Docsity
Docsity

Prepara i tuoi esami
Prepara i tuoi esami

Studia grazie alle numerose risorse presenti su Docsity


Ottieni i punti per scaricare
Ottieni i punti per scaricare

Guadagna punti aiutando altri studenti oppure acquistali con un piano Premium


Guide e consigli
Guide e consigli

Storia Europea della letteratura francese - Sozzi XVIII secolo, Sintesi del corso di Letteratura Francese

riassunto completo del periodo storico del 1700, nell'ambito della letteratura francese.

Tipologia: Sintesi del corso

2018/2019

Caricato il 01/07/2019

alicemaf
alicemaf 🇮🇹

4.1

(30)

8 documenti

1 / 42

Toggle sidebar

Spesso scaricati insieme


Documenti correlati


Anteprima parziale del testo

Scarica Storia Europea della letteratura francese - Sozzi XVIII secolo e più Sintesi del corso in PDF di Letteratura Francese solo su Docsity! STORIA EUROPEA DELLA LETTURATURA FRANCESE CAPITOLO PRIMO: L’ILLUMINISMO, FISIONOMIA E PROBLEMI “L’age des Lumières” L’Illuminismo va ricondotto ad alcuni punti fermi:  Liberazione da ogni dogmatismo in vista di una ricerca razionale libera  Principio di tolleranza  Indipendenza della cultura  Ricerca  Spirito critico a ogni forma di potere  Impegno civile in difesa dei diritti umani L’idea di libertà si oppone a quella di dispotismo, l’idea di giustizia a quella di arbitrio, l’idea di uguaglianza al privilegio.  Lo studioso Alberto Postigliola ha ricondotto il Settecento a: difesa dei valori (libertà e giustizia, individualismo e ricerca della felicità), adesione a determinate prospettive mentali (razionalismo, sensismo…), assidua investigazione scientifica della natura, coraggio di manifestare liberamente il proprio pensiero.  Lo studioso Furio Diaz ha insistito sulla volontà dei philosphes di agire sulle strutture politiche e socioeconomiche, anche se in Francia esse incide poco a causa della corona e elle classi privilegiate, infatti scoppierà la Rivoluzione. La figura del philosophe è una figura: erede di tradizioni umanistiche, platoniche e stoiche ma aperta al nuovo progetto di respublicam litterarum e alla larga circolazione delle idee.  Altri hanno insistito sull’originalità e sull’eversione del progetto emancipatorio del 700 e sull’intento di operare un riscatto dell’uomo.  Altri hanno messo al centro la nozione di critica, ad esempio Jean-Francois Marmontel alla voce “critique” dell’Encyclopedie, ci dà una nozione che esclude ogni astrazione, e distingue tra verità e opinione e tra dubbio, probabilità ed evidenza.  Voltaire separa il credibile dal favoloso e dice che l’ansia della ricerca scientifica e filosofia, presuppone un interrogarsi sui modi e i momenti di possibili investigazioni razionali. Queste ricerche riguardano anche l’ambito storico: Infatti nel 700 c’è u n costante confronto tra mondo moderno e mondo antico. Ad esempio gli eventi di Sparta e Atene nel 700 sono miti e ideali nel cui fervore confluiscono le ragioni del presente, la viva problematica di un’età travagliata. Infatti nel mito della storia esemplare di Sparta si cercano alcuni valori primordiali, da cui recuperare in un tentativo di ritorno alle origini di: semplicità di costumi, rifiuto del denaro, indifferenza alle attività produttive, uguaglianza, assenza 1 di proprietà, saggia costituzione politica, autentiche garanzie di libertà. Infatti Rousseau, Mably, Helvétius e l’Encyclopedie sono su questa linea. Mentre al contrario gli ideali del secolo promuovono: produttivismo, consumismo, lusso, attivi commerci, sviluppo delle arti e delle tecniche. Voltaire preferisce Atene alla triste Sparta. Altri philosophes oscillano tra i termini di una costante contraddizione: così Diderot da un lato vede nella costituzione spartana l’unico esempio di autentico “buon governo”, dall’altro paragonerà le missioni gesuitiche del Paraguay alla realtà lacedemone. L’elogio di Sparta corrisponde all’ansia di un mutamento politico. L’esaltazione invece del lusso ateniese rivela le sordità borghesi ma è in fondo anche l’espressione di una sorta di ideale produttivistico, quindi il riflesso dell’economia capitalistica. Il modello greco però finisce per spegnersi quando altri modelli subentrano. Attraverso il richiamo alle due città greche, come alla Roma repubblicana, i philophes aprono il dibattito sui temi più vivi ed urgenti: democrazia, libertà, uguaglianza, limiti della proprietà privata, limiti del potere dispotico. Il passato si addensa in archetipi. La ricerca illuministica però riguarda anche l’ambito spaziale e geografico: Basta pensare ai navigatori che spinti da motivi economici-politici si avventurano alla scoperta di nuove terre. Rousseau propone l’antitesi natura/cultura che trova però in realtà confutazione in Voltaire ma anche negli esponenti della scuola scozzese, il cui pensiero, è in Francia molto presente. Un esempio è Adam Ferguson che dice “art itself is natural to man.” La ricerca illuministica ha anche un tratto dominante: quello dell’ottimismo festoso, in cui rientrano l’ironia festosa e dissacrante, il saper vivere, il gusto della conversazione arguta, stimolante, il sapersi muovere sul piano dell’eleganza e della raffinatezza, delle buone e civili maniere. È fazioso il rifiuto di ogni moto irrazionale e di ogni slancio passionale. L’illuminismo vede la gioia di vivere, il perseguimento dei piaceri mondani e anche carnali come la spia della corruzione, dell’ingiustizia, dell’arbitrio, della violenza di una società. Stendhal infatti dirà che la Rivoluzione ha avuto grandi meriti ma anche il limite di aver fatto sparire per un secolo l’allegria dalla scena del mondo. Anti-illuminismo? C’è stato chi non ha vissuto il secolo dei Lumi con tutto questo fanatismo. Ad esempio gli esponenti della scuola di Francoforte (Horkheimer e Adorno) ne hanno dato una descrizione settaria, siccome vedevano nel secolo nient’altro che il trionfo della borghesia, giungendo anche a dire che nell’Illuminismo ci sono le radici del terrore totalitario e che la cultura è servita all’asservimento delle masse. Il settecento ha conosciuto anche momenti diversi, lontani dalla pura razionalità, valori solitamente estromessi e pulsioni censurate, ad esempio la sensibilità, il culto del sentimento e delle passioni. Altre componenti non contraddicono il razionalismo ma lo rendono variegato e policromo: ad esempio Michel Delon vede nell’energia la dote primaria dell’animo, utile a correggere ciò che è 2 Ad esempio la maggior parte della stampa periodica è di orientamento contrario al pensiero dei Lumi. I giornali non sono il modo di espressione preferito dai filosofi infatti, un esempio è “la Bioblithèque raisonnée des ouvrages des savants”. Ma alla proliferazione di una stampa periodica ostile al partito filosofico si contrappone una larga circolazione di opere clandestine: anche se la cultura ufficiale sembra in prevalenza antifilosofica, un orientamento occulto trova spazio. Ad esempio circola il trattato l’ame materielle, o opere che contestano con accenti anticlericali e anticristiani le religioni ed esaltano la religione naturale dei lumi naturali, priva di dogmi e cerimonie. Oppure si diffondono opere non anonime come quella di Meslier in cui ateismo, materialismo e comunismo si fondono in un mix utopico e sovversivo. CAPITOLO SECONDO: ASPETTI DEL PENSIERO Il pensiero filosofico e l’anglomania Il secolo è dominato da due figure: Pierre Bayle e Bernard de Fontenelle. Bayle (1647-1502) pastore protestante emigrato a Rotterdam, con la rivista “Nouvelles de la République des Lettres », con « pensées sur la Comète » e « dictionnaire historique et critique » può considerarsi un precursore dei Lumi : fa un costante richiamo al libero esame, alla tolleranza, al primato dell’esperienza, alla fuga dall’errore e dai pregiudizi imposti dall’autorità e dalla tradizione, alla separazione tra religione e morale. Fontenelle (1657-1757) si esprime nelle opere con minor impegno ma con le stesse doti di volontà investigativa, ad esempio nel trattato “De l’origine de fables”, “entretiens sur la pluralité des mondes” e “Histoire des oracles”, opere in cui avvia una scrittura scientifico-divulgativa e stabilisce un collegamento tra fede nel sovrannaturale e ignoranza dei primi uomini, e critica la comune tendenza a non cercare in base a una propensione miracolistica le cause oggettive dei fenomeni. Fa tutto ciò in una prosa scherzosa e ironica. I philosophes del 700 si definisco tali non perché seguono una speculazione filosofica nel senso rigido del termine ma perché si propongono la meta di un sapere totale, integrale, relativo a tutti gli aspetti del vivere umano, anche a quelli solitamente trascurati dalla cultura dominante e alla luce dell’espandersi delle scienze sia mediche che fisico-matematiche di Newton, Boyle. L’approccio scientifico al cosmo fa cadere in discredito la visione teologica. La scienza medica attenuta la distinzione tra corpo e anima e condiziona e materia e spirito. Si deve fare accenno al mesmerismo, dottrina tipica del periodo messa in pratica dal medico Mesmer: nel 1778 a Parigi diffonde le sue idee, oggetto di discussioni, parlando di fluido magnetico che captato da alcuni individui avrebbe potuto far guarire organismi malati. Il trionfo del pragmatismo invita a sottrarre anche le scienze morali e politiche a ogni impostazione metafisica e a ricondurle su un terreno concreto, attuando una liberazione dell’uomo. Agiscono in questo senso pensatori come: Locke, Hume e Berkeley: loro con i metodi anglosassoni mettono in crisi il razionalismo cartesiano. Locke combatte l’innatismo e propone un metodo empirico. Voltaire lo ammira e gli dedica un’intera lettera. Hume afferma che occorre dare alla scienza dell’uomo la stessa esattezza delle scienze dalla natura. Berkeley pensa che la mente abbia coscienza solo delle proprie azioni. Anche la scuola scozzese dominata da Ferguson, influirà, attenta a una nuova visione della storia umana. 5 Il pensiero dei Lumi però non ha solo orientamento filosofico, s’interessa anche ai problemi oggettivi dell’esistenza umana, ad esempio al mondo artigianale, rivalutando le tecniche pratiche e manuali. L’Encyclopédie ne parla con le sue famose planches, che riproducono attrezzi, strumenti e metodi lavorativa. Così si apre il primo ravvicinamento tra cultura e mondo del lavoro. Per tutto il secolo in Francia c’è l’influsso del mondo anglosassone. Si parla di anglomania, essa investe tutti i campi del sapere, le scienze e il pensiero filosofico, religioso, politico, e tutti gli ambiti creativi, la narrativa, la poesia. La prima testimonianza della presenza anglosassone è data dalle Lettres Philosophiques o Lettre anglaises di Voltaire, del 1734, successive al suo soggiorno in Inghilterra. Li si parla di Bacone, Locke, Newton, si considera padre della filosofia sperimentale e un precursore di Newton. Esprime anche il suo entusiasmo per Newton negli Eléments de la philosophie de Newton, del 1738: oppone Newton a Cartesio e in un’altra opera descrive le scoperte dello scienziato inglese e la loro ricaduta anche sulla vita pubblica. L’”Encyclopédie” Infatti alla generazione dei Fontenelle, Bayle e Montesquieu subentra quella che è animata da una volontà di riforma su piano pubblico e civile alla luce di una nuova ideologica che include argomenti tecnologici e socieconimici. Tra il 1751 e il 1766 escono i 17 volumi in-folio dell’Enciclopedia curata da Diderot e d’Alembert, sul modello della Cyclopaedia inglese di Ephraim Chambers. All’impresa collaborarono i più bei nomi della cultura francese di quegli anni come Montesquieu, Voltaire, Buffon, Rousseau, Quesnay e Turgot. L’opera è preceduta da un Prospectus, scritto da Diderot e da un Discours préliminaire scritto da d’Alembert che vuole proporre il sistema universale delle conoscenze umane e traccia un quadro della nuova cultura e delle sue premesse storico-filosofiche. Il successo dell’enciclopedia preoccupò la cultura dominante e il potere: i gesuiti l’attaccarono e ci furono molte critiche finché il governo non arrivò alla soppressione dell’opera, accusata di “distruggere l’autorità regia, diffondere atteggiamenti d’indipendenza e ribellione e gettare le basi dell’errore, della corruzione dei costumi, dell’irreligione dell’incredulità. Ma l’intervento di Malherbes, amico e direttore delle pubblicazioni dell’enciclopedia, consente che la ripresa vada avanti, anche tra condanne e polemiche come quella di Palissot, autore di una commedia satirica intitolata Les philosophes, e come quella di altre persone come i collaboratori stessi. Il privilegio di stampa viene nuovamente revocato nel 1759 e contro l’opera c’è persino la condanna da parte di papa Clemente VIII. Nel 1766 viene consentita la stampa degli ultimi dieci volumi. Nel discours préliminaire, vero manifesto dell’opera, d’Alembert, forte ingegno fisico-matematico, espone i principi portanti del pensiero del secolo. Lui dice che l’opera contiene la quintessenza delle conoscenze matematiche, filosofiche e letterarie acquisite in vent’anni di studi. Ossia ai principi che consistono nell’adesione all’empirismo lockiano, al sensismo, alla metodologia newtoniana, nella concezione della ragione come tecnica applicata ai fenomeno e soggetta a prove di tipo matematico. L’opera è permeata da uno spirito unitario e propone la ribellione contro l’autorità politico- religiosa, il rifiuto sovrannaturale, il richiamo alle forme concrete della convivenza umana, alle scienze positive, al mondo della tecnica e del lavoro. L’opera perciò diventa un potente mezzo rivoluzionario. 6 Il sensismo Il panorama culturale è variegato. L’abbé Pernetty,un benedettino che si converte alla massoneria scopre il pensiero di Swedenborg e fonda ad Avignone una scuola ermetica di ispirazione “illuminata (illuminati di Avignone), un gruppo che includeva figure importanti del tempo. Pernetty è un classico del pensiero esoterico e simbolico del Settecento, una voce alternativa rispetto al pensiero dominante e tentativo di spiegare i miti antichi applicando a essi la griglia dell’alchimia e l’ermetismo. L’uomo per Pernetty non deve solo descrivere la natura secondo i metodi scientifico-classificatori in uso del tempo ma deve anche scoprire i segreti del mondo. Un altro sensista è l’abbé de Condillac che portò il sensismo in Italia con un viaggio. Sue opere: Traité des sensations. Attribuisce alle sensazione l’origine di ogni fatto mentale. Sulle basi del sensismo si sviluppa un materialismo di cui è esponente d’Holbach. D’Holbach fu amico di Diderot mentre invece aveva acceso un forte dibattito con il filosofo Rousseau. Scrisse per l’Enciclopedia, tradusse in francese opere scientifiche e anche dall’inglese, ad esempio il poema di Akenside Les plaisirs de l’imagination, di ispirazione non materialistica. Ma le opere che gli danno notorietà furono: Le christianisme dévoilé, Le système de la nature, l’Essai sur les préjugés, Le bon sens, De l’homme, il Système social e La morale universelle. Per d’Holbach l’aspirazione alla felicità fa scattare l’errore e dà spazio a un’opinione che accetta tutto senza ragione. Lo spirito filosofico esige sincerità e buona fede, libertà e utilità sono le regole di una sana filosofia. La polemica antireligiosa e materialistica di d’Holbac è sferrata e argomentata anche se non tiene in nessun conto l’aspirazione umana all’assoluto né sa spiegare le ragioni. Anche La Mettrie la pensa così, nel saggio L’homme machine del 1747 annulla le istanze spiritualistiche dell’uomo e riduce il suo essere a un puro gioco meccanico. Vuole combattere ogni forma di spiritualismo. Helvétius invece, autore di De L’esprit e De l’homme ammette che prevalgono delle illusioni e delle istanze oniriche sul senso opaco del reale. Diderot la pensa ancora diversamente, crede che la materia sia percorsa da un vitalismo che la rende viva e “spirituale”, oppure animata da quella energia di cui abbiamo già parlato. La materia perciò corrisponde ad un dinamismo che permette di superare ogni dualismo, che va al di là di ogni banale opposizione e spinge il materialista ad unificare materia e movimento, corpo e anima. De Mauperuis scienziato, astronomo e matematico, fu come Voltaire alla corte di Federico di Prussia. Lui rivela nei suoi scritti una prudenza: sensista e fenomenista, non esclude la metafisica, sostiene sia la logica matematica che quella empirica, non esclude la libertà umana, persegue un ideale morale che può risolversi in uno slancio religioso. Scrisse: Essai de philosophie morale, Essai de cosmologie, Systeme de la nature criticato da Diderot e Lettre sur le progès des sciences (1753). Leclerc invece con Historie naturelle si pone contro tutte le visioni predeterminate e sistematiche. Il pensiero religioso Si pensa l’Illuminismo come un movimento di pensiero ostile al cristianesimo e ad ogni forma di religiosità. Ma questa è una visione parziale e superficiale. 7 L’Illuminismo è percorso da una vena ottimistica ma non mancano voci satiriche e ciniche come quelle che possiamo trovare nei racconti di Voltaire, racconti ispirati a quelli di Mandeville. Si tratta di un poema che descrive una società alveare in cui ognuno lavora per il proprio fine egoistico anche ricorrendo a truffe e tuttavia la società prospera felice. Quando tutti i membri si convertono alla virtù, allora la vita economica e politica muore, insieme alle arti e la popolazione diminuisce, l’alveare diventa sterile. Quindi secondo l’autore è una vana illusione che un paese possa crescere prospero e insieme essere privo di vizi. Anche in un altro testo di Alexander Pope troviamo questa idea, il testo è un inno alla virtù ma sostiene anche l’equilibrata collaborazione tra amor proprio e ragione, tra passioni personali e interesse collettivo, la ragione non deve soffocare la passione ma al massimo correggerne gli eccessi. L’utopia L’età dei Lumi è una delle epoche in cui si fecero le più fantastiche utopie e i progetti più numerosi di rifondazione della convivenza umana. Voltaire, Rousseau e Diderot fanno sogni utopici, sognano la perfezione, la libera e la civile organizzazione della vita pubblica. Il pensiero utopico molto presente nell’epoca, contrappone alla certezza della ragione la presenza di antiche fantasie. I progetti utopici del 700 rivelano connessioni con la realtà del tempo. Il più grande studioso dell’utopia, Baczko dce che gli scrittori utopisti vorrebbero entrare nella storia, oltre a contrappore il sogno utopico alla realtà sociopolitica. Vorrebbero stabilire una connessione: tra utopia e pensiero politico ufficiale. L’utopia non si oppone al riformismo ma anzi ne è la premessa. Essa fa sì che si ritorni ad un passato di libertà cittadine. Alcuni scrittori che ne parlano sono Fénelon in Télémaque, Hontan, Montesquieu con i Troglodytes, Morelly, Deschamps e Meslier. Appunto la storia dei Troglodytes di Montesquieu si pone sul terreno utopico e sociopolitico. Essi vivono in una condizione originaria hobbesiana, feroce che registra il trionfo dell’anarchia e l’egoismo individuale e mette in luce la méchanceté de leur naturel. La pura natura quindi anche per Montesquieu rappresenta il trionfo della pura rappresentazione. Infatti la solidarietà, la fratellanza, le virtù morali e civili si sviluppano in un secondo tempo. Risorgono infatti dall’egoismo e riscoprono le doti più autentiche inizialmente nascoste e conquistano la loro natura naive, e la loro virtù fiorisce in una natura rigenerata. Segue però questa fase intermedia, il rischio di un nuovo declino: stanchi dell’uguaglianza che è virtuosa ma noioso i Trogloditi scelgono la tirannia come unico mezzo per poter coltivare il nuovo, seguendo l’egoismo, l’ingiustizia e i loro interessi. Diderot invece scrive il supplément au voyage de Bougainville, ossia una sintesi tra natura e cultura, anche se sa che è impossibile mescolarle. Ci sono altre opere narrative simili, quelle di Mercier, Rétif e La Bretonne. Rétif da spazio ad una vena ironica ed utopica, e immagina su delle isole mitiche i personaggi più grotteschi. L’eroe della sua storia è Victorin, innamorato della ricca Christine. I due amanti si trasferiscono su un isola dove viene a crearsi un miscuglio di razze. Alla fine giungono alla scoperta della Terra di Utopia, il paese dei Mgapatagoni, agli antipodi della Francia, la cui lingua è una specie di francese rovesciato. I filosofi di questa terra contestano gli errori della civiltà occidentale, spingono Victorin tornato nella sua isola a dare anche ai suoi fedeli sudditi una saggia costituzione megapatagonica. La sua Megapatogina include tutti i luoghi ricorrenti nel sogno dell’isola felice: 10 proprietà comune, universale fratellanza, governo degli anziani, rifiuto delle vili passioni, dominio della ragione, ubbidienza del sesso femminile, ripartizione della giornata in attività cronometrate, condanna delle arte inutili, abbigliamento uguale per tutti. Questa è quindi un’utopia illuministica, ossia quella della perfetta geometria di un sistema sapientemente calcolato. Si architetta una perfezione ugualitaria nella quale sono banditi i sentimenti e i moti del cuore. L’utopia quindi trae sostanza nel 700 dalle idee-forza dell’epoca ma poi questi testi si affollano dei motivi che il mito dell’età d’oro ha sempre proposto: ignoranza del tuo e del mio, libertà sessuale, godere del presente ignorando il tempo, potere di vivere sans roi, sans loi, sans foi, indipendenza da ogni forma di potere e di religione. La componente essenziale della riflessione utopica è lo squilibrio tra ordine e libertà, tra licenza anarchica e soluzione totalitaria. C’è quindi un duplice mito: quello della primordiale libertà e quello del rigore della città ben ordinata ma dispotica. Il pensiero storico Nel 700 perdura il gusto per la ricostruzione storica attenta all’esatta investigazione e anche al relativismo critico. Un esempio è Charles Rollin che scrive il Traité des études, Histoire ancienne e Historie romaine. Domina però ormai il modello voltariano, quello del Siècle de Louis XIV o quello di Essai sur le moeurs et l’esprit des nations, che è una sorta di storia dell’umanità. I migliori storici del secolo sono i memorialisti probabilmente, essi narrano le proprie vicende private ed evocano anche avvenimenti pubblici, personaggi ed ambienti frequentati dalla collettività. Notiamo il permanere di una storiografia di tipo tradizionale, quindi erudita ed esperta nel ricorso alle fonti ma da un altro canto troveremo alla luce del modello voltariano, l’affermarsi di una scrittura orientata alla luce delle premesse illuministiche almeno in due direzioni, definibili come allargamento del terreno investigativo. In primo luogo la storia non è solo un avvicendarsi di poteri sovrani, di guerre etc. ma è una ricostruzione degli ambienti, della vita degli uomini, dei modi di vivere delle varie comunità, degli usi e dei costumi. In secondo luogo la narrazione storica si ispira a una sorta di filosofia della storia, all’idea cioè che lo spirito umano, anche se tra perdite e cadute, procede sempre su un percorso segnato da graduali conquiste, dal progresso. Nell’insieme quindi prevale un’idea positiva di ascesa, che si incontrerà poi in Condorcet, Milar, Ferguson e Herder. La riflessione politica si risolve in un nuovo senso della storia: i romantici si sbagliavano quando dicevano che agli illuministi sarebbe mancato il senso storico. Un’opera storico politica è ad esempio quella di Boulanger, Antiquité dévoilée alla quale si collegano sia un’idea di progresso che una di filosofia della storia. Turgot fu ministro delle finanze per due anni e i suoi provvedimenti economici volti a modernizzare l’antiquato sistema francese sarebbero serviti ad evitare l’evento rivoluzionario se non fosse che in un periodo di carestia avesse suscitato una rivolta che portò alla sua rimozione. Per Turgot lo storico ha il compito di scoprire le leggi della mutevolezza delle situazioni economico-sociali. Secondo lui il progresso dei lumi garantisce lo sviluppo della ricchezza delle nazioni: secondo lui le scoperte di tutte le varie epoche vengono accumulate e servono da base ai posteri per elevarsi sempre più in alto. 11 CAPITOLO TERZO: I GRANDI Montesquieu (1689-1755) Autore di un denso ed importante trattato L’Esprit des lois, che pose su nuove basi la scienza giuridica nel 1748. Montesquieu però conosce ed ama la pura letteratura, ha una scrittura lieve e divertente e coltiva l’ironia e il sorriso.  Uno dei suoi primi scritti è Le temple de Gnide, del 1724. Non è una grande opera ma l’autore si rivela già uno spirito pensoso, profondo conoscitore di uomini, costumi, leggi e si rivela fedele a una concezione intensa e nobile della passione amorosa  Un altro scritto è L’essai sur le gout. Esso apparve sotto la voce “gout” nel quinto tomo dell’Encyclopédie uscito nel 1755 quando l’autore era già morto. Il suo gusto estetico era maturato negli anni precedenti in seguito al suo viaggio in Italia, un viaggio in cui scrisse il resoconto che gli fece aprire gli occhi sulle arti. In questo saggio lo scrittore si sofferma sulla natura del piacere estetico, che vede legato sia a qualità universali ed ideali che alle tendenze ed esigenze specifiche della natura umana. La bellezza non è né nelle cose né in noi, ma nella relazione particolare che si stabilisce tra le cose e noi stessi nell’incontro tra emozioni personali e regole generali.  Un’altra opera postuma è l’Historie véritable. È una breve narrazione fantasiosa ma dallo stile conciso e asciutto che annuncia il conte philosohique di Voltaire. Si mette in scena un eroe che accumula le esperienze di diverse vite, condizioni, epoche e dei due sessi. C’è cinismo ma anche saggezza generosa e serena alla fine. Il registro è di un’ironia lucida e perspicace che denuncia l’assurdità degli umani comportamenti senza però che l’autore prenda i toni del sermonneur.  Scrive anche dialoghi, pensieri, trattati morali, ma l’attenzione va soprattutto alle opere in cui da sempre si è visto il meglio della sua scrittura e del suo pensiero.  Scrive le Lettre persanes, nel 1721, che hanno avuto grande fortuna e oggi è una testimonianza tra le più importanti di quella che Paul Hazard ha chiamato la “crisi della coscienza europea”. È una satira spiritosa e pungente dai costumi contemporanei. Lo scambio epistolare avviene tra due persiani, Usbek e Rica, che visitano la Francia, trascrivono le loro impressioni e chiedono notizie ai loro compaesani. Si ironizza sulla società contemporanea mettendo a nudo gli usi e i costumi francesi, spesso ridicoli e assurdi. Troviamo anche il tema utopico-politico come nella storia dei Trogloditi che anticipa L’Esprit des lois. Può considerarsi una sorta di fantasioso commento all’Esprit de lois.  Un’altra opera importante è le Considérations sur le causes de la grandeur de Romains et de leur décadence, del 1734. Anche questa annuncia il capolavoro. La grandezza di Roma è affidata all’eccellenza dell’organizzazione militare, all’abilità della politica estera, alla costituzione interna fondata sul principio di libertà e lo spirito civico. La decadenza invece si spiega con la vastità stessa dell’impero, con i costumi corrotti e con la fine della libera repubblica. In quest’opera si trova la formula che racchiude il senso dell’opera principale: non è la fortuna a dominare il mondo, ci sono cause morali e fisiche che agiscono su ogni monarchia, la mantengono in vita ma poi la fanno decadere. 12 La condanna viene revocata nel 1735 e così l’autore inizia un periodo di intensa produzione. Si trasferisce a Berlino, invitato da Federico II di Prussia e lì nel 1751 scrive Le siècle de Louis XIV. Il filosofo vuole convertire il sovrano a una sorta di dispotismo illuminato ma fallisce e torna in Francia dove raccoglie materiale per la sua opera di storico. Scrive i poemi parodistici: La puce d’Orléans, La loi naturel, L’essai sur le moeurs et l’esprit des nations. Viene considerato il patriarca dell’Illuminismo e viene visitato ed ammirato da intellettuali di tutta Europa, mentre risiede in Svizzera. Nel 17778 torna a Parigi, poco prima della morte, viene ricevuto solennemente all’Académie. Nel 1978, anniversario del secondo centenario della morte di Voltaire e Rousseau, viene celebrato maggiormente Rousseau e invece Voltaire viene sminuito. Oggi la prospettiva è diversa. Vengono infatti evidenziati di lui: la ricchezza del pensiero religioso, la complessità d un temperamento lucido e impetuoso allo stesso tempo, la finezza della sensibilità, la novità delle prospettive storiografiche, la genialità dell’arte dello scrittore. Prima quindi viene visto con scetticismo e cinismo. Rousseau è democratico, e Voltaire gli si oppone siccome è conservatore e borghese. Voltaire non si accontenta solo di parole ma fa i fatti. Nelle Lettres anglaises, mostra gli effetti benefici del parlamentarismo e delle libertà civili, della difesa dei diritti, sul modello inglese e nel Siècle de Louis XIV, mostra l’opportunismo della politica praticata dai potenti e dimostra lo sviluppo economico e finanziario e l’incremento di industria e commercio. Voltaire gioca contemporaneamente su registri diversi. Voltaire è convinto dei benefici effetti del progresso tecnologico di un’economia consumistica che diffonde il benessere e accende i bagliori del lusso. Ma sceglie per i suoi romanzi delle figure eroiche, che propone come modelli di saggezza, in particolare sono anime candide e ingenue (Candide e L’ingénu sono infatti i titoli dei suoi romanzi più conosciuti). Sono ossia i philosophes nus, sprovveduti apparentemente ma dotati di una logica e di un buon senso infallibile. Voltaire respinge il materialismo di Diderot e l’estremismo ateo di d’Holbach. Voltaire crede nel deismo, ossia l’idea che l’universo sia governato da una mente sovrana, da un Dio orologiaio che comanda il meccanismo che è l’uomo. Scrive il Poème sur le désastre de Lisbone, scritto per ricordare quel terremoto terribile, in cui lui nega che ci sia una benefica Provvidenza. Rousseau a questa sua provocazione risponderà che c’è una possibilità che il male e il dolore rispondano ad un disegno misterioso. Il rapporto tra Voltaire e Rousseau è problematico: Voltaire infatti si accanisce contro di lui, ma poi sembra prendere spunto dal Discours sur l’inégalité. Voltaire non crede che l’uomo possa allo stato attuale del progresso, recuperare una natura vergine e intatta, l’uomo è natura ma anche storia e cultura ed è sintesi equilibrata di opposti. Per lui la virtù del buon selvaggio è solo ignoranza. La natura per lui è madre benefica e bisogna ascoltarla e rispettarla ma anche aiutarla, coadiuvandola, dice ciò nell’Ingénu. Natura e cultura rappresentano un binomio inscindibile: lo stato di natura è un mito che Voltaire attraverso l’ Essai sur le moeurs et l’esprit des nations, del 1756, vuole dissolvere perché la natura è già in realtà cultura, rappresenta il patrimonio di sapere, scoperte, creazioni, costumi e usi, comportamenti che le generazioni del passato ci hanno consegnato e non va smantellato. 15 Nel Siècle de Louis XIV, Voltaire ha un’idea di storia che si allontana da quella di guerre e vittorie, perché essa è fatta anche dalle vicende della quotidianità che interessano tutti gli esseri umani. Voltaire conduce contro la Chiesa una battaglia in una acceso fanatismo anche se è lui stesso il primo nel Traité sur la tolérance a dire che fanatismo, intolleranza e spirito fazioso nascono da ideologie che ignorano il rispetto del diverso. Voltaire non condivide le idee democratiche del Contrat social di Rousseau, ma non condivide nemmeno la condanna lanciata dall’Europa conservatrice contro il suo celebre testo. Lui infatti combatte i suoi avversai ma combatte con la stessa forza chi impedisce agli avversari di esprimersi. Voltaire ricorda anche l’insegnamento che gli hanno impartito i gesuiti, conosce infatti a memoria i testi sacri. La sua visione del mondo è bidimensionale, gli manca la prospettiva che va verso il fondo, verso gli abissi dell’anima in cui trova spazio il sacro. Ma nonostante questo Voltaire riconosce che l’uomo non può fare a meno di sogni e fantasie, non può vivere senza illusioni e senza l’eterna e consolante speranza. Secondo lui si passa tutta la vita a sperare e si muore sperando. Oggi rimango validi in Voltaire la lezione di civiltà, l’invito al dubbio e al continuo interrogarsi e la sua sollecitazione a non cedere a tendenze faziose, ma a mantenere sempre vigile lo spirito critico. Voltaire si impegna personalmente nella difesa dei diritti civili. Secondo lui civiltà significa libertà e tolleranza. Nel Candide ci dice di utilizzare strumenti come l’ironia e l’esprit. Lo spirito critico e corrosivo di Voltaire riassume tutto il secolo anche se lui dal punto di vista dei singoli generi creativi incide poco: non dà molto né al teatro né all’epica né alla poesia e né alla narrativa. La sua prosa infatti è solo sua, ha pochi imitatori. La sua storiografia è piena di influssi: dagli annales allo studio di varie opere. È stato un maestro del genere del pamphlet giornalistico, satirico, aperto alle forme di polemica ed ironia trasgressiva. Ha degli avversari importanti come Desfontaines, La Metttie, Maupertuis. Voltaire non ha un sistema come Montesquieu o Rousseau, scuote i sentimenti più che imporre preferenze dogmatiche e per questo sollecita il pensiero di intere generazioni, che sono stanche di schemi ideologici da seguire. Voltaire è distante dalla letteratura pura, propone infatti una letteratura engagée, alla quale si ispireranno Hugo, Sartre e Camus. (la Francia è chiamata “il paese di Voltaire”) Rousseau (1712-1778) La vita di Rousseau riassume nei suoi vari momenti, tre tape principali della sua formazione intellettuale. 1. La fase giovanile = segnata dal breve soggiorno a Ginevra, città natale. Scontento del suo lavoro di incisore poi si sposta ad Annecy dove incontra Madame de Warens che lo convince a spostarsi a Torino. Li si converte alla fede cattolica. Si sposta poi e inizia un periodo importante per la sua formazione musicale e per la sua crescita culturale. Si sposta poi tra Francia e Svizzera. Nel 1740 Lione è precettore e poi due anni dopo a Parigi incontra Diderot. Intanto insegna musica e scrive la Dissertation sur la musique moderne. 16 Va a Venezia come segretario dell’ambasciata. A Parigi poi incontra la donna con cui si sposerà e avrà tre figli poi abbandonati in orfanotrofio. Nel 1749 partecipa ad un bando a Digione con tema: se la rinascita delle scienze e delle arti abbia contribuito a moralizzare i costumi. Nasce così il primo Discours, quello Sur le sciences et les arts. 2. Così inizia la fase centrale= ha un terzo figlio. Scrive Le devin du village, Lettre sur la musique francaise che suscita proteste. Nel 1755 pubblica il secondo discorso con una dedica alla Repubblica Ginevrina, il Discours sur l’origine et les fondements de l’inegalité parmi les hommes. Anche questo in seguito al bando. Rousseau inizia uno scambio con Voltaire, dopo avergli mandato il suo discorso. Si mandano poi delle lettere una volta che lui ha letto i poemi voltariani Sur la loi naturelle e sul disastro di Lisbona, invia poi a Voltaire la Lettre sur la Providence. Torna a Ginevra e si reintegra nella chiesa ginevrina. Segue un anno di tensioni, passioni e conflitti nel quale lo scrittore rimprovera Diderot ed entra in conflitto con d’Holbach e Grimm. Nel 1758 ultima Julie e l’anno dopo scrive l’Emile (esce nel 1761 e viene condannato dalla Sorbona) e scrive il Contrat social (1762). Scrive anche le ultime quattro lettere a Malesherbes e avviene la denuncia del Parlamento: l’Emile viene bruciato a Parigi e contro l’autore è messo un mandato di arresto che lo obbliga a fuggire. 3. Terza fase= in questi ultimi quindici anni Rousseau è in fuga e viene messo un mandato d’arresto anche a Ginevra e i suoi libri bruciati. Nel 1764 scrive le Lettres écrites de la montagne, il Dictionnaire de la musique più tardi, le Confessions e il Sentiments des citoyens (libello anonimo in realtà di mano di Voltaire). Hume lo invita in Inghilterra ma poi il loro rapporto si fa conflittuale. Rousseau sente un’assurda mania di persecuzione, si sposta perennemente da un luogo all’altro torna a Parigi e intanto scrive le Confessions, di cui dà anche pubblica lettura, poi scrive Rousseau juge de Jean-Jaques, e le Reveries du promeur solitaire. Muore il 2 luglio 1778 per un improvviso malore. Analisi opere: Le confessions furono scritte tra il 1765 e il 1770, e sono suddivise in due parti ciascuna delle quali a sua volta è suddivisa sei capitoli. Quando Rousseau ne diede lettura in vari salotti parigini fu interrotto dai suoi avversari e anche la pubblicazione incontrò gli stessi ostacoli. Le due parti sono impostate diversamente dal punto di vista stilistico: nella prima Rousseau rievoca i suoi anni giovanili (fino al 1741) e lo fa con gioia e serenità ed evoca in particolare il soggiorno a Torino. Nella seconda parte dà spazio alla persecuzione e al complotto e infatti il registro si fa più polemico e aspro. In sintesi si può dire che Rousseau faccia della sua vita l’emblema della sua visione degli uomini: da un lato la bontà dell’uomo rimasto fedele alla natura, dall’altro il suo naufragio nella menzogna e nell’interesse. È un’opera autobiografica tra le più belle della letteratura occidentale. Le Reveries du promeneur solitaire è un’altra opera autobiografica. Essa è divisa in dieci promenades, che si sottraggono volutamente ad ogni intento strutturale, sono infatti una sorta di vagabondaggio della mente. Iniziano col racconto degli episodi che hanno condotto Rousseau alla situazione di angoscia persecutoria e al progetto della scrittura che ne consegue, 17 Questa opposizione tra io e gli altri, così ossessiva nelle ultime pagine delle Reveries, non getta discredito sugli altri ma vuole puntare alla salvaguardia dei diritti sacri dell’io, e dare libero spazio all’io, dargli agio. Rousseau in un’epoca proiettata non verso l’essere ma verso l’apparire, vuole esaltare le esigenze più remote, la trasparenza e non l’opacità, la gioia delle sensazioni e dei sentimenti, la funzione benefica delle eterne illusioni… Rousseau dice: la sorgente della felicità è dentro di noi. (parla perciò di una rigogliosa intimità) Rousseau è quindi il più rivoluzionario pensatore politico del 700 e non ci invita ad idolatrare una qualsiasi filosofia, ma ad una suprema riconversione verso il libero io, verso gli spazi della coscienza difesi a forza contro ogni forma di schiavitù. Diderot (1713-1784) Proviene da una famiglia modesta, non intellettuale. Studia presso i gesuiti e poi a Parigi. La sua giovinezza la vive all’insegna dell’indipendenza, della stravaganza e poi conosce Rousseau e Grimm e matura una chiara inclinazione filosofica. Scrive cosi nel 1746 i Pensées philosophiques di ispirazione anticristiana e deistica, poi nel 1747 scrive la Promenade du sceptique e poi il breve romanzo libertino Les bijourx indiscrets. In seguito scrive Lettre sur le aveugles à l’usage de ceux qui voient in cui rivela la sua propensione materialistica e per questo fu arrestato e stette a Vicennes per vari mesi. Nel 1749 Rousseau va a trovarlo e gli espone il progetto del primo Discours. Per ventanni Diderot è quasi totalmente assorbito con d’Alembert all’impresa monumentale dell’Encyclopédie. Nel frattempo coltiva l’amicizia con d’Holbach, Madame d’Epinay e Grimm e collabora con lui. È in conflitto con Rousseau e lo considera un traditore e nemico dei filosofi. Si dedica alla scrittura di opere che spesso lascia manoscritte e che appariranno postume. Inventa il dramma, riflette sul mestiere dell’attore (Paradox sur le comédien del 1773), si dà alla critica d’arte nei Salons, scrive opere narrative e polemico-satiriche come Le neveau de Rameau, la Religieuse e Jacques le fataliste et son maitre. Si dedica alla lettura di Richardson che elogia, e anche di Sterne. Si interessa anche della riflessione filosofica e scrive le sue opere più importanti in merito: l’Entretien entre d’Albert et Diderot la Suite Le reve de d’Alembert il Supplément au voyage de bougainville la confutazione al saggio di Helvétius su l’Homme gli Elements de physiologie l’Entretien d’un philosophe avec la Maréchale de, in cui espone il suo materialismo. Va in Russia, tra il 1773 e il 1774, ospite della zarina Caterina. Nell’Essai sur les règnes de Claude et de Néron, si oppone a ogni forma di potere dispotico. In lui non mancano certo le contraddizioni, ma esse mostrano la sua vitalità e la pluralità dei suoi interessi ed orientamenti. 20 Ad esempio nel Supplément au voyage de Boungainville, lui propone la condizione femminile che immagina esista a Tahiti come un modello di saggia giurisdizione, fondata sul rispetto della dignità della donna, ma poi la descrizione che ne dà tradisce una rigidezza dispotica e un sentore quasi totalitario. Quest’opera insomma ha molte contraddizioni come le altre. Tahiti è un’isola felice, isola dell’amore, ma del corpo delle donne gli indigeni possono disporre a loro piacimento, i rapporti erotici si praticano in assoluta libertà ma ogni marito può punire l’infedeltà della moglie, ogni donna può rifiutarsi o concedersi ma la sua vita amorosa è subordinata al suo dovere di incrementare le nascite. Il paradiso tahitiano è quindi un paradiso esclusivamente maschile e anche per lui quello dell’isola fortunata è un miraggio, un’utopia, tra l’anarchia e l’intolleranza del dispotismo. Lui propone una libertà erotica che si configura come rivolta contro leggi e tabù, religiosi e civili, che rendono sacro e indissolubile il rapporto con la natura. La fantasia diderotiano ci porta a pensare allo spirito libertino, all’erotismo frivolo del secolo dei Lumi, anche se rimane un residuo di moralismo. Diderot è uno spirito libero e non sopporta il moralismo tradizionale e cede infatti al fascino dell’erotismo libertino. Poi però torna indietro, e torna alle norme inflessibili quando si accorge che sta descrivendo il comportamento di quei ceti dominanti che lui odia e il cui privilegio intende combattere. →Da qui derivano le sue contraddizioni. Ad esempio sempre nel Supplément polemizza contro chi vede nell’amore una norma eterna, e ne sottolinea l’effimera precarietà, dichiara assurdo il principio di fedeltà, della costanza amorosa in un mondo che conosce solo il mutamento, in cui tutto si logoro. Ma poi in una lettera a Sophie Volland, la sua amata, fa elogio della tahitiana incostanza e lascivia, ma vorrebbe poter garantire alla donna che ama un affetto non frivolo o effimero, e ricevere un amore eterno. È quindi una sorta di favola l’eden tahitiano: il filosofo può idoleggiarlo nostalgicamente ma deve poi in concreto muoversi nel suo reale orizzonte e criticare le leggi del suo paese, le leggi ingiuste ma deve anche obbedire ad esse in attesa della loro riforma. → insomma Diderot si atteggia come uno scrittore sovversivo ma rimane un brillante provocatorio riformista. È troppo legato ai modelli e allo stile di vita dell’Occidente per poter scegliere i percorsi selvaggi, solitari sui quali invece si muove, sicuramente più coerentemente, il suo avversario Rousseau. Ma le sue ambiguità e oscillazioni lo rendono umano e sono più convincenti delle posizioni rigide faziose. È pieno di dilemmi e contraddizioni, ad esempio il suo primitivismo non esclude la sua pasione per le arti e per il bello. Infatti in un suo testo Regret pour ma vieille robe de chambre, rimpiange la sua modesta vestaglia di un tempo e dice di odiare gli abiti preziosi che è costretto ad indossare, di cui è schiavo. Il filosofo nel nuovo abbigliamento sente di aver perso la sua identità. La sua stanza prima era un quadro armonioso e ora ha qualcosa di fastoso che sa di inautentico, quindi la modesta dimora è divenuta luogo di sfarzo e occasione di ostentato privilegio. Ma c’è ancora modo di intervenire per tornare alla primitiva mediocrità. Il filosofo è pronto a lasciare tutti i suoi beni superflui, tranne uno, il quadro di Vernet, immagine di sovrana bellezza. Tramite questa allusione a Vernet capiamo la vera natura del primitivismo di Diderot. Lui rifiuta l’astrazione del buon selvaggio di Rousseau. Diversamente da Rousseau, che ha contestano i vantaggi e il pregio delle scienze e delle arti, Diderot si serve più di argomenti 21 primitivistici come se fossero uno strumento di battaglia senza crederci del tutto. Non ama sicuramente l’ostentato fasto dei potenti ma non ama nemmeno la condizione del mondo selvaggio. Secondo lui una vita che si limita alla soddisfazione dei bisogni primari, senza arte, senza oggetti che commuovono per la loro bellezza, sembra grigia. Diderot ad esempio elogia le capanne degli indigeni di Tahiti ma ci vivrebbe ? Ddiderot, inventore di saggi filosofici è però conosciuto soprattutto per la sua opera narrativa: La Religieuse= storia di una monacatura forzata che è stata più volte avvicinata alla vicenda di Manzoni, della monaca di Monza. Jacques le fataliste= in cui il protagonista vuole narrare le vicende della sua vita ma poi si dilunga in divagazioni di vario genere Le neveu de Rameau= in cui questo personaggio si abbandona a geniali farneticazioni Les bijoux indiscrets (1748)= storia apparentemente dall’intento inverecondo e libertino ma di grande valore letterario. Diderot utilizza molti effetti satirici. E parla di gioielli perché essi rappresentano sempre la natura autentica e veritiera, una natura che invita alla ricerca del piacere fisico e nega ogni sublimazione spirituale. Esplode infatti nelle sue pagine la riscoperta settecentesca e illuministica della radice sensuale del bonheur, della sua dimensione corporea. Rousseau diceva che in assenza dell’oggetto desiderato la fantasia lo adorna ancor di più, in presenza dell’oggetto invece il meccanismo immaginativo non funziona e così ogni possesso si rivela alla lunga deludente e frustrante. Questo verrà chiamato da Stendhal meccanismo della cristallisation. Da qui deriva per Rousseau la necessità della rinuncia, l’astensione contemplativa, il paese delle chimere. Anche Diderot, e i philosophes e i libertini, riconoscono l’effimera durata del possesso, la nausea e il disgusto che subentrano al desiderio, la noia del volere soddisfatto, desiderio soddisfatto. Ma reagiscono in modo opposto a Rousseau: se ogni possesso alla lunga delude la soluzione non è la rinuncia. La soluzione è invece quella opposto, il rinnovo continuo, l’ansia di nuove esperienze, di nuovi piaceri e esplorazioni sempre nuove, ossia una strategia che sappia vincere il tempo e togliere la noia. Nonostante questo anche Diderot conosce le gioie interiori, oniriche e contemplative di cui però vuole fare a meno. Così Diderot non si situa nella dimensione della certezza ma in quella della ricerca. Il suo materialismo è lontano dal sensismo di Condillac: la materia per lui è vitale, è piena di dinamismo di energia che allontana ogni tipo di meccanicismo. Diderot scappa dalle posizioni spiritualistiche ma in fondo vuole sottrarsi alla povertà di ogni materialismo che è privo di prospettiva e di luce. CAPITOLO QUARTO : LA MONDANITA’ I salotti 22 È amica e amante di Voltaire, scrive trattati sulla natura, medita sull’umana infelicità e ne scrive. Scrive infatti la Réflexions sur le bonheur che sotto la raffinatezza nascondono il nucleo essenziale delle contraddizioni dei Lumi e ogni forma di razionalismo. Come Aristotele, come tutto il 700 pensa che l’uomo trovi nella felicità il suo bene supremo. Mescolando come molti dei filosofi, stoicismo ed epicureismo, propone da un lato la saggia sobrietà (un controllo dei desideri e delle passioni che può portare fino alla rinuncia), dall’altro il perseguimento libero e spregiudicato dei piaceri del vivere, dei piaceri che vanno dal gusto della tavola all’erotismo. I due atteggiamenti sono in contrasto: rinuncia e sobrietà, astensione, non corrispondono a scrupoli morali o a preoccupazioni religiose, ma sono dettate dalla regola della ricerca del piacere. Un eccesso di godimento genera sazietà, rinunciare però non significa arginare il piacere ma al contrario garantirne il più duraturo e raffinato perseguimento. Anche Epicuro dice ciò nella Lettera sulla felicità. La marchesa tratta anche il tema del rapporto tra felicità e virtù. Il piacere della virtù, secondo lei non va concepito con assoluto rigore etico, ma in riporto alla soddisfazione che si ricava dalla stima che gli altri assicurano alla persona virtuosa. Non si tratta perciò del bene per il bene ma del bene in funzione del prestigio mondano. La contraddizione di cui parlavamo riguarda il rapporto verità-errore, illusone-ragione. Madame scrive 20 anni prima di Rousseau, prima di Diderot. Non ha perciò avuto modo di riflettere sul divario tra attesa e possesso, tra speranza ed appagamento, ignora la dimensione metafisica del desiderio. Però anche lei sa che le illusioni sono necessarie e che senza illusioni non si è felici. Poi però condanna l’errore e tutti i pregiudizi e le credenze religiose, mai portate avanti dalla lucida ragione. La religione è errore perché propone alla mente un assoluto che è illusorio perché non è traducibile nella verità. Ma se è così allora sono errori anche il supremo, l’incorrotta giustizia, la virtù… Per la marchesa la felicità è nell’appagamento dei desideri, nel piacere soddisfatto: non è ancora maturata l’idea della fatale inferiorità di ogni appagamento rispetto al desiderio dell’attesa. Madame du Chatelet invita al perseguimento del piacere e lo descrive in sensazioni e passioni. Intuisce però che questi percorsi non portano a totali soddisfazioni e quindi evidenzia l’importanza delle illusioni, illusioni che diventa per lei metaforicamente come una sorta di vernice (ripensa al velo di Maya di Schopenhauer) che l’uomo sovrappone al reale e questo vernice non costituisce un errore.= l’illusione non è errore, l’uomo con l’illusione vede gli ideali. E cosa è in fondo l’ideale se non l’assoluto? Quel valore supremo che la ragione e il materialismo sensistico rifiutano e rendono misero. Anche l’amore lo definisce in termini di illusione: ci illudiamo sempre che la persona che amiamo possa ricambiare il nostro affetto con lo stesso ardore. La scrittrice sa che l’illusione è la spia dello slancio verso l’ideale ma non riesce a compiere il salto metafisico. Tra i piaceri del mondo lei pone anche la ricerca e gli studi severi, ovvero l’accrescimento del sapere. Questa curiositas non è solo un modo di fuggire alla noia, ma per lei è un modo di inseguire un ideale. Ma le ferree sbarre della ragione le impediscono sempre di andare più in là. Gli umanisti ad esempio nella curiositas avevano avvertito il segno di un’inquietudine metafisica. Lei pensa che “il presente si arricchisce del passato e del futuro.” 25 La scrittrice non pensava di sollevare antichi interrogativi, pensava di scrivere solo per dilettare le dame svagate e gli svagati honnetes homes che frequentavano la corte. Ma senza saperlo metteva a nudo le contraddizioni e le debolezze di un’epoca attesta ma, solo apparentemente, su posizioni di agnosticismo (dottrina filosofica che afferma l’incapacità umana di conoscere l’assoluto). L’ottimismo del secolo dei Lumi era solo una facciata per mettere al bando l’inquietudine da parte dei filosofi, e Voltaire prendeva in giro Pascal con i suoi dilemmi. Ma con gli sconvolgimenti della storia crolleranno le certezze della ragione e emergeranno le loro spaccature. Allora Pascal tornerà insieme al suo interrogarsi sulla distanza che separa desiderio e possesso. CAPITOLO QUINTO: I GENERI La poesia Il Settecento è davvero un secolo senza poesia? No. Il secolo è pieno di autori e di opere in versi, addirittura Voltaire, Rousseau e Diderot scrissero in versi. Si individuano tre tendenze in merito: 1. Classicista= sulla linea Boileau-Voltaire 2. Individualistica e indipendente= si riconduce al gusto rococò ed è caratterizzata dalla fluidità, gentilezza, grazia, sensiblità 3. Ritorno del didatticismo e dell’idea di impegno Fontenelle pensava che ormai nel 1700 non ci fosse più spazio per la poesia, perché si era nell’età della ragione. La poesia settecentesca ha anche scarso prestigio perché sfugge alle definizioni e alle opposizioni, infatti non ha più niente in comune con la linea della poesia inaugurata da Malesherbes e di Boileau, ma è anche lontana dall’orientamento espressivo che inaugurerà Lamartine con le Méditations. Non è quindi né classica né romantica, si definisce infatti per la prima parte del secolo: rococò. Mentre invece per gli ultimi decenni del secolo si collega ai canoni neoclassici (Foscolo, Keats, Lebrun…) Si può parlare quindi di rococò e neoclassicismo.  C’è inoltre un grande legame tra poesia e musica: Rémond de Saint-Mard nelle Réflexions sur la poésie del 1734 che i poeti hanno il compito di fare della poesia una specie di musica.  Si fa diffuso richiamo al “je ne sais quoi”, al “sesto senso”, a cui si affida il compito di avvertire il fascino musicale del linguaggio poetico. Ne parla Jean-Baptiste Dubois nelle Réfelxtions critiques sur la poésie et la peinture. Qui afferma la distanza tra fatto poetico e artistico e il rigore dello spirito geometrico.  Si assiste al trionfo dell’elegia, nella poesia. Genere che canta le passioni, l’amore, il dolore e che diventa strumento di autobiografia, ossia modo di mettere il versi le vicende personali. Nella poesia settecentesca ha grande importanza l’influsso anglosassone e germanico:  Avviene un recupero proposto da autori inglesi, di Omero o dall’ispirazioni biblica.  Si hanno anche traduzioni di testi poetici stranieri. 26  Mentre verso la fine del secolo si diffondono in tutta Europa il gusto sepolcrale e notturno, nei testi di Ossian, Hervey e Young. Louis Racine (1692-1763) Figlio del grande tragico. Non condivide l’opinione di Fontenelle e nei suoi scritti Sur l’essence de la poésie e De la poésie si mostra distante anche da Boileau, perché per lui l’essenza della poesia è nell’entusiasmo, nell’immaginazione, nell’esaltazione del cuore = la poesia deve saper rendere il linguaggio delle passioni e portare a pensieri sublimi grazie all’armoniosità. La ragione invece non può raggiungere gli stessi risultati. Per questo la poesia ha anche scopo didattico ad esempio quello di illustrare la verità cristiana, scrive infatti La Grace o La Religion. Francois-Joachim de Pierre (1715-1794) Era cardinale. Poeta e memorialista, ebbe importante attività politica come protettore di Madame de Pompadour, la favorita di Luigi XV. Svolse importanti mansioni come ministro degli esteri, come cardinale, arcivescovo, ambasciatore e fu riconosciuto per la sua abile diplomazia. La sua produzione poetica nasce da un clima salottiero e mondano. Inizia con alcune epistole, poi scrive due poemetti Les quatre parties du jour e Les quatre saisons e infine con La religion vengée affronta un tema più impegnativo: la polemica antimaterialistica. Nel suo stile sfrutta la mitologia e gli accessori mondani. È quindi importante personaggio storico e politico. Jean-Baptiste Rousseau (1670-1741) Da giovane ha insuccessi nella produzione teatrale e si accendono varie polemiche su di lui, gli viene mosso un processo di diffamazione e trascorre gli ultimi 30 anni in esilio in vari paesi europei. Nel 1722 incontra Voltaire. Si ispira a Marot, Malherbe, Boileau. Scrive epitres (epistole), cantates, allegorie, ma il suo principale titolo fu quello delle Odi, apprezzate per l’eloquente energia e per lo sfoggio di immagini ambiziose e sublimi. Le odi sono di varia natura: politiche, religiose, personali. Ad esempio una importante è L’Ode sur l’aveuglement de ce siècle. Le Harpe lo vede come il principe dei poeti francesi. Altri invece lo giudicano povero di sensibilità ed entusiasmo. Jean-Baptiste-Louis Gresset (1709-1777) Allievo dei gesuiti poi docente in vari collegi gesuitici. Raggiunge la notorietà con un poemetto Vert-Vert (1734)= storia di un pappagallo conteso dalle suore di due conventi. Grazia scherzoa, delicata malizia, e leggerezza del verso piacciono molto e 27 Scrive il poemetto famoso De l’invention in cui ricorre il pensiero “su pensieri nuovi scriviamo versi antichi”, che diventa l’emblema della sua poetica neoclassica, una poetica che comporta il rifiuto del gusto lugubre preromantico. Lascia incompiuti altri poemi aperti verso tematiche nuove e verso le dimensioni dell’assoluto e dell’infinito (Hermèes e L’Amérique). Lebrun riconosce la sua vocazione poetica mentre altri furono colpiti dal suo profondo pensiero. Più tardi Chénier aderisce alla Societe de 1789, appoggia la corrente moderata, legalitaria e costituzionalista, si stacca da Lebrun. Si allaccia al “Journal des indépendants”, e attacca i giacobini. Di conseguenza viene arrestato e condannato. Scrive pamphlets coraggiosi ma imprudenti, e la sua produzione combattiva e impegnata che lo portano alla condanna anche. (ex. Iambes). Anche i contatti con gruppi compromessi e sorvegliati, alcuni articoli e la fedeltà di amicizie fatte in Inghilterra, l’odio per d’Herbois a portarlo all’assurda condanna. La sua eroica fine segnò l’inizio del mito di Chénier e l’avvio alla sua rapida e ascendente fortuna. In carcere scrive Pour un jeune captive, che viene pubblicata in una rivista dal direttore. Il poeta fa dire ad una sua compagna di carcere il permanere in lei della speranza e lo slancio illusorio, ci dà quindi un modello di esemplare comportamento. Tratta anche il tema della triste fine di ogni attesa. Nel 1819 viene pubblicato il suo intero corpus poetico a cura di Latouche nonostante l’incompletezza. Hugo coglie il nesso tra neoclassicismo e preromanticismo in lui. Altri lo vedono modello dei romantici ma lo legano anche al pensiero illuministico. Lui è esponente del neoclassicismo tramite la diretta conoscenza di poeti greci, per la sua cura formale. La sua orginalità è nelle Bucoliques, una raccolta esemplare che concilia la tecnica e la partecipazione emotiva, ma ciò si vede anche nei frammenti poetici e nei Iambes(in esso trasmette un estremo, eloquente ed eroico e civile messaggio. Il romanzo Anche il romanzo settecentesco nasce dal modello anglosassone. Nel Journal de Savants si apre una rubrica con notizie letterarie londinesi e si parla di Swift e Defoe. Vengono tradotti Pope, Swift, Richardson e essi suscitano l’entusiasmo di tutti, anche di Diderot e Rousseau. Ha particolare fortuna Stern, di cui si traducono Tristan Shandy e il Sentimental journey. Sono opere interessanti per i temi che trattano, poco consoni all’ottimismo illuministico: temi dell’incomunicabilità, assurdità esistenziale, contraddizione e solitudine dell’io. Alain-René Lesage (1668-1747) Inaugura la narrativa settecentesca, insieme a Marivaux. Scrive le Diable boiteux, una satira della società parigina. Scrive anche Gil Blas de Santillane, con una trama narrativa legata alla tradizione del romanzo picaresco ma anche satira della società francese del tempo. Abbé Prévost (1697-1763) 30 Importante sul piano romanzesco. Di lui ricordiamo la vita movimentata, divisa tra rigore religioso e gusto per l’avventura. Allievo dei gesuiti poi dei benedettini, diventa abate ma poi fugge. È un poligrafo: traduce Richardson, pubblica i Mémoires et aventures d’un homme de qualité. Pubblica anche un giornale. Scrive Historie du chevalier Des Grieux et de Manon Lescaut. Des Grieux accetta le ragioni del mondo, assume come autentico il conflitto tra amore e virtù, definisce la passione come caduta verticale o in termini carcerari. La passione per lui ha componenti torbide, è frivolezza, desiderio di denaro, piacere, tormento, inquietudine, enigma. Le cinque sequenze del romanzo sono cerchi concentrici che si vanno allargando, passano dal bonheur al malheur. La passione stessa è infelice a causa dell’ambiguità e dell’oscurità che fasciano l’eroina, Manon è brava o cattiva? L’ultima sequenza purifica ed esalta, è una sorta di ascesa interiore. Il romanzo è un inno alla passione ma si risolve nei divieti pronunciati dalla ragione, nel ritorno alla vita saggia e regolata. Il mondo impone inibizioni e rinunce. Nell’Histoire d’une grecque moderne, torna il tema dell’insincerità, della distanza tra realtà e apparenza. Il dramma del romanzo nasce dalla fragilità del narratore nei confronti di se stesso, lui non riconosce i suoi sentimenti nella loro vera natura. Crébillon fils (1707-1777) Suo padre fu un tragico. Viene ammirato da Grimm e avvicinato a Marivaux e Diderot. Ma in genere è stato criticato come scrittore superficiale, e poco amato perché né devot né filosofo. In un suo racconto Ah quel conte! Il sultano respinge le riflessioni moralistiche e le analisi dei processi mentali, preferisce le indagini sul terreno degli affetti. La prefazione degli Egarements du coeur et de l’esprit è ancora più esplicita : i racconti non devono narrare eventi tragici e straordinari, ma devono seguire la natura. Nel Les heureux orphelins, dice che vuole parlare con il cuore, non narrare grandi eventi ma dare il tono della verità. Si sofferma sul sentimento amoroso e sollecita l’immaginazione. La sua opera Le sopha (analogo a Bijoux Indiscrets di Dideroo) viene criticata come pornografica, ma in realtà lui rappresenta scene di seduzione, perché in fondo l’atto sessuale non gli interessa, gli interessano gli effetti sul piano del rapporto sociale tra sessi. È rilevante anche il suo legame con la temporalità, lui vede il tempo come discontinuo, una successione di istanti e sensazioni: l’istante è pieno di possibilità, questo tema ispira il racconto La nuit, le moment. Quest’opera si fonda sul dominio della parola: da un lato tutto si dice senza che nulla sia detto, la sostanza erotica è filtrata attraverso un lessico allusivo, di assoluta castità, secondo l’elegante gusto rococò della Reggenza. Il linguaggio è quindi componente essenziale dell’eros, che a sua volta è divertimento, finzione, affermazione del piacere a scapito del sentimento, ma soprattutto gioco mentale, che organizza. Il romanzo più notevole è pero Egarements du coeur et de l’esprit, romanzo che ha un’apparenza giocosa. Qui c’è una totale incomunicabilità, c’è il mistero del cuore, e vince la finzione. Ritorna l’idea già incontrata in Marivaux: la sublimazione dell’eros è volontà di far tacere il proprio senso 31 di colpa. Diderot anche pensava che le sovrastrutture etico-civili reprimono istinti sacrosanti e la ragione complica la realtà sublimando l’istinto fisico. Crébillon definisce i caratteri del dandy, riconducibili alla ricerca della singolarità, della distinzione, in vista non del successo e del consenso, ma di una sorta di affinamento interiore, in vista del perseguimento della finzione. Sarcasmo, eleganza, originalità, plaisir d’etonner che esclude ogni volgarità. Rétif (1734-1806) È un altro narratore esponente della sensibilità settecentesca. Di origine contadina, personaggio eccentrico e dalla vita bizzarra. Rétif tratta le più varie tematiche: terreno utopico, erotico, legato alle vicende della Rivoluzione, autobiografico. La vie de mon père, è molto interessante, perché propone il profilo dell’honnete homme, ed evoca gli usi e costumi del tempo, di un mondo contadini di cui altri autori parlano poco. È un po’ prolisso e viene colpito anche per le sue contraddizioni: utilizza una vena moralistica ma anche uno spinto erotismo, ambisce ad una prosa classica ma non esclude le parlate popolari o dialettali. Si vede in lui un precursore del realismo ottocentesco. De Laclos (1741-1803) Viene spesso condannato per le sue Liaisons dangereuses, ou lettres recuillies dans une société et publiées pour l’instruction de quelqeus autres, del 1782. In esse mette a fuoco l’essenza del problema del male. Nel romanzo mancano del tutto frivolezza e sentimentalismo. Il tono è impassibile, austero e di rigorosa esattezza. Notiamo il suo pessimismo: il male esiste e trionfa facilmente perché ha un enorme potere di fascination. L’anima umana è corrotta. Utilizza molta terminologia di genere bellico: attacco, conquista, tattica, ed esalta una tecnica quasi militare. La conquista non mira tanto alla corruzione quanto al dispiegarsi di un’arte superiore, all’affermarsi dell’orgoglio di essere arbitri di sé e degli altri, cioè al rendere il possesso indipendente da ogni complicazione sentimentale. La fine tragica sottolinea il tono serio ed amaro di tutto il romanzo: esalta intellettualmente la ragione e l’apparente indifferenza per ogni morale, intende dimostrare che le passioni sono pericolose non solo per i rischi che comporta il libertinaggio ma anche perché il rifiuto del coinvolgimento affettivo è di fatto impossibile. Alla fine del secolo si affermano altri modi di scrittura e altri temi. Bernardin de Saint-Pierre (1737-1814) Di matrice rousseauiana, riprende la vena primitivistica nel celebre romanzo Paul et Virginie. Appare per la prima volta in un volume e contribuisce a quel ritorno alla natura che ormai 32 Di notevole importanza è anche la presenza italiana sulle scene francesi che si ricorda come theatre de la Foire perché gli spettacoli accompagnati da musica e danza si svolgevano presso le fiere parigine. Si tratta del theatre forain. Eredi della commedia dell’arte gli attori di solito recitavano a soggetto e vestendo panni di maschere nostrane, le pièces erano movimentate, farsesche e spettacolari e avevano successo presso il pubblico incolto. Un genere teatrale che ebbe particolare successo fu la comédie larmonyante, fondata sull’introduzione del patetico e intesa a far piangere più che a ridere. Il principale rappresentate fu de la Chaussée. Beaumarchais invece scriverà opere che daranno origine a grandi eventi musicali (Mozart, Rossini). Le barbier de Sèville ou la précaution inutile, in scena nel 1775, centrata sul tema della gelosia, la trama è antica e scontata ma la figura del protagonista è del tutto originale e le sue invenzioni sono imprevedibili la sua personalità avrà altri strani sviluppi nella seconda commedia sempre scritta da lui che sarà una forte satira sociale. La commedia è briosa grazie alle finzioni e ai travestimenti, ma anche per il furore verbale, le polemiche sociali, la filosofia che vi si coglie. CAPITOLO SESTO: MORALE E MEMORIA I moralisti Il secolo è percorso interamente da una vena moraleggiante, che filtra in tutti gli scrittori, non nel senso che essi propagano una morale predicatoria, ma perché al contrario vogliono mettere a nudo le ipocrisie della morale corrente, la realtà viziosa che si nasconde dietro l’ostentazione della virtù, seguendo la linea dei grandi moralisti dell’età precedente, come La Rochefoucauld e La Bruyère. Ecco alcuni nomi:  Campigneulles che scrive Anecdotes morales sur la fatuitè  Dufresny che si carattericca per lo stile reggenza, per l’intento satirico nei confronti dei vari aspetti della vita sociale e della cultura del tempo (matrimonio, giustizia, gioco, ambienti borghesi)  Duclos , che ha un legame conflittuale con gli enciclopedisti, autore di Considrations sur les moeurs de ce siècle, in cui è notevole soprattutto la penetrante vena satirica  Meilhan , autore di L’emigré, che scrive le Considérations sur l’esprit et les mœurs, opera insieme scettica e brillante di uno scrittore ambizioso e deluso, di un realista disincantato  Séchelles fu presidente della Convenzione poi venne gigliottinato perché legato ai philosophes. Scrive una raccolta di massime ispirate all’intento di esaltare la forza del carattere, l’indifferenza delle vicessitudini, la riflessione sul presente e sul futuro, il linguaggio chiaro e semplice  Antoine de Rivarol a cui si dà addirittura posto tra i filosofi di fine 700 che è però un testimone deciso dell’anti-Illuminismo, che vedeva come un modo di non cedere agli inganni e alle illusioni della ragione, era anche ostile alla Rivoluzione. Il suo scritto più famoso è De l’universalité de la langue francaise (1784). Viene apprezzato per la sua chiarezza, rigore e 35 buon gusto. L’opera è preceduta da un discours préliminaire che è uno scritto illuminante: accusa la nuova filosofia di aver distrutto senza costruire, di aver esaltato la ragione ai danni del sentimento quando di fatto il sentimento assicura un legame tra spirito e materia, accusa la nuova filosofia di aver voluto legare gli uomini al reale quando in realtà essi hanno bisogno dell’illusione. “voler disingannare gli uomini significa mettere in crisi il loro bonheur: è questo il crimine della filosofia” Ci sono però due nome di primaria importanza relativi uno alla prima e uno alla seconda metà del secolo. 1. Luc de Clapiers, marchese di Vauvenargues = nobile dalla cultura classica che ama la vita militare fino a che a causa di problemi di salute si ritira nello studio. Scrive Réflexions et maximes nel 1746, che esaltano in modi accesi l’ideale virtuoso e la ricerca della gloria, vedono nel sentimento e nella passione uno timolo alla ricerca razionale (I grandi pensieri vengono dal cuore). Non apprezza l’atteggiamento contemplativo e ogni austerità che porta allo spegnersi dell’animo. Azione, sentimento e speranza sono alla base di tutto per lui. Fa riflessioni brevi, ma a volte anche più ampie e complesse. 2. Chamfort (1741-1794) = scrive più di mille brevi testi che raramente superano la decina di righe, ma sono sempre densi, e di forte efficacia espressiva. È percorso da una vena autobiografica. È amico dei philosophes, autore di pièces teatrali, membro dell’Accademia, partecipa all’evento rivoluzionario, è amministratore della Biblioteque Nationale. Si mette contro i Giacobini e poi arrestato tenta il suicidio. Ha un’amarezza scettica e disincantata, fa una critica radicale dei comportamenti umani, una satira nei confronti delle vane illusioni e speranze degli uomini perché le speranze sono sempre deluse, generano nell’uomo tormenti. È quindi scettico e disilluso e ha uno stile scarno, asciutto e senza sbavature sentimentali. Chamfort dà prova del rigore mentale dei Lumi. I memorialisti Molti autori del 1700 amano rievocare il passato, con l’intento di determinare la verità, di mettere in luce una visione del mondo. Ad esempio lo fa Rousseau nelle Confessions, o Voltaire, che vuole chiarire quale sia stato il suo rapporto con Federico di Prussia. Ma vale per molti altri che vogliono: a. Lasciare testimonianza di vite avventurose e gioiose b. Lasciare per scritto la verità in merito a vicende anche drammatiche della loro esistenza Nel caso a. possiamo citare: Casanova, Madame Delaunay che dipinge un affresco della società francese, brillante al tempo della Reggenza, Boyer che scrive avventure ricche di fantasia e autobiografiche. Nel caso b. possiamo citare:  Madame Roland: moglie del ministro girondino, ghigliottinata dai giacobini senza motivi. I suoi Mémoires non corrispondono solo ad desiderio di tornare a un’infanzia felice, o di descrivere la cattività, ma vogliono anche prospettare una visione del mondo civile e libertaria, ispirata a Plutarco e Tacito, e portare testimonianza dell’assurdo procedere della giustizia rivoluzionaria. 36 Le sue memorie sono una delle più lucide e coraggiose narrazione autobiografiche del secolo. Testimonia perciò il drammatico momento storico.  Alexandre Tilly: scrive le sue memorie dove descrive la società francese alla fine dell’ancien régime ma parla di una rivoluzione ormai imminente ed inevitabile.  Abbé Morellet: scrive con accenti di rimpianto  Buzot Il trapasso da antico regime a Rivoluzione trova testimonianza complete in queste memorie. Altri tipi di memorie sono scritte da:  Richelieu (1696-1788): scrive memorie che divertono e incantano, prive di aura d’angoscia esistenziale. Anche se si coglie comunque un’ombra tragica di un secolo in cui la gioia dei pochi fiorisce su un terreno di soprusi e c’è chi vive nel privilegio a discapito di chi invece vive nella pena. Apre quindi un risvolto tragico dell’età dei Lumi, del secolo del bonheur e della ragione. C’è pero anche del positivo: dà una lezione libertina di fantasia ed invenzione, di esplorazione e gusto della vita.  Casanova (1725-1798): scrive Histoire de ma vie. Insegue i piaceri più dissipati ma intanto conosce Aristo e Tasso, e li legge nei salotti lasciando impietrito anche Voltaire. Vive le più erotiche avventure con gentildonne e prostitute. A Parigi suscita anche lo stupore di Crébillon recitandogli i brani delle sue stesse tragedie. Assiste a Molière e Marivaux, ed è ricercato da molti esponenti della migliore società. Osserva la città dei philosphes in modo lucido ed ironico, alternandosi tra salotti e case chiuse. È l’emblema di un mondo di luce e gioia scomparso, è l’uomo che sa vivere, conquistare e sedurre, dare sorrisi e orgasmi, passione e spirito ma che conosce tuttavia la scoperta di un infinito quasi Leopardiano.  Ligne (1735-1814): introdotto in tutte le corti, partecipa a tutti gli intrighi e le guerre, è suddito dell’impero. Conosce tutti i sovrani e tutti i salotti, è ospite di Voltaire ed addirittura di Rousseau. È un apolide, cittadino di molte patrie. Non si fa illusioni sulla durata dell’ancien regime, sa che finirà. Non ama la Rivoluzione perché ha distrutto la civiltà e la buone maniere, disprezza Napoleone ma non si angoscia perché pensa che: “la vita è un gran rondò, finisce press’a poco com’è cominciata”. Scrive i Fragments de ma vie, e dice di aver sempre evitato due tipi di sciocchi: i dogmatici che non dubitano di nulla e i cinici che dubitano di tutto. Secondo lui l’umanità deve essere sia nobile che libera, raffinata e spregiudicata, sistematica e libertina. Dice di non essere un libertino ma solo un uomo desideroso di avventure che si offre alle esperienze. Le sue pagine sono anche percorse dall’erotismo, ha avventure con dame e serve e narra avventure con maliziose allusioni. È in questo senso il fratello di Casanova. Non si pente di nulla vuole solo godere abbastanza prima di morire. Per lui la gioia assoluta è un dono dell’infanzia soltanto, e ogni avventura lascia un po’ di amarezza, o si spegne nell’assuefazione. Sa che il mondo nasconde degli istinti brutali e che bisogna approcciarsi al mondo con un po’ di distacco. Come tutti i suoi coetanei insegue il miraggio della felicità. (sono felice di essere contento di tutto e di poter fare a meno di tutto). Insegue piaceri amori, segrete passioni. È quindi un testimone di un’epoca, arbitro del gusto e dei costumi del suo tempo. Secondo lui nulla va ostentato le virtù dell’animo sono un segreto meccanismo. È pieno di riserbo, eleganza e apertura intellettuale. 37 tra filosofia e morale. Infatti Leclerc scrive Histoire naturelle générale et particulière, in 44 volumi che è la prima sistematica indagine su tutti gli esseri viventi, in particolare sulle razze umane. Questo orientamento scientifico si sviluppa con gli esponenti dell’ideologica, la corrente di pensiero che si basa sul contributo importantissimo di Condorcet. Condorcet esprime nell’opera Esquisse d’un tableau historique des progrès de l’esprit humain, nel 1794, esprime la sua fiducia nel progresso dello spirito umano, anche se la sua mente è aliena da ogni metafisica e da ogni retorica spiritualistica, lui è convinto di poter applicare la matematica alle scienze sociali, ricavandone leggi e calcoli di probabilità. Altri ideologues sono: Cabanis, Tracy (il più significativo rappresentante perché scrive sull’ideologia un intero trattato gli Eléments d’idéologie) Ma all’ideologia si collegano anche scrittori come Constantin, Fauriel, Degénerando. Degénerando va ricordato perché contribuì alla creazione di una pubblicazione periodica significativa. La scuola degli ideologi ha perciò importanza significativa perché mette a nudo la connessione dialettica che salda, al di là di ogni dualismo, vita morale a vita fisica, anima e corpo. Gli ideologi scoprono il valore dell’inchiesta programmata e dell’indagine interdisciplinare comparata, credono insomma nella possibilità di un discorso scientifico, fattuale, obiettivo in vista di una conoscenza più aderente degli uomini, civiltà e culture anche se il loro discorso non è polemico nei confronti dei vecchi miti e pregiudizi. Vogliono dare dignità ad una nuova scienza. SPIEGAZIONI IN PIU: ILLUMINISMO va dal 1701 al 1800 RIVOLUZIONE va dal 1789 al 1799 Compito degli intellettuali illuministi, che si autodefiniscono philosophes, deve quindi essere il coraggioso uso della ragione. Questa la responsabilità dell'intellettuale di fronte alla società in cui vive: un compito pedagogico di liberazione dalla metafisica, dall'oscurantismo religioso, dalla tirannia della monarchia assoluta. Questo programma educativo secondo Jean-Jacques Rousseausignificherà riportare l'uomo al suo iniziale stato di natura trasformandone la 40 spontanea bontà della condizione naturale in una conquista consapevole e definitiva della sua razionalità. La definizione illuministica della ragione è ormai lontana da quella classica prevalentemente contemplativa. Ora è concepita come funzionale e operativa: la sua validità cioè è dimostrata dai risultati pratici che essa consegue: la razionalità è valida se è in grado di spiegare e ordinare i fatti in base a leggi di ordine razionale. Ragione, natura, spontaneità coincidono nella visione illuministica nella convinzione che la natura stessa abbia dotato ogni uomo della istintiva capacità di comprendere che lo rende uguale a tutti gli altri a condizione che esso sia liberato dalla corruzione della superstizione e dell'ignoranza. L'uomo, liberato dalle incrostazioni del potere, userà correttamente e spontaneamente, (come secondo gli illuministi dimostrerebbe il comportamento naturale del cosiddetto "buon selvaggio") la sua ragione per procedere alla costruzione di uno Stato in cui le leggi, non più tiranniche, si fondino sul rispetto dei diritti naturali Quello del "buon selvaggio" fu un mito basato sulla convinzione che l'uomo in origine fosse un "animale" buono e pacifico, solo successivamente corrotto dalla società e dal progresso. Nella cultura del Primitivismo del XVIII secolo, il "buon selvaggio" era considerato più lodevole, più autenticamente nobile dei prodotti dell'educazione civilizzata. Nonostante l'espressione "buon selvaggio" fosse già comparsa nel 1672 in La conquista di Granada di John Dryden (1672), la rappresentazione idealizzata di un "gentiluomo della natura" fu ripresa dal Sentimentalismo del secolo successivo. Il concetto di "buon selvaggio" incarna la convinzione che senza i freni della civilizzazione gli uomini siano essenzialmente buoni, le sue fondamenta giacciono nella dottrina della bontà degli esseri umani, espressa nel primo decennio del Settecento da Anthony Shaftesbury, che incitava un aspirante autore «a cercare quella semplicità dei modi, e quel comportamento innocente, che era spesso noto ai meri selvaggi; prima che essi fossero corrotti dai nostri commerci.»[11] Il mito del buon selvaggio fu alimentato dall'azione missionaria dei Gesuiti [12] , iniziata fin dal XVII secolo nelle loro reducciones del sud America, soprattutto nel Paraguay, consistente nella realizzazione di centri (reducciones de indios) per l'evangelizzazione delle popolazioni indigene allo scopo di creare una società con i benefici e le caratteristiche della cosiddetta società cristiana europea, però priva dei vizi e degli aspetti negativi. Gli indios apparivano specialmente adatti per questo progetto data la loro natura essenzialmente recettiva dell'educazione dei Gesuiti. Ma ciò che faceva pensare che essi incarnassero la primitiva bontà dell'uomo non civilizzato erano le loro naturali inclinazioni artistiche soprattutto per la musica. Nell'illuminismo fu poi soprattutto Rousseau a propagandare la tesi del buon selvaggio, asserendo nel suo Contratto sociale che «l'uomo è nato libero e tuttavia ovunque è in catene». Voltaire gli rispose polemicamente con vena ironica che «a leggere il vostro libro vien voglia di camminare a quattro zampe, ma avendone sfortunatamente persa l'abitudine da più di sessant'anni mi è impossibile riprenderla ora». L'età dei lumi: con questa espressione, che mette in evidenza l'originalità e la caratteristica di rottura consapevole nei confronti del passato, si diffuse in Europa il nuovo movimento di pensiero degli illuministi francesi che in effetti affondava le sue radici nella cultura inglese. Voltaire, Montesquieu, Fontenelle riconoscevano infatti di essersi ispirati a quella filosofia inglese fondata sulla ragione empirica e sulla conoscenza scientifica, elementi essenziali del pensiero di Locke e di Newton e David Hume che risalivano a loro volta a quello di Francis Bacon.[14] 41 Se l'illuminismo assunse prevalentemente un'impronta francese questo si deve alle particolari condizioni storiche della Francia del XVIII secolo. Lo sviluppo della borghesia durante il regno di Luigi XIV è assicurato dall'assolutismo monarchico ed è fondato sulla distinzione tra l'uomo privato e quello pubblico. Il suddito potrà fare i suoi affari ed esprimere una certa libertà di pensiero ma questa non dovrà mai entrare in conflitto con l'autorità del sovrano. Alla borghesia evoluta, alla fronda nobiliare e al movimento ugonotto, che continuano nascostamente ad esercitare la loro critica, si aggiungono i nuovi finanzieri, creditori dello stato ma privi di potere politico che esprimono il loro dissenso nelle società segrete come quella della Massoneria. Quanto più repressa sarà la loro contestazione politica tanto più diverrà appariscente evidenziando così l'illuminismo francese che, rispetto a quello inglese, meno condizionato dal potere politico, diverrà il rappresentante dell'illuminismo in generale Una particolare funzione sociale e politica venne svolta nel "Siècle des Lumières" dai salotti letterari: una tradizione culturale già presente in Francia dai tempi di Luigi XIV quando ci si riuniva a intervalli regolari presso una signora di mondo nei «bureaux d'esprit».[15] Gli incontri erano ora organizzati da altolocati membri dell'alta borghesia o dell'aristocrazia riformista francese che erano soliti invitare in casa loro intellettuali più o meno noti per conversare e dibattere temi d'attualità o argomenti particolarmente graditi all'anfitrione come accadeva nel salotto di Madame Geoffrin che invitava celebrità letterarie e filosofiche come Diderot, Marivaux, Grimm, Helvétiuso nel salotto del barone d’Holbach, «le premier maître d'hôtel de la philosophie», (primo direttore dell'albergo della filosofia)[16] nella cui casa si riunivano Diderot, d’Alembert, Helvétius, Marmontel, Raynal, Grimm, l'abate Galiani e altri filosofi. In genere nei salotti si leggevano opere giudicate politicamente eretiche dall'assolutismo monarchico o si discuteva di cosa stesse accadendo fuori del mondo salottiero. In questo ambiente culturale svolgono un ruolo preminente le donne, le "salonnièries" (salottiere) alle quali il nuovo ideale egualitario illuminista offriva l'opportunità di collaborare, mostrando le proprie doti intellettuali, ad un progetto radicalmente riformista non più riservato a una cultura soltanto maschile. 42
Docsity logo


Copyright © 2024 Ladybird Srl - Via Leonardo da Vinci 16, 10126, Torino, Italy - VAT 10816460017 - All rights reserved