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STORIA ED ESTETICA DEL CINEMA, Appunti di Storia Del Cinema

Gian Piero Brunetta - Storia del cinema mondiale.

Tipologia: Appunti

2019/2020

Caricato il 20/01/2020

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Scarica STORIA ED ESTETICA DEL CINEMA e più Appunti in PDF di Storia Del Cinema solo su Docsity! STORIA ED ESTETICA DEL CINEMA Gian Piero Brunetta - Storia del cinema mondiale. IDENTITÀ E RADICI CULTURALI (pp. 3-50) IO TI BATTEZZO NEL NOME DEI LUMIERE, DI EDISON E DI MELIES La corsa della fotografia in movimento ha incoronato come vincitore il Cinematographe dei fratelli Lumiere che nasce il 28 dicembre 1895. Il primo film per gli spettatori ha un grade valore simbolico di una nuova e consapevole venuta al mondo, di un passaggio dal buio alla luce salvifica: dal chaos al phaos. Il cinema si converte presto in un bene di prima necessità e si integra in modo naturale con il paesaggio urbanistico. Si genera così la nascita dell’era dell’homo cinemathographicus. Nasce con i fratelli Lumiere il cinematografo, uno strumento molto economico e diffuso utilizzato per la creazione, esplorazione e dominio del visibile e di ciò che sfugge all’occhio umano. Grazie al cinema si aprono più frontiere perché produce una globalizzazione dei sentimenti, inoltre può fermare la vita e permette di tornare nel passato. Nel 1898 viene definito una fonte inestimabile per la storia perché è autentico. Il cinema può aiutare nella costruzione dell’identità europea facendo coincidere diverse realtà e contesti. Anche oggi ha il merito di far circolare più modelli di vista e mette a confronto diversi progetti ideologici e culturali, unificandoli sotto il segno dei sentimenti e inoltre favorisce lo sviluppo di una memoria collettiva che va oltre alle logiche politiche e dai particolarismi nazionali. BARACCONI, BARACCONI/SULLA PIAZZA NELLA SERA… L’uomo europeo ha imparato ad utilizzare gli occhi come mezzi di trasporto, con l’entrata in scena del cinematografo spariscono gli spettacoli ottici (lanterne magiche, panorami, diorami) che avevano alimentato l’immaginazione europea per oltre 2 secoli. Per 15 anni il cinema cerca di assimilare queste caratteristiche tecniche e meccanismi, cercando un equilibrio tra esse e le altre forme di spettacolo. In alcuni casi sono gli stessi ambulanti ad abbandonare gli spettacoli di panorama ed il teatro meccanico, per convertirsi al cinematografo nei loro Baracconi: grossa costruzione smontabile, dove gli ambulanti girano per le città Europee e attraverso una piccola ricerca storica ne conosciamo i nomi, gli itinerari e le caratteristiche degli spettacoli che avvenivano al loro interno, si parla dunque di cinema ambulante. L’apparecchio dei fratelli Lumiere, il primo strumento a mostrare immagini animate, apparirà presto sia come portatore di una vera e propria pestilenza e di mali, sia il simbolo della modernità del tempo, la fonte di una nuova estetica, e come mezzo di elevazione culturale popolare. Il cinema americano invece prende la strada del puro divertimento. Mentre il cinema sovietico faceva fondere il mondo contadino con il proletario per un’ipotetica costruzione futura di un mondo privo di classi e ingiustizie. Il cinema europeo se da un lato sembra riporre pochissima fiducia nel futuro, accoglie invece e mostra con orgoglio il proprio patrimonio genetico risulti dalla combinazione di letteratura, arti figurative del passato, si presenti come una nuova arte e una nuova lingua a carattere universale e ipotizza ben presto una forma di massima condivisione del corpo e del sangue del patrimonio ereditario da parte di milioni di spettatori. Per quanto riguarda la storia ci sono momenti che il cinema rispecchia ciò che caratterizza diverse nazioni ad esempio nei regimi totalitari, nelle guerre, e soprattutto la storia dell’olocausto, mentre in altri momenti diventa interprete delle volontà delle forze politiche dominanti. Il cinema per molti aspetti è un luogo privilegiato della memoria europea e lo schermo una sorta di pozzo, di giacimento, dentro cui la macchina da presa e l’occhio dei registi, agiscono come sonde per esplorare, riportare alla luce e dar corpo e vita al passato, riscoprire le radici della storia comune, diventare lingua comune, forma di auto identificazione privilegiata; Il cinema diventa agli occhi di molti come luogo in cui si realizzano più sogni: Dalla fratellanza universale, di una lingua comune e di un’arte comprensibile a tutti, nata dalla fusione di tutte le altre arti, è uno spazio in cui è possibile coltivare, desideri, passioni, amori e sogni. Questo lo troviamo nelle dichiarazioni di molti intellettuali. SCUOLA DI VIZIO E DI CRIMINE Il cinema nei primi anni del 900 nonostante i vari lati positivi veniva considerato uno strumento diabolico e pericoloso per i tempi nuovi. Nel 1906 la Lega della Moralità, nata del 1902, decide di combattere l’immortalità del cinema. In Francia nel 1921 Salabert riassumerà così i danni provocati dal cinema: Ispiratore del Crimine, propagatore di cattivi costumi, pericoloso anche per la fede, il cinema mette ancora in pericolo la salute dell’anima. Paulain affermò: Addosso al cinema scuola del vizio e del crimine! Il cinema è appena nato e già viene accusato da più parti di corrompere l’infanzia e l’adolescenza. Il cinema viene definito l’assassino del teatro, gli accusatori più accaniti sono gli scienziati di stampo positivistico, i criminologi, gli psicologi, i giuristi ecc, dicendo che il cinema distrugge la fantasia. Alle spinte distruttive di questa forma d’arte, si contrappongono azioni positive, che mirano a fare del cinema al più presto uno strumento didattico indispensabile per il popolo e la sua cultura; lo stato italiano stanzia fondi per i cinematografi italiani. LUX, ASTRA, EDEN: LE MILLE LUCI DEI PARADISI DEI POVERI Nonostante la grande ascesa il cinema è costellato di ostacoli. Mezzo milione di persone di ogni età e classe era attratto dalle sale. Tra i primi cinema ricordiamo: L’ASTRA, L’EXCELSIOR, L’EDEN, LUX, SPLENDOR. I nomi delle sale inizialmente sono molto simili e sembrano dipendere da una comune aspirazione, cioè di entrare a fare parte di un mondo omogeneo. Per un breve periodo le sale prendono il nome dei Lumiere o assumono altri nomi che conducono il loro punto di riferimento nella cultura francese. I cinema diventano veri e propri habitat e luoghi di culto per milioni di persone, frequentati da tutte le classi sociali, si dimenticano il senso della loro individualità. CINEMA ARTE TOTALE Nel 1908 in Italia sul “NUOVO GIORNALE” di Firenze, Ricciotto Canudo scrive una sorta di manifesto in cui il cinema si presenta come sintesi di tutte le arti, il cinema appare come l’arte suprema. Tre anni dopo in un articolo di una rivista francese Canudo annuncia che il cinema si rinnova giorno per giorno e diventa sempre più potente. Solo alla fine della prima guerra mondiale, nel 1919 Canudo attribuirà al cinema la qualifica di Settima Arte e poco prima di morire nel 1921 cercherà di abbozzare i primi elementi di un’Estetica del cinema. Negli anni che precedono la guerra mondiale si comincia a parlare e pensare al cinema come all’arte di tutte le arti, alla lingua universale e la si osserva profeticamente nei suoi possibili sviluppi futuri. Grazie alla teoria e alle poetiche delle avanguardie, dal manifesto futurista in poi si afferma la fiducia nella convertibilità di tutte le scritture e nella possibilità de cinema di proporsi come la forma d’espressione più libera da ogni regola e condizionamento. Lo schermo diventa il trasfert di un desiderio collettivo di interi gruppi di artisti, intellettuali, che intendono con le loro opere, creare un corrispettivo dei ritmi e dei tempi della modernità. Dai futuristi ai costruttivisti e surrealisti i discorsi sul cinema e sulle sue potenzialità paiono riconoscere nel film la risposta alla lunga ricerca sull’opera d’arte totale e inoltre il potere di fondere e produrre sinteticamente e in misura superiore a qualsiasi altra espressione artistica, sensazione che coinvolgo i 4 sensi. LA GRANDE MIGRAZIONE Nel giro di poco tempo si assiste alla grande migrazione degli autori e degli intellettuali, che tentano di giustificare in termini di poetica e di ragioni estetiche la loro opinione a favore di quella che viene presto promossa a nuova arte. Nel marzo 1908 Pierre Dourcelle e Gughenheim fondano la Societe Cinematographiques des Auteurs et Gens de Lettre nel quale si riconosceva che vi sarebbe stato un interesse della collettività degli autori e per gli autori stessi a centralizzare nelle la produzione teatrale tratta dagli autori drammatici e dai romanzieri francesi o stranieri, al fine di rappresentare delle scene cinematografiche. Se per il teatro si guarda a Shakespeare, per il cinema si guarda D’Annunzio, Pirandello, Kafka. Proprio nel momento in cui il cinema punta a conquistare le città, letteratura e teatro diventano i mezzi privilegiati per la produzione dei pubblici borghesi, per una politica produttiva che guardi ad un mercato internazionale; il cinema americano si libererà presto della componente letteraria teatrale a differenza del cinema europeo che costituiranno una sorta di peso morto. cinema come linguaggio, vuol dire restituire allo sguardo la pienezza dei suoi poteri, fargli riscoprire la sua totalità, e di fissare nuovi orizzonti all’altezza di un nuovo spettatore. Il Neorealismo definisce le coordinate del cinema dalle fondamenta, riformulando le sue caratteristiche principali, e offrendo a tutti nuove caratteristiche riguardanti la narrazione e la rappresentazione. Il Neorealismo ha mosso i primi passi e ha già dato il via a nuove coordinate, inventando una nuova tradizione e dando vita ad un nuovo cinema europeo. Tutto questo verrà successivamente adottato da tutto il cinema del mondo. CARATTERI DEL CINEMA EUROPEO (pp. 51-72) L’EUROPA, UN CONTINENTE PRIVILEGIATO Il cinema nasce simultaneamente sulle due rive rispettive dell’Atlantico, i rispettivi meriti degli americani e degli europei sono diversi. I primi sono i creatori del materiale cinematografico, ma sono gli europei a trasformare un’innovazione tecnica in un divertimento popolare. Durante i primi decenni della sua storia, il cinema è un’attività totalmente internazionale, con due grandi poli di produzione, l’Europa e l’America. Gli ultimi anni dell’Ottocento e i primi del Novecento sono un periodo di straordinaria creatività, chiamato “era del modernismo” perché segna una rottura definitiva con il vecchio mondo prevalentemente contadino. Il cinema attraversa le metropoli europee e americane, evidenzia i nuovi protagonisti sociali, il capitalista, l’emigrante, l’operaio, l’emarginato, che sostituiscono il nobile, il contadino, il brigante. Alla fine dell’ottocento, che non è stato un secolo di grandi guerre, in Europa il cinema contribuisce a creare un’illusione di evoluzione armonica, diventa il simbolo della mobilità, della velocità e fornisce metafore per esprimere cose e impressioni nuove ed inoltre partecipa agli scambi industriali caratteristici dei primi quindici anni del Novecento. In questi anni, i film europei o americani sono venduti in tutti i mercati mondiali; quello che la gente comincia a chiamare linguaggio cinematografico, sembra essere un’espressione universale. Nel 1995 il commercio cinematografico mondiale è controllato dai produttori statunitensi. Gli Stati Uniti puntano al mercato europeo: il 60% dei guadagni del Re Leone provengono da paesi stranieri. Il cinema europeo nonostante il grande sviluppo di quello americano, crea ancora più film degli Stati Uniti, riprendono anche Svizzera, Austria e Portogallo, che avevano smesso negli anni sessanta. Lo sviluppo del cinema europeo è molto complesso, il periodo iniziale (1914-1945), viene interrotto dalla guerra. L’epoca che la segue è caratterizzata dal nazionalismo, le dittature che colpiscono l’Europa si chiudono nell’autarchia mentre le democrazie a causa della crisi economica, si ripiegano su sè stesse, tutti i paesi bandiscono i prodotti stranieri e sopravvalutano le produzioni locali. L’arrivo del sonoro, che rende difficile l’esportazione, rafforza l’isolazionismo. Le varie cinematografie mettono in risalto caratteri distintivi, rendono i loro prodotti incomprensibili ad un pubblico straniero. Nasce così il cinema nazionale. Il protezionismo porta duri attacchi contro le influenze culturali estere. Il cinema americano non domina ancora il mercato, viene rappresentato come una minaccia mortale, quindi i parlamentari europei denunciano l’azione distruttiva delle pellicole straniere. IL CINEMA ARTE POPOLARE Dai primi momenti dello spettacolo filmico fino agli anni sessanta, il cinema è immensamente apprezzato e amato dagli europei, non da tutti però (Madrid -> chiudono varie sale cinematografiche perché non hanno un pubblico sufficiente). I commenti della stampa contribuiscono ad attirare l’attenzione del pubblico. All’inizio degli anni 20 esiste già un pubblico che frequenta regolarmente il cinema. Dopo la prima guerra mondiale, fino al 1960, si definiscono gli anni d’oro della settima arte. L’arrivo del sonoro nel 1927, rinforza l’affermazione del pubblico e induce ad aprire le cattedrali del cinema, sale gigantesche presenti anche nelle piccole città. Il confronto tra Francia e Inghilterra rivela due tipi di omogeneizzazione culturale attraverso l’uso del cinema: mettersi insieme per andare alla proiezione e possibilità di scambiarsi opinioni che crea un legame tra gli spettatori. La frequenza è altissima soprattutto fra i più giovani. In Francia-> distinzione tra due cinema: il cinema popolare situato nei piccoli paesi dove vengono messi in scena i film meno recenti, mentre nelle città vengono messi in scena film definiti più seri quindi preferiti alla borghesia. Questa differenza però non la troviamo oltre la manica, perché in Inghilterra la distinzione non esiste, questo permette quindi di scambiare opinioni diverse sui film creando un legame tra gli spettatori. Gli inglesi erano appassionati di cinema. PRATICHE E COSTUMI NAZIONALI Il modo di vedere un film, la frequenza e l’apprezzare le pellicole, varia da paese a paese in quanto la cultura non è una variabile indipendente, ma strettamente legata a fattori politici e sociali della nazione. Il cinema in Inghilterra -> passatempo preferito e luogo di alta socializzazione. Esso perde il suo fascino verso la fine degli anni cinquanta, perché con la liberazione dei costumi il successo di nuovi tipi di musica e l’apertura dei club il cinema viene abbandonato. In Gran Bretagna la politica non interferisce sul cinema mentre in Russia si. Russia -> solo dopo la morte di Stalin si potrà mostrare un sistema economico mal funzionante e il fatto che i soldati non siano eroi. Il cinema diventa l’unico mezzo di comunicazione un po’ critico. Il pubblico in Russia cresce. In Francia -> passione più letteraria e teorica che visiva. Il cinema è oggetto di discorso, si vuole essere informati sui registi e divi e si discute di film senza vederli. In Italia -> il cinema è da molto tempo un divertimento popolare (apprezzato da tutti i ceti) anche perché costa poco. In Germania -> andare al cinema è considerato un passatempo minore, pressoché volgare, molto inferiore al teatro, tutte le classi sociali che si recano al cinema hanno disprezzo nei confronti di esso, in Germania il cinema è stato sostituito dalla televisione velocemente. I gusti del pubblico influiscono molto sulle trame dei racconti e sul modo di raccontarli. Per questo era molto difficile realizzare film “continentali” (nonostante i tentativi di Italia e Francia) in quanto non potevano essere compresi da tutto il pubblico europeo avendo diverse necessità. HOLLYWOOD E L’EUROPA Nonostante queste differenze, c’è un tipo di film che piace a tutti cioè quello americano. Dire che il declino cinematografico europeo sia dovuto al conflitto è troppo riduttivo. La conquista degli schermi da parte dell’America è la conseguenza di 4 fattori: 1. SISTEMA DI PRODUZIONE RAZIONALE 2. VISIONE COMMERCIALE MOLTO AMPIA 3. ADATTAMENTO ALLA DOMANDA 4. APPOGGIO SENZA RISERVE DEI PUBBLICI POTERI La produzione dei film, negli Stati Uniti è sempre stata un business serio, come le automobili e gli aerei. Esiste una tappa essenziale e spesso ignota che compiono i film cioè quella della distribuzione. I Distributori si informano, osservano l’evoluzione della moda, discutono con i gestori, vedono in quali settori e sale l’opera, sarà accolta in modo positivo. I distributori sono il perno dell’industria cinematografica. I distributori si rendono conto che le strutture commerciali europee sono poco efficaci. Si piazzano, quindi, sul continente lasciando la gestione agli europei, ma impossessandosi del noleggio. Nei primi anni ‘30 sette Majors hanno i loro studi, il loro circuito distributivo e di sale di proiezione. Però nel 1948, la Corte suprema condanna i monopoli in materia di cinema e sono costrette a rinunciare alla gestione delle sale prendendosi l’incarico di occuparsi della distribuzione interna e quella estera. Alla fine del 900 i cinque principali distributori sono tutti Statunitensi, distribuiscono il 70% dei programmi cinematografici nel Regno Unito, definiti film fatti bene e spesso spettacolari, e il 50% in Germania, Italia e Spagna. I produttori europei, allora, chiedono ai rispettivi governi di applicare dei dazi sulle pellicole americane, ma gli esercenti hanno bisogno dei prodotti hollywoodiani reclamati dal pubblico. Nasce nel 1930 il Codice Hays, che imponeva a Hollywood un autocontrollo assai rigido e ogni parte sessuale veniva censurata, in pochi anni il codice va in disuso e Hollywood può riprendere a girare liberamente. Con la crisi del 1929 e l’inflazione che minaccia il valore della moneta, molto paesi limitano l’importazione di pellicole. Nel 1937 -> Giappone si impadronisce dell’Estremo Oriente e la Germania dell’Italia -> Hollywood perde 2/3 dei mercati esteri. Nel 1945 le nazioni Europee non vogliono spendere i loro soldi all’acquisto di film, quindi limitano le importazioni. Negli anni sessanta Hollywood deve affrontare una diminuzione dello sviluppo cinematografico, i distributori aprono quindi il loro mercato all’Europa. I cineasti statunitensi hanno l’appoggio di Washington e quando un governo europeo chiede un finanziamento in dollari, deve includere nel prestito un numero rilevante di prodotti hollywoodiani. Es. Madrid, vengono girati velocemente film scadenti in modo da comprare film americani i cui incassi compensano la spesa iniziale. UNA RESISTENZA FALLITA Gli Europei usarono 3 forme di resistenza contro i film statunitensi: - Creazione di unità di produzione industriale - Tentativi per federare gli studi del continente - Diversificazione dei prodotti nazionali I primi grandi produttori europei di film sono abituati a girare velocemente e a rivendere piccoli film immediatamente. Dal 1911 cominciano a creare pellicole di lungometraggio ma non sono capaci di gestirne la distribuzione. Il loro rapidissimo incremento di consumo incita le banche a investire nel cinema e le case di produzione si moltiplicano. Paradossalmente l’unico governo che tenta di promuovete un’azienda integrata è quello Tedesco -> vuole resistere alla pressione americana e vuole avere uno strumento di propaganda efficace. Nel 1917 viene fondata l’UFA e venduta a un consorzio privato, proprietario di un circuito di sale. Inizialmente, l’UFA promuove una serie di esperienze avanzate con la produzione dei famosi film espressionisti. L’UFA, però, sul punto di fallire cambia i piani di produzione e farà i film voluti dal pubblico. Confiscata dagli Alleati, sparisce dopo la guerra. AUTORI-INVENTORI E ARTISTI Parlare dei Lumiere comporta un’ambiguità di fondo: appaiono contemporaneamente come inventori del cinema e come autori dei primi film. Oltre all’invenzione del cinematografo, avviene anche l’invenzione del fonografo. Nasce con i Lumiere il catalogo, che raccoglie visioni diverse, dalle vedute vere e proprie delle scene familiari, delle brevi azioni comiche, dell’attualità, ricostruite o meno. È definito un primo abbozzo dei futuri generi cinematografici. Al catalogo delle vedute corrisponde il programma, l’esibizione in sala resa disponibile alla fruizione. Se le vedute Lumiere sono oggetti estetici, lo sono in una logica merceologica, che fa corrispondere la produzione al catalogo e la fruizione al programma. Siamo in presenza di un’estetica commerciale in cui più che di autore si parla di istanza produttrice che coincide con il cinematografo. La veduta come elemento integrato in un catalogo o programma caratterizza le origini del film, in cui si costituiscono le case di produzione che nei primi anni ’10 erano viste come elemento autoriale. I Lumiere, estranei all’idea di un cinema come arte o come forma espressiva, più che autori sono i primi fautori di un’estetica della produzione. A differenza loro, Melies si considera un artista (controllo della produzione, esibitore dei suoi filmati, messa in scena). Il suo cinema è infatti uno tra i più riconoscibili sia per ricorrenze stilistiche sia per le costanti tematiche e iconografie. Più che autore, forse sarebbe più appropriato definirlo artigiano, egli intende il suo essere artista come la capacità di possedere e dominare un’arte (Il cinema). In questo cinema (di cui i riferimenti sono i Lumiere e Melies) l’autore non ha necessità né ragione d’essere, è estraneo alla sua organizzazione estetica e produttiva. AUTORE, OPERA E LETTERATI 1908 -> la questione del film come opera trova riscontro nella pratica dell’adattamento di testi letterali e teatrali noti al grande pubblico. Compare così il nome dell’autore nei manifesti/materiale pubblicitario che corrisponde all’autore del testo adattato. Importanti autori come ZOLA, HUGO, DUMAS fanno la loro comparsa sulle locandine cinematografiche, intanto i cinema stanno diventando luoghi di spettacolo rispettabili e dotati di un certo lusso. Questo processo serve ad offrire una patente di dignità culturale al cinema e ad ampliare il pubblico. Il film comincia a essere fruito come opera autonoma: non si va più a vedere il cinematografo, ma l’opera. Nel 1916 -> pubblicazione del manifesto cinematografico futurista, che darà un contributo fondamentale alla legittimazione del regista come autore. Pirandello ritiene che il cinema sia uno strumento di asservimento dell’uomo alla macchina, di automazione e meccanizzazione del processo creativo a spingersi più lontano. L’avanguardia francese, quindi, si troverà a far convivere l’oggettività meccanica sottolineata dai futuristi, con il soggettivismo necessario a ogni pratica autoriale sottolineato da Pirandello. LA PRIMA AVANGUARDIA: AFFERMAZIONE DI UN AUTORE “IMPERFETTO” Francia, anni ’20 -> se da un lato si arriva a una completa definizione di autore, è proprio l’autore a subire una sorta di “virtualizzazione” in un progetto in cui il fine ultimo va oltre la legittimazione artistica del cinema. Emerge la volontà, comune a tutti coloro che fanno parte della prima avanguardia di cambiare il cinema e liberarlo. Il fatto stesso di imporsi contro il cinema corrente come avanguardia, sembra implicare una posizione autoriale. D’altro canto, però, la volontà porta a valorizzare un cinema di non-fiction in cui sembra non ci sia posto per l’autore. L’autore, quindi, non è un soggetto di stato che sussume in sé l’intera opera, ma è un agente che tenta di liberare il cinema, di realizzarne le potenzialità. Epstein -> “Il cinema è una lingua, dà vita a tutti gli oggetti che designa”. La questione della lingua è importante per affrontare il problema dell’autore: perché ci sia un autore, bisogna che questo possa usufruire di un linguaggio. La lingua-cinema è diversa dal linguaggio cinematografico, non è un insieme di codici, un sistema significante, ma un sistema significativo, il cinema parla per sé, ha una sua propria intelligenza del mondo. Essa non si piega alla necessità dell’autore. Fare cinema è in qualche modo una deroga alla propria capacità di parlare, l’autore deve accettare di annullarsi. IL PASSAGGIO DAL MUTO AL SONORO IN EUROPA (pp. 395-427) L’AVVENTO DEL SONORO NELLA STORIA DEL CINEMA Fenomeno per lungo tempo trascurato dagli studi sul cinema, nonostante le sue straordinarie caratteristiche storiografiche, l’avvento del sonoro è divenuto oggetto di una lunga serie di lavori specifici. Alcuni studi hanno considerato principalmente l’impatto economico che questo fattore ha avuto, mentre altre si sono interessati alla sua dimensione tecnologica, oppure all’impatto culturale che ce stato dal muto al sonoro. Molte caratteristiche del muto permangono anche nel cinema sonoro. Quindi, più che sonoro e muto, si tratta di opporre, nell’uno e nell’altro famiglie di stili diverse. Andrè Bazin distingue due famiglie di cineasti: • Cineasti che credono nell’immagine, secondo loro l’avvento del sonoro è un fattore negativo che distoglie l’attenzione sulle inquadrature e sul montaggio. • Cineasti che credono nella realtà, loro attendevano l’introduzione del sonoro come un fattore naturale. I film con l’introduzione del sonoro vengono lo stesso realizzati da registi, operatori e montatori, si tratta quindi di un miglioramento del cinema e non di un fattore negativo. David Bordwell -> il cinema sonoro non si presenta come un’alternativa al cinema muto in quanto la tecnologia del suono è resa conforme alle esigenze del cinema muto. Queste posizioni però, sono troppo riduttive in quanto non tengono conto delle differenze tra le due modalità di espressione. Noel Burch -> il cinema sonoro contribuisce a fondare un processo diegetico più completo e qualitativamente diverso da quello che il cinema muto aveva conosciuto. I SISTEMI DI SINCRONIZZAZIONE Consistono nell’associare le immagini cinematografiche con dei suoni registrati. Ci sono due tipi di sincronizzazione: 1. da una parte troviamo la sincronizzazione del film con una colonna sonoro incisa su un disco e diffusa poi nella sala mediante un fonografo collegato al proiettore. 2. dall’altra c’è il tentativo molto ambizioso di impressionare il suono sullo stesso supporto dell’immagine. Si voleva applicare il suono direttamente sulla pellicola, sotto forma di una traccia a lato delle immagini che poi veniva codificata all’interno del proiettore. Sperimentato da Edison nel 1889, il sistema fonografico fu sfruttato commercialmente tra il 1904 e il 1912. Invece, il sistema fotografico grazie al quale il suono è impressionato sulla pellicola sotto forma di una traccia grafica a lato dell’immagine, riconvertita poi in onde sonore da una cellula fotoelettrica del proiettore, non troverà applicazione commerciale fino alla fine degli anni ’20. Il sistema su pellicola finì per avere la meglio. Pian piano vennero brevettati metodi affini autonomamente. Quello brevettato nel 1918 da tre ingegneri tedeschi fu acquistato prima dall’UFA e poi dalla TOBIS che voleva assumere il controllo sui brevetti del cinema europeo e per questo si associò alla Klangfilm. Questo la portò in conflitto con le società americane. La situazione si risolse nel 1930: • America -> controllo su Canada, Australia, India, Unione Sovietica. • TOBIS-Klangfilm -> Germania, Scandinavia. • Negli altri paesi restava la libera concorrenza. LA TRANSIZIONE PAESE PER PAESE Nello stesso prodotto vi era un carattere primitivo (limitazioni tecnologiche delle prime apparecchiature sonore e le incertezze di un linguaggio in formazione) e sperimentale (figure audiovisive sperimentate per la prima volta). America -> il sonoro entra in scena nel 1926-1929 Germania -> nel 1929-1931 Gran Bretagna -> nel 1929-1931 Italia -> nel 1930 Unione Sovietica -> nel 1931 LIMITAZIONI TECNOLOGICHE DELLE PRIME PRODUZIONI SONORE 1. Le cineprese dell’epoca erano concepite in funzione del cinema muto, erano molto rumorose e quindi il ronzio che producevano rischiava di essere captato nei microfoni presenti sui set. Per risolvere il problema si rinchiuse l’apparecchio insieme all’operatore che lo utilizzava all’interno di una pesante cabina insonorizzata, dalla quale, attraverso una finestra ricoperta da una spessa lastra, si poteva registrare la scena (impossibile realizzare movimenti di macchina complessi e spostare la cinepresa per inquadrature da divere angolazioni). Per risolvere questo problema, si riprendeva la scena parlata impiegando simultaneamente due o più macchine da presa situate in posizioni diverse, in modo da variare le angolazioni durante il montaggio. Nel corso degli anni ‘30 si costruirono macchine da presa molto più silenziose e si iniziò ad utilizzare microfoni direzionali in grado di selezionare gli ambienti e i suoni desiderati, cosicché la macchina da presa come nei tempi del film muto possa riacquistare la mobilità. 2. Non era possibile registrare sulla stessa colonna sonora, non solo in senso lineare ma anche sul piano della simultaneità, parole/rumori/musiche registrate in luoghi/momenti diversi. Per questo si dovevano produrre i suoni simultaneamente alle scene riprese. Conseguenze: scompaiono le musiche extradiegetiche nella maggior parte dei film parlati, montaggio brusco senza dissolvenze della musica. MODELLI DI FILM SONORO Ci sono tre tipi di prodotti che caratterizzano l’Europa e l’America tra il 1929 e il 1931: 1. film girati interamente muti e sincronizzati in un secondo tempo con musica di accompagnamento ed effetti sonori registrati separatamente. 2. film parzialmente parlati: alternanza tra sequenze mute in cui le battute dei personaggi sono riportate tramite didascalie e sequenze pienamente sonore. 3. film interamente parlati IL BRUSIO DELLE LINGUE: PLURILINGUISMO, VERSIONI MULTIPLE E DOPPIAGGIO Uno dei problemi più gravi dell’industria cinematografica è quello delle differenze linguistiche, che restringevano la circolazione dei film alle sale del paese di produzione. Soprattutto le Majors hollywoodiane non volevano rinunciare a distribuire i propri prodotti in paesi non anglofoni. La soluzione più semplice ed economica, ma meno soddisfacente era quel del plurilinguismo: si comprendevano dialoghi in due lingue in modo da rendere la vicenda comprensibile anche se parzialmente. Un’altra soluzione erano le versioni multiple: si registravano versioni diverse con attori di lingue diverse di uno stesso film. Questo fenomeno si sviluppò nel periodo dal 1929 al 1931, i primi esperimenti vengono fatti dalle Majors americane di Hollywood, spesso a fianco del regista compariva un secondo regista che dirigeva gli attori della sua lingua e nazionalità. Anche in Europa si sviluppò questo fenomeno. Soltanto le resistenze delle industrie cinematografiche nei confronti del doppiaggio, dovute a una sopravvalutazione estetica del suono diretto, possono spiegare la fortuna effimera di un procedimento così complessi e dispendioso. Il doppiaggio, anche se già testato a partite dal 1929 da Hollywood, prende piede nel 1932. l’ideazione di apparecchiature più leggere sia per la ripresa che per il suono. È poi la dimensione domestica a interagire con il cinema, che si fa più introspettivo e analitico, più quotidiano e antieroico. TECNICA E STILE In passato il film viene previsto sulla carta e il regista, specie all’interno dello studiosystem, deve attenersi alla sceneggiatura. Le NV mettono in discussione questo aspetto e rivendicano il concetto di autore. Ciò che è scritto può subire notevoli modifiche al momento delle riprese, l’improvvisazione sul set ridiventa possibile. La sceneggiatura può essere solo un abbozzo o un’ipotesi, la fase di ripresa diventa l’autentico momento creativo. Produrre un film significa adattare il sistema di produzione alle esigenze specifiche del singolo progetto (regista-autore produttore di sé stesso, o produttore che non lo intralci). Nei paesi dell’Est il rapporto regista-produttore è problematico. In campo tecnico si assiste negli anni 60 a evoluzioni che rendono nel loro insieme più semplice ed economico il modo di girare: vengono introdotte pellicole più sensibili, ai classici e pesanti proiettori si affiancano lampade più leggere e mobili, usate per diffondere la luce sul set, in modo da consentire alla macchina da presa una maggiore agilità, senza dover ridisporre il parco-lampade per ogni nuova inquadratura. Abbiamo inoltre l’introduzione di nuove macchine da presa e di nuovi apparecchi per la registrazione del suono (i primi sono americani e canadesi). Altre modifiche importanti sono l’uso di lenti per lo zoom, i microfoni direzionali “a collare” molto sensibili. Il set viene quindi addomesticato. Il movimento di macchina acquista espressività. Anche nel montaggio si hanno progressi tecnici: lo stacco tra inquadratura e inquadratura non è più necessariamente morbido e invisibile, aumentano gli stacchi bruschi e discontinui che rendono vivace il ritmo del film, diminuiscono notevolmente le transizioni affidate a dissolvenze in nero. L’ATTORE Il personaggio è sottratto alla funzione di protagonista, partecipa alle vicende di cui non deve essere il centro. Non recita una parte, è parte del film. La macchina da presa registra i comportamenti e le gestualità, non indaga la psicologia. La parola non è solo dialogo ma suono, è una parola vissuta. Gli anni della NV sono in Europa e nel mondo anni di ripensamento globale del cinema, tutto diventa degno di essere filmato. Ciò che distingue la NV non è un determinato stile, ma la molteplicità degli stili che la caratterizzano e la loro confusione. Dopo gli anni 60 l’industria torna a proclamare la spettacolarità del cinema, Hollywood ripropone la soggezione dello spettatore allo schermo. LA COLLABORAZIONE INTERNAZIONALE NEL CINEMA EUROPEO (pp. 1013-1048) LA COLLABORAZIONE INTERNAZIONALE AL TEMPO DEL MUTO Il cinema si impone subito come un linguaggio internazionale e interclassista, capace di superare ogni barriera e di farsi comprendere da tutti. L’immagine in movimento non ha bisogno della parola per farsi capire e apprezzare. Il cinema comincia ad attirare masse sempre più vaste, trovando clienti soprattutto nella popolazione analfabeta che era esclusa da teatro e letteratura. Con il progredire della tecnologia, viene introdotto e si impone l’uso della didascalia per spiegare i passaggi dell’azione. Vengono ben presto messe a punto dalle società di produzione, pratiche sistematiche di traduzione delle didascalie per le edizioni dei film destinati ai mercati esteri. La realizzazione di film in collaborazione tra società e cineasti appartenenti a paesi differenti, suggerisce una serie di considerazioni che riguardano l’economia, la cultura e l’estetica. - ECONOMIA: la collaborazione internazionale consente ai produttori di trovare risorse per coprire le spese dei film. - CULTURA E ARTE: chiamano in causa i problemi della riconoscibilità, dell’identità culturale di un paese, di una cinematografia, di un film: dato e non concesso che essa esista. IL CONSORZIO PATHE’ E I SUOI EPIGONI Nei primi anni del ‘900, la società francese Pathè Frères domina e controlla i principali mercati, con una grande quantità di film, di buona e a volte ottima qualità. Il produttore francese Charles Pathè voleva imporre il sistema del noleggio, però per monopolizzare il rifornimento di film serve alimentare tutti i generi. Così decide di creare in Francia e all’estero delle società di produzione da lui controllate, specializzate in generi particolari, che egli distribuisce in tutto il mondo. Nel 1909 ha successo in Italia e in Russia, in Italia esplora e indica strade preziose ai nostri realizzatori (aiuta la nascita della Film d’Arte italiana). Fino al 1912 alla Pathè Freres fa capo un Consorzio multinazionale con ramificazioni in tutto il mondo. In Europa la nascita di queste società francesi, si rivela molto positiva e feconda, il pubblico si mostra favorevole e li gradisce, si gettano così le basi di una produzione europea. Lo sviluppo delle altre cinematografie dipende però dai freni che i vari paesi riescono a mettere all’espansionismo delle società francesi. UN CINEMA SENZA FRONTIERE Dopo il tramonto dell’impero Pathè e dopo lo scoppio della prima Guerra Mondiale, questo tipo di collaborazioni sono sempre più rare, le cinematografie che nascono in ogni paese cercano di farsi largo nel mercato nazionale ed internazionale in modo autonomo a spese delle altre. Soprattutto nel periodo del muto, i produttori cinematografici fanno contratti di esclusiva ai loro collaboratori tali da essere a solo loro disposizione assicurandosi così la produttività unica del loro film. Con l’arrivo del lungometraggio questi collaboratori sono conosciuti anche dal pubblico e questo renderà il loro lavoro ancora più unico e le società sfrutteranno questo per procurarsi il pubblico per il film. Succede però che l’attore passi da una società all’altra in base all’offerta migliore. Si diffonde il pendolarismo che consiste nello spostamento, da parte dell’attore, da una società all’altra. A livello internazionale sono visibili flussi migratori di cineasti che passano da un paese all’altro provocando un continuo scambio di tradizioni e culture. Negli anni ‘20 la pressione dello stato sul cinema diminuisce, perché il loro interesse ora è ricavare delle consistenti entrate fiscali dalla vendita dei biglietti nelle sale. I flussi migratori continuano normalmente soprattutto verso Germania e Hollywood. LA RIVOLUZIONE DEL SONORO L’avvento del sonoro alla fine degli anni ‘20, segna la fine e l’inizio di una nuova epoca nel cinema. Innanzitutto lo star system va in crisi: gli attori del tempo devono ora dimostrare di essere capaci di esprimersi ed avere una voce in grado da soddisfare le esigenze del cinema. Allo stesso tempo, il parlato pone degli ostacoli per quanto riguarda la circolazione internazionale del film e comporta l’aumento di investimenti finanziari necessari per la realizzazione. Al posto della traduzione delle didascalie si sostituiscono complicate procedure, prima per la sincronizzazione con le immagini proiettate di dialoghi, musiche e suoni di accompagnamento incisi sui dischi, poi per la messa a punto della colonna sonora ottica registrata sulla pellicola: la “guerra dei brevetti” si protrarrà per anni. La voce degli attori rende più evidente l’impronta “nazionale” collegando più strettamente ogni film al paese d’origine, ma dall’altra parte accentua la distanza dai popoli che parlano altre lingue. Con la rivoluzione del sonoro e la situazione di crisi e trasformazione che ne comporta, negli anni 30 i governi di quasi tutti i paesi si impegnano ancora più massicciamente nel settore cinematografico, potenziando gli enti di stato già attivati, creandone di nuovi e studiando nuove misure legislative di sostegno della produzione nazionale. L’impegno dello stato è più accentuato in Italia e Germania. LE VERSIONI MULTIPLE Prima che il sonoro diventi normale nelle sale in Europa si fanno circolare ancora film muti o con delle aggiunte di piccoli dialoghi. La produzione sonora dei primi anni cerca di aggirare il problema con l’incremento dei generi e sottogeneri non richiedendo abbondanza di dialoghi (es Commedia musicale o film coreografico). In attesa che si perfezioni il doppiaggio, nonostante le resistenze di molti industriali, negli anni ’30 viene avviato un sistema complicato di lavorazione che deve garantire la distribuzione di film in diverse lingue: lo stesso film viene girato in lingue diverse con attori diversi, le varie versioni vengono girate scena per scena, ripetendo l’inquadratura tante volte, quante sono le lingue richieste. Secondo questa procedura si arrivava a realizzare prodotti molto diversi tra loro e capitava che dopo qualche anno venissero fatti anche remake che hanno poco a che fare con la versione precedente. Di fronte a questa confusione la nozione di “originale” e di “nazionalità” rischiano di annegare in un mare di prodotti anonimi e mediocri. Entra, così, nella mente dei produttori di nazionalità diversa di unire le forze e realizzare una stessa opera, questo si presenta una vera e propria necessità per assicurare ai film un mercato ampio e una maggiore produttività. In Italia si sta riprendendo faticosamente il cammino interrotto dalla lunga crisi degli anni 20, grazie anche al sostegno del protezionismo dello stato fascista. Il punto di partenza per la sua rinascita coincide con l’uscita del primo film sonoro “La canzone dell’amore”, girato a Roma in tre diverse versioni. In Francia dove la cinematografia è tra le più forti in Europa, si ha un rapporto preferenziale con la Germania, i film girati in doppia versione Tedesca e Francese sono almeno 120. Si diffonde la moda del Remake cioè del rifacimento di film già girati e distribuiti. LE COPRODUZIONI NEL SECONDO DOPOGUERRA È soprattutto nel dopoguerra (’46-’47) che i governi europei sentono la necessità di una collaborazione tra società, per varie motivazioni: la volontà di ricostruire il settore, nei paesi sconvolti dagli eventi bellici, anche il settore cinematografico, l’esigenza di creare un fronte comune contro la nuova ondata di film Hollywoodiani, che dopo qualche anno di assenza tornano ad invadere le sale europee. Il protezionismo nei confronti dei film nazionali si rafforza in tutti i paesi europei. I governi prevedono che i film coprodotti siano considerati nazionali nei paesi che hanno collaborato. Si può dire che il film coprodotto ha una sua originale individualità: in tutti i paesi viene distribuito lo stesso film, con gli stessi interpreti e le stesse immagini, cambia solo il parlato, spesso rimangono i dialoghi originali e lo spettatore deve leggere i sottotitoli. I film inizialmente vengono coprodotti da 2 nazioni, e la partecipazione monetaria per un paese può essere maggiore, minore o uguale all’altro paese. Per comodità, il titolo originale di un film coprodotto è quello formulato nella lingua del paese che risulta maggioritario; nel caso in cui ci sia una partecipazione paritaria, il film riporterà entrambi i titoli. L’idea di collaborazione prende vita soprattutto in Italia e in Francia, dove i produttori e i distributori si sono rimessi al lavoro, sollecitando la classe politica a interventi per la ripresa cinematografica. I cineasti Italiani che si schierarono contro l’impero Pathè passano in secondo piano, difronte alla comune necessità di far fronte alla potenza del cinema Nord Americano. L’idea della coproduzione non è altro che una trovata commerciale volta a favorire gli affari e ad allargare l’ambito di circolazione dei film. L’Italia per il pubblico internazionale ha dalla sua parte un grande successo del nuovo modo di fare cinema che fa scuola in tutto il mondo e che si chiama Neorealismo, ma anche grandi ai luoghi archeologici e naturali che sono ingredienti per una sicura presa sul pubblico più ampio. Mentre in Francia si ha una tradizione cinematografica molto più solida. Nel 1957 l’Italia avrà rapporti di coproduzione con Francia, Spagna, Repubblica federale tedesca, Austria e Argentina, mentre le ditte francesi anche con alcuni paesi dell’Est. Non rientrano invece nel regime della coproduzione le collaborazioni tra cinema italiano e americano. GLI AMERICANI IN ITALIA Dopo la guerra torna l’invasione dei film hollywoodiani in Europa (i paesi europei reagiranno con le coproduzioni). Nel 1946 le Majors Hollywoodiane riaprono le loro agenzie a Roma e lo stato italiano vara norme di difesa per la tutela e lo sviluppo della produzione nazionale, prevedendo la programmazione obbligatoria dei film italiani, la tassa di doppiaggio e la tassa d’importazione. Una delle norme stabilisce i proventi derivanti dalla distribuzione di film americani in Italia, debbano restare in “conti speciali”, fruttiferi a un tasso molto basso e che soltanto il 5% annuo possa essere trasferito all’estero. Con la guerra fredda, vengono trovate soluzioni di compromesso che cercano di accontentare tutti. Gli accordi italo-americani comportano lo sblocco del 50% degli introiti realizzati dalle società americane in Italia, con la contropartita di facilitare l’esportazione di film italiani negli Stati Uniti e di diminuire il numero di film americani nel mercato nazionale. I maggiori vantaggi saranno raggiunti dagli USA. Nasce il mito della “Hollywood sul Tevere”: a Roma vengono prodotti numerosi kolossal americani. LE COPRODUZIONI ITALO-FRANCESI Le somiglianze tra i due paesi e la vicinanza rendono più facile l’integrazione dei cineasti di un paese nei film dell’altro e viceversa. Nel 1948 le coproduzioni servono soprattutto per finanziare film a grosso budget di carattere storico-avventuroso e sono soprattutto maggioritarie francesi. Oltre a diminuire i rischi d’impresa consente ai cineasti di farsi conoscere. L’epoca dell’oro della coproduzione italo-francese è la prima metà IL MERCATO DEI FILM D’ARTE Le case americane provano avversione nei confronti dei film stranieri per motivi economici: sono lungi dal ricevere un interesse pari a quello dei prodotti nazionali. In America i film stranieri sono di tre tipi: 1. quelli in lingua originale che hanno come target soltanto i rispettivi gruppi etnici e che non entrano a far parte del circuito principale perché hanno caratteristiche troppo “straniere”. 2. quelli commerciali che si rivolgono agli spettatori tradizionali 3. i film d’arte rivolti ad un pubblico più sofisticato, questo si rivolge ad un pubblico più colto e dai gusti raffinati. Anche altri Studio danno vita a società affiliate per la distribuzione di film d’arte e per occuparsi della ricerca di film stranieri potenzialmente interessanti, ossia in grado di inserirsi nella corrente più redditizia del mercato. Negli anni ’60, il mercato dei film d’arte è instabile in quanto il pubblico è sempre in cerca di novità. Dibattito in America sul doppiaggio: da una parte si pensa che gli americani più raffinati non accetterebbero film stranieri con voci “americane”, dall’altra chi sostiene che sarebbe un modo per chiamare un pubblico più ampio. Questione mai risolta. Il mercato dei film d’arte crolla dopo il 1970. LE ALLEANZE FRANCESI Le leggi francesi sulle sovvenzioni all’inizio intendono far decollare la produzione: si presuppone che l’aiuto statale possa diminuire fino a ridursi a zero. Tuttavia il calo degli spettatori, a causa della diffusione della televisione e di altri tipi di spettacolo, costringe il cinema a dipendere da aiuti e assistenze. Dato che i film nazionali difficilmente recuperano i costi sul mercato nazionale, diventa indispensabile esportare e il sistema nazionale di sovvenzioni deve essere integrato con le coproduzioni che portano sollievo alle finanze dei produttori di ogni paese. Le coproduzioni portano a incrociarsi molti talenti e alcune star francesi diventarono più famose all’estero. Le Case di produzione americane corteggiano i registi che hanno un potenziale maggiore di richiamo all’estero. LE ALLEANZE ITALIANE Dopo la guerra, in Italia vengono costruite sale nuove e sono le meno colpite, in Europa, dall’avvento della televisione. L’intervento americano nella produzione italiana comincia negli anni 50 e la spinta iniziale viene dagli incassi congelati. Cinecittà, a Roma, diventa la patria di molte delle migliori produzioni italo- americane. Questo fa sperare di costruire una “Hollywood sul Tevere”, tanto che Roma diventa il principale centro di produzione d’Europa. Il governo italiano istituisce un piano di aiuti simile a quello francese e finanzia la costruzione e la modernizzazione di strutture tecniche e di produzione. I film di maggiore successo sono: “Per un pugno di dollari” “Il buono il brutto e il cattivo” “Per qualche dollaro in più” “Ultimo Tango a Parigi” “Il Padrino”. ALLEANZE INGLESI Le società americane sono in cerca di prodotti commerciali e li troveranno in Gran Bretagna, dove sfruttano lo Swinging Britain, un fenomeno creato dai media che riceve un grosso lancio pubblicitario in un servizio del 1966 di “Time”. Il panorama cinematografico inglese vive una fase di rinascimento. Gli investimenti americani sono favoriti dal fatto che i film inglesi piacciono agli americani. L’evento che accelera il flusso di capitali americani al cinema inglese è “Tom Jones” finanziato dall’United Artist che finanzierà anche la prima serie di James Bond e i Beatles. La United Artist decide di finanziare “Tom Jones” purché lo interpreti Alber Finney. Il film esordisce a New York nel 1963 al Cinema I e vince 4 Oscar. L’United Artists finanzia anche la serie di James Bond e commissiona “Tutti per uno” dei Beatles (in quel momento erano in prima posizione nella classifica inglese, ma erano sconosciuti all’estero). Nel 1966, il governo britannico afferma che Londra sta diventando il centro cinematografico del mondo. Gli Studi americani finanziano molti film in Inghilterra finché l’interesse per la swinging Britain si affievolisce e le Case americane tagliano la produzione in Gran Bretagna. Con l’eccezione di alcuni eventi internazionali, come “James Bond” e “2001: Odissea nello spazio”, nessun film inglese attira l’attenzione del pubblico americano. HOLLYWOOD SI RITIRA La crisi cinematografica che colpisce gli Stati Uniti dopo la seconda guerra mondiale aveva stimolato il sorgere delle produzioni all’estero e venticinque anni dopo una nuova recessione contribuisce ad azzerare tale pratica. La speranza di creare una seconda Hollywood sul Tamigi, svanisce, come quella sul Tevere; mentre le Majors sciolgono le consociate per i film d’arte. Inoltre diminuisce l’interesse dei film stranieri in USA e questo accelererà la ritirata di Hollywood dalle produzioni europee. A contribuire a questo fenomeno, interviene anche la crisi del mercato cinematografico del 1969 che dura tre anni. La crisi ha due cause: 1. Le Major perdono più di 200 milioni di dollari. Questa situazione ha origine nella strategia delle proporzioni enormi, che portava a investire grandi somme su materiale prevenduti, grandi schermi e nuove tecnologie. Molti Studio, accettarono di correre dei rischi e investire ingenti budget adottando la strategia del blockbuster. 2. Richiesta dei film sui network televisivi. Infatti, se inizialmente la televisione era una risorsa su cui contare per Hollywood in quanto se alcuni film non avevano successo nelle sale si arrivava in pareggio se non addirittura a un reddito grazie alla vendita alle reti televisive, ora con 7 serate su 7 a base di film gli ascolti calano. Hollywood è sull’orlo della bancarotta e le Majors cercano in tutti i modi di ridurre le spese. Hollywood chiude diversi uffici commerciali, fra cui le consociate per la distribuzione di film stranieri e unifica i servizi oltreoceano. Dalla crisi Hollywood impara 3 lezioni: - La presenza regolare al cinema si è stabilizzata per molte regioni e che gli spettatori abituali sono giovani. - Solo alcuni film (appena 10 l’anno) si accaparrano gran parte degli incassi al botteghino. - Affrontare i rischi del finanziamento di film molto costosi ricorrendo a tecniche difensive, come basarsi su seguiti e serie e adottare marketing aggressivi che sfruttano tutti i campi dell’entertainment. La nuova Hollywood è poco interessata a film non convenzionali, ma si interessa a ciò che è già stato sperimentato e producono soprattutto “in casa”. L’ETA’ DELLA GLOBALIZZAZIONE Negli anni 80, la richiesta mondiale di film aumenta ad una velocità inusuale e per sfruttare questa nuova situazione Hollywood entra nell’età della globalizzazione. Con questo fenomeno si intende che le società privilegiano le operazioni internazionali, espandendosi orizzontalmente per sfruttare i mercati emergenti in tutto il mondo, verticalmente alleandosi con produttori indipendenti per aumentare i loro listini, e associandosi con investitori stranieri per assicurarsi nuove fonti di finanziamenti. Paramount Communications e Warner Communications rispondono alla globalizzazione con una ristrutturazione per puntare poi su un campo ristretto di attività. La Warner, ad esempio, si occupa della distribuzione vendendo attività marginali che si occupano del tempo libero con giochi elettronici, cosmetici e collezionismo. Emerge, così, una società integrata orizzontalmente impegnata in 3 principali aree: - Produzione e distribuzione di film/programmi televisivi. - Musica registrata. - Editoria. La Warner acquista i sistemi distributivi di ogni linea di produzione e si rafforza maggiormente quando diventa Time Warner. Ne 1989 Hollywood è invasa dai giapponesi, ovvero dalla Sony (che acquista la Columbia) e dalla rivale Matsushita. Nel corso degli anni ’90 le società si fondono, si associano e collaborano sfruttando tutti i più importanti mercati mondiali. Le piccole aziende, sia negli USA che all’estero, sono scomparse dal mercato o si sono unite ai giganti in espansione, riprendendo uno schema più famigliare nella storia dell’industria cinematografica. IL MERCATO INTERNO I miglioramenti registrati sul mercato interno sono principalmente il risultato dell’Home Video. Negli anni ’80 è diventato il maggiore mercato complementare per i film, ma la vendita e il noleggio di video costituiscono più del doppio della cifra riguardante le sale. Ovviamente l’Home Video non uccide il cinema, ma rilancia la sala cinematografica nella catena distributiva. Le Majors riescono a trarre la fetta più grossa dei profitti del mercato dell’home video. Le Majors al posto di produrre più film, sfruttano un nuovo format: i film con “mega budget”. Questi kolossal si presentano alla pratica del noleggio a saturazione, che si può definire come il lancio di un nuovo film contemporaneamente in moltissime sale, accompagnato da una massiccia campagna pubblicitaria su scala nazionale. Questi kolossal indeboliscono le società minori nel produrre film all’altezza di essi e nel 1989 si verifica una crisi nel mercato degli indipendenti in quanto molti produttori falliscono consentendo così alle Majors di Hollywood di avere il mercato nazionale tutto per sé. IL MERCATO ESTERO La più ingente fonte di reddito è l’Home Video, seguito, poi, dalle sale cinematografiche e dalla televisione. • La distribuzione del videoregistratore nell’Europa occidentale dimostra che i consumatori preferiscono un tipo di intrattenimento più interessante e vario di quello fornito dalle trasmissioni di monopolio dello stato. Infatti, anche in Europa, i possessori di un videoregistratore non soltanto desiderano di poter scegliere il momento più adatto alle proprie esigenze per vedere un programma televisivo, ma anche di disporre di diversi tipi di programmi, in particolare americani. Tutto questo migliora la sua importanza grazie alle nuove tecniche pubblicitarie e alle sale meglio attrezzate. • Il giro d’affari dei video nell’Europa occidentale è alimentato dalla proiezione nelle sale in quanto è un mercato che nel corso degli anni migliora. L’Europa arriva a dover rendere milioni di dollari di noleggio ai distributori americani. • Per far rinascere l’abitudine di andare al cinema le Majors americane e le società europee lanciano una campagna. Traendo vantaggio dalle opportunità pubblicitarie create dalle televisioni commerciali, Hollywood piazza la propria merce come mai prima. LA RISPOSTA EUROPEA Lo sgomento di fronte alla potenza di Hollywood raggiunge l’apice nel giugno 1993 con “Jurassic Park” che occupa gli schermi di Italia, Francia e Spagna. Caduti i protezionismi, la Majors americane non vedono più l’Europa come uno sbocco commerciale, al contrario la considerano un altro investimento e si associano ai produttori televisivi europei. Le società europee decidono di adottare due strategie: - Aggredire Hollywood sul suo stesso terreno, ciò implica la realizzazione di grandi film non hollywoodiani (“L’ultimo imperatore”, coproduzione italo-cinese). Il tentativo di battere Hollywood fallisce anche a causa di budget troppo alti e di copioni non all’altezza dei progetti. - O sbloccare il mercato americano dei film d’arte, potenzialmente remunerativo e risulta la strategia più fattibile. Soltanto una società lo attua con un certo successo: la Merchant Ivory. LA POLYGRAM è la più grande casa discografica mondiale di proprietà della Philips, prepara strategie per diventare una delle maggiori Major europee e a poco a poco crea una rete di distribuzione globale al di fuori degli USA. CONCLUSIONE La Polygram è decisa a spendere milioni per produrre o acquistare ogni anno interi listini di film a grande o basso budget, ma riesce solo a far capolino ad Hollywood. Per essere in attivo una conglomerata non deve solo produrre film, ma deve affidarsi alle associate dei settori home video, cavo e televisione. Il mercato nazionale difficilmente farà spazio a un’altra major come la Polygram. Il mercato specializzato dei film “di nicchia” resta aperto ai cineasti indipendenti, anche se solitamente i principali distributori indipendenti sono di proprietà delle Majors. Oggi, gli indipendenti in America e in Europa devono inventarsi il modo per finanziare i loro film e possono sopravvivere solo producendo film che piacciono al pubblico nazionale. - Generale della Rovere, temi rimossi da un decennio, come la Liberazione e la guerra civile, tornano al centro dell’ispirazione in un momento di trasformazione e di crescita in senso democratico del paese. LE FAVOLE MORALI DI DE SICA E ZAVATTINI Anche De Sica e Zavattini danno vita ad una personalità creativa e mostrano l’animo umano fino a profondità mai raggiunte. - Nel 1946 esce “Sciusià” di De Sica. È un film che ottiene un grande successo internazionale. La guerra lo spinge a usare la fantasia. De Sica pone la macchina da presa all’altezza dei suoi personaggi e riesce a caricare di grande intensità emotiva, non tenendo l’atteggiamento equidistante di Rossellini. Al contrario De Sica voleva far sentire il proprio coinvolgimento emotivo, la propria indignazione di uomo e cittadino. - 1949 De Sica “Ladri di biciclette”, ottiene un grande successo mondiale. - 1951, “Miracolo a Milano”, l’obiettivo si sposta per la città e decide di entrare nel territorio della favola lasciando più spazio all’invenzione zavattiana. Mostra l’impossibilità dei poveri di vere una più equa distribuzione delle ricchezze. Zavattini, in particolare rivendica il potere dell’immaginazione e dell’utopia e, in questi anni in cui sul realismo gravano sempre più canoni e modelli ideologici, il suo è un esempio eccezionale in gran parte rifiutato. - 1952, “Umberto D”, De Sica e Zavattini, tornano all’esplorazione del reale e del quotidiano. Il dramma si consuma in una narrazione lineare e si basa su azioni quotidiane della comunità. Ci saranno, in seguito, altre opere in cui la coppia De Sica-Zavattini dimostreranno l’intento di muoversi nella dimensione della favola morale (es: “Ciociara” e “Giudizio universale). LE REGIE DI VISCONTI, TRA IDEOLOGIA E STORIA Rossellini, De Sica e Visconti sono stati i primi a cavalcare insieme la critica del dopoguerra, come i protagonisti di un’oleografia risorgimentale. Successivamente ognuno di loro prende strade diverse. Visconti viene osservato con più rispetto dalla critica, anche quando riesce difficile farlo entrare nei canoni delle teorie e poetiche del neorealismo e del realismo. Visconti ha la capacità di dare ai suoi protagonisti la coscienza dello sfruttamento e la forza di maturare la ribellione e di voler mutare lo stato delle cose, l’immagine è sempre piena di segni sonori. - 1951, “Bellissima”, film in cui viene esaltata la professionalità, la valorizzazione dei personaggi, l’osservazione dei rapporti tra personaggi e ambiente, neorealista è il tema e l’ambientazione. - 1954 “Senso”, questo film diventa il passaggio obbligatorio per più generazioni di critici degli anni 50 che costituisce uno dei momenti più alti di tutta la sua attività; a partire da questo film Visconti libera d’ora in poi anche il proprio gusto scenografico, cominciando a orientare lo sguardo in modo sempre più decisivo verso la letteratura ottocentesca e il decadentismo. IL RACCONTO CORALE DI GIUSEPPE DE SANTIS È la personalità più rappresentativa, esordisce nel 1946 con “Caccia Tragica”. Maggior regista corale del dopoguerra, De Santis è soprattutto l’autore che più crede al cinema come fonte di ispirazione del linguaggio autonomo e cerca di assimilare una via italiana che concili la lezione del cinema sovietico con quella della cultura americana. - 1949, “Riso amaro”, film con il quale si segna il massimo successo sul piano nazionale e internazionale. È un punto di unione tra grandi modelli cinematografici, codici del fotoromanzo e cultura popolare. L’elemento innovativo è l’attenzione al linguaggio del corpo. COMPAGNI DI STRADA NEL NEOREALISMO Basta la condivisione di alcuni caratteri perché un film possa risultare neorealista. Guerra e Resistenza entrano come oggetto comune di racconto in diversi altri film realizzati tra il 1945 e il 1946. Il passaggio dal Fascismo all’antifascismo avviene, per la maggior parte dei registi senza traumi e senza dover dichiarare particolari colpe o espiare particolari pene. Il non aver aderito a Salò produce un’assoluzione di massa nel cinema italiano. Blasetti affronta il tema sugli eventi bellici -> “Fabiola” 1947 “Prima comunione” 1950 Lattuada invece guarda con ottimismo la realtà dell’Italia distrutta -> “Il mulino del Po” 1949 Germi guarda i modelli del cinema americano e vuole trapiantarli in Italia. OLTRE LA SUPERFICIE DEL VISIBILE: FELLINI E ANTONIONI Alle certezze dei dati del reale tornano a sostituirsi elementi sfuggenti, si inizia a capire che in molti casi l’essenziale è l’invisibile dietro al visibile. La cultura e il senso della tradizione tornano a influenzare assieme al pensiero esistenziale. Grazie a Fellini e a Antonioni, il reale si decompone progressivamente senza offrire più certezze. Nella sua prima opera tutta sua, “Lo sceicco bianco”, Fellini trova la sua fonte di ispirazione nelle forme basse dello spettacolo da piazza e popolare. Fellini fa nascere ogni storia dal vissuto personale, ogni cosa nasce tra la memoria autobiografica e memoria collettiva. Fellini sposta il punto di vista classico in quanto è legato al senso etimologico del “mirare”, “mostrare”, qualcosa che mantiene di fronte alle cose una sorta di stupore primitivo. LA GENERAZIONE DEGLI ANNI ‘50 Il neorealismo si è sviluppato in più fasi: all’inizio decolla ma dura poco a causa della fine della spinta iniziale e della resistenza esercitata da forze contrarie. Con l’inizio della guerra fredda e del 1948 i suoi frammenti hanno una ricaduta sul cinema internazionale e tocca diverse personalità. Grazie al neorealismo vi è l’esordio di Lizzani nel 1951 con “Achtung! Banditi!”, è un regista d’azione. Voleva che la Resistenza e la lotta partigiana non venissero dimenticate. Pietrangeli invece è stato un regista che ha esplorato il mondo femminile raccontandone l’integrità, generosità e i costi da pagare per raggiungere l’emancipazione. VERSO LA COMMEDIA MAGGIORENE I problemi della miseria e del sottosviluppo sono stati addolciti da Gina Lollobrigida, Sophia Loren ecc… ma non sono stati rimossi. “La grande guerra” di Monicelli segna la svolta più importante della commedia verso l’acquisizione di una nuova identità e il raggiungimento di un livello più elevato. I due eroi di questo film si muovono nel tempo tra le due guerre cercando riscatto e dignità per attenuare la sconfitta. Proprio queste figure contribuiranno a fissare i nuovi tratti dell’italiano.
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