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Il primo triumvirato: Pompeo, Cesare e Crasso - Conquista di Cesare e fine Repubblica, Sintesi del corso di Storia

La formazione del primo triumvirato tra pompeo, cesare e crasso, la conquista di cesare delle gallie e la sua ascesa al potere, la fine della repubblica romana e la successiva ascesa di ottaviano (augusto). Il documento illustra anche la vita e la morte di pompeo, la reazione del popolo e dei veterani, la terza guerra civile e la divisione del potere tra antonio, lepido e ottaviano.

Tipologia: Sintesi del corso

2023/2024

Caricato il 08/01/2024

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Scarica Il primo triumvirato: Pompeo, Cesare e Crasso - Conquista di Cesare e fine Repubblica e più Sintesi del corso in PDF di Storia solo su Docsity! Il primo triumvirato: Pompeo, Cesare e Crasso: Quando nel 62 a.c. Pompeo rientró in Italia dall'oriente, congedó i suoi soldati e rimase fedele alla tradizione della Repubblica, chiedendo al senato di retificare il provvedimento preso in Oriente e di assegnare le terre ai suoi vererani → I senatori ottimati ritardavano continuamente l’approvazione delle richieste di Pompeo. Cesare nel 60a.C fece una proposta a Pompeo: se quest'ultimo lo avesse sostenuto nelle elezioni alla carica di console, Cesare avrebbe fatto approvare le sue richieste al Senato. Nel patto fu coinvolto anche Crasso, interessato a ottenere migliori condizioni nei contratti di appalto relativi alle province Orientali e disposto a finanziare la campagna elettorale di cesare. Questa intesa è stata chiamata dagli storici "primo triumvirato" che in realtà fu un accordo privato fra i 3 uomini piú potenti di Roma. Cesare nel 59 a.c. divenne console: agí con 2 proposte di legge agraria che distribuivano lotti di terra nell'agro pubblico della penisola ai veterani di Pompeo e ai cittadini poveri con 3 o più figli. In senato si opponeva il blocco conservatore guidato da Marco Porcio Catone (Catone l'Uticense) La terra da distribuire era stata ottenuta dalle conquiste delle province d'Oriente, in questo modo non privava gli ottimati dei loro privilegi e potè assicurare al suo eletto popolare una legge. Cicerone, oratore e avvocato rivale, fu esiliato con l’accusa di avere violato le leggi quando giustiziò i seguaci di Catilina senza processo. I senatori doverono accettare una legge che assegnava a Cesare il proconsolato quinquennale straordinario della Gallia Cisalpina, dell'Illirico e dellaa Gallia Narbonense; l'obiettivo di cesare non erano i profitti ma la possibilitá di primeggiare nelle campagne di conquista a settentrione, allargando i confini fino alla Gallia Comata, mettendo fine all'incubo delle invasioni da nord. Cesare partí per le Gallie affidando il potere a uomini di fiducia come Publio Clodio. La conquista della Gallia Cisalpina sarebbe durata dal 58 al 52 a.c. dove Cesare domó la ribellione guidata dal re Vercingetorige ed espugnó la roccaforte di Alesia. Nei 2 anni successivi l’esercito romano assicuró la definitiva sottomissione della regione: migliaia di persone furono sterminate o rese schiave. → la civiltá dei Galli si avvió a una romanizzazione. Gli scontri politici si erano fatti continui e violenti. Publio clodio aveva allestito squadre di picchiatori, rendendo la violenza fisica un modo per fare politica e il suo rivale Milone gli contrappose una milizia di gladiatori, moltiplicando cosí gli scontri. Pompeo era piú preoccupato dell’ascesa di cesare che di questa forma di "anarchia" che si era creata a Roma. Nel 56a.C., Cesare promosse un incontro a Lucca con i 2 alleati rinnovando i patti: Pompeo e Crasso avrebbero avuto il consolato per l’anno successivo e per 5 anni il comando straordinario con il quale Pompeo avrebbe amministrato le province della Penisola Iberica e Crasso la Siria. Cesare otteneva per altri 5 anni il proconsolato straordinario per terminare la conquista della Gallia. Nel 55 a.C. si spinse fino in Britannia senza peró occuparla. L’accordo non andò a buon fine e Crasso partì per la Siria, morendo però nel 53 a.c. a Carre, in Mesopotamia nel tentativo di attaccare il regno dei Parti. Pompeo preferì restare a Roma, per seguire la situazione politica. Nel 52 a.C. le violenze politiche scoppiarono più forti come mai prima e, in seguito all'uccisione di Publio Clodio, il Senato diede pieni poteri a Pompeo, il quale fu nominato "console senza collega": non era mai successo che la collegialità dei consoli non fosse rispettata. Arrivó la scadenza del secondo quinquennio di governo delle Gallie concessa a Cesare e rientró a Roma. → Cesare chiese di essere nominato console ma il senato e i due alleati si opposero; fu l’atto finale del primo triumvirato. Nel 52 a.c. Cesare si trovava a Ravenna, confine segnato dal fiume del Rubicone → ll senato rifiutó il suo ultimo tentativo di compromesso e nel 49 ac. Cesare oltrepassò il Rubicone, andando contro alla regola che vietava ai condottieri di entrare in armi in italia. Qui pronunció la frase "alea iacta est", "il dado è tratto", che significava che Cesare aveva preso la sua decisione ed era pronto ad affrontare il rischio; non poteva tornare indietro. Cesare in nemmeno due mesi conquistó l'italia e Pompeo fuggí in Grecia. → Senza inseguire il nemico, Cesare puntó alla Spagna per annientare le legioni fedeli a Pompeo. Nel 48 a.c. , a Farsalò, in Tessaglia, Cesare sconfisse Pompeo, il quale si arrese e fuggì in Egitto, dove contava sull'appoggio del faraone Tolomeo XIII Ma, sperando di ottenere l'aiuto di Cesare nella contesa per il trono che lo contrapponeva alla sorella Cleopatra, il sovrano fece uccidere Pompeo a tradimento. Cesare in Egitto: la fine dei pompeiani: Sembra che Cesare avesse reagito indignato alla notizia di un cittadino romano ucciso in terra straniera, probabilmente per giustificare un intervento militare romano in Egitto. Il generale (che divenne amante di Cleopatra, da cui ebbe un figlio di nome Cesarione) si inserì nella guerra per il trono tra Cleopatra e il fratello, sconfiggendo Tolomeo, morto nello scontro sul campo. Cleopatra ottenne così il trono, ma il controllo romano sull'Egitto divenne fortissimo, dando a Cesare ulteriori risorse per portare avanti la guerra contro i seguaci di Pompeo. La guerra civile terminò infine con la vittoria di Cesare a Tapso, in Africa, e nel 45 a.C. con quella di Munda in Spagna. Cesare dittatore con poteri sovrani: Cesare immaginava un regime politico basato sulla concentrazione dei poteri in un'unica persona. Oltre alla carica di pontefice massimo, ottenne molte volte il consolato, i poteri concessi ai tribuni - tra cui l'inviolabilità della sua persona -, quelli dei censori e, soprattutto, la dittatura, assegnatagli nel 48 a.C. a tempo indeterminato, e poi nel 44 a.C. confermata a vita. A queste cariche, che gli conferivano i poteri di un re, aggiunse tutta una serie di comportamenti, di prerogative e di simboli tipici dei sovrani orientali. Ottenne di portare la corona di alloro, di ostentare in permanenza il titolo di imperator, fino ad allora concesso ai generali solo nel giorno del trionfo, di sedere in Senato su di un seggio dorato, di collocare sue statue nei templi. E, cosa mai immaginata a Roma, predispose di essere divinizzato dopo la morte. La Repubblica era ormai solo un ricordo. L'impero di Roma aveva il suo primo, non ufficializzato, sovrano. Le riforme di Cesare: Cesare portò avanti una serie impressionante di forme. Cercò di rinnovare la classe dirigente, accrescendo il numero dei membri del Senato da 600 a 900 e scegliendo i nuovi senatori fra i cavalieri, gli ufficiali dell'esercito e le aristocrazie provinciali. Estese, inoltre, la cittadinanza romana alla Gallia Cisalpina. Rimanendo fedele allo schieramento dei popolari, Cesare razionalizzò il sistema di distribuzioni pubbliche di grano, pose rimedio alla disoccupazione avviando una serie di imponenti opere pubbliche, come la bonifica delle Paludi Pontine, fece condonare molti debiti e, soprattutto, fondò un gran numero di colonie fuori dall'Italia. Il carattere più sorprendente della sua politica fu l'atteggiamento conciliante verso gli avversari che aveva combattuto nella guerra civile. Le sue vittorie non furono accompagnate da omicidi di massa, ma invece richiamò in patria chi era fuggito per ragioni politiche. Le idi di marzo del 44 a.C; Tutto questo fu però insufficiente a placare l'ostilità degli ottimati. La diffidenza verso Cesare si diffuse anche presso alcuni sinceri sostenitori dei valori repubblicani. Arrivarono così le idi (il giorno 15) di marzo del 44 a.C. Mentre raggiungeva l'assemblea dei senatori in un'aula, Cesare fu pugnalato da una sessantina di congiurati. Fra i capi della congiura, mossi dal desiderio di restaurare la libertà repubblicana eliminando il dittatore, vi erano Cassio e Bruto, a cui Cesare era molto legato e al quale avrebbe rivolto l'ultima delle sue frasi famose: «Anche tu, Bruto, figlio mio!». La paura della tirannide: Nelle opere della letteratura latina il monarca era spesso raffigurato con i tratti tipici del tiranno avido di potere e ricchezze, crudele e violento con i suoi sudditi, ma anche pauroso e sospettoso di tutti, temendo di perdere il potere per colpa dei suoi nemici. A Roma chiunque tentasse di stravolgere l'ordinamento politico era perciò accusato di aspirare alla tirannide. Le fine di una stagione politica: l'ascesa di Ottaviano La terza guerra civile Gli assassini di Cesare speravano che, eliminato il dittatore, la Repubblica fosse finalmente salva. E invece la morte del dittatore non fu accolta come una liberazione, anzi la plebe e l'esercito si mostrarono ancora più saldamente legati al loro generali. La scomparsa di Cesare aprì così la strada a un sanguinoso conflitto civile: il terzo nella storia romana e provocò la definitiva caduta della Repubblica. L'eredità di Cesare: Marco Antonio o Ottaviano? Marco Antonio, che al momento della congiura ricopriva la carica di console, per evitare spargimenti di sangue e per porsi come nuovo punto di riferimento della politica romana, propose al Senato un accordo di compromesso che prevedeva la salvezza per i congiurati, ma anche funerali solenni per Cesare. Si pensava che Cesare avesse scelto erede Antonio ma la lettura del testamento smentì ogni previsione: erede di Cesare era il pronipote Gaio Ottavio, adottato dal dittatore, il quale come figlio di Cesare assunse il nome di Gaio Giulio Cesare Ottaviano. La reazione del popolo: In quegli stessi giorni Ottaviano si trovava in Macedonia e alla notizia dell'attentato, il giovane si precipitò in Italia. Intanto a Roma, il 20 marzo, si tennero i solenni funerali di Stato: la vista del cadavere e le parole del discorso di Antonio fecero insorgere il popolo, che invocò la morte degli assassini e si scagliò contro di loro. Fu il caos. Bruto e Cassio fuggirono dalla città, il primo si rifugio in Macedonia, il secondo in Asia. L'ostilità fra Antonio e Ottaviano: Giunto a Roma, Ottaviano mostrò una grande abilità politica. Dato che Antonio si rifiutava di consegnare il tesoro di Cesare, Ottaviano vendette i beni della propria famiglia per garantire il lascito di 75 denari che Cesare aveva disposto per ognuno dei 250 mila membri della plebe romana. Questa generosità e l'importanza del nome di "Cesare" resero Ottaviano il beniamino del popolo e dei veterani. Ottaviano fu anche abile nello stabilire rapporti con i senatori. Il secondo triumvirato: Antonio fu sconfitto nella battaglia di Modena (43 a.C.) dall’esercito mandato dal Senato, in cui si unì anche Ottaviano e si ritirò in Gallia Narbonense dove ottenne il sostegno di Marco Emilio Lepido, con il quale si mosse verso l’Italia. Ottaviano tornò a Roma oltrepassando in armi i Rubicone, come aveva fatto Cesare, e si fece eleggere console. Tuttavia, i tre generali sapevano che i soldati dei loro eserciti non volevano combattere gli uni contro gli altri, e optarono per un accordo: Ottaviano, Antonio e Lepido stabilirono un'alleanza, come avevano fatto Cesare, Pompeo e Crasso. Il nuovo accordo si trasformò in una vera e propria magistratura straordinaria, istituita per cinque anni con una legge votata dalle assemblee che conferiva ai triumviri poteri amplissimi. Le stragi punitive e le sfere d'influenza: Agirono in primo luogo per punire gli assassini di Cesare, compilando liste di proscrizione per eliminare ogni avversario politico e confiscandone i patrimoni; morirono molte persone, fra cui Cicerone. Nel 42 a.C. l'esercito del triumvirato vendicò Cesare sconfiggendo in Macedonia, a Filippi, quello di Cassio e Bruto, che si suicidarono. I tre alleati si spartirono il potere: secondo gli accordi, ad Antonio andava il comando della Gallia Narbonense e dell'intero Oriente, a Lepido il governo della provincia dell'Africa, che ben presto perse, e a Ottaviano la Spagna e il compito difficile di trovare in Italia la terra promessa agli oltre 150 mila veterani di Cesare. Ottaviano sequestrò le proprietà dei vinti e di molti cittadini senza colpa causando malcontento e una vera e propria ribellione. Ottaviano contro Antonio: Antonio si era stabilito presso la corte di Cleopatra e aveva iniziato una relazione sentimentale con la regina (anche se era sposato con Ottavia, la sorella di Ottaviano). Lo stile di vita che conduceva era molto lontano dai costumi tradizionali romani e le donazioni territoriali che stava concedendo alla regina aiutarono Ottaviano ad alimentare una propaganda contro di lui: Antonio veniva accusato di essersi trasformato in un despota orientale, di amare il potere assoluto e il lusso più esagerato (come un re ellenistico e un faraone). Nel 31 a.C. vi fu la battaglia navale di Azio la quale fu vinta da Ottaviano. La coppia, la quale fuggì, durante l’assedio ad Alessandria nell’anno seguente, si suicidò. Il regno divenne una provincia romana ed il figlio che Cesare aveva avuto da Cleopatra venne eliminato perché Ottaviano non voleva concorrenti. L'impero di Augusto: Augusto al potere: restaurazione e rivoluzione Il salvatore della patria: Quando Ottaviano tornò a Roma nel 29 a.C., fu accolto come il salvatore della patria dalla minaccia del dispotismo (esercizio del potere tirannico) orientale. Si celebrava allora la sua vittoria del 31 a.C., ad Azio su Antonio e Cleopatra. Il legame di Antonio con la regina d'Egitto avevano suscitato la diffidenza dei Romani. Vincendo ad Azio, inoltre, Ottaviano faceva definitivamente cessare gli scontri armati per il potere. Il bisogno di un governo forte e stabile: Ottaviano diede vita a un nuovo regime, che noi oggi chiamiamo impero romano. I lunghi decenni di scontri, violenze brutali, città distrutte, massacri, saccheggi, confische ed esecuzioni sommarie, avevano reso fortissimo il desiderio di stabilità e di pace. Così la plebe, i soldati, molti cavalieri e una parte dei senatori, volevano al governo una personalità forte, capace di soddisfare questa esigenza.
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