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Storia Letteraria del Cinquecento., Sintesi del corso di Letteratura

Il periodo che analizzeremo va dal 1494 alla fine del Cinquecento ed è un’epoca caratterizzata da fecondità sia nelle arti che nella cultura, ma anche dal punto di vista degli avvenimenti storici. Dal punto di vista culturale infatti in questo lasso di tempo si inseriscono due movimenti artistici, letterari e culturali, il Rinascimento e il Manierismo.

Tipologia: Sintesi del corso

2017/2018

Caricato il 06/06/2018

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elisabetta-mallica 🇮🇹

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Scarica Storia Letteraria del Cinquecento. e più Sintesi del corso in PDF di Letteratura solo su Docsity! Il Cinquecento. Contesto Storico. Il periodo che analizzeremo va dal 1494 alla fine del Cinquecento ed è un’epoca caratterizzata da fecondità sia nelle arti che nella cultura, ma anche dal punto di vista degli avvenimenti storici. Dal punto di vista culturale infatti in questo lasso di tempo si inseriscono due movimenti artistici, letterari e culturali, il Rinascimento e il Manierismo. Mai come in quegli anni infatti il prestigio italiano in Europa divenne altissimo, l’Italia divenne la fucina delle arti, della scienza e della cultura, e grazie al suo esempio anche il resto d’Europa si avvierà a una stagione di grande fervore intellettuale. Emergono grandi figure di riferimento dal punto di vista letterario come Machiavelli, Ariosto e Tasso. Da un punto di vista storico-politico invece a penisola italiana è soggetto passivo e terreno di scontro tra le potenze europee. L’Italia in quel periodo ospitò infatti le numerose lotte tra Francia e Spagna per il controllo politico e militare del territorio, che segnarono la fine dell’indipendenza degli Stati Italiano dando luogo ad un nuovo assetto politico e sociale con la pace di Cateau-Cambresis nel 1559. Vi è poi il terribile Sacco di Roma, operato dai lanzichenecchi (1527) che costringe le classi dirigenti a prendere coscienza del mutamento della situazione, ormai dominata dai cosiddetti barbari. Nonostante le numerose guerre, il Cinquecento diventa comunque un periodo di relativa crescita economica e demografica, soprattutto nelle grandi città. L’Italia nonostante tutto in questo periodo dimostra di essere molto avanzata nel settore urbanistico e dell’edilizia, che divenne un settore trainante. Dal punto di vista economico l’Italia rimane ancora uno dei paesi più ricchi, grazie al forte impulso dell’industria bellica, dell’edilizia, grazie al miglioramento anche dal punto di vista agricolo tramite bonifiche dei territori, dando vitalità alle colture e aumentando i salari. La Controriforma. All’inizio del XVI secolo si verificò un evento che segnò la fine dell’unità religiosa cristiana. La Chiesa veniva già da tempo screditata per la sua condotta immorale e scandalosa, e in particolare per alcune pratiche come la vendita delle cariche ecclesiastiche o la vendita delle indulgenze. Nel 1517 esplose quindi una protesta quando il monaco agostiniano Martin Lutero rese pubbliche 95 tesi religiose che condannavano l’operato della Chiesa cattolica e ne criticavano i fondamenti teologici. Il messaggio luterano trovò subito accoglienza in molti paesi e per esempio in Inghilterra venne fondata la Chiesa Anglicana e il Calvinismo in Italia. Vi è quindi una rottura dell’unità religiosa tra nord e sud nell’occidente cristiano. La Chiesa cercò di recepire alcune delle istanze moralizzatrici della Riforma e papa Paolo III convocò il Concilio di Trento che, tra varie pause, durò quasi vent’anni (1545-1563). La Chiesa cercò di attuare diverse riforme per riorganizzare e controllare nuovamente la vita dei fedeli: si cercò di aumentare la partecipazione popolare alle cerimonie di culto (la cui lingua rimaneva però il laino), vennero istituiti i seminari per istruire i futuri sacerdoti e nacquero numerosi nuovi ordini religiosi, come i Gesuiti che , almeno inizialmente, predicavano la povertà, l’impegno nel lavoro. La Riforma Cattolica represse molti movimenti ereticali, riformatori o comunque ritenuti poco ortodossi sia in campo religioso che culturale, istituendo due strumenti di repressione, controllo e censura, il Santo Uffizio e il Tribunale dell’Inquisizione contro le eresie. Venne istituito l’Indice dei libri proibiti, ossia un elenco di opere censurate che non potevano essere lette dai cattolici e che erano condannate alla distruzione. Questo strumento provocò non solo il controllo su tutte le attività editoriali, ma anche una condanna degli autori che potevano essere imprigionati e anche condannati a morte (es. Giordano Bruno, Galileo Galilei). La Fioritura delle Arti. Per quanto riguarda l’arte, quest’ultima smette di avere una funzione prettamente religiosa ma vi è una progressiva scissione tra cultura laica e cultura religiosa. Si inizia a rappresentare la figura dell’uomo integralmente, fiorisce la committenza da parte dei mecenati, viene inventata la prospettiva. Una delle figure più importanti legate a quest’epoca dal punto di vista artistico è senza dubbio Leonardo Da Vinci. Le corti italiane diventano luogo di fioritura artistica. culturale e scientifica, attirano all’interno di essere intellettuali di ogni genere. Dalla seconda metà del Cinquecento si sviluppano fortemente le accademie, che badano soprattutto a proporre regole e modelli linguistici e letterari. Fra le più note si ricordano l’Accademia di Santa Cecilia dedicata alla musica, e l’Accademia della Crusca destinata a diventare un punto di riferimento per le questioni linguistiche. L’Accademia della Crusca propose l’uso del fiorentino classico e puro degli scrittori toscani del Trecento. Mentre le accademie rispondono all’esigenza di trovare modelli e regole dal punto di vista artistico letterario e scientifico, in ambito ecclesiastico i modelli educativi vengono proposti soprattutto dall’ordine dei gesuiti (compagnia fondata da Ignazio di Loyola), che si occuparono soprattutto dell’istruzione fondando numerosi collegi dedicati sia ai membri dell’ordine sia a giovani nobili o figli di famiglie abbienti. La compagnia dei gesuiti divenne un centro di potere abbiente che esprimeva una parte della classe dirigente. Una grande percentuale del letterati del tempo era rappresentata da nobili, gentiluomini o chierici anche per questo motivo, ma non mancavano comunque anche figure di bassa estrazione sociale o laiche. Un fenomeno molto importante in questo periodo è rappresentato dall’affacciarsi delle donne letterate (Vittoria Colonna). Si scrivono opere dalle quali deriva una forte subordinazione al principe e in cui vengono rappresentati non più modelli di Stato, ma modelli di Corte. Fondamentale risulta il ruolo della stampa: è infatti nel Rinascimento che il suo uso giunge a piena maturazione, soprattutto per merito degli italiani. Grandi città come Roma, Firenze e in particolare Venezia divengono centri editoriali di A partire dagli anni Quaranta si riaprì il dibattito sulla Poetica di Aristotele, i quali precetti diventarono un punto di riferimento per le nuove teorie sui generi letterari, sugli stili da adottare e in generale sulle questioni relative alla composizione dei testi. Aristotele in realtà non aveva elaborato vere e proprie leggi sui generi letterari, ma piuttosto osservazioni. Egli suddivideva la letteratura in dramma (tragedia e commedia) e narrativa epica, attribuendo il titolo di genere letterario più compiuto al dramma. Aristotele non aveva però mai fissato un rigido canone. A tale canone giunsero invece i letterati del Cinquecento, individuando una divisione sostanziale in tre generi di scrittura: epica, lirica, dramma. Le Corti in Italia. Uno dei principali punti d’incontro per i letterati di tutta Italia era la corte romana, che diventa il luogo in cui si riconosce il valore e l’importanza dei nuovi modelli classicisti (Castiglione e Bembo). Ma la vita culturale di Roma non è radicata nella realtà sociale cittadina, in quanto espressione soprattutto della Chiesa e dello Stato Pontificio; inoltre quella cultura veniva prodotta da artisti che non provenivano da Roma e che quindi in un modo o nell’altro rimanevano sempre legati ai loro luoghi di origine. Diverso è il caso di Venezia, che nonostante i periodi di crisi, grazie alla politica forte rimane sempre uno dei centri più ricchi e indipendenti d’Italia. Anche qui confluiscono artisti da tutta la penisola e il lavoro è strettamente collegato all’industria editoriale e alla libertà di cui godono le attività culturali. Firenze si trova in una situazione piuttosto critica dalla morte di Lorenzo il Magnifico e perde la posizione di guida nella cultura italiana. In seguito ai conflitti politici e sociali, molti intellettuali lasciano la città dirigendosi soprattutto nella corte papale. Molto importanti anche le corti di Ferrara (Casa d’Este), Mantova (con i Gonzaga) e Urbino. La Letteratura del ‘500. In questo periodo sono molto diffuse le opere trattatistiche, su come ci si doveva comportare a corte (Baldesar Castiglione Il Cortigiano-Giovanni Della Casa Il Galateo-Stefano Guazzo La civil conversazione), nella vita quotidiana. Ma anche trattati di tipo politico, come fece ad esempio Machiavelli con Il Principe. Scritto nel 1513 ma pubblicato nel 1532, Il Principe è un trattato politico in 26 capitoli suddiviso in 4 parti: • 1-11 tipologia dei principati; • 12-24 ragioni forza e debolezza degli stati, con attenzione al tema nelle armi e delle virtù del principe; • 25 tema della Fortuna; • 26 esortazione a liberare l’Italia dai barbari. La produzione in prosa del Cinquecento si distingue per una grande varietà di generi: novella, storiografia, trattato, dialogo, epistolografia e biografia (e autobiografia). La novella del Cinquecento si caratterizza per essere un genere relativamente libero rispetto ai canoni di stampo aristotelico e resta perciò terreno di sperimentalismo. Il Decameron funge come modello per la produzione delle novelle, ma spesso viene utilizzato con arricchimenti, trasgressioni e innovazioni. Si possono identificare due grandi filoni della novella cinquecentesca: • uno di stampo comunale, vincolato maggiormente al Decameron e diffuso soprattutto in Toscana; Le Piacevoli notti di Straparola e le novelle di Bandello. • uno cortigiano, tipico dell’area settentrionale caratterizzato da una maggiore libertà del linguaggio e dalla ricerca di fatti straordinari ricavati dalla storia o dalla cronaca. Tra questi troviamo Le Cene di Grazzini e i Ragionamenti di Firenzuola. Matteo Maria Bandello è il novelliere cinquecentesco più significativo. Bandello, pur riunendo in libri la sua produzione novellistica, abbandona la cornice tipica di Boccaccio. Ad ogni novella affianca una lettera dedicatoria indirizzata ad un illustre personaggio, nella quale viene quasi sempre illustrata l’occasione in cui la novella sarebbe stata raccontata prima di essere trascritta. La prima trattazione sistematica compare nel 1574 con La lezione sopra il comporre delle novelle di Francesco Bonciani (valore borghese e popolare, registro umile, grande varietà di intreccio e di personaggi, motore diegetico della fortuna e del caso) Il Cinquecento vede anche molti novellieri dedicarsi alla raccolta di fiabe popolari, il più famoso è Straparola. Nell’ambito della storiografia spiccano le opere di Guicciardini e Machiavelli. Molto diffuso nel Cinquecento (ma già dalla fine del ‘400) è il poema epico- cavalleresco, che ha il suo epicentro nella corte estense di Ferrara, I temi principali di questi poemi erano la guerra e l’amore e prendevano spunto dalle tradizioni medievali carolingia (Carlo Magno) e arturiana. Si effettua una divisione in ciclo bretone (imprese di re Artù e dei cavalieri della tavola rotonda), ciclo carolingio ( eroe Rolando o Orlando nella guerra di Carlo Magno contro i mori) e il ciclo classico (Enea o Alessandro Magno, guerra di Troia e vicende mitologiche). Un grande rappresentante di questo genere fu Matteo Maria Boiardo con l’Orlando innamorato, ripreso poi da Ludovico Ariosto con l’Orlando Furioso. Ludovico Ariosto. Ariosto in età giovanile si interessò molto nella lirica latina e questo lo portò a confrontarsi con alcuni temi essenziali della letteratura classica, soprattutto quello amoroso, e con la produzione poetica umanistica (De diversis amoribus). Ma Ariosto scrisse anche componimenti di tipo più erudito, ma i suoi testi migliori sono gli epigrammi e gli epitaffi che con sottile ironia descrivono figure umane attraverso poche battute. Suggestionato dall’ambiente ferrarese, Ariosto si dedicò anche alla poesia in volgare con Le Rime, scegliendo per la lingua una soluzione intermedia tra il petrarchismo cortigiano diffuso nella seconda metà del Quattrocento e il petrarchismo classicista propugnato da Bembo. Ariosto cerca di attenuare il linguaggio e i temi petrarcheschi, in modo non da arrivare a descrivere un amore inaccessibile e etereo, ma in modo da creare un sereno rapporto con la donna. La vita teatrale che si svolgeva a Ferrara nella corte estense stimolò il gusto del giovane Ariosto per lo spettacolo. Ariosto scrisse due modelli per la drammaturgia volgare, la Cassaria e I Suppositi, in occasione dei due carnevali del 1508 e 1509. Queste commedie si reggono sul conflitto tra giovani e vecchi, e gli eventi si svolgono prevalentemente nell’ambiente borghese. La città diventa, oltre che luogo di eventi comici, anche sipario di scene di vita quotidiana e un modo per muovere delle sottili critiche verso la corte o verso l’amministrazione estense. Ariosto affrontò un nuovo genere, quello della satira. Egli scrisse numerose satire indirizzate a parenti e amici. L’Orlando Furioso. A partire dal 1504, Ariosto si dedicò alla composizione della sua opera più famosa l’Orlando Furioso. Laprima edizione stampata uscì a Ferrara nel 1516, la seconda nel 1521 e la terza ed ultima nel 1532. L’influsso di Pietro Bembo e della sua opera (Prose della volgar lingua) fu molto importante nell’ultima edizione del poeta e sulla base dei precetti bembiani corresse molti passi e portò il totale dei canti a 46. L’Orlando è un romanzo policentrico, in quanto si sviluppano numerose vicende contemporaneamente. E’ scritto in versi, al contrario delle sue altre commedie, perché più congeniale ad Ariosto e ritenuto più adatto per la scrittura di una letteratura elevata. Come verso scelse l’endecassillabo sciolto sdrucciolo. I principali filoni narrativi sono tre: l’amore folle di Orlando per Angelica che non ricambia i suoi sentimenti, la guerra tra saraceni e cristiani di Carlo Magno, e il matrimonio di Ruggero e Bradamante, che porta alla nascita della casata degli Este. Con questo poema Ariosto si inserisce in un genere che aveva ormai alle spalle una lunga tradizione, quella della chanson de geste francese e più in particolare della Chanson de Roland. Tuttavia il modello più vicino era sicuramente l’Orlando innamorato di Boiardo che univa ai motivi eroici e guerreschi della tradizione della chanson de geste il gusto per le avventure e gli amori propri del romanzo arturiano o bretone. Ariosto con l’Orlando furioso di propone di dare un continuo all’Orlando Innamorato di Boiardo. Le varie vicende sono tenute insieme dal narratore, un alter ego del poeta che ha il compito di condurre e commentare l’intera storia, ricca di colpi di scena con una continua ricerca dell’imprevisto.Importante è la componente del fantastico. Uno dei temi principali è la pazzia che coglie Orlando dopo la perdita della sua amata Angelica, smarrendo l’umanità e diventando irriconoscibile. La pazzia, nella cultura cinquecentesca, rappresentava una minaccia, ossia la possibilità per l’uomo di regredire fino allo stato di bestia. Così la pazzia d’amore diventa una dolorosa realtà sulla quale Ariosto riflette e vuole far riflettere prendendo spunto anche dalla tradizione letteraria a lui precedente, per esempio da Petrarca, grande interprete del dolore dell’amore. Su tutte le vicende domina però anche l’ironia, che serve a smorzare i toni prevalentemente drammatici. Il centro della storia è proprio l’impresa del organizzato come quello di Petrarca. Spesso i componimenti sono legati all’esperienza biografica dell’autore o a occasioni di vita cortigiana. Nelle rime amorose, il poeta riesce a superare i vincoli del petrarchismo grazie al suo gusto manieristico e alla musicalità. Le rime a carattere encomiastico, mantengono un valore soprattutto storico-culturale, anche se in alcune di esse irrompe la soggettività del poeta. L’Aminta: Alla tradizione della favola pastorale (che si evolse poi in dramma) sviluppatasi nella corte ferrarese si ricollega l’Aminta che l’autore definì favola boschereccia, composta a Ferrara nel 1573 e rappresentata quello stesso ani davanti al duca Alfonso II d’Este. L’Aminta è un dramma in versi endecasillabi e settenari composta da cinque atti e un prologo. Mette in scena l’amore del giovane pastore Aminta per la ninfa Silvia che non corrisponde il sentimenti, preferendo la caccia. Un’altra ninfa, Dafne, cerca di convincere Silvia ad assecondare l’amore di Aminta, mentre il pastore Tirsi aiuta Aminta a vincere la propria timidezza e a dichiararsi apertamente ad Aminta, Il giovane arriva a tentare il suicidio buttandosi da una rupe, quando gli giunge la falsa notizia della morte di Silvia. Allora la ninfa, commossa dal gesto di Aminta e dal suo amore, si prende cura di lui che si è salvato miracolosamente e contraccambia il suo sentimento. La favola esalta la cosiddetta età dell’oro (tempo mitico di prosperità e speranza, dove si viveva serenamente in libertà senza il bisogno di leggi), con la rappresentazione dell’amore libero secondo le leggi della natura, minacciato però dalla violenza e dalla morte: la libertà dell’amore si può infatti trasformare in lussuria, in morte e disperazione che può spingere al suicidio. In questo modo Tasso propone un’unione tra tragedia e commedia che sarà tipico del dramma pastorale della corte ferrarese. L’universo pastorale permette di teatralizzare alcuni personaggi che rappresentano alcuni esponenti della corte ferrarese: Tirsi non è altro che un alter ego di Tasso, saggio, stanco dei piaceri e dei lussi di corte è turbato da una leggera insoddisfazione, data dai desideri che non si possono realizzare; c’è poi Dafne, immagine di matura dama di corte, esperta di intrecci amorosi; Elpino, capofila della cultura cortigiana ferrarese. L’opera è uno specchio della corte ferrarese, ed è proprio tramite alcuni personaggi che Tasso esprime il proprio parere, ad esempio utilizza il personaggio di Tirsi per pronunciare un elogio al duca Alfonso II, mecenate che permette all’autore di godere dei suoi ozi letterari, ma nel primo atto, il personaggio Mopso, mette in guardia sul fatto che la città e la corte sono luoghi nei quali dominano il lusso, l’artificio, la maldicenza e tutto ciò che può intaccare la natura pura dell’uomo. Il mondo dei pastori può essere quindi visto sia come travestimento della corte ferrarese, ma allo stesso tempo la semplicità di questo posto rappresenta l’opposto dei valori cortigiani, con l’esaltazione della vita semplice e di sentimenti puri. Quasi nessuna delle azioni dell’intreccio si svolge sulla scena, ma quasi tutte vengono narrate nei dialoghi tra i vari personaggi. Il dramma procede in un susseguirsi di sorprese che emergono dai racconti dei personaggi. La vicenda sfiora e respinge la tragedia, nell’equivoco delle finte morti degli amanti. I cori che concludono ogni atto, vogliono invitare lo spettatore ad identificarsi nella scena e ad entrare senza sofferenze in essa. Lo stile è semplice e manierato, scorre rapidamente nei dialoghi, nelle descrizioni sensuali e nelle scene d’amore, ma allo stesso tempo si riavvolge su se stesso in repliche e corrispondenze interne. Utilizza un’ampia varietà di toni e registri che vanno dal flebile al patetico, dal sensuale a violento o macabro. Tasso, attraverso il suo linguaggio e il suo intreccio riesce a far apparire semplice e naturale il più smaliziato artificio cortigiano. La Gerusalemme Liberata: Prendendo esempio dal padre, Tasso inizio fin dall’adolescenza a interessarsi alla narrazione in versi e ai poemi cavallereschi e molto presto ebbe l’idea di comporre un poema sulla prima crociata e sulla liberazione del Santo Sepolcro dagli infedeli, denominando il poema Gierusalemme . Ma il progetto fu presto da lui abbandonato per dedicarsi alla composizione di un romanzo cavalleresco intitolato Rinaldo, ma visto lo scarso successo dell’opera, Tasso ritenne opportuno tornare al suo progetto di un poema sulla prima crociata. In questa seconda revisione affrontò il problema da un punto di vista teorico. Mentre lavorava ad un poema chiamato Gioffredo, scrisse anche i Discorsi dell’arte poetica. Tasso interviene nel dibattito incentrato sull’unità d’azione cercando di definire i canoni compositivi di quello che lui chiama poema eroico, genere che egli intenderebbe inaugurare. Tasso accetta da una parte i canoni aristotelici dell’unità d’azione e dall’altro mostra come una sua rigida applicazione possa far risultare un racconto piatto e non conforme ai gusti del pubblico. Altro aspetto che Tasso prende in considerazione è quello già analizzato nell’Ars Poetica di Orazio, del rapporto tra utile e piacevole in letteratura. L’autore del poema eroico deve quindi saper raccontare vicende storiche vere e allo stesso tempo ravvivarle con episodi di sua invenzione, che devono comunque essere verosimili e credibili. Inoltre secondo Tasso o stile deve essere tragico e solenne grazie all’utilizzo di forti enjambement e di un lessico colto e raro. Il poema di Tasso fu pubblicato dal suo editore col nome di Gerusalemme Liberata durante la permanenza dentro l’ospedale Sant’Anna. La Gerusalemme Liberata è un poema di venti canti in ottave che racconta gli ultimi mesi della prima crociata, dall’elezione di Goffredo di Buglione a capitano dell’esercito fino alla conquista di Gerusalemme. Il poeta arricchisce però il filo narrativo con molti altri elementi, come una lotta soprannaturale tra Dio e diavolo che fa da sfondo. Il diavolo tenta di distruggere l’unità dell’esercito facendo leva su due passioni: l’orgoglio, che rende alcuni cristiani ribelli all’autorità di Goffredo, e l’amore incarnato dalla maga Armida che distoglie molti cristiani (tra i quali l’eroe Rolando) dal sacro dovere. Vi è una prima contrapposizione tra cristiani e infedeli: Cristiani guidati da Goffredo di Buglione e dei quali fa parte l’eroe Rinaldo, destinato per volere divino alla conquista di Gerusalemme, ma viene fatto prigioniero dalla maga Armida. E soltanto alla fine viene liberato e riesce a conquistare il Santo Sepolcro. La lingua utilizzata da Tasso è labirintica e ricca di figure retoriche e calchi letterari (parole modellate su altre provenienti dal latino, greco e volgare), caratterizzato da un ritmo irregolare. L’autore crea una serie di effetti che affascinano il lettore tramite un flusso di parole ben articolato e musicale. Niccolò Macchiavelli. É uno dei più grandi scrittori della letteratura italiana, noto soprattutto per il suo pensiero politico. Nasce nel 1469 a Firenze, anno in cui muore Lorenzo il Magnifico. Nasce in una famiglia che gli assicura una buona formazione dal punto di vista umanistico, studiando anche Latino. Cresce in un buon ambiente culturale e sviluppa un’interesse per la cultura epicúrea e materialista e rifiuta un'ideologia spiritualista. Dopo la caduta di Girolamo Savonarola viene nominato responsabile della seconda cancelleria e segretario della magistratura dei Dieci, incarichi di carattere diplomatico. Per 14 anni Machiavelli svolge un'intensa attività diplomatica, mentre la Repubblica Fiorentina affronta numerose guerre per riconquistare dei territori che aveva perduto in passato. Machiavelli segue le vicende militari e coordina numerose spedizioni diplomatiche anche all'estero e fa numerosi incontri significativi per le sue riflessioni politiche in particolare si reca per due volte da Cesare Borgia (duca di Urbino). É dopo la battaglia di Senigallia che hanno origine le sue riflessioni politiche. Nel 1512, con il ritorno dei Medici, Machiavelli perde le sue cariche pubbliche e viene imprigionato per congiura antimedicea. Dopo essere stato liberato si ritira in un suo possedimento, l’albergaccio dove si dedica alla scrittura basandosi sulle sue osservazioni precedenti. Scrisse il Principe, i Discorsi sopra la prima deca di Tito Livio, la Mandragola e altre opere minori o incompiute. Piano piano rinizia l'avvicinamento alla corte di Firenze e ai medici e riuscì ad ottenere di nuovo qualche incarico di rilievo. Dopo il Sacco di Roma e la carica della signoria dei Medici a Firenze,Machiavelli morì quello stesso anno. Alcune delle idee che Machiavelli portò a maturazione nelle sue opere principali, per esempio il primato della forza nella lotta politica, la necessità degli stati di possedere eserciti costituiti dai cittadini e la necessità che le doti dell’individuo si accordino con i casi della fortuna per avere successo, si presentano già in embrione in alcune delle sue opere minori scritte nel periodo dei suoi incarichi politici. Ma è durante il ritiro all’albergaccio che Machiavelli scrisse la più famosa delle sue opere trattatistiche di tema politico, Il Principe. Il Principe è un trattato scritto in 26 capitoli pubblicato nel 1513, ma pubblicato dopo la sua morte. L’opera è dedicata a Lorenzo de MEdici che tuttavia non lo accolse con entusiasmo. L’opera in divide in tre sezioni a seconda del tema principale. Nella prima sezione Machiavelli classifica i diversi tipi di principato e li divide in ereditari e nuovi, e poi individua anche principati misti, civili ed ecclesiastici.Tuttavia si concentra maggiormente sui principati nuovi e si concentra su due questioni fondamentali: come fa un principe a prendere il potere e una volta che l’ha preso come fa a mantenere il potere e lo stato in una
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