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Storia greca: definizione di grecità e caratteristiche generali, Appunti di Storia

Una lezione di storia greca che si concentra sulla definizione di grecità e sulle caratteristiche generali della storia greca fino al IV secolo. Si analizza la nozione di grecità che i greci avevano, la loro distribuzione geografica e la loro importanza in Asia Minore. Si esamina anche la definizione di grecità data da Erodoto, che si basa su quattro elementi: comunanza di sangue, comunanza di lingua, sedi degli dei comuni e usi e costumi. utile per gli studenti di storia antica e di cultura greca.

Tipologia: Appunti

2022/2023

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Scarica Storia greca: definizione di grecità e caratteristiche generali e più Appunti in PDF di Storia solo su Docsity! Storia greca 02 ott 2023 (da seguire fino al IV secolo). Manuale Cinzia Bearzot/Breglia–Raviola–Guizzi/Corsaro–Gallo. Caratteristiche generali storia greca: termini ed elementi di definizione essenziali. La nozione di grecità che i greci avevano: la Grecia non era un’area balcanica definita come lo è oggi. Molte città importanti della storia greca sono all’interno dell’area, però per i greci la nozione di grecità era una nozione diversa, più ampia. C’era storia greca dovunque ci fossero greci. Si sono sparsi, nel corso della storia, in vare aree del mediterraneo. Per un greco “essere greci” si può definire: dal punto di vista geografico è meno facilmente inquadrabile. Fondamentale la storia greca in Asia Minore. La parola greca è Ἑλληνικόν – Ἑλληνίς (greci). La definizione più completa dell’idea di grecità si trova in un grande storico di V secolo, Erodoto, alla fine del VIII libro delle sue Storie: nel racconto delle guerre persiane, si parla della seconda guerra persiana – quella invasione della Grecia balcanica fatta dal re persiano Serse nel 480 a.C. –. Si racconta di una grande vittoria greca che orienta le guerre persiane in favore dei greci: la battaglia navale di Salamina. Ruolo ateniesi nella coalizione antipersiana. Si racconta di una spedizione diplomatica del sovrano di Macedonia, Alessandro I, ad Atene, mandato dal generale persiano che guida l’esercito achemenide, all’inizio della stagione di guerra del 479: bisogna convincere gli ateniesi ad abbandonare l’alleanza antipersiana. Regno di Macedonia è regno vassallo della Persia. Si precipitano ad Atene anche gli spartani. Prima c’è un discorso di Alessandro di Macedonia, che porta le ragioni persiane; poi una doppia risposta ateniese: un discorso prima rivolto ai persiani, poi agli spartani, per rimproverare Sparta – riflette la storia contemporanea del conflitto del Peloponneso, una sorta di guerra civile. Nella parte iniziale del discorso si spiega come fosse impensabile che Atene potesse accogliere le proposte avanzate. Il discorso è concepito per porre nella miglior luce possibile gli Ateniesi. “[…] che gli Spartani temano che noi ci alleiamo con il barbaro è cosa assai umana. Sembra offensivo il vostro timore, poiché conoscete i sentimenti degli Ateniesi, che in alcun punto della Terra non c’è tanto oro o un paese che tanto si distingua per bellezza o fertilità che ci permetteremmo di parteggiare per i Medi”. Asia presentata come una Terra ricca economicamente: uno dei temi che connota la ricchezza è quello dell’oro persiano e la tentazione e corruzione che i greci potrebbero avere nei confronti di questo. “molte e gravi sono le ragioni che ci impediscono di fare questo: prima di tutte e più importante le immagini e le dimore degli dèi incendiate ed abbattute (prima di Salamina gli Ateniesi abbandonano, secondo la tradizione su consiglio dell’oracolo delfico, la città, che viene devastata dai Persiani che incendiano e distruggono l’acropoli ed i templi della città, ndr) che dobbiamo vendicare duramente.” La distruzione della città da parte dei Persiani va punita. “la seconda ragione è τό Ἑλληνικόν”. Qui c’è molta ideologia. In questo passo Erodoto spiega e glossa la nozione di grecità, ne dà una definizione. Quattro elementi espressi in parole greche: 1. ὅμαιμον: “comunanza di sangue, di stirpe; consanguineità”. Idea di una parentela che lega tutti i greci e viene narrativamente espressa attraverso i miti, sull’origine dei vari popoli e delle città, legati a eroi fondatori, che hanno tra loro legami di parentela più o meno stretta, determinata dalla maggiore o minore vicinanza geografica. 2. ὁμόγλωσσον: “comunanza di lingua”. La lingua è un elemento fondamentale, che permane in tutta la storia greca anche moderna e contemporanea. La lingua nell’ambito della liturgia ordotossa, nell’ambito religioso, ha permesso di perpetuare l’utilizzo della lingua stessa nel corso del tempo. La chiesa ortodossa ha storicamente un rapporto legato alla politica. La lingua della liturgia, molto legata al greco antico, alla katarephusa – lingua ufficiale dei testi di legge – è servita a mantenere questo ruolo della lingua nella definizione dell’identità e il rapporto del mondo greco col passato, con la storia greca antica. 3. θεῶν ἱδρύματα τh κοινᾷ καἰ θυσίαι: “le sedi degli dei comuni (i grandi templi panellenici) e i sacrifici”. Le grandi divinità (12, le principali del pantheon greco) riguardano tutti i greci. I sacrifici delle grandi feste panelleniche lo stesso. Per noi è meno scontato, ma l’elemento religioso è importante – sempre, nel mondo antico – perché la religione tanto in Grecia quanto a Roma è parte del pubblico. È parte essenziale della vita pubblica. Per la cultura europea, così come formata nel tempo. Nelle grandi adunanze religiose alle quali partecipavano greci provenienti da diverse città erano un momento di unità fortemente sentito. 4. Ethea ὁμότροπα: “usi e costumi”. Una serie di usi comuni che definiscono e contrappongono i greci ai barbari. Rispetto ad una moderna definizione di nazionalità o di nazione. Manca l’elemento territoriale. La nazione greca si definisce nel XIX secolo con i moti risorgimentali. Questa nozione di grecità è fondamentalmente culturale, più che politica. Oggi parleremmo di razzismo culturale – non biologico. Una certa forma di forte grecocentrismo non priva di connotazioni di razzismo culturale è presente nella nozione di “barbaro”. L’inizio del V secolo e le guerre persiane fissa nella nozione di barbaro anche una nozione etica, moralmente riprovevole. Diversità culturale e connotazione morale negativa. L’evento delle due grandi guerre persiane, 490 Maratona e la grande conclusiva vittoria dei greci a Salamina e Platea, dal punto di vista della storia greca rappresentano un momento importante per la definizione dell’identità greca: spesso i conflitti sono momenti in cui, per contrapposizione, l’identità dei contingentisi definisce per una contrapposizione polare. La definizione di grecità non nasce con le guerre persiane – Ἕλληνες stenta ad affermarsi: in Omero è una piccola popolazione della Tessaglia. In Esiodo si ha πανέλληνες –. Ἕλληνες si contrappone comunque ai barbari. Le guerre persiane favoriscono il processo di definizione. L’eredità delle guerre persiane, il portato di questa vittoria e la messa a frutto di questa vittoria è stata realizzata nel modo migliore dagli Ateniesi, che dopo le guerre persiane, anni 60–50 del IV secolo hanno promosso un’idea generale di grecità, cercando di farsene campioni, promotori, paladini di una sorta di unificazione – non politica, in senso nazionale. L’Atene periclea ha fatto molto per promuovere un’idea di grecità estesa a tutti, che superasse i confini delle divisioni delle grandi città. Erodoto, greco d’Asia, nato ad Alicarnasso, ha conosciuto il mondo persiano ed è poi arrivato ad Atene conoscendone l’armamentario ideologico, mette in bocca agli Ateniesi nel contesto delle guerre persiane la più completa definizione di grecità, derivata da un’opposizione tra greci e non–greci. L’idea centrale alla base dell’identità greca è l’idea di libertà. I non greci si caratterizzano dal despotismo (presenza di forme politiche personali all’intento di una forma politica in cui tutti gli altri sono politicamente soggetti). Poiché questa è all’interno di un racconto di una vicenda che ha promosso questa idea, messa in bocca ad un rappresentante della città che ha fatto di tutto per promuovere l’idea stessa, la definizione non implica che tutti i greci fossero d’accordo. Proprio perché nella nozione di grecità manca l’aspetto geografico, territoriale, dal sentimento nazionale dei greci dell’antichità è assente l’idea di una unificazione territoriale – al contrario, fondamentale nel momento della creazione degli Stati Ottocenteschi. Questo in parte sembra avvenire in una fase della storia greca, nel IV secolo, in cui assume ruolo fondamentale la Macedonia e Filippo II (359 a.C.) e l’egemonia della Macedonia sulla Grecia produce una certa unificazione del mondo greco. Alessandro III, Magno, realizzando un progetto già definito dal padre, compie una spedizione in Asia conquistando la Persia e determina una svolta della storia greca certamente diversa dell’ellenismo. Una caratteristica fondamentale della storia greca è il particolarismo: ciascuna delle singole comunità greche, prevalentemente le città, fosse fortemente gelosa della propria identità. È la maggiore differenza tra questa e la storia romana. Roma ha esteso cittadinanza, diritto e diritti collegati in maniera progressiva. La mancanza della rilevanza della unificazione territoriale, legata all’idea di grecità che i greci hanno, quindi legata al fatto che l’elemento geografico non ha ruolo identificativo, è stato considerato dalla storiografia come limite della storia greca. Ha avuto un ruolo fondamentale la storia degli studi tedeschi. In un periodo di formazione degli stati nazionali soprattutto tedeschi hanno considerato questa mancanza come limite. 04 ott 2023 Il problema della contrapposizione è posta da Erodoto in maniera tale che la proposta empia la fa un greco, non un barbaro – ed è vero che Pausania la respinge –. Il cadavere comunque non si trova, non sarebbe stato possibile infierire sul corpo. Siccome la battaglia di Platea è presentata come una vendetta rispetto a quanto avvenuto alle Termofile – la strage di Leonida e degli spartiati da parte di Serse. Il fatto che Serse decapiti Leonida e gli metta la testa su di una lancia è anomalo per gli stessi Persiani, perché di norma hanno grande rispetto per i nemici che compiano azioni valorose in guerra. Tanto era l’ira di Serse che si è sfogata in questo modo. Questo comportamento empio, questa proposta “anosiotate”, è respinta da Pausania. Momento di ridefinizione dell’identità greca, si nutre di contrapposizioni. Al momento in cui Erodoto scrive e alla redazione finale delle Storie la contrapposizione è molto problematizzata. Fase iniziale storia greca È stato osservato che l’Età del Bronzo rappresenta il grande serbatoio culturale alle spalle della civiltà greca (II millennio). È il periodo in cui si collocano i grandi miti della storia greca: età eroica. I grandi eroi sono quelli che nascono da un dio e una mortale. Conclusa l’età eroica con le spedizioni degli Epigoni contro Tebe (prima i Sette, tra cui Eteocle e Polinice; poi i figli dei Sette. Il ciclo tebano legato ad Argo è uno dei cicli più cupi della storia greca), e parallelamente la guerra di Troia. Le vicende dell’età eroica conoscono una conclusione drammatica, con due conflitti che sono al centro di altrettanti cicli epici. Nella riflessione greca sul mito è stato compiuto un sincronismo: è stato stabilito che la vicenda degli Epigoni che combattono contro la Tebe di Creonte fosse contemporanea alla Guerra di Troia: Diomede partecipa ad entrambe. Ritorni drammatici degli eroi achei o argivi sono accompagnati da una serie di vicende luttuose (Ulisse, Agamennone). Queste vicende drammatiche sigillano e concludono l’età eroica. La cronologia mitica – che si ottiene dalla tradizione letteraria – ci porta grossomodo intorno alla fine del XII secolo che è anche la cronologia su base archeologica che riusciamo ad ottenere per gli eventi conclusivi dell’età del Bronzo, quali la fine dei palazzi Micenei, la guerra di Troia. Nella ricostruzione del passato più remoto si fissano indicazioni di cronologia relativa: se la guerra di Troia è un evento che sancisce la fine dell’età eroica, con anche le disgrazie che accompagnano i nostoi dei greci a casa, e anche la migrazione di qualche troiano (Antenore, Enea), rappresenta anche un riferimento per le vicende successive: tra queste, la più importante l’invasione Dorica. Si individuano così due date: 1500 circa a.C. e 1100 a.C. (tardo–Bronzo in termini archeologici – età eroica in cronologia mitica). Periodizzazione storia greca La prima effettiva espressione politica culturale sociale ed economica che siamo in grado di cogliere è il periodo del tardo Bronzo (1600 – fine del XII secolo), corrisponde alla cosiddetta età Micenea. Ruolo fondamentale della città di Micene. Con il crollo dei palazzi – strutture che rappresentano il centro politico delle città e dei centri micenei – inizia una fase ribattezzata come età oscura, medioevo ellenico all’inizio del periodo arcaico (fine IX – inizio VII secolo a.C.). Mentre i micenei usavano un tipo di scrittura sillabica, di cui resta traccia nelle tavolette, questa scrittura era legata all’amministrazione e ai centri del potere, col crollo dei palazzi questa scrittura viene meno. Manca in questa fase la scrittura nel mondo greco. Tradizioni orali. Per ricostruire il periodo ci si basa sull’indagine archeologica. Questo non è un periodo di stasi: i processi in corso in questa fase ci sono meno evidenti per mancanza di documentazione. La memoria storica di queste fasi è affidata a tradizioni orali. La polis che vediamo all’inizio dell’ottavo secolo è frutto di lunga fase di elaborazione, che attraversa anche questa età “oscura”. Dal VIII secolo si parla di periodo arcaico, che si conclude al tempo delle guerre persiane. L’età classica è quella che spesso viene privilegiata: produzione politica, letteraria, artistica. Investe anche il IV secolo. La seconda metà del IV secolo vede emergere la Macedonia con Filippo II, e il figlio, Alessandro, compie questa epocale conquista dell’impero persiano (che dalla seconda metà del VI secolo era una delle interferenze più significative), ma la sua morte prematura segna l’avvio del periodo ellenistico, quindi la formazione di quei regni (Macedonia, d’Egitto, di Siria), che arriva fino alla battaglia di Azio, nel 31. La fase finale della storia greca è del periodo romano–imperiale. Una delle figure centrali legate al passato greco è quella di Minosse. Richiama Creta, che ha una storia particolare ed appartata. Le sue fasi sono parzialmente sfalzate rispetto al corso principale degli eventi della storia greca, questo ha una sua corrispondenza anche con l’indagine archeologica: le fasi più antiche della civiltà di Creta hanno un ruolo importante nel definire le prime fasi della storia greca, dell’età micenea. Nelle isole il periodo è detto ciclaico, a Creta minoico. I greci sentono che la loro è una storia che comincia più tardi ad esempio rispetto alla tradizione egizia. Nella storiografia di V secolo (Erodoto e Tucidide) si fonda sul deposito della memoria storica greca prima del VI secolo, cioè l’epica, prima dell’inizio della storiografia. Policrate è individuato come il primo che abbia progettato di dominare il mare: thalassokratein. Siamo nella seconda metà del VI secolo. A parte Minosse di Cnosso e semmai qualcuno dominò il mare prima di lui, ma della generazione umana Policrate fu il primo. Policrate è figlio di umani, Minosse di Zeus. Mentre Policrate è in piena luce di storia, si inserisce in una storia tutta umana, Minosse, a cui pure la tradizione attribuisce un ruolo di thalassokrate, è in un passato remotissimo, generato da una divinità, lontano dall’inizio della storia greca. Arkaiologia è la ricostruzione delle fasi più antiche. Tucidide mette al centro della propria narrazione un evento di storia contemporanea – guerra del Peloponneso (dal 431 al 404 a.C.) – questo indica che quel conflitto sia la vicenda più importante della storia dei greci. Nessun evento precedente a quello fu tanto significativo. Tra i personaggi evocati c’è anche Minosse. Quando Tucidide parla spesso polemizza su ciò che ha detto Erodoto. [Opsis akoè e gnome: visione diretta, tradizione orale, riflessione dello storico. ] A Minosse si giunge solo con la tradizione orale. Minosse fu il primo a colonizzare, dopo aver scacciato i Cari – popolazione che si trasferì in Asia Minore – e fece capi i propri figli. Azione politico–militare che ha anche un fine economico. Idea di controllo del mare, di cui sono rilevanti anche le cadute economiche. Caratteristiche fondamentali della cultura micenea sono di derivazione cretese, a cominciare dalla lingua. Storia micenea e minoica confluiscono perché il palazzo di Cnosso – uno dei centri principali dell’isola di Creta– viene conquistato dai micenei. Per comprendere la storia greca bisogna considerare il quadro generale: l’interazione tra mondo greco e le città confinanti è essenziale. Due fasi fondamentali: antico minoico e medio minoico I II e III. Prima fase, circa un secolo, proto–palaziale (1900–1800) che conosce una improvvisa distruzione. Distruzione e ripresa, con una fase di costruzione di edifici ancora più ampi, la fase neo–palaziale (1700 a.C.) che dura fino al tardo minoico IB in cui c’è un cambiamento sostanziale all’interno del palazzo di Cnosso: corrisponde probabilmente ad una conquista del sito da parte di popolazioni esterne che vanno identificate con i Micenei. Popolazioni provenienti dalla Grecia e dall’area balcanica, che hanno grossi debiti dal punto di vista politico e culturale col mondo minoico; superano i maestri e si impadroniscono del sito. Lo vediamo anche nella comparsa di iscrizioni che usano gli stessi segni della scrittura minoica lineare A, ma con valore diverso, soprattutto esprimendo una lingua che è il greco miceneo, prima attestazione sia pure in forma sillabica della lingua greca, in età storica vicina all’arcano cipriota (nel corso del IX secolo a.C.). Negli autori di V secolo (Erodoto e Tucidide) thalassokrazia non è tanto “familiarità con la navigazione”, ma un dominio sul mare. Il tratto di mare, nel caso specifico, è quello antistante Creta e alcune delle Cicladi di fronte a Creta. Tucidide diceva che Minosse avrebbe controllato e liberato dalla pirateria quel mare, mettendo come governatori delle isole i suoi figli. Thalassokrazia è il controllo militare di una determinata entità politica e su determinato spazio marittimo e territori in esso contenuti. Il tardo elladico (1600–1500) è la denominazione specifica dell’età del Bronzo nella penisola greca. Il tardo elladico è caratterizzato da fasi diverse. L’attestazione del periodo nella Grecia centrale vede un improvviso sbocciare di ricchezze. Tardo elladico IIIB e IIIC sono segnati dalla fine della fase politicamente rilevante del mondo miceneo (che poi come sempre continua, ma va affievolendosi duramente). In area laconica (regione del Peloponneso meridionale, insieme alla Messenia) si diceva non ci fosse un palazzo miceneo, ma il “menelaion”. Area più significativa Argolide, al centro dei cicli epici fondamentali. Come anche la Beozia. Tra le due dialettica politica. Forniscono la cornice dei principali cicli epici (argivo e tebano) corrispondono ad aree significative per il periodo miceneo che è in termini storico–archeologici il corrispondente di quello che i greci chiamavano età eroica. Ricchezza delle tombe indica ricchezza della società. Si pone il problema della provenienza di questa rapida ricchezza. È possibile che ci sia stata una partecipazione dell’élite dei palazzi Micenei a traffici commerciali di beni di prestigio che investivano anche aree controllate dal mondo miceneo in cui ruolo fondamentale hanno Egitto e Creta. È una esibizione di prestigio. La data della decifrazione della lineare B è 1952. Frutto di un architetto e un linguista di Cambridge. È una scrittura sillabica. È documento del fatto che il greco miceneo è greco a tutti gli effetti. Segni della scrittura lineare A, così siamo in grado di leggere ma non di capire. La lineare B invece è comprensibile. PY Er 312 (Pilo, Luogo – Area ritrovamento – numero). Il prestigio politico del personaggio è direttamente proporzionale alla quantità di beni che riceve. La società micenea è a vertice monarchico, ma la monarchia non è assoluta, il quadro socio–politico è articolato. Il vertice della società micenea è rappresentato dal wanax (wa–na–ka nelle tavolette) e dalla struttura palaziale. Poi ci sono singole unità territoriali dette damoi cui si collegano forme di forza lavoro dipendente. La parola che attestano le tavolette in lineare B è do–e–ro che corrisponde a doulos, servo o schiavo, o comunque indica una forma di dipendenza. Oiodoeroi, gli eroduloi, forme di servizio legate all’ambito culturale e religioso. Il lawaghetas affianca il ruolo politico del wanax, e una fascia intermedia di titolari di benefici, teletai, o altre figure che costituiscono in forma embrionale quello che poi nella società della polis arcaica chiamiamo come “aristocrazia”. Che rapporto c’è tra questa e la società che siamo in grado di cogliere nel momento in cui la storia greca ricompare in piena luce? La novità significativa è la polis, diversa dai regni Micenei e dalla struttura palaziale della società micenea, ma con questi conserva un qualche rapporto. Per comprenderlo bisogna riflettere sulle tradizioni e su quello che noi sappiamo: documentazione archeologica e fonti sulla fine del periodo miceneo e i secoli immediatamente successivi, non documentati dalla scrittura – fortemente legata alla struttura politica e sociale. Col suo venir meno, per invasione e distruzione dei palazzi, viene meno anche l’apparato amministrativo e quindi la documentazione scritta che l’accompagna. Il processo che porta alla creazione della città ha radici lunghe, tiene presente anche aspetti della società micenea e la modalità della conclusione. fermano col nome di Machednoi > Machedones, i Macedoni. Nel Peloponneso acquisirono il nome di Dori: nella ricostruzione delle fasi più antiche della storia greca i Dori non sono menzionati: si allude a loro ma il loro nome non è mai fatto, solo una volta nell’Odissea. 10 ott 2023 A ridosso e dopo la fine dell’età eroica secondo la tradizione greca: Più l’archeologia indaga un sito più coglie elementi di continuità. Nella scelta di una cesura c’è un aspetto di simbolicità. I portatori di novità furono i Dori: dalla Grecia centrale, ottant’anni dopo la guerra di Troia, si insediano nel Peloponneso. Lì acquisiscono il nome di Dori secondo la tradizione. Dalla fine del mondo miceneo e i cambiamenti nella Grecia del X secolo sono chiamati i “secoli bui”. Più che una invasione è una migrazione non caratterizzata da particolari eventi distruttivi, né i Dori appaiono nella tradizione come grandi costruttori, cioè legati ad edifici specifici. Se ci sono delle cinte murarie antiche in un sito gli antichi greci parlavano di mura ciclopiche. La cosa che identifica in maniera più precisa i Dori è un riferimento ad alcune istituzioni di cui sono portatori, in particolare un’organizzazione di tipo tribale, caratterizzata da tre tribù: ilei, dimani e panfili. Queste costituiscono la novità, la dimensione costruttiva all’interno della società. Organizzazione di una società e di un territorio conquistato. C’è un rapporto complesso dell’arrivo dei Dori con la cultura rispetto a cui si sovrappongono: Tucidide dice che a guidare la migrazione di questo popolo che determina la facies culturale e linguistica in forme diverse rispetto all’età micenea, sono i discendenti di Eracle. Questo ha anche conseguenze nella struttura politica in una delle città doriche per eccellenza, Sparta: la legalità si esprime in una forma doppia, in diarchia. I due sovrani che regnano Sparta sono eraclidi, risalgono a una figura mitica pre–dorica, Eracle, prima della guerra di Troia. Il rapporto dei Dori è anche un rapporto di riappropriazione del passato, come legittimazione della loro presenza in quel territorio. Il fatto che ci siano tradizioni relative rispetto all’arrivo dei Dori è frutto di tradizione – cultura del falso – oppure, essendoci questa componente di uso ideologico e ai fini di definizioni di un’identità c’è anche una utilizzabilità di questa tradizione per la ricostruzione delle fasi più antiche della storia? La tradizione registra una serie di sommovimenti, di crisi, di difficoltà, eventi bellici, di distruzioni precedenti. Eracle, il capostipite degli eraclidi che guidano la migrazione dorica, partecipa ad una serie di conquiste nel Peloponneso e conquista diritti che permettono la legittimazione degli eraclidi di raccogliere le eredità del trisavolo. Eventi che mettono in crisi l’età eroica che mettono in condizione di un periodo di vuoto, riempito con la migrazione dorica. >> teoria dei “due tempi”: fase iniziale di crisi all’interno del mondo miceneo dovuta ad un concorso di cause, all’interno della quale, in un secondo momento, che vede in questo vuoto l’arrivo di una nuova popolazione che comporta cambiamenti. Non si deve collegare la fine del periodo miceneo all’arrivo dei Dori. Già nella tradizione tracce di una crisi che scuote il regno miceneo. I Dori arrivano in una fase successiva – circa tre generazioni dopo – e colgono uno spazio che si rende disponibile per la caduta di centri di potere efficaci e concorrono ad avviare una serie di novità, la più significativa delle quali l’organizzazione politica della città nella (nell’VIII secolo). La πόλις è frutto di un processo che dura nel tempo, ha radici lunghe in una serie di esperienze di insediamento che caratterizzano la storia greca nel corso delle età oscure – medioevo ellenico. L’archeologia non conferma il mutamento etnico. Più essa progredisce più affina i propri metodi ed è in grado di riempire le lacune della ricerca passata. È comunque in grado di cogliere mutamenti diversi da quelli della tradizione storica. L’archeologia coglie prevalentemente trasformazioni interne, movimenti che hanno una viscosità che non permette di vedere cesure o passaggi netti. Valuta la persistenza degli insediamenti, la continuità dei siti. Coglie la lunga durata, la tradizione storica la scansione i singoli eventi. 11 ott 2023 Πόλις , la descrizione dello scudo di Achille nell’Iliade – libro XVII La πόλις è una realtà fisica, in cui c’è un luogo non molto ampio dove si trova una realtà istituzionale e sociale caratterizzata da una comunità di uomini, che normalmente non supera il limite di 10'000, che in totale libertà ed autonomia si dà un ordinamento politico (aristocratico, democratico, oligarchico…) e delle leggi che regolano la convivenza. Normalmente ha una parte rialzata (un’altura) che è l’acropolis, la sede dei culti e dei luoghi che rappresentano l’identità cittadina. Ha una consistenza urbanistica che può variare: il territorio circostante (la campagna) è parte integrante della πόλις, è coltivata ed è essenziale per l’economia. Ha una forma di autarcheia – autosufficienza – dal punto di vista economico. Il nucleo urbanistico caratterizzato da un’acropoli e da un’astu, cioè una parte bassa, e il territorio circostante (xora), sono le parti della πόλις che sono intrattenuti da continui scambi. Non è comunque l’unica forma statale: esisteva anche un ethnos, “popolo”, che possiamo tradurre oggi come stato federale: Focide, Locride e Tessaglia hanno delle città ma qui domina la struttura federale dell’ethnos. Assumerà tra l’altro un ruolo importante in età ellenistica, come ad esempio la lega etolica che si confronta con la lega achea. Esempio di eredità micenea è l’acropoli, la parte alta legata al luogo del potere (posta su una collina meno alta rispetto a quelle dove si collocano i palazzi Micenei) sia sacrale che politico, largamente simbolico non soltanto confinato nella parte alta della città, ma diffuso tra tutti i politai, cittadini che abitano la πόλις e sono azionisti della città, hanno una partecipazione che diventa pienamente egualitaria con la democrazia, ma che comunque vede anche nelle altre forme di governo una diffusione del potere tra i vari detentori. In greco il nome di una città può essere identificato anche dai cittadini, come ad esempio succede a Sparta, i Lacedemoni – la città di Sparta – perché tutti i cittadini sono detentori del potere (esclusi gli schiavi, gli stranieri e le donne): non esiste distinzione militare, le due cose vanno insieme. Ogni cittadino è geloso della propria cittadinanza e molto raramente i greci concedono la cittadinanza agli stranieri: le condizioni devono essere discusse in assemblea. Altro elemento di eredità micenea si trova dove la forma palaziale è stata documentata con più forza. Dopo il crollo si verifica meno forte l'emergere di realtà locali, e i fenomeni di sinecismo, cioè di accentramento del potere in un singolo centro, sono più rari; invece, dove la presenza del palazzo è stata meno accentratrice le realtà locali hanno goduto di maggiore autonomia. Ci sono aspetti dell'eredità micenea che sopravvivono all'interno della πόλις e sono esistite varie forme embrionali di esperienze cittadine che si sono organizzate politicamente: nel secolo VIII (per comunicazione tra diverse forme di esperienza) da queste molteplici esperienze comincia a formarsi una forma comune della città (al di là delle differenze regionali che pure continuano a sussistere) e si creano degli elementi inevitabilmente comuni che definiscono ciò che è una città. Descrizione dello scudo di Achille È rappresentato il conflitto tra Achille e Agamennone, perché quest'ultimo gli toglie parte del bottino (la schiava Briseide) ledendo l'onore dell'eroe - civiltà della vergogna e città della colpa: l’Iliade è un esempio dell'etica aristocratica, in cui il ruolo della sanzione sociale e difesa del proprio status è fondamentale. Achille si ritira dal combattimento - i greci tentano di convincerlo con ambascerie, in una situazione favorevole ai troiani per cui Patroclo chiede di combattere con le armi di Achille, e viene ucciso da Ettore; Achille decide di tornare a combattere ma ha bisogno di nuove armi perché le sue sono state sottratte da Ettore. Teti si reca dal più grande artigiano che esista: Efesto (dio zoppo, marito Afrodite la ma lei lo tradisce con Ares) capace di costruire armi nella straordinaria fucina eccezionale di Efesto, dove i mantici si muovono da soli, le assistenti sono delle statue semoventi, l'immaginazione greca rappresenta nel mito una forma di lavoro che fa a meno del ruolo degli schiavi: i mantici si muovono secondo il volere di Efesto, nel fuoco il dio getta bronzo, oro e argento e inizia la costruzione delle armi. Lo schermo dello scudo ha delle immagini in movimento (i greci hanno immaginato il cinema): lo scudo è grande e pesante, in ogni parte adorno, luminoso, splendente, immagini distribuite in fasce concentriche. nella nascita delle leghe sacre di città intorno a un santuario (Delo) e di leghe di popoli di città e di conflitti interregionali tra VI e V secolo, si colorano di tinte politiche diverse. Unità culturale nell’ambito ionico, intorno ad Atene, e nell’ambito dorico intorno a Sparta. Da un lato, la colonizzazione, cioè la fondazione, l’esportazione del modello cittadino da parte dei greci in altre regioni del mondo greco, verso l’Asia Minore, verso il Mar Nero, nelle coste settentrionali dell’Egeo, come anche verso Occidente, in una serie di fondazioni e insediamenti sempre più fitti, lungo le coste dell’Adriatico, che in Italia Meridionale, la Francia e la Spagna. Dall’altro la tirannide: elementi fondamentali della cultura cittadina, fondamentalmente aristocratica di base oplitico–contadina. Le élite che governano e sono a capo delle diverse città sono ristrette , e la straordinaria crescita demografica mostra nel tempo una adeguatezza di queste élite; quindi, c’è una crisi interna all’aristocrazia che produce tensioni, che esplodono in forme di potere personale, indicate come turannis, non subito con connotazione negativa, che nascono spesso come un atto di forza. Il terzo elemento è un’altra possibilità di riforma dell’élite al potere è della definizione di leggi più precise, l’attività di legislatori – spesso alternativa alla tirannia data dalla crisi che le aristocrazie attraversano. Legislazioni scritte, tranne Licurgo a Sparta. Tre elementi fondamentali che caratterizzano la vita della città tra VIII e VI secolo, che nelle diverse manifestazioni articolano il quadro generale, la forma comune della città rappresentata all’interno dello scudo di Achille. Quadro generale della crescita della città: dopo aver rappresentato nel cap XII le tensioni e instabilità della Grecia in età post–troiana, Tudcidide nel cap XIII inizia a delineare elementi fondamentali dell’inizio di nuova crescita della Grecia. Esuchia, tranquillità, in cui inviarono colonie: riferimento alla prima colonizzazione (nel corso del X–IX secolo) che comporta la fondazione di città greche sulle coste dell’Asia Minore. L’arrivo dei Dori nel Peloponneso comporta lo spostamento di altre popolazioni. Colonizzarono la Ionia e gran parte delle isole, la Sicilia – colonizzazione politica di età arcaica che porta nuove poleis in Italia. Mediterraneo sia ad Oriente che a Occidente. Tutte queste fondazioni avvenivano dopo la guerra di Troia. La prima colonizzazione, e poi una crescita straordinaria che investe tutto il mondo greco. Crescita economica, demografica, quindi una maggiore complessità sociale, che Tucidide coglie nella Grecia del V secolo. In greco, tutto questo, è detto attraverso una serie di genitivi assoluti. Non più economia di sussistenza, ma accumulazione di ricchezze. Nelle città delle tirannidi, la Grecia apprestava flotte e si dedicava al mare. Rispetto all’economia principalmente agricola è sempre più prominente il ruolo del commercio. Tensione tra élite tradizionale e nuove componenti della società che si arricchiscono, e l’inadeguatezza delle strutture politiche tradizionali produce conflitti, che hanno come effetto immediato il sorgere di forme di potere personale, che in qualche modo rispondono e cercano di mediare all’interno delle tensioni sociali, che producono tra l’altro nuove forme di economia, come artigianato e commercio. 16 ott 2023 Rappresentazione universale della città arcaica aristocratico–contadina. Il carattere ideologico della rappresentazione è dato dal fatto che l’universo stesso è rappresentato come una città. Aspetti della vita cittadina rappresentati con gli elementi fondamentali costitutivi. Dal VI secolo la storia greca è investita da alcuni fenomeni che iniziano quel processo di differenziazione delle diverse città che portano progressivamente una differenziazione che culmina nel V secolo con la contrapposizione radicale tra una città con ideologica oligarchica, Sparta; e una con una cultura democratica, Atene. Tre fenomeni fondamentali: 1) movimento di colonizzazione; 2) sviluppi istituzionali e politici delle città greche che portano al sorgere delle tirannidi; 3) come alternativa alla tirannide la presenza di legislazioni per lo più scritte (Licurgo orale, la più esemplare). Fenomeno della colonizzazione Distinzione tra la “colonizzazione politica” di età arcaica, comincia nel corso dell’VIII secolo, e le frequentazioni e presenze delle “colonizzazioni di età micenea” in Oriente ed Occidente – in Oriente spesso dove poi sorgeranno le πόλεις. Il termine colonizzazione è stato contestato negli ultimi decenni: il termine evoca, a partire dalla traduzione latina, la colonizzazione degli imperi europei della storia moderna e contemporanea. Siccome il tema della decolonizzazione in generale ma anche specificatamente nella storia greca ha una storia particolare. Il rapporto tra il paese che fonda le colonie e le colonie non è lo stesso nella Grecia antica. Sono stati proposti nomi alternativi, ma con scelte mai realmente condivise e poco felici. Un’alternativa è la parola greca che indica colonia, nuovo insediamento, nuova città: αποικία. Significa un insediamento che viene fondato a partire da una casa, da un focolare. Rapporto stretto in greco tra rapporto familiare e politico e dei rapporti interstatali. La nozione di focolare si applica tanto alla casa quanto alla città. Mentre in età micenea abbiamo presenze anche significative di greci sia in Oriente che in Occidente, documentate soprattutto dalla ceramica, che ci dicono di presenze significative di greci, queste presenze risultato per lo più appoggiate alla realtà locale, non creano un insediamento indipendente, autonomo, distinto. A partire dall’VIII secolo i greci formano insediamenti autonomi delle πόλις. La novità è che esiste la città, il modello di città, anche esportato; πόλις che possono anche essere in rapporto conflittuale con il territorio in cui si insediano. La rappresentazione delle fonti letterarie che comunque ha carattere anche ideologico è del territorio in cui si creano insediamenti come territorio vuoto, solitario, come ήρεμος χώρα. Anche il rapporto tra i greci che arrivano e la popolazione indigena cambia da luogo a luogo. Non c’è un modello unico di colonizzazione, ma una novità che porta a insediamenti distinti, le πόλεις. Racconti di fondazione di questi siti: in greco sono chiamati κτίσις, la fondazione in sé e il racconto della fondazione. Anche per le colonie più antiche il movimento, la vicenda che porta alla nascita di un nuovo insediamento si presenta come tendenzialmente centralizzato e organizzato a partire da una città, la madrepatria, che porta un gruppo di persone di quella città guidato da un fondatore –spesso appartenente all’élite della città, anche con posizione marginale – che porta questo gruppo di άποικοι guidati da un οικιστές ecista) a fondare una nuova colonia. L’atto della fondazione è rappresentato come un fatto puntuale, un movimento che avviene nel tempo e nel racconto racchiude in sé tutti gli elementi fondamentali della fondazione. La documentazione archeologica mostra che nei luoghi in cui troviamo nuove città. C’è già una qualche documentazione datata a un periodo precedente. La fondazione di nuove città è un evento specifico o è un fenomeno che si struttura nel tempo e poi invece nel racconto che i greci fanno – soprattutto per le più antiche fondazioni – diventa un fatto centralizzato in cui tutto avviene più o meno ordinatamente? Un racconto relativo alle origini, κτίσις, ha un valore ideologico. Questi racconti possono mutare nel tempo, ci può essere un’evoluzione di queste tradizioni. Il carattere paradigmatico, l’intento di voler raccontare qualcosa delle città nel suo insieme fa sì che ci sia un elemento di rielaborazione, di costruzione, un tasso ideologico in questi racconti. Ritenere che in realtà non ci sia mai stato un evento puntuale di fondazione, e che i processi di colonizzazione non abbiano alcun rapporto con la realtà e che siano stati creati in età successiva proiettando sulle origini un modello che si riferisce solo a fasi più recenti non è corretto. Per molti siti rilevanti l’insediamento dei greci rappresenta un fatto che costituisce una cesura netta nella storia di quell’area. La presenza greca, sia pure non sempre e non sempre allo stesso modo significativa, è una presenza organizzata che comporta una serie di fatti di fondazione organizzati che determinano un cambiamento nell’area. Le aree che partecipano più intensamente alla colonizzazione delle fasi più antiche, VII e VIII secolo. Non partecipano aree protagoniste in età micenea: l’Attica, Atene si inserirà tardi; così l’Argolide, la Beozia. Particolarmente attive nella madrepatria zone centrali come Corinto e Megara; città dell’Eubea, sullo stretto braccio di mare che separa l’Eubea dall’Attica; Peloponneso settentrionale, l’Acaia, le cui città sono a capo di fondazione di città importanti nell’Italia meridionale come Sipari, Crotone, Metaponto. In quest’area nascerà la concezione di magna Grecia. Nel Peloponneso città che sono all’origine di fondazione in Occidente. Lessico familiare: le città fondatrici sono μητροπόλεις, le colonie sono “figlie”. Rodi, Lesbo, Mileto: il rapporto tra la madrepatria e le colonie è più stretto. Si parla di fenomeni di tipo “imperiale”. Corinto e Calcide si espandono contemporaneamente, c’è una distribuzione delle aree di reciproca integrazione. Si scontrano per la pianura dell’Elianto, e vede la vittoria di Calcide. La più antica fondazione è Pitecussa, isola di Ischia. È fondata intorno al 770 a.C. e da qui proviene una delle più antiche iscrizioni greche, la coppa di Nestore: testo metrico inciso su una coppa che allude ad una figura dell’Iliade. Uso avanzato e raffinato della scrittura. La colonizzazione di Pitecussa precede la fondazione di Cuma: la crescita della città di Cuma penalizzerà Pitecussa, che si presenta come insediamento dotato di scarso territorio, anche se fertile per quanto riguarda la viticultura, e caratterizzato anche dalla presenza di metallo prezioso, oro. Quartieri scavati con fornaci per la lavorazione del ferro. Su questo sito c’è stata una discussione, perché gracile e poco strutturato, e comunque perché drena le forze della città di Cuma, si è discusso sulla sua natura: emporio, o insediamento. Le caratteristiche territoriali, urbanistiche, monumentali e funzionali di Pitecussa non sono caratteristiche che altre colonie assumono – avendo cinta muraria, monumenti, edilizia sacra e pubblica – che le altre fondazioni assumono nel corso del tempo, che però richiede uno o due secoli per essere superata. Le fondazioni iniziali sono più esili, si strutturano col tempo. Caso significativo: Megara Iblea, fondazione dei Megaresi da Isea. La città di Megara viene distrutta intorno al 483 dal tiranno di Siracusa Gerlone, con una serie di campagne militare che gli assicurano stretto controllo del territorio nella Sicilia sud–orientale. Megara, fondata non molto dopo Siracusa nel 728 a.C., è distrutta dopo alcuni secoli di vita. Non c’è una continuità nell’abitazione. Siracusa ha una continuità abitativa che rende difficile l’indagine archeologica. Questo ha permesso che gli scavi del sito fossero particolarmente rilevanti e di ricostruire anche le fasi più antiche della storia della città. Fin nell’VIII secolo c’è una organizzazione degli spazi all’interno della città che lascia libere delle aree, poi destinate negli anni successivi a edifici pubblici. C’è una divisione del territorio in lotti tagliati da vie. Anche se non c’è un arredo urbano significativo, anche se le mura e gli edifici eccetera compaiono nel tempo, la divisione della città tra spazi privati e pubblici, la definizione dei singoli appezzamenti dati agli apoikoi, è già pensata fin dall’inizio. Questo ci dice come l’idea di città venga materialmente esportata: per questo è una colonizzazione politica. Insediamenti distinti ed autonomi: πόλεις. Stabilirsi di un insediamento pensato e concepito in un momento iniziale, anche se poi si sviluppa nel tempo. Anche all’interno dell’insediamento, nel tempo, si crea una qualche stratificazione sociale, rispetto ad una posizione tendenzialmente egalitaria di partenza, si crea una élite sociale documentata da alcune tombe. In questo è la differenza tra colonizzazione di VIII secolo e frequentazione di età Micenea. Nella storiografia di V secolo, la prima storiografia che racconta sistematicamente della nascita degli insediamenti greci in Occidente, cioè della colonizzazione politica di VII e VIII secolo, lo stacco tra presenze di età eroica e la colonizzazione di età storica è più netto. Si sente che tra i due fatti c’è una cesura. Negli stessi luoghi abbiamo presenza di età micenea e poi in et storica. Nella storiografia successiva, nell’VIII secolo, si tende a cogliere una prospettiva continuista. Degno di nota che nella storiografia antica, Erodoto, Tucidide e Antioco di Siracusa, c’è uno stacco. Tucidide, inizio del VI libro. La divisione in libri è successiva rispetto all’autore. La divisione tiene presente la struttura narrativa e l’economia narrativa dell’opera. Dedica la sua opera al racconto della guerra del Peloponneso 431–404 a.C., anche se non è conclusa: giunge al 411. Manca la fase finale, giunta a noi da un continuatore di Tucidide, Senofonte. Nel racconto delle Storie di Tucidide il libro VI e VII hanno ruolo particolare: raccontano della spedizione ateniese in Sicilia – per lui commesso per gravi errori di valutazione, che si conclude in una catastrofe (415–413). Questi due libri, cui è dedicato il racconto della spedizione, hanno una struttura fortemente unitaria e sono caratterizzati all’inizio dal racconto dell’inizio della presenza greca in Sicilia, cioè da quella che è detta “archeologia siciliana”. Racconto della presenza dei greci di Sicilia, detti “sicilioti”. Inizio V libro: presentazione fasi antiche della Sicilia contro la quale gli Ateniesi decidono di fare una spedizione. Nello stesso inverno, gli Ateniesi volevano compiere una spedizione verso la Sicilia per la seconda volta. fondatori di Agrigento Aristomio e Pistilo, e dando alla città le istutuzioni dei geroi. Zanicle,–rapporto storico tra città si traduce anche nel fatto che la data di fondazione è indicata con indicazione di cronologia relativa–inizialmente fu fondata da pirati giunti da Cuma – di fondazione calcidese – in seguito al sopraggiungere di un gran numero di gente da Calcide –rincalzo coloniale: epoikoi, insediati successivamente– divisero la terra tra loro, ne furono fondatori Periere e Cratemeno, uno da Cuma l’altro da Calcide. La colonia è rinforzata perché Calcide ha una posizione cruciale. Controllo dell’area dello stretto significa controllo ci commerci essenziali. L’insediamento è quindi consolidato: due ecisti. Zanicle era così chiamata dai Siculi poiché il luogo ha aspetto di una falce. Poi gli abitanti furono cacciati dai sami e altri ioni – inizio V secolo a.C. –e fuggendo i medi, approdarono in Sicilia. Anassilao tiranno di Reggio, scacciati poco dopo i sami, dette alla città il nome di Messena, da quello della sua antica patria (Messana). La lingua fu mescolanza tra calcidese e dorica. Riferimento agli elementi costitutivi dell’Ἑλληνικόν. Poi si parla dei costumi. Ora si ritorna alla storia di Siracusa. Vengono fondati dai siracusani due insediamenti collocati verso l’interno: Acre e Casmene. Settanta anni dopo Siracusa la prima, e la seconda dopo vent’anni da Acre. Quindi 663 a.C. e 643 a.C. Camarina pirma fu fondata dai siracusani rapporto conflittuale con le popolazioni in particolare con i siculi, ridotti a condizione di servitù rurale identificata da un nome: kullikirioi, i cilliri. E fu fondata 135 anni dopo Siracusa –598. I suoi fondatori furono Damasco e Menecolo. Proseguio verso la direzione delle valli interne per rendere la presenza più significativa, anche attraverso sottofondazioni che consentano espansione verso l’interno. Il controllo territoriale Siracusa lo estende a tutta la cuspide Sudoccidentale, con uno sfondamento sulla costa meridionale, con l’acquisizione del controllo di Camarina, al confine del territorio tra Gela e Siracusa. Scacciati i camarinesi Ippocrate, tiranno di Gela, ottenuta la terra di Camarina mediante il riscatto dei cittadini siracusani fatti prigionieri, divenne lui stesso fondatore e colonizzatore di Camarina. Il tiranno cerca di legittimare la sua posizione assumendo la funzione di ecista. Ma siccome gli abitanti furono nuovamente scacciati da Gelone, la città fu per la terza volta colonizzata dai Geroi. Tutti i siti menzionati hanno ruolo importante nella spedizione ateniese in Sicilia. Indicano la complessità della storia e il carattere articolato di questa presenza. La storia politica delle comunità greche siciliote è complessa, articolata e conflittuale. Tali popoli greci e barbari che abitavano la Sicilia. Verso queste la spedizione ateniese. Il vero motivo è che erano desiderosi di abitarla tutta, il pretesto invece è che volevano portare aiuto ai popoli uniti a loro per stirpe – popolazioni di origine ionica – e agli alleati acquistati là. Movimento organizzato, databili all’anno preciso. Si conserva la memoria dell’ecista, con costumi e istituzioni definiti. Si tende oggi a mettere in dubbio che fin dalle fasi iniziali il movimento di colonizzazione sia stato così organizzato: si è cercato di creare aree omogenee come in Basilicata, con Crotone, Sipari e Metaponto di fondazione Achea. Le città si coalizzano e distruggono la città di Siri per avere un controllo maggiore. Aree politicamente omogenee. Non c’è un modello unico di fondazione: alcune spedizioni riescono a fatica o sono fallimentari, come Megara Iblea; a volte presenza più spiccata di un componente, altre ce n’è più d’una. Un’altra variabile importante è il rapporto con le popolazioni locali: Taranto, oracolo tradito vede Apollo delfico dire gli abitanti di Sparta “ti do da abitare il sito di Satirion, e la fertile regione di Taranto, perché tu possa essere flagello degli Iapigi”. Dopo tre generazioni si ha consolidamento degli insediamenti che consentono l’espansione. Diverso nel caso delle colonie achee, Metaponto: rapporto più positivo; insediamenti misti con rapporti privilegiati tra popolazioni indigene e greche, a livello di élite. Varietà di fenomeni di ellenizzazione – termine contestato perché usato con idea di superiorità assoluta dei greci. La colonizzazione greca investe l’intero mediterraneo, e la fondazione di nuove città descrive la storia greca. Città sono continuamente fondate. Il movimento coloniale di età arcaica investe l’intero mediterraneo. Intorno al 600 è fondata Massavia, odierna Marsiglia. Da questa seguono sottocolonizzazioni, irradiazioni di cultura greca. Altre aree importanti sono Egeo settentrionale e la regione degli Stretti, dall’Ellesponto al Bosforo. La presenza greca e queste fondazioni appaiono come prosecuzione e sviluppo della colonizzazione interna compiuta a partire dalla prima colonizzazione nell’egeo, ne X e IX secolo sulle coste meridionali della Sicilia. Spesso i nuovi insediamenti tentano di riprodurre condizioni geografiche che rinviano alla madrepatria. 18 ott 2023 Caso di Taranto, colonia spartana, e Locri, colonia dei locresi: problema che si pone anche per altre città, relativo alle origini e alle condizioni sociali delle fondazioni. Qui la tradizione parla di una tradizione diretta o indiretta di elementi servili. A Taranto hanno partecipato ala fondazione figli di donne spartane e di iloti (strato della popolazione privo di diritti civili o politici destinata alla coltivazione della terra). Taranto rispetto a questo sembra respingere o ridurre questa tradizione. All’origine del gruppo che muove da Locri e giunge in Italia meridionale a fondare la città, ci sarebbero servi uniti alle padrone: anche qui una condizione sociale bassa dei coloni. Non è da escludere che la colonizzazione così strettamente legata ad una crescita demografica ed economica, quindi ad una stratificazione sociale, che si verifica nel corso del periodo, abbia coinvolto anche strati sociali inferiori. Taranto è colonia spartana, come Tera, madrepatria di Cirene, in Libia (migrazione dorica). Racconti di fondazione di Taranto in Strabone – età augustea tiberiana, inizio I secolo d.C.: ci resta integralmente la Geografia di Strabone, in 17 libri. Descrizione complessiva dell’ecumene augusteo: i primi due sono libri teorici; dal terzo inizia la descrizione che parte da Occidente con l’iberia, la celtica, poi IV e V dedicati all’Italia, e ci si sposta verso l’Adriatico; nel XVII si conclude con l’Africa, in particolare l’Egitto. Proprio perché Strabone è anche storico, geografia e storia sono come sempre per i greci strettamente collegati. Nella descrizione dell’Italia abbiamo molte notizie di carattere storico. In parte del libro V e VI – Italia meridionale e Sicilia – abbiamo informazioni sulle origini delle città. La cultura greca ha una attenzione particolare all’αρχή, al momento paradigmatico che hanno gli inizi. L’elemento distintivo di un processo storico è l’inizio. Spesso affianca tradizioni diverse: livelli di tradizione diversi. Da Strabone ci provengono importanti citazioni di Antioco di Siracusa, una delle componenti all’origine del racconto delle fasi più antiche delle fasi della storia della Sicilia anche in Tucidide. Qui è citato esplicitamente, ed è affiancato e contrapposto a Eforo di Cuma, un autore di IV secolo che la tradizione considera allievo di Isocrate insieme a Teopompo. Eforo è autore di una κοινάι ιστορίαι, “storia generale”: scrive un’opera che racconta la storia dei greci e dei loro rapporti con i barbari da un punto iniziale che è, secondo Eforo, il ritorno degli eraclidi, e che arriva fino al regno di Filippo II di Macedonia. È una storia greca generale. Esempio della complessità della tradizione greca e anche una presenza di tradizioni diverse. Antioco, parando della fondazione di Taranto, dicendo che, al tempo della guerra Messenica, quelli fra i Lacedemoni che non parteciparono alla spedizione furono dichiarati schiavi e vennero chiamati Iloti. – tre guerre degli Spartani per assicurarsi il controllo della regione a Ovest di Sparta, nel meridione del Peloponneso. Zona pianeggiante che gli Spartani conquistano parzialmente in un primo conflitto (cui qui si fa riferimento) nella seconda metà dell’VIII secolo a.C. –. Sparta risolve la necessità di espansione con conquiste coloniali. I contraccolpi prodotti dal conflitto creano tensioni che sfociano in un evento di fondazione: quello di Taranto. Conquista prima fase della Messenia è risposta alle stesse esigenze cui altre πόλις greche rispondono con la colonizzazione. Sparta, avendo allargato i propri confini alla Messenia, risponde limitatamente con la colonizzazione trovando anche un’altra strada. La tradizione più diffusa sull’origine degli Iloti a Sparta riconduce alla popolazione esistente in età predorica. In Antioco c’è questa versione diversa: una spiegazione possibile la rende dal punto di vista storico meno convincente. Gli iloti sono gli Spartani che non hanno preso parte alla prima guerra messenica. In una società in cui l’elemento militare è così forte e significativo è grave onta non aver partecipato a questa guerra fondamentale per lo sviluppo di Sparta: chi non ha partecipato è degradato a non cittadino. Chiamarono Parteni tutti i figli nati durante la spedizione e li giudicarono privi dei diritti di cittadinanza: essi però erano molti e non si sottomisero a tale stato di cose. I Parteni sono figli illegittimi degli Iloti, e loro fonderanno Taranto. Qui due elementi fondamentali, nuclei fondamentali: da un lato gli Iloti, la componente più bassa socialmente, all’ultimo gradino della scala sociale, padri dei fondatori di Taranto; poi un adulterio: i Parteni sono nati durante la spedizione, e possono essere figli tanto di quelli rimasti quanto di quelli andati, le cui mogli erano rimaste. A questo si lega anche il nome stesso: Parteni significa “nati da una partenos”, da una vergine, significa “nati da una donna legalmente vergine, non sposata, fuori da un’unione legittima”. Organizzarono perciò un complotto contro i cittadini che costituivano l’assemblea. Questi, venutolo a sapere, mandarono alcuni che, fingendo di essere amici, dovevano in realtà riferire sui modi della congiura. Fra essi c’era anche Falanto, che era considerato il loro capo, ma che non era per niente gradito a quelli nominati nell’assemblea. Si era convenuto che alle feste Iacinzie, nell’Amyclacum, mentre si svolgevano i giochi, quando Falanto avesse messo il berretto di cuoio, si facesse l’attacco. Il berretto è degli Iloti, segno della loro condizione servile. I cittadini liberi erano riconoscibili dalla capigliatura. Ma avendo alcuni svelato di nascosto quanto si era convenuto fra quelli con Falanto, mentre si svolgevano i giochi, l’araldo, facendosi avanti, disse a Falanto di non mettersi il berretto. Avendo allora capito che il complotto era stato scoperto, alcuni scappavano, altri domandavano grazia. Fu loro ordinato di farsi animo e furono presi sotto custodia; Falanto invece, fu mandato a Delfi per consultare il dio circa la fondazione di una colonia. Il dio rispose: “Ti ho concesso Satyrion, per poter così abitare la ricca città di Taranto e diventare rovina per gli Iapigi”. Serie di tradizioni che collega al momento di fondazione coloniale l’oracolo delfico. Culti e istituzioni della colonia sono spesso legati a quelli della madrepatria. Due elementi fondamentali caratterizzano la tradizione antiochea: il ruolo degli Iloti legati ai Parteni, e il tema dell’adulterio legato al nome stesso dei Parteni. Antioco non nega l’origine illegittima dei parteni: gli iloti sono cittadini Spartani degradati perché non hanno partecipato alla guerra messenica, e sono privati dei loro diritti. L’origine della Ilotia attenua persone che fino a poco prima erano cittadini di pieno diritti: c’è una attenuazione dell’elemento della presenza di Iloti. I parteni andarono dunque con Falanto; li accolsero i barbari ed i Cretesi che avevano precedentemente preso possesso del luogo. Dicono che costoro fossero quei Cretesi che erano giunti con Minosse in Sicilia e che, dopo la morte di costui avvenuta a Camico, presso il re Cocalo, si erano allontanati dalla Sicilia. Sulla via del ritorno essi erano stati sbattuti su questa costa. Alcuni poi, a piedi, avevano fatto il giro della costa adriatica fino alla Macedonia, ed ebbero il nome di Bottici. La tradizione è rielaborata da Eforo di Cuma. Ha elementi di diversità dalla precedente. Lo strappo tra parteni e spartiati è ricucito: scoperta la congiura non massacrano i parteni, li risparmiano. Eforo racconta in questo modo la fondazione della città: i lacedemoni stavano combattendo contro i Messeni che avevano ucciso il loro re Teleclo, giunto a Messene per un sacrificio. Valore simbolico della rielaborazione più dettagliata. Essi avevano giurato che non sarebbero tornati in patria prima di aver distrutto Messene, o di essere morti tutti; lasciarono come custodi della città, mentre essi combattevano, i più giovani ed i più anziani dei cittadini. In seguito, nel decimo anno di guerra, le donne spartane, essendosi riunite, mandarono alcune di loro dagli uomini a lagnarsi perché essi non combattevano contro i Messeni a parità di condizioni (quelli, infatti, rimanendo in patria generavano figli, mentre gli Spartani, accampati in territorio nemico, avevano lasciato le loro donne come vedove) e c’era pericolo che la patria rimanesse priva di uomini. Gli Spartani, dunque, desiderosi di tener fede al giuramento, ma insieme prendendo anche in considerazione il discorso delle donne, mandarono gli uomini più vigorosi e più giovani dell’esercito, sapendo che questi non avevano partecipato al giuramento, perché erano partiti per la guerra ancora fanciulli a fianco degli adulti. Ordinarono loro di congiungersi tutti con tutte le vergini, pensando che, in questo mood, avrebbero generato più figli. Una volta nati, questi figli furono chiamati Parteni. Messene fu presa dopo una guerra durata 19 anni, come dice anche Tirteo: “I prodi padri dei nostri padri combatterono per Messene diciannove anni e il loro animo fu sempre costantemente perseverante. Il ventesimo anno, infine, lasciati i campi fecondi, fuggirono dai grandi monti di Itome”. Conclusione prima guerra messenica. Gli Spartani si divisero dunque la Messenia, ma, tornati. In patria, rifiutarono di accordare ai parteni gli stessi privilegi degli altri cittadini, perché erano nati fuori del matrimonio: quelli allora, alleandosi con gli Iloti, cospirarono contro gli Spartani e si misero d’accordo fra loro di sollevare nell’agorà un berretto laconico come segno per l’attacco. Attenuazione anche dell’elemento dei parteni: non nega la loro origine adulterina, ma le unioni erano richieste dalla situazione l’adulterio di stato è legittimato, salvo che poi, gli Spartani che hanno chiesto ai giovani di unirsi alle loro mogli, privano di diritti i figli di quelle unioni – contraddizione narrativa: però intanto qualche coinvolgimento di strati socialmente più bassi della popolazione può esserci stato, inoltre a Taranto a differenza che a Locri questo elemento della tradizione non era accettato, quindi si tendeva ad attenuarlo. L’adulterio è legittimato dal fatto di essere stato richiesto. Anche per quanto riguarda gli Iloti in Eforo abbiamo un passo ulteriore: sono menzionati ma non hanno nessuna funzione all’interno del racconto. Mentre in Antioco fanno parte della congiura, qui sono semplicemente menzionati, ma poi non è chiaro quale sia il rapporto con i Parteni. La posizione degli Iloti nelle vicende che portano alla fondazione di Taranto è ancora più marginale. Persino Ilota è uno di quelli che denuncia la situazione: defunzionalizzazione degli Iloti nella versione eforea e anche una loro opposizione. Ma alcuni degli Iloti denunciarono il complotto e gli Spartani capirono che era difficile opporsi, perché erano in molti e tutti concordi, considerandosi come fratelli fra loro; ordinarono perciò a quelli che stavano per dare il segnale convenuto di allontanarsi dall’agorà. Quelli, accorgendosi che il loro disegno era stato scoperto, desistettero e gli Spartani li persuasero, attraverso l’influenza dei loro padri, di partire per andare a fondare una colonia. Se avessero trovato un territorio sufficiente dovevano restare, altrimenti sarebbero 23 ott 2023 V libro delle Storie di Erodoto. Discorso all’assemblea peloponnesiaca che vuole reintrodurre una forma di tirannia. Egemonia sul Peloponneso: siamo nel 507 circa a.C., Atene ha iniziato il processo che la porterò a diventare una democrazia matura, il tipo di regime ateniese è qui definito come ισοκραθια, distribuzione eguale del potere, all’indomani delle riforme di Clistene ad Atene. La parola democrazia non è probabilmente ancora stata coniata. Il senso del discorso di Clistene è chiedere agli Spartani se vogliono introdurre una tirannide contro ogni tradizione, odiatori della tirannide per eccellenza. Erodoto racconta la tirannide a Corinto, ed è anche un modo per verificare le caratteristiche generali della tirannide. L’ordinamento dei corinzi era questo – il racconto parte della situazione immediatamente prima che salisse al potere il fondatore della tirannide di Corinto – era una oligarchia – una tra le prime attestazioni, cioè dominio di pochi, con significato plurale – e questi pochi che governavano di chiamavano Bacchiadi il nome della famiglia eraclide che governava a Corinto prima della tirannide di Cipsero, nel 657 a.C.; costoro amministravano la città e davano e prendevano moglie tra di loro. Non solo c’è una nozione di un regime di pochi, di una oligarchia ristretta al potere, ma anche un’idea di un regime endogamico. Si sposano tra di loro, prendono e danno moglie tra di loro. Il regime endogamico suscita una qualche perplessità, tra i greci. In un regime stretto si finisce per correre il rischio che ci si sposi anche tra persone legate da una parentela stretta. Tabù dell’incesto – a queto si collega anche una delle protagoniste della vicenda, la madre del tiranno; anche se non è esplicita la cosa. Associando a comportamenti ritenuti riprovevoli dal punto di vista politico e sul piano della condotta sessuale. L’idea è di una oligarchia molto ristretta, problema delle città greche aristocratiche in età arcaica: élite ristretta che si confronta con crescita demografica e stratificazione sociale, elementi della città che chiedono riconoscimento anche politico e rispetto ai quali le aristocrazie tradizionali sono inadeguate. L’origine dei Bacchiadi risale alla migrazione dei Dori guidati dagli eraclidi, ma ormai si è logorata. Al Bacchiade nacque una figlia di nome Labda zoppa. In riferimento al regime endogamico, connotazione del regime che poi viene rovesciato da Cipsero. Poiché nessuno voleva sposarla, la sposa Etione, figlio di Echecrate che era del demos di Petra cioè è un membro esterno, non appartiene al genos dei Bacchiadi, quindi di origine sociale più modesta. Quando si vuole caratterizzare negativamente un personaggio si getta un’ombra sulle sue origini, questo è fatto anche con il padre di Cipsero, legato ai lapiti e discendente di Ceneo. Elemento negativo e violento per la connessione con i lapiti, che si scontrano con i centauri durante un banchetto di nozze. La madre appartiene all’élite, il padre è un elemento esterno. Questa caratteristica dei genitori è paradigmatico della tirannide arcaica: la tirannide nasce all’interno dell’aristocrazia, in parte; ma cerca di esercitare il suo potere su una base demografica più ampia, esemplata dalla figura paterna. È frutto di una crisi di crescita, una febbre politica, una crisi positiva. A Etione, né da questa donna né da altra nacquero figli. Si reca presso Delfi a chiedere un’indicazione sulla nascita. A questo punto abbiamo l’introduzione di tre oracoli delfici, parte integrante della tradizione, molto complessa ed elaborata, che certamente è stata rielaborata dopo la caduta e la fine della tirannide. Elementi comunque riconducibili alla tirannide stessa. Avviene un oracolo spontaneo: proferisce direttamente un oracolo senza che le fosse stata posta una domanda. Questo accade a personaggi particolari che sono assimilati a figure mitiche. A lui che entrava direttamente la Pizia con questi versi. Problema storico: la Pizia profetizzava in oracoli e qualcuno scriveva i testi in versi, oppure, come in questo caso, questi testi sono stati elaborati all’interno della tradizione locale, corinzia? Non è impossibile che in una cultura in cui Omero è così fortemente presente potessero essere dati anche oracoli in versi a Delfi, ma in qualche caso siamo di fronte a oracoli ex eventu, rielaborati o concepiti anche dopo i fatti. C’è chi pensa che la Pizia, come altri oracoli, tendesse a dare risposte secche, alternative. Il caso esemplare è il racconto all’inizio del terzo libro dell’Anabasi di Senofonte e della sua consultazione prima di cogliere l’invito di Ciro, fratello del re di Persia per compiere una spedizione militare per spodestare il re, alla fine del V secolo a.C.: Socrate gli consiglia di rivolgersi all’oracolo per chiedere se deve accogliere o meno l’invito militare, domanda binaria, ma invece Senofonte chiede “a quale divinità devo sacrificare perché le cose vadano per il meglio se io dovessi andare”. Socrate rimprovera Senofonte perché ha posto la domanda sbagliata: non si interroga mai se non in casi eccezionali il dio due volte sulla stessa cosa, perciò comunque Senofonte parte. Comunque, se queste sono le domande tipiche è difficile che la Pizia avesse dato responsi elaborati per di più in versi. “Eltione, nessuno ti onora pure essendo tu molto degno di onore. Di un leone Labda è incinta”. Lui diventerà padre, perché sua moglie è già incinta, ma di un leone, che così come il toro è animale simbolico della regalità. “lo partorirà come un macigno che precipita velocemente dall’alto verso il basso. Questo macigno cadrà su uomini che regnano da soli”. Definizione di oligarchia: questo è un regime talmente ristretto, infatti Erodoto usa il termine oligarchia, che addirittura nel testo oracolare che presenta non in maniera fondamentalmente negativa il futuro del tiranno, presenta l’oligarchia come una serie di munarkoi, monarca, chi regna da solo. Il tiranno è rappresentato come chi abbatte un regime di gente che governa da sola. Nel rovesciare questo regime presentato in maniera fondamentalmente negativa e inadeguato e ristretto – anche sul piano della scelta matrimoniale che Labda stessa incarna – è battuto da un leon, una figura con connotazioni regali. Il leone è certo un animale violento, ma anche una connotazione che rinvia ai simboli della regalità, rispetto al fatto che invece l’ordinamento rovesciato della città di Corinto, è di monarchi. L’emistichio finale dell’ultimo verso è δικαιώσειν che deriva dalla δική, la giustizia, quasi a dire il “giustiziere”, colui che sia pure con violenza compie giustizia, elimina il cattivo. Porta un elemento di giustizia sociale eliminando una situazione negativa, questo genos tradizionale, non adeguati. La pietra che precipita dall’alto e schiaccia, in qualche senso elimina le disuguaglianze e le riconduce ad un elemento piano e retto, giusto. La Pizia dava oracoli di non immediata comprensione, che eventi successivi chiarivano. Avendo preso l’oracolo ricevuto da Etione, padre di Cipsero, si capirà successivamente il significato della figura di Cipsero. A carico dell’interrogante è la comprensione dell’oracolo e quindi una scelta rispetto alla risposta. Un’aquila è incinta tra le rocce. Aietos, per avere una lunga all’inizio di verso. Il nome aetion simile a aietos. L’aquila nidifica sulle rocce, ma Etione deriva dal demo di Petra. Inventato dalla tradizione e attribuito a Delfi, fatto per costruire il racconto. Partorirà un leone. L’oracolo precedente presentava la genesi della tirannide con elementi positivi, questo che rappresenta il punto di vista dell’oligarchia al potere rappresenta il tiranno in forma totalmente negativa. Il tiranno è violento e mangiatore di carne cruda, cioè crudele. E fiaccherà le ginocchia di molti, cioè ucciderà molta gente. Dell’immagine del leone qui si sceglie l’elemento violento, non la simbologia che rimanda alla regalità. Questo era un avviso dato ai Bacchiadi: state attenti perché nascerà un re che insidierà il vostro potere. Schema narrativo tipico dei racconti tradizionali nella mitologia o nella religione: nascita di figura illustre che mette in pericolo il potere perché è una regalità diversa. [Mosé, Cristo, Ciro] Il responso precedente non era stato compreso fino a questo, perché concordavano. Compreso il senso, aspettavano il momento giusto per agire. Appena la donna partorì, mandano 10 di loro al demo in cui Etione abitava per uccidere il bambino. Giunti a Petra, ed entrati nella casa di Etione, chiedevano del bambino. E Labda che non sapeva perché quelli giungessero e credeva che lo vedessero per benevolenza verso suo padre, lo consegnò nelle mani di uno. Qua interviene l’elemento divino. Il bambino, per divina sorte, sorrise all’uomo che l’aveva appena preso e un sentimento di pietà gli impedisce di ucciderlo, così tutti e dieci. Perciò restituendo indietro il bambino alla madre, i dieci escono per rimproverarsi, finché non decidono di rientrare per ucciderlo insieme. Ma era destino che dal figlio di Etione fiorissero sciagure per Corinto. La madre lo nasconde quindi in una kupsele, un’arnia, dove sono le api simbolo di regalità: la parola ape è μέλισσα, moglie del figlio di Cipsero. Da kupsele il nome Cipsero. I dieci lo cercano senza trovarlo; così se ne andarono e dissero a chi li aveva inviati di aver compiuto ciò per cui erano stati mandati. Dopo tali episodi il figlio di Etione cresceva, e gli fu posto il nome Cipsero. Quando Cipsero divenne adulto interrogò l’oracolo e gli fu dato responso favorevole: questo è un oracolo positivo. La tirannide al suo sorgere è rappresentata come una reale soluzione di problemi. Beato quell’uomo che scende nella mia casa. Oracolo dato direttamente dalla Pizia, che lo caratterizza come beato, felix, con valore concreto, c’è un benessere solido. Destino fortunato. Tu Cipsero figlio di Etione, basileus, re della illustre Corinto. Il tiranno è definito basileus. Quelli che governano la città dalla stessa Pizia erano andres munarkoi, uomini che governano da soli. Sei felice tu e i figli. La tirannide durerà più generazioni. Ma non più felici i figli dei figli. Tirannide come soluzione in parte in seno a se stessa, efficace per una generazione, ma quando quel potere accentua gli aspetti personali e dinastici in quanto si tramanda dal padre al figlio e diventa un potere distinto, separato. La prima generazione delle tirannidi ha una caratterizzazione meno negativa rispetto alle successive. La tirannide più lunga è degli Ortagoridi, ad Arisone. Cipsero divenuto tiranno, diveniva uomo di questo genere, che perseguitò molti Corinti, molti privò delle ricchezze e molti più della vita. Dopo che ebbe regnato trent’anni, compì la sua vita felicemente, il figlio Periandro diviene successore della tirannide. 24 ott 2023 Origine microasiatica della parola τύραννος , non c’è ragione di assegnare una priorità cronologica alle tirannidi della città greche d’Asia. Il sorgere delle tirannidi è legato a un processo di sviluppo interno alla πόλις aristocratica. Contemporanea a Cipselo è la tirannide di Trasibulo, al quale il giovane Periandro chiede notizie. La risposta che riceve il messo inviato da Periandro è esempio di comunicazione non verbale. Trasibulo ha visto un campo di spighe e reciso tutte quelle che emergevano: ha eliminato tutte le persone socialmente ed economicamente in vista, l’immagine è metaforica, potrebbero minare e aspirare al potere del tiranno. Qui inizia una serie di dettagli sulle scelleratezze compiute in ogni campo da Periandro. I figli degli instauratori della tirannide, poiché accentuano gli aspetti personalisti del potere e si caratterizzano di conseguenza negativamente nella tradizione. Parabola generale della tirannide nella Grecia arcaica. Periandro ha compiuto un atto di necrofilia col corpo della moglie: “i vestiti erano stati sepolti con lei, e da questi non traeva nessun giovamento perché non erano stati cremati; e la prova della verità di ciò che diceva era che Periandro aveva posto i pani nel forno freddo”. Periandro rientrava nel novero dei sette sapienti, che variano per composizione. Interpretazione negativa di una serie di atti che hanno valore puntuale, per i quali esistono possibili paralleli col mondo orientale: forse rielaborazione in senso negativo per la valutazione di Periandro di tradizioni che alludevano a fatti religiosi e cultuali frutto di un interscambio così fitto tra Corinto e il mondo orientale. L’exemplum della ferocia e della depravazione della figura di Periandro. Rilettura e rifunzionalizzazione negativa di un episodio rispetto ad una tradizione che forse negativa non era. C’erano anche tradizioni positive sulla figura di Periandro che lo affiancano ad esempio a Talete o ad altri sette saggi della tradizione. In questo caso, siccome il racconto è mirato a mostrare che cosa orribile sia la tirannide, la scelta va verso tradizioni che caratterizzano negativamente almeno la figura di Periandro, anche se non totalmente quella di Cipsero. Elementi positivi della tradizione ci lasciano intravedere in che modo all’origine la tirannide giustificava se stessa. Ippia figlio di Pisistrato: seconda generazione di tirannide ad Atene. Segue la risposta di Ippia che Cleomene e gli Spartani vorrebbero introdurre. Per i contemporanei di Erodoto il riferimento era a quegli atti contro Corinto, che Atene compie nella seconda metà degli anni Trenta, cause immediate dello scoppio della guerra del Peloponneso: l’intromissione di Atene nel conflitto tra Epidamno, Corcira e Corinto (435) e poi il conflitto di Atene con Epidamno colonia corinzia. L’allusione che Ippia fa rinvia ai conflitti che ci saranno tra l’Atene democratica di Pericle e Corinto alla vigilia dello scoppio della guerra del Peloponneso. Complessità degli usi delle tradizioni fatta da Erodoto. Gli oracoli iniziano ad essere raccolti, per primi dagli Spartani e i pisistratidi. Raccogliere gli oracoli vuol dire da un lato riutilizzarli: oracoli possono essere riutilizzati successivamente, perché si comprende che si riferiscano ad un altro fatto; d’altra parte è una strada maestra per la invenzione o falsificazione di oracoli: una volta raccolti si può inserire in quella raccolta un altro testo. Nella Grecia antica i raccoglitori ed esperti di oracoli sono i cresmologi, κρεσμωλος è “oracolo”. La lega peloponnesiaca è caratterizzata da una certa autonomia ma c’è comunque un certo timore di andare contro Sparta, c’è timore del grande re Cleomene; ma rompendo il silenzio si sceglieva il parere del Corinzio. Ippia è esperto di oracoli: figura della seconda generazione dei tiranni rappresentata negativamente. Dopo il fallimento del rientro ad Atene con le armi spartane, lui come altri tiranni tenterà di appoggiarsi ai Persiani. L’ultimo tentativo di tornare ad Atene è in occasione della prima spedizione persiana contro Atene, che si conclude con la battaglia di maratona, in cui gli Ateniesi, a sorpresa, sconfiggono i Persiani. Ippia, che aveva accompagnato i generali Persiani sperando di essere reintrodotto ad Atene confidava in un oracolo che gli prediceva che si sarebbe riunito a sua madre – interpretandolo come “ricongiunto con la sua terra madre”, cioè tornato al potere ad Atene. Nel 490 li accompagna fino alla piana di maratona, ma inciampa e gli cade un dente che gli cade nella sabbia, comprendendo che quello era ciò cui faceva riferimento l’oracolo. legge detta, e questo rinvia al carattere orale. Uno degli aspetti della razionalità delle leggi è che molto spesso entrano in gioco aspetti numerici e geometrici, espressione della razionalità dell’agire politico dei greci. La rilevanza della riflessione politica greca la cogliamo sul piano lessicale. Qui Plutarco parla di uno degli organismi che compone l’ordinamento spartano: il consiglio dei γέροντες, la γερουσία, degli anziani. Funzione costruttiva di elementi numerici riflesso di criteri razionali di fondo. Il numero 28 è formato da 7 moltiplicato per 4, e dopo il 6 il 28 è il primo numero perfetto perché pari alla somma dei suoi divisori. Secondo Plutarco Licurgo sceglie questo numero perché fossero 30 in tutto, aggiunti ai 28 γέροντες e due re. Il numero trenta è interessante perché si collega ad un dato strutturale della città spartana e altre doriche: ruolo fondamentale delle 3 tribù. Illei, dimani e panfili. Correlazione tra numero delle tribù e membri della γερουσία. La γερουσία è uno degli elementi che sono menzionati nel testo, come tutti gli altri elementi fondamentali della società spartana. 25 ott 2023 Licurgo, è una figura che nella tradizione viene a farsi carico di una serie di istituzioni la cui genesi deve porsi in un arco di tempo più ampio che non quello della vita di un singolo legislatore. Le φιλαι probabilmente già presenti, “le tre tribù tradizionali doriche”; le ωβασ le cinque tribù territoriali. Gli αρχαγεται sono i re, a Sparta forma anomala della diarchia, due famiglie di eraclidi che hanno guidato i Dori in Laconia, agiadi ed euriponti. La regalità è qualcosa rispetto cui i cittadini greci prendono le distanze. Secondo la tradizione ci sono βασιλεί nelle città greche. Forme di tirannidi significative in cui i tiranni aspirano a rappresentarsi come βασιλεί soprattutto in Sicilia, a Siracusa. In età arcaica forma monarchica non troppo affermata, di più in età ellenistica con Alessandro Magno e i regni. Alcinoo è βασιλευτεροσ in mezzo agli altri dodici βασιλεί. Fase aristocratica in cui la democrazia ha un vertice basilico. Anche a Sparta succede: gli anziani, componenti della γερουσία, sono integrati con i due βασιλεί. Le funzioni del sovrano, religiose e militari prevalentemente, possono far sì che il βασιλεύς assuma una posizione di rilievo che rompe l’equilibrio creato (Cleomene). Sull’origine doppia della legalità a Sparta: non sappiamo esattamente da quando siano due. Rappresentazione spartana come immutabili nel tempo: una volta definito il suo ordinamento, il suo cosmos, lo mantiene in equilibrio per secoli, caratterizzato da un egalitarismo di fondo. Proprio la figura della regalità rompe questo equilibrio. Il fatto che la regalità a Sparta trovi espressione in due sovrani e non in uno vuol dire che persino quel vertice istituzionale che rischiava di minare all’uguaglianza di fondo, è attenuata dal fatto che i re sono due e non uno, e si controllano a vicenda e sono a loro volta controllati. La radice bifida della tradizione dorica la cogliamo nel fatto che i sovrani sono eraclidi, hanno origine achea, predorica. Dorico è il δαμοσ, la popolazione di Sparta, che si riunisce nella απέλλα. Babica un ponte e Cnacione un fiume. Vita istituzionale legata al paesaggio. L’espressione finale che assegna una qualche sovranità al popolo vede due parole destinate ad avere un destino particolare: δαμου κράτος, δημοκρατία. In Aristotele raccolta delle costituzioni note delle città e degli organismi federali del mondo greco; ci giunge quella di Atene. Απέλλα è ricondotto ad Apollo. Luogo di riunione dell’assemblea austero e semplice, in linea con le caratteristiche fondamentali della costituzione e relativa ideologia spartana, caratterizzata da uguaglianza tra spartiati, όμοιοι; non c’è un’αγορά. Questo egalitarismo così forte si esprime anche in un rigore, in una severità e austerità, in una semplicità di cui gli Spartani sono rappresentanti per antonomasia. La forza di questa ideologia la cogliamo anche nel termine “spartano” stesso: ridotto all’essenziale. Questo forte egalitarismo fa sì che Sparta si presenti come aristocrazia ideologica. Gli Spartani sono μισούτυραννος per eccellenza. Quello che ci si aspetta dall’assemblea è che ratifichino le decisioni loro proposte dai βασιλεί. Se qualcuno contesta rischia di essere anche brutalmente ricondotto all’ordine (Tersite). La seduta è sospesa, interrotta, per evitare che siano approvati emendamenti distorsivi rispetto alla proposta originale. Questa aggiunta alla retra è ricondotta a Polidoro e Teopompo, protagonisti guerre messeniche che portano alla conquista della Messenia, regione dorica che gli Spartani assoggettano. Fine VIII inizio VII secolo: nel periodo in cui si iniziano ad avere indicazioni di figure storiche più solide per la storia greca. [cap 13 Archeologia Tucidide]. Abbiamo un’intera genealogia da Eracle, prima della guerra di Troia, tramandata da Erodoto e Pausania, che continua fino a tutto il periodo arcaico, classico e poi ellenistico quando la regalità a Sparta viene meno. I primi nomi hanno un carattere fittizio. Equilibrio complessivo della costituzione spartana che riflette premesse proprie del mondo dorico e della tradizione sulla migrazione dorica. In tutto questo manca un elemento nella retra, una istituzione fondamentale: i cinque efori. Riconducibili forse alle cinque οβαι, elemento di novità rispetto alle tre tribù gentilizie. Secondo la tradizione gli efori si insediano nel 753 a.C., Plutarco, sotto il regno di Teopompo. Licurgo nell’885 a.C., la datazione degli efori è relativa. Carattere maggiormente avanzato che caratterizza questa magistratura rispetto ad altre: έφοροι si riferisce alla funzione. επι οραω: guardare, osservare, vedere il rispetto delle norme della costituzione spartana; controllare che la vita di Sparta si svolga secondo le regole di Sparta stessa. Spesso per questo in conflitto coi sovrani, è un conflitto tradizionale. Distinzione tra persona e funzione: questo fatto che il nome sottolinei la funzione non si coglie nel caso degli altri elementi. I membri della γερουσία sono gli anziani, perché i γέροντες sono eletti dopo i sessant’anni– il riferimento è alle loro caratteristiche, alle loro persone, non alla loro funzione. Il nome dei re non definisce in modo preciso la loro funzione, ma fa riferimento generico alla funzione di guida che già nel mito è loro assegnata. La mancata distinzione tra persona e funzione si riflette anche nella durata della carica: il re sale al trono e resta a vita, come i γέροντες. Questa maggiore razionalità di distinzione tra funzione e persona si coglie anche per il fatto che ci sono, per l’eforato ma non per i γέροντες o per i re, delle insegne magistratuali: quando il βασιλεύς entra in assemblea, nella απέλλα, tutti i membri di alzano in piedi in segno di rispetto nei confronti del sovrano, con l’eccezione degli έφοροι che siedono presso il seggio ad essi dedicato. Senofonte, Costituzione degli Spartani Presenta le caratteristiche fondamentali della regalità e i rischi di eccessivo del re compensati attraverso un giuramento mensile tra il re e il demos rappresentato dagli έφοροι, in cui ciascuno si impegna a rispettare i limiti che sono assegnati da questo ordinamento. Il re, essendo eraclide, discende direttamente da Zeus: per questo è anche sacerdote per eccellenza. La società spartana è costituita da tre gruppi fondamentali: spartiati, cittadini di pieno diritto e membri dell’assemblea, secondo la tradizione 9'000 in origine, gli unici ad avere pieni diritti civili e politici, caratterizzati da rigorosa uguaglianza, che si esprime in alcuni aspetti della vita sociale cui tutti sono sottoposti, come la partecipazione ai pasti comuni, cui tutti devono contribuire – altrimenti si decade dalla posizione di cittadino; ruolo diverso hanno i περίοικοι, anche essi Dori, ma mentre gli spartiati si dedicano all’esercizio militare, si dedicano alla coltivazione dei territori, dei terreni, hanno diritti civili ma non politici; nell’ultima fascia della scala sociale gli iloti, ex cittadini degradati per non aver partecipato alla prima guerra messenica, una sorta di servitù rurale priva di qualsiasi diritto cui ogni anni i cittadini dichiarano guerra, che possono anche essere uccisi – come una sorta di rito di passaggio dei giovani nel corso della γογη. Il sovrano è un elemento che rappresenta tutte le componenti della società spartana, e ha un rapporto significativo anche con i perieci, che alle volte si trovano in terreni del sovrano stesso. quando quindi muore il re, il lutto per la sua morte è imposto ma comunque caratterizza tutte le componenti della società spartana. Il sovrano ha anche funzione di rappresentanza di tutte le diverse componenti. Se traduciamo Λακεδαιμόνιοι facciamo riferimento a anche ad altre componenti della Laconia, che includono anche perieci ed iloti. I Pizii sono messi sacri, θεωροί inviati a Delfi. Le prime raccolte degli oracoli sono dei re Spartani, oltre che dai pisistratidi. Diritto di prelevare da ogni figliata di scrofa un porcellino, in modo tale che il re non sia mai sprovvisto. Giuramento del re: giura di regnare in modo conforme alle leggi stabilite dalla città. Il numero dei cittadini degli spartiati è limitato, devono avere caratteristiche fisiche ed economiche, devono partecipare con impegno sottoponendosi a un servizio militare che dura per tutta la vita, combattendo per Sparta. Il possesso della cittadinanza è legato anche al possesso di un lotto di terreno che, come tale, è inalienabile, non può essere venduto, e serve a garantire entrate che consentono al cittadino di contribuire alle spese del gruppo di cui fa parte (per il vitto, per i pasti comuni, etc…). qualora questo non accada, se non è all’altezza dei compiti militari, soccombe alla goge, non ha risorse sufficienti per contribuire o perde il lotto originario decade dalla posizione di cittadino. Uno dei rischi cui è esposta la società spartana è quello che, essendo così rigorosi e rigidi i criteri cui bisogna rispondere per essere cittadini di pieno diritto, ad un certo punto il numero di cittadini si restringe, sicché Sparta entra in una crisi di oligantropia, cioè di una carenza di uomini cittadini che rispondono ai requisiti cui deve rispondere uno spartiata. Gli spartiati possessori di cleroi, lotti; gli iloti li lavorano. Anche i perieci sono sottoposti a esercizi agricoli, artigianali e mercantili che ci sono. Una delle caratteristiche di Sparta è la divisione dei cittadini in classi di età, riti di passaggio. Il cosmos spartano nel suo insieme è già costituito tra VII e VIII secolo a.C., nel periodo delle guerre messeniche, fondazione di Taranto, grande retra incluso l’emendamento. Già in questo periodo nei conflitti con i messeni e con gli arcadi, c’è un senso di una struttura compatta, senso di ideologia stessa di questa oligarchia militarista spartana, che cogliamo in Tirteo, associato alle vicende di una seconda guerra messenica. C’è un ruolo che la morte ha a Sparta: si possono seppellire i cittadini all’interno delle mura della città. Anche nel momento della morte c’è una uguaglianza: i cittadini sepolti perché caduti combattendo valorosamente in guerra sono sepolti con una lapide che non indica il nome – eliminata l’individualità – ma “em polemo”, cioè “morto in guerra”. I tresantes, coloro che hanno tremato, sono sanzionati al punto che è preferibile essere morti, con una morte civile, nessuno si rivolge più a loro, oggetto di qualsiasi gesto di umiliazione e disprezzo. Ideale della “bella morte”: si fa comunque di tutto per evitarla, si celebra la compattezza della falange, gli Spartani si allenano comunque tutta la vita e all’occorrenza quando un numero altissimo di spartiati è preso come ostaggio e bloccato dagli Ateniesi e si chiede loro di arrendersi, non sanno come reagire. A Sparta gli έφοροι danno nome all’anno, come l’Arconte ad Atene. Rafforzamento figura έφοροι va di pari passo con irrigidimento della società spartana, anche chiamata “serrata”, chiusura di Sparta verso l’esterno. Anche riscontri archeologici. Da metà VI secolo in poi è luogo chiuso anche agli stranieri, per fioritura e 31 ott 2023 Quadro generale dell’Atene dalla fine del periodo miceneo, lungo l’età arcaica. Esperienze di legislazione di tirannidi nel corso del VII secolo, quindi il fallimento del tentativo di Cilone e le riforme circa un decennio successivo alla legislazione, 624 Draconte. Solone legislatore e Pisistrato tiranno con seguente dinastia. Datazione tradizionale della riforma di Solone è data da Diogene Laerzio, 594–3, anno attico sfasato rispetto al nostro calendario giuliano–gregoriano. 592–1 è la datazione di Aristotele nella costituzione degli Ateniesi. I testi più significativi sono Vita di Solone di Plutarco e i capitoli dedicati a solone nella Costituzione degli Ateniesi di Aristotele. Anche grazie alle citazioni di Plutarco ed Aristotele abbiamo testi che risalgono a Solone stesso: è un aristocratico, figura illustre, compone elegie (per eccellenza componimento destinato al simposio, all’unione dell’élite della città). Il problema è contestualizzare in maniera convincente quel che dice Solone, perché le fonti di Aristotele in IV secolo e Plutarco, all’inizio dell’età imperiale romana leggono la situazione dell’Atene di VI secolo alla luce di categorie e nozioni che appartengono ad una società ed economia assai più tarda. Indicando termini dei problemi che Solone affronta, fanno riferimento a contratti d’affitto, che sicuramente non sono pensabili per l’Atene dell’inizio del VI secolo a.C.: abbiamo indicazioni di misure prese da Solone riferite da fonti che tendono a modernizzare la situazione, ed esprimerla con riferimento a caratteristiche sociali ed economiche molto più tarde. Nonostante la relativa ricchezza di fonti esiste una certa difficoltà nel capire esattamente i problemi che Solone deve affrontare e le misure che sono di compromesso, che alla fine scontentano tutti, che nell’immediato non risolvono realmente i problemi ma che hanno forte influenza nel lungo termine sulla società ateniese. Ci sono conflitti sociali fortissimi ad Atene, in parte all’interno della élite, delle grandi famiglie nobili, dei ricchi e soprattutto dei ricchi proprietari terrieri, ma anche tra queste e gli strati più modesti della popolazione. Il conflitto si crea perché: si parla di affittuari che non sono più in grado di restituire i prestiti contratti e che avendo posto a garanzia di questa restituzione i propri corpi e le proprie persone, si vedono ridotti in condizione di schiavitù per debiti. È impensabile concepire rapporti tra proprietari terrieri e lavoratori delle terre nei termini di contratto d’affitto. Probabilmente bisogna pensare al fatto che i proprietari di diritto di ampie porzioni dell’attica, cioè quel gruppo sociale che nelle fonti relative alla storia di Atene arcaica è indicato come ευπατρίδαι, “latifondisti” dell’attica, di fatto lasciassero il possesso, e non la proprietà formale, ma una sorta di possesso di fatto di parti delle loro proprietà a contadini, che si impegnavano a versare probabilmente in natura, un contributo in cambio di questa possibilità offerta. Questi “affittuari”, persone che hanno possesso ma non proprietà legale, sono indicati come εξτεμοροι: εξόν, “sesto” e μοροι, “parte”. Vuol dire forse che in cambio della possibilità di coltivare il territorio costoro dovevano versare un sesto stabilito in termini generali del raccolto, indipendentemente da come andasse l’annata; o potevano tenere per sé il sesto e versare i cinque sesti al proprietario? È più probabile la prima. Il pagamento di un sesto però non sembrava troppo impegnativo, al contrario per i cinque sesti. Si può ragionevolmente ritenere che fosse una quantità fissata in astratto versata anche nei casi in cui l’annata non fosse stata particolarmente favorevole, che poteva comportare l’insolvenza del debitore sia pure di un debito pagato in natura, il decadimento della condizione di colui che aveva affidato quel terreno in schiavitù. Il passaggio da libero a schiavo. Le misure che Solone impone per risolvere la tensione forte su piano economico e sociale tra numero ristretto di ricchi proprietari terrieri e componente della popolazione che si trova in estremo disagio se non addirittura di perdita della libertà: Solone proibisce la schiavitù per debiti. Ribadisce che chi è libero resta libero, e in certo modo stabilisce quel confine rigido tra liberi e schiavi che è una delle caratteristiche fondamentali della società antica e in particolare dell’Atene. Questa proibizione della schiavitù si realizza concretamente liberando coloro che erano stati ridotti in schiavitù, sia ad Atene che all’estero – cercati e ricondotti come uomini liberi in patria. Inoltre, è proibita la condizione all’origine di una tale diffusione della schiavitù, cioè porre come garanzia di un debito la propria persona. Aboliti i debiti: lo scuotimento dei pesi, σεισάχθεια. Indica il fatto che i cippi, le pietre incise poste sui terreni a indicare il fatto che fossero ipotecati vengono eliminate. χρεών αποκοπή: taglio di tutti i debiti. È una misura in sé notevole, radicale, che scontenta molto coloro che avevano i debiti, i membri dell’élite di cui Solone stesso faceva parte. Γης αναδασμός è la ridivisione della terra, togliere la proprietà legale ad alcuni membri delle grande famiglie per darla a chi le coltivava direttamente, precedentemente in difficoltà. Da questo punto di vista anche gli strati sociali più modesti hanno una insoddisfazione profonda rispetto alle misure proposte da Solone: la redistribuzione della terra è una misura rivoluzionaria, e i greci non sono amanti delle novità. L’introduzione di novità in greco è νεοτερίζειν, ha una connotazione negativa. Amanti delle novità dei neoteroi latini, spregiativa. Riforma monetaria: grossa discussione su tempi e caratteristiche dell’introduzione della moneta. Siamo nell’ambito di un’economia premonetale o protomonetale. La tradizione gli attribuisce una riforma che consente la sostituzione della dracma eginetica, l’unità monetale, con la dracma euboica – dall’isola di Eubea, più leggera. Nella moneta antica il valore effettivo, poiché non c’è uno stato garante del valore della moneta, è un valore concreto non astratto. La dracma eginetica era 6,2 grammi d’argento. L’altra 4,3. Introducendo una unità di misura più leggera, si può con lo stesso argento coniare più monete: svalutazione di fatto. Forma di alleggerimento dei debiti: il debito di un certo numero di dracme, se è più leggera, si riduce come valore effettivo. È possibile che non debba essere tutto ricondotto ad un unico atto. Quello che Solone deve aver fatto è creare le condizioni per un almeno parziale consolidamento del rapporto di possesso stabile dei terreni che erano affidati alla cura di coltivatori diretti dai proprietari terrieri. Sono misure che scontentano tutti: gli eupatridi perdono parte dei beni, e i contadini modesti perché non vedono rimettere in discussione i diritti di proprietà. Accanto a queste misure, altre riguardano il livello politico costituzionale: Solone si presenta come un grande mediatore. Di fatto, il termine usato per definire la sua opera nel corso del tempo è αδιάλλακτες, “mediatore”. Non è un rivoluzionario, né sul terreno sociale, né su quello politico–costituzionale. Quello che Solone fa è codificare una serie di cambiamenti codificati nel tempo e tentare qualche tentativo di ammodernamento. La natura di compromesso si vede dal fatto che Solone, nonostante l’offerta, rifiuta di farsi tiranno, mantenendo la “legalità costituzionale”. Anzi diventa uno degli avversari più forti del giovane Pisistrato, che riuscirà a stabilire una tirannide. Sul piano politico–costituzionale: rafforzamento e articolazione ulteriore dell’assetto politico tradizionale, cioè di fatto questo, proprio perché codificato e articolato, è rafforzato nella coscienza generale. C’è un rafforzamento della funzione pubblica e di quella che potremmo chiamare una certa idea di stato. Caratteristica generale per cui rapidamente Atene è in una posizione di maggiore avanzamento, che determinerà poi gli sviluppi della politica ateniese fin dalla democrazia periclea. Articolazione in quattro classi censitarie della popolazione ateniese: unità di misura per “aridi”, il medimno, che corrisponde a circa 52kg. Alla classe più alta i “πεντακοσιομεδιμνι”, con reddito pari a 500 medimni; poi i cavalieri, con reddito non inferiore a 300 medimni; seguono gli zeugiti, riferimento al “ζεύγος”, 200 medimni; poi i “teti”, salariati ma liberi a differenza degli Iloti. Si è discusso se fosse realmente una divisione censitaria: si è pensato che all’origine fosse qualcosa di relativo all’organizzazione dell’esercito, una divisione militare. Poiché però la divisione percentuale delle prime tre classi corrispondeva a poco meno del 20% è impensabile che fosse quella la percentuale di partecipazione all’esercito, soprattutto se si identifica gli zeugiti con gli opliti. Il rapporto percentuale tra cavalieri nel senso di combattenti a cavallo e opliti, fanteria, è 1:10. Laddove questo rapporto è più a favore della cavalleria, siamo in una società che ha un carattere spiccatamente oligarchico. I teti sono braccianti, che hanno diritti limitati, ma possono partecipare all’assemblea e al tribunale popolare, l’ίλεά. Si è discusso se l’ίλεά, cui si partecipava per sorteggio, sia stato potenziato o creato da Solone. Promozione del pubblico come separato e distinto, certamene più che non a Sparta, rispetto al privato è caratteristica propria della società ateniese. A Sparta il cittadino è completamente sottomesso al controllo pubblico. La dimensione privata lì è estremamente limitata, se i cittadini entrano nella rigidissima macchina dell’αγωγή. Un altro elemento ricondotto a Solone, ma per alcuni è precedente, è il consiglio che si affianca all’assemblea, e prende le decisioni che l’assemblea deve approvare, con maggiore libertà dell’εκκλησία sulla γερουσία a Sparta. È un consiglio dei 400, 100 per ognuna delle tradizionali quattro tribù – a loro volte distinte in terzi, τριττιη. Costituzione degli Ateniesi, cap XIII – Aristotele. Fase di αναρχία, cioè assenza di αρχαί, di magistrati. Formazioni politiche, non partiti perché implicano associazione del gruppo a una ideologia che non c’è nel mondo antico, che hanno carattere corporativo, professionale: contadini, artigiani; e che in quanto tali assumono anche connotazioni sociali. Ci sono gruppi politici caratterizzati da una base territoriale: tre στάσεις, i Paralii capeggiati da Alcmeone che promuovono un governo moderato, alla costituzione di mezzo; poi i Pediaci, rapporto col possesso terriero, con la “pianura” che riflette una tendenza politica più conservatrice, miravano all’oligarchia, a capo di cui Licurgo; la terza quella dei diacri, in mezzo agli “άκρα”, i monti, a capo dei quali Pisistrato, che sembrava “fortemente tendente ad un regime di tipo popolare”. Gruppi collegati a leader politici, uno più conservatore legato al possesso terriero e al πεδίον, poi i παράλιοι, legati alla costa in una posizione che anche il moderato Aristotele favoreggia, e gli abitanti dell’interno, con tendenza fortemente popolare, δημοτικωτατος. Dialettica politica avanzata ad Atene: gruppi che hanno già un nome, sono riconoscibili e distinti, caratterizzati; gioca ruolo importante l’articolazione territoriale – poi elemento fondamentale nelle riforme di Clistene. Questo concorre a spiegare la difficoltà con cui metterà radici la tirannide di Pisistrato: secondo la tradizione, Pisistrato fa ben tre tentativi di instaurazione della tirannide prima di riuscire nell’intento. A volte le tradizioni sono caratterizzate soprattutto da artificiosità, però c’è un dato di fatto, al di là dei dettagli indubitabile: se Pisistrato avesse voluto instaurare una forma dittatoriale ad Atene, avrebbe dovuto fare i conti con una città con una società estremamente articolata. Più la realtà è articolata al suo interno, più è difficile che una persona possa esercitare il suo potere in autonomia. Il conto degli anni in riferimento a questi periodi effettivamente non tornano. Tre tentativi significa difficoltà di Pisistrato nella situazione ateniese per la ricchezza della dialettica politica rispetto all’instaurazione di una forma di potere personale. Infatti, un primo tentativo si colloca nel 561 che dura pochi anni cui segue un esilio di 12 anni; poi una seconda fase della tirannide frutto dell’accordo con Licurgo e Megacle, che viene sancito da un matrimonio, di Pisistrato con la figlia di Megacle, ma lui non vuole figli dalla donna che lo riferisce al padre, ed è cacciato di nuovo. Dall’inizio ci sono preoccupazioni di tipo dinastico: evitare di avere più figli da diversi matrimoni per rendere meno problematico il processo di successione – lungimiranza politica per un consolidamento di un potere personale ma anche dinastico. Cacciato per la seconda volta ingaggia un esercito di mercenari e presso Maratona, in Attica, si dirige verso la città e prende il potere con la forza nel 532 – data più solida. Sempre la tirannide di Pisistrato è presentata come molto moderata: μάλλον πολιτικός η τυραννικοσ. Mentre i pisistratidi, in particolare Ippia, sono presentati come sanguinari, politici spregevoli. Se una tirannide dura più di una generazione, la generazione dei figli in cui si fanno evidenti gli aspetti dinastici e personali del potere, è sempre considerata come peggiore. Qui opera uno stereotipo che risente del fatto che la tirannide è prima una risposta a problemi sociali e politici poi sentita come qualcosa da cui invece liberarsi. La difficoltà di far mettere radici al potere di Pisistrato fa sì che l’esercizio del potere stesso da parte di Pisistrato debba essere più conciliante, più favorevole al compromesso, proprio perché a differenza dei tiranni delle fasi più antiche si deve confrontare con una dialettica politica articolata, che va trattata con intelligenza e cura. Pisistrato è l’esempio che aveva in mente Aristotele quando dice che “al tempo degli antichi una stessa persona era uomo politico e generale”. Pisistrato cresce in prestigio e potere avendo esercitato la carica di polemarco, avendo esercitato funzioni militari e collegato al conflitto che dura tanti anni tra Atene e Megara per il possesso dell’isola di Salamina, che Pisistrato sottrae insieme a Isea. Rispetto a Solone, la politica di Pisistrato è più incisiva: sia per promozione economia con politica estera molto più decisa – con ricerca serie di punti di appoggio per attività commerciali Ateniesi, esportazione di prodotti del territorio e soprattutto della ceramica attica, che soppianta quella corinzia – e una protezione della piccola proprietà, che dice anche quell’attenzione alla componente popolare all’interno di Atene che è all’orizzonte della definizione del gruppo dei Diacrii capeggiati da Pisistrato come un gruppo caratterizzato da tendenze popolari. Anche qui c’è una promozione dell’idea di pubblico nella coscienza generale, che avviene in generale nelle tirannidi, ma più evidentemente nel caso di Pisistrato. decisive per impostare la storia greca dei decenni immediatamente successivi. Atene più di ogni altra città saprà mettere a frutto l’identità delle guerre persiane. 14 nov 2023 Cinquantennio tra seconda guerra persiana e guerra del Peloponneso (fine nel 404): Tucidide riannoda la disposizione delle vicende che portano alla guerra del Peloponneso al punto in cui Erodoto aveva concluso il racconto, 478–477 a.C. fino al 431. Ostilità tra Atene e i suoi alleati e conflitto tra Ateniesi e peloponnesiaci. Il tema centrale del racconto tucidideo è la crescita dell’impero ateniese. Assunto fondamentale di Tucidide è che quando la coalizione guidata da Atene la Grecia aveva raggiunto il culmine della sua potenza, e il conflitto è il più grande che mai la Grecia abbia visto. Dobbiamo liberarci della periodizzazione proposta da Tucidide, perché in questo momento succedono molte cose. Tra gli eventi cruciali: lega navale delio–attica, in cui Atene organizza la prosecuzione del conflitto con la Persia. Di questa organizzazione fa parte il fatto che si stabilisca come ciascuno degli alleati contribuisce al conflitto (con denaro, con triremi). Molti partecipano, nell’entusiasmo della vittoria, ma si deteriorano velocemente i rapporti con alcuni membri di questa lega: il caso più clamoroso è nel 471, l’uscita dalla lega dell’isola di Nasso (la cui mancata conquista è all’origine dell’idea di Aristagora di avviare la rivolta ionica). Inizia una serie di rivolte di alleati Ateniesi: più drammatica l’ultima, di Samo, 440–439, repressa con violenza da Pericle. Nel 465–463 rivolta di Taso, di fronte alla costa settentrionale dell’Egeo: il tratto di costa Περρέα, di fronte all’isola, è molto ricco perché anche nell’immediato interno si trovano miniere d’oro del pangeo. L’equilibrio tra egemonia ed autonomia – Ateniesi che guidavano gli alleati autonomi in una prima fase – si rompe a favore di Atene, che in maniera sempre più determinata nel V secolo esercita una politica di potenza che mira ad accrescere il suo ruolo. La rivolta di Taso è lunga e domata a fatica. La repressione della rivolta comporta un controllo stretto dell’isola da parte di Atene e l’afflusso di metallo prezioso e ricchezze, elemento che concorrerà a sostenere le forti spese della fase più avanzata della democrazia ateniese. Prosegue il conflitto con la Persia parallelamente alla guerra del Peloponneso: si parla di età cimoniana, o Atene cimoniana. Battaglia dell’Eurimedonte, che ha datazione discussa. Da collocare nel 570 circa. È una doppia vittoria, navale e terrestre. Acmé della figura di Cimone: incarna l’idea politica che la Grecia debba avere due occhi, per una sana vita delle città greche, cioè che Atene debba allearsi con Sparta. Cimone rappresenta sul piano politico–militare l’idea di una concordia, politica concertata con Sparta e non ostilità. Tendenza moderatamente filospartana, e anche insistenza sulla prosecuzione del conflitto sulla Persia. Cimone commette un grave errore politiche, legato alla terza messenica, detta “del terremoto”. A metà degli anni Sessanta c’è un terremoto che colpisce Sparta, e che mette a dura prova la città. Il re Archidamo organizza una difesa e stringe d’assedio sul monte Itome gli iloti rivoltosi. La terza guerra messenica è ben nota, raccontata da Tucidide, ed ha un ruolo importante: pone all’attenzione del mondo greco il problema messenico. C’è un ethnos, una popolazione greca assoggettata da altri greci. Per Sparta non era così: la Messenia conquistata era semplicemente Laconia. La notizia della rivolta dei messeni e della difficoltà con cui Sparta, grande superpotenza della Grecia classica, fa il giro del mondo greco. Alla luce della sensibilità promossa dalla democrazia questo fatto interroga. Sparta chiede aiuto agli Ateniesi, particolarmente esperti nella tecnica dell’assedio: si ritiene possano dare un contributo. Nella prospettiva cimoniana Sparta va aiutata: i soldati Ateniesi giunti a Sparta sono guardati con sospetto, e si teme possa esserci un’intesa tra loro e i Messeni. Il contingente ateniese è congedato: il passo falso dal punto di vista politico comporta l’ostracizzazione di Cimone nel 471. Questo comporta anche una decisione drammatica in politica estera: infrazione di una delle clausole fondamentali di ciascuna alleanza, nello specifico tra Ateniesi e Spartani, cioè di avere stessi amici e stessi nemici. A questo si unisce un altro elemento decisivo: nell’ambito della politica interna ci sono riforme di Pericle che comportano l’avvio della “democrazia radicale”. Uno dei fatti simbolici è la drastica riduzione delle competenze del tribunale dell’Aeropago, la cui attività è circoscritta ai soli delitti di sangue: perde la funzione di punto di riferimento politico. Fine degli anni Sessanta, fine dell’alleanza con Sparta. Guerra con i Persiani e con i Peloponnesiaci. Forte attivismo militare di Atene: epigrafe che riporta i caduti divisi per i diversi teatri di guerra. La terza guerra messenica finirà con l’assoggettamento dei Messeni a Sparta, con l’accordo che ad alcuni rivoltosi messeni è concesso di lasciare la Messenia e insediarsi presso Naupatto. Lì l’insedimamento è concretamente un ricordo per i greci del problema messenico. Si delinea una identità messenica. Spedizione ateniese in Egitto: si ribella spesso, ha una forte identità nazionale. Il controllo dell’Egitto è un problema che i Persiani devono periodicamente affrontare. In questo caso gli Ateniesi intervengono per mettere in difficoltà la Persia. L’esito della spedizione dal 460 al 454 è catastrofico. La battaglia navale è bloccata dal prosciugamento dell’isola, gli Ateniesi, non informati della disfatta egiziana, vedono il contingente navale distrutto. Ragione ufficiale dello spostamento del tesoro della lega da Delo all’acropoli di Atene, nel 454. Il 450 è l’anno del rientro dall’ostracismo di Cimone, che riprende subito il conflitto con la Persia. Ottiene una doppia vittoria a Cipro, dove trova la morte. Questo evento militare convince la Persia e il gran Re a cercare un accordo con Atene. Nel 449 un fatto che rappresenta la conclusione delle guerre persiane: la pace di Calia. Più che un trattato di pace è un accordo di fatto: il re può fare un accordo con un parigrado, non con una città greca. Atene si impegna ad interrompere attività bellica nell’Egeo, la Persia si impegna a non intervenire militarmente nell’Egeo e non intervenire neanche nel tratto di costa dell’Asia Minore, attuale Turchia, per uno spazio misurato tale che un esercito di terra percorre in tre giorni di marcia, o in un giorno un contingente di cavalleria. Non c’è una rinuncia alla sovranità, ma c’è un accordo di fatto. Atene ha il controllo dell’Egeo, parte dell’Asia Minore e con Sparta, dopo la vittoria spartana di Cheronea, si viene ad una tregua trentennale, siglata nel 446–445 a.C.: a questo punto Atene interrompe l’attività militare e si concentra nella politica interna, dispiegando in tutta la sua potenzialità questa forma di democrazia radicale che Epialte e Pericle avevano iniziato. Pericle eletto per quindici anni consecutivi nel collegio degli strateghi. Consenso dal 436 al 431 a.C.. Democrazia radicale: il punto di partenza di queste considerazioni può essere il giudizio che Tucidide dà di Pericle, che segue immediatamente l’ultimo dei tre discorsi che Tucidide mette sulla bocca di Pericle. Subito dopo il discorso c’è un bilancio della figura di Pericle, che morirà poco dopo, fatto da Tucidide. Pericle è stato determinante per l’avvio del conflitto peloponnesiaco, per l’apertura delle ostilità e l’ingresso in guerra di Atene, e aveva anche detto quale sarebbe stata la strategia vincente, che gli Ateniesi però abbandoneranno. Si resero conto, che se dopo la sua morte avessero fatto come aveva detto, le cose sarebbero andate diversamente. Grazie all’autorità che gli derivava del prestigio personale e dall’intelligenza, e alla sua manifesta incorruttibilità: κατείχε το πλήθος ελευθέρως. Dirige l’opinione della collettività ma con un convincimento raggiunto sul terreno del dibattito pubblico, non con la forza o la violenza, con l’esercizio della razionalità, del λόγος. Controlla la massa ma liberamente, nel pubblico, trasparentemente, convincendo in assemblea. Qui c’è un’indicazione del rapporto tra Tucidide e il demos: era un vero δημαγωγος perché era lui a άγειν τον δήμον. Ogni qual volta si accorgeva che l’arroganza rendeva gli Ateniesi inopportunamente audaci, li riconduceva al timore con il λόγος. Quando li vedeva timorosi li induceva ad avere fiducia. Così si esercita il controllo di Pericle sull’assemblea degli Ateniesi. A questa possono partecipare tutti quelli che sono cittadini, tutto il corpo civico. Nel nome del regime entro cui Pericle si muove e tutto ciò che implica (elencato sopra) è una democrazia, un regime in cui la sovranità è esercitato dal demos; nei fatti, per il modo in cui questo si realizza, con l’influenza, è un’αρχή, un esercizio del potere da parte del πρώτος ανδρόςσ, il cittadino migliore. Proprio perché la democrazia consente a chiunque di esprimersi, e di mettere in gioco le proprie qualità, cioè ha natura velatamente meritocratica, il migliore tra tutti ha modo di esercitare la sua influenza. Regime pericleo connotato dalla libertà ma determinato dalla capacità di influenzare le assemblee con le sue capacità dialettiche, manifesta incorruttibilità. Pericle altre volte è paragonato a una figura con caratteristiche monarchico–persiane; ma nel giudizio tucidideo la valutazione positiva, anche se si riconosce il ruolo eccezionale che Pericle ha. L’ambito in cui Pericle esercita le sue grandi capacità è la politica interna. Nella parola democrazia c’è il segno di una forte percezione del ruolo del potere del dominio, insita del verbo κρατείςν, che vuol dire “dominare”, e della parola demos. È significativo l’uso del termine “astratto”. Sia demos che κράτος possono avere significati diversi, e a seconda dei significati che hanno le parole, cambia il significato della parola. Demos ha due significati in greco, è simile al termine italiano equivalente: o l’intero corpo civico, tutti i cittadini che hanno pieni diritti; o all’interno del corpo civico, la parta popolare. Ammesso che κράτος significhi “potere, sovranità”, se prendiamo il significato generico di demos possiamo tradurre democrazia come “regime repubblicano” e si inserisce in una opposizione concettuale di tipo binario: regime di tipo repubblicano contro regime personale. Se però demos è preso come “popolare”, democrazia indica una componente caratterizzata dal punto di vista sociale ed economico, la parte medio– bassa della società nel suo insieme. Allora l’idea diventa quella di una contrapposizione tra ricchi e poveri, e il sistema concettuale in cui si inserisce in questo senso la democrazia è ternario non binario: regime personale, democratico, od oligarchico. Lo stesso termine κράτος indica o la “sovranità” in termini generali, o del popolo o della componente popolare maggioritaria ma più svantaggiata, o anche “l’esercizio di un potere di una maggioranza che Mardonio istituì delle demokratiai. I Persiani si fanno propugnatori di una forma di governo di tipo democratico. Demokratiai è al plurale, non è l’astratto con riferimento a Clistene, fa riferimento a quel valore più attenuato di democrazia che si oppone a una forma di governo personale. Demos è l’intero corpo civico, ha connotazione sostanzialmente quantitativa, forma di governo repubblicano contro governo personale. Deliberativo, discorso che promuove decisione dell’assemblea; giudiziario relativo a una vicenda giudiziaria; epidittico serve a presentare una serie di idee. Pericle convince gli Ateniesi ad entrare nella guerra del Peloponneso – deliberativo; poi un discorso pubblico – epidittico; poi giudiziario: l’autodifesa che fa Pericle mettendo gli Ateniesi di fronte alle loro responsabilità quando fanno precipitare su di lui tutto il malcontento dopo il primo anno di guerra. Nel cap 65 c’è il giudizio su Pericle. Componente di rielaborazione letteraria tucididea molto forte. L’idea generale è riportata da Tucidide, certo non le stesse parole. Capacità di scrittore di Tucidide per cui troviamo immagini o aspetti dei discorsi di Pericle o temi che troviamo in altre parti della storia tucididea, che immagina di ricostruire e immaginare gli argomenti che gli oratori hanno fatto in quella specifica occasione cercando di attenersi all’idea generale espressa dall’oratore. Il λόγος epitaphios si basa quindi su idee correnti, di Pericle, ma con argomentazione ricostruita. Valore documentario dell’elaborazione concettuale ed ideologica. Certo rappresentazione in parte anche idealizzata. Ad Atene una volta l’anno i caduti in guerra erano sepolti tutti insieme con fondi dello stato. Divisi poi in dieci sepolture, in dieci punti legati alle dieci tribù, e dopo essere stati esposti, una processione portava le salme nel cimitero d’Atene, e lì, dopo la sepoltura, un politico in vista, diverso ogni anno, faceva un grande discorso di celebrazione e commemorazione dei caduti, e di celebrazione di Atene. I cittadini Ateniesi vedevano ridefinita e proclamata la loro identità, culturale e politica. Per il primo anno della guerra del Peloponneso il politico scelto fu Pericle, che più di ogni altro ha determinato il corso degli eventi. Pericle dice che non vuole celebrare le vittorie passate, ma vuole concentrarsi sul presente, e celebrare i costumi e la forma di governo di Atene. Il discorso funebre, presso le tombe (epi–taphios) descrizione anche della politeia ateniese. Distinzione forte tra pubblico e privato. Maggiore la distinzione, più avanzata la dialettica politica. Pericle presenta un equilibrio, non statico ma carico di tensione. La formulazione periclea è il punto di arrivo di un pensiero greco politico che ha tante fasi precedenti. In lui cogliamo un processo storico che va visto diacronicamente. Il rapporto che ne risulta, cioè il modo in cui Tucidide presenta la società democratica ateniese, è carico di tensioni sociali. Però il regime democratico cerca di controbilanciare queste spinte, cerca di eliminare l’invidia sociale – che pure c’è. Pericle fa garanzia nell’ambito delle divergenze private, risolte secondo una isonomia, cioè uguaglianza rispetto alla legge, e che la democrazia non interviene sul piano delle divergenze socioeconomiche, che restano sul piano del privato. C’è un certo conservatorismo sul terreno del sociale e del privato: non si interviene, non sono eliminate le differenze sul piano sociale. Ma nel pubblico vale il diritto di partecipare, se capaci, si è invitati a partecipare e si sarà valutati per ciò con cui si può contribuire. Vale il politeuestai, il partecipare alla vita pubblica. Il punto cruciale è che la democrazia periclea sul piano sociale è tendenzialmente conservatrice. Chi è povero ha occasioni di arricchimento o di partecipazioni alla vita pubblica tanto quanto il ricco attraverso il pagamento di una indennità in cambio dell’esercizio di una funzione pubblica. Mistos, somma in denaro stabilita e fissata, pagata a chi partecipa, a chi esercita la funzione pubblica. Questo è un elemento fondamentale che segna il diverso uso della ricchezza aristocratica e democratica: Cimone si dice lasciasse non recintati i propri frutteti perché tutti potessero coglierli, però questo crea un rapporto di tipo personale tra chi dà e chi riceve, cioè si crea un rapporto clientelare. Nella democrazia periclea c’è la possibilità di dare un sussidio pubblico, somma in denaro data dallo stato, legato all’esercizio di una funzione pubblica, promuove una coscienza pubblica, “democratica”. 20 nov 2023 Il discorso epitaffio è dichiaratamente anomalo, come presentato da Pericle stesso. discorso celebrativo della città, momento pubblico fondamentale della definizione dell’identità degli Ateniesi. L’originalità dell’epitaffio consiste nel fatto che Pericle dichiara sin da subito di non volersi soffermare sul glorioso passato d’Atene, ma sulle vicende più vicine e sui costumi e sulla forma politica di Atene, perché è quella che ne garantisce la grandezza. επιτηδεύσεις e πολιτεία, τρόποι: stile di vita, costituzione e tratti del carattere sono i temi principali del discorso. Valore di esempio che Atene intende dare: παράδειγμα. Confronto tra modello ateniese e quello spartano: V secolo è secolo di contrapposizioni ideologiche forti in cui i due grandi modelli sono quello democratico e quello oligarchico. Anche in questa rivendicazione di originalità, che è un fatto reale – processo creazione democrazia dipendente dalle forme di governo Ateniesi precedenti –, rivendicazione forma politica è anche sotterranea opposizione con Sparta. Secondo alcuni da Creta, per altri da Delfi, Licurgo l’avrebbe importata da là. C’erano tradizioni che dicevano che le sue leggi sarebbero state importate da fuori – implicita contrapposizione con Sparta. Prima definizione esplicita di democrazia: και όνομα μεν, “in quanto al nome”, δημοκρατία κεκληται, democrazia è la forma più recente, per il fatto di reggersi sul ruolo politico di pochi, μη ες ολίγους αλλά ες πλειονας, ma si regge sulla maggioranza. Il principio di maggioranza è punto cardine della democrazia, la decisione che prende la maggioranza vale per tutti, ma per i nemici della democrazia questa è sentita come un esercizio di prevaricazione. La maggioranza impone con la forza il proprio regime. La parola democrazia è interpretata come violenza, prevaricazione del demos non come corpo civico ma come parte maggioritaria. Prima def: Si chiama democrazia perché si amministra non a pochi, ma sulla base della volontà della maggioranza. Da qui interpretazioni diverse: tutti hanno parte uguale ισον, rispetto alle leggi, rispetto alle divergenze private*. Il primo δε ha valore avversativo rispetto a quello che precede? Se ci sono divergenze che riguardano il privato, tutti quanti sono garantiti dalla legge. Questa precisazione ulteriore si contrappone – cioè rappresenta qualcosa che corregge la democrazia – o rappresenta qualcosa che nella prospettiva del Pericle tucidideo integra la democrazia e la completa? Se è avversativo il principio dell’uguaglianza davanti alle leggi è contrapposto a quello della democrazia: sembra che Pericle prenda le distanze dai principi della democrazia. Oppure è una prosecuzione del discorso: nel testo un climax, un crescendo tucidideo che parte da pochi, ολίγους, poi i più, πλειονας, poi approda a tutti. È un tricolon, crescendo nella presentazione della forma di governo. “tutti” corrisponde a tutto il corpo civico, tutelato rispetto alle decisioni prese perché ci sono le leggi che valgono per tutti, indipendentemente da condizione politica, economica o sociale. Il δε è una prosecuzione del ragionamento. Il climax dà unità alla frase. *divergenze private: c’è qualcosa che tutela tutti nella democrazia. In forma perifrastica, in questa frase, si allude ad una parola centrale nel lessico politico greco: isonomia. Nasce in età arcaica con valore aristocratico in cui il significato della parola di spiega in riferimento sia ad ισον, ma νομια va spiegato con il verbo νεμειν, radice νεμ–, che significa “assegnare a ciascuno in modo equo”, che non significa “a tutti nello stesso modo”. Il termine è reinterpretato e ripensato: questo fa la democrazia. Intende la parte νομια in riferimento a “legge”, quindi significa “uguaglianza per tutti davanti alla legge”, è una interpretazione democratica della parola isonomia. La democrazia è in assoluto egalitaria, cioè tutti sono in assoluto uguali? Rapporto tra democrazia e isonomia, intesa come uguaglianza di tutti davanti alle leggi. La democrazia è isonomica? Secondo alcuni, i migliori, che sono gli aristocratici, sono oggetto di continue sopraffazioni rispetto alla parte popolare; secondo Pericle la democrazia è isonomia. Rispetto al principio di maggioranza, anche qualcosa essa sia solo una parte, c’è poi il principio generale, le leggi, che tutelano tutti nello stesso modo. Equivalenza democrazia e isonomia. In questo senso è simile a Erodoto nel dibattito costituzionale: riflette il dibattito costituzionale dell’Atene contemporanea a Erodoto. Il primo dei tre che interviene (capp. 80–82) è un nobile persiano, Otane, che propone l’instaurazione di una forma di governo democratica – ma non usa democratia – usa isonomia. La parola democrazia è un termine divisivo: si pensi a come nel 900 “democratico” faceva riferimento alla sinistra. L’Atene democratica stessa era una città divisiva. Προς τα ίδια διάφορα: anche se ci si trova a confrontarsi in tribunale per dei conflitti, anche un esponente di spicco legato ai leader della democrazia, come un esponente tradizionale che guarda con diffidenza la democrazia, sono trattati nello stesso modo dalle leggi. Uno dei punti cruciali della democrazia periclea è cercare di distinguere e comporre le tensioni tra il piano del pubblico e quello del privato: la soluzione periclea è che sul piano del pubblico sono uguali, la legge vale per tutti. sul piano del privato, le condizioni sociali ed economiche in cui ciascuno si può trovare – date o conquistate. Queste differenze creano tensioni: invidia sociale. La democrazia allora, secondo Pericle, non è rivoluzionaria: lascia sussistere le differenze, ma nel privato. È questo l’elemento correttivo: fa in modo che non giochino un ruolo sul terreno pubblico. La democrazia non è comunistica. Ma tutti sono uguali di fronte alla legge, e l’ulteriore passo che fa la democrazia periclea è che a tutti indipendentemente dallo status sociale ed economico, se qualcuno ha delle qualità, è data la possibilità di metterle in gioco. Lo stato mette in moto l’economia attraverso un grande piano di lavori pubblici e crea occasione di arricchimento, che va al di là di chi tipicamente detiene la ricchezza, e consente anche a chi non ha del suo di dedicarsi alla vita politica perché l’esercizio di una funzione pubblica veniva incoraggiata e compensata con il pagamento di una indennità. Con questi meccanismi correttivi, le divergenze che sussistono nel privato sul terreno sociale ed economico sono attenuate sul piano pubblico. Distinti i piani, lo stato si incarica di creare un equilibro tra le tensioni. La traduzione che Musti propone di διάφορα: δια φέρω è come differo, cioè si parla di divergenze sociali ed economiche, annullate sul terreno del pubblico. Nella democrazia periclea emerge infatti una classe che si dedica all’artigianato ed al commercio, c’è un cambiamento nell’origine sociale che forse persino Pericle e altri non hanno visto con simpatia. 29 nov 2023 Guerra del Peloponneso Definizione controversa: Musti la chiama la guerra civile dei greci. In greco sul piano lessicale sono ben distinte le lotte interne da quelle intestine: tra πόλεις e πόλεμος è il conflitto interno è στάσις. Nel corso del V secolo matura più forte la coscienza della comune appartenenza di tutte le città greche all’Ἑλληνικόν. Espressione impropria sottolinea questo aspetto: la guerra del Peloponneso è un grande conflitto ideologico, in cui si confrontano due concezioni complessive ideologiche, del modo di vivere: una oligarchica e una democratica. Quando Pericle presenta la πολιτεία ma anche i modi di vivere e i costumi degli Ateniesi fa una presentazione generale che contrappone ai diversi valori che esprime la politica e la società di Sparta, punto di riferimento fondamentale per altrettanti greci. La guerra del Peloponneso è un conflitto in cui si scontrano coalizioni militari rappresentative di concezioni politiche che investono tutti gli aspetti dell’esistenza umana. Questo forte conflitto ideologico produce due conseguenze: la prima che anche all’interno delle singole città si creano coalizioni che si contrappongono in nome di questa contrapposizione. Persino ad Atene, dalle riforme di Clistene in poi fedeltà di tutti i cittadini alla forma di governo, si crea fazione oligarchica che prima nel 411 poi più drammaticamente nel 433 fa un colpo di stato, alla fine del conflitto. L’assemblea ateniese si suicida. Dal primo grande conflitto interno, la prima grande στάσις che infiamma una città greca a ridosso della guerra del Peloponneso e durante il suo corso, cioè Corcira: terzo libro Storie Tucidide filoateniese e filospartani nella stessa città. Altra conseguenza è che come sempre avviene quando ci sono conflitti di carattere fortemente ideologico, alla fine del conflitto ciascuna delle parti assume caratteristiche del nemico. Ad Atene con la fine della guerra del Peloponneso governo dei trenta tiranni, governo oligarchico durissimo; ma quando poi con Trasibulo è restaurata la democrazia a fine IV secolo è più moderata rispetto a quella efialteo–periclea e postpericlea. A Sparta succede lo stesso: Sparta vince in maniera inattesa la guerra, ma la Sparta di fine V secolo è percorsa da una serie di tensioni sociali, economiche, poi anche politiche che la portano di fatto a confrontarsi con istanze messe in gioco da Atene, di allargamento del corpo civico, maggiore spazio dato all’economia. Sparta entra in parte in crisi, crisi che esploderà negli anni Sessanta durante l’egemonia Tebana, ma questo è anche un portato dell’esito di un conflitto perché proprio il confronto continuo nella contrapposizione ideologica con Atene fa sì che cose che gli Ateniesi proclamavano permeano la società spartana e la mettono in crisi. La ragione verissima del conflitto che non viene dichiarata apertamente a parole ritengo sia stato il fatto che gli Ateniesi fossero diventati grandi, cioè la crescita in potenza in termini politico–militari, le risorse, la flotta, e parallelamente a questo la paura che questo produceva nei confronti degli Spartani, questa dialettica costrinse ad entrare in guerra. Cause immediate che producono il conflitto, ma ragione più profonda: gli Spartani si rendono conto che la crescita degli Ateniesi è enorme ed inarrestabile. Relazione tra causa immediata e causa profonda: un impero che non voglia correre il rischio di cadere è costretto ad una politica di espansione territoriale e conquista continua. Contrapposizione tra causa immediata e causa più profonda è già in Erodoto, ma più esplicita in Tucidide. Dalle guerre persiane in poi la democrazia ateniese acquista uno slancio ai limiti dell’incoscienza, una fiducia in se stessa nelle proprie capacità e nel proprio ruolo storico, come anche una intraprendenza che la porta a compiere scelte che si riveleranno dannose. Gli Spartani al contrario hanno timore. La guerra del Peloponneso si articola in tre grandi fasi: un primo conflitto decennale 431–421, guerra archidamica dal re Archidamo, che guida le invasioni peloponnesiache dell’Attica – la strategia periclea è concentrare la popolazione all’interno delle mura, dominare il mare, e lasciare che i peloponnesiaci si sfoghino sui conflitti di terra. Pericle muore nel 429, gli succedono una serie di figure, tra cui Cleone, che Tucidide detesta, non più di Aristofane. Cleone sul fronte ateniese e Brasida sul fronte spartano, morti entrambi nel 424. Nel 431 pace di Nicia che chiude la prima fase del conflitto. La guerra archidamica è in realtà una guerra in sé. Poi la tregua “piena di sospetti e diffidenze reciproche”, in cui c’è un’evoluzione delle politiche interne delle città greche; ad Atene si apre un ulteriore fronte del conflitto, la Sicilia – compiono una seconda spedizione dal 415–413 – che si conclude con una disfatta terribile. Gli Ateniesi si riprendono ma riprende poi anche la guerra tra coalizione ateniese e quella spartana peloponnesiaca. Ultima fase dal 413, guerra deceleica: i peloponnesiaci occupano stabilmente – non più invasioni annuali – l’Attica, su consiglio di Alcibiade, e la fortezza di Decelea. Si conclude con la disfatta ateniese del 404. L’idea che tutto questo sia un conflitto unitario e non una serie di conflitti diversi è perché l’evento che pone fine al conflitto è la distruzione di Atene: questa la fine dell’impero ateniese e lo smantellamento della sua flotta. Questa concezione unitaria del conflitto è difesa da Tucidide, nel capitolo 26° del libro V: la conclusione del conflitto che si apre nel 431 con la sortita tebana a Platea e l’apertura delle ostilità e l’invasione dell’Attica si conclude solo e non prima del 404, quando gli Spartani mettono fine all’impero, al dominio ateniese. Strumento conflitto contro la Persia ma poi esercizio di potenza militare e politica da parte di Atene, la lega navale medio–attica. Atto finale che chiude la guerra lo scioglimento della lega. Il rapporto con gli alleati si incrina subito: l’equilibrio è rotto perlomeno con la ribellione di Nasso. Il dominio che gli Ateniesi esercitano anche sugli alleati considerati sudditi fa sì che Atene sia rappresentata dai nemici anche interni come “nuova Persia” che tratta gli alleati come il gran re i suoi sudditi. Questo porta ad uno degli errori più gravi dal punto di vista ideologico: parola chiave libertà legata alla democrazia. Pressione forte esercitata dagli alleati peloponnesiaci, gli Spartani vogliono combattere per difendere la libertà dei greci, cioè la liberazione dalla durezza del dominio ateniese. Atene usa come strumento di controllo delle città alleate il favorire la nascita di regimi politici che abbiano a capo figure politicamente vicine ad Atene stessa. Esportazione democrazia con le armi nelle città alleate, che mira a far sì che Atene abbia miglior controllo delle città alleate. Inverno 416 evento drammatico, analizzato nella forma del dialogo da Tucidide. Periodo intermedio tra le guerre: gli Ateniesi intervengono contro l’isola di Melo, legata a Sparta, nelle Cicladi, parziale neutralità: gli Ateniesi la pongono sotto assedio imponendo la resa, senza condizioni. A un certo punto un dialogo tra ambasciatori Ateniesi e Meli: enunciato il principio della legge del più forte. Cause sotterranee, crescita potenza ateniese che non può continuare la sua politica espansionistica di fronte alla quale gli Spartani si arrendono: provocazioni che gli Ateniesi compiono ai danni di città legate a Corinto. L’abilità perversa di Atene, frutto di analisi e responsabilità del conflitto che Atene produce, è una serie di provocazioni al fine di abbagliare la lega peloponnesiaca in modo tale che gli Spartani siano posti di fronte alla necessità di entrare in conflitto per risolvere le ostilità, sotto la spinta ateniese. La responsabilità morale è ateniese. Quella concreta è di Sparta. Di tre cause due sono legate a città colonie di Corinto, fondazioni corinzie: primo caso, ingresso di Atene in un conflitto tra colonia corinzia e sottocolonia di Corcira, conflitto tra Corcira ed Epidamno. I corciresi chiedono appoggio di Atene e consumano una alleanza difensiva con Corcira, consentendo a Corcira di scontrarsi con Corinto, che viene sconfitta. In quanto alleanza difensiva non è violata la tregua trentennale del 446–445. Un’altra importante colonia corinzia è Potidea, dove è inviato un magistrato – sancito rapporto tra madrepatria e colonia. Potidea è anche nel Nord dell’Egeo, nella Calcidica; entrata nella lega navale medio– Attica. Dopo l’ingresso Atene impone che Epidamno rompa tutti i legami con Corinto. Anche con Megara vietano di avere rapporti commerciali, come valeva per tutte le città della lega delio– Attica. Nel 432 a Sparta si svolge una famosa assemblea della lega peloponnesiaca in cui Tucidide racconta quattro discorsi, il primo dei Corinzi Il racconto della guerra comincia con il libro secondo, sortita presso Platea da parte dei Tebani con la strage commessa e successiva invasione dell’Attica dall’esercito peloponnesiaco. Guerra civile a Corcira, città divisa tra componente filoateniese e filospartana. Si combattono con durezza e Tucidide analizza degenerazione aspetti vita sociale che la guerra comporta all’interno della città. 04 dic 2023 Potenze militari che rappresentano concezione della società, portatrici di valori opposti rispetto a quelli presentati dall’altra coalizione. Questo ha due conseguenze: (1) la forte contrapposizione di valori si riproduce all’interno delle singole città, per cui abbiamo conflitti civili – fazione filoateniese e fazione filospartana che possono anche scontrarsi; conflitto che si estrinseca sia come πόλεμοσ, guerra tra città, che come στάσις, guerra all’interno della stessa città. (2) al termine del conflitto stesso ciascuno dei due contendenti finisce con l’assumere caratteristiche dell’altro. Così si ha presenza di regime oligarchico ad Atene, e anche quando viene restaurata la democrazia è più moderata rispetto a quella della fase della democrazia radicale di Efialte e Pericle; così come a Sparta tensioni sociali ed economiche che attraversano la società spartana, anche perché Sparta è investita di un compito importante dopo la guerra del Peloponneso. La guerra del Peloponneso nei primi dieci anni vanno considerati come prima fase di un conflitto più ampio che si chiude solo quando Atene è sconfitta, la lega è disciolta e la potenza navale ateniese è temporaneamente azzerata. Prima fase decennale, re spartano Archidamo che muore nel 427, protagonista con Pericle; conclusa con pace di Nicia del 421. Tregua “piena di sospetti”, anche per le clausole della pace di Nicia decise sopra la testa degli alleati da parte di Spartani e Ateniesi, tantoché alcuni alleati non intendono rispettare queste clausole. Ultima fase: errore di Atene spedizione in Sicilia 415–413 conclusa con una debacle militare, clamorosa sconfitta militare. Già la spedizione partiva sotto i peggiori auspici. Altra conseguenza negativa della disfatta ateniese è che Alcibiade è coinvolto in uno scandalo, la decapitazione delle statuette ermiche, negli incroci di Atene. Alcibiade passa dunque a Sparta, e di fatto sarà un grave danno per Atene la presenza di Alcibiade a Sparta, perché darà consigli preziosi: li convincerà a prendere molto sul serio la spedizione ateniese in Sicilia. Coalizione dorica, che fa capo a Sparta, e una ionica, con riferimento Atene. Gilippo, generale spartano, infliggerà una durissima sconfitta. Consiglia anche di coinvolgere la Persia nel conflitto, che dopo la pace di Callia, 449, era stata ai margini della storia greca, anche se il gran Re non aveva mai rinunciato alle proprie ambizioni e alla propria sovranità in Asia Minore. Sia Spartani che Ateniesi presero in considerazione la loro alleanza, perché avrebbero trovato grandi risorse economiche. Quando riprende l’ultima fase della guerra, nel 413 alla fine della spedizione ateniese in Sicilia, inizia anche una serie di rapporti tra Sparta e la Persia, che portano nel 412 ad una alleanza tra Sparta e la Persia, che avrà effetto decisivo nell’orientare in favore di Sparta il conflitto. Nel 418 si combatte la battaglia di Mantinea, in cui Sparta riesce a mettere fine ai tentativi Ateniesi di insidiare egemonia spartana nel Peloponneso. “La più grande battaglia mai combattuta dai greci fin lì”, Tucidide. Riprendono i conflitti anche nella vita politica ateniese, e ultima applicazione nota dell’ostracismo, nel caso di Iperbolo. Tra estate 416 e 415 spedizione ateniese contro Melo, città non propriamente schierata nel mezzo delle Cicladi, legata a Sparta. Nella primavera del 413 riprendono le invasioni peloponnesiache dell’Attica, riprende il conflitto, rottura della tregua e gli Spartani decidono di mantenere un’occupazione fissa conquistando la fortezza di Decelea. Con la ripresa del conflitto si conclude la spedizione ateniese in Sicilia, con gli errori strategici di Nicia e lo sbaragliamento di tutte le forze Ateniesi. Anche gli alleati di Atene cominciano a mordere il freno: significativa rivolta nel 412 che si accompagna alla stipula del trattato tra Sparta e Persia. Le tensioni del conflitto hanno poi come conseguenza un colpo di stato oligarchico ad Atene, maggio 411, con istaurazione del governo dei quattrocento. È la prima volta che nella storia costituzionale ateniese c’è una rottura della continuità democratica. L’assemblea stessa, subendo la pressione, vota il passaggio del governo a quattrocento consiglieri, cooptati, e proseguono ad abolire la politica delle indennità, per mettere fuori gioco chi è in condizioni economiche più modeste, e si decide di limitare a soli cinquemila i cittadini di pieno diritto. Questo elenco deve essere redatto dai quattrocento, συνγράφεις, costituenti. Nel frattempo gli scontri continuano e un teatro di battaglia significativo diventa l’area dell’Ellesponto. Due vittorie Ateniesi nel corso del 411: una ad Abido, l’altra a Cinossema, ultimo evento politico–militare narrato da Tucidide. Il libro VIII si conclude col racconto del 411. Poi Senofonte, nelle Elleniche. Nel settembre del 411 il governo dei quattrocento è rovesciato, sorto a giugno, e resta al governo Teramene, detto il coturno, stesso calzare per tutti i piedi degli attori, e viene restaurata una democrazia ma tendenzialmente più moderata. Primavera 410 grande vittoria ateniese a Cisico, che rappresenta il pieno ritorno della democrazia ateniese, ottenuta grazie ad Alcibiade che torna trionfalmente ad Atene nel 408. 05 dic 2023 Dicotomia del V secolo. Al termine del conflitto militare solo uno può sopravvivere. Ciascuno dei due contendenti, per osmosi storica, assume caratteristiche dell’altro. Crisi demografica perché sono sempre meno i cittadini a pieni diritti. Tensioni economiche e sociali. Egalitarismo proclamato che permea la società spartana entra sempre più in crisi. Tema libertà di cui Sparta è paladina allo scoppio della guerra del Peloponneso pone una serie di problemi: comportamenti concreti di Sparta attraverso cui controlla le città greche sono una smentita di fatto della eleutheria, più associata alla democrazia che non all’oligarchia. Storia greca IV secolo: crisi della πόλις. La crisi è una trasformazione. Nel processo di movimento continuo e trasformazione che sono i processi storici nel loro insieme, vediamo che la trasformazione colpisce l’assetto esistente, la realtà effettiva, e quando i mutamenti si concentrano in un periodo specifico e subiscono un’accelerazione, c’è una rottura di un equilibrio preesistente e attraverso la crisi la formazione di un equilibrio diverso. Questo avviene nel IV secolo: rottura equilibrio che aveva caratterizzato il V secolo e creazione nuovo equilibrio. Quello che si avverte nella produzione culturale del IV secolo a tutti i livelli è il senso di chiusura di un periodo. La sconfitta di Atene, la fine dell’imperialismo ateniese è sentito non solo ad Atene come chiusura, come stacco storico. Inizia un periodo con caratteristiche diverse, e in ambito storiografico produce una riflessione sul passato e ad una periodizzazione. Autori di storie generali, che tentano narrazione sistematica della storia greca da un punto di inizio all’età contemporanea: Storie di Eforo di Cuma, trenta libri dalla discesa degli Eraclidi fino al pieno IV secolo, Filippo II di Macedonia. Riflessione sul passato che comporta periodizzazione, consapevolezza di vivere in una fase storica diversa, caratterizzata da due elementi che la differenziano da quella precedente: (1) policentrismo: nella storia greca di V secolo, dalla fine della seconda guerra persiana, 478–477, alla fine di quella del Peloponneso dominano e si contrappongono Atene e Sparta, dopo la fine della guerra alcune realtà regionali che avevano giocato ruolo minore nella storia greca acquistano rilievo, come Tessaglia, Beozia. In un certo senso una situazione che ricorda quella della Grecia del periodo tardo–arcaico, prima dell’avvio del V secolo, cioè il VI, con floride realtà regionali. Lo stemperarsi della polarità Sparta–Atene fa emergere realtà regionali che hanno ruolo significativo; non più due centri, due città che dominano. Questo produce un certo appiattimento del ruolo politico e della funzione di aggregazione che avevano avuto città egemoni come Sparta e Atene, perciò il definirsi di una certa facies, immagine complessiva politico culturale più omogenea, che è poi quella che si avvia a diventare il volto classico della Grecia che viene ereditato da Roma e attraverso la mediazione della cultura romana diventa punto di riferimento, immagine della Grecia per la cultura europea. L’immagine classica, classicheggiante del mondo antico è quella che si definisce nel corso del IV secolo, con una più spiccata presenza di elementi di valutazione moralistica. Si accompagna (2) una certa depressione complessiva della Grecia sul piano internazionale, ruolo politico meno pronunciato rispetto a fattori che interferiscono con la storia dei greci. La Persia torna ad avere un ruolo di rilievo. Nel corso del V secolo la Persia era ai margini della storia greca. Macedonia di Filippo II che acquista funzione centrale nella storia greca e il figlio Alessandro che porterà a compimento la conquista dell’impero persiano pone le basi per una nuova fase della storia greca, in cui il ruolo della città greche è sempre meno politicamente rilevante nei regni ellenistici. Rallentamento, attenuazione del ruolo politico delle città greche, e comunque nel corso della seconda metà del IV secolo si pongono in maniera decisa le basi, con l'avvento di Filippo II di Macedonia e lo scontro tra lui ed Atene, in particolare fino al punto culminante nel 338, per cui non possa più esserci una funzione egemonica di una singola città greca. Vicende spartane 404 vince la guerra del Peloponneso grazie a Lisandro, figura contraddittoria che assomma in sé aspetti della crisi di Sparta del IV secolo. Rapporti tra Sparta e Persia, decisivi per la vittoria spartana, si incrinano rapidamente in primo luogo a causa dei rapporti personali di Lisandro, e Ciro il giovane, figlio di Dario II, che per ragioni di anzianità vede salire al trono il fratello Artaserse e tenta con un colpo di mano militare di spodestarlo. C’è un appoggio anche spartano a Ciro il giovane, che è karamos, a lui sono affidate le satrapie occidentali dell’impero achemenide, in più diretto rapporto col mondo greco. La spedizione raccontata da Senofonte nell’Anabasi, spedizione “dei diecimila”. Nonostante la vittoria che ottiene la coalizione che appoggia Ciro, nella battaglia di Cunassa muore Ciro stesso e perde di senso l’obiettivo. Questo produce anche un attrito tra Sparta e il gran Re, Artaserse, quindi cambiamento orientamento. Conseguenza: campagne militari spartane contro la Persia, di Tibrone, di Cercillida e di Agesilao. Queste tra il 400 e 394 a.C., e la Persia cambia orientamento e comincia a promuovere una reazione antispartana all’interno del mondo greco, non ché ad appoggiare una ripresa di Atene, che aveva subito un duro colpo con la sconfitta alla fine della guerra del Peloponneso. Un emissario greco, Timocrate, distribuisce generosamente oro persiano, cioè finanzia fazioni antispartane all’interno delle città greche, e questo avvia un conflitto, la guerra Corinzia, che costringe il re di Sparta Agesilao a rientrare in Grecia, lasciando l’Asia minore, per ottenere due significative vittorie: Nemea e Coronea. Contemporaneamente nel 394 la Persia ha orientato il suo appoggio all’una e all’altra componente per cercare di dividere, non permettere di emergere a nessuna città con aspirazioni egemoniche. Un ammiraglio ateniese messo a capo di una flotta finanziata dalla Persia che nella battaglia di Cnido sconfigge la flotta peloponnesiaca. Questo pone di fatto un punto all’egemonia navale di Sparta, iniziata dopo la guerra del Peloponneso, che le ha permesso per dieci anni di controllare l’Egeo. Politica Persia e Sparta cambiano di nuovo orientamento: nuovo avvicinamento, trattative di pace a Sardi nel 392, poi nel 391 anche tra i greci a Sparta che portano alla definizione di quella che è una novità: una pace comune, estesa a un gran numero di greci. Koirh eirene. Pace di Antarcida, nome dell’emissario spartano che ne definisce le caratteristiche generali. Caratteristiche della pace di Antarcida: – Riaffermarsi della sovranità del gran Re su tutte le città greche dell’Asia Minore. Per questo autori del IV secolo, come Isocrate, la contrappongono alla pace di Callia, per cui la Persia doveva tenersi lontano dall’Asia Minore. Anche se formalmente il gran Re non rinuncia mai alla sovranità sulle città greche d’Asia, con questa pace la riprende pienamente. Sparta, che pure con le spedizioni aveva tentato di difendere l’autonomia delle città greche d’Asia rinuncia a questo. Ripresa controllo completo da parte del re Persiano. – Viene fatto valere il principio dell’autonomia – che non vale per le città greche d’Asia – per le città della madrepatria. Sparta lo fa in parte per ragioni di interessi politici: far valere il principio significa mettere in difficoltà la possibilità di creare leghe, alleanze, simmachiai, da città greche. La lega peloponnesiaca ha come clausola almeno formale il rispetto dell’autonomia degli alleati, non era caratteristica degli alleati di Atene nella lega navale delio–Attica. Proclamare il principio di autonomia consente a Sparta di difendere quella libertà in nome della quale ha avviato la guerra del Peloponneso, salvo che gli Spartani usano questo anche come arma contro la possibilità che altre città abbiano ruolo egemonico. Questo sarà ragione della crisi in cui Sparta verrà a trovarsi: la tendenza di Sparta di intervenire pesantemente nella politica di città greche resta. Dopo cento anni dalla stipula della prima, gli Ateniesi creano una seconda lega delio–Attica. Questa volta all’interno dei principi e del testo di fondazione della lega si scrive il principio di autonomia della città alleate di Atene. La Persia impone il principio di autonomia dando a Sparta il ruolo di garante del principio, cioè la possibilità di intervenire militarmente nel caso in cui il principio non sia rispettato. Tebe mantiene atteggiamento polemico nei confronti di Sparta. Quando ci sono i rinnovi periodici della pace comune, cioè che è estesa a tutto il mondo greco, si pone il problema del fatto che i tebani pretendono di giurare per tutti i Beoti, e gli Spartani non lo accettano. Nel 371, mentre Sparta e Atene si sono riavvicinate e nel 375–374 stipulano una pace, c’è un altro congresso di pace a Sparta, e qui i tebani si impongono e pretendono di sottoscrivere la pace, partecipando ad un giuramento, a nome di tutti i Beoti, cioè sancendo una egemonia che non rispetta i principi della pace di Antarcida. Si arriva ad uno scontro militare gli Spartani sono durissimamente sconfitti. Nella battaglia di Leutra cadono e muore persino il re. Colpo durissimo per Sparta dal punto di vista democratico: sono cittadini Spartani a pieno diritto che muoiono, quella figura politica e sociale che a Sparta è sempre meno rappresentata. Fine del periodo di egemonia spartana e avvio di una fase diversa della storia greca, periodo dell’egemonia tebana 371–362. Acquista rilevanza un centro che non aveva mai perso d’importanza ma non aveva mai esercitato un ruolo di egemonia nel mondo greco. Carattere policentrico che connota la storia greca del V secolo è visibile: anche aree della Tessaglia, la città di Fere, acquistano ruolo di rilievo. Leutra è un colpo durissimo per Sparta non solo per la sconfitta. La situazione è ancora peggiore, sono due i grandi protagonisti dell’egemonia tebana: Pelopida ed Epaminonda. Il successo dell’esercito di Tebe è dovuto a una riforma militare che si traduce nell’adozione della tecnica di combattimento della falange obliqua, non più scontro frontale ma forma diversa concentrata su un lato e non frontalmente. Tecnica che sarà fatta propria da Filippo II, che prima di essere re macedone trascorrerà un periodo a Tebe come ostaggio, dove apprende i segreti della tecnica. Epaminonda compie spedizioni militari all’interno del Peloponneso: ulteriori colpi per Sparta. Sempre in linea con aspetti policentrici della storia greca i tebani cercano di liberare zone dal controllo spartano: Arcadia, dove si costituisce lega arcadica nel 370; ma nel 369 Epaminonda fa sì che la Messenia si liberi dalla conquista persiana. Gli Spartani non riconosceranno mai l’indipendenza della Messenia. Però questa liberazione della Messenia comporta la perdita per Sparta delle pianure e risorse economiche formidabili. Declino che rende Sparta più marginale nella storia greca. Ricostituzione memoria storica e tradizioni del passato della Messenia. La quarta discesa del 362 di Epaminonda vede un tentativo di Sparta di affrontare la coalizione dei Tebani. Epaminonda muore nel corso della battaglia nonostante gli Spartani siano stati sconfitti. Con la perdita della guida dell’egemonia tebana finisce il tentativo di Tebe di assumere ruolo egemonico nel mondo greco. compare in un passo celebre degli atti degli apostoli in cui si parla di un conflitto tra Giudei, εβραίοι, ed ελληνισται. Una tradizione ha erroneamente attribuito a Droysen una nozione di idea di ellenismo intendendo ελληνισται come ebrei intrisi di cultura greca. In realtà è evidente che la distinzione è tra quanti leggevano la torah, il Pentateuco in Ebraico, e quanti in greco. Prima di Droysen ελληνισμός indicava quel greco comune esteso all’intero mondo ellenistico in contrapposizione ai dialetti greci ed alle lingue non greche, con una nozione più decisamente greca tendente ad anticipare al IV secolo, prima dell’età di Alessandro, quei fenomeni che esplodono dopo la morte di Alessandro Magno, con la tendenza a ricondurre a una matrice più greca quei fenomeni che Droysen collegava alla conquista dell’impero persiano ed ai processi che la conquista stessa mette in moto. La conquista di Alessandro resta una premessa fondamentale. Droysen riconosce il periodo storico, dandogli un nome, e di averne fatto un quadro politico culturale amplissimo e cronologicamente definibile in cui un’ultima istanza l’idea di una origine estranea del termine che è contenuta nel suffisso –izein che produce l’idea di un greco comune, lingua comune, che è però parlata non solo da greci ma anche da stranieri. Oggi si parla preferibilmente di ellenismi, al plurale, sottolineando il carattere policentrico dei regni. Pluralità di espressioni politiche, culturali e religiose, che investe campo economico e sociale, politico istituzionale, culturale e religioso. Valorizzare le diverse reazioni, di avvicinamento culturale, di assimilazione, di incontro e contatto ma anche di resistenza e rigetto. Non è solo diffusione della lingua e cultura greca oltre i confini della Grecia classica: è anche feconda interazione che conosce anche casi di scontro, come a Gerusalemme. La cultura storiografica greca è anche fatta propria da esponenti di culture locali che producono una storiografia di reazione alla cultura greca: Manetone in Egitto, Flavio Giuseppe nel mondo Ebraico, o Filone di Biblio in Fenicia. Elaborazione nel corso del IV secolo, anche di fronte al venir meno del ruolo politico della città una attenzione e una teorizzazione relativa alle forme di potere personale, che poi quando in età ellenistica si formano diversi regni e la monarchia è la forma principale di governo produce una serie di trattati sulla regalità che sono poi all’origine delle varie forme di speculum principis, cioè in questo certamente i mondi orientali nei quali la regalità e la monarchia assoluta aveva amplissimo corso, esercitano influenza decisiva sulla cultura greca che a sua volta nelle riflessioni di VI secolo produce una teoria della regalità e della monarchia che dà un. Più ampio fondamento a questa forma di governo che costituisce la base su cui è costruita la riflessione su questi aspetti ance in età medievale, o successiva. Si affermano in età ellenistica forme monarchiche fondati sulla conquista militare. La conquista e la capacità di lasciare in eredità il regno sono i due fondamenti della regalità ellenistica. In questi regni una élite greco– macedone in larga misura che governa popolazioni etnicamente e culturalmente miste. La città non scompare, ma stati monarchici da un lato e città dall’altro concorrono insieme a costituire lo scenario del mondo ellenistico, anche se la città perde la sua forza propulsiva dal punto di vista politico e culturale, non è più la forma dominante. Nella politica estera perde il suo ruolo. (1) Espandersi scenari geografici della grecità: serie di popolazioni che un greco di V secolo avrebbe considerato barbari tout court entra nel mondo greco avviando dialettica che produce esiti più diversi. (2) Si espande la lingua e il greco diventa lingua ufficiale delle istituzioni e cancellerie ellenistiche (3) Mobilità sociale che caratterizza il mondo ellenistico. Capacità di movimento nel mondo ellenistico che concorre a creare questo scambio e che produce una forte diffusione delle discipline intellettuali e della cultura. Periodo alto ellenismo parte da dopo la morte di Alessandro Magno, che muore senza indicare un successore. Problema designazione successore. La famiglia, gli eredi diretti, i figli o i parteni, la dinastia è rapidamente eliminata nei conflitti. Quanto l’ultimo dei discendenti è ucciso nel 306 avviene che alcuni dei successori di Alessandro iniziano ad autoproclamarsi βασιλεί. Antigono, chiamato “monoftalmo”, e il figlio Demetrio “poliorcete” – per il lungo assedio nell’isola di Rodi. Poi Seleuco, in Asia, Lisimaco in tracia, Tolomeo in Asia Minore. Si creano i regni ellenistici a fondamento dell’età ellenistica. All’inizio βασιλεύς ha un significato diverso: Antigono crede di poter creare un regno di tutte le conquiste di Alessandro. Tolomeo invece crede che l’idea di regno sia legata alla gestione di una parte, visione più realistica e ridotta. Antigono muore nel 301 nella battaglia di Ipso e questo segna la fine dell’idea che le conquiste di Alessandro possano essere mantenute in un regno elitario. Cominciano a frammentarsi regni distinti: dei Tolomei in Egitto, i Seleucidi in una fase iniziale nel territorio dell’impero persiano, poi il regno di Lisimaco che comprende la Tracia, l’Europa e l’Asia Minore, poi la Macedonia dove si succedono diverse figure: Demetrio Cassandro, poi Poliorcete. Dal punto di vista dinastico il figlio di Demetrio Poliorcete, Antigono fonda in Macedonia la dinastia degli Antigonidi fino a Filippo V e Persio, che si scontreranno con Roma. la fase dei conflitti per il potere tra i successori diretti di Alessandro Magno si conclude con la morte dell’ultimo nel 281, Lisimaco. A questo punto si definiscono i regni principali. Invasione Galati in Grecia, spinti in Asia Minore dove creano la Galazia. Dagli anni 80 del III secolo si crea un regno, un periodo di relativa tregua in Egitto nel 283, succede a Tolomeo I Tolomeo II, che rappresenta periodo di maggiore splendore del regno egiziano. Tra i Seleuci Antioco I, e il periodo tra 280 e 250 è un periodo in cui le dinastie ellenistiche si confrontano per i confini: Seleucidi, Tolomei ed Antigonidi. Regno d’Asia dei Seleucidi perde più rapidamente. Nel 230 a.C. fondazione per secessione di Attalo I, del regno di Pergamo, in Asia Minore ed alleato dei romani. L’eccezionalità è che Pergamo è una città, il regno è fondato su una città: sintesi perfetta tra ruolo della città, e un regno ellenistico. Fusione dei due aspetti. Dura un secolo fino ad Attalo III che lascia in eredità ai romani il regno ellenistico. Le città greche perdono progressivamente, con l’invasione dei Galli, senza l’appoggio di un sovrano ellenistico. La battaglia di Sellasia vede la sconfitta di Cleomene III che soccombe alla coalizione della lega achea – Peloponneso e Macedonia – rappresenta un po’ il declino militare delle città greche. Un termine propagandistico è quello della proclamazione della libertà delle città greche: anche Roma dopo la seconda guerra macedonica, quando Roma sconfigge la Macedonia ed elimina la dinastia degli Antigonidi. Nel 196 Tito Quintio proclama la libertà delle città greche: protettorato di Roma sulle città. Una nuova fase della storia ellenistica comincia intorno agli anni venti del III secolo con l’ascesa al trono di Antioco III, per i Seleucidi nel 223. Nel 221 salgono al trono Tolomeo IV e Filippo V di Macedonia che si confronterà con Roma. Antioco III, Tolomeo IV e Filippo V i sovrani con cui si confronteranno i romani. I primi a cadere gli Antigonidi, poi i Seleucidi e infine i Tolomei. Fase iniziale della lotta con gli Epigoni e prima degli Adochi, il confronto aspro tra anni Ottanta e Cinquanta del IV secolo in cui i grandi stati ellenistici si confrontano e si definiscono geograficamente, poi come progressivamente perdono di rilievo le città greche, e Sellasia; gli anni Venti come periodo di ascesa al trono degli ultimi grandi sovrani però anche sovrani con cui Roma si confronta, e il progressivo cadere dei regni ellenistici una volta che Roma sconfigge Cartagine. L’errore di Filippo V è di poter contare su Annibale. Prima guerra macedonica 315–305 a.C., è una guerra che i romani combattono per procura. Roma combatte la Macedonia attraverso la lega etolica e nel 297 affronta la Macedonia degli Antigonidi. La terza guerra macedonica 161–168 in cui Roma si confronta con il figlio, Persio, pone una fine ai regni ellenistici. Le conquiste di Pompeo e Marcantonio conclude la vicenda.
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