Cuore 2022/2023 Corso di Politica Economica I, Gr. A-C Il processo di integrazione europea [Capitolo 15] IL PROCESSO DI INTEGRAZIONE EUROPEA: ANNI ’50-’60 Il Piano Marshall, e in particolare l’OECE, fu strategico anche perché consentì una nuova convivenza in Europa, tant’è che l’OECE venne visto dagli Stati Uniti come l’anticipazione di un nuovo assetto federativo che avrebbe interessato l’Europa. Tuttavia, il sogno di un’Europa unita fu ostacolato dalla presenza di forti idee nazionaliste, i paesi europei erano ancora “gelosamente” ancorati all’individualità nazionale e non volevano delegare a organismi sovranazionali. Fino al secondo dopoguerra, non fu possibile iniziare un processo di integrazione europea, anche a causa della presenza di forze politiche e sociali all'interno di questi paesi erano contrari al processo. Solo nel secondo dopoguerra matura l'idea che bisogna integrare e non dividere, e per far ciò, vi erano due possibili strade: - Creare un organizzazione internazionale, ovvero un accordo tra stati che cooperano tra di loro per raggiungere un obiettivo comune: ne è un esempio la NATO. Questi organismi internazionali mettono d’accordo gli Stati membri, ma non ha alcun potere coercitivo. - Creare organizzazione sovranazionali, dove gli stati trasferiscono alcune funzioni, come la moneta, la fiscalità o l’esercito alla dimensione sovranazionale. Questo consente un più marcato grado di integrazione tra i loro membri: vi è la presenza di un ordinamento giuridico proprio, di una corte di giustizia con poteri vincolanti o di istituzioni dotate di legittimità diretta, e così via. La questione è che questo governo è un ente sovranazionale, e questo sistema deve confrontarsi con i governi nazionali. La dimensione sovranazionale avrebbe garantito una serie di vantaggi • Politici: 4. Solo un’organizzazione sovranazionale poteva essere in grado di stabilire la pace nel Vecchio Continente, perché gli accordi tra stati nazioni non funzionano; 5. Solo attraverso la cooperazione fra i diversi stati europei sarebbe stato possibile riconquistare l’antico ruolo dell’Europa negli affari mondiali. 6. L’Europa unita poteva competere in capitale umano e risorse con quelle possedute dagli Stati Uniti. Solo il modello sovranazionale, di un Europa unita avrebbe garantito la ripresa; • Economici, ovvero creare un area di libero scambio di merci, capitali, persone, gestite con leggi uguali sovranazionali. (specializzazione per incrementare la produttività). In questo modo, si sarebbe applicato il modello di Ricardo, in cui la specializzazione e la concorrenza avrebbero determinato la produttività di tutti i membri. Preso atto che un processo di integrazione politica non era possibile, cioè creare uno stato sovranazionale, perché è la storia dei Paesi europei e la presenza di forze politiche e sociali all'interno di questi paesi erano contrari al processo, su iniziativa di tre leader politici, Konrad Adenauer, Robert Schuman e Alcide De Gasperi, decidono di avviare un processo di integrazione solo sul lato economico (Via funzionalista, cioè partire da una funzione, da una componente, l’economia), attraverso la creazione della Comunità Europea del Carbone e dell’Acciaio. Università Cattolica del Sacro Cuore 2022/2023 Corso di Politica Economica I, Gr. A-C Università Cattolica del Sacro Cuore 2022/2023 Corso di Politica Economica I, Gr. A-C POLITICA COMUNE La CEE mette in atto una serie di politiche comuni: in particolare, è importante ricordare la Politica agricola comune e del Fondo sociale europeo. - Politica agricola comune: istituita a Stresa tra il 3 e 11 luglio del 1958, in cui si interviene per garantire: • Porta le imprese agricole verso la modernizzazione: l’idea era l’incremento produttività; • Interventi protezionistici, a sostegno all’agricoltura, ritenuta strategica per la sicurezza alimentare europea. Il protezionismo basato sul sostegno dei prezzi di alcuni prodotti strategici, e sull’imposizione di dazi doganali • L’obiettivo era stabilizzare i mercati e assicurare prezzi accessibili ai consumatori. • Venne i introdotto anche il FEOGA, ne 1962 ovvero il Fondo europeo di orientamento e garanzia agricola: la CEE per stabilizzare i mercati, creava una serie di aziende europee speciali che si occupavano di acquistare le eccedenze rispetto alla domanda: se l’offerta era più alta della domanda, l’Europa acquisiva a prezzo garantito le eccedenze, per poi vendere sottocosto ai paesi terzi o addirittura distruggere (per problema di conservazione). In particolare, questa pratica ha consentito una pratica: ogni agricoltura aveva un prezzo garantito, un finanziamento per la modernizzazione e più produceva e più guadagnava perché tanto le eccedenze le avrebbe pagate la CEE. Non c’era un problema di sovrapproduzione: la CEE finanzia in modo rilevante la produzione agricola. Molti agricoltori ne approfitteranno: per questo motivo, verrà introdotta la Riforma MacSharry nel 1991: con questa riforma, si riducono i prezzi garantiti sebbene si mantengano dei pagamenti compensativi per ogni stato membro. • Inoltre, la CEE, introdusse dei dazi, barriere doganali contro beni extracomunitari (la carne argentina: non arriverà più in Italia o a costi elevatissima, poiché il dazio era del 55% sul prezzo). La CEE va incontro al GATT: l’EU è un eccezione del GATT, e ciò ha causato numerose proteste. - Fondo sociale europeo: istituito nel 1957 ed è l’idea che la CEE debba ridurre gli squilibri economici e sociali tra paesi e regione dell’UE, attraverso: • Sussidio per la disoccupazione; • Sussidio per la mobilità dei lavoratori (Erasmus); • Sostegno all’occupazione femminile e a formazione professionale. • Le risorse finanziarie appartengono al bilancio dell’UE (budget) ma l’attuazione è affidata ai singolo stati. Le risorse sono messe in comune: tutti gli stati contribuiscono alle risorse finanziarie, che apparterranno al budget europeo. Ma ci sono paesi in grado di utilizzare il fondo europeo in modo più efficiente rispetto ad altri. Inoltre, c’è stato un uso distorto del fondo: il trasferimento di risorse hanno un problema di attuazione e di corruzione. Inoltre, questo modello sovranazionale ha funzionato con grande successo: avviene il primo allargamento della CEE: dopo diversi anni di negoziati nel 1972 (in vigore 1 gennaio 1973) entrarono a far parte del MEC anche Gran Bretagna, Irlanda e Danimarca. Ma questo allargamento, provoca una crisi della CEE, e il processo di integrazione riprenderà negli anni ’80, con un obiettivo diverso: non più l’integrazione dei mercati, ma l’integrazione della moneta, dal commercio alla finanza. L’obiettivo di fondo, agli inizi degli anni ‘70, era sempre quello superare la semplice unione doganale per arrivare a degli ‘Stati Uniti’ d’Europa. Università Cattolica del Sacro Cuore 2022/2023 Corso di Politica Economica I, Gr. A-C L’EVOLUZIONE FINO ALL’UNIONE EUROPEA L’obiettivo di fondo, agli inizi degli anni ‘70, era sempre quello superare la semplice unione doganale per arrivare a degli ‘Stati Uniti’ d’Europa. Sempre in questi anni, l’integrazione europea si blocca, ma avviene tuttavia un’evoluzione del Parlamento Europeo: in un primo momento i suoi componenti venivano eletti dai parlamentari degli stati membri e sedevano in raggruppamenti nazionali; dal 1979, dopo una serie di negoziati, i membri del Parlamento Europeo furono eletti direttamente dal popolo e presero posto nell’assemblea come raggruppamento di partiti. Inoltre, l’aggravarsi della situazione internazionale per effetto della fine della fase di crescita della Golden Age, le prospettive di realizzazione di integrazione sempre più forte iniziarono ad essere ridimensionate. Gli eventi endogeni che impedirono il rafforzamento dell’unione furono: - Crollo del sistema di cambi fissi di Bretton Woods (1971) - Primo shock petrolifero (1973) Tutti i paesi (in questa prima fase) affrontarono autonomamente i problemi interni derivanti sia dalle pressioni speculative sulle monete nazionali per effetto dei cambi fluttuanti sia dall’improvviso aumento del costo delle materie prime. Ricadono nel vizio di affrontare autonomamente i problemi interni dell’inflazione, per sostenere le importazione, e ricorrendo al debito pubblico, per effetto dei cambi fluttuanti. Nonostante ciò, fu intrapresa una strada comune per rispondere all’incremento del costo delle materie prime (essenzialmente petrolifere) che prevedeva la promozione delle esportazioni e la ricerca di fonti di approvvigionamento meno costose (materie prime e generi alimentari).in questo modo, negli anni ’70 si realizza un incremento netto e duraturo del commercio intraeuropeo. IL SISTEMA MONETARIO EUROPEO Quando nel 1971 si ebbe la prima crisi sul mercato dei cambi fissi per la sospensione della convertibilità del dollaro, si pensò fosse opportuno mantenere tassi di cambio strettamente collegati tra i vari paesi dell’Unione: ci fu accordo stipulato nel 1972 dagli Stati dell'allora  Comunità economica europea, ovvero il serpente monetario, che serviva per mantenere un margine di fluttuazione fra due o più monete. È il limite massimo entro cui può oscillare il tasso cambio di una moneta rispetto ad una parità prefissata tra le valute comunitarie e tra queste e il dollaro. Il serpente durò solo 7 settimane. Nella primavera del 1978, si ritenterà di adottare una riforma simile, attraverso l’adozione del Sistema monetario europeo, che si basava sulla fissazione della parità di ciascuna moneta del sistema con una moneta di riferimento, l’Ecu, il cui valore nei confronti delle monete esterne alla comunità veniva determinato dalla media ponderata del valore delle monete della comunità che componevano l’Ecu. Dall’altro lato, alla fine degli anni ’70, dagli anni ‘80 ci fu un ‘rilancio’ del progetto europeo, sotto la guida di Jacques Delors, Presidente della Commissione europea: l'idea ambiziosa è quello di creare un mercato unico, abolendo i molti ostacoli non daziari che ancora restavano e ci avevano reso l’unificazione della CEE soltanto parziale. Università Cattolica del Sacro Cuore 2022/2023 Corso di Politica Economica I, Gr. A-C L’ATTO UNICO EUROPEO, 1986 Nel 1986 venne approvato dal consiglio europeo un Atto unico così denominato rimarcare il suo principale contenuto riguardava la realizzazione del mercato unico entro dicembre del 1992, oltreché altre misure di riforma del trattato di Roma. Nonostante alcune fatiche, il processo di integrazione non si è mai fermato e mai arretrato. L’Atto unico europeo ha l’obiettivo di creare un unico mercato interno con un unica moneta (unificazione monetaria e fiscale). La creazione del mercato unico necessitava di due criteri guida: - Armonizzazione della legislazione europea in tutta una serie di campi di fondamentale importanza, dove non era opportuno che permanessero delle diversificazioni; - L’ adozione del principio del mutuo riconoscimento, in cui prodotti e servizi potevano essere confezionati osservando la legislazione in vigore in uno dei paesi dell’Unione e venire offerti su tutti i mercati della comunità, senza discriminazioni. I prodotti in Italia dovevano essere venduti allo stesso prezzo in Germania, o in Spagna: il mercato unico prevede l’applicazione delle stesse condizioni di vendita e di acquisto. In particolar modo, i controlli di frontiera sulle merci vennero progressivamente eliminati, e in tempi successivi sono stati liberalizzati altri servizi come il trasporto aereo alle telecomunicazioni. Per rendere questa moneta uguale, bisognava che l’UE avesse un potere sovranazionale sulla produzione e sul commercio e sulla moneta. TRATTATO DI MAASTRICHT, 1992 Il 9-10 dicembre del 1991 a Maastricht, il consiglio europeo presenta un nuovo trattato che comprendeva 252 nuovi articoli, oltre 17 protocolli e 31 dichiarazioni: il nuovo trattato istituisce l'Unione Europea e incorpora le disposizioni sulla realizzazione dell'Unione monetaria, una politica estera e di sicurezza comune e una politica di cooperazione di polizia di giustizia, E da quest'ultimo si arriverà alla creazione nel 2006 di Frontex, per il controllo comune delle frontiere esterne dell’unione. (i tre piloni). Il trattato venne firmato il 7 febbraio 1992 dal ministro degli esteri delle finanze degli Stati membri. Sul sistema inglese, venne inserita una clausola di non coercizione, in base alla quale era possibile da parte di qualche Stato membro non aderire a singoli aspetti del nuove decisioni ci si andavano via via prendendo. L’aggiunta più significativa del trattato dell'Unione Europea è quella dell'articolo 8 dove si afferma che è istituita la cittadinanza dell'unione: è cittadino europeo chiunque abbia la cittadinanza di uno Stato membro. Infine un'altra importante aggiunta è stato ampliamento delle competenze del Parlamento europeo.
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