Docsity
Docsity

Prepara i tuoi esami
Prepara i tuoi esami

Studia grazie alle numerose risorse presenti su Docsity


Ottieni i punti per scaricare
Ottieni i punti per scaricare

Guadagna punti aiutando altri studenti oppure acquistali con un piano Premium


Guide e consigli
Guide e consigli

STORIA ED ESTETICA DEL CINEMA, Sintesi del corso di Storia Del Cinema

Sintesi completa del corso "Storia ed estetica del cinema" con il riassunto integrato di TUTTI i cinque libri: Gianpiero Brunetta, Thompson e Bertetto

Tipologia: Sintesi del corso

2018/2019

Caricato il 10/09/2019

Utente sconosciuto
Utente sconosciuto 🇮🇹

3.9

(15)

26 documenti

Anteprima parziale del testo

Scarica STORIA ED ESTETICA DEL CINEMA e più Sintesi del corso in PDF di Storia Del Cinema solo su Docsity! STORIA ED ESTETICA DEL CINEMA 1. IL CINEMA DELLE ORIGINI 2 Dall'invenzione ai primi anni del cinema (1880-1904) 2 Il cinema dei Lumière e quello di Méliès 6 2. L’ESPANSIONE INTERNAZIONALE DEL CINEMA (1905–1912) 7 La produzione cinematografica in Europa 7 3. CINEMATOGRAFIE NAZIONALI, CLASSICISMO HOLLYWOODIANO E PRIMA GUERRA MONDIALE (1913-1919) 8 La conquista americana del mercato mondiale 10 La nascita delle cinematografie nazionali 11 Impressionismo francese 13 Nascita dell’autore cinematografico 16 4. IL PASSAGGIO DAL MUTO AL SONORO IN EUROPA 17 Transizione dal muto al sonoro 17 Modelli di film sonoro 18 5. L’ULTIMA STAGIONE DEL MUTO A HOLLYWOOD (1920-192) 21 Le catene di sale cinematografiche e la struttura dell’industria 21 Il cinema degli studios: registi, star e generi 23 6. LO STUDIO SYSTEM A HOLLYWOOD (1930-1945) 27 La nuova struttura dell’industria cinematografica 28 Anni ‘30 a Hollywood 31 Trasformazioni dei generi 36 7. EUROPA (1930–1945): Francia e Italia 40 Francia, il realismo poetico, il fronte popolare e l’occupazione 40 8. LE COLLABORAZIONI INTERNAZIONALI NEL CINEMA EUROPEO 56 Primi anni del novecento Pathé (Francia) 57 Dopo la prima guerra mondiale 57 L’avvento del sonoro nel cinema 58 Le versioni multiple dei primi anni ‘30 58 Le coproduzioni del secondo dopoguerra 59 7. LA PRODUZIONE INTERNAZIONALE DI HOLLYWOOD (dopo la seconda guerra mondiale) 61 5. Les nouvelles vagues 67 8. Cinema italiano dal neoralismo alla “Dolce vita” 69 Cinema italiano nel dopoguerra 69 Il neorealismo 70 Rossellini 70 De Sica e Zavattini 71 Visconti 71 Giuseppe De Santis 71 Registi emergenti 71 Fellini e Antonioni 72 La generazione degli anni 50 72 1. IL CINEMA DELLE ORIGINI Dall'invenzione ai primi anni del cinema (1880-1904) Il cinema fu inventato durante l’ultimo decennio dell’800 e rebbe fino a trasformarsi in un’industria internazionale durante i trent’anni precedenti la prima guerra mondiale grazie anche alla rapida crescita della domanda. In principio un meccanismo tecnologico diventa poi una nuova forma di intrattenimento e un nuovo mezzo artistico. Alla fine del primo conflitto erano già state inventate molte delle tecniche oggi comunemente. L'idea cinematografica aveva accompagnato l'uomo fin dalle sue origini, affinchè l'idea del cinema potesse però prendere vita erano necessari alcuni progressi scientifici e tecnologici, il cinema nacque l’ultimo decennio dell’800, in piena rivoluzione industriale al pari del telefono, il fonografo e l’automobile. L’invenzione del cinema fu un lungo processo che coinvolse tecnici e imprenditori di tutti i Paesi. ​I presupposti per la nascita del cinema: 1. PERCEZIONE DEL MOVIMENTO Per prima cosa gli scienziati dovettero comprendere che l'occhio umano riesce a percepire come movimento continuo una serie di immagini fisse che gli vengono proiettate in rapida successione. Strumenti ottici come il​ fenachitoscopio ​(1832) o lo zootropio​ (1833) ​ restituivano l'illusione di un movimento continuo basandosi su questo principio​: le immagini venivano disegnate su dei rulli scorrevoli azionabili girando una manovella; attraverso un piccolo foro lo spettatore poteva vedere le immagini scorrere e ricevere l'impressione di un movimento continuo. Principi simili furono successivamente utilizzati nel cinema. Il ​28 Dicembre 1895​, data che segnò la nascita ufficiale del cinema, si tenne al Salon indien du Grand Café di Boulevard des Capucins a Parigi il primo spettacolo pubblico di cinematografo dei fratelli Lumière. Per un franco i clienti del Grand Café poterono assistere ad uno spettacolo di 25 minuti in cui furono proiettati dieci film (1 min a film). Il ​Cinematografo​ ideato da ​Lumière ebbe un’immediata influenza sulla cultura popolare​ costituendo le basi per la realizzazione e lo sviluppo del sistema di comunicazione di tipo moderno.​ Nonostante con i primi spettacoli i ​Lumière guadagnassero ben poco​ la parola cinematografo (o cinema) da quel momento indicò non solo l'arte e la tecnica delle immagini in movimento ma anche il luogo deputato a tali proiezioni. Il cinema fu la sola arte a godere di un atto di nascita e ​fin dalla sua invenzione susciterà​ curiosità e stupore, per questa ragione, il cinema delle origini noto anche come ​cinema delle attrazioni​ fu il risultato di un insieme più vasto e vario di forme di intrattenimento nate in epoca vittoriana. Con l’avvento del cinematografo, spariscono, nel giro di pochissimi anni, gli ​spettacoli ottici​ (dalle lanterne magiche ai panorami ai diorami) che avevano alimentato l’immaginazione europea per un paio di secoli. Per circa 15 anni, il cinema, ne sfrutta come un parassita, i meccanismi, le tecniche e i luoghi. In alcuni casi, sono gli stessi ambulanti ad abbandonare gli spettacoli del teatro meccanico per convertirsi e far posto al cinematografo nei loro baracconi policromi girando per l’Europa. Il pubblico del tempo aveva a disposizione altre forme di divertimento come il teatro ma il cinema si converte presto in un bene di prima necessità. Il cinematografo, diventa: - Strumento economico, per la conoscenza della realtà, gli individui conosceranno grazie ad esso virtualmente il mondo al pari di lord inglese e dei giovani che visitavano il Grand Tour - Mezzo di potente creazione, esplorazione del visibile e di ciò che sfugge alla vista - Produzione un senso comune di partecipazione emotiva, una globalizzazione dei sentimenti e delle emozioni e gioca un ruolo nella costruzione di un’identità collettiva europea. Attraverso il recupero di immagini provenienti da diversi contesti favorisce infatti la costruzione di una ​memoria collettiva​. Il senso di identificazione degli individui sparsi nelle varie nazioni verrà raggiunto soprattutto con il cinema americano a partire dalle opere di Chaplin Alla sua nascita il cinema appare la fonte di una nuova estetica ma si imbattono sul cinema anche paure collettive: venne visto anche come uno strumento diabolico e pericoloso una forma di spettacolo che si sottrae al potere istituzionale delle élites e che per questo va combattuto, si contrappongo così due parti: chi vuole fare del cinema un mezzo didattico, lo stato italiano per esempio stanzia fondi per i cinematografi scolastici, e chi invece lo reputa un elemento distruttivo e in grado di perturbare la coscienza del pubblico. → In Francia dilaga l’idea del cinema come di uno strumento “che sporca l’anima” e “rende schiava la mente del popolo”. → In Spagna tra il 1911 e il 1912 si creano delle vere e proprie crociate in nome della moralità e del pudore, soprattutto dopo la comparsa di film considerati pericolosi e immorali. Il direttore della rivista “Cataluña” accusa il cinematografo di perturbare la coscienza morale del pubblico e di avvelenare l’anima dei bambini infiltrando suggestioni di indole sessuale e criminale. → In Germania nasce nel 1907 il movimento della Kinoreform che sostiene l’accusa condivisa da molti intellettuali di tutta europa che il cinema fosse l’assassino del teatro. Il cinema dei Lumière e quello di Méliès La durata media dei film presentati dai Lumière non supera il minuto, si compongono di una sola statica inquadratura che corrisponde all'intera scena/sequenza. Molti dei primi filmati che precedettero l'avvento del cinematografo non facevano che riproporre, con l'ausilio della tecnica fotografica, le visioni animate dello zootropio. I Lumière portarono, invece, la cinepresa fuori dagli studi per cogliere la natura dal vivo. I primi film avevano come soggetti, temi di cronaca, e non di finzione, che potevano essere vedute o panorami, o brevi racconti di viaggio che offrivano visioni di terre lontane. Nei filmati Lumiére uno riprendeva lu e la moglie mentre davano da mangiare al figlio, la scena comica di un ragazzo che finiva per essere annaffiato dal getto d’acqua. Queste semplici scene rappresentavano il genere principale del cinema delle origini. Venivano girati all’aperto ma presto verrà introdotto l’uso dei fondali dipinti, che verrà mantenuto per decenni. Tra i dieci film che vennero proiettati ci fu il primo girato dai due fratelli “L’uscita dalle fabbriche Lumière” (Sortie des ouvriers de l’usine Lumière), in cui si possono vedere un ampio gruppo di operai, perlopiù donne, uscire da un edificio come se avessero appena terminato una giornata di lavoro. “L’innaffiatore innaffiato” (“Le jardinier”) era un film di finzione, la prima pellicola cinematografica in cui vi è una ‘messa in scena’, con una trama semplice, quindi non la ripresa di un evento come in “L’uscita dalle officine Lumière” ma una rappresentazione costruita e non semplicemente ‘fotografata’.. Altro film celebre fu “L’arrivo di un treno alla stazione di La Ciotat” (L’arrivée d’un train à la Gare de la Ciotat) Durante la proiezione di alcuni spettatori fuggirono dalla sala temendo che il treno li avrebbe investiti davvero. Questi episodi sono utili a comprendere quanto realistiche il pubblico dell'epoca percepisse quelle immagini. I Lumière erano convinti che quella del cinematografo sarebbe stata una moda passeggera, intenti a preservare i segreti non vendono a nessuno i loro apparecchi ma formarono nuovi operatori, fedeli nello stile dei maestri fin dal 1896 cominciarono ad essere inviati nelle maggiori città di Francia e d'Europa. L'arrivo degli operatori Lumière coincise il più delle volte con la nascita della cinematografia nazionale. Grazie a questi viaggi il catalogo Lumière si andò arricchendo di vedute e panorami, alcuni di questi operatori introdussero anche nuove tecniche di ripresa come l’invenzione del primo carrello. Poco dopo il cinema ​documentario​ di “realismo” dei Lumière arrivò il cinema fantastico di finzione del contemporaneo George Méliès, l’illusionista e regista francese che introdusse nel cinematografo numerose novità tecniche e narrative e i primi effetti speciali. “​Escamotage d'une dame”​ è il primo esempio in assoluto di montaggio cinematografico. Montando i segmenti di girato l'uno di seguito all'altro in modo che non si percepissero gli stacchi, dava allo spettatore l'impressione dell'improvvisa apparizione e sparizione degli oggetti e dei personaggi. Questa tecnica, che per primo utilizzò è nota come passo uno o stop motion ed è la tecnica che ancor oggi è alla base del cinema di animazione. Ispirandosi ai romanzi di Jules Verne realizzò film come ​ “Le voyage dans la lune (1902)”​ si tratta del primo film di fantascienza nella storia del cinema e uno dei primissimi film a superare la lunghezza di 60m di pellicola. 2. L’ESPANSIONE INTERNAZIONALE DEL CINEMA (1905–1912) A inizio ‘900, dall’Italia alla Russia, il cinema attrae le folle e divide in schiere contrapposte intellettuali, educatori e giuristi, diventando un punto di riferimento in ogni discussione. Dal 1905 l’industria cinematografica assume dimensioni più ampie e stabili; vennero realizzate sale permanenti per soddisfare la crescente domanda. I nomi delle sale cinematografiche sono inizialmente molto simili e dipendono da una comune aspirazione ovvero rompere con la cultura municipale e desiderio di entrare a far parte di un sistema internazionale omogeneo in piena espansione. Inizialmente prendono il nome dei Lumiére o altri titoli francesi, ma anche nomi che richiamano le stelle e le costellazioni (Lux, Splendor, Astra, Excelsior, Eden, Paradise). ​ ​Dopo il 1905 i film divennero più lunghi e cominciarono ad essere composti inquadrature più ampie mentre le storie diventano sempre più complesse. Si assiste a cambiamenti formali e stilistici e I registi sperimentano nuove tecniche per comunicare. La produzione cinematografica in Europa Gli anni precedenti la I Guerra Mondiale vedono emergere Francia, Italia e Stati Uniti come i Paesi con le industrie cinematografiche più forti, che si facevano concorrenza in campo internazionale. IN FRANCIA → In questo periodo l’industria cinematografica francese domina il mercato internazionale e i suoi film sono i più visti nel mondo. La Pathé e la sua rivale Gaumont sono le due principali società continuano ad espandersi mentre nuove case di produzione emergono per venire incontro alla richiesta sempre crescente degli esercenti. Il 1905 -1906 è il periodo di maggior sviluppo della cinematografia francese. La​ Pathé era la più grande società al mondo, già in possesso di tre studi diversi fu una delle prime ad avere una ​concentrazione verticale​ (controllo della produzione, distribuzione ed esercizio dei film da parte della casa). Costruiva macchine da presa, proiettori, produceva film e fabbricava la pellicola su cui stampare le copie da distribuire. Nel 1906 comprò anche le sale cinematografiche e l’anno seguente iniziò a distribuire i film dandoli a noleggio e non vendendoli agli esercenti. I film erano di tutti i generi: documentari di attualità, film storici, drammi e varietà. I film di maggior successo della Pathè erano le serie che avevano come protagonisti comici famosi e soprattutto la serie Max LInder. La situazione tipica in cui si trovava Linder era il sentirsi imbarazzato dalla società (eS. calzava scarpe strette ad una cena elegante). I suoi film esercitarono un forte influsso sulla cinematografia successiva, in particolare su Charlie Chaplin. Lavorò prima in Francia e poi negli USA. La Pathé creò anche un tipo di colorazione meccanica (stencil in inglese) venne utlizzato fino ai primi anni del cinema sonoro per i film che mostravano fiori o donne dai vestiti elaborati. Oltre ad essere una società concentrata verticalmente usava anche la strategia della ​concentrazione orizzontale​, ossia l’espansione di una compagnia all’interno di uno specifico settore dell’industria cinematografica per esempio con l’apertura di nuovi uffici in altre città. Allargò la sua produzione aprendo nuovi teatri in Italia, Russia e Stati Uniti. La ​Gaumont​ proiettava invece film più lunghi e di maggior prestigio. Altre società, sull’esempio della Pathé, aprirono nuove sale con l’obiettivo di conquistare un pubblico più vasto, in questo periodo la prospettiva economico portò alla formazione anche di società più piccole, come la Film d’Art​. che e) Organizzazione delle diverse unità spazio-temporali, differenza forte tra cinema europeo e americano: il cinema americano scompone le unità narrative ricomponendole secondo nuovi paradigmi temporali di simmetria e congruenza f) La fissazione degli stereotipi. Il cinema europeo fin da subito cerca di “plasmare” gli individui lavorando sia sul valore simbolico o reale del gesto sia scavando nelle psicologie: vengono attribuiti secondo gli ambienti, il sesso e l’età sentimenti e passioni. Gli stereotipi possono essere riutilizzati un numero indefinito ma anche ribaltati come nei film comici. Quando il cinema si stabilizza vengono individuate alcune regole date dalle tradizioni anteriori che costituiscono e fanno muovere i racconti cinematografici. Analizzando il genre del mito, per esempio, nel cinema europeo, rispetto alle tradizioni, il mito significa per quasi tutti guardare al mondo greco e classico; nel cinema americano, i miti, che provengono da più continenti (Oriente, Nord Europa, etc.), alcuni temi fondanti del mito come la rappresentazione dell’eroe e della sua invincibilità nascono proprio con il cinema americano. 2. Il cinema americano ​ se il cinema europeo come accade nel cinema italiano, negli anni 1912-1915, compie un viaggio a ritroso nell’illusione di ridar vita al passato, il regista americano è ossessionato fin da subito dal bisogno di dominare il tempo, di conseguenza regola i suoi ritmi sui tempi delle macchine. Il cinema europeo poi una volta definite le caratteristiche dei suoi prodotti tende di continuo a differenziarli mentre in America quando si raggiunge uno standard di successo si tende a riprodurne le caratteristiche. (Billy Anderson nei film western da lui interpreta dirà che non cambiavano le storie ma solo i cavalli) Mentre in Spagna, con il locale movimento del novecentismo il cinema continua ad essere demonizzato, in molti paesi il diverrà simbolo di modernità. In Italia sul “Nuovo Giornale” di Firenze, l’intellettuale ​Canudo,​scrive un manifesto in cui il cinema si presenta come la sintesi di tutte le arti: appare la meraviglia suprema tra le invenzioni moderne e le riassume tutte, sia sul piano simbolico che della realtà. Per poi attribuirgli la qualifica di Settima Arte al fine della guerra (1919). In un saggio del 1914 ​D’annunzio ​si dichiara entusiasta della nuova arte, sarà il primo scrittore europeo a vedere nel cinema il luogo privilegiato di realizzazione di arte totale. Soprattutto grazie ​ ​alla teoria delle avanguardie,dal manifesto futurista in poi, si afferma la fiducia nella possibilità del cinema di proporsi come la forma di espressione più libera da ogni condizionamento, il cinema viene considerato come “rivelatore di una vita occulta”. Verso il cinema si assiste in poco tempo alla migrazione di autori e intellettuali che offriranno al miglior offerente i propri prodotti per la produzione su schermo delle loro opere come d’Annunzio che cede in Francia i diritti della ​“Nave”​e di altre 5 opere. Così come Verga. La spinta del cinema europeo delle origini sarà la motivazione economica che porterà alla conquista dei grandi pubblici borghesi delle metropoli e delle piccole città. La conquista americana del mercato mondiale In questo periodo di mutamenti nel 1914 scoppiò la I Guerra Mondiale, la quale ebbe profondi effetti sul cinema di tutto il mondo. Dopo il conflitto per via anche della crisi economica l’Europa è caratterizzata da un forte nazionalismo. Vengono banditi i prodotti stranieri e l’arrivo del sonoro, che rende difficile l’esportazione, rafforza questo isolazionismo. Gli Stati Uniti invece sono un paese di libera impresa, dove l’intervento dello stato è limitato, ciò gli permise di riempire il vuoto conseguentemente creatosi. Dal 1916 gli Stati Uniti divennero i principali fornitori di pellicole nel mercato mondiale, posizione che hanno mantenuto fino ad oggi. → Fino al 1912 le compagnie americane erano quasi esclusivamente impegnate nella conquista del loro mercato interno che in seguito al boom dei nickelodeon necessitava una produzione di film continua. I film però non vanno subito dallo studio all’esercente ma passano una tappa intermedia: la distribuzione​, se i produttori fanno le pellicole e gli esercenti conoscono il loro pubblico, i distributori hanno una visione complessiva più ampia, osservano l’evoluzione della moda, quando trovano una sceneggiatura interessante anticipano una parte della spesa al produttore per avere in cambio i diritti di distribuzione e vedono in quali sale portare l’opera. ​Gli americani si rendono subito conto che in Europa gli affari non sono sviluppati, non esiste forma di organizzazione e​ già nel 1909 alcune società americane si rivolsero ai mercati stranieri dando vita a un fenomeno di espansione distributiva. L’ingresso in guerra comportava il trasferimento del personale impegnato nell’industria cinematografica al fronte. In Francia, dove gli stabilimenti della Pathé erano costretti a produrre materiale bellico la produzione cessò quasi del tutto con capacità di ripresa minime così come in Italia. I FILM AMERICANI sono un tipo di opera che piace a tutti. Dopo la prima guerra mondiale, con il conseguente isolazionismo europeo, si accelerò il processo di distribuzione dell’industria cinematografica ma influirono anche altri fattori: - Venuta a mancare la produzione Europea, molti paesi si rivolsero all’industria hollywoodiana, che ebbe l’occasione per accaparrarsi il mercato internazionale. - un sistema di produzione razionale che non sopravvalutava il cinema con discorsi sulla settima arte - una visione commerciale ampia - una capacità di adattamento alla domanda Dal 1916 l’espansione americana crebbe a ritmi vertiginosi questa posizione di supremazia fu mantenuta anche al termine del conflitto mondiale, hollywood riuscì a mantenere i due grossi vantaggi ottenuti a partire dalla metà degli anni ‘10: una potenzialità produttiva media rimasta a livelli più elevati di qualsiasi altro Paese e la possibilità di offrire film a costi più vantaggiosi rispetto alle produzioni locali. La nascita delle cinematografie nazionali Con la guerra, gli europei furono costrette a tagliare in tutto o in parte le importazioni ma la domanda di film da proiettare rimaneva però costante. → ​GERMANIA​ ​Fino al 1912 i film realizzati non godevano di una buona diffusione nei mercati stranieri, mentre al contrario, le importazioni dominavano il mercato nazionale. Inoltre il cinema godeva di una pessima reputazione ed era considerato uno spettacolo immorale. Alcuni scrittori, registi e attori di teatro giunsero anche concordare un boicottaggio del cinema ma i produttori cominciano a scritturare proprio gli artisti di teatro. Nasce così l’​Autorenfilm​ nome di richiamo di chi aveva scritto il film, serviva a pubblicizzare il film riferendosi al testo famoso di cui era tratto. Rappresenta il tentativo di innalzare il cinema a forma d’arte, così come era successo in Francia con la Film d’Art. L’Autorenfilm portò una maggiore rispettabilità al cinema, anche se lo scarso successo di pubblico della gran parte dei film, portò al suo declino nel 1914. In quel periodo l’intera industria cinematografica tedesca conobbe una fase di espansione grazie soprattutto allo sviluppo dello star-system, grazie alla notorietà dei due modelli femminili per eccellenza: la bionda Henny Potten che rappresentava l’ideale femminile tedesco e la danese Asta Nielsen. Durante i primi anni di guerra, la Germania continuò ad importare film, spesso dalla Danimarca, fino a quando il contenuto anti-tedesco di alcuni di essi fu considerato nocivo per l’impegno bellico così nel 1916 la Germania proibì l’importazione di film. →​ITALIA il cinema italiano prosperò nella prima metà degli anni ‘10. Il successo dei lungometraggi attrasse molti talenti verso l’industria cinematografica creando uno stimolante clima di concorrenza tra le compagnie di produzione. I maggiori successi all’estero continuano ad essere i film storici, come “Quo Vadis?” (Guazzoni, 1913). Un’altro film molto acclamato fu “Cabiria” (Pastrone, 1914), ambientato nella Cartagine del III secolo, tratta rapimenti e sacrifici umani, mentre l’eroe Fulvio e il suo schiavo forzuto Maciste cercano di salvare la protagonista. Questo film si segnala per l’uso innovativo delle riprese realizzate con il carrello, alternate alle scene statiche (carrello “alla Cabiria”). Si distinse poi un secondo genere come conseguenza dell’affermazione dello star-system. Divennero molto popolari numerose attrici, le “dive”, divennero molto popolari. I film appartenenti a questo filone ritraevano storie di passioni e intrighi dell’alta borghesia o dell’aristocrazia, con una miscela tragica di erotismo e morte e con lussureggianti costumi che contribuivano al successo del genere.​ ​Si afferma il genere del divismo che rimase popolarissimo per tutta la seconda metà degli anni ‘10 per poi declinare rapidamente nel successivo decennio Con ​Ma l’amore mio non muore​ di Lyda Borrelli e poi della sua rivale Francesca Bertini che nel 1915. L’equivalente maschile della diva era il personaggio del forzuto, i cui caratteri principali furono definiti per la prima volta dall’Ursus di “Quo vadis?” e dallo schiavo di “Cabiria”, Maciste. Quest’ultimo, interpretato da Bartolomeo Pagano, impressionò talmente il pubblico da creare appositamente per lui la serie di film di Maciste che continuarono fino agli anni ‘20. Anche se il genere rapidamente declinò dopo il 1923, anno in cui il sistema italiano entrò in crisi. Dopo la guerra, l’Italia cercò di riguadagnare un posto nel mercato mondiale, anche tramite iniziative come la nascita nel 1919 dell’​Unione Cinematografica italiana​, che fallì negli anni ‘20 a causa della forte concorrenza degli USA. →​RUSSIA prima della guerra, la produzione era dominata dalle case di produzione francesi ​Pathé che aveva aperto uno studio in Russia nel 1908 e dalla ​Gaumont​, giunta nel 1909. Come si stava contemporaneamente verificando negli altri Paesi europei tra il 1912 e il 1913, anche in Russia la credibilità del cinema era affidata a famosi scrittori e sceneggiatori. Lo Zar Nicola II, contribuì al successo del cinema sia nell’aristocrazia appassionandosi alla nuova arte sia nell’aristocrazia che nelle classi popolari e per quanto le preferenze andassero ai film stranieri, nel 1914 la Russia poteva vantare una piccola ma fiorente industria. Il 1914 l’entrata in guerra e il blocco delle frontiere, provocò la chiusura degli uffici di molte società di distribuzione straniere, soprattutto quelle tedesche. Come per la Germania, l’inizio della I Guerra Mondiale portò anche in Russia allo sviluppo di una cinematografia isolata da influenze esterne. Il tipo di approccio tematico che la filmografia russa si sviluppò durante questi anni: si districava dalla regola del lieto fine privilegiava i toni melanconici. Il ritmo di molti film di questo periodo era lento, inframmezzato da frequenti pause che consentiva agli attori di enfatizzare la psicologia del personaggio e di esibire le capacità attoriali. Molti film di questo periodo presentavano la stessa attenzione al fascino divistico tipico dei film italiani, principalmente costruiti sull’intensità espressiva. Registi più importanti degli anni della guerra sono Bauer​ e ​Protazanov​, maestri del genere drammatico. ​Bauer​ le sue messe in scena curate nei minimi dettagli, le sue storie sono malinconiche all’estremo e centrate su malattie morbose. “La morte del cigno” ( Bauer, 1917). ​Protazanov ​uno dei maggiori protagonisti della cinematografia sovietica negli anni ‘20, la maggior parte dei suoi film erano adattamenti di celebre opere di Puskin e Tolstoj. Dal 1916 l’industria crebbe sempre di più, fino ad avere 30 case di produzione, nel 1917, con la Rivoluzione, i registi si trovarono ad un punto si stallo e lo stile lento ed intenso che avevano sviluppato fu presto considerato antiquato. →​FRANCIA all’inizio degli anni ‘10 nonostante la crescita dell’importazione di film americani, l’industria cinematografica francese conosceva ancora un periodo di prosperità: la richiesta di film era alta e si costruivano nuove sale. Nel 1913 la più grande compgnia francese, la ​Pathè decise di tagliare settore della produzione in quanto troppo costoso per concentrarsi sulla distribuzione e la proiezione più redditizzie. La Pathè venne esclusa dal mercato americano ormai dominato dalle grandi compagnie che producevano lungometraggi e decise di creare una società di distribuzione tipica di molti altri film del genere, per comporre l'inquadratura sfruttando elementi naturalmente presenti nella scena. In altre occasioni sono elementi naturali a caricarsi di sensi metaforici. Il castello del conte Orlok è una reggia dell’incubo, è uno spazio dove si nasconde il mistero e si realizzano riti demoniaci. La città deserta a causa della peste, la nave e la natura stessa con piante carnivore e iene notturne sono spazi segnati dall’esistenza del male. Il lavoro di regia potenzia in modo straordinario la suggestione dei contrasti di luce ed ombra e la lotta del male per affermarsi ovunque. E nel gioco simbolico che si stabilisce tra Hutter, la moglie Helen e il vampiro, Helen scopre di identificarsi progressivamente con il vampiro, è attratta da lui e finisce per sacrificarsi. Film successivi sono Tartufo​ e ​Faust​. L’attività successiva di Murnau a Hollywood, Aurora 3. FRITZ LANG, comincia la sua attività cinematografica nel dopoguerra a Berlino diventando uno dei registi tedeschi più importanti. Attraversa la storia del cinema muto e poi sonoro in Europa e in America, costruisce nuove macchine e applica le nuove tecnologie all’immagine e alla scena. La messa in scena di Lang (mise en scène langhina) riflette le seguenti opzioni estetiche: - Gli elementi del filmico (strategie e scelte che vengono utilizzate nella mdp) e del profilmico (l’oggetto ripreso) interagiscono nella realizzazione del visibile - La riduzione agli aspetti essenziali dello spazio che non deve apparire come un insieme caotico di elementi - La struttura compositiva è data da strutture geometriche e simmetriche - Capacità di dinamizzare le strutture geometriche costruite - concezione del cinema che punta alla realizzazione di un sistema di composizione fondato sull’integrazione tra pensiero e immagine, immagine-forma-idea fuse in un’unità rigorosa Al contrario degli espressionisti, non vuole creare la complessità della visione attraverso una sintesi di luce e ombra, per Lang la visione deve essere netta e ampia. Costruisce le sue simmetrie con una precisione (capacità di coordinare le rigorose strutture geometriche con la produzione del movimento). Il Dottor Mabuse ​è un quadro della contemporaneità della Germania del dopoguerra dominata dall’inflazione, dalla malavita, dalla miseria e dal crimine. M, il mostro di Dusseldorf​, film sonoro Metropolis (​1927, Fritz Lang​)​ Nel 1925-26 si impegna nella realizzazione di ​Metropolis​, il film di più alto budget della cinematografia tedesca. ​Metropolis​ è al tempo stesso una parabola fantascientifica e un ​bildungsroman​ (romanzo di formazione), un film ideologico e un dramma sociale. L’invenzione di un immaginario popolare, impregnato dai miti della modernità, il ricorso a scelte linguistiche e stilistiche molteplici, fanno di ​Metropolis​ insieme un film monumentale e un’esperienza di ricerca sulle potenzialità espressive e spettacolari del cinema. Il cinema muto Francese e le avanguardie L’industria francese dopo la guerra mondiale La produzione cinematografica francese subì un rapido declino durante la prima guerra mondiale a causa delle risorse assorbite dall’industria bellica. ​Le due grandi case di produzione del paese, la Pathé e la Gaumont, riducono la produzione e infatti il numero di lungometraggi prodotti in Francia calò sensibilmente negli anni Venti. ​Negli anni immediatamente successivi all’arrivo della guerra la percentuale di film americani supera le proiezioni nelle sale francesi, al termine del conflitto era ormai impossibile ridurre la fetta del mercato conquistata dalle compagnie americane e gli sforzi per riguadagnare mercato da parte delle compagnie francesi non furono comunque sufficienti. ​Fattori di crisi 1918-1928: 1. l’​importazione di film stranieri ​all’inizio del decennio, anche se la quota riservata al mercato americano diminuisce dopo gli anni ‘20 altri Paesi come Germania e Gran Bretagna conquistano porzioni di mercato 2. mancata unità ​tra produzione, distribuzione ed esercenti. Le due grandi società dopo la guerra abbandonarono il campo della produzione e sempre più piccole società in cerca di profitti presero il via 3. mancata protezione da parte del governo ​con tasse che danneggiavano l’industria 4. attrezzature obsolete Tra i generi più importanti nel dopoguerra continuava ad esserci il “serial”, il film fantastico ​ispirati ai trucchi di Méliès​, anche se in modo minore, e il genere comico. Tra il 1918 – 1923 una nuova generazione di autori, che consideravano il cinema francese troppo accademico e preferivano i film americani che avevano visto durante la guerra, ha la possibilità di sperimentare ed esplorare il cinema ​come forma d’arte. Questi autori erano facilitati dalla crisi che affliggeva l’industria francese, che induceva le case di produzione riorganizzare spesso le loro politiche d’investimento, aprendo così diverse strade ai registi. ​Negli anni Venti ci furono in Francia, come anche nel resto dell'Europa, numerosi movimenti e avanguardie cinematografiche. IMPRESSIONISMO: ​fu il primo movimento avanguardistico definito anche cinema d'avanguardia narrativa o ​première vague​. ​Dei tre movimenti europei che si sviluppano contemporaneamente negli anni Venti l’impressionismo fu quello che durò più a lungo (1918-1929). ​L'ideologo di questo movimento fu Louis Delluc, intorno al quale si raggrupparono registi come Jean Epstein, Dulac e Abel Ganche, legati tra loro da rapporti di stima e amicizia reciproche anche se non costituiranno mai un movimento compatto e programmatico. I loro film mostravano un fascino p​er la bellezza pittorica dell’immagine e l’interesse per l’indagine psicologica. Nonostante la loro propensione all’impressionismo furono coloro che ebbero la fortuna di lavorare a tempo pieno sullo stile finendo poi per fare film più commerciali. La teoria impressionista Il lavoro dell’arte è quello di creare emozioni transitorie, impressioni, secondo una visione propria dell’estetica romantica e simbolista del tardo ‘800. Gli impressionisti fedeli a questa visione di arte, cercavano di creare con il cinema un’esperienza emotiva per lo spettatore, suggerendo ed evocando più che affermando. Gli autori impressionisti ​sia che considerassero il cinema come forma di espressione a sé stante, sia che lo considerassero come sintesi delle altre arti, furono concordi nel sottolineare la sua indipendenza dalle altri arti, in particolar modo dal teatro, ​il cinema è visto come uno strumento espressivo con possibilità uniche. Tutti i teorici del periodo erano d’accordo nel sottolineare l’estraneità del cinema al teatro. Condannando la maggior parte dei film francesi come mere imitazioni di ciò che accadeva sul palcoscenico e per respingere ogni legame con gli elementi teatrali, gran parte degli impressionisti ricorreva a una recitazione naturalistica singolarmente contenuta. Nel tentativo di definire in maniera più precisa la natura dell’immagine cinematografica, alcuni teorici fecero uso, primo fra tutti Delluc, del concetto di “​fotogenia​” come qualità ​intrinseca delle cose che può essere colta e mostrata in un’immagine filmica​: trasformato in immagine, l’oggetto acquistava una nuova espressività, rivelandosi allo spettatore in una luce completamente nuova, assegnango così una precisa identità alla forma filmica. ​Tale idea parte dalla convizione che il cinema sia un linguaggio artistico, in questo senso il regista, non deve limitarsi a riprodurre la realtà quotidiana ma attraverso le peculiarità del linguaggio di cui dispone, deve spingersi oltre per rivelarne quelli aspetti che vanno oltre la mera percezione sensoriale. A differenza di Delluc, che riconosceva la fotogenia come una qualità "naturale" intrinseca dell'oggetto, Jean Epstein la descive come un elemento proprio dell'immagine cinematografata. I film e gli autori Gli autori dell’impressionismo lavorano prevalentemente su progetti di cinema caratterizzati da una dicotomia interna. Da un lato soggetti e strutture narrative spesso tratti da romanzi e racconti ottocenteschi, tradizionali o post-romantici. Sono soggetti legati a drammi personali. all’insoddisfazione e l’impossibilità di realizzare i loro desideri. → DELLUC non esagera con le alterazioni di immagini di cui faranno uso, e molto spesso abuso, i suoi contemporanei. Attraverso un uso delle luci e degli elementi scenici, tende a ricreare piuttosto delle atmosfere nelle quali si rispecchiano gli stati d'animo dei suoi personaggi. Le opere di Delluc si distinguono per il realismo e un approccio di tipo quasi documentaristico deriva dalla sua concezione di fotogenia come qualità "naturale" dell'oggetto non viene creata dal cinema, ma solo rivelata da qui la agli artifici. Delluc, autoprodusse da solo, tutti i suoi lavori, sosteneva l'idea di un cinema indipendente necessario all'artista per lavorare in piena libertà. Coerentemente a questo suo ideale, non si indirizzò mai al circuito commerciale, destinando le sue opere ad un pubblico di nicchia, fatto di critici, cineasti e cinefili. → Marcel L'HERBIER si esprime, al contrario, proprio attraverso l'utilizzo di numerosi espedienti. In ​El Dorado (1921), ad esempio, utilizza un filtro per offuscare la figura della protagonista mentre danza in un cabaret, in questo modo sottolinea il fatto che la donna sta pensando a suo figlio lontano, quando gli altri personaggi la richiamano al mondo reale, il filtro scompare. Nel ​Fu Mattia Pascal (1926), durante il viaggio in treno del protagonista, noi vediamo i binari dal finestrino dello scompartimento proprio come se li stessimo osservando con gli occhi di Mattia, a questa immagine L'Herbier ne sovrappone varie altre che riguardano il paese Mirignano e la famiglia Pascal, in questo modo noi assumiano non solo il punto di vista fisico del protagonista, ma anche quello psicologico. Quasi sempre queste sperimentazioni linguistiche non interessavano l'intero film, in genere solo alcuni frammenti. L'emergere di un ricordo nella mente del protagonista, un suo sogno, una reazione psicologica scaturita da un particolare evento, offrono al regista la possibilità di rivelare il suo mondo interiore, ed è in questi momenti che il loro cinema diventa impressionista. → Germaine DULAC ricorre agli artifici più svariati per dipingerci le ossessioni, le ansie, la noia di questa figura femminile. Utilizza effetti di rallenting, sovrimpressioni e specchi deformanti sono invece nella sequenza onirica che ci porta a visualizzare l'ossessione provata da questa donna per il proprio marito (​La sorridente signora Beudet) → EPSTEIN fu amico e collaboratore più stretto di Delluc, ​realizzò alcuni dei film più sperimentali del periodo, sviluppò il concetto di fotogenia di Delluc in quello di fotogenia del movimento. Il suo cinema è una ricerca di stati d’animo che insegue le dinamiche psicologiche dei personaggi, le intreccia e le mescola e insieme scopre le suggestioni degli oggetti, dei paesaggi, degli ambienti in cui l’uomo opera. Epstein usa a volte montaggi rapidi, a volte montaggi evocativi, ricorre spesso alla sovrimpressione che mostra la compresenza di motivi diversi. Cœur fidèle​ (1923), rileva l'applicazione pratica di questo concetto. In una scena di Cœur fidèle, Jean guarda il mare mentre invano attende Marie, la donna di cui è innamorato. Il volto di lei ci appare tra le onde, dovunque Jean posi il suo sguardo c'è Marie, comprendiamo così quanto grande sia la paura di quest'uomo di averla persa. → ​Epstein crea la compagnia Les Films Jean Epstein nel 1926, mantenendola attiva per due anni, durante i quali realizzò alcune tra le opere impressioniste più sperimentali. Grazie a queste case di produzione, il movimento impressionista si sviluppò rapidamente, quando queste fallirono, il movimento svanì. Il cinema sovietico degli anni Venti All'indomani della ​Rivoluzione​, negli anni Venti, il cinema sovietico, nonostante la negativa situazione economica e la mancanza di materiale per i registi, visse un periodo di grande entusiasmo artistico e culturale favorato anche dall'interesse del governo bolscevico, che si interessò subito al cinema che per la sua capacità di penetrazione nelle masse era ritenuto utile a diffondere l'ideologia comunista. Nel 1918, venne creato il Narkompros (il Commissariato Popolare per l'Istruzione) a cui affidare la regolamentazione dell'industria cinematografica. L’intervento statale nell’industria cinematografica sovietica consente lo sviluppo di un cinema articolato e importante. Le case di produzione legate allo Stato danno vita a un cinema di educazione e di propaganda e di ricerca legato al programma dell’Ottobre delle arti. Lev KULEŠOV ​→ ​è considerato uno dei pionieri del cinema sovietico. Nel 1920, gli venne affidata la direzione della neo scuola statale di cinematografia. Kulešov riuscì a dar vita ad un laboratorio creativo dal quale sarebbero venuti fuori due dei più grandi registi dell'epoca: ​Vsevolod Pudovkin e Sergej Ejzenštein. ​Isolata dalla comunità internazionale, la cinematografia sovietica non disponeva neanche di scorte sufficienti di pellicola per girare film. Nonostante vi sia stata una grave mancanza di materiali, Kulesov e i suoi allievi furono costretti ad ingegnarsi, montando e rimontando pellicole vecchie. Kulešov elaborò alcuni esperimenti fondamentali sul montaggio cinematografico. In un celebre esperimento, Kulešov mostrava il volto di un grande attore del cinema Mozžuchin, con un'espressione neutra, a questa scena alternava inquadrature di cose e persone diverse come un piatto di minestra, un cadavere, una bambina, lo spettatore leggeva, nell'espressione dell'attore, ora fame, ora orrore, ora gioia. Questo è ciò che verrà definito come “effetto Kulešov” con i quali dimostrava che la reazione dello spettatore dipendeva più dal montaggio che dalla singola inquadratura: era ciò che precedeva e seguiva le immagine a causare rapporti causa e effetto. Il film più importante del grande regista e dei suoi allievi è ​Le straordinarie avventure di Mr. West nel paese dei bolscevichi​, 1924 dove si ironizza sulle false credenze che gli occidentali avevano sulla Russia. Pur elaborando ciascuno le proprie teorie tutti questi registi, Pudovkin, Ejzenštein, Vertov e il gruppo dei FEKS (Fabbrica dell'Attore Eccentrico), furono concordi nel riconoscere il montaggio come l'elemento specifico del cinema e gli attribuirono un'importanza maggiore rispetto alle altri fasi di lavorazione del film. A differenza di quanto avveniva tra gli impressionisti, il montaggio non serviva loro per esprimere la soggettività dei personaggi (rappresentanti come classe sociale) ma esprimere ed illustrare concetti teorici allo spettatore. Vsevolod PUDOVKIN ​→ uno degli esponenti del cinema del regime con il realismo socialista. Riconosceva ancora al montaggio un ruolo centrale ma non dimenticava l'importanza della sceneggiatura. Il suo cinema, infatti, a differenza di quello dei suoi contemporanei intento a tracciare un'epica del popolo e della rivoluzione, si concentra sull'individuo e ridà spessore psicologico al personaggio. Tema centrale della sua trilogia rivoluzionaria composta da La madre (1926), La fine di San Pietroburgo (1927) e Tempesta sull'Asia(1928) è ​ personaggi popolari che prendono coscienza delle dinamiche sociali e decide diventare attivo nella lotta di classe. Sergej Ejzenstein ​→ rappresenta insieme il vertice del cinema sovietico, ​regista e teorico del cinema, che considera l'arte non un emancipazione dello spirito bensì una pratica sociale capace di pensare e di influenzare politicamente attraverso stimoli, emozioni e idee. Individua nel montaggio l'essenza stessa del cinema, teorizzando il montaggio delle attrazioni; secondo questa teoria il montaggio è lo scontro di due elementi antitetici dalla cui sintesi sarebbe scaturito un terzo concetto che avrebbe superato entrambi: ciò significa che bisogno accostare non due inquadrature omogenee ma contrastanti, perché, secondo il principio dinamico, il montaggio è il conflitto di due pezzi indipendenti l'uno dall'altro. L'esempio più chiaro di questo montaggio è la scena fianale del suo film più importante, ​Sciopero! ​1925​, dove si alternano le immagini degli operai scioperanti sparati dalla milizia a scene che mostrano dei macellai uccidere il bue. La sequenza del bue macellato non fa parte del racconto del film. Mostrando alternativamente queste due scene Ejzenštein intende dire: gli operai vengono uccisi, il bue viene ucciso, dallo scontro/incontro di questi due elementi si può quindi ricavare il seguente concetto: gli operai vengono uccisi come fossero degli animali. Qualcosa di simile avviene anche nella sequenza che ci mostra l'inizio dello sciopero: vediamo gli ingranaggi funzionare regolarmente, poi tre operai che incrociano le braccia e gli ingranaggi fermarsi. Ejzenštein non ci mostra direttamente gli operai che fermano le macchine, ma esprime metaforicamente il concetto che, senza il lavoro dell'uomo, le macchine non possono funzionare e quindi la fabbrica non può produrre. Questo tipo di montaggio verrà definito montaggio espressivo, un montaggio che non ha più solo il compito di stabilire i nessi narrativi tra le inquadrature, ma ad esprimere sensi che si trovano al di là della semplice rappresentazione fenomenologica della realtà. Altri film importanti di Ejzenstein sono La corazzata Potemkin ​1925, dove ogni inquadratura viene a ripetere ciò che era stato mostrato nella precedente creando una sovrapposizione temporale del tutto contraria a quell'illusione di fluire continuo del tempo che era il fine del montaggio contiguo. Il processo opposto è il jump editing che si ottiene, invece, eliminando parti di un evento. Ottobre ​1928, ​Il vecchio e il nuovo ​1929 e ​Que viva Mexico​1931. I film di Ejzenštein sono opere corali dove si annulla qualsiasi gerarchia tra personaggi. Dziga Vertov ​→ ​fu l'ideatore di una delle più rilevanti concezioni politiche del cinema. Vertov non si serve del montaggio per costruire sensi metaforici contrappone un cinema realistico non recitato, prediligendo infatti il documentario. Egli raccoglieva immagini con il suo cineocchio, l'unico in grado di riprendere la realtà così com'è e che si discosta dal fallace occhio umano, che non era in grado di vedere le contraddizioni più nascoste. Vertov realizza documentari avanguardistici, che influenzò vari registi di tutto il mondo (es: Walter Ruttman si ispira a lui per il nuovo genere documentaristico sulle città) e la sua opera più importante resta ​L'uomo con la macchina da presa, ​1929 nel quale è documentata una giornata di lavoro di un cineasta , che diventa egli stesso oggetto di studio: mostra inoltre, come il cinema e il cineocchio siano strumenti indipendenti e capaci di muoversi da soli e come questa nuova arte si discosti dalla tradizione. Nel 1930 realizzò il suo primo film sonoro, Sinfonia del Donbass ​nel quale mescola con grande maestria i rumori delle macchine ai canti e alle musiche. 5. IL PASSAGGIO DAL MUTO AL SONORO IN EUROPA Gli esperimenti volti ad associare immagini-suoni andarono in due direzioni diverse: ● SISTEMA FONOGRAFICO, VITAPHONE: colonna sonora incisa su dischi di fonografo (sound on disc). La sincronizzazione del film con una colonna sonora incisa su disco e diffusa poi nella sala mediante un fonografo collegato al proiettore. Sperimentato per la prima volta da Edison nel 1889. Usato dalla Warner nel 1926 diede l’avvio alla rivoluzione del suono. ● SISTEMA FOTOGRAFICO, MOVIETONE: impressionare il suono sullo stesso supporto dell’immagine (sound on film), metodo tecnologicamente più complesso ma anche più pratico finì per essere il mezzo prediletto alla fine degli anni 20. ● Sistema alternativo era il Photophone, sistema di registrazione verticale (variable area system) utilizzato anche in Italia per le prime produzioni sonore. Transizione dal muto al sonoro AMERICA: ​fra il ​1926 ​(prima apparizione Vitaphone) e il ​1929 ​(distribuzione dell’ultimo film muto realizzato a Hollywood). I film realizzati in questi quattro anni si differenziano da quelli che li precedono e li susseguono per: ● Convivenza tra muto e sonoro (part-talkies) vi è una circolazione di film muti con didascalie e addizionati con musica ma anche un ibridazione dei linguaggi che uniscono due sistemi nello stesso prodotto ● Carattere primitivo per le incertezze delle prime sperimentazioni sonore, e sperimentale perché molte figure audiovisive vengono sperimentate per la prima volta. Contesto europeo l’acquisizione della nuova tecnica non avviene nello stesso arco di tempo in tutte le cinematografie. In generale in Europa tra il 32 e il 35 (periodo dove la produzione sonora hollywoodiana aveva superato il suo stadio primitivo) troviamo prodotti dalle caratteristiche di transizione. Transizione = esaurimento di una tradizione precedente istituzione di un nuovo codice: → GERMANIA: ​l’unico paese provvisto di un’industria in grado di competere contro quella americana, l’avvento del sonoro si compie fra il 1929-1931. Tra questi anni e l’avvento del nazismo si notano una serie di lavori al fine di proseguire la ricerca verso l’Espressionismo e fiorisce una produzione di genere molto inventiva. → GRAN BRETAGNA: ​si sviluppa nello stesso arco di tempo, periodo compreso tra il ​1929-1931 passaggio del muto al sonoro tecnologico- produttivo degli studi sonori tende a ridurre fortemente la relativa autonomia e la libertà d’espressione di cui godeva l’autore-regista nel muto: i costi del suono portarono a una standardizzazione del prodotto e una più rigida divisione dei ruoli, mentre le carenze tecnologiche costituirono un vero e proprio ostacolo; si aggiunse la forte diffidenza di alcuni cineasti legati all’avanguardia. Il declino ha però ragioni molteplici: col finire degli anni venti si assiste a tutta Europa alla crisi dei movimenti artistici più radicali e alla parallela affermazione di tendenze volte a un recupero della tradizione (“neoclassicismo”). Inoltre l’ascesa del nazismo nel 1933 e l’affermazione definitiva, verso la metà del decennio, dell’estetica del realismo staliniano, segnano la fine della sperimentazione formale in Germania e nell’Unione Sovietica, dove negli anni venti si era assistito a una vera e propria fioritura di produzione d’avanguardia. DIBATTITO Dal 1928 l’avvento del sonoro suscita in Europa un’accesa discussione che vede impegnati tutti coloro che durante gli anni venti avevano posto il cinema al centro delle loro speculazioni. Nel dibattito sono evidenti 4 temi principali: a) ​Il problema dei rapporti tra film e parlato​ Inaugurata da Pirandello in un articolo in cui mette si schiera per un cinema sonoro che continui a fare a meno della parola, condizione necessaria per sfuggire all’imitazione del teatro. Sul versante opposto invece il francese Marcel Pagnol accoglie l’avvento del parlato, visto come potente mezzo di diffusione dello spettacolo teatrale in grado di raggiungere un pubblico più vasto ma per sopravvivere il cinema parlato deve distaccarsi proprio dal teatro stesso b) ​Il supplemento di realtà introdotto dal suono del cinema viene condannato il suono e ogni innovazione tecnologica che avvicini il cinema al mondo reale in quanto proprio quello che rende il cinema distante dalla verità lo rende un’opera d’arte originale c) ​La possibilità di estendere all’ambito acustico la facoltà di rivelazione del mondo sensibile proprio della macchina da presa​. per ottenere progressi bisogna registrare all’aria aperta in quanto il nuovo mezzo deve contribuire ad affinare la sensibilità acustica, permettendoci di riconoscere le qualità peculiari dei suoni e di scomporre nei suoi singoli elementi ciò che prima percepivamo come un brusio caotico e indistinto d) ​Il concetto di asincronismo di ispirazione della scuola formalista russa,​ ​idea che​ ​l’elemento acustico viene visto anche come una componente da associare all’immagine secondo criteri formali piuttosto che in base al puro sincronismo è un metodo per sfuggire all’imitazione del teatro, immagini e suono quindi dovevano svilupparsi in modo asincrono (con questo termine si indicano sia i suoni fuori campo, ma anche forme di combinazione più complesse) 6. L’ULTIMA STAGIONE DEL MUTO A HOLLYWOOD (1920-192) Durante la prima guerra mondiale, gli Stati Uniti erano diventati leader dell’economia internazionale grazie anche alla politica repubblicana basata su un liberismo sfrenato: i beni provenienti dall’America, inclusi i film, continuavano a invadere i mercati stranieri. Il corrispettivo sociale è stato un’apertura nelle abitudini e nel costume, questo periodo fu etichettato come “i ruggenti anni Venti”, il proibizionismo aveva aumentato il contrabbando illegale e le donne davano scandalo indossando abiti corti e fumando in pubblico. Anche se il clima generale di prosperità non riguardava tutte le classi sociali (il razzismo, capeggiato dal Ku Klux Klan, era diffuso e restrinse il flusso migratorio per tenere alcuni gruppi etnici fuori dai confini degli Stati Uniti, contadini e i minatori videro peggiorare le proprie condizioni) ll’industria cinematografica riuscì a beneficiare delle grandi disponibilità di questo periodo e rispecchiò lo stile di vita frenetico “dell’età del jazz”. Le catene di sale cinematografiche e la struttura dell’industria La crescita dell’industria americana che aveva subito un’impennata negli anni precedenti al conflitto, continuò anche nel decennio successivo. Il periodo fu caratterizzato da una florida situazione economica e da un forte aumento degli investimenti nell’industria cinematografica. La frequenza nelle sale raddoppiò tra il 1922 e il 1928 e l’esportazione dei prodotti hollywoodiani continuò ad aumentare vertiginosamente fino ad un rallentamento alla metà degli anni Venti, a causa della saturazione dei mercati stranieri. Una strategia distributiva tesa a massimizzare i loro profitti e contemporaneamente a condannare ai margini del mercato le altre compagnie permise l’espansione dell’industria, ​fattori di crescita​: • L’acquisto e la costruzione di​ nuove sale​ cinematografiche da parte delle grandi case di produzione, che assicuravano in questo modo un canale di distribuzione per i propri film. Di conseguenza, i produttori iniziarono ad innalzare i budget e gli studios si diedero battaglia per offrire al pubblico produzioni dispendiose. Si formò una nuova generazione di registi ed Hollywood divenne meta ambita di molti autori stranieri, che introdussero numerose novità stilistiche e formali. • ​Nei primi tempi queste catene si sviluppano a livello locale ma nel 1917 un gruppo di esercenti crearono una propria casa di produzione “First National” controllando contemporaneamente la produzione, la distribuzione e la proiezione di film. Questa combinazione su tre livelli assicurava alla casa di produzione una sicura distribuzione e visione delle opere entrando in concorrenza con le grandi compagnie di Hollywood, come la Famous Players-Lasky, la Universal e la Fox ma diede lo stimolo ad altre società al sistema di concentrazione verticale​ dell’industria cinematografica americana: le società più grandi si organizzarono in modo tale da combinare la produzione e la distribuzione con le catene di sale cinematografiche. Diede inizio all’espansione delle grandi case hollywoodiane: → La ​Famous Players-Lasky​ unendosi ad una società di Chicago proprietaria di molte sale del Midwest, realizzò la prima concetrazione di produzione e distribuzione tanto che ad inizio anni ‘30 era proprietaria di circa 1200 sale del Nord America e di alcune all’estero. → Un’altra importante società di quegli anni la ​Loew’s Inc​ tentò una concentrazione verticale Nel frattempo anche la Loew’s Inc e acquisisce anche la Goldwyn Pictures, creando quella che sarebbe diventata, dopo la Paramount, la seconda società cinematografica di Hollywood, la Metro-Goldwyn-Mayer (MGM). Questo gli permise verso la fine del decennio di monopolizzare gli incassi. Per poter controllare anche le sale di cui non erano proprietarie, le società hollywoodiane ricorsero ad un sistema di block booking​, che obbligava gli esercenti interessati alla proiezione dei film di maggior richiamo a noleggiare anche altri film con minore possibilità di successo. Questo portò i singoli esercenti ad accordarsi con più di una società, inoltre gli stessi distributori dovevano ricorrere ad altre case di produzione per riuscire ad offrire programmazioni complete dato che gran parte delle sale presentava due programmi diversi ogni settimana e ogni casa di produiozne realizzava circa cinquanta film all’anno. Per questo, le principali società di associarono, conducendo il mercato cinematografico degli anni ‘20 ad una situazione di oligopolio. Le compagnie a concentrazione verticale che controllavano la maggior parte delle catene di sale cinematografiche (Paramount-Publix, MGM e la First National) costruirono le “Tre Majors”. Subito dopo seguivano le “Cinque minors”, ovvero quelle società che possedevano sale cinematografiche in maniera ridotta: Universal, Fox, Producers Distributing Corporation, Film Booking Office e Warner Bros. Universal ​→ negli anni ‘20 continuò la produzione di film destinati alle sale più piccole, nonostante la sua posizione di forza nella distribuzione era proprietaria di un modesto numero di sale cinematografiche. Verso la metà del decennio aveva tentato di costruire una catena ma l’impresa si era rivelata poco redditizia, costringendo la società a fare un passo indietro. La Fox ​→ continuò a produrre film popolari e a basso costo. Nel 1925 iniziò a costruire una piccola catena di sale che di lì a poco, sarebbe diventata la più importante tra le minors. Warner Bros​ → era di dimensioni minori e non possedeva sale ne una distribuzione propria; nonostante questo riuscì ad ottenere un notevole successo con una serie di film dedicati alle avventure di un cane, Rin Tin-Tin. Sfruttando la propensione degli investitori di Wall Street a scommettere sull’industria cinematografica, cominciò ad espandersi e ad acquistare sale e attrezzature; i successivi investimenti nelle nuove tecniche del sonoro l’avrebbero portata in pochi anni all’avanguardia dell’industria cinematografica. Gli altri membri delle “Cinque minors” erano relativamente modesti: la Producerd Distributing Corp., durata fino al 1928, si segnalò principalemten per una serie di film diretti da DeMille, che nel 1925 aveva abbandonato la Famous Players-Lasky; la Film Booking Office, divenne nel 1929 la base per la creazione della più importante RKO. Separata da entrambi i gruppi, la ​United Artists (UA)​, creata nel 1919 da Griffith, Mary Pickford, Chaplin e Fairbanks, non possedendo sale cinematografiche ne teatri di posa, si limitavano alla distribuzione di film prodotti indipendentemente dai suoi quattro proprietari e da altri registi. La nascita della ​Motion Picture Producers and Distributors​ association (MPPDA​) Con l’espansione dell’industria cinematografica ci fu anche una crescente richiesta da parte di vari gruppi sociali per un maggiore controllo della censura. Molti film realizzati nel dopoguerra, avevano come soggetto i ruggenti anni ‘20: musica jazz, liquori illegal, feste sfrenate e commedie che presentavano l’adulterio come un frivolo passatempo. In questo periodo, l’attenzione all’opinione pubblica era rivolta alla vita privata di registi e attori hollywoodiani, molte star erano al centro di scandali ed eccessi. Per restituire ad Hollywood un’immagine accettabile agli occhi dell’opinione pubblica i principali studios si accordano per per dare vita alla ​Motion Pictures Producers and → Il genere ​gangster​ non era stato mai particolarmente importante per il cinema americano fino alla metà degli anni ‘20. Fu proprio grazie alla crescita del crimine organizzato dovuto al proibizionismo a renderlo popolare. Es. “Le notti di Chicago” (Von Sternberg, 1927) per la Paramount. Von Sternberg, grazie al sostegno di Chaplin, nonostante il suo primo film fosse stato un insuccesso commerciale, ottenne un contatto con la MGM, che però durò poco. Il vero successo arrivò proprio con “Le notti di Chicago” e fu in parte dovuto alle sue eccentriche star: l’insolito eroe (George Bancroft) è un gioviale, chiassoso ladro di fioielli, il cui braccio destro (Clive Brook) è un ex ubriacone di origine inglese, preso dalla strada. L’amante (Evelyn Brent) si innamora di quest’ultimo; il protagonista dopo aver meditato di uccidere entrambi, finisce per aiutarli a scappare, ritardando l’arrivo della polizia. Questo stile diventò il suo marchio di fabbrica. Nuovi investimenti e film campioni d’incasso Metà anni ‘20 gli investimenti di Wall Street nell’industria cinematografica accrebbero le possibilità di produzioni con budget elevati. → La MGM, fu particolarmente impegnata nella realizzazione di film di rilievo. Esempio è l’adattamento del romanzo di Lewis Wallace, Ben Hur (secondo libro più letto dopo la Bibbia negli Stati Uniti). La produzione del film era stata originariamente concepita dalla Goldwyn nel 1922. Per conferire più autenticità, le riprese furono girate in Italia; qui però, la produzione incontrò molti ostacoli e un incidente durante le riprese di una battaglia navale causò la morte di molte comparse. Nel 1924 la MGM ereditò il progetto in seguito all’assorbimento della Goldwyn ma a causa dei ritardi, Ben-Hur (Niblo) fu presentato solo nel 1926. Fu necessario un set enorme per filmare la corsa delle bighe, lungo il quale vennero posizionate diverse cineprese che riprendevano la scena da diverse angolature e permisero in sede di montaggio di dare un ritmo travolgente all’intera sequenza. Sempre la GMG, produsse un film di grande rilievo sulla prima guerra mondiale, “La grande parata” (Vidor, 1925) che aveva tra i suoi protagonisti John Gilbert, l’idolo romantico per eccellenza dopo la scomparsa di Rodolfo Valentino. Nella prima parte del film, il ricco e giovane protagonista, partito volontario per la prima guerra mondiale, intreccia una relazione con una contadina francese ma in seguito la storia si sposta bruscamente su scene di guerra. Il film descrive gli orrori della guerra, rappresentando i soldati tedeschi anch’essi vittime dei combattimenti; da solo nella trincea, faccia a faccia con un giovane tedesco in fin di vita, invece di finirlo, il protagonista gli accende una sigaretta. “La folla” (Vidor, 1928), del tutto diverso dal precedente, racconta la storia di una coppia appartenente alla classe lavoratrice, il cui matrimonio entra in crisi dopo la morte in un incidente stradale di uno dei figli. La MGM, impose al regista un lieto fine con la famiglia riunita. Come MGM anche altre case di produzione si lanciano in film di alto budget. → La ​Paramount​, distribuì nel 1927 “Ali” di Wellman, un altro racconto agrodolce sulla prima guerra mondiale. Come ne “La grande parata”, anche qui vi era la combinazione tra romanticismo dell’intreccio con spettacolari sequenze di combattimenti. Grazie alle cineprese portatili e montate direttamente sugli aereoplani, le immagini riuscivano a comunicare un’immediatezza e un verismo impossibili da ottenere con i normali trucchi fotografici. La ricercatezza nei particolari, l’uso del montaggio contiguo, l’illuminazione direzionata e i movimenti di macchina fecero di questo film la sintesi dell’ultimo periodo del cinema hollywoodiano. Quando venne formata l’Accademy Pictures Arts and Sciences per premiare le migliori opere, il primo film a ricevere quello che poi sarà chiamato “oscar”, fu proprio “Ali”. Un cinema a basso costo e non convenzionale Se il cinema controllato dalle Majors era destinato alle più importanti sale di prima visione, le Minors e le altre compagnie indipendenti realizzavano produzioni a medio e basso costo per le programmazioni nelle sale di periferia e di provincia. → La produzione marginale originale e autonoma vantava tra i suoi autori ​William G. DeMille (Fratello di Cecil DeMille); autore di formazione teatrale, William diresse alcuni film nel decennio successivo alla I Guerra Mondiale, spesso centrati su personaggi disadattati come “Conrad alla ricerca della sua giovinezza” (1920) o Miss Lulu Bett (1921). → ​ Brown​ operatore già negli anni ‘20 di Griffith che diresse per conto della Paramount “Amore nudo e crudo” (Shark love 1927), un film fuori dal comune per le norme del periodo. Dramma rurale racconta la storia di una società arcaica che opprime le donne, girato con attori non professionisti Registi stranieri a Hollywood Prima del 1920, gli autori provenienti da altri Paesi avevano lavorato solo occasionalmente per l’industria americana, i nomi più importanti furono quello di Chaplin​, chiamato dalla Keystone dopo il suo successo con la sua turnée nei music-hall americani, e il francese ​Maurice Tourneur​. Negli anni ‘20, invece, le case di produzione iniziano la caccia per scovare dei talenti stranieri e l’impatto dei registi immigrati sulla cinematografia hollywoodiana si fece rilevante. Nel momento in cui in Francia, Germania e Svezia e in altri Paesi si stavano sviluppando nuove correnti cinematografiche, gli studios americani cominciarono a considerarli riserve di talenti emergenti e contemporaneamente evitavano la concorrenza. Rappresentanti degli studios si recavano regolarmente in Europa per visionare i film più recenti, cercare attori e registi promettenti. La maggior parte dei registi stranieri che lavoravano ad Hollywood, provenivano dalla Germania, la più fiorente industria cinematografica europea di quegli anni. Solo pochi tra loro ebbero però, una carriera duratura a causa delle differenze linguistiche e ad una scarsa capacità di adattamento alle limitazioni imposte dagli studios. → Il flusso regolare di talenti europei verso Hollywood cominciò dopo la distribuzione negli Stati Uniti di “Madame Dubarry” di Ernest ​Lubitsch​, presentato con il titolo “Passion”. Già regista di successo in Germania, Lubitsch imparò subito ad armonizzare il suo stile con quello classico hollywoodiano, diventando uno dei registi più rispettati. Ingaggiato dalla Warner Bros, che lo rese un autore di punta. Diresse una serie di commedie sofisticate sotto l’influenza di Chaplin, le quali analizzavano la società dell’epoca. L’ingegnosità con cui Lubitsch riusciva a suggerire gli appetiti sessuali e le rivalità sotterranee che si nascondevano tra le pieghe delle buone maniere erano già tipici di quello che verrà definito “il tocco di Lubitsch”; si esprimeva attraverso un’estrema fluidità del racconto, capace di indicare gli stati d’animo dei personaggi semplicemente dal modo in cui cambiavano posizione all’interno della scena o dalla direzione dei loro sguardi da un’inquadratura all’altra. I principali film realizzati furono “Matrimonio in quattro” (1924), Il ventaglio di Lady Windermere (1925) e la “Vita è un charleston” (1926). Ci furono anche altri film per la MGM e per la Paramount. Anche con l’avvento del sonoro, si confermerà uno dei registi più interessanti. → ​Murnau​ si recò a Hollywood per girare con un budget enorme quella che sarebbe stata la maggiore produzione della Fox del 1927, “Aurora” (sunrise) sceneggiato da Mayer, figura centrale dell’espressionismo tedesco, il film fu un’opera pienamente tedesca anche se realizzata in America. La storia narra di un dramma psicologico semplice ma intenso: un pescatore, dopo aver meditato l’uccisione del coniuge per poter fuggire con la sua amante, deve riguadagnarsi la fiducia della moglie. Risultò comunque troppo sofisticato per diventare popolare e le spese affrontate per la ricostruzione del set dei cittadini non permisero alla Fox di realizzare alti guadagni. Murnau dovette ripiegare su altri progetti meno ambiziosi. Nonostante la scarsa popolarità di Murnau nei suoi anni hollywoodiani, “Aurora” ebbe un forte impatto sui registi americani, soprattutto quelli della Fox, come John Ford e Frank Borzage. L’influenza del cinema europeo, e particolarmente delle avanguardie tedesche, francesi e russe, era riscontrabile in molti film degli anni ‘20 e ‘30. Il dramma sentimentale sulla prima guerra mondiale girato da Ford nel 1928 “I quattro figli”, aveva molti punti in comune con il cinema tedesco. “La carne e il diavolo” (1926) con riprese in soggettiva e altre tecniche introdotte nel cinema d’avanguardia europeo; protagonisti erano John Gilbett e Greta Garbo, la più celebre tra le attrici europee migrate ad Hollywood. Poi la Universal diede prestigio alle sue produzioni assumendo anche altri artisti europei. → Anche i registi scandinavi degli anni ‘10 e dei primi anni ‘20 raggiunsero Hollywood, lavorando soprattutto per la MGM come ​Stiller​ chiamato da un produttore della Paramount per la regia di “L’ultimo ballo”, interpretato da Pola Negri. Fu una delle più importanti produzioni hollywoodiane di Stiller, da ricordare per la presenza di alcuni movimenti di macchina nello stile del cinema tedesco, con la macchina da presa posta su elaborati ascensori. Innovazione tecniche e stilistiche Alla fine degli anni ‘10, nel cinema americano erano già state introdotte gran parte delle innovazioni tecnologiche più significative, ed erano stati posti i fondamenti dello stile classico hollywoodiano furono relativamente pochi quindi i cambiamenti significativi degli anni ‘20. NUOVO APPROCCIO ALLA FOTOGRAFIA; rispetto alla pratica usata fino al 1919, che faceva uso di inquadrature ben definite e nitide, alcuni autori iniziarono a sistemare davanti all’obiettivo tessuti trasparenti o filtri, per creare immagini flou e indistinte. Inoltre, lenti particolari potevano riprendere l’azione in primo piano perfettamente a fuoco, lasciando lo sfondo indistinto. Serviva per attirare l’attenzione dello spettatore a quanto accadeva in primo piano, escludendo la visione di elementi secondari. IL risultato fu il ​soft style​ dell’immagine. Fra i primi a ricorrere a questo effetto, vi furono Griffith e il suo operatore Sartov → in “Giglio infranto “ (1919) utilizzarono il flou per riprendere Lillian Gish e in “Agonia sui ghiacci” (1920). Questo effetto rimase fondamentale fino agli anni ‘40. PELLICOLE PANCROMATICHE al posto di quelle ortocromatiche. Queste ultime erano sensibili solo a certe porzioni dello spettro visivo, cioè al viola, al blu e al verde; diversamente, le parti in giallo e in rosso venivano appena impressionate, tanto da apparire quasi nere. Le pellicole pancromatiche, disponibili fin dagli anni ‘10, registravano, invece, l’intero spettro di colori, dal viola al rosso, con un’intensità quasi costante; anch’esse, però, avevano dei difetti: erano molto costose, facili a deteriorarsi e richiedevano una maggiore esposizione alla luce per ottenere un’immagine soddisfacente. Dal 1925, la Kodak, produttrice di pellicole pancromatiche, iniziò ad introdurre versioni sempre più sensibili ed economiche e nel 1927 quasi tutti gli studi di Hollywood usavano esclusivamente queste pellicole. Nel 1935 venne ristrutturato il codice interno di censura preventiva cinematografica, noto come codice Hays dal nome del politico che lo ideò. Il codice Hays era già in vigore negli anni Venti, l’avvento del sonoro spinse i suoi autori a ristrutturarlo e ad imporne il rispetto con maggiore fermezza. Il codice Hays consisteva in una serie di divieti che i produttori avrebbero dovuto rispettare per mettersi al riparo da un’eventuale censura che avrebbe potuto causare gravose perdite finanziare. Il codice prevedeva, ad esempio, che i coniugi di una coppia, anche regolarmente sposata, dormissero in camere separate, che un bacio non dovesse durare più di dieci secondi, vietava di rappresentare la perversione sessuale, intesa principalmente come omosessualità, e ne vietava qualsiasi allusione o riferimento. Vigeva il divieto di offendere altre razze, etnie e fedi religiose. Queste e altri divieti imposti dal codice Hays, non traevano origine da alcuna esigenza di ordine etico o morale, ma semplicemente da questioni di ordine economico e finanziario. Tra le vittime più celebri del codice Hays troviamo anche una star del cinema d'animazione come Betty Boop. Divenne un'icona nel periodo della Grande Depressione, ma Il codice Hays le impose dapprima di accompagnarsi ad altri personaggi che stemperassero la sua carica erotica. Quindi fu costretta ad occuparsi di faccende domestiche e ad accudire animali. La sua storica mise nera, che lasciava scoperte gambe e spalle fu sostituita da abiti molto più castigati. Betty Boop, il primo personaggio dell'animazione ad essere divenuto un sex symbol, dovette abbandonare gli schermi nel 1939. Case di produzione All’epoca del muto, l’industria cinematografica di Hollywood si era sviluppata in un oligopolio di società unite nello scopo di chiudere il mercato alla concorrenza. Nonostante l’inizio della Depressione costrinse alcune società a ridurre gli investimenti, il 1930 è l’anno in cui si stabilizza l’assetto produttivo di Hollywood, struttura basata sulle colossali aziende che formano tutt'ora il mito del cinema americano, otto grandi società dominavano l’industria: le cinque grandi casi di produzione soprannominate ​“​Majors​” ​(la Paramount, la MGM, la Fox (diventata nel 1935 la 20th Century- Fox), la RKO e la Warner Bros) e le tre “Minors” prive o povere di sale (la Universal, la Columbia e la United Artists). In questo quadro il sistema decisionale viene del tutto assunto in proprio dallo studio e dal produttore. Le cinque Majors ​ agli inizi degli anni 30 ​disponevano​ già ​di una loro catena di sale e ​del loro circuito distributivo​ distributivo internazionale a concentrazione verticale. Ne risulta che, mentre il funzionamento dello studio system è standardizzato, i prodotti appaiono in realtà diversificati secondo lo specifico stile della casa di produzione, quello che viene definito come house style​ o ​studio look​. Il logo dello studio siglano il film con una firma che immediatamente orienta le aspettative del pubblico rispetto al genere, alla qualità, ai divi. Ogni ​Major​ controlla una determinata categoria di sale e quindi si rivolge ad un certo tipo di pubblico. Ad esempio, il fatto che la Paramount disponga di molte sale metropolitane e si rivolga dunque ad un pubblico urbano e sofisticato, motiva il carattere cosmopolita e osè di molte sue produzioni. C’è una stretta relazione tra la tipologia dei divi a contratto e il genere su cui si muove la politica produttiva dello studio. Per esempio, la RKO, si specializza nel musical negli anni in cui tiene sotto contratto la coppia Fred Astaire e Ginger Rogers. - Metro-Goldwyn-Mayer ​anche conosciuta con la ​sigla​ ​MGM​,​ ​la mascotte della MGM che compare nei loghi animati delle compagnie, si chiama ​Leo the Lion​ ("Leo il leone"); storicamente, nel ruolo di ​Leo the Lion​ furono alternati sei ​leoni​ diversi, il primo dei quali, fu addestrato a ruggire al segnale del ​ciak​. Attorno al leone appare la scritta “​ars gratia arts​” arte per arte. Arte non per lucro ma per pura bellezza. Sotto una maschera, simbolo dell'arte classica. A sinistra e a destra appare la scritta “​trade mark​” logo che rimanda all'immediato valore commerciale, marchio di fabbrica. È la casa di produzione ​nata nel 1924​ dei grandissimi musical come ​Singing in the rain​,​ Via col vento ​e​ ​il musical ​Il mago di Oz​. Film della Metro, avevano una politica di film ad alto profilo e alti budget, spesso un aspetto più sfarzoso di quelli degli altri studios. Gibbons, capo del settore scenografie, contribuì a creare il look della società, fatto di grandi set molto luminosi. Patto implicito con lo spettatore garantito dal nome della casa di produzione, promessa di entrare nel mondo del sogno. Tra i registi più importanti spiccavano George Cukor e Vincente Minnelli. The Metro Goldwyn Mayer studios si vantavano di avere sotto contratto tanti divi. Il loro motto era ″More stars than there are in heaven″, ​con l'avvento del sonoro con la MGP firmano attori come Clark Gable e Greta G​arbo​, attrice svedese naturalizzata statunitense. - Grande rivale della MGM è la​ Paramount Pictures​. Paramount è anche un aggettivo, vuol dire magnifico, logo della casa cinematografica è la​ montagna piramidale con le 24 stelle ​che rappresentano gli allora 24 attori sotto contratto nel ​1916​. Nasce come società di distribuzione e inizia poi la sua espansione acquistando sale cinematografiche. La Depressione però constrinse la società nel 1933 fu costretta a dichiarare il fallimento, continuò a produrre film ma senza guadagni. Nel 1936 Balaban, direttore delle sale, divenne presidente dell’intera socieà e la riportò nuovamente al successo. Nei primi anni ‘30 la Paramount era famosa per le sue produzioni di stile “europeo”: la risposta della Paramount alla Garbo della MGM sarà Marlene Dietrich pseudonimo di un'attrice e cantante tedesca naturalizzata statunitense​.​ (es. Von Sternberg) mentre nella seconda metà del decennio Balaban diede un indirizzo più apertamente americano. PP ha costruito la sua fama in film più sofisticati e raffinati come ​ ​Il conte di Monte Cristo​. ​ Motto "​If it's​ a ​Paramount Picture​, ​it's​ the ​best​ show in town​" - Grande casa di produzione diventata anche un Network televisivo​ 20th century Fox​, affrontò la Depressione in condizioni peggiori di qualsiasi altra Major, fu fondamentale nel 1935 l’unione con la più piccola Twenty Century. Vera grande star dello Studio è Shirley Temple, regina del botteghino, detenne il primato assoluto degli incassi dal 1935 al 1938 e diventa una diva pagatissima all’età di ⅞ anni. L’inarrivabile successo della bambina si rivela irripetibile quando sarà adolescente, il drastico timore della Fox si avvera diventando una donna la sua popolarità iniziò a sbiadire e i profitti a dimunire drasticamente. Avviene un cambio di statuto nella figura femminile la nuova attrice tutta americana Marilyn Monroe (personaggio costruito grazie anche a registi come Bill Wither), non più la femme fatale irresistibile ma la grande diva. Incarna la diva autoironica, dam blonde, l’oca giuliva, sbadata e svampita, ma non lo fa dall'alto dell’olimpo della Dark lady ma come una di noi. - Warner Bros​, La fox si espanse notevolmente sul finire degli anni ‘20, ma l’inizio della Depressione la costrinse a ridurre gli investimenti e la società dovette vendere alla Warner Bros la sua quota di controllo della First National recentemente acquisita. Così la Warner, fino ad allora una piccola società, crebbe fino a diventare uno degli studios più grandi degli anni ‘30. Casa di produzione con un budget più basso, racconta storie della malavita urbana con target prevalentemente maschile: gangster movie, noir, polizieschi dove i protagonisti sono tutti maschili e basta un grande divo da mettere sotto contratto perché manca la storia d'amore. Film in bianco e nero dal look specifico, meno sfavillante ma efficacissimo anche negli incassi. Definita dagli avversari “la stanza dell’eco” perché lavorava sulla rielaborazione delle stesse storie. Sarà la casa di produzione di Stanley Kubrick. - Radio​-Keith-Orpheum ​pictures​, la sola società nata come conseguenza diretta dell’introduzione del sonoro. ​Universalmente conosciuta per il logo di apertura dei film, ​ un grande trasmettitore che della televisione irradia il mondo​ ed il logo di chiusura dei film, il triangolo attraversato da una saetta​. È la casa di produzione con vita più breve tra tutte le Major, famosa per di film del ballerino di allora Fred Astaire con Ginger Rogers nei dance musical. Personaggi in conflitto ma il loro modo di ballare ci dice che sono fatti l'uno per l'altra. Finisce nelle mani di un personaggio molto famoso, produttore Howard Hughes, pagando tutta quantità di azione per avere controllo esclusivo, porterà la casa di produzione al fallimento con i suoi progetti maniacali: RP fallisce e muore anni ‘50. “Quarto potere” di Orson Welles fu ricordato come il film più importante della RKO. Oltre le Big five, c’erano le little free, ​le tre “​minors”​, valevano milioni di dollari ma piccole in relazione ai cinque colossi, facevano solo film più economici, “di serie B”: - Universal​ ​Studios ​specializzata nel genere lo horror, che sarebbe diventato importante ma settoriale, non arrivava a tutti come le grandi Major. Cinema dotato di un’iconografia arrivata fino ad oggi ma dotata già di rilevanza Letteraria. L’Universal forgiò l'immaginario collettivo, il mito di grandi mostri Dracula con Bella Lugosi e Frankenstein. Negli anni ‘40, film di Sherlock Holmes con Basil Rathbone e la serie slapstick di Gianni e Pinotto. - Colombia​ ​Pictures​ I bassi budget le impedirono di realizzare film popolari, spesso con star o registi presi in prestito da studios più grandi. Non è ambita dai grandi attori che quando osavano ribellarsi alle grandi majors Hollywoodiane venivano mandati come castigo, soprannominata La Siberia, in relazione ai gulag. Regista vincitore di 5 Oscar che con il successo dei suoi film riesce a portarli a livello di una Major è Frank Capra, regista di " Accadde in una notte". - United Artists​ fondata da alcuni dei più grandi attori e registi Mary Pickford la fidanzata I colori chiari e saturi offerti dalla Technicolor giustificavano per certi film il costo aggiuntivo e le Major adottarano le novità permettendo alla società di monopolizzare il processo. Oggi il colore nel film viene visto come elemento di maggior realismo, mentre negli anni ‘30 e ‘40 lo si associava spesso a fantasia e spettacolo e lo si utilizzava soprattutto per avventure esotiche. Effetti speciali L’espressione “effetti speciali”, riferita agli anni ‘30, poteva far pensare a film come “King Kong” o il “Mago di Oz”. Invece, il 90% delle inquadrature con trucchi ed effetti speciali nei film di Hollywood non hanno il fine di ingannare il pubblico. La grande maggioranza di essi sono usati solo perché girare la stessa azione con mezzi convenzionali sarebbe stato troppo difficile, costoso o pericoloso. Gli effetti speciali hanno avuto un impatto notevole sui film di questo periodo proprio grazie alla loro capacità di garantire praticità, efficienza e sicurezza. Nell’era del muto, l’operatore si occupava degli effetti speciali durante la ripresa, poi, però, con la ripresa multipla e altre complicazioni del sonoro, il compito venne affidato a specialisti: vi erano reparti dedicati appositamente agli effetti speciali. Solitamente l’effetto speciale prevedeva che immagini girate separatamente venissero combinate in uno di questi modi: la ​retroproiezione​ o la stampa ottica. Nel primo caso gli attori recitano sul set nel teatro di posa mentre su uno schermo dietro di loro si proietta un’immagine girata in precedenza da una troupe ridotta, o seconda unità: l’esempio tipico in cui viene utilizzata sono le scene in cui i personaggi sono in automobile, girate su veicoli in studio mentre lo sfondo scorre su uno schermo. La retroproiezione faceva risparmiare poiché attori e troupe evitavano di girare esterni. ​La stampa ottica​, invece, offriva più opzioni per rifotografare e combinare le immagini. La tecnica consisteva in un proiettore puntato nell’obiettivo delle cineprese: era possibile muovere entrambi in avanti o indietro, alternare diversi obiettivi e mascherare porzioni dell’immagine in modo da poter impressionare di nuovo quella parte di pellicola; si poteva sovraimprimere un’immagine su un’altra o unire parti di immagini diverse. Poteva essere ingrandita o alterata la velocità dell’immagine. Permetteva di risparmiare sulle scenografie completando quelle costruite in teatro, coprendo una parte del fotogramma con il mascherino, l’operatore poteva lasciare un’area non impressionata dove il tecnico avrebbe inserito un’immagine dipinta (“matte painting”). Più complessi erano i mascherini mobili (“travelling mattes”); qui, il tecnico degli effetti doveva realizzare due o più mascherini per ogni fotogramma che componeva la sequenza truccata ed esporre il film due volte, fotogramma per fotogramma, usando a turno le maschere complementari per coprire una porzione di pellicola. Questi mascherini erano usati per creare tendine (transizione in cui una linea attraversava lo schermo, cancellando un’inquadratura gradualmente e facendo nel contempo apparire quella successiva). Nel 1933, le tendine iniziarono a diffondersi al posto della dissolvenza. La stampante ottica serviva spesso per produrre raffiche di inquadrature che issavano sovrimpressioni di fogli di calendario, titoli di giornale e immagini simili, per suggerire il passaggio del tempo o il corso di un’azione particolare. Esistevano anche altri effetti speciali. Intere scene venivano girate con modellini, come nei decolli e atterraggi di aerei, occasionalmente si utilizzò anche l’animazione tridimensionale fotogramma per fotogramma, ad esempio per trasformare il modellino nel gigantesco scimmione di King Kong. Stili di ripresa Nei primi anni ‘30 gli operatori usavano solitamente un’immagine sfumata basata sulla diffusa moda stilistica degli anni ‘20. Ora però l’effetto flou divenne meno estremo: il ricorso a filtri vistosi o lastre di vetro unte e distorcenti fu ridotto e i laboratori degli studios cominciarono a rendere la pellicola più grigia e sfumata nella fase di sviluppo. Nel 1931 la Kodak introdusse la pellicola Super Sensitive Panchromatic, adatta alla luce diffusa prodotta dalle lampade ad incandescenza che si erano rese necessarie in seguito all’introduzione del sonoro. Es. utilizzo di immagine scintillante per trasmettere il fascino di un’atmosfera romantica altri preferivano uno stile meno impastato, evitando, però, troppi contrasti di bianchi e neri. Una pratica diffusa tra i registi americani degli anni ‘30 era radunare gli attori in un’area relativamente priva di profondità, per poi passare da uno all’altro alternando campi e controcampi, altri preferivano comporre inquadrature più profonde, lasciando magari leggermente fuori fuoco l’area del primo piano. Orson Welles, sviluppò il concetto di “profondità di fuoco” e ne fecero grande uso in “Quarto potere”. In molte inquadrature, la profondità è ottenuta con la stampante ottica, combinando piani nitidamente a fuoco girati separatamente; in alcuni casi, certi elementi in primissimo piano sono stati disposti molto vicino all’obiettivo e a distanza notevole da quelli sullo sfondo e tutto risulta perfettamente a fuoco (es. scena della firma del contratto). Trasformazioni dei generi La grande dorsale del cinema classico Hollywoodiano anni ‘30 non è solo quella delle Majors e delle Mainors, c’è un altro fondamentale scheletro che regge l’edificio: ​il sistema dei generi cinematografici​. I generi sono il vero indice su cui si organizza cronologicamente narratologicamente il cinema classico. I generi cinematografici classici risultano strettamente legati a esigenze di consumo. Molti generi dell’era del muto continuarono a vivere nel periodo sonoro. Tuttavia nel periodo classico il sistema si amplia, anche in relazione alle nuove possibilità offerte dal sonoro e al generale rafforzamento del sistema produttivo, provocando il sorgere di nuovi generi e l’introduzione di alcune varianti nei generi preesistenti. MUSICAL​ → L’introduzione del sonoro promosse il musical ad un ruolo primario. Alcuni dei primi musical (​musical “rivista”​) si limitavano a cucire insieme diversi numeri musicali, esistevano i musical-operetta​, un esempio è “Il principe consorte”, che ambientavano le storie e i numeri musicali in luoghi di fantasia o i ​musical “dietro le quinte”​ che alternavano numeri integrati di canti e balli a quelli che si tenevano sul palcoscenico). Presto il musical “rivista” morì ma tutti gli altri tipi rimasero in auge. Con “​42nd Street​” (​Lloyd ​Bacon, 1933) ​la Warner contribuisce a fissare la tradizione del musical metalinguistico (lo spettacolo dentro lo spettacolo) ​fissò molte convenzioni del genere: una ingenua corista diventa improvvisamente una star quando la solista si infortuna alla vigilia di un grande spettacolo a Broadway. Lo spettacolo contiene alcune coreografie di Berckeley, realizzate montando la cinepresa si una piattaforma sospesa in cima ad un braccio meccanico. La RKO, con i musical costruiti sulla coppia Astaire-Rogers integra gli stereotipi del musical con quelli della commedia di ambientazione sofisticata, erano tra i più popolari. I musical di Astaire erano sempre storie d’amore e molti dei numeri di danza erano parte del corteggiamento della coppia: nonostante le iniziali incomprensioni e gli antagonismi, l’elegante armonia dei loro movimenti mostra che sono fatti l’una per l’altra. I musical della MGM invece si avvalgono presto dello sfarzo e della spettacolarità del nuovo sistema Technicolor per la costruzione di universi fantastici e spesso onirici, come ​Il mago di Oz​ di Victor Fleming, in cui fra l’altro la storia del sogno di Dorothy coincide nel film con il passaggio dal b/n della realtà al Technicolor, in un’autocelebrazione delle nuove potenzialità tecnologiche del cinema o Cantando sotto la pioggia​ in cui la transizione al sonoro viene ricostruita la realizzazione di un musical (motivo metalinguistico) COMMEDIA​ → La commedia classica si basa su alcune matrici narratologiche chiaramente identificabili: 1. ​Bisbetica domata​, viene dal famoso testo di Shakespeare "​The Taming of the Shrew​". Molte di queste commedie si basano su questo meccanismo, è il il caso di “Accadde in una notte” film di Frank Capra che vinse 5 oscar più importanti a metà degli anni ‘30. Meccanismo della bisbetica domata perché vi è una ricca ereditiera viziata ma ribelle che fugge di casa. Lui giornalista senza soldi. Il percorso del film è dimostrare che loro due così diversi sono fatti l’uno per l’altra. Lei è domata perché cambierà delle cose grazie a lui. Lui grazie al suo fascino la porta nel mondo reale per lei sconosciuto, abituata ad una vita dorata, ad essere amata e non amare. Meccanismo applicato in maniera più illuminante a sessi rovesciati in “Bringing up Baby”. È lui noioso, che fa una vita routinaria, ripetitiva che attraverso l’incontro con la donna folle, che sconvolge la sua vita, cambierà in maniera radicale e cestinerà la sua vita precedente. La “bisbetica domata” di Shakespeare è diventato il “bisbetico domato”, con la stessa struttura narratologica. Un altro esempio famoso è “Ninotchka” di Lupin, in cui lei è un’inviata nel mondo occidentale dei servizi segreti, dall’Unione Sovietica, si innamora di un uomo affascinante, scoprirà il fascino dell’Occidente che era venuta a sabotare e distruggere attraverso l’amore di quest’uomo apparentemente distantissimo da lei. 2. ​Cindarella​, in inglese la parola viene da cenere. Il meccanismo narrativo di Cenerentola è alla base di un’altra serie di commedie della Hollywood classica. Ragazza povera e sfortunata, che appartiene alla lower class, magari trattata male, che incontra il principe azzurro e la sua vita cambia radicalmente. Diventa sogno di elevazione sociale per le donne che andavano a vedere i film nell’America degli anni ‘30. Hollywood regalava sogni. Lo si può trovare anche con un’inversione dei sessi come in “Notting Hill”, Hugh Grant commesso di libreria, è un cenerentolo. 3. ​Pigmalione​, ​personaggio della mitologia greca che sposò una statua a cui la dea Afrodite diede vita (maestro che erudisce una persona rozza e incolta). ​Mentore che dal nulla fa di una ragazza una star, pigmalione porta in sé un po' di cindarella e un po’ della bisbetica domata. SCREWBALL COMEDY​ → Sottocategoria della commedia classica insieme alla ​Soficated comedy (​film brillante ambientato nell'alta società) ​è la Screwball comedy , commedia con un ritmo indiavolato, dialoghi brillanti, conflitto e interazione tra personaggi. “Screwball” espressione che nasce dal baseball, palla che parte impazzita quando viene colpita, commedia in cui l’accelerazione è tale da essere imprevedibile e sorprendente. Al centro della trama sono sempre romantiche coppie di personaggi eccentrici, ritratti spesso con toni da slapstick: anche per questo, i protagonisti sono di solito gente agiata, che può permettersi di comportarsi in modo bizzarro nonostante le avversità della Depressione. La coppia può all’inizio essere antagonistica, possono esserci divisioni di classe o tra genitori e figli. La screwball comedy fu inaugurata nel 1934 da due film molto diversi. “Ventesimo secolo” di Hawks tratta i suoi due protagonisti, Carole Lombard e John Barrymore, con assoluto cinismo: un impresario teatrale trasforma una bellissima commessa in una star e poi la seduce; ma presto lei adotta nella vita di tutti i giorni gli stessi atteggiamenti teatrali di lui, e la seconda metà del film è una rassegna di liti e capricci. L’altra screwball comedy del 1934,“Accadde una notte” di Capra, è più sentimentale. La protagonista viziata cerca di sfuggire a suo padre per sposare un superficiale playboy, rese popolare il personaggio dell’ereditiera testa matta: un reporter molto più concreto l’aiuta sperando in uno scoop, e i due si innamorano. L’immagine della donna ricca e viziata sarebbe portata agli estremi in “Susanna” (1938) di Hawks. “Il mistero del falco” fissò molte delle convenzioni del noir: Humphrey Bogart divenne una star di prima grandezza nel ruolo di un investigatore privato che deve decidere se denunciare o meno l’infida donna che lo ha assunto e che lui forse ama; in una lunga inquadratura, lui le spiega amaramente perché deve mandarla in prigione e promette di aspettarla durante gli anni che dovrà scontare, la donna viene portata via dalla polizia in ascensore, prototipo della dark lady. L’influenza dell’espressionismo tedesco deriva dal fatto che i primi quattro registi del genere furono proprio registi europei. “Il dottor Mabuse” di Lang aveva anticipato il noir e la sua carriera americana sviluppò questa tendenza: in “Prigioniero del terrore” ad esempio, il protagonista è rilasciato da un manicomio dove era stato rinchiuso per avere ucciso la moglie malata; mentre aspetta il treno, si trova in una fiera di beneficenza e viene coinvolto in un intrigo di spie naziste. L’associazione tra Lang e il produttore Wanger portò ad altri due notevoli film noir del periodo bellico. Altro immigrato straniero fu Otto Preminger che raggiunse la fama con il noir “Vertigine” (1944), in cui i flashback, le vivide scene oniriche e i colpi di scena furono un caso estremo di narrazione di questo genere. FILM DI GUERRA ​→ Nel periodo 1930-1945 la disillusione seguita alla prima guerra mondiale era sfociata in un pacifismo che dominò i film di tutti gli anni ‘30 e fino a Peral Harbour la maggior parte degli americani si oppose all’entrata in guerra. “All’Ovest niente di nuovo” di Milestone, fu uno dei film più decisamente pacifisti, con un protagonista tedesco descritto con simpatia e destinato a morire tragicamente. Per tutto il decennio, la guerra fu dipinta come un’insensata tragedia, dopo Pearl Harbour, il cinema sostiene la causa bellica fino in fondo. I film di guerra erano vivaci e spesso mostravano americani di varie origini etniche uniti nel combattere l’Asse: esempio “Arcipelago in fiamme” (Hawks, 1943) → uomini dell’Europa orientale, irlandesi, ebrei e altri sono tutti membri dell’equipaggio dello stesso bombardiere. Alcuni film di guerra si limitavano a rappresentare i nazisti come assassini a sangue freddo; la propaganda contro i giapponesi però, spesso aveva toni più razzisti, e sfruttava immagini stereotipate, come in “Obiettivo Burma” (Walsh, 1945). Uno dei film di guerra a mostrare meno entusiasmo fu “I sacrifici di Bataan” (Ford, 1945), storia dell’equipaggio di un torpediniere che combatte valorosamente ma viene sconfitto nelle Filippine. FANTASCIENZA O science fiction​ → “Odissea nello spazio” un intreccio tra la rappresentazione di un futuro utopico-distopico. Ha un background filosofico, alto uso rivoluzionario degli effetti speciali come il viaggio psichedelico del protagonista alla fine del film. Film che segna una svolta, per la prima volta il protagonista non è umano ma è un computer che ha sviluppato molta consapevolezza di sé. Ipnotico, apre la strada ai film successivi di fantascienza, segna alcuni dei più grandi successi della storia del ‘900 del cinema come Star wars, guerre stellari, che avrà anche un infinito sviluppo seriale. Battuto solo da E.T l'extraterrestre di Steven Spielberg, del bambino e una creatura adorabile, vittima, degli uomini che sono loro malvagi. L’ANIMAZIONE​ → ​ ​non è un genere, prescinde dalla fotografia tradizionale ma anticipa il cinema digitale e permette di prescindere dal reale referente.​ ​Gli anni ‘30 costituiscono il periodo di maggior sviluppo del disegno animato americano, in stretto collegamento con l’aumento del merchasndising infantile e della letteratura infantile. I film di animazione erano resi comuni comune, sia le major che le minors distribuivano disegni animati producendoli o per conto di società indipendenti. In questo panorama Disney assume un significato particolare: • ​DISNEY​, una casa indipendente dedita esclusivamente all’animazione fondata da Walt Disney nel 1928 caratterizzata da un antropomorfizzazione degli animali che si adatta però perfettamente anche ai moduli stilistici Hollywoodiani. L’impresa si espande in poco tempo con decine di disegnatori e una scuola interna che tende a omogeneizzare lo stile giungendo a porsi come uno dei più grandi sistemi produttivi nella storia del cinema. Tra il 1928 e il 1942 vengono prodotti più di cento cortometraggi che hanno come ​protagonista MIckey Mouse​, eroe disneyano per eccellenza, il cui successo di un cartone animato ​Steamboat Willie​ introdusse l’animazione nell’era del sonoro dando rispettabilità al genere. Lo studio proseguì con disegni animati di Topolino ma avviò anche una serie di “​Silly Symphonies​” brevi cartoni animati basate su pezzi musicali come in ​Skeleton Dance​ (Danza dello scheletro, 1928) che mostrava una danza macabra in un cimitero. La società possedeva un enorme staff di disegnatori in grado di creare una quantità di disegni in movimento dettagliati e ombreggiati. Nel 1932 la ​Disney ​abbandonò la Columbia e​ ​affidò la distribuzione alla United Artists poi dalla RKO, lo studio fu anche tra i primi ad adottare il Technicolor e a dominare gli Oscar nella categoria “miglior film di animazione” con film come: - I tre porcellini (The three little pig, 1933) la cui canzone “Who’s afraid of the big bad wolf?” divenne un inno dell’america della Depressione. - Biancaneve e i sette nani (Snow white and the seven dwarfs, 1937) primo lungometraggio americano di animazione. - La cicala e la formica (​the grasshopper and the ants 1934), ideologia più complessa che riflette il posto dell’artista nella società. Molto popolari erano anche le serie di cortometraggi animati con ​Minne ​creata prendendo a modello protagonista maschile, eroe medio tipico cinema americano di quegli anni: ​Topolino. ​Paperino (Donald Duck) voce gracchiante, sgraziata (ispirato ai protagonisti delle comiche del muto americano), zio ​uncle scrooge,​ ispirato da “A christmas carol”, non riesce a godere della bellezza del natale che anch'esso ha un nipote. Pippo e Pluto. Continuò con lungometraggi di successo come Bambi​ (1942), film che fece ampio uso del multiplane:​ i fondali su cui si muovono i personaggi non sono più singoli cartoni, ma vengono disegnati a più livelli che si spostano con velocità differenti, dando l’illusione di una profondità inesistente in una tavola acquarellata.​ Lo studio Disney era in piena attività nei primi anni Quaranta, in questi anni uscirono ​Pinocchio​ (1939), ​Fantasia​ (1940) e ​Dumbo (1941). Negli anni successivi parte dello staff fu dirottato su film di propaganda bellica. • Nel 1927 la ​Paramount ​iniziò a distribuire film di ​Max e Dave Fleischer​ creatore della serie di cortometraggi animati muti ​Out of the Inkwell e Betty Boop ​una ragazzina sexy e innocente che passava una quantità di avventure. Betty dovette smorzare i toni quando nel 1934 fu imposto il rispetto del Codice Hays. Dopo il successo Disney di Biancaneve e i sette nani, i ​ Fleischer distribuirono il lungometraggio​ I viaggi di Gulliver​ (GUlliver’s travels 1939). Sopravvisse agli attacchi della censura Minnie Mouse, anni ‘20, coda spuntava fuori da un buco nelle mutandine, Minne fu invitata a vestirsi in maniera più decente. Nel 1942 la ​ Paramount fece in modo di estrometterli dalla loro stessa società e lanciò la serie di Braccio di Ferro​ e ​Superman​ (1941). Braccio di ferro (nasce dalla svista di uno scienziato), olivia nomi che richiamano healthy food. Nutrizionisti in quegli anni, hanno notato che i bambini americani avevano una dieta carente di verdure, ecco perché tutti i personaggi hanno questi nomi. Effettivamente funzionano. • Nel 1930 la ​Warner Bros ​aprì un reparto di animazione nei suoi studi, la serie “Looney Tunes”, dal sistema più elastico nacquero superstar come Bugs Bunny e Duffy Duck. Il gruppo Warner non aveva le risorse per creare sfondi dettagliati o figure dettagliate, il loro marchio di fabbrica divenne la velocità, l’umorismo misto al sentimentalismo. Registi In aggiunta ai registi già affermati che lavoravano a Hollywood, l’introduzione del sonoro portò agli studios molti nuovi registi di formazione teatrale o di origine europea. Prima che opera artistica, ogni film è considerato prodotto industriale, pensato e realizzato per incontrare il favore del pubblico. Se nel tempo si è andata affermando la figura del regista come autore del film, nella Hollywood di quegli anni egli è soltanto un professionista il cui lavoro inizia e termina con le riprese del film. Deve rinunciare alla ricerca di un proprio stile personale, per adottare un linguaggio più convenzionale che si adatti al modello del genere e agli standard della produzione. La vecchia generazione CHAPLIN→ fu in grado di continuare a fare film muti (solo con musica ed effetti sonori) più a lungo di chiunque altro ad Hollywood. La sua produzione comunque rallentò in modo considerevole e si limitò a due lungometraggi senza dialoghi: “City Lights” (1931) e “Tempi Moderni” (1936), quest’ultimo animato da quei sentimenti progressisti che dopo la guerra gli avrebbero procurato guai con il governo e con il pubblico. In “Tempi Moderni”, il Vagabondo perde il suo lavoro in un’alienante catena di montaggio, viene gettato in carcere dopo essere stato scambiato per il capo di una manifestazione di protesta e infine unisce le sue forze con quelle di una povera ragazza per cercare lavoro. Il suo primo film parlato “Il grande dittatore” (1940), una breve commedia sulla Germania nazista: la somiglianza tra i baffi di Hitler e quelli di Chaplin era spesso notata e lui la sfruttò per interpretare Hynkel dittatore della Tomania. Von STENBERG → dopo aver girato un film sonoro in Germania torna ad Hollywood con Marlene Dietrich, star del suo film con cui realizzò altri sei film come “Venere bionda” resa ancora più affiscinante grazie all’attenzione minuziosa a costumi, illuminazione e fotografia. Le storie erano melodrammi convenzionali ma lo stile ne fece alcuni dei film più belli dell’epoca grazoe alla passione di Sternberg per le ombre e le inquadrature barocche. Lubitsch → dopo l’avvento del sonoro proseguì la sua carriera dirigendo anche Greta Garbo nel suo ultimo film. John FORD→ attivo soprattutto per la 20th Century Fox diresse alcune delle star più popolari dello studio come Will Rogers e Shirley Temple. Si afferma veramente specializzandosi nel western. Il linguaggio narrativo è basato sul montaggio, sui movimenti di macchina e di un decoupage che va verso la continuità, insieme alla formazione di stereotipi e motivi narrativi che fonderanno l’iconografia e l’ideologia del genere. L’epopea western si da come rappresentazione mitica della conquista dei territori dell’ovest e quindi della nascita della nazione americana, nella progressiva affermazione della cultura o della civiltà, sulla natura, vista come dimensione selvaggia o barbarie da civilizzare, nella conquista di una frontiera. “Ombre Rosse” (Stagecoach, 1939)​ divenne un classico del genere. Il film segue il viaggio di un eterogeneo gruppo di persone attraverso il pericoloso territorio dei pellerossa, Ford usò qui per la in un treno. Lui famoso,dai rotocalchi si sa già che vuole lasciare la moglie e sposare l’amante ma non può. Incontra un uomo fan del campione, parlano e gli dice, “senti io so che tu odi tua moglie ma non puoi lasciarla, io ho un padre terribile, cattivo che non vuole riconoscermi i soldi. Noi non abbiamo nessun movente per uccidere, nessuno sa che ci conosciamo” protagonista è inorridito di fronte questa proposta. Un giorno gli viene detto che sua moglie è stata assassinata, lui esterrefatto capisce che Bruno ha deciso da solo di realizzare metà del patto e si aspetta che anche lui faccia la sua parte Produzione hollywoodiana di Hitchcock: - PSYCHO (1960) ​Film girato in bianco e nero nonostante girasse già a colori perché H sapeva che la commissione di censura non avrebbe mai accettato il film a colori per via del sangue. Scena della morte della donna non vediamo le nudità della protagonista, questa grande violenza non è data dal profilmico ma è nel filmico, data da stacchi rapidi di montaggio e dalla musica dei violina e degli archi. Hitchcock è importante anche dal punto di vista storico per la campagna pubblicitaria che fa a sé stesso a ai suoi film al pari di Salvador Dali. Inventa il​ teaser​ Ne è un esempio il trailer di psycho molto diverso diverso rispetto trailer di oggi. Non monta pezzi di film, gira appositamente scene che non si vedranno mai nel lungometraggio. Nel trailer lui ci introduce al film in maniera ironica, interpreta un personaggio, l’agente immobiliare che mostra la casa dove è avvenuto il delitto al pubblico. Quello che dice sono false piste, si diverte a creare aspettative poi disattese. Si mostra prudery schifato dal bagno e dagli omicidi quando è stato lui stesso a girare il film. Non fa spoiler, crea aspettativa che accresce l'interesse nello spettatore. Nessuno sapeva la trama di Psycho, rende le cose ancora più misteriose e prende in giro lo spettatore. Mette sotto contratto un'attrice per far credere a tutti che nel film ci fosse il personaggio della madre, in realtà la donna, nonostante abbia i capelli tagliati non è la protagonista, è la sorella che non verrà ammazzata e non farà mai parte del film - THE BIRDS (​1963)​ ​Gli uccelli nel cielo sono infinitamente più di noi, nessuna difesa è possibile nel caso si ribellassero. Film epocale che fa nascere un intero filone di film di rivolta della natura contro l’uomo. Trailer ha una struttura simmetrica al trailer di psycho. H si presenta come un professore di università che fa una lezione di ornitologia. Sottolineando le incongruenze come le uova prodotte ingannando il ciclo delle galline. Gli uccelli non avrebbero qualche motivo per avercela con noi, tutta questa tensione nella scena finale, con il protagonista che dice "stanno arrivando" subito dopo uccelli arrivano a saturare l'inquadratura porta un depistaggio. - ROPE (NODO ALLA GOLA,​1948) ​Studenti commentano il delitto perfetto. Professore di criminologia entra in scena sentendosi in dovere di incastrare secondo le sue stesse teorie i colpevoli. Con un paradosso potremmo dire che non ci sono veri colpevoli nel senso non c’è nessun vero innocente perché il desiderio è esso stesso colpa. Ci sono vari livelli tra la finzione e la messa in scena. - FINESTRA SUL CORTILE (​1954)​ ​ Complicità dello spettatore, possibilità ci sia una donna ammazzata, facciamo il tifo che l’abbia uccisa, anche noi siamo diventati colpevoli. 8. FRANCIA E ITALIA (1930–1945) Francia, il realismo poetico, il fronte popolare e l’occupazione La crisi scatenò nelle nazioni Europa (Italia, Germania, Spagna) governi fascisti e la destra spingeva anche la Francia nella stessa direzione, a metà degli anni ‘30 vide quindi luce il Fronte popolare: coalizione di gruppi progressivi decisi a resistere alla svolta autoritaria. La Francia avvertì gli effetti della Depressione mondiale solo alla fine del 1930 quando a mancanza di iniziative del governo per contrastare il problema portò allo sfociare della crisi per tutti gli anni ‘30. L’industria del cinema ne fu duramente colpita, tuttavia la debolezza e la frammentazione dello studio system consentiva ai cineasti più flessibilità e libertà rispetto che in altri paesi europei. In questi anni con autori come Renè Clair e Jean Renoir, la Francia ebbe sul cinema mondiale un’influenza seconda solo a quella di Hollywood. Il coinvolgimento della Francia nella seconda guerra mondiale nel 1939 provocò una brusca interruzione della produzione cinematografica. Dopo la presa di Parigi da parte dei tedeschi, nel 1949, un governo francese di destra fu insediato a Vichy, nel sud del Paese. L’occupazione tedesca durò fino al 1944: 4 anni in cui le condizioni della produzione e distribuzione cinematografica cambiarono radicalmente. L’industria e il cinema degli anni Trenta La produzione cinematografica francese era crollata dopo i giorni di gloria precedenti alla prima guerra mondiale, quando essa aveva dominato gli schermi di tutto il mondo. Negli anni ‘20, gran parte del settore produttivo francese era composto da piccole società private che realizzavano un solo film, accumulando grossi debiti. Per corruzione e cattiva amministrazione alcune le case di produzione più grandi, invece di costituire un oligopolio come in altri Paesi andarono in fallimento sfiorando la bancarotta. Alcuni imprenditori disonesti fondavano piccole case di produzione per ottenere prestiti e poi sparire con il denaro, altri progetti si interrompevano per mancanza di fondi. Negli anni ‘30 la situazione non migliorò anche il colosso Pathè produsse solamente 64 film nell’intero decennio. Al contrario Stati Uniti e Germania producevano all’anno centinaia di film. Nonostante ciò l’avvento del sonoro che diede un nuovo impulso alla cinematografia poiché le platee richiedevano dialoghi in francese e le nuove leggi sfociarono in un leggero incremento della produzione consentendo di allentare la presa americana sul mercato francese. Nel 1935 i film francesi conquistarono più della metà del mercato nazionale e inoltre l’affluenza di pubblico, crollata durante la Depressione, permise agli incassi di aumentare. I film Nonostante la debolezza del settore produttivo, il cinema francese degli anni ‘30 produsse molti film importanti, grazie anche ai molti artisti di talento attivi nel settore. La struttura decentralizzata della produzione francese unito al talento di attori, sceneggiatori contribuì a creare alcune tendenze originali e tanti film artisticamente riusciti: in mancava di burocrazia che caratterizzava invece il cinema negli Stati Uniti, in Germania e nell’URSS, i registi lavoravano spesso in autonomia e controllavano le fasi della produzione. In tutti gli anni ‘30 si sviluppò la propensione del cinema francese muto al ​fantastico ​e al surreale. René Clair → divenne il più famoso regista francese con due musical innovativi come “Sotto i tetti di Parigi” (1930) e “A me la libertà” (1931). Al genere apparteneva anche l’originale “Il milione” (1931), una lunga e divertente caccia a un biglietto della lotteria smarrito: Clair utilizzò la musica al posto degli effetti sonori e fece largo uso di movimenti di macchina. Si trasferì ad Hollywood fino alla fine delle ostilità. La​ tradizione surrealista​ proseguì in diversi film. Pierre Prévert → diresse “L’affare è fatto” nel 1932, su sceneggiatura del fratello, celebre poeta: girato a basso costo sfruttando scenografie di altri film, è una commedia anarchica popolare di personaggi che vendono, rubano e indossano cappelli strampalati, mentre la figlia di un ricco industriale è corteggiata da uomini di varie classi sociali (stile volutamente sopra le righe). L’insuccesso del film portò però i due fratelli a non fare film insieme per oltre un decennio. Il surrealismo influenzò anche uno dei registi più promettenti di quegli anni Jean Vigo → Oltre a due cortometraggi, la sua opera comprende “Zero in condotta” (1933, proibito e mai proiettato in Francia fino al 1945) e “L’atlante” (1934, versione restaurata distribuita nel 1990). Per il modo in cui descrive la vita in collegio da parte di alcuni giovani alunni, il primo è più surrealista: gran parte degli insegnanti sono ritratti come figure grottesche con una sola eccezione, l’insegante schierato con i ragazzi. “L’atlante”, invece, è la storia romantica del capitano di una nave che sposa la donna di un villaggio lungo il fiume. La morte di Vigo nel 1934 e l’impossibilità dei fratelli Prevert di realizzare altri film, segnarono la fine del surrealismo francese, così come la partenza di Clair provocò l’abbandono del genere fantastico. Realismo poetico Molti dei più importanti film francesi degli anni ‘30 rientrano nel cosiddetto “realismo poetico”, una tendenza generale più che un vero movimento come l’impressionismo o l’avanguardia sovietica. I protagonisti sono spesso operai disoccupati, criminali che dopo una vita di delusioni, trovano un’occasione di riscatto in amori intensi e idealizzati che si risolvono in un’ultima definitiva sconfitta; il tono è di nostalgia e amarezza. È solo con la metà degli anni ‘30 che il realismo poetico si affermò, con autori come Duvivier, Carné e Renoir. Duvivier → principale contributo alla tendenza è “Il bandito della Casbah” (1936) il protagonista è un gangster che si nasconde nella Casbah di Algeri, benché abbia già un’amante si innamora di una sofistica parigina ma il loro amore è condannato in partenza. Protagonista di questo film a altri del registe è uno degli attori più popolari dell’epoca perfetta incarnazione dell’eroe disperato: Jean Gabin. Renoir → è il più significativo tra i registi degli anni ‘30, periodo nel quale raggiunge il vertice della creatività. Il suo primo film sonoro gli permette i finanziamenti i altri progetti successivi come “La cagna” (1931), un altro preludio del realismo poetico, introduce molti elementi che caratterizzeranno lo stile di Renoir: virtuosistici movimenti di macchina, scene in profondità, di campo e improvvisi cambiamenti di tono. L’omicidio dell’amante da parte del protagonista è quel tipo di soluzione tragica un’identitca fonte per poi dare forme diverse al racconto per immagini. I registri scoprono nuove forme di comunicazione: riescono a far parlare il vuoto, i silenzi, il paesaggio. Lo sguardo neorealista è una sguardo inclusivo che punta a dar abbracciare tutto il territorio italiano. Con la caduta di Mussolini, l’industria del cinema italiana perse il suo centro organizzativo; come in Germania anche in Italia le forze militari alleate cooperarono con le società americane per cercare di assicurare agli Stati Uniti il dominio del mercato e molte società interne lottavano faticosamente per sopravvivere. Durante il declino del regime fascista, nella letteratura e nel cinema era affiorato un forte impulso realista. Dopo la liberazione, nel 1945, la gente di ogni classe sociale divenne ansiosa di rompere con il passato. I registi furono pronti a farsi testimoni di quella che fu chiamata “​primavera italiana​”. Nonostante il collasso si manifesta una volontà di rinascita che confluisce prima che in un singolo film poi nella nascita dell’​Associazione nazionale industrie cinematografiche e affini​(Anica) che si costituisce nel luglio del 1944 dalla volontà di 10 persone e avrà come presidente Alfredo Proia. Sorge dalle ceneri di un’associazione fascista in quanto proprio durante quel periodo si mossero i primi passi con una serie di iniziative che mirano al consolidamento della produzione e alla regolamentazione dell’intero sistema commerciale in maniera da arginare la colonizzazione a opera del cinema americano. Il neorealismo Registi e sceneggiatori del cinema neorealista vanno alla scoperta dei valori comuni. Il cinema del dopoguerra racconta le dinamiche e le trasformazioni nella vita degli italiani nei comportamenti e nella mentalità collettiva in forma di “diario pubblico” scritto da un io collettivo. Rispetto alle altre cinematografie ha avuto il merito e la capacità di andare alla scoperta di un paese e della sua storia partendo dal basso. Temi come: i problemi sociali contemporanei, la divisione della società in frazioni contrapposte, l’inflazione e la disoccupazione crescente. Il ​realismo ​di questi film nasceva in parte dal ​contrasto con molti dei film che li avevano preceduti​: il cinema italiano era rinomato in tutta Europa per le sue meravigliose scenografie in studio, ma gli studi di Cinecittà erano stati danneggiati durante la guerra e non erano in grado di ospitare grandi produzioni, per cui i cineasti si spostarono nelle strade e nelle campagne. Poiché dopo anni di doppiaggio italiano di film stranieri l’Italia aveva ormai perfezionato l’arte della sincronizzazione del sonoro, le troupe potevano girare in esterni e registrare il dialogo in seguito. Un’altra novità era l’esame critico della storia recente​. I film del neorealismo proponevano storie contemporanee con una prospettiva da “fronte popolare”: la trama di “Roma città aperta” (Rossellini, 1945) era ad esempio ispirata a eventi reali nell’inverno 1943-1944. I protagonisti sono coinvolti nella lotta contro le truppe tedesche che occupano Roma. Il film ritrae la Resistenza come l’alleanza tra comunisti e cattolici a fianco della popolazione. Analogamente, “Paisà” (1946) di Rossellini, offre una visione caleidoscopica dell’entrata in guerra degli Alleati in Italia. Più frammentario e documentaristico di “Roma città aperta”, questo film mette a fuoco non solo la loro fra i partigiani e le forze occupanti, ma anche le tensioni, le incomprensioni e le occasionali affinità che sorgevano tra la popolazione e truppe americane. Il tema della differenza tra lingue e culture ha in questo film la stessa importanza degli eventi storici da esso raccontati. Il cinema italiano è figlio di un doppio spirito laico e cattolico, è proprio il cinema a dare al paese un nuovo ethos nato dalle sofferenze della guerra e dallo spirito di lotta, diventa agli occhi del mondo uno dei simboli di volontà di riscatto. Grazie ad alcuni film il cinema italiano diventa di colpo arte-guida e si riaffaccia sulla scena internazionale che avrà come punto più alto gli inizi degli anni sessanta. ROSSELLINI→ “​Roma città aperta ” Rossellini rivoluziona codice della rappresentazione, riporta la macchina da presa ad altezza d’uomo, ridona visibilità agli aspetti del reale e dignità a tutti personaggi, restituisce al cinema il ruolo di strumento di conoscenza umana e di presa di coscienza collettiva, nei suoi film si sente “lo sguardo di un uomo farsi popolo e quello di un popolo identificarsi con lo sguardo di un uomo”. Grazie a Rossellini il cinema si libera anche di una tradizione letteraria, teatrale, figurativa. Non è più il cinema ad attingere alle arti maggiori ma la scrittura cinematografica a modificare e influenzare le diverse forme di scrittura artistica. Gli elementi su cui a posteriori si è costruita la poetica neorealista sono collegati alle condizioni materiali: mancanza di pellicola e precarietà di finanziamenti che costringono di fatto Rossellini a inventare un determinato modo di lavorare. ​Ideologia di Rossellini​. A Rossellini interessa la gente comune, i luoghi della lotta per lui sono le strade, le chiese, i tetti, le case popolari. La maturazione della coscienza dell’uomo comune avviene nel momento in cui la violenza fascista e nazista entra nel suo orizzonte ​vitale. Paisà ​(1946) la pluralità degli episodi e degli sguardi è la pluralità di giudizi, messa a fuoco progressiva di una realtà sconosciuta. DE SICA→ sa porre la macchina da presa all’altezza dei suoi personaggi, intensità emotiva, non mantenendo mai l’atteggiamento equidistante di Rossellini, cercando anzi di far sentire il proprio coinvolgimento emotivo. “​Ladri di biciclette​” (De Sica, 1948) maggior successo mondiale, grazie anche ad un Oscar, è la storia di un operaio la cui sussistenza dipende dalla sua bicicletta. Il film descrive in modo molto vivido la situazione del dopoguerra, mostra la brutalità della vita in quel periodo. Il protagonista, Ricci, si rivolge ad ogni istituzione - polizia, chiesa, sindacati - ma nessuno è in grado di recuperare la bicicletta rubata e molti sono indifferenti alla sua tragedia; con il figlio Bruno, è costretto a vagare per la città in un’inutile ricerca. Nel film, a questa critica sociale, fa da contrappunto la disintegrazione del rapporto di fiduci​a tra padre e figlio: il momento cruciale si ha quando Ricci cerca di rubare a sua volta una bicicletta e Bruno lo guarda in preda allo shock di chi vede crollare tutte le illusioni sul proprio padre. A Ricci risparmiano la prigione e Bruno, alla fine, accetta dolorosamente la fragilità del padre, prendendolo per mano. ZAVATTINI→ inserisce i suoi soggetti in un quadro di poetiche individuali e di gruppo, la guerra lo spinge a utilizzare la fantasia. Il sodalizio con De Sica entra nella fase creativa più alta e feconda nel 1946, anno di uscita di SUSCIÀ. La fine della guerra dà a entrambi la sensazione di vedersi aprire davanti agli occhi il mondo, bisogno di suscitare energie negli altri e trasformare l’energia presente nella realtà circostante. Visconti​→​viene osservato con più rispetto dalla critica, anche quando riesce difficile farlo rientrare nei canoni delle teorie e poetiche del neorealismo e realismo. È l’autore che più di tutti ha la capacità di dare ai suoi protagonisti la coscienza dello sfruttamento, la forza di maturare la ribellione, il voler cambiare le cose. Neorealista è il tema e l’ambientazione ma non la struttura narrativa né le scelte stilistiche: il montaggio è in funzione del ritmo e l’immagine è riempita sempre di segni sonori. Visconti smonta con crudeltà e senso moralistico la macchina dei sogni cinematografica. Registi emergenti → Perché un film possa essere assimilato nel territorio neorealista basta la condivisione di alcuni caratteri, anche se tematici (come guerra e resistenza che entrano come oggetto comune di racconti in diversi altri film tra il 1945 e il 1946) poi si cercherà di disciplinare le caratteristiche. Il passaggio dal fascismo all’antifascismo avviene per la maggior parte dei registi senza traumi e senza dover dichiarare particolari colpe, il non aver aderito a Salò produce una soluzione di massa nel cinema italiano che di fatto salva anche i pochi che sono andati al Nord come Giorgio Ferroni che ha aderito a Salò e fatto film di propaganda fascista o Alessandro Blasetti che affronta un tema legato agli eventi bellici e adeguo il suo stile a modi che stanno cambiando senza rinunciare. Tra i registi che hanno esordito nei primi anni ‘40 vi sono: Alberto Lattuada → sente il bisogno di guardare con ottimismo la realtà dell’Italia distrutta senza rinunciare a far sentire la sua cultura letteraria e i suoi amori per il cinema francese ed espressionista. M. Soldati → percorso più disomogeneo e in parte discendente rispetto a Lattuada: un certo momento il richiamo della letteratura si fosse fatto più forte e fosse venuta meno la fede nel cinema come espressione della sua creatività L. Zampa → anche lui percorso disomogeneo che cerca di porre distanza emotiva e ideologica rispetto alla guerre e di avanzare un messaggio di pacificazione universale R. Castellani → passaggio al neorealismo senza rinunciare alla propria forte idea di regia e racconto, iniziatore di un neorealismo rosa P. Germi → esordiente è quello che guarda di più ai modelli del cinema americano e vuole trapiantarli nel contesto italiano Gran parte dei film neorealisti davano il ritratto di un Paese desolato e colpito dalla povertà suscitarono scontento da parte funzionari e politici ansiosi di dimostrare che l’Italia era in fase di ripresa. Anche la chiesa cattolica condannò molti film per il modo in cui descrivevano le abitudini sessuali della classe operaia. Poche opere neorealiste furono popolari presso il pubblico, il quale si lasciava attrarre più volentieri dai film americani in circolazione. Solo nel 1949, la legge “Andreotti” fissò i limiti alle importazioni e le quote sugli schermi, ma pose anche le basi per fornire prestiti alle case produttrici. Per concedere un prestito, una commissione statale doveva approvare la sceneggiatura e i film privi di punti di vista politici erano premiati con somme maggiori. La legge era una censura preventiva, si abbandonò il realismo più puro quello, quello tra il 1944 e il 1948. Alcuni trovarono un’ambientazione neorealista girando melodrammi e storie d’amore tradizionali in regioni che offrissero un colore locale pittoresco; altri esplorarono una vena di fantasia allegorica. Emerse anche il “neorealismo rosa”, un cinema che inserisca personaggi della classe operaia negli schemi della commedia populista in stile anni ‘30. Caratteri del neorealismo (Innovazioni narrative) Gran parte degli storici del cinema ritiene il neorealismo un momento importante, non solo per le sue posizioni politiche e la sua visione del mondo ma anche per le innovazioni nella forma cinematografica. Solitamente si ritiene che i film neorealisti siano girati in esterni e con attori non professionisti ed inquadrature grezze, improvvisate ma in realtà film con queste caratteristiche sono davvero pochi; la maggior parte delle scene in interni è girata in set ricostruiti in studio e illuminati con cura e il dialogo è quasi sempre doppiato, permettendo un controllo anche a riprese ultimate (es. voce di Ricci è di un altro attore). Il neorealismo ricorre come altri stili all’artificio: anche se alcuni interpreti sono non professionisti si ha più comunemente la tecnica dell’“amalgama” in cui attori non professionisti sono mescolati a divi come Anna Magnani. Inoltre, molti film sono montati rispettando le norme dello stile classico hollywoodiano, quasi sempre le immagini presentano un accurato equilibrio tra i vari elementi che vi Il sistema francese è diverso da quello inglese, l’industria cinematografica è parzialmente nazionalizzata. In Francia, il finanziamento statale è amministrato da un ente governativo che regola tutte le attività della produzione e distribuzione: Centre National de la Cinematographie (CNC)​. La legge spinge alla produzione di film di qualità, istituisce un piano di rimborsi quinquennale finanziato da una tassa sui biglietti d’ingresso mirando ad incoraggiare i film di successo commerciale. La legge poi rende anche i cortometraggi in possesso dei requisiti per il finanziamento, sistema che finanzierà la Nouvelle Vague (i registi imparano il mestiere realizzando cortometraggi). Successivamente oltre ai rimborsi i film possono concorrere poi a premi: un regista potrà sottoporre la sua sceneggiatura ad una giuria prima della produzione. Il mercato dei film d’arte Gli americani per tradizione e ragioni economiche provano avversione nei confronti dei film stranieri. I film d’importazione compaiono nelle classifiche del botteghino solo in città cosmopolite come New York, Los Angeles mentre il Sud soffre anche nei gusti dell’isolazionismo politico. In America i film stranieri sono di tre tipi: quelli in lingua originale che hanno come target soltanto i rispettivi gruppi etnici, quelli commerciali che si rivolgono agli spettatori tradizionali e i film d’arte rivolti al pubblico più sofisticato. Il mercato dei film d’arte è quello più durevole e significativo sotto l’aspetto culturale e si rivolge ad un pubblico colto, definito “​Lost Audience” ​che raramente vede film hollywoodiani tipo. In risposta al calo della produzione gli esercenti delle aree metropolitane si rivolgono ai film stranieri o ai classici di Hollywood per riempire i loro programmi. Anche se il mercato dei film d’arte è piuttosto instabile (i film in lingua straniera che incassano più di centomila dollari dal noleggio sono pochi in rapporto al numero di film) ed è acceso il dibattito sul doppiaggio, i film d’arte ricevono molta attenzione sul New York Times e su riviste prestigiose influenzando fortemente la cultura cinematografica degli USA. Le industrie cinematografiche nazionali che ricevono maggiori attenzioni da Hollywood sono quelle francesi, italiane e inglesi grazie al successo dato dai film del neorealismo italiano, soprattutto ROMA CITTÀ APERTA (Rossellini, 1945), SCIUSCIÀ (1946), LADRI DI BICICLETTE (DeSica, 1948), LA DOLCE VITA poi (Fellini 1960) che renderà Mastroianni una star internazionale, da una serie di film inglesi e svedesi molto importanti e dalla “condemmed” di Bridget Bardot francese. Le Majors però per ovviare al problema della censura (Production Code) affidano la distribuzione di film d’arte, spesso contenenti scene di nudo o sesso simulato redditizi per il mercato, a società affiliate. Le alleanze francesi Il sistema di sovvenzioni francesi genera un fenomeno culturale internazionale, quella della Nouvelle Vague tuttavia se le leggi francesi sulle sovvenzioni all’inizio intendono far decollare la produzione si verifica un calo degli spettatori, a causa della diffusione della televisione, costringe il cinema negli anni ‘60 in Francia e nel resto dell’Europa a dipendere da aiuti e assistenze. Dato che i film nazionali difficilmente recuperano i costi diventa indispensabile esportare, per questa ragione il sistema nazionale di sovvenzione deve essere integrato con le ​coproduzioni​. Francia, Italia, Spagna e Germania sono i primi produttori europei. Le coproduzioni portano un sostegno economico e rendono molte star francese popolari all’estero. Allo stesso modo molti divi italiani come Sophia Loren, Gina Lollobrigida e altri, appaiono in film con maggioranza francese. Il cinema europeo subisce uno sviluppo, con l’inevitabile partecipazione americana. Le case di produzione americane corteggiano i registi che hanno un richiamo maggiore all’estero. Realizzando film per l’United si mantenengno bassi i costi recuperando qualità. Le alleanze italiane L’Italia è il mercato cinematografico più vasto al di fuori degli USA. In tutto il paese si costruiscono dopo la seconda guerra mondiale sale nuove, moderne e confortevoli: sono le meno colpite in Europa dall’avvento della televisione. L’intervento americano nella produzione italiana comincia negli anni ‘50 e la spinta iniziale viene dagli incassi congelati. Roma gode di scenari pittoreschi e un clima ideale, diventa il principale centro di produzione in Europa e la patria di molte delle migliori produzioni italo-americane, con nomi di star americane come Audrey Hepburn e Elizabeth Taylor tanto da parlare di una “Hollywood sul tevere”. Il governo italiano, che si rende conto dell’importanza dell’industria cinematografica per le esportazioni, istituisce un piano di aiuti simile a quello francese e finanzia la costruzione e la modernizzazione di strutture tecniche e di produzione. Quando il mercato italiano si apre, Hollywood sigla degli accordi con produttori di punta come ​De Laurentiis​, produttore di alcuni dei film italiani più importanti e ​Grimaldi​ che avrà successo con il genere “spaghetti western” film d’azione a basso costo coppia Sergio Leone e Clint Eastwood protagonisti della serie Il buono, il brutto e il cattivo. Forse l’esempio più evidente di un film di successo internazionale è L’ULTIMO TANGO A PARIGI (Bertolucci, 1972), una coproduzione italo-francese della PEA di Alberto Grimaldi e la consociata francese dell’United Artist, diretto da un regista italiano e interpretato da una delle più grandi star hollywoodiane: Marlon Brando. Questo film riceve una pubblicità straordinaria prima dell’uscita ed esce in contemporanea a Parigi e a Roma per le feste di Natale. A Roma è accusato di contenuto osceno e offensivo alla pubblica decenza, mentre oltreoceano, il film sbanca i botteghini. Le alleanze inglesi Le società americane in cerca di prodotti commerciali fanno affari anche in Gran Bretagna, dove sfruttano la “​swinging Britain​”, termine ​ coniato in un articolo sul​ “Time” ​per indicare qualcosa che segue la moda del momento. ​Negli anni ‘50/60 Londra esporta opere teatrali, film, mode, stili e persone. Per quanto riguarda il panorama cinematografico fattori come l’attrazione per i film inglesi del pubblico americano, il minor costo del lavoro e i talenti portano ad un ingente flusso di capitali. L’United Artist finanzia due grandi progetti per la scena culturale pop inglese. Il primo è la serie di JAMES BOND, quella che riscuote maggior successo nella storia del cinema, un prodotto su misura per il mercato internazionale, basata sui romanzi di Ian Fleming, Per interpretare James Bond in Agente 007, licenza di uccidere viene scelto un attore sconosciuto proveniente da Edimburgo, Sean Connery. Il secondo, AGENTE 007, DALLA RUSSIA CON AMORE (1963) incassa il doppio del successo, mentre il terzo, AGENTE 007, MISSIONE GOLDFINGER, è un vero e proprio successo. Questa serie prosegue e conquista il record mondiale. L’altro affare della United Artist è la musica popolare inglese. Appena i gruppi musicali della hit parade inglese entrano in classifica in America, le società americane si precipitano a conquistarne i profitti come con in Beatles, all’epoca delle trattative ancora sconosciuti fuori dal paese (Beatlesmania nel 1963). Trionfi come questo spingono le società americane e anche alcune importanti indipendenti ad espandere la produzione in Gran Bretagna. Quando l’interesse per la swingin Britain si affievolisce, le Case americane tagliano la produzione in Gran Bretagna, nonostante le sovvenzioni. Hollywood si ritira (1968) Una crisi nell’industria cinematografica statunitense dopo la II Guerra Mondiale aveva portato al sorgere delle produzioni all’estero ma venticinque anni dopo un’altra recessione e un minor interesse per i film stranieri negli Stati Uniti contribuisce alla ritirata di Hollywood dalle produzioni europee. La crisi dura 3 anni e in questo periodo le Majors perdono milioni di dollari. Fattori della crisi: • La strategia su cui le Majors basano i loro profitti negli anni sessanta: la formula del block-buster, il film-evento che si riassume nello slogan “falli grandi, mostrali in grande e vendili alla grande”, il che significa investire in materiale prevenduto, adottare grandi schermi e introdurre nuove tecniche di marketing, come la saturazione delle sale. • La seconda causa della crisi è l’inesauribile richiesta di film sui network televisivi. Durante gli anni sessanta la televisione diventa un importante mercato e sono poche le produzioni cinematografiche avviate senza valutare il passaggio televisivo. Nel ​1968​ Hollywood è sull’orlo della bancarotta il pubblico televisivo diventa più selettivo e gli indici d’ascolto calano. Poiché i film sono più che sufficienti ad esaurire le richieste degli esercenti, molte pellicole con budget alti sono distribuite con perdite ingentissime. Sotto la pressione delle banche le Majors sono costrette a ridurre le spese, Hollywood chiude diversi uffici commerciali fra cui le consociate per la distribuzione di film stranieri all’estero. La ristrutturazione si conclude nel 1972, le Majors sono di nuovo in attivo e imparano alcune importanti lezioni dalla crisi: 1. gli spettatori abituali sono i giovani; 2. solo alcuni film, forse solo 10 all’anno, si accaparrano la gran parte degli incassi al botteghino; 3. bisogna affrontare i rischi del finanziamento di film molto costosi adottando tecniche difensive, come basarsi sui prodotti più seguiti e adottare marketing aggressivi che sfruttano tutti i campi dell’entertainment. Anni ‘70 → Nuova Hollywood​ poco interessata ai film non convenzionali, d’arte o anche a quelli stranieri che non si prestano facilmente allo sfruttamento televisivo. Le Majors si attengono a quanto già sperimentato e sicuro e producono le loro pellicole soprattutto in casa. L’età della globalizzazione (anni ‘80) Negli anni ‘80 la richiesta mondiale di film aumenta velocemente e per sfruttare questa nuova situazione, Hollywood entra nell’età della globalizzazione. Le società si espandendono orizzontalmente per sfruttare i mercati emergenti in tutto il mondo, verticalmente alleandosi con produttori indipendenti per aumentare i loro listino e associandosi con investitori stranieri per assicurarsi nuove fonti di finanziamenti. Tutto ciò ha condotto Hollywood a un moltiplicarsi di fusioni e acquisizioni che è ancora in corso. → L’acquisizione da parte di Murdoch della Twentieth Century Fox nel 1985 scatena le fusioni: Murdoch vuole aumentare la presenza della Fox nella televisione americana e sfida i tre network istituzionali americani, ABC, CBS e NBC. Entra poi, nel campo della distribuzione via satellite con il lancio di Sky Television in Gran Bretagna e acquisendo il controllo di Star Tv (canale asiatico con sede a Hong Kong). Per attirare gli spettatori, Murdoch acquista i diritti degli sport professionistici in America, Gran Bretagna, Sud Africa, Nuova Zelanda e Australia. → Paramount Communications e Warner Communications, rispondono alla globalizzazione con una ristrutturazione per puntare poi sul campo ristretto di attività. Emerge una società integrata orizzontalmente impegnata in tre principali aree dell’entertainment: produzione e distribuzione di film e programmi televisivi; musica registrata; editoria. La Warner, poi, acquista i sistemi distributivi di ogni 10. FRANCIA E ITALIA (dopo la seconda guerra mondiale anni 50-60) Francia, Nouvelle Vague e il cinema nuovo L’epoca della seconda guerra mondiale, della crisi e della ricostruzione è finita. Il cinema vive un periodo di insoddisfazione per lo status quo e spinge un rinnovamento già in molti paesi (da Rossellini a Hitchcock segnali di rinnovamento nel dopoguerra). L’industria cinematografica francese è agevolta dal sostegno statale tramite premi di qualità per i cortometraggi e che finanziavano le opere sulla base della sola sceneggiatura. Le due principali tendenze del periodo sono il ​gruppo delle Nouvelle Vague​ e quella della ​Rive Gauche​, autori di poco più anziani che solo ora si affacciavano al mondo del cinema. Les nouvelles vagues Fenomeno di carattere internazionale che si afferma in Francia nel ‘68 ma che rapidamente si espande. Il termine “​nouvelles vagues” nuova ondata ​deriva dal giornalismo sociologico titolo di un’inchiesta ​La nouvelles vagues arrive! ​sulla gioventù francese del settimanale “L’Express” nel 1957. A differenza dei precedenti movimenti non nasce da un evento storico-politico, è il frutto cinematografico della prima generazione di giovani cresciuti dopo la guerra e con il cinema come “arte del nostro secolo”. Parte dei suoi componenti era nata nel 1939 e abitava a Parigi. Negli anni sessanta la Nouvelle Vague francese diventa il punto di riferimento per il rinnovamento del cinema in campo internazionale. All’origine della Nouvelle Vague troviamo esplorazione,​ ​originalità, gusto del rischio, sperimentazione a tutto campo delle potenzialità del cinema prima represse da un sistema industriale coercitivo. Questo stile appassiona i nuovi giovani futuri cineasti, il cinema non viene più considerato come un’industria ma come un linguaggio di cui chiunque può fare uso. Al vecchio “professionista” viene contrapposto il giovane “dilettante”. Gli altri costi devono essere combattuti da una politica di costi bassi tramite metodi produttivi alternativi e indipendenti. Si deve in gran parte a questa generazione l’immagine romantica del giovane artista che lotta per sfidare con un cinema personale le convenzioni dell’industria paradossalmente molti sarebbero poi divenuti autori commerciali. Luoghi I luoghi in cui si manifesta sono: cineteche, festival, riviste, scuole di cinema che diventano punti di aggregazione dei giovani cineasti che danno vita alle nouvelles vagues. Il bisogno di presentare i nuovi film, che trovano difficoltà a uscire nelle sale pubbliche e nei festival tradizionali rifiutano o relegano ai margini, spinge alla fondazione di festival alternativi o alla riconversione di festival preesistenti. Altre riviste seguono a quella francese in Francia, Italia e Olanda mentre nei paesi dell’est le scuole di cinema hanno un ruolo di aggregazione e di formazione. Confronto con il passato Negli anni 60, il cinema ha perso il privilegio di poter sostituire il nostro sguardo. Anche se non si propone come movimento di rottura radicale gli anni della Nouvelles Vagues sono, in Europa e nel mondo, anni di ripensamento globale del cinema. Tutto diventa degno di essere filmato in tutti modi. I rituali della finzione vengono contaminati dal documentario e dalla riflessività della saggistica. Ciò che distingue la nouvelles vagues non è uno stile ma la molteplicità degli stili. Ma è mantenuto un filo conduttore con il passato: riciclano tutto ciò che la storia del cinema ha prodotto ma pongono anche la libertà d’invenzione. La Nouvelles Vagues vuole essere una forma di difesa del cinema contro la televisione anche se è proprio la televisione a stimolare l’ideazione di nuove apparecchiature più leggere sia per la ripresa che per il suono. Si estende una dimensione più introspettiva e domestica. NOVITA’: • il cinema delle nouvelles vagues europee accentua la ​tendenza al realismo ​emersa nel dopoguerra. C’è minore distanza tra lo schermo e spettatore, se sussite la “magia” del cinema” si confronta con il quotidiano •​È un cinema soggettivo la soggettività si riferisce al punto di vista sociale che si mostra o si narra che presupporre un individuo dietro la macchina da presa. Questa soggettivazione del cinema si estende poi anche al rapporto con lo spettatore, coinvolto in modo diretto nella vicenda che spesso si rivolge a lui con “tu”. Una caratteristica di questa soggettivazione è la riflessività , ovvero l’interrogazione diretta da parte dell’autore di ciò che si volge sullo schermo. Lo schermo poi non funziona come una cornice che separa ma con una finestra che si apre su un mondo. L’opera presuppone idealmente un’integrazione da parte di elementi esterni a essa. La sua completezza non è testuale. Si presuppone che anche il pubblico degli spettatori abbia assimilato la grammatica di base, e sia quindi pronto ad accettare senza troppi problemi le eccezioni alle regole. Subisce un’evoluzione anche il processo di realizzazione dei film, in particolare il mutamento delle tecniche impiegate e la sua conseguenza sullo stile delle opere •​Libertà narrativa ​il film prima veniva ideato sulla carta e il regista, specie all’interno dello ​studio system ​doveva attenersi alle indicazioni della sceneggiatura. In questo periodo viene messo in discussione questo procedimento che burocratizza la creatività del regista che rivendica il concetto di “autore” capace di sceneggiare e dirigere in un unico processo. La sceneggiatura può essere un abbozzo o un’ipotesi. Ciò che viene scritto dal regista può subire modifiche al momento delle riprese e l’improvvisazione diventa possibile perciò la fase di ripresa diventa il momento creativo. “Il film è finito non mi resta che girarlo” diceva Hitchcock, ma il cineasta della nouvelles vagues risponderebbe “Il film è cominciato e non so come finirà.” Come il film anche l’​attore ​è in corso d’opera. La presa diretta lo lascia libero di parlare senza seguire la rigidità di un testo scritto. • ​Nuove apparecchiature ​in campo tecnico si assiste negli anni ‘60 a evoluzioni che rendono più semplice ed economico il modo di girare: pellicole più sensibili e l’uso di nuovi metodi di illuminazione con set meno ingombri di macchinari e nuove macchine da presa e per la registrazione del suono. Sono i documentaristi primi sentire esigenze di attrezzature più maneggevoli che garantiscono la possibilità di un’sono in presa diretta sincrono con le immagini. Altre modifiche importanti sono l’uso più diffuso dello ​zoom ​mette in crisi l’equilibrio della composizione che ha caratterizzato l’epoca dello studio system. I movimenti di macchina, non essendo più una necessità ma una scelta, acquistano espressività. Ciò che era prima considerato difetto tecnico diventa parte del nuovo linguaggio cinematografico. Progressi tecnici si hanno anche nel campo del ​montaggio​. In Europa si diffondono le moviole orizzontali che consente un lavoro più rapido ed è più facile sperimentare. Si sviluppò la tendenza a mantenere più a lungo le inquadrature, si parla di piani-sequenza e umentano gli stacchi bruschi fra le inquadrature in un ritmo sincopatico. Molti film della Nouvelle Vague erano l’ideale per le necessità finanziarie dei produttori: girati in ambienti reali con attrezzatura leggera, attori poco noti e troupe ridotte all’osso, potevano essere ultimati in fretta e per metà del budget medio abituale; spesso si girava senza sonoro e si provvedeva in seguito al doppiaggio. Come indica lo stesso termine di Nouvelle Vague, gran parte del successo si può attribuire al suo legame con il pubblico giovane. Gli autori condividono alcuni principi di base e spesso strutturano trame su eventi casuali e digressioni intensificando la tendenza ai finali aperti. I due registi più importanti e influenti restano comunque Truffat e Godard, alla commedia francese subentra spesso ansia, dolore e morte. L’epifania della Nouvelle Vague avvenne con l’uscita di quattro film tra il 1958 e il 1960 tra qui “I quattrocento colpi” vinse a Cannes il premio come miglior regia e “​Fino all’ultimo respiro​” di Godard, resoconto degli ultimi giorni di vita di un piccolo criminale. Caratterizzato dalla macchina a mano e il montaggio frammentato. Nuovo cinema francese: la Rive Gauche La fine degli anni ‘50 portò alla ribalta un altro eterogeneo gruppo di cineasti, noti fin da allora come quelli della Rive Gauche (riva sinistra). Più anziani e meno cinefili dei Cahiers della Nouvelle Vague, tendevano ad assimilare il cinema ad altre arti, in particolare alla letteratura. Il prototipo dei film della Rive Gauche è “ Hiroshima Mon Amou​r”, diretto da Alain Resnais su sceneggiatura di Duras nel 1959. Duras costruisce la sua sceneggiatura come un duetto in cui voci maschili e femminili si intrecciano sulle immagini; spesso non è chiaro se la colonna sonora sta proponendo una conversazione reale, un dialogo immaginario o un commento espresso sui personaggi, mentre il film passa con disinvoltura dall’azione della trama a materiale documentario o ad inquadrature della giovinezza francese dell’attrice. Anche se i flashback erano divenuti frequenti già negli ultimi anni ‘40 e ‘50, i salti temporali di Resnais sono improvvisi, frammentari e spesso sospesi in modo ambiguo fra ricordo e fantasia. La prima metà del film è veloce nel ritmo tanto da disorientare lo spettatore mentre la seconda rallenta fino a corrispondere al passo della protagonista, al suo nervoso fuggire e alla paziente attesa dell’uomo. Nel 1959 questo film fu presentato al festival di Cannes e vinse il premio della Critica Internazionale: le scene di intimità sessuale e lo stile del racconto fecero sensazione, e l’ambigua mescolanza di realismo documentario, evocazioni soggettive e commenti dell’autore costituirono una tappa fondamentale nello sviluppo artistico del cinema di tutto il mondo. Il successo di “Hiroshima mon amour” contribuì a lanciare altri registi della Rive Gauche, come Franju e Henri Colpi, Varda. Il successo delle Nouvelle Vague e della Rive Gauche durò soltanto pochi anni e alla lunga non servi ad arrestare il calo di spettatori nelle sale francesi. Nonostante tutto, il cinema francese degli anni ‘60 era uno dei più ammirati e imitati in tutto il mondo. La tradizione di qualità era stata soppiantata da un cinema assolutamente moderno. Italia: cinema giovane e western all’italiana La generazione degli anni 50 A cavallo tra gli anni ‘50 e ‘60 l’industria del cinema italiano era in condizioni molto migliori di quella francese. Un aumento del prezzo dei biglietti aveva pareggiato il calo delle frequenze, le importazioni americane diminuivano e i film si conquistavano una grossa fetta degli incassi. Sia l’America che le popolari tecnicamente più sofisticati e politica di bassi costi e rischi controllati, raggiungimento di uno standard capace di sostenere il confronto con Hollywood. 12. LE COLLABORAZIONI INTERNAZIONALI NEL CINEMA EUROPEO La collaborazione internazionale al tempo del muto Il cinema si impone subito come linguaggio internazionale capace di superare ogni barriera e di farsi comprendere da tutti. L’immagine infatti non ha bisogno della parola per farsi capire, è per questo che comincerà ad attirare masse sempre più vaste di pubblico trovando clienti soprattutto in quei larghi strati della popolazione che l’analfabetismo tiene lontani dal teatro e dalla letteratura. Negli anni precedenti la prima guerra mondiale, con il progredire della tecnologia vengono introdotte le didascalie e successivamente pratiche di traduzione per le edizioni dei film destinate ai mercati esteri, consentendo a ad alcune cinematografie europee di svilupparsi anche al di fuori del proprio mercato nazionale facendosi conoscere e apprezzare in tutto il mondo. Ricostruzione delle vicende che hanno caratterizzato la collaborazione tra i paesi europei lungo tutto il corso del XX secolo La collaborazione internazionale consente tra cineasti e società di paesi diversi esiste da sempre: - Favorisce un vantaggio economico perché consente di trovare risorse tali da coprire le spese per film impegnativi che non vedrebbero mai la luce - Produce un allargamento del pubblico Primi anni del novecento Pathé (Francia) Nei primi anni del novecento la società francese Pathé Frères (Charles Pathé) domina e controlla i i principali mercati. Per tentare di garantire la stabilità nel tempo a questo suo predominio lancia un programma di interventi a livello nazionale e internazionale che costituiscono momento di svolta. Impone il ​sistema del noleggio delle copie​ sostituendolo alle vendite e monopolizza il rifornimento di film alle sale, ciò significa avere la capacità di alimentare le sale con tutti i generi dal film fastastico al melodramma di cui il pubblico è abituato (è l’epoca del cortometraggio con tanti prodotti differenti) Per assicurarsi il gradimento del pubblico il produttore crea in Francia e all’estero società di produzione controllate e specializzate in generi particolari che egli poi distribuisce nel mondo. La Pathé favorisce la nascita di nuove società di produzione alle quali assicura assistenza ma che sono destinate a svilupparsi autonomamente. Utilizzare realizzatori e attori del posto consente alla casa francese una varietà di prodotti da distribuire e ai nuovi cineasti dona le conoscenze tecniche e linguistiche necessarie. Particolare successo in Italia e Russia nel 1909. - In Italia la Pathé promuove a Roma la nascita della Film D’Arte Italiana impegnata per alcuni anni nella riduzione cinematografica di testi teatrali e letterari di grande prestigio e popolarità comporta anche la presenza a Roma di qualche regista e attore francese. Anche se in Italia, nel 1909 si registra una specie di rivolta dei cinematografisti contro le imposizioni del consorzio Pathé, soprattutto per quanto riguarda il sistema distribuzione dei film (noleggiò al posto della vendita); alcune riviste si impegnano in una sorta di autocensura, non recensendo i film in uscita dalla rivale francese. - Apertura in Russia della società Le Film D’Art Russe, dove fa girare alcuni film d’ambientazione russa a registi e attori russi. Vengono messe in attività molte altre imprese di produzione in tutto il mondo, negli Stati Uniti, in Gran Bretagna, in Germania. Tale espansione internazionale di una società funziona da ’influenza positiva sui processi produttivi in atto nelle cinematografie nazionali: analoghi episodi di collaborazione internazionale accompagnano i primi anni dieci le altre cinematografie. Dopo la prima guerra mondiale Dopo la prima guerra mondiale le collaborazioni diventano rare e le cinematografie cercano di farsi largo nel mercato a spese delle altre (mancano interventi protezionistici da parte dei governi e il libero mercato rende la concorrenza più agguerrita). Questo irrigidimento dei sistemi produttivi è però controbilanciato da una sempre più diffusa mobilità dei singoli cineasti. Nei primi anni del muto con l’avvento del lungometraggio negli anni dal 1911 e 1914 i realizzatori e gli attori diventano più riconoscibili da parte del pubblico che impara ad apprezzarli e risorse ancora più importanti per le società che li hanno sotto contratto. I produttori cercano di salvaguardarsi assumendo il personale con contratti di esclusiva ma succede però quasi sempre che la carriera di un attore progredisca di pari passo con i “tradimenti” ovvero i passaggi da una società all’altra che gli offre condizioni migliori. Successivamente quando il cinema muto raggiunge la sua maturità il pendolarismo la circolazione internazionale dei maggiori talenti, da registi a interpreti, diventa prassi consolidata, con la conseguenza di continui scambi fra tradizioni e culture. Si fa così del film un prodotto dotato di una valenza diversa, più libera e l’arte cinematografica sembra non avere più bisogno di tener conto delle frontiere. Negli anni 20 molti si muovono verso la ​Germania​ (unica in Europa a contrastare l’avanzata del cinema americano) proprio verso la Germania e la Francia si indirizzano in prevalenza registi attori e tecnici italiani quando dopo il crollo del Unione Cinematografica Italiana nel 1922-23 non trovano più lavoro in patria per la dissoluzione del nostro sistema produttivo. E l’America di Hollywood​, ormai padrona dei mercati mondiali, è divenuta punto di richiamo per i cineasti di tutto il mondo). I produttori americani ne approfittano per avviare una politica di recupero dei maggiori talenti che si manifestano nei vari paesi europei: a Hollywood possono infatti fare fortuna, prima della fine del mondo, i migliori artisti svedesi, austriaci come Greta Garbo e Marlene Dietrich. L’avvento del sonoro nel cinema L’avvento del sonoro (1927) segna la fine di un’epoca e l’inizio di una nuova fase di sviluppo del cinema: il parlato mette in crisi lo star system poiché i molti attori affermati devono dimostrare di avere un modo di esprimersi e un linguaggio all’altezza della loro immagine. Il parlato comporta anche un notevole aumento degli investimenti finanziari necessari per la realizzazione e la riconversione del film che richiede nuove tecnologie. La voce degli attori, accentuando il realismo dell’immagine cinematografica, ne rende più evidente anche l’impronta nazionale, aggiunge così un ingrediente (lingua parlata) che collega più strettamente ogni film alla cultura Nazionale del paese d’origine, ma nello stesso tempo ne accentua la distanza da quella dei popoli che parlano una lingua diversa. I paesi che hanno aree linguistiche più limitate che si vedono precludere gli sbocchi verso i mercati esteri. Di fronte a questa situazione di crisi e di trasformazione negli anni 30 governi di quasi tutti paesi si impegnano ancor più massicciamente nel settore cinematografico, potenziando gli enti di stato già attivati, creandone di nuovi e studiando nuove misure legislative di sostegno della produzione nazionale. Questo avviene soprattutto in Europa dove il cinema hollywoodiano si era accaparrato larghissime fette di mercato, togliendo spazio ai produttori locali. L’impegno dello Stato risulta ancora più accentuato in paesi come Italia e Germania, dove sono andati al potere movimenti politici ispirati a un esasperato nazionalismo e tendenzialmente xenofobi. Le versioni multiple dei primi anni ‘30 In attesa che si perfezioni il sistema del doppiaggio (della diretta traduzione cioè del parlato da una lingua all’altra servendosi della voce di professionisti) nei primi anni 30 viene comunque avviato un nuovo complicato sistema di lavorazioni per garantire la circolazione del film in aree linguistiche diverse: ​la pratica del film in più versioni . Le formule produttive realizzative sono molto varie: nei​ film in versione plurima​ realizzati a Hollywood si va dal film in cui nelle varie versioni cambiano solo gli interpreti principali, a film in cui sullo stesso set con la stessa sceneggiatura, davanti alle stesse scenografie si danno il cambio scena dopo scena trupes del tutto diverse guidate da altrettanti registi. Oppure succede anche che a distanza di 1-2 anni dalla lavorazione di un film si giri, con la stessa sceneggiatura e magari riutilizzando scene e costumi, una nuova versione,​ un remake​, ognuna delle versioni girate con questi sistemi assume una propria autonomia espressiva che a volte ha poco a che fare con la versione precedente. In questo quadto comincia per la prima volta farsi strada nella mente di alcuni industriali del cinema la via della convivenza, di unire le forze fra produttori di nazionalità diversa per realizzare una stessa opera. La collaborazione internazionale tra società di paesi diversi si presenta come necessità, una condizione indispensabile per assicurare ai film di ciascun paese un mercato più ampio e una maggiore produttività. Il sistema delle più pie o triple versioni è diffuso negli anni 30 in tutta Europa. La Francia, la cui cinematografia allora tra le più forti in Europa, soprattutto nella prima metà degli anni 30, ha un rapporto preferenziale con la Germania, e si diffonde la moda del remake, del rifacimento di film già girati e distribuiti. Le coproduzioni del secondo dopoguerra Collaborazioni tra società di paesi diversi si verificano già negli anni 30 e nei primi anni 40, ma soprattutto nel dopoguerra (biennio 1946-1947) i governi europei avvertono queste collaborazioni come necessità. Ciò avviene per diverse motivazioni: la volontà di ricostruire, nei paesi sconvolti degli eventi bellici, anche il settore cinematografico, l’esigenza di creare un fronte comune contro la nuova ondata di film hollywoodiani che torna a invadere le sale di tutta Europa. Il protezionismo nei confronti dei film nazionali si rafforza in tutti i paesi, e film d’importazione vengono penalizzati; ma questi provvedimenti vengono temperati da accordi tra i governi che prevedono la possibilità che film realizzati in ​regime di coproduzione​ siano considerati nazionali in entrambi paesi. 2. AUTORE COME PRODUTTORE: è il responsabile materiale della fattura dell’opera, il film viene considerato in questa prospettiva come prodotto, il film però è opera collettiva ed è quindi difficile far convergere in un unico ruolo la responsabilità produttiva (figura dell’operatore, colui che gira la manovella) 3. AUTORE COME RUOLO PROFESSIONALE: nel primo decennio del secolo si vanno definendo ruoli professionali specifici nel cinema anche se l’attribuzione della paternità autoriale rimane a lungo incerta. Il film viene considerato come oggetto autonomo, in questo periodo si vive una contraddizione regista e autore assumono lo stesso significato a partire dagli anni trenta. 4. AUTORE COME RUOLO ESTETICO: in questa eccezione l’autore è il soggetto materiale responsabile responsabile dell’opera. Si inizia a parlare di “autore di film” quando si afferma il ruolo del regista Autore come soggetto estetico I fratelli Lumiere appaiono come ​inventori ​ del cinema e come ​autori​ dei primi film ma il loro progetto è tanto commerciale quanto estetico. La loro produzione si organizza nella forma di un catalogo che raccoglie differenti vedute, scene comiche, scene di famiglia ecc ed è un primo abbozzo dei futuri generi cinematografici che obbediscono al medesimo criterio. Siamo in presenza di UN’ESTETICA COMMERCIALE, più che di un autore è opportuno parlare di istanza produttrice (il cinematografo). I Lumiere estranei all’idea di cinema come froma espressiva o come arte più che autori sono i primi fautori non è considerato plagio la riproduzione delle vedute Lumiere ma la diffusione o copia della loro invenzione (monopolio). Diversamente ​GEORGES MELIES ​controllò tutte le fasi della produzione ritenendosi da subito un’artista completo, più artigiano che autore, intendeva il suo ruolo come capacità di possedere e dominare un’arte. Nel cinema di questi fautori e artigiani, quindi, l’autore non ha ragioni di esistere. Si avrà con il passaggio da programma composito​ a ​film​ inteso come opera, al quale è necessario affiancare una figura di attore che sia interprete. Nel 1908 la questione di film come opera porta all’adattamento di testi letterari e teatrali già noti al pubblico. Si tratta di un’operazione di carattere commerciale nel tentativo di ampliare il pubblico e investire il cinema di dignità. Ma se il cinema francese rimane, nell’ambito dell’adattamento, ancorato in rapporto di dipendenza ad altre forme letterarie, nel cinema italiano il coinvolgimento del mondo letterario nel cinema avviene in maniera più articolata e ricca di contaminazioni reciproche. Avviene la migrazione dei letterali da D’Annunzio a PIrandello e Verga nel cinema che contribuisce fortemente alla sua legittimazione e affermazione artistica. Tutto ciò contribuisce nel 1910 a fare del cinema uno dei cardini artistici nonostante vengano smosse da Pirandello le prime critiche, condanna il cinema come strumento di asservimento dell’uomo alla macchina. Nella Francia degli anni venti il cinema era in piena innovazione artistica, si arriva a una completa definizione di autore ma al contempo l’esperienza dell’avanguardia francese porta a voler cambiare e rinnovare il cinema che in quegli anni si configura come una sorta di “scoperta di un mondo” mai visto prima con il cinema non-fiction, l’unico modo per essere autori è rinunciare ad esserlo. L’autore è quindi solo un realizzatore, un agente che ha la funzione di reallizzare le potenzialità del cinema e di “liberarlo”. Sottolineando che il cinema ha una grammatica propria si rivendica l’autonomia del cinema e una propria lingua che non va inteso come insieme di codici.
Docsity logo


Copyright © 2024 Ladybird Srl - Via Leonardo da Vinci 16, 10126, Torino, Italy - VAT 10816460017 - All rights reserved