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Il Medioevo: Da fine Impero Romano a Caduta di Costantinopoli - Prof. Grillo, Appunti di Storia Medievale

Dell'età medievale, coprendo il millennio dal 476 d.C. alla caduta dell'Impero d'Oriente o alla scoperta dell'America (1492). Esplora la transizione dal mondo romano classico al mondo alto medievale, con un focus sul declino e la fine dell'Impero romano. Il testo include discussioni sulle cause del collasso dell'Impero romano, la nascita del Califfato arabo e la riorganizzazione politica e sociale in Europa.

Tipologia: Appunti

2020/2021

Caricato il 21/10/2021

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Scarica Il Medioevo: Da fine Impero Romano a Caduta di Costantinopoli - Prof. Grillo e più Appunti in PDF di Storia Medievale solo su Docsity! STORIA MEDIEVALE Lunedì 13 settembre Cos'è la storia medievale? È un argomento affascinante ma delicato. Il Medioevo copre un millennio: dal 476 d.c. alla caduta dell'impero d'oriente o alla scoperta dell’America (1492). Un millennio è una durata quasi folle per un’epoca e in effetti fra il 476 e il 14(tot) il mondo si rivoluziona e non è facile dire cosa ha in comune la Firenze di Dante con la Gallia percorsa dai Vandali nel V secolo, o cosa hanno in comune i vichinghi con gli umanisti del 400. È un'epoca che non ha caratteri intrinseci forti, come ad esempio l’Impero romano. Questo nasce dal fatto che il medioevo è una proiezione posteriore, in quel tempo non si concepiva la frattura ma ci si sentiva eredi del mondo classico e romano. Quindi è una costruzione culturale posteriore che noi abbiamo ereditato ed espressa in termini negativi: l'età di mezzo, come dire “l’età che non conta”. Per definizione viene elaborata in età Rinascimentale quando, per motivi ideologici e di auto giustificazione di un gruppo intellettuale, si era voluta costruire questa immagine. Per cui il 400 per gli storici è già medioevo, ma non per gli storici dell’arte. L'immagine del medioevo è stata formulata nel 500. Se leggiamo gli autori del primo 500 si parla di arte moderna, ma l’arte moderna è il gotico perché Michelangelo è arte antica. Quindi le parole tradiscono. In questo contesto il medioevo è una proiezione negativa, inizialmente con connotati culturali, poi si intreccia con la riforma protestante, per raggiungere il culmine con l’illuminismo per cui si parla di secoli bui, superstizione, irrazionalità. Poi conosce una rivalutazione nell’800 quando in chiave anti illuminista viene esaltato come periodo di valori profondi, di stabilità sociale, di coscienza, di una società che funzionava, che si giustificava di fronte all’industrializzazione dell’800 che sgretolava tutta una serie di certezze. Il medioevo diventa fonte di certezze. Dall'altra parte è riletto in chiave razionale, come culla degli Stati-Nazione che nel primo 900 rappresentano il modello istituzionale per eccellenza: il momento in cui questa costruzione artificiale che è l'Impero romano si disfa davanti all’anti-mito per esempio italiano o francese. Questo medioevo positivo è una fiction quanto lo è quello negativo degli illuministi. Pensiamo ai vaccini: al di là delle singole prese di posizioni sul green pass, spesso si dice che chi non crede ai vaccini non crede alla scienza. Diciamo “questo atteggiamento è medievale”. Sbagliato: nel medioevo gli scienziati dicevano altre cose, la gente si curava con quello che dicevano i dottori, i quali seguivano altri schemi. Nel medioevo non è che non ci si vaccinasse per scelta, semplicemente non c'erano i vaccini. Dunque dire che sia un atteggiamento medievale è un’astrazione. E se dicessimo “medievale perché loro si curavano coi salassi, con sistemi per noi oggi assurdi”, come si curavano allora nel Rinascimento? | salassi, i dottori medievali li prendevano dai classici. Un contadino romano si curava come un contadino medievale. Quando parliamo di Medioevo dobbiamo essere in grado di toglierci una serie di pregiu sedimenti che sono in realtà delle letture politiche. Accostandoci a questa epoca dobbiamo essere consci del fatto che debba essere compresa nei suoi diversi momenti complessi. Esito dell’esaltazione romantica del medioevo è anche quella di comprimerlo in una immagine fissa: il medioevo è castello, cavaliere che salva la principessa, draghi (non sono nemmeno elementi forti, ma proiezioni romantiche) ecc. Cosa rimane del Medioevo? Il medioevo ha un senso se visto come il millennio in cui nasce, si configura, prende le sue dimensioni attuali, l'Europa. Se riflettiamo sull’esistenza di un fondo comune di sentire, di valori e antivalori, questa identità prende senso nel medioevo. Come? Con la creazione di un ambito che coincide più o meno con gli attuali confini europei. Il punto di partenza è l’Impero romano (I secolo d.C.). Sono duemila anni che i pensatori occidentali rielaborano una serie di stilemi classici, li ibridano con altre culture. Ma il mondo classico non corrispondeva per nulla all'Europa, se guardiamo a una cartina dell'impero romano vediamo che il cuore è mediterraneo e non include una parte di Europa che noi consideriamo tale a tutti gli effetti, che va dall’Irlanda alla Scandinavia. È una famosa tesi di uno storico belga che va ripensata ma era di fondo giusta, che il grande cambiamento avviene tra VII e VIII secolo, con l'espansione araba a sud del Mediterraneo: quindi la conquista delle coste africane, e contestualmente l’affermazione del potere franco. Un regno franco che si estendeva al di là del regno quindi includeva alcune terre tedesche. Questo porta a una ristrutturazione del mondo latino. Dove lo storico sbaglia è considerare il mondo arabo come qualcosa di altro. Il mondo latino di fatto viene a ridursi all'Europa occidentale e per i 9/10 all'Impero carolingio. Fuori da questo c’erano latini nell’Italia meridionale, nell'angolo nord- occidentale della Spagna e nelle isole britanniche. Il resto era pagano, cristiano di rito greco, o arabo (di cultura araba). Da questo grado minimo del IX secolo la cristianità latina si amplia militarmente (con la riconquista delle Penisola iberica), la conquista normanna dell’Italia meridionale che allontana i greci, ma ancora più un'espansione pacifica che attraverso l’azione missionaria porta alla conversione (nel senso politico e culturale: adottare il latino come lingua cerimoniale, dei dotti, con la costituzione di una koiné latina per cui un sapiente irlandese e uno polacco potevano capirsi). Arriviamo nel 400, al termine di questo percorso, ad avere un'Europa che è più o meno quella che conosciamo oggi: Europa occidentale di lingua e cultura latine, cattolica; e un'Europa orientale (Bulgaria, Grecia, Serbia e Russia) di tradizione greco-orientale, comunque parte della cristianità. Una configurazione attuale. Poi possiamo considerare l'età moderna come l’epoca in cui, con le grandi scoperte geografiche, l'Europa diventa “Europa-mondo”. Qua la culturalizzazione forzata delle Americhe. L'età moderna è l’epoca in cui l'Europa esce dai suoi confini. Il Medioevo è il farsi di un mondo europeo, di un ambiente culturale e religioso, linguistico, del quale noi siamo gli eredi diretti, e nel quale ancora viviamo. Mercoledì 15 settembre 11 476 è la deposizione di Romolo Augusto, dopodiché l'Impero di Occidente rimane privo di un imperatore. Questa data è convenzionale, serve per porre una cesura. Ne sono state proposte altre infatti per il passaggio dall'antichità al Medioevo. Quello che ora la storiografia ha messo in evidenza è che l’esistenza di un'epoca convenzionalmente nominata “tardo antico” che include gli sistema politico, culminano con Costantino quando aggiunge il tentativo di organizzare una nuova omogeneità religiosa con la cristianizzazione. Diocleziano: riforme che si basano su stretto controllo sulla vita pubblica. Viene reintrodotta la leva per disporre di un esercito forte senza spendere troppo. Si definisce un unico sistema fiscale che si basa su quanta popolazione risiede in un municipio e quante terre sono lavorate. Tutto questo è controllato da Roma. Impone il culto di Giove massimo come culto monoteistico incardinato sulla tradizione. Questo porta alla tradizione dei cristiani che si rifiutano di aderire. Diocleziano tenta quindi di sradicare il cristianesimo. La riforma politica è fallimentare: riforma petrarchica (petra: quattro), vuole dividere l'impero in quattro e nominare quattro imperatori. Due augusti e due cesari. Ogni 10 anni gli augusti si dimettono, i cesari subentrano e nominano i cesari. C’è un criterio per la successione e non c'è più il problema delle periferie ribelli. Il tentativo fallisce perché non è detto che un imperatore sopravviva per 10 anni, e per gli egoismi: cesari e augusti cominciano a designare i figli come successori. Il risultato è che dopo le dimissioni di Diocleziano scoppia la guerra civile che termina con l’incoronazione di Costantino che con la forza si afferma come Augusto d’occidente e poi d'oriente. Costantino (313-337): è l’altro grande padre dell'impero tardo-antico. Il suo impero è ancora la superpotenza mediterranea. È un impero con problemi demografici causati dalla peste e con il problema della pressione delle popolazioni esterne. Di Costantino si ricorda l'apertura al cristianesimo (Editto di ilano, con cui abolisce le leggi di Diocleziano e permette la libertà di culto) e la sua conversione al cristianesimo. Alcuni dicono sia stato battezzato solo sul letto di morte, ma altri pensano da ben prima. Il cristianesimo, avendo l’imperatore dalla sua, ha presto il vantaggio sulle altre religioni. L'imperatore fa donazioni di beni e terre, fa costruire la Basilica di San Pietro a Roma. Nelle èlite c'è inoltre conformismo. Il cristianesimo promette salvezza intraterrena, inoltre elemento costitutivo che ha preso dalla tradizione giudaica è la carità. Quindi in periodo di crisi e difficoltà, le chiese cristiane sono meccanismi di aiuto ai poveri. Questo catalizza molta attenzione e consente di diventare una religione interclassista: avvince i ricchi e ha successo tra i poveri. Non esistevano ospedali per i poveri, le chiese li aiutavano. Nel 380 Teodosio con l’Editto di Tessalonica proclama il cristianesimo religione ufficiale. Costantino riunisce un concilio a Nicea per parlare di ortodossia, e vengono dogmatizzati presupposti poi messi per iscritto. Costantino fonda poi Costantinopoli: di fronte al precedente fallimento della gestione dell'impero, lui duplica la capitale a Istanbul dove ci sarà un secondo senato, una seconda amministrazione, e l’imperatore si sposterà tra le due capitali. Così in entrambe le sedi avrà una amministrazione pronta a funzionare. È un compromesso che porterà allo sfaldamento dell'impero. Costantinopoli ha un effetto al momento imprevisto: diventa una grande città, metropoli con mezzo milione di abitanti, e il flusso del grano egiziano viene dirottato qui. L'Africa nutre Roma e l’Egitto nutre Costantinopoli. Questo fa mancare l’asse commerciale che univa la metà greca e quella latina, quindi aggrava la frattura economica tra oriente e occidente. Si arriva infatti in tre generazioni alla definitiva frattura nel 395, quando i figli di Teodosio si dividono l'impero d'oriente e di occidente e non saranno più riuniti. Barbaricum Una delle grosse discussioni fra storici è se l'impero sia morto di morte naturale o se sia stato assassinato (caduto per mano delle popolazioni barbariche). Per negare questa seconda ipotesi bisogna capire i rapporti tra impero e mondo barbaro. La prospettiva romana era semplice: il mondeo civile era l'impero romano e il mondo della barbarie era fuori dall'impero. Barbaro è una parola greca onomatopeica: indica chi non parla greco e balbetta. In questo senso l’opinione dei greci non fa distinzioni: il barbaro può essere chiunque non parli greco. | latini hanno fatto proprio questo pensiero. Logos, parola, in greco è la radice di logica. Saper articolare un pensiero logico è legato al fatto di poter disporre della parola greca. Il barbaro quindi non è un vero uomo come il cittadino romano. In questo senso i barbari si possono o conquistare e assimilare per farli uscire dalla barbarie, o tenerli lontani. Quindi si può distinguere tra l'impero e il Barbaricum (mondo dei barbari). Vi sono delle delimitazioni rigide che prendono le vesti di muraglie, palizzate, canali. Le frontiere erano più dei controlli doganali che non barriere invalicabili. In realtà iromani andavano al di là di queste frontiere per motivi vari: commerciare (il nord d'Europa aveva pellicce, ambra, legame di alta qualità), schiavi, armi (le spade germaniche erano molto belle), intenti diplomatici (la sicurezza alle frontiere). Questo interventismo romano porta cambiamenti nelle popolazioni germaniche, che erano insiemi di tribù autonome e piccole. I romani fanno sì che queste si coagulino intorno ai capi più prestigiosi, solitamente amici dei romani per facilità di commercio o altro. Quindi nel passaggio al IIl secolo l'archeologia fa vedere che i villaggi si ampliano, l’agricoltura è più sofisticata, si sviluppano nobili che vengono mantenuti e dei capi che avevano una grande capacità di spesa. Nascono le “federazioni di popoli”: gruppi di tribù che si univano per avere più peso politico per parlare coi romani o più peso militare per combattere con Roma. Compaiono i Franchi, i “liberi”, tribù sul Reno. A sud nascono gli Alamanni, “siamo tutti uomini”. Sul Danubio si sviluppano i Goti. | confini diventano quindi pericolosi per i romani. Divide et impera cade in contraddizione. Si parla di etnogenesi: non esistono popoli astorici ma creazioni culturali e politiche, sono insiemi di gente con tradizioni comuni che trovano conveniente raggrupparsi. Questo coagulo di forze sui confini europei avviene in contemporanea con la rinascita dell'impero persiano. All’inizio del III secolo i Sassanidi prendono il potere e rifondano l'impero con un forte richiamo ideologico all'impero di Serse e l'ambizione di riprendere le terre del vecchio impero. Si innesta un processo per cui diventa necessario per i romani rafforzare l’esercito ma tocca arruolare i barbari. Questa politica funziona per un secolo, dopo i 15 anni di servizio i barbari ricevevano la cittadinanza romana e si stabilivano nell’impero. Ma sui confini si riversano, sotto la pressione degli Unni, le popolazioni gote. L'ingresso di questi porterà al collasso dell’esercito romano con la sconfitta di Adrianopoli e alla crisi militare. Giovedì 16 settembre L’equilibrio precario ma efficace che si era stabilito tra l'impero e i suoi confinanti viene messo in pericolo da due elementi: - Interno: una campagna azzardata con cui Giuliano l’Apostata, nipote di Costantino, negli anni 60 del 300 tenta una invasione della Persia che finisce con la sua morte e due conseguenze, cioè la vittoria del cristianesimo e una nuova tensione ai confini con la Persia. - Esterno: nel centro dell’Asia la popolazione turco-mongolica degli Unni si muove verso occidente. Fino a duecento anni fa vi erano popolazioni stanziali e popolazioni nomadi. Fino alla fine del 1700 l'America settentrionale era nomade, anche l'Africa e l'Asia centrale. Le popolazioni nomadi vivevano in simbiosi con quelle stanziali confinanti. Era lo stesso rapporto che c’era tra romani e germani. Da oriente avviene un cambiamento che costringe le popolazioni a muoversi verso occidente. E vi è una sorta di inversione di ruoli: i germani vedevano l’impero romano più ricco e ogni tanto compivano razzie, questo li rende ancora più ricchi di altri popoli che non confinavano con l’impero, che a loro volta razziano i germani. Una parte si arrende agli Unni (Ostrogoti) e una parte fugge dentro i confini dell’impero (Visigoti). Questi ultimi avrebbero dovuto arruolarsi nell’esercito romano perché l’imperatore di allora era in guerra con la Persia, ma di fatto il governatore della Tracia non li paga e non li rifornisce, così si ribellano e nel 378 nella battaglia di Adrianopoli sconfiggono l’esercito e lo distruggono. Questo ha tre conseguenze: 1) ideologica: i romani avevano vinto quasi tutte le loro battaglie, soprattutto quelle difensive. Per la prima volta vengono battuti sul loro territorio. 2) L’annientamento dell’esercito romano obbliga ad arruolare altri barbari. La sconfitta porta a un’ulteriore barbarizzazione dell’esercito. 3) Visigoti non escono dai confini, trovano con Teodosio un accordo per il quale vengono stanziati nell’attuale Croazia e non usciranno più dai confini dell’impero romano. La crisi militare dell’impero diventa uno dei fattori della crisi finale. In realtà possiamo dire che la crisi finale scappa di mano ai barbari. In un primo momento quello che vorrebbero fare i nascenti popoli non è distruggere l'impero ma trovare la maniera di ottenere ricchezze e avvantaggiarsi della loro collaborazione con l'impero. Quelle che a noi sembrano operazioni offensive erano in realtà intese come pressioni diplomatiche. Ad esempio nel 410 c’è una spedizione visigota che termina nel sacco di Roma, ma il re Alarico vuole in realtà il riconoscimento di un territorio per sé e i suoi uomini, migliore della Croazia. In effetti, dopo, la corte imperiale (che è a Ravenna e non a Roma) accetta di trattare e accetta lo stanziamento dei Visigoti nella Gallia meridionale. La progressiva barbarizzazione dell'esercito aveva portato all'aumento dell’importanza degli ufficiali anche di origine barbarica, in seno alla società romana. La presenza di questi ai vertici della società già dal IV secolo, si diffonde. Con la morte di Giuliano si estingue la discendenza di Costantino e l'impero torna scosso dalle continue guerre civili. Affidare l’esercito a dei barbari sembra un’ottima soluzione perché significa ridurre la possibilità che i generali facciano dei colpi di stato, dato che non possono rivendicare il potere imperiale. Quindi ci sono ufficiali barbari che fanno i magister militum. In Occidente c'è Stilicone, figlio di un vandalo con cittadinanza romana. Nell'anno 400 l'impero d’oriente vede una forte reazione anti-germanica che porta alla cacciata di Gainas (oriente) e una debarbarizzazione dell'esercito. Laddove in Occidente la stessa cosa non riesce per la maggior forza della componente barbarica, per cui Stilicone rimane il comandante supremo. Egli riesce a contenere Alarico ma nel 406 gli Unni stanziati a est si spingono tra Polonia e Ungheria e questo porta a una seconda ondata di pressione sulle frontiere da parte dei germani. In particolare un gruppo di popolazioni forza i confini del Reno approfittando del fatto che separati dal mondo). | monasteri rimangono isole di cultura, in cui una delle attività principali era la trascrizione di manoscritti. Lunedì 20 settembre Dal 540 al 640 circa facciamo risalire la fine del mondo tardo-antico. In Occidente i modi di organizzazione politica e sociale abbandonano le vecchie pratiche romane, in Oriente la parte di impero romano sopravvissuta perde tanti territori e la continuità rispetto al’età antica viene assicurata dagli arabi. Le tappe della fine del mondo antico: 1) Ultimo grande successo dell’impero romano: viene riconquistata l'Africa settentrionale, la Spagna meridionale e l’Italia. Giustiniano è stato criticato per queste conquiste che avrebbero indebolito l'impero. Queste conquiste non sono state effimere in realtà. 2) La pestilenza degli anni 40 del 500 che impoverisce l’area mediterranea, spopola le città, fa diradare i commerci, ecc. Abbiamo un contesto ambientale sfavorevole. In questo contesto Giustiniano è impotente nel gestire l'impero e i successori di Giustiniano si concentrano sull’Oriente. 3) Particolarmente importante soprattutto per l’Italia è l’invasione dei Longobardi. Questi sono un popolo germanico, di quelli “interni”: per qualche chilometro oltre i confini dell'impero c'erano popoli che erano in contatto con l'impero romano quindi erano sottoposti a una “acculturazione” (che in parte andava anche dal lato opposto). All’interno di questa fascia vi erano altre popolazioni delle steppe che non avevano vissuto questa fase per la loro lontananza geografica, e di questi popoli i romani sapevano pochissimo. Troviamo per la prima volta questi germani nella zona dell'Elba, e nel VI secolo si stanziano sul Danubio ed entrano in relazione con i romani. Fanno i mercenari per l'impero d’oriente, ma nel 568 un gruppo di germani che ha il suo nucleo forte nei Longobardi (ma include anche Sassoni e altri) scende in Italia guidato dal re Alboino. Questa discesa non si spiega bene, non si sa il motivo, probabilmente c'entra il contesto ambientale che doveva aver resto l'Europa centrale poco attraente, ma forse c'era anche la debolezza della presenza imperiale in Italia. l’Italia era semidistrutta dalle guerre gotiche e dalla peste, quindi le città erano spopolate, l'economia era depressa, il gruppo dirigente romano era quasi estinto. Tutto ciò costituiva un'opportunità. Secondo la tradizione di alcuni storici imperiali i Longobardi sono stati addirittura chiamati da un comandante imperiale, che sarebbe stato deposto. Costruendo su questa storia alcuni hanno pensato che i Longobardi possano essere stati chiamati dai Bizantini in Italia come federati. Una delle caratteristiche della discesa in Italia è stata la pochissima resistenza incontrata: i romani abbandonano le città e si rifugiano sulle coste o nelle regioni a ridosso delle coste. In questo modo ci si poteva rinchiudere nelle città ed essere riforniti dalla flotta. Buona parte delle tribù longobarde poteva muoversi autonomamente sotto i loro comandanti, mentre la maggior parte era legata ad un comandante da un patto di guerra. Di fatto l'insediamento longobardo in Italia è molto scoordinato: si distinguono aree longobarde e aree bizantine. Politicamente si viene a strutturare una triplice divisione dell’Italia con - un blocco longobardo nel nord (capitale Pavia); - deiterritori longobardi (ducati di Spoleto e Benevento) che dipendono dal regno nominalmente ma hanno tagliato in due l’Italia quindi rimangono territorialmente separati rispetto al nord e sono quindi molto autonomi, quasi indipendenti; - territori bizantini organizzati in un esarcato, cioè governo di sei regioni sottoposte al comando dell’esarca, responsabile dell’amministrazione civile e militare. I Longobardi sono considerati i distruttori della civiltà romana (in realtà molto probabilmente era stata già distrutta dalla guerra greco-gotica). Sono una popolazione non particolarmente feroce e l’idea che i latini vengano tratti in schiavitù non è vera. In un’Italia semi spopolata si stanziano senza particolari danni, anche se c’è una fuga dei più ricchi. Effettivamente per qualche decennio si può parlare di un’età oscura perché si scrive pochissimo nell’Italia longobarda. Dal 570 al 630 abbiamo circa 60/70 documenti. Questo viene superato a partire dalla metà del VII secolo, quando ci sono chiari indizi di un’acculturazione dei Longobardi, una fusione tra le èlite longobarde e latine. La frattura politica resta e buona parte dell’Italia è sotto i re longobardi. Cambia la società anche nell’Italia rimasta imperiale: per resistere alla pressione dei Longobardi l’Italia longobarda viene militarizzata, quindi i sudditi di queste regioni devono contribuire alla difesa e questo è stato visto come netta frattura rispetto al periodo precedente (prima si arruolavano i barbari per non gravare sulla popolazione civile). | quattro regni franchi La frattura tra mondo tardo-antico e l’alto medioevo dall’età di Giustiniano e nei decenni successivi lo troviamo anche in Occidente. Da un lato con l'abbandono della tradizione per cui i re barbarici governavano a nome dell’imperatore (persino i più ambiziosi tra i re inglesi cercavano un collegamento, si dice che Artù fosse sceso a Roma per un’investitura imperiale). Quello che succede in maniera più clamorosa è l'abbandono del sistema di governo romano: se fino alle fine del VI/VII secolo i re barbarici avevano tenuto in vita il sistema fiscale, dalla metà del VI secolo abbandonano la riscossione delle tasse. Uno dei moti; dell’insediamento romano, anche qui la responsabilità del collasso è da dividere tra un cambiamento di attitudine culturale per cui vi è una omologazione tra i valori barbari e quelli romani. Alla fine del VI secolo una serie di missioni in Inghilterra porta alla conversione di molti re sassoni, che facilitano le fusioni delle èlite quindi se i prima i romani marcavano la loro differenza rispetto ai barbari, ora adottano stili di vita barbarici come il valore della guerra. Dall'altro lato se nel tardo impero la cultura apriva le strade dell’amministrazione pubblica, ora non serve se non in ambito ecclesiastico. Questo perché non serve più l’apparato fiscale. Le guerre cominciano a essere combattute su scala più piccola e anche gli eserciti sono più piccoli, per cui l'apparato fiscale non serve più. C'è una sorta di semplificazione nel sistema romano. Questo porta a culturale, il collasso del sistema frammentazione politica. Nel regno dei franchi è particolarmente evidente, anche per consuetudini ereditarie (che l'erede sia il primogenito è sancito dalla Bibbia). Si distinguono quattro regioni: Neustria, Austrasia, Occitania e Borgogna. L’espansione islamica Quello che cambia tutto è l'espansione islamica. Negli anni 610/620 l'impero persiano e quello romano d’oriente entrano in guerra e c'è una prima fase in cui i persiani strappano tutto il Medio Oriente tra cui Israele e l’Egitto ai romani. Sotto la guida di Eraclio negli anni ’20 il fronte viene ribaltato, porta la guerra nel cuore dell’impero persiano e li obbliga ad abbandonare le terre conquistate. L’Arabia (regione che fino ad allora era politicamente a margine rispetto alle contese) era importante perché era la porta per l'oriente. Le merci venivano scaricate nei suoi porti e poi trasferite verso Costantinopoli via terra. L’Arabia si divideva tra Arabia felice nel sud con popolazioni stanziali, e Arabia centrale con popolazioni nomadi (nel deserto) che si dedicavano al commercio, razzia, e allevamento. Esistevano poi alcuni centri in corrispondenza delle grandi oasi che fungevano da snodi commerciali, tra cui La Mecca che fungeva anche da centro religioso. Qui c’era un santuario in cui si celebrava il culto più importante, della pietra nera. Negli anni 10 del VII secolo La Mecca erra dominata da una tribù che erano un clan di mercanti, proprietari terrieri e gestori del santuario. Un membro, Mohammed (Maometto) afferma di aver ricevuto un messaggio divino tramite l'Arcangelo Gabriele che gli avrebbe dato il compito di predicare che Dio è uno solo, Allah, e per salvarsi la popolazione doveva credere a lui e non agli dèi politeistici. Nella visione di Maometto è forte l’influsso culturale giudaico, la penisola arabica era piena di comunità ebree perché prima con Tito e poi con Adriano gli ebrei erano stati costretti a lasciare Israele. In più la penisola era sottoposta anche al cristianesimo. L'impatto della predicazione ha un'importanza storica fortissima: viene prima contrastata dai quraysh e Maometto deve lasciare La Mecca e va a Medina. Questo è il momento fondante della religione islamica, il calendario parte dall’anno dell’egira, cioè l'abbandono della Mecca (622). Nello stesso anno Eraclio comincia i suoi contrattacchi. Maometto vince in battaglia le forze della Mecca e nel frattempo viene elaborato il Corano. Nel 630 rientra alla Mecca con un accordo: i quraysh si convertono e aprono la città a Maometto, che morirà due anni dopo. La cosa importante storicamente è che l’Islam si connota come religione in cui il potere politico e quello religioso sono strettamente legati. Anche in occidente il cristianesimo dopo essere nato in opposizione al potere politico, poi si lega a questo. Ma per l’Islam la cosa parte dal basso: la religione diventa anche potere politico. Alla morte del profeta, che era anche capo politico, vengono eletti dei successori che avranno il compito di guidare la Umma (insieme di fedeli musulmani) sia dal punto di vista religioso si a da quello politico. Questi prenderanno il nome di califfo che significa “successore del profeta”. | primi quattro califfi sono considerati i realizzatori dell’espansione islamica e sono noti come califfi dei guidati, quelli che avevano conosciuto Maometto e agivano sotto la sua ispirazione. Sono i protagonisti di una spettacolare epoca di conquiste: fra gli anni 30 e 40 del VII secolo il territorio controllato dagli arabi si espande di molto. Le tribù arabe che non erano politicamente unite, lo diventano grazie alla conversione dato che convertirsi significa accettare la guida politica. Negli anni 30 viene occupato tutto il Medio Oriente, fino agli anni 40 viene conquistato l'impero persiano, Egitto e buona parte della costa africana. Dei due imperi che avevano dominato la regione, l'impero persiano viene completamente annientato, e quello che aveva vinto riesce a sopravvivere ma al prezzo della perdita delle sue regioni più ricche. che coinvolgono l'eccessiva ampiezza dell'impero. Uno dei fattori di crisi dell'impero romano era l'impossibilità di governare da un unico centro un impero così vasto. È difficile governare da Damasco un impero che va dai Pirenei all'India occidentale. Siccome gli arabi si erano redistribuiti su questi territori a seconda delle tribù d’origine, vi sono tensioni regionali. Un altro fattore di tensione è il rapporto tra arabi e musulmani: c'è una tendenza generalizzata a sovrapporre i due termini. Ci sono invece arabi cristiani, agnostici, e miliardi di musulmani che non sono arabi, come i turchi, gli iraniani, i pakistani. Inizialmente gli unici musulmani erano gli arabi, ma anche se gli arabi non fanno proselitismo, avviene spontaneamente che una parte delle popolazioni sottomesse si avvicini all’Islam. Un po’ per interesse e un po’ perché si tende ad adattarsi al modello dei vincitori. Il problema è fiscale soprattutto: convertendosi, queste persone si sottraggono al dovere di pagare le tessa in quanto non musulmani. Quindi ci sono tensioni legate al fatto che se si accettassero nel gruppo degli islamici non arabi ci sarebbero sempre meno persone che pagano le tasse e sempre più persone a cui redistribuire le entrate fiscali. Tutto questo fa sì che le tensioni si polarizzino alle estremità dell'impero. In Persia e Africa occidentali le conversioni rischiano di mettere in crisi il sistema di governo. L'espansione militare araba che era proseguita per circa un secolo comincia a segnare battute d’arresto: nel 717 una grande flotta sbarca a Costantinopoli ma questa resiste e l’esercito distrutto. Nel 732 un corpo di spedizione spagnolo viene distrutto a Poitiers. Negli anni ’30 gli arabi subiscono rovesci in Asia centrale da tribù turche al soldo dei cinesi. Questa combinazione di tensioni interne tra neoconvertiti e vecchi islamici, fra sciiti e sunniti, e la fine dell'espansione esterna, indebolisce il progetto Omayyadde. Ma nel 750 scoppia una rivolta a Oriente, tra Asia centrale e Iran e le forze Omayyaddi vengono battute si insedia la dinastia degli Abbassidi. Il loro successo ha conseguenze forti: - Riorientamento degli interessi arabi verso oriente. Gli Abbassidi spostano la capitale a Baghdad, fondata per l'occasione. Questo vuol dire rifiutare l’idea Omayyadde di una continuità con l'impero romano. - Gli Abbassidi sviluppano un dialogo interno con gli sciiti che non vengono riconosciuti, rimangono eretici ma cessano le persecuzioni, ma soprattutto si risolve il problema delle conversioni. Si accettano le conversioni parificando i diritti dei convertiti a quelli degli arabi ma chiedendo in cambio l’assimilazione culturale dei convertiti. Quindi parlare arabo e assimilarsi ai costumi tradizionali arabi. Questo comporta, nei documenti ufficiali, l'abbandono delle vecchie lingue. Ciò non causa la scomparsa totale delle altre lingue (come il parsi, il copto) ma a livello ufficiale il califfato parla arabo. Le scelte politiche hanno due grandi conseguenze: - Baghdad diventa un centro culturale ricchissimo per l’allentamento della pressione militare sul Mediterraneo che permetti di instaurare rapporti con l'impero bizantino, quindi ci sono lunghe tregue. Questo fa sì che le vie commerciali aperte dagli arabi si indirizzino verso Costantinopoli e dall’altra parte che molto del sapere della tradizioni greca nelle biblioteche di Costantinopoli viene acquistato. Si viene a creare a Baghdad un ibrido fertilissimo tra la cultura greca, indiana, persiana e nasce un movimento culturale forte e figure intellettuali di grande valore. - Lo spostamento verso oriente della sede califfale rende difficile controllare l'occidente. In particolare gli Omayyaddi non vengono sterminati ma alcuni riescono a fuggire in Spagna e lì prendono il potere e fondano un emirato autonomo. Gli emiri sono i governatori alle dipendenze del califfo ma AI Andalùs diventa uno stato autonomo e nel X secolo si autoproclama califfato. Questo califfato si sbriciola in zone che riconoscono l’autorità del califfo di Baghdad. Questi stessi eventi che scuotono il mondo arabo influenzano ciò che accade in occidente. La lotta iconoclasta a Bisanzio Eraclio aveva militarizzato lo stato con i Themi, province dotate di organizzazione militare autonoma, e fino al 750 Bisanzio rappresenta uno stato “miracolo”: avrebbe dovuto cadere ma sopravvive perché probabilmente la coscienza imperiale era tanto forte che anche se tutti i dati erano contrati, remane la coesione ideologica. Nel 754 però, nell'impero si apre la “lotta iconoclasta”, un conflitto interno di matrice religiosa che però ha ricadute e conseguenze politiche. 754: sono gli anni appena successivi alla caduta degli Omayyaddi e in cui prima la guerra civile e poi gli Abbassidi che spostano a oriente il califfato, avevano alleggerito la pressione su Costantinopoli. Viene meno l’unità dettata dalla necessità di resistere e si riapre il dibattito interno. Clastia significa distruzione. L'iconoclastia è un movimento che voleva impedire la raffigurazione del divino, del sacro, in immagini. La cultura occidentale e quella greco-orientale sono differenti rispetto alle immagini. L'icona non ha a che vedere con l’immagine sacra. Nella cultura ortodossa l’icona è un oggetto sacro di per sé, deve essere realizzata da un monaco o da una persona consacrata a Dio. L'immagine è portatrice di un valore che un'immagine in occidente non porta. Questo valore per cui l’immagine è sacra di per sé, non per ciò che raffigura, era stato utilizzato anche politicamente, per esempio per motivare la resistenza di Costantinopoli. La resistenza della città viene attribuita prima di tutto all'intervento delle icone. Di conseguenza le icone erano oggetto di un culto e possedere un’icona per i monasteri voleva dire diventare meta di pellegrinaggio ecc. L'imperatore Leone Ill è un imperatore militare che viene dall’oriente, e decide di stroncare il culto dell'immagine. Non è chiarissimo il fine ultimo di ciò, gli storici si dividono in più spiegazioni. - La forte influenza orientale. Nella cultura araba la raffigurazione di Allah e di Maometto e in generale della figura umana sono proibite. La non raffigurabilità di Dio è presente anche nella cultura ebraica, quindi talvolta viene rappresentato con le parole, la calligrafia. Questo influenza il mondo cristiano soprattutto quando gli arabi si sono dimostrati superiori e più efficaci. - La lotta iconoclasta colpiva i monasteri perché ricevevano donazioni imponenti per le icone, e siccome le terre della Chiesa erano esenti dalle tessa, erano tutte ricchezze che venivano sottratte al fisco di Costantinopoli. Ipotesi contestabile perché vi erano molte altre maniere per contestare i monasteri e perché siamo in un momento in cui l'apparato fiscale è quasi inutilizzato, quindi non si andavano a sottrarre tante ricchezze. - Riorientamento del culto attorno alla figura dell’imperatore. Si proponova che si sfilasse nelle processioni con l’immagine dell’imperatore. Questo crea una spaccatura. La Chiesa è contraria, anche i monaci, l’esercito invece è fortemente iconoclasta. L’iconoclastia prevale per una trentina d’anni, e dalla fine dell’VIII secolo torna il culto delle immagini. Alla metà del IX secolo l’iconoclastia è definitivamente sconfitta. Altra conseguenza è la frattura con Roma. Il papa si era sempre considerato un ufficiale dell'impero ma la tradizione occidentale delle immagini era incompatibile con quella greca. Quando i decreti impongono anche in occidente la restaurazione delle immagini sacre il papa rifiuta. Dalla metà dell’VIII secolo l’imperatore considera eretico il papa. Questo accade mentre in occidente accadono cose interessanti. Il consolidamento del Regno Longobardo Anche in Italia si verifica un importantissimo fenomeno di acculturazione che vede i vincitori e i vinti fondersi. È un processo abbastanza spontaneo nel momento in cui è difficile dire chi sia chi. Nel 643 il re longobardo Rotari emette l’Editto di Rotari. Sta preparandosi a invadere la Liguria. Le forze imperiali intanto stanno cercando di tenere le pressioni dell’Anatolia fuori. Radunato il popolo-esercito, Rotari emana questa legge, raccolta di tutte le leggi tradizionali dei Longobardi che valevano solo per loro. Soprattutto lo fa in latino, lingua del nemico. Ormai tutti i longobardi sono nati in Italia. l’Editto ha anche altri significati, come rafforzare il potere del re, o la faida, pratica per cui la giustizia viene gestita privatamente con la vendetta. La faida viene sostituita col fatto che l'aggressione viene compensata col pagamento di una somma proporzionale sia alla gravità dell’offesa sia al valore del personaggio offeso. Questo deve essere deciso da un giudice. | giudici sono nominati dal re. Vediamo il processo di costruzione di un controllo sempre più stretto dei re di Pavia sul loro territorio. All’inizio dell'VIII secolo il regno Longobardo raggiunge il suo apogeo. Re Liutprando produce una gran quantità di leggi basate sul territorio, non c’è cenno alla stirpe. Sono leggi per i Longobardi ma si capisce che tutti i sudditi dei regni longobardi sono Longobardi, quindi anche i romani. Il regno si rafforza particolarmente tra anni 40 e 50 quando Bisanzio si i indebolisce, perché la lotta iconoclasta crea una situazione di pericolo per il papa perché non vuole che Roma sia invasa dai Longobardi. Il papa non è quello di oggi che governa sulla Chiesa ma è l’unico che abbia autorità morale e spirituale su tutto l'Occidente latino. Il papa non può chiedere aiuto all’imperatore d’oriente e si rivolge ai Franchi. L’ascesa dei Pipinidi nel Regno Franco Longobardi si arrendono e Carlo Magno assume la corona di re dei Longobardi. Non annette il regno a quello dei Franchi, ma lo include sotto la sua dominazione. Nei decenni successivi vi sono altre spedizioni contro la Baviera, gli Avari, i Sassoni, gli arabi di Spagna. Il caso della Sassonia è il più importante perché si tratta di terre non cristiane. La guerra dura 30 anni e si accompagna alla cristianizzazione forzata del territorio. 1 Sassoni vengono dapprima obbligati, poi persuasi. Alla fine dell’VIII secolo l’impero di Magno coincide quasi completamente con la cristianità occidentale: rimangono fuori il Regno delle Asturie, l'Inghilterra (che in parte è ancora pagana), l'Irlanda, il Ducato di Benevento. Di fatto però tutti questi stati si riconoscono come stati vassalli, quello di Benevento è una sorta di stato cuscinetto, il regno delle Asturie aveva bisogno di appoggio per tener fuori gli arabi, e il regno di Mercia ha rapporti commerciali e diplomatici e il re di Mercia accetta una posizione subordinata. La formalizzazione di questo dominio avviene nella notte di Natale dell’anno 800: Carlo Magno è a Roma e durante la messa di mezzanotte viene incoronato da Papa Leone III imperatore, e acclamato dal popolo di Roma e dal popolo franco. Questo episodio avrà alcune conseguenze: -. Il ritorno di un Impero di Occidente. Questo viene chiamato Sacro Romano Impero ma Sacro lo abbiamo aggiunto noi per distinguerlo dal vecchio impero romano. Questo impero rimarrà fino a Napoleone. Più di un millennio di vita. - L’incoronazione di Carlo è un evento studiato. Sono anni che il papa e il re preparano l'evento. Come? Il re con l’aiuto dei suoi intellettuali di corte. Il collaboratore più stretto è un monaco inglese. A Roma c’era Irene come erede al trono, ma una donna non poteva ricoprire la carica. Dall'altro lato abbiamo mosaici (commissionati dal papa) che raffigurano San Pietro che consegna al papa lo stendardo della Chiesa e incorona Carlo Magno protettore della Chiesa. Un mosaico simile raffigura Gesù che fa la stessa cosa con Costantino e papa Silvestro. C'è un parallelo chiaro tra Carlo Magno e Costantino, dall’altro lato mentre uno riceve la corona da Cristo, l’altro la riceve da San Pietro. Una discussione su come sia avvenuta la cerimonia: Carlo tornò irritato dalla cerimonia e non avrebbe voluto essere incoronato. Alcuni dicono che forse la cerimonia non si è svolta esattamente come il re avrebbe voluto. L'imperatore dovrebbe essere prima acclamato dall'esercito e dal popolo e poi incoronato dal patriarca. Dare un ruolo centrale al papa forse non era previsto. Altri studiosi non credono che il re fosse così ingenuo da farsi sorprendere dal papa. Quindi rimaniamo con il dubbio. Il governo dell'Impero Cos'è l'impero Carolingio? È una costruzione statale che però non dobbiamo pensare in termini moderni. È un esperimento politico. La prima caratteristica è il fatto che nei documenti pubblici di Carlo Magno questa è un’ecclesia, un'enorme assemblea ecclesiastica, un insieme di cristiani guidati da un cristiano. Ha una fortissima, quasi opprimente, dimensione religiosa. Il re si dà come compito il benessere materiale e spirituale dei sudditi. Quest'ultimo non può prescindere dall’elemento culturale. Questa compenetrazione tra l'elemento temporale e spirituale avviene anche nella fluidità tra i due enti. Siamo abituati a pensare a Stato e Chiesa, e nell’Impero carolingio la Chiesa è una branca dello Stato. Come se il papa fosse un ministro degli affari religiosi. Chiesa e Stato non sono separati: vescovi, abati, hanno una serie di incarichi di governo e le terre della chiesa sono considerate terre dello stato. Il secondo elemento è l’esigenza di governare senza un sistema fiscale. Carlo Magno non reintroduce il vecchio sistema romano delle tasse, che di solito è il collante dei grandi imperi. L'impero di Carlo si basa sulla terra: riesce a far funzionare l’amministrazione di un territorio vastissimo quasi senza far circolare denaro. Terzo elemento: una promozione dello sviluppo culturale molto forte anche ai fini amministrativi. Il collante che tiene assieme lo stato è la documentazione scritta per la comunicazione tra corte e ufficiali. L'impero è diviso in contee, che hanno a capo un conte, e potrebbero essere delle dimensioni di un’attuale provincia. Queste contee sono affiancate nei territori di confine dalle cosiddette marche, governate da marchesi, più grandi di una regione attuale in maniera da avere più risorse militari in caso di emergenza. La Catalogna attuale è l’antica Marca di Spagna, l’Austria attuale era la Marca Orientale, la stessa attuale regione delle Marche era quella che doveva sorvegliare Benevento e i bizantini. Qualche territorio conserva il tradizionale nome di Ducato. Per noi duchi, conti e marchesi sono titoli nobiliari, ma lo diventano dopo. Sono ora funzionari pubblici nominati a questa carica, e quando smettono non hanno più il titolo. Non si nasce duchi ma si do Erano piccole commissioni di laici ed ecclesiastici che ispezionano l’attività dei conti, ricevono le viene nominati duchi. Il governo dei conti veniva controllato dai mis inviati del re. proteste eventuali dalla popolazione e fanno rapporto scritto alla corte. Carlo Magno, per questo senso anche religioso della sua missione, si propone come difensore dei poveri contro i potenti. Tecnicamente tutti hanno diritto a rivolgersi all'imperatore o un ufficiale imperiale per protestare contro eventuali abusi anche da parte di ufficiali del re. L'esito di questo dialogo tra centro e periferia, promosso dai missi, è l'emanazione periodica di leggi, effettuata quasi ogni anno all’inizio di maggio a un’assemblea che riunisce il più possibile dei potenti del regno, e tutti quelli che avevano bisogno dell’imperatore. Venivano redatte leggi che potevano essere principi generali o universali, ad esempio si dispone che presso tutte le cattedrali ci sia una scuola, oppure cose più puntuali (si acquisti grano fuori dai confini dell’impero perché in Italia c'è una carestia). Le norme venivano scritte su pergamene, divise in capitoli a seconda degli argomenti, e trasmesse a tutti gli ufficiali. L'operazione più imponente è quando Carlo Magno dopo essere stato incoronato, e dopo aver scoperto una congiura contro l'aristocrazia, fa giurare fedeltà ai suoi sudditi per iscritto. In ogni parrocchia si raccolgono i giuramenti e questi vengono trasmessi alla corte. La corte è itinerante, Carlo si sposta anche per comparire di persona davanti ai sudditi. Dopo l’incoronazione imperiale la corte comincia ad avere un suo centro ad Aquisgrana. Viene costruito un palazzo imperiale e la cappella imperiale. Altro elemento è il vassallaggio. Gli ufficiali erano anche vassalli di Carlo Magno. È un tipo di rapporto che si instaura tra due persone che il re sposta dalla sfera del privato a quella del pubblico. C'è un vassus (in celtico, servitore) e un dominus (signore): si scambiano giuramento. Il vassallo promette fedeltà al dominus e questo accorda al vassallo la sua protezione. Di fatto la fedeltà si concretizza nella prestazione di un servizio. La protezione del dominus di solito si concretizza nell’attribuzione di un beneficio. Nel momento in cui un conte o un duca o un marchese giura fedeltà vassallatica a Carlo Magno, gli presterà servizio come conte, duca o marchese. In cambio l’imperatore darà in beneficio delle terre i cui frutti saranno del vassallo e non dello stato. Si diffonde anche fra i guerrieri: io giuro a te, imperatore o rappresentante dell’imperatore, e in cambio ricevo delle terre. Qual è il vantaggio del sistema? Il beneficio dura . Mentre prima un fedele riceveva un bene in donazione, in questa maniera quanto dura il sei nel momento in cui il vassallo non presta più servizio perde anche il beneficio. Si tratta di stipendiare non attraverso denaro ma con l’attribuzione temporanea di terreni. Così si porta avanti l'impero senza tasse. Altro vantaggio: i guerrieri che giurano fedeltà a Carlo Magno e ottengono un beneficio, possono ottenere abbastanza terre da potersi equipaggiare. Comprare un cavallo, un’armatura. Questo fa sì che l'impero carolingio sia abbastanza potente. La politica economica La politica economica di Carlo si adatta alla situazione. Un’organizzazione delle proprietà fondiarie imperiali (anche della Chiesa) sulla base della curtis o della villa: un'organizzazione del lavoro volta ad ottimizzare la produzione. Abbiamo una vivacissima ripresa della produzione e una crescita della popolazione. È un’epoca di benessere. Un altro provvedimento è la razionalizzazione delle monete: ogni territorio conquistato aveva un sistema monetario diverso. | Franchi coniavano l'argento, gli Avari usavano l’oro, in Catalogna sia oro che argento. Carlo impone un sistema monometallico, le monete sono solo d’argento. È un dischetto leggerissimo delle dimensioni di 1 centesimo. 20 soldi fanno una libbra (da cui la lira italiana). Questa razionalizzazione si lega allo sviluppo commerciale. L'Impero è aperto commercialmente, non tanto a sud (poco presente nel Mediterraneo), ma nel nord, dove si sviluppa una rete di porti (empori) per cui Inghilterra, Scandinavia e impero erano legati commercialmente. La moneta non vale né tanto né poco, va bene per un'economia che non ha circuiti commerciali vastissimi. Il denaro carolingio è per un'economia prevalentemente interregionale. Un adattamento all'economia vivace anche se in confronto a quello abbasside o bizantino, abbastanza periferica. La politica culturale Uno dei sintomi della scomparsa dell’età antica era la crisi del sistema dell’istruzione, perché era segno distintivo dell’èlite e serviva a fare carriera durante l'impero romano, ma dal VII secolo non serviva più perché il sistema di valori era cambiato e quello guerriero vinceva sulla cultura. In questa prospettiva la cultura letteraria era sopravvissuta nei monasteri. Richiedendo ai monaci la capacità di leggere e scrivere, comprende i testi latini, avevano garantito la sopravvivenza di gran parte dei testi classici trascrivendoli e tramandandoli. | latini dell'impero romano scrivevano su papiro, che marcisce subito, per cui fisicamente non ci è giunto molto. La pelle di pecora conciata invece resiste secoli. Era fondamentale il trasporto delle scritture degli autori classici in un supporto adatto. Nei monasteri tra VI e VII secolo, tra Irlanda e Inghilterra, e in età carolingia, si L’indebolimento dei poteri regi fa sì che per alcuni decenni, dalla morte di Ludovico il Pio a una serie di accadimenti nel X secolo, l'Europa occidentale rimane vittima di attacchi dalle popolazioni confinanti: a nord i Normanni, gli Scandinavi (che chiamiamo Vichinghi, che però sono i razziatori); a sud i Saraceni (un po’ Abbassidi, un po’ Berberi, un po’ Omayyaddi); a est una popolazione nomade dal serbatoio dell'Asia centrale, cioè gli Ungari, che si stanziano sul Danubio e compiono incursioni via terra colpendo la parte tedesca e settentrionale. Da un lato c’è il collasso del potere imperiale, che rende meno efficace la difesa, dall'altro lato durante l’età carolingia l'Europa occidentale aveva avuto una ripresa economica quindi era appetibile. Fra la metà del IX e del X secolo c'è una grande insicurezza. Il potere pubblico si frammenta in strutture sempre più piccole. La frammentazione del potere pubblico cambia la natura del potere, che viene “privatizzato”: entra a far parte del patrimonio personale di coloro che lo esercitano. In Italia il potere pubblico appartiene al popolo, che delega a persone specifiche il compito concreto di farlo funzionare, ma il potere pubblico gli è solo stato delegato, non appartiene a loro, e una volta finita la funzione cedono il loro ruolo. Pian piano, con un processo decennale, il potere viene sempre più concepito come un patrimonio personale. Per alcuni la responsabilità è attribuibile al vassallaggio. La protezione che il signore concede al vassallo si concretizza in un beneficio, e la fedeltà che il vassallo giura al signore si concreta in un servizio. Quando questo diventa ereditario i frutti di ciò rimangono per la maggior parte al re. Allora si comincia a confondere il servizio col beneficio, e questo diventa la carica di conte o marchese. lo sono fedele al re e lui mi ricompensa nominandomi marchese. Nel momento in cui anche i benefici feudali diventano ereditari, l’idea che la carica e il beneficio si sovrappongono, ecco che il conte può fare come vuole (incassare di più, obbligare contadini a lavorare per lui). L'intreccio fra vassallaggio e carica pubblica porta alla privatizzazione della carica pubblica. Conte, marchese e duca per noi sono titoli ereditari infatti. Ma fino a Carlo Magno non lo erano. Un primo tipo di signoria è la signoria funzionariale: una famiglia di funzionari regi si impadronisce del titolo e lo usa a suo vantaggio, immette poi la circoscrizione pubblica su cui lo esercita nel proprio patrimonio personale. Il secondo tipo di signoria è la signoria fondia grandi proprietari terrieri iniziano a loro volta a esercitare dei poteri sul terreno di loro proprietà, che diventa un territorio, assumendo caratteristiche giurisdizionali. Questo avviene soprattutto nelle grandi aziende, sul modello della curtis. La curtis è un'azienda agraria. Si definisce curtis o villa un'azienda agraria bipartita: una parte il dominicum e una parte il massaricium. Il primo è gestito direttamente: il proprietario o un suo delegato coltivava questa parte tramite l’uso di schiavi (servi), che risiedevano negli edifici centrali della curtis. Il secondo era dato in affitto. L'affittuario era il massaro. Cosa univa le due parti della curtis? Gli uomini che abitavano sul massaricium ogni anno dovevano prestare alcune settimane di lavoro gratuito sul territorio del dominicum: si parla delle corvèes. Queste giornate di lavoro gratuito era la maniera per pagare l’affitto. Perché è così complicato? C'era poca moneta. Durante l’anno agricolo ci sono mesi di quasi inattività e mesi di mietitura e altri lavori per cui serve tanta manodopera. Quindi tenendo 150 schiavi la maggior parte di loro non farà nulla per la maggior parte dell’anno, e sarà solo un costo in più. Meglio tenere il minimo di lavoratori. | massari sono uomini liberi, hanno un contratto che li lega al proprietario. La cosa cambia quando il proprietario della curtis diventa signore. Comincia ad esercitare poteri pubblici su chi lavora per lui: il fenomeno è legato alla concessione di immunità. Nel momento in cui conti e marchesi si sganciavano dal controllo regio potevano abusare dei loro poteri, e molti grandi proprietari per difendersi da queste prepotenze, ottengono dai re dei diplomi che dichiarano le loro terre esenti dalla giurisdizione pubblica e affidano a grandi ecclesiastici gli stessi poteri che non possono più esercitare i conti. Per cui saranno i vescovi e gli abati a rendere giustizia, a riscuotere piccole imposizioni per i lavori pubblici, ecc. Per imitazioni anche molti proprietari laici finiscono con l’esercitare gli stessi poteri, quindi la curtis finisce col trasformarsi in una signoria fondiaria. L’incastellamento Assicurare la protezione dei sudditi è il primo obbligo di chi ha un potere pubblico. Se il re non garantisce più la sicurezza, l'iniziativa viene assunta dai privati. Di conseguenza i privati che cominciano a garantire la sicurezza delle comunità si auto investono del potere pubblico. Questa garanzia passa attraverso la fortificazione, il castello. Le fortificazioni sono private, proprietari anche piccoli potevano costruire un castello e garantire non solo la propria sicurezza ma anche di quelli che vivevano nelle vicinanze. Nel caso di incursioni si potevano rifugiare lì con i loro beni. Il processo di costruzione durano molti anni ed è favorito dal fatto che le fortezze alto medievali sono semplici. Si costruisce non in pietra ma in legno. Cinte di tronchi, un fossato, una torre, magari su una motta (collinetta) che innalzasse la fortezza. | castelli si autoalimentano fra loro: sono facili da prendere per i nemici, il problema è che ci voleva tempo, fatica e magari dei morti. Non ne valeva la pena. Le bande erano indotte a colpire i bersagli non protetti, che si proteggevano a loro volta. Su tempi lunghi però cambia la struttura del paesaggio perché tendevano ad attirare a loro le case dei contadini. È più sicuro vivere accanto a un castello, per cui i villaggi di età carolingia che erano abbastanza dispersi diventano dei borghi. Per cui nasce un tipo di signoria legata alla presenza di una fortezza: signoria territoriale. Questo processo in realtà andava a sovrapporsi, confondersi e rivaleggiare tra loro. Spesso si sfociava in guerre, guerre piccole ma che creano insicurezze. Si poteva arrivare a degli accordi o a compromessi. La prima a nascere è la signoria funzionariale che porta anche a una riconcentrazione del potere, quindi in un primo momento soprattutto in Francia nascono questi grandi Principati, su cui si afferma il potere di grandi famiglie. Nell'ambito dei grandi Principati tendono a ritagliarsi le signorie fondiarie, e tra X e XI secolo c'è il processo di incastellamento, che disgrega i principati territoriali. Spesso la signoria del castello è una sorta di atomizzazione del potere. Non avviene dappertutto così, e non tutto nello stesso tempo. Lunedì 4 ottobre | processi di ereditarietà delle cariche, di concessione di immunità sulle grandi proprietà fondiarie, di incastellamento, di perdita del potere, in realtà non hanno sempre una cronologia comune nelle diverse parti d'Europa. In Inghilterra non ci sono incastellamenti fino alla fine dell’XI secolo, e non è nemmeno la stessa intensità. È bene distinguere fra le tre parti dell'impero e vedere come a fianco di questi processi di disgregazione agiscano forze che tentano di mantenere il controllo. Per esempio un caso interessante avviene nella storia della Chiesa. Cluny, esigenze di coordinazione Il papa, per esercitare sotto forma sottolocale il suo potere, aveva bisogno di coordinarsi con l’imperatore. Il papa non voleva ridursi a cappellano di corte. Fino alla metà dell’VIII secolo il papato si ritiene in stretta connessione con l'impero d’oriente e dall’incoronazione di Carlo Magno lavora in collaborazione con l'impero rinato. Il vertice della Chiesa, lo ricordiamo, è l’imperatore, con l'appoggio del papa. La crisi dell'impero carolingio e la frammentazione del potere porta con sé anche la fine del controllo sugli episcopati, perché il papa non ha strumenti. Se un vescovo bretone non ubbidisce al papa, questi non può fare nulla. Quindi la Chiesa vive una sorta di processo di delocalizzazione simile a quello che vivono i poteri laici. | vescovi diventano espressione delle aristocrazie locali e la Chiesa il loro strumento di controllo. Si fondano delle chiese dentro le signorie, che diventano degli strumenti per rafforzare il controllo sulla popolazione. Fondare una chiesa dà prestigio, dà ricchezze (le chiese potevano riscuotere la decima, un decimo del raccolto che serviva per mantenere il clero e per le attività), avevano beni e terre. Siccome le famiglie fondatrici si riservavano il diritto di nominare i parroci nelle chiese e gli abati nei monasteri, queste terre rimanevano sotto il controllo della famiglia. Si sgretolava l’idea di una Chiesa universale. Anche a Roma il papa non ha più dimensione universale, è sostanzialmente vescovo di Roma. Sono le aristocrazie locali ad assumere il controllo della cattedra episcopale in maniera da manovrarlo a seconda delle loro esigenza. La prima metà del X secolo è un periodo di grande discredito per il papato romano. Controcorrente va una particolare fondazione monastica, che ci fa vedere la possibilità di mantenere reti di relazioni a dimensione sovralocale e sovranazionale. In parte anche l’impero, ma la Chiesa rimane portatrice di un’ideologia universale. Anche a Roma si vede la scissione tra i papi, figure coinvolte nei conflitti locali, e gli intellettuali che operano alla lotta pontificia che continuano a portare avanti l’idea che il papato sia una forza universale. Cluny è un esempio di come si possa dal basso ricostruire reti di rapporti e gerarchie anche a livello sovralocale. Nel 909/910 Guglielmo d’Aquitania fonda un monastero in Borgogna e ha un atteggiamento diverso rispetto agli altri fondatori di monasteri. Mentre loro ponevano gli enti sotto la propria famiglia, egli era motivato spiritualmente. Allora la sottrae alla sua famiglia e al controllo del vescovo locale, e mette Cluny sotto il controllo del papa. Nell’atto di donazione, dona le terre dell’abbazia a San Pietro e San Paolo. Questo permette ai monaci di Cluny di vivere un'esperienza religiosa intensa: Roma non li controlla davvero, quindi rimane un'isola non sottoposta a nessuno, dove viene sperimentata una religiosità innovativa. Si tiene la regola di San Benedetto ma si modificano una serie di interpretazioni della regola. Nel motto “ora et labora” viene ridotto al minimo “labora”. Cluny 3) stretto controllo sulla Chiesa. Ha una politica con cui favorisce il potere dei grandi ecclesiastici e sottrae competenze ai duchi per rafforzare i vescovi. Così frena la dinastizzazione perché i preti e monaci non possono avere figli che subentrassero nella carica. Alla morte di ogni vescovo i loro territori tornavano sotto l’imperatore. 4) Questo controllo che Ottone esercita sulla chiesa è talmente fondamentale per l'equilibrio interno che il re lo vuole rafforzare assumendo il controllo del papato. Il capo della chiesa deve tornare a essere l’imperatore. Ottone è re di Germania, non imperatore. Quindi nel 961 conquista l’Italia e si fa proclamare imperatore. Nel 962 emana un documento che condizionerà la vita dell'occidente per il secolo successivo: il privilegio di Ottone, una donazione alla chiesa con cui concede al papa una serie di terre e chiese, ma in cambio il papa dovrebbe giurare all'imperatore che non abuserà dei titoli e non tratterà male il suo clero. Quando verrà eletto il papa ci saranno due messi che presidieranno, e il papa giurerà fedeltà ai due messi. Si ripropone la situazione carolingia di un papato a servizio dell'impero ma in maniera ancora più stringente. La rinascita di Bisanzio Questo cambiamento ha una conseguenza sui destini dell'Europa. Ottone guarda al Mediterraneo e all’impero bizantino (impero d'oriente). Nel Mediterraneo sta succedendo di tutto. Di fatto il tentativo del figlio di Ottone | di impadronirsi del meridione d’Italia fallisce grazie agli arabi, ma riesce l'alleanza con l'impero bizantino attraverso il matrimonio con una principessa. Ottone III quando alla fine del X secolo prende il potere, conduce una politica molto basata sull'Italia, infatti affascina gli storici italiani ed è disprezzato da quelli tedeschi. Muore giovane e senza figli. Il potere passa al cugino Enrico di Baviera. La politica occidentale di Ottone III fallisce, ma Ottone e il papa Silvestro Il hanno una grande importanza perché uno degli aspetti meno considerati dell'impero ottoniano è la vivace attività missionaria che l'impero (chiamato Sacro romano impero germanico) conduce nei territori circostanti, ed entra in concorrenza con l’attività di evangelizzazione degli imperatori d'oriente. È importante perché la conversione non è solo un fatto religioso, ma culturale e politico. Quando un re si fa battezzare, la conversione significa adozione di lingua latina, alfabeto latino, poi i monaci, sacerdoti e vescovi portano con sé il patrimonio culturale anche dell’impero romano. Significava anche entrare in un contesto politico. Quindi convertirsi al cattolicesimo voleva dire entrare nella sfera dell'impero d’occidente, al cristianesimo ortodosso nella sfera dell’impero d'oriente. Gli Ottoni avevano convertito la Danimarca e parte della Svezia e Norvegia. Harald dente azzurro si converte al cattolicesimo e questo porta alla fine della percezione di Vichinghi come incursori e l'ingresso della Scandinavia del gioco politico dell’occidente. Non significa che non ci siano più guerra ma ad esempio che non si riduce più in schiavitù. Ottone IIl nomina papa uno dei più grandi intellettuali, Gerberto d’Aurillac, che risiedeva in Spagna e conosceva l'arabo. Questo acculturato prende il nome di Silvestro Il. Silvestro l era il papa di Costantino. Questo nell’ideologia di Ottone III dovrebbe segnare un nuovo inizio. La collaborazione tra i due ottiene: - La conversione dei polacchi con la nascita del Regno di Polonia - La conversione degli ungheresi con la nascita del Regno d'Ungheria Nel frattempo i missionari bizantini ottengono un successo con la conversione del Principato di Kiev, sostanzialmente della Russia. Viene introdotto il cirillico, che è usato ancora oggi. | confini orientali dell'Europa, della cristianità, si spostano di centinaia di chilometri verso oriente. In particolare la zona del Regno d'Ungheria era sempre stata la culla dei problemi per l'occidente: da lì venivano i Longobardi, si erano stanziati gli Unni e gli Ungari, e da lì venivano gli Avari. La nascita di un regno stabile e cattolico crea una sorta di cuscinetto, quindi la minaccia dei popoli delle steppe (che continuano a esserci) si esauriva su polacchi e ungheresi. L'Europa diventa più sicura anche perché nel Mediterraneo viene ripresa la politica militare dell'impero bizantino e l’arrivo dei Normanni. Mercoledì 6 ottobre L’ultimo grande atto espansivo del mondo islamico avviene con la conquista della Sicilia, che avviene fra gli anni ’30 dell’800 quando una spedizione araba approda e comincia la conquista, lentissima perché dura circa un secolo, con una lunga avanzata che parte da ovest e si estende verso est. L'impero bizantino non ha la Sicilia fra i centri di interesse quindi non vi concentra abbastanza forze da cacciare gli islamici, ma è abbastanza forte da resistere a lungo. La conquista va ricordata per: - Nascita di un emirato in Sicilia (governatorato che formalmente riconosce l’autorità del califfo ma di fatto è indipendente) con capitale Palermo e porta avanti una politica di arabizzazione dell’isola abbastanza sentito. Non è chiaro cosa succeda, però la Sicilia entra in pieno nel mondo islamico e diventa una terra molto ricca perché funge da chiave per i rapporti fra gli stati arabi del Mediterraneo occidentale (Cordoba e Maghreb) e il Mediterraneo orientale. Palermo diventa una metropoli con più di 100mila abitanti e con Cordoba e Costantinopoli diventa una delle città più importanti. Lo stato di guerra però è continuo ai confini orientali. - La geografia della Sicilia cambia e arriva fino ai giorni nostri. La parte più importante, tradizionalmente era la parte orientale. Le grandi città greche, Siracusa, Messina, Taormina, Catania, erano lì. Erano le città più importanti della Sicilia romana e bizantina, mentre Palermo era in secondo piano. Il fatto che l’Emirato nasca nella metà occidentale sposta i centri di potere. Anche quando la metà orientale viene conquistata, questa centralità rimane nei secoli fino ad oggi. - La conquista araba della Sicilia ha influenza sull’Italia meridionale tutta. Partendo dalla Sicilia gli arabi tentano di conquistare l’Italia meridionale, per cui per un periodo si impadroniscono di parte della Calabria (Ottone Il viene sconfitto), di Taranto (fondano un effimero Emirato). Quindi da un lato si crea insicurezza perché comunque i rapporti con l'impero bizantino sono ostili, e il non riconoscimento fra le due religioni fa sì che i cristiani possano essere venduti come schiavi per mano degli arabi e viceversa (celebre la creazione di una base saracena tra Lazio e Campania dove per decenni gli arabi saraceni compiranno incursioni). Ma questo ruolo di centro dei commerci del mediterraneo arabo finisce con il creare un retroterra in tutta l’Italia meridionale: gli arabi di Sicilia producono, oltre a importare ed esportare merci, merci che esportano creando reti commerciali. Queste erano principalmente in mano a mercanti ebrei del Cairo. Si diffonde in Calabria e nei dintorni la coltivazione del gelso, per produrre i bachi da seta che poi vengono prodotti a Palermo. Così anche le città della Costiera Amalfitana entrano nel giro commerciale, sono città che curano l’esportazione verso la Si ilia di prodotti metallurgici, legname ecc. La conquista araba quindi è una sorta di rialzo economico per l’Italia meridionale, che tra X e XI secolo è la parte economicamente più attiva dell’Europa latina. Abbiamo altri tre grandi mutamenti nel Mediterraneo. Il più importante è la crisi del califfato di Baghdad. Il califfato si concentrava di più sulle aree orientali, sul quadro mediorientale e asiatico. Tra IX e X secolo vive una crisi legata a tre motivi: a) Conflitti in seno alla dinastia Abbasside. Le successioni sono molto difficili, e questo crea una situazione di insicurezza che favorisce l'affermazione dei “visir”, “primi ministri” che curano una serie di affari del califfo, tra cui la riscossione delle tasse, e i visir prendono sempre più potere ed esautorano i califfi. Uno degli elementi che avevano causato l’instabilità e il collasso degli Omayyaddi era il problema degli eserciti . Non si poteva porre tutta la popolazione sotto le armi, l’esercito viene rimpiazzato con un sistema composito in parte ancora basato sull’arruolamento dei sudditi islamici, in parte sul volontariato. Qui la nozione di jihad, che nasce in una dimensione spirituale (la guerra contro la tentazione per progredire nella fede), e diventa la guerra armata contro gli infedeli. Soprattutto l’esercito standard adotta la soluzione di usare non islamici, arruolati in una via di mezzo tra servitù e mercenariato. A volte venivano comprati schiavi che venivano arruolati (soluzione spagnola contro gli slavi). In oriente si ricorre ai Turchi, una popolazione non islamica, che vive nelle steppe dell’Asia centrale. Questo finisce con introdurre un altro fattore di destabilizzazione: quando i turchi cominciano a convertirsi vogliono un ruolo attivo nella vita pubblica, nel corso del X secolo assediamo Baghdad e si fanno “protettori” dei califfi esautorando i visir. Questo fa perdere al califfato il controllo sulle periferie. Affermazione di potenze rivali e nemiche del califfato. Da un lato l’indebolimento rafforza gli Omayyaddi di Spagna, che si proclama califfato all’inizio del X secolo. Offre un califfato alternativo a chi non si riconosceva più in quello di Baghdad. Nasce un terzo califfato sciita (questa è la vera rivoluzione) ma negli anni ‘30/’40 del X secolo, nella zona dell’attuale Tunisia, nasce un movimento sciita ai quali si convertono molte popolazioni berbere, che prende il nome di Fatimi i. Il capo del movimento si chiama Ihmam, che di fatto nella loro interpretazione equivale a califfo. Assomma i poteri temporali e spirituali, capo supremo dell’Islam. | Fatimidi si impadroniscono di tutta la costa africana dalla Tunisia all'Egitto. L'Egitto è una regione ricchissima, popolatissima, controllarla dà una fortissima base economica, demografica e militare. Fondano una nuova capitale, il Cairo, e dall’Egitto lanciano spedizioni verso oriente per prendere Baghdad (che non riescono). Alla soglia dell’anno mille, il quadro Mediterraneo dell’Islam è dato da questa frattura tra tre califfati: quello di Baghdad, l’unico strumento per aumentare la produzione avrebbe un effetto devastante. Mentre nell’800 si presentava questa opzione come un progresso, adesso ci rendiamo conto del fatto che una eccessiva espansione a danno dell’incolto causa squilibri molto gravi. Non solo per la biodiversità, gli spazi selvatici, ma in realtà perché da un lato l’incolto non è improduttivo ma produce altre cose, quindi il taglio del bosco porta a carenza di legname, non si può cacciare, si riduce lo spazio per gli animali, dall’altro le conseguenze sono anche geologiche: il terreno è vulnerabile, si riscalda ulteriormente. Alcuni studiosi del clima hanno parlato dell’accentuazione della stagione calda medievale a causa della deforestazione che ha aumentato la C02. Se l'aumento della produzione fosse stato esclusivamente legato all'espansione dei coltivi non sarebbe potuta durare tre secoli. Miglioramenti tecnici Ci sono miglioramenti tecnici, due innovazioni principali. La prima è l'introduzione del cavallo come animale da traino, la seconda la complicazione dell’uso dell’aratro. L’aratro è un attrezzo con cui si ricavano solchi nella terra dove si getta poi il seme. Oltre alla lama viene introdotta una seconda lama che ribalta ulteriormente le zolle spostate per far scendere il seme più a fondo. AI suo fianco l’introduzione della rotazione triennale: la terra non può venire troppo sfruttata perché si impoverisce di elementi nutritivi. Il problema si poneva fino all’800, quando l’industria chimica ha sintetizzato grandi quantità di concimi. Bisognava consentire alla terra di riprendersi: si coltivava un anno sì e uno no. | campi erano divisi in due, una metà si coltivava gli anni pari e l’altra metà gli anni dispari. In più questa terra lasciata a riposo, a maggese, veniva fatto deporre il letame degli animali. L'innovazione è l'introduzione della rotazione triennale: si scopre che non tutti i grani consumano lo stesso tipo di sali minerali, ma che i grani estivi ne consumano alcuni e quelli invernali altri. C'è il grano che si miete a giugno e quello che si miete a ottobre. L’idea è usare un terzo del campo per alcuni grani, un terzo per quelli che consumano altre risorse, e poi lasciarlo a riposare. Il campo è diviso in tre e si riduce la superficie incolta. Tutto questo provoca aumento della produttività, ma si deve contestualizzare. Il sistema funziona solo nell’Europa settentrionale e in parte in Pianura Padana perché in gran parte d’Italia che è collinare non si può usare il cavallo ma il bue. Per cui l'adozione del cavallo come animale da tiro (innovazione studiata dagli inglesi) funzionava da poche parti. L’aratro versorio non si poteva usare ad esempio in Puglia. Per cui queste innovazioni hanno avuto un impatto geograficamente limitato. La tripartizione dei grani a sua volta (inventata già dai carolingi) è stata adottata con una certa prudenza: il miglioramento è relativo, si passa da metà a un terzo della superficie, quindi si ha un sesto di aumento di produzione (non molto). E si perdeva in qualità. L’idea che i contadini medievali fossero degli ignoranti fa quindi parte della lettura primitivi sta del medioevo. La produttività aumenta, un po’ perché l’arricchimento generale della società permette maggiori risorse: viene introdotto l’ertice, macchina con lame che lavora il terreno e sostituisce gli zappatori. Gli attrezzi sono costruiti in metallo e non più in legno, si selezionano i grani, si praticano innesti sulle piante, si commercia (a partire dal XII secolo). Ci sono dunque specializzazioni produttive. L’espansione dell’habitat: le “villenove” Lo sviluppo della popolazione e delle coltivazioni porta al moltiplicarsi dei villaggi: da un lato la popolazione cresce, quindi si moltiplicano gli insediamenti, e in molti casi è più conveniente fondare nuovi villaggi nelle zone che si stanno bonificando. È più comodo uscire di casa ed arrivare già al campo da coltivare. Molto spesso le città si sdoppiano o ne nascono di nuove per supportare l'estensione dei coltivi. Queste località a volta prendono dei nomi di fondatori, santi, cappelle. In altri casi si deforma il nome del villaggio originali (Robecco-Robecchetto, Osio superiore-Osio inferiore, Borgo di sopra-Borgo di sotto). Ma la cosa più semplice è chiamarlo “villaggio nuovo”, da cui in italiano condensato in “villa nuova” o “borgo novo”, qui “ville neuve”, “villa nueva”, e via così. Questa novità cambia proprio il paesaggio agricolo e la rete di insediamento umano nelle campagne. Questo sviluppo ha anche conseguenze sulle città. Mercoledì 7 ottobre La crescita delle città Una crescita degli spazi ma anche della ricchezza della città, che è in grado di attirare nobili dalle campagne e funziona da centro produttore di ricchezze dalle campagne. Qua si trovano alcuni prodotti. Non tutta la ricchezza arriva sotto forma di affitti, ma la città è anche un mercato e quindi i contadini possono vendere i loro prodotti. Questa vendita dinamicizza anche le campagne: si sviluppano coltivazioni specializzate per rispondere ai bisogni delle città (per esempio il vino). Il vino era molto leggero e non invecchiava, era un bene prezioso. Si beveva solo il vino dell’anno stesso. Si spremeva l’uva pigiandola, e questa prima spremitura era la migliore. Quello che rimaneva si riempiva d’acqua e si passava al torchio: seconda spremitura. Si beveva tanto vino perché dava un apporto calorico, era una maniera per affiancare al cibo un ulteriore sapore ed energia. La capacità di bere dei cittadini faceva sì che attorno le città si sviluppassero le vigne, i frutteti, si adottassero soluzioni innovative per l'allevamento. Milano, che era forse la città più grande d'Europa, non solo aveva moltissimi abitanti ma anche di animali. C'erano migliaia di muli, cavalli, sia per la cavalleria sia per i commerci, il trasporto. Quindi gli animali mangiano molto fieno e bisogna trovare la maniera di coltivarlo: scavare i canali. La parte sud di Milano è zona di risorgive, argillosa, e tra XI e XV secolo c’è una poderosa operazione che tra Milano, Pavia e Lodi rende ricchissima la zona, con lo scavo di canali. La motivazione era la grande redditività che era vendere il fieno. Le città quindi assorbono ricchezza ma la generano anche. La rinascita dei commerci: il Mediterraneo In più le città diventano i centri di grandi itinerari internazionali. I commerci non si erano arrestati. Quando ci occupiamo di commercio il grosso problema è l'impatto che le spese di trasporto hanno sul prezzo finale della merce. Adesso queste spese sono ridotte di molto, ma all’epoca il problema era sentito. Dove c’è acqua è abbastanza facile trasportare, le navi sono più economiche, ma su terra è difficile. Era redditizio trasportare solo merci costose e poco ingombranti, il che significa prodotti esotici di lusso. Ossia soprattutto tessuti di seta (che in occidente non si sapevano fare, impareranno gli italiani tra XII e XIII secolo) che venivano da Bisanzio, dalla Persia o dalla Cina; le spezie come pepe, zenzero, coriandolo. C'era grandissima richiesta di spezie, il pepe non cresce in area mediterranea, è importato dall’India. A lungo si è spiegato il suo successo col fatto che serviva a camuffare il sapore della carne andata a male, infatti anche ora si usa nel salame, carne insaccata e conservata a lungo. In realtà questa spiegazione è stata criticata perché il pepe non consente la conservazione (al contrario del sale): poter consumare pepe era indicatore di ricchezza e potenza. Il pepe costava molto e di fatto non era ingombrante. E, nel X secolo, nel Mediterraneo si sviluppa una congiuntura favorevole ai commerci: da un lato i conflitti interni al mondo islamico tra sunniti di Spagna, sciiti d'Egitto e sunniti mediorientali, avevano fatto allentare la presa dell'Islam sul Mediterraneo, ma l'impero d'oriente aveva messo il Mediterraneo orientale in sicurezza. Ma poi le merci dall’India risalivano il Golfo persico, da lì a Baghdad o a Bisanzio e poi in occidente. Quando i Fatimidi si impadroniscono dell’Egitto richiamano mercanti dalla rotta del Mar Rosso, quindi le merci approdavano ad Alessandria. | dazi pagati su queste merci arricchiscono gli sciiti, ma arricchiscono anche gli italiani. Mentre su mercati orientali si muovo mercanti persiani e greci che controllano i mercati, Alessandria è un mercato nuovo. Gli egiziani di loro commerciano nell’altra direzione. Quindi i contatti con il mercato europeo, in piena crescita, sono garantiti dai mercati italiani. Amalfitani, veneziani e poi, dalla seconda metà del XI secolo anche pisani e genovesi, che inizialmente fanno i pirati (saccheggiano la costa africana), poi acquistano merci nei porti di Tunisi, Valencia, Marocco, dove acquistano merci come pelli e avorio. Poi si apre ai mercanti europei l’oriente soprattutto in occasione delle crociate. Il Mediterraneo diventa il cuore di un'intensa rete commerciale che con i secoli diventa anche il cuore di una serie di commerci di merci pesanti: si sviluppano le tecniche di costruzione navale, si comincia a importare il grano dal Mar Nero. La Lega Anseatica Più tardi si sviluppano i commerci anche in Europa settentrionale, coinvolgendo il Mar del Nord, il Baltico e, attraverso i grandi fiumi, le pianure russe che commerciano con Mar Nero e Mar Baltico. Un’asse inizialmente marginale, la merce più importante sono le pellicce. Quest’asse del Mare del Nord dove nasce la Lega Anseatica, diventa importante quando l’Europa comincia a esportare oltre che importare. Tra XII e XIII secolo gli europei iniziano a produrre merci che interessano paesi mediorientali e africani: i tessuti. L'Europa ha una grande industria tessile, dovuta a qualità della materia prima (in Africa e Medio Oriente allevare pecore non è facile, quindi la lana europea è migliore, ma ancora meglio quella inglese). L'Inghilterra diventa produttore di lana di qualità, esportata nelle Fiandre, dove viene lavorata e tessuta. | tessuti di lana delle Fiandre venivano commerciate attraverso un asse commerciale che risaliva il Rodano o il Reno e che aveva il cuore nelle fiere della Champagne (regione vicino Parigi), dove si vendevano prodotti dall’oriente, si acquistava lana fiamminga, che era portata poi in Italia dove veniva raffinati, rilavorata, tinta e riesportata in oriente in cambio di spezie e tessuti. Un altro fattore: i panni in Europa costano meno perché i salari sono bassi, data l'elevata popolazione. L'altro grande prodotto in cui si specializza è il cotone, prodotto in Egitto o Siria, rilavorato in Italia e riesportato. Le manifatture, le tecnologie sono stimolate, quindi si sviluppa l'economia ma anche il sapere. La crescita economica comporta da un lato, dal punto di vista pratico, il bisogno di trovare un terreno comune. Sapere che più o meno il trattamento degli stessi reati negli stessi paesi sarà Tra i non primogeniti, qualcuno fa la carriera ecclesiastica, ma i cadetti quella militare. Ciò vuol dire imparare a combattere, avere un cavallo, e andare all'avventura. L'Europa vede un sacco di giovani, nobili, in cerca di qualcosa che li faccia guadagnare. È la nascita della cavalleria. Questa manovra è indispensabile per le guerre di conquista. Le ricchezze siciliane, mediorientali, spagnole, serviranno a moderare questa pressione demografica dei giovani. Lunedì 11 ottobre La Riforma Gregoriana e la lotta per le investiture Nel corso del XI secolo, inizio XII, nasce o comincia a nascere la Chiesa Cattolica come la intendiamo oggi: un’organizzazione gerarchica e al cui capo c'è il papa, con poteri quasi assoluti. La Riforma detterà i modi di vita della religione e anche della vita sociale di tutta Europa. La chiesa altomedievale è un organismo diverso da quello di oggi e, quando c’è un impero efficace e con struttura gerarchica, al suo capo c'è l’imperatore. Prima della riforma carolingia a capo c’era il re. Poi si perde questa gerarchizzazione e la chiesa diventa un arcipelago di poteri separati. Il papa non è il capo della chiesa in senso amministrativo, quindi per tutto questo millennio non ha poteri effettivi al di fuori della diocesi di Roma. Se un vescovo non fa bene il suo dovere, il papa non può fargli niente. AI massimo può riunire un sinodo di vescovi che deciderà cosa fare. Ma la posizione del papa è solo quella di prestigio: Roma è la sede più prestigiosa d’occidente, il papa è il successore di San Pietro e San Paolo, quindi è un personaggio con un’influenza morale molto forte ma non ha poteri. Questa influenza è molto legata dalla situazione contingente: nella prima metà del X secolo anche questa autorità morale va un po’ persa. Agli inizi dell’XI secolo si sente la necessità di risolvere questa situazione e ci sono una serie di spinte verso una riforma generale della Chiesa, che hanno diverse motivazioni. In generale si basano su un problema, la cattiva qualità del clero. | preti e i vescovi, essendo sempre più spesso scelti da famiglie potenti del luogo che dovevano rispondere a interessi pratici e non spirituali, avevano una modesta dimensione spirituale e spesso erano ignoranti. Questo pone un problema: nel passato i rapporti fra questo mondo e l’oltre mondo erano molto più stretti, mentre noi rimuoviamo l’idea della morte e semplicemente la società si rifiuta di accettarla, la morte è estremamente presente nell’Ancien Regime. C'è un fondo robusto di credenze che si giocano sulla necessità per i vivi di garantirsi la salvezza dopo la morte, ed evitare che le potenze sovra mondane influiscano negativamente sulla morte. Per fare ciò ci vuole un gruppo di persone in grado di gestire questo dialogo tra i due mondi. Queste persone sono i sacerdoti. Se questi agiscono male è a rischio la salute concreta del mondo, potrebbe significare cattivi raccolti, epidemie. Avere una classe sacerdotale all’altezza del compito delicatissimo di gestire i rapporti tra mondo umano ed extraumano è una sentita necessità. La qualità del clero era quindi considerata una necessità sia dai potenti sia per il popolo, e nel X secolo era arrivata a un punto basso. La bassa qualità pone un problema agli imperatori (per il governo), al popolo (si vede minacciato), alla Chiesa stessa (nella quale comunque esiste un nucleo di uomini di cultura che conserva la memoria che la chiesa ha una dimensione universale, sovralocale, e una missione). In questo clima maturano una serie di spinte verso la necessità di una riforma del clero, che muovono da stimoli diversi e non hanno sempre gli stessi obiettivi. La curia romana poi riuscirà a indirizzare verso un preciso modello di riforma. 1) Lariforma imperiale. Se l'impero aveva bisogno di una chiesa affidabile aveva anche lo strumento per promuoverla: il controllo sull’elezione del papa dato all'impero dal privilegium otonis. Ne consegue che la riforma imperiale tenderà a controllare il potere del papa. In effetti, nella prima metà del XI secolo, gli imperatori (Enrico III) nominano una serie di papi tedeschi con doti culturali e morali molto più forti dei papi precedenti, sfruttando il fatto che le riforme ottoniane avevano portato in Germania centri importanti da cui attingere. Il caso più famoso è quello di Leone IX, papa tedesco che comincia una dei grandi filoni della riforma: la lotta alla simonìa. La simonia, dalla figura di Simon Pietro che aveva cercato di acquistare la capacità di fare miracoli, sarebbe la compravendita di cariche ecclesiastiche. Prassi che si era affermata nel corso del X e XI secolo perché la trasformazione delle cariche ecclesiastiche in cariche mondane induceva le grandi famiglie a trattarle come cariche pubbliche. Siccome un minimo di gerarchia rimaneva, ecco che i vescovi molto spesso accettano candidature di basso livello in cambio di denaro. Particolarmente noto agli inizi del XI secolo Guida da Velate che a Milano aveva affisso alla sua porta il tariffario. Questo non soltanto abbassava la qualità del sacerdozio, ma anche disarticolava il controllo, perché una volta pagata la somma le persone non rispondevano più ai vescovi. | vescovi spesso compravano la loro carica a loro volta. Leone IX riunisce dei sinodi, assemblee di vescovi, facendo pronunciare la condanna per queste pratiche. 2) La riforma monastica. La riforma imperiale cozzerà contro la riforma voluta dalla curia romana ma si innesta su un’altra grande spinta che viene dal basso, che si articola su un punto. In questa crisi chi aveva saputo proporsi come modello vincente di mediazione col sacro erano i monaci. Questo ha una conseguenza forte: i monaci si propongono come modello di vita religiosa (si tende a chiedere che anche i preti si comportino come i monaci). Questo vuol dire castità: ci si muove contro il concubinato, che prima era tacitamente concesso. Inoltre i monaci vivono separati dal mondo, nei monasteri. Si tende, non senza ragione, a individuare la motivazione portante della crisi del clero nell’influenza del laicato: è la commistione tra interessi dei potenti laici e clero ad abbassare la qualità del clero. Sono i signori che vogliono il “loro” parroco. Si chiede quindi che i preti diventino più santi, più simili ai monaci, e si trova la maniera di farlo nel separare sempre più i due ambiti laico ed ecclesiastico. Nel caso della riforma monastica questo si traduce nella nascita dei movimenti eremitici: monasteri che non devono essere nelle città ma dispersi sui monti, nei boschi. Separandosi fisicamente dal mondo laico, i monaci troveranno la santità. Salvo poi tornare nel mondo laico per agire, per predicare. Ordini importanti sono Cluny, Vallombrosa, Camaldoli, i Cistercensi e i Certosini. 3) La riforma popolare. Se i monaci tendono a separarsi del laicato, il laicato vuole dire la sua. La riforma popolare è anche chiamata Pataria. Un movimento di cittadini che coinvolge anche la campagne e ha il suo cuore a Milano, che a causa della cattiva qualità del clero, vogliono imporre a volte con la forza ai sacerdoti di adottare lo stile di vita monastico. È su quest'onda che a Milano viene abolito il matrimonio ecclesiastico e si passa al celibato del clero. Milano è sconvolta dalle rivolte patarine contro gli arcivescovi milanesi e viene molto abilmente cavalcato l'elemento curiale: presso la curia pontificia esistevano gruppi di intellettuali convinti della necessità della chiesa di riassumere un ruolo autonomo e universale. E questo movimento di abati e laici incentrato su Roma è quello che riesce a tirare le fila di questi movimenti. Riprende le istanze anti simoniache della riforma imperiale, la separazione tra laicato e chierici della riforma monastica, da Cluny l’idea che sia il controllo da Roma a garantire questi comportamenti, e cavalca le istanze della riforma popolare verso la moralizzazione del clero e l’idea che se l’arcivescovo di Milano è corrotto, Roma può agire su di lui. Questo gruppo guidato da un monaco ottiene nel 1059 successo quando il papa Nicolò II riforma i criteri per l'elezione pontificia. Il papa era eletto genericamente dal clero e dai nobili di Roma, sulla base di quell’istanza di allontanare l'elemento laico, Nicola stabilisce che i papi saranno eletti solo da un conclave, formato dai titolari delle più importanti chiese romane. Si esclude l’elemento laico e si identificano le chiese romane, cardini della vita religiosa della città, e i titolari di queste chiese cioè i cardinali, avranno l'esclusiva nell’elezione del papa. Questa riforma ancora oggi è esistente. Per estensione questa riforma non esclude solo la nobiltà romana ma anche l’imperatore. Nel 1075 diventa papa Ildebrando da Soana che era stato l’intellettuale, l’ispiratore delle prime tappe della riforma di Nicola II, e prende il nome di Gregorio VII. Da questo momento si parla di Riforma Gregoriana perché è colui che indirizza in maniera precisa quello che deve essere la riforma. E lo fa con un testo: il dictatus papae, “quello che ha detto il papa”. È un testo strano, sono brevi punti, brevi frasette, affermazioni molto secche, che non vengono argomentate. C'è chi ha pensato che fosse un indice, titoli articolati, ma di cui non c'è traccia. Questi articoli delineano un progetto di riforma chiarissimo. Vediamo i tre grandi punti su cui si articola la riforma: -Unicità della figura del papa. È al vertice della chiesa per volontà divina. - L’autorità assoluta non è solo morale ma concreta. Può deporre o ristabilire i vescovi. Quindi autorità amministrativa e giuridica sulla chiesa. - Il papa può delegare dei messi, che anche se di grado inferiore sono al di sopra di tutti i vescovi. Il papa quindi non risponde più all'imperatore, anzi lo può deporre. Questo documento è un ribaltamento assoluto del millennio precedente. Dall’Editto di Milano la chiesa era stata uno strumento dell’impero, ora è l’impero lo strumento della chiesa. L'impero stavolta se ne accorge. L'imperatore Enrico IV depone il papa che gli è stato infedele. Il papa, forte di quanto detto nel dictatus papae, scomunica l’imperatore. Scomunicare significa escludere lo scomunicato dal corpo della chiesa. È una funzione spirituale ma ha un conseguenza pratica: i funzionari pubblici imperiali erano legati vassallaticamente all'imperatore, il giuramento vassallatico è pronunciato sui testi sacri, se uno dei due destinatari del giuramento è fuori, il giuramento non vale più l'impero era scosso da conflitti di potere violenti, la nobiltà ne approfitta per ribellarsi a Enrico IV, Siccome che deve chiedere al papa di ritirare la scomunica. La scena si svolge a Canossa, dove il papa si era rifugiato, e Enrico IV si umilia chiedendo perdono al papa, e da un lato il papa ottiene l'umiliazione dell’imperatore, Enrico IV sconfigge i ribelli ma poi torna per vendicarsi del papa. Avviene quindi la lotta per le investiture. L'oggetto del conflitto sono i vescovi. Si chiama così perché si decide chi attribuisce il potere ai vescovi. Da Ottone I, i vescovi erano stati investiti anche di potere civile, quindi il papa governa una parte preoccupante dell’impero. L'imperatore deve divide nelle taifas, potentati locali, che premono vero sud. Inizia quella che gli spagnoli chiamano Reconquista. Però il processo è lento e lungo. Invece è importante capire cosa succede in Medio Oriente e la genesi delle Crociate. Le crociate non si capiscono senza una premessa: nascono non tanto da un’iniziativa occidentale, ma da una situazione di caos che si genera in Medio Oriente a causa dell’arrivo dei Turchi, in particolare dei Selgiudichi, raggruppamento di tribù che facevano capo a Salgiuc. | Turchi avevano assunto un ruolo sempre maggiore nel califfato di Baghdad e questo aveva portato a un’ondata di conversione. Agli inizi del XI secolo i Selgiuchidi irrompono dall’Asia centrale in Iran (Persia) e conquistano Baghdad. Non abbattono il califfato, lasciano lì il califfo ma il sultano (capo militare) si proclama protettore del califfo. Di fatto il califfo viene esautorato dalla sua autorità e il califfato passa sotto il governo dei Turchi. Per legittimare questa conquista e anche per convinzione probabilmente, i Selgiuchidi si fanno portatori di un sunnitismo molto radicale. Succedeva che i confini occidentali del califfato di Baghdad erano minacciati dai Fatimidi, impadroniti della costa palestinese, parte della Mecca e di Gerusalemme. Di fronte a questo trionfo sciita, e davanti all'avanzata dei Fatimidi, i Turchi si presentano fautori di una guerra santa contro gli eretici sciiti. Nell'ambito di questa avanzata verso ovest i Turchi entrano in contatto con l'impero bizantino e nel 1071 l’esercito bizantino viene distrutto nella battaglia di Manzikert. In questo momento l’impero bizantino corre un rischio mortale perché nel 1071 viene sconfitto dai Turchi, che riescono a prendere gran parte dell'Anatolia. Ma nello stesso 1071 cade Bari. Quindi l’impero si trova attaccato su due fronti, a est dai Turchi, a ovest dai Normanni. In più vi erano nomadi sul Danubio che facevano incursioni. Il quadro è quello di un incombente disastro. Se ne esce con l’arrivo di un abilissimo imperatore, Alessio Comneno, esponente di una grande famiglia di Costantinopoli, che con un mix di capacità militari e azione diplomatica sconfigge i nomadi e ferma gli attacchi normanni. Nel 1095 (in cui inizia il movimento crociato) l'impero bizantino ha respinto gli attacchi, mantiene la sua parte europea, ma ha solo le coste dell’Asia. In occidente di tutto ciò avviene ben poco, arrivano solo le notizie dai pellegrini di Gerusalemme. Le mete dei pellegrinaggi sono principalmente Roma, Gerusalemme e Santiago di Compostela. Due delle tre grandi mete sono anche in zone di conflitto tra cristiani e arabi. Pellegrinaggio e guerra santa hanno una serie di punti in comune. Nel 1095 collassa il dominio Selgiuchide, muore l’ultimo sultano, e scoppiano guerre civili di molte parti dell'impero che in gran parte si rendono autonome. Nascono molti sultanati, tra cui quello di Rum (Roma). Alessio Comneno si lancia alla riconquista dell'Anatolia e per farlo chiede dei mercenari all’occidente. La prima crociata 1095: siamo in piena lotta per le investiture. Alessio Comneno non sa bene a chi rivolgersi per avere i suoi mercenari e scegli di chiederli al papa. Il papa Urbano II, successore di Gregorio VII e continuatore della linea politica di contrapposizione dura alle pretese imperiale, decide di cavalcare questa richiesta e farne qualcosa di diverso: organizzare autonomamente una spedizione di guerra contro i Turchi che porti alla liberazione di Gerusalemme. Probabilmente l’idea è di dimostrare che in un momento di conflitto tra papato e impero, non c'è bisogno dell'impero. Se il papa è in grado di fare ciò senza l’imperatore, metterà a segno un colpo propagandistico fortissimo perché dimostrerà l’incapacità dell'impero. Nel 1096 Urbano Il in Francia lancia al consiglio di Clermont-Ferrand un appello perché i cavalieri occidentali prendano la via di Gerusalemme e la liberino, calcando molto sul fatto vero che durante le guerre fra Fatimidi e Turchi i pellegrinaggi erano stati interrotti, le comunità cristiane erano state perseguitate, quindi presenta i Turchi come nuovi barbari. Qui Urbano Il incontra una situazione favorevole: in occidente c'è un bacino di piccoli aristocratici, cavalieri erranti, figli cadetti, che sta rimanendo tagliato fuori dalla crescita economica che coinvolge le città e quindi è disposto a cercare fortuna in Oriente. La Crociata nasce quindi da una situazione particolare politica, sociale, religiosa. Uno dei punti forti dell'ideologia della Riforma Gregoriana era buttare fuori il laicato dalla chiesa. In realtà nel XII-XIII secolo c’è una forte richiesta del laicato di far parte della chiesa. La Crociata diventa una maniera per i laici di fare qualcosa di religioso, fare qualcosa per Cristo. Non potevano fondare monasteri quindi cercano di salvarsi l’anima combattendo una guerra santa. Infatti il papa offre la remissione dei peccati. Ma cos'è la Crociata? Una guerra santa? È una guerra santa in alcuni suoi aspetti. È bandita dall’autorità spirituale, il papa, e ha una dimensione ultraterrena per cui è “voluta da Dio” e promette ricompense spirituali ai suoi combattenti. In questo è simili ai jihad islamici, ma tutto sommato anche Bisanzio aveva una dottrina simile presentando l’impero bizantino come lo scudo di Cristo contro arabi e cristiani. Ma allora perché non è una guerra santa? Perché vuole liberare Gerusalemme. Le guerre sante di solito hanno bersagli universali: cristianizziamo il mondo, democratizziamo il mondo, ecc. Qua la guerra santa è in un solo paese. Poi degli islamici che stavano in altri luoghi la guerra non si interessa. Non è una guerra all'Islam, semplicemente una spedizione. Alcuni presentano la crociata come pellegrinaggio armato. Contro ogni previsione la crociata ha successo. L'esercito è enorme. L'arrivo dei crociati trova i Fatimidi che non si sono organizzati per la difesa e nel 1099 prendono Gerusalemme. La Crociata a quel punto sarebbe finita. Qui cambia la natura della crociata e della presenza latina in Medio Oriente. Si decide di organizzare nei territori conquistati durante la spedizione, e in quelli circostanti, i cosiddetti “stati crociati”. Viene fondato un regno di Gerusalemme che avrà come stati vassalli Tripoli (di Libia), Antiochia ed Edessa, popolati dai guerrieri latini che si fanno raggiungere dalle loro famiglie, organizzati come un regno occidentale. Viene scelta una dinastia, il primo re è Goffredo di Buglione, con una gerarchia feudale, in cui la popolazione islamica viene tollerata però senza poter accedere al potere. Questi stati crociati si inseriscono in maniera abile in un gioco politico medio orientale che vede latini, greci, turchi, arabi sunniti e arabi sciiti, intrecciare le loro relazioni volte a sostenere lo status quo. Se i turchi si facevano minacciosi poteva nascere un’alleanza tra gli altri, e via così. | stati crociati fanno così da stati cuscinetto per queste popolazioni. Inoltre, gli stati crociati invece di sfruttare Alessandria e pagare i dazi agli egiziani, cominciano a usare i porti della costa che hanno occupato e strappano ai sovrani crociati delle condizioni migliori rispetto a quelle che offrivano i califfi egiziani. Quindi avviene uno slittamento delle rotte commerciali. Crociati e islamici si combattono ma allo stesso tempo commerciano, dialogano. La Crociata diventa strutturale: comincia a ripetersi perché quando il controllo latino su Gerusalemme viene minacciato, vengono organizzate nuove spedizioni volte a sostenere i latini. Da un lato ci sono le grandi Crociate, quelle che contiamo, che si distinguono perché vi partecipano i re o gli imperatori. Ma ci sono crociati che sbarcano nei porti mediorientali, combattono per un paio d’anni e poi se ne vanno, perché il papato prende rapidamente il controllo della Crociata e gestisce il lato religioso. Ad esempio ci sono una serie di peccati per cui ai cavalieri si chiede per espiare, di fare un anno in Crociata. Altro elemento è la nascita degli ordini monastico-cavallereschi (come i Templari e gli Ospedalieri) che erano una potenza militare ed economica. | monaci, figure sante che dovevano praticare vita ascetica, qui diventano guerrieri. Nel “ora et labora” interpretano il labora come combatti. Non è una nascita facile, all’inizio il papato non ne vuole sapere perché il monaco deve essere prima di tutto pacifico. Inoltre, la grande epopea degli stati crociati dura meno di un secolo, negli anni '80 del XII secolo si afferma in Medio Oriente Saladino. Questi, che era curdo, è il protagonista di due operazioni. Gli egiziani chiamano il condottiero Saladino che si impadronisce del potere in Egitto. Saladino è sunnita, quindi la cosa più importante che fa è, alla fine degli anni 70 del XII secolo, demolire il califfato Fatimida e riportare il dominio sunnita. Saladino governava già la Siria e ottenendo anche l’Egitto è in grado di attaccare gli stati crociati. Sconfigge i cristiani e occupa Gerusalemme. Qui ci sarà la Terza Crociata, di Riccardo Cuor di Leone, che porterà al consolidamento della costa da parte dei cristiani, ma non riuscirà a riprendere Gerusalemme. La parabola comunale Nel corso del XII secolo uno degli eventi più importanti è la crescita del ruolo politico, economico, sociale, delle città. Queste hanno avuto un ruolo e una crescita importanti, sono anche protagoniste religiose. Le città italiane mercantili (le quattro repubbliche marinare) sono un supporto fondamentale alle Crociate. L'apertura delle nuove rotte facilita l'ascesa delle città e spezza il nesso con l'impero bizantino. Si aprono le porte anche a pisani e genovesi che trattano con i re di Gerusalemme. Fra XII e XIII secolo le città diventano anche realtà politica. La volontà della città di governarsi da sole è una di quegli elementi che caratterizza lo sviluppo dell’Europa nei secoli centrali del Medioevo. E la città diventa il luogo di un'elaborazione diversa del potere. L’idea che questo non derivi dall’alto ma che sia frutto del consenso pubblico. Questa era una novità, e non è un caso se quando noi parliamo di una persona dotata di diritti diciamo “cittadino”. Nell’Europa continentale, avere diritti politici si indica con questa espressione. Non in Inghilterra dove sono sudditi della regina. Questo per dire che l’esperienza dell’autogoverno cittadino non è un'esperienza italiana ma europea, anche se l’Italia è il posto dove il livello di autonomia e il controllo sul territorio raggiungono l’intensità maggiore. Perché ci sono tantissime città in Italia. In Francia, Germania o in Inghilterra dopo la caduta dell’impero carolingio il potere è prevalentemente rurale. | grandi o medi signori tendono a vivere nei castelli, fuori dalle città. Parigi è un’eccezione. Il potere e anche le grandi attività economiche nell'Europa occidentale inizialmente sono fuori dalle città. In Italia da un lato gli aristocratici continuano a vivere in città, quindi le grandi famiglie aristocratiche di solito avevano lì le loro basi, e in Italia è più forte la presa dei vescovi sulle città. Ma è un governo di tipo amministrativo, il vescovo era l’ultimo ufficiale regio che restava, quindi è un cittadino come gli altri ma ha più autorità. Come lo è ora il sindaco. abusare del suo potere perché dopo un anno torna cittadino come gli altri e può quindi essere punito. Altra cosa che sottolinea è che i consoli sono espressione di tutte le classi sociali. | consoli appartengono a tutte le categorie. Questa struttura del comune matura a poco a poco, perché spesso è una soluzione momentanea: quanto torna i vescovo legittimo ricomincia a governare questo. Tra la fine del XI e l’inizio del XII secolo i comuni sono “sperimentali”. Poi si consolidano dagli anni ’30, ma il vero salto di qualità avviene grazie a Federico Barbarossa. Federico Barbarossa La crisi ha luogo durante il periodo della lotta per le investiture che impediva all'imperatore di agire in totale libertà, ma anche dopo, quando l'impero cade in una guerra civile. Fin quando viene eletto Barbarossa, di padre Svevo e di madre Bavarese. Ha ambizioni oltremarine. Da un lato vuole fare le Crociate e consolidare i terreni in Terrasanta, ma anche riprendere Costantinopoli e riunificare l’impero. Per farlo ha bisogno di pacificare l’Italia, che è parte dell'impero dai tempi di Ottone il Grande, e le città italiane sono molto più ricche di tutto il resto dell'impero. In più c'è il problema del papa: l'impero non è scindibile dal controllo di Roma perché senza l'incoronazione pontificia Federico non è imperatore. Quindi tra il 1154 e il 1776 effettua una serie di spedizioni in Italia per sottomettere i comuni e ottenere il controllo del papato. Per quasi trent'anni il Barbarossa e la maggior parte dei comuni dell’Italia centro-settentrionali sono in guerra. Momenti fondamentali: 1158: in una dieta (assemblea di principi) vicino a Piacenza, dove c’era un proprietà regia a Roncaglia, Barbarossa detta i criteri secondo i quali vuole governare il Regno d’Italia. Emana una serie di leggi, forse anche con l’aiuto di giuristi bolognesi (attingendo al diritto romano) in cui ha particolare importanza la legge sulle regalîìe: test che definisce quali sono i poteri di competenza dell'impero e che vanno esercitati dall'impero e non dalle città. Sono ad esempio riscuotere tasse, pedaggi, battere moneta, non ci si può alleare tra città, ecc. Detta norme che limiterebbero le autonomie cittadine. 1162: sconfigge Milano che si era rifiutata di applicare i decreti di Roncaglia, la rade al suolo e approfitta di questa vittoria per imporre alle città dei governatori tedeschi. A quasi tutte le città del settentrione viene messo a capo un nobile tedesco che sopprime le autonomie territoriali. 1167: ribellione delle città padane e fondazione della Lega Lombarda (societas longobardorum). Societas dà idea di aggregazione, città che si associano; longobardorum rinvia esplicitamente al Regno dei Longobardi. Come a dire rifiutiamo l'impero e rifacciamo il Regno di Longobardia. La Societas è importante anche per la definizione istituzionale dei comuni. Viene promossa la nascita di istituzioni simili in altre città. Viene promossa la delimitazione esatta di confini tra le città. vengono regolati i criteri con cui si definisce il dominio di una città su una proprietà piuttosto che un’altra. La Lega Longobardorum è importante perché segna la maturità del comune, le città si riconoscono tra loro come soggetti pari e alleati e costituiscono il consiglio dei rettori che dovrebbe governare al posto dell’imperatore. La Lega fonda Alessandria, che è un atto dimostrativo dato che solo l'impero aveva il diritto di fondare città. La città diventa poi Alessandro III, nome del papa ostile a Barbarossa che voleva controllare la sede pontificia. 1176-76: Barbarossa fa l’ultimo tentativo per stroncare la Lega. Assedia inutilmente Alessandria e a Legnano l’imperatore viene imprevedibilmente sconfitto. Legnano è una battaglia importante e simbolica perché si vedono sul campo i due diversi concetti di potere: da un lato i tedeschi hanno solo la cavalleria perché combattere è cosa per i nobili cavalieri, quindi c'è l’imperatore, i vassalli imperiali e i cavalieri; dall'altro lato la fanteria. Legnano è la sconfitta decisiva per il Barbarossa. 1177: Tregua di Venezia, con cui Barbarossa riconosce Alessandro Ill come papa. 1183: Pace di Costanza. Accordo con cui Barbarossa concede alle città italiane margini di autonomia e l'impero si riserva un ruolo solo di supervisione in Italia. Le città possono eleggere liberamente il loro consoli, riscuotere le tasse, amministrare la giustizia, battere moneta, fare alleanze. Quindi con la Lega Lombarda e la Pace di Costanza si assume che il comune abbia raggiunto la sua piena maturità. E a cavallo tra XII e XIII secolo il modo di governare le città italiane cambia sotto una duplice spinta: l’assestarsi delle istituzioni, il controllo di territori vasti, richiedono un modo di governo articolato. C'è anche l'aumento demografico e un tumultuoso movimento sociale, per cui una quota sempre maggiore di popolazione si arricchisce ed entra nel gruppo dei milites, che a un certo punto tende a ostacolare l’accesso di nuove famiglie perché altrimenti si sarebbe diluito troppo. La conseguenza è l’organizzazione nei “non ammessi” in un’entità che si chiama popolo, e si contrappongono all’èlite chiedendo una gestione più condivisa e meno autoreferenziale. Quindi quello che era il consiglio dei consoli viene abrogato e sostituito da un podestà: un ufficiale proveniente da un’altra città, al quale viene demandato lo stesso potere che avevano i consoli (esecutivo e giudiziario). Il podestà ha carica di un anno e ha la prerogativa di essere chiamato da fuori e quindi è neutro nei confronti della città (non è neanche imparentato). Comunque viene sottoposto a un controllo stretto di una nuova istituzione: il consiglio del comune. In tutto questo questa sofisticazione del potere ha come conseguenza anche la “scritturazione”, processo per cui si tende a mettere per iscritto le diverse fasi delle procedure di governo. Fino al XII secolo si erano scritti i grandi atti, ma non tutto lo svolgimento minuto per minuto anche delle fasi preparatorie. Ora la complicazione del sistema di governo porta la necessità di testimoniare passo passo le procedure di governo, quindi grande diffusione del sistema di scrittura per certificare tutto l’iter amministrativo. Si parte dalla scrittura delle leggi, che spesso erano consuetudini, cioè cose risapute. Però da una città all’altra le leggi possono cambiare. Quando il podestà arriva in una città deve sapere le leggi, quindi queste vanno scritte in modo che il podestà abbia un testo su cui basare le sue attività. Allo stesso modo quando il consiglio prende una decisione, se il podestà poi non la rispetta, bisogna che sia scritto. Per evitare che i podestà abusassero del loro potere, alla fine del mandato, tutto quello che aveva fatto veniva passato in rassegna da una commissione e se aveva abusato del potere gli veniva trattenuta una quota dello stipendio o poteva non essere pagato. Per essere sicuri che non erano stati commessi abusi il podestà doveva scrivere tutto: registri di spese, registri delle entrate, catasto, ecc. La scritturazione è stata paragonata alla digitalizzazione dei dati. Il comune aperto Questa fase della vita comunale si esprime visivamente nella costruzione dei grandi palazzi comunali. Quasi tutte le città dell’Italia settentrionale costruiscono un palazzo pubblico nel quale ha sede il comune, perché costruire un palazzo è un atto imperiale e quindi farlo per il governo cittadino significa ancora una volta rivendicarne l'autonomia, ma anche per la loro struttura. Si chiamano broletti perché le prime assemblee avvenivano nel brolo, cioè nel prato del comune. Importanti quelli di Como, Bergamo, Milano, Venezia. Cosa caratterizza questi palazzi? Un portico o una loggia in basso, e una sala chiusa in alto, perché sono l'emblema di una città inclusiva. Tutto quello che fa il comune deve farlo sotto gli occhi della cittadinanza. La vita pubblica del comune si svolgeva sotto (assemblee, banchi dei magistrati), sopra si svolgevano procedure che dovevano rimanere segrete. La pubblicità di quello che si faceva era indispensabile per garantirne l’attendibilità. Il comune di parte | palazzi comunali di fine 200 sono molto diversi, soprattutto quelli dell’Italia centrale. Palazzo vecchio a Firenze, il Palazzo del Campo di Siena. Da notare che l’apertura alla cittadinanza scompare. Questi palazzi sono chiusi, fortificati, hanno mura, torri, hanno i merli, le caditoie (per buttare l’olio bollente o i sassi). Sono delle vere fortezze all’interno delle città. Perché questo cambiamento? Negli anni 40-50 del Duecento le città italiane vivono un cambiamento traumatico a causa di una nuova serie di guerre contro Federico Il di Svevia, nipote del Barbarossa. Federico Il dagli anni 30 agli anni 50, impone quindici anni ininterrotti di guerra durissima contro le città centro-settentrionali al fine di sottometterle per vendicare il nonno. Molto più dura rispetto a Federico I. Questa prova cambia i comuni italiani, ma se le guerre contro Federico | cambiano in meglio i comuni, quelle contro Federico Il le cambiano in peggio. Le città dal punto di vista militare vedono tutti i cittadini maschi sono combattenti per cui le città hanno migliaia di combattenti, e sono fortificate: far cadere militarmente una città è quasi impossibile. Che strumento si trova? La manipolazione della cittadinanza: si cerca di cerare nelle città blocchi di influenza che spostino politicamente la città dal capo pontificio al capo dell’impero. Il papa fa la stessa cosa e promuove partiti e gruppi di potere che facciano il contrario. | nomi tecnici sono “parte della chiesa” e “parte dell'impero”, li conosciamo come guelfi e ghibellini. La conseguenza qual è? L’aggancio ai due poteri universali porta il livello della lotta su un livello diverso. Nelle città imperiali i seguaci del papa vengono perseguitati come traditori dell'impero, accusati di lesa maestà. Il che significa la decapitazione. Quindi l'opposizione politica non è più lecita. Nel 1245 l’imperatore viene scomunicato e dichiarato eretico, quindi lo sono anche i suoi seguaci: rogo per gli eretici. Le due parti non si riconoscono più reciprocamente. Se una città è ghibellina i guelfi devono uscire e viceversa. Questo porta allo stravolgimento del concetto di cittadinanza: adesso diventa una cosa legata alla politica. Si chiama cittadino solo chi aderisce al partito dominante. Dal comune podestarile al comune di Popolo Questa cosa si complica quando, anche in conseguenza dell’indebolimento dei vecchi gruppi diligenti, il popolo che nella prima metà del Duecento aveva favorito l'affermazione del sistema corona amministrati dal re attraverso ufficiali, gli sceriffi. | Normanni utilizzano la scrittura come strumento di controllo di governo e negli anni 80 Guglielmo promuove la redazione del Domesday book (libro del giorno del giudizio): catalogazione attenta e puntuale delle proprietà regie in Inghilterra. Una capacità di azione, di indagine sul territorio, di redazione e compilazione, di conservazione, veramente imponenti. Il Domesday book è arrivato fino ad oggi ed è conservato alla torre di Londra assieme ai gioielli della corona. Ancora oggi tecnicamente l’Inghilterra è proprietà della regina. L'evoluzione inglese è quindi abbastanza simile a quella normanna, tanto che qualche anno dopo la pubblicazione di Ruggero II, anche l’Inghilterra si dà un focus di leggi, l’Editto di Clarendon, emanato da Enrico Il Plantageneto, che delinea i compiti di ufficiali e vassalli, della Chiesa. Verso la metà del XII secolo viene messo in atto un apparato fiscale che si basa sull’ufficio dello scacchiere, perché per i fare i conti si usava un abaco a forma di scacchiera. È un dato impressionante, anche questo ufficio compila una serie di documenti usati ancora oggi. Usata così la scrittura, la corona inglese diventa sempre più stabile e questo apparato di governo ne fa una delle più potenti e ricche. Solo quella normanna poteva competere per la disponibilità monetaria. Questo fa sì che tra fine XII e inizio XIII secolo si costituisce l'Impero Angioino. Quando sulla corona inglese ci sono i Plantageneti, originari dell’Angiò in Francia, la corona controlla l'Inghilterra, le coste irlandesi e la metà occidentale della Francia. Questo impero si dissolve in gran parte agli inizi del XIII secolo. Riccardo Cuor di Leone è il più importante esponente del periodo, è un figlio di questo impero, perché è nato e cresciuto in Aquitania e non parlava bene inglese probabilmente. Nel 1214 tutto si dissolve quando c’è una battaglia che decide i destini d’Europa, la battaglia di Bouvines, che vede la coalizione tra i re di Francia, il papa Innocenzo III, e indirettamente il pretendente Federico II, vincere la coalizione tra re Giovanni d’Inghilterra e Ottone IV, pretendente al trono di Germania. Dopo la battaglia che vede la sconfitta della coalizione anglo-tedesca, Giovani Senza Terra cede gran parte dei possessi e, sconfitto, deve affrontare la rivolta dell’aristocrazia inglese. Questo porta nel 1215 a un atto con cui il re riconosceva all’aristocrazia una serie di diritti e accettava di sottoporre all’approvazione dei nobili una serie di decisioni di politica estera e fiscale. Questo documento è la Magna Charta Libertatum. Gli inglesi non hanno una costituzione scritta ma da questo documento deriva la monarchia in cui il potere del re è affiancato (e limitato) da un’assemblea, prima quella degli aristocratici (convocata quando ce n’è bisogno), che diventa sempre più regolare. | Lord chiedono che venga riunita almeno una volta l’anno. Quando diventa regolare viene chiamata Parlamento. Nella seconda metà del 200 i comuni delle varie le città, prima di tutte Londra, ottengono il diritto di mandare i loro rappresentanti in Parlamento. Nascono così la Camera dei Lord e la Camera dei Comuni. La Francia di Filippo Augusto L’affermazione della monarchia francese è più tarda rispetto a quella inglese. Soprattutto nel corso del XII secolo, di fronte alla crescita economica che conosce l'Europa, le dimensioni delle piccole signorie e potentati locali diventano sempre più strette. | mercati, i produttori, gli artigiani, hanno bisogno da un lato di sicurezza, dall’altro di spazi d'azione più vasti di quelli garantiti dalla piccola signoria locale. C'è una spinta a trovare forme di coordinamento che contribuiscano ad allargare gli spazi e a garantire la pace. Se c’è una lite di confine, che esista un tribunale a cui appellarsi. La figura a cui si guarda per questo tipo di coordinamento è il re. Sebbene il re fosse un signore come gli altri aveva dalla sua l’aurea carismatica che gli veniva dalla lunga tradizione, dal controllo di Parigi, vecchia sede merovingia, una sorta di continuità del potere quasi millenaria, ma anche dal fatto di fare miracoli (re taumaturgo), e da una politica di vicinanza alla Chiesa che i re portano avanti. C'è quindi una spinta attorno al re di Francia che si concretizza in due modi: - Le città vogliono allentare il controllo dei signori locali e lo fanno assoggettandosi al re. Il re concede a queste città delle carte di libertà in cui le città accettando un magistrato regio acquisiscono autonomia. Così si fanno le quinte colonne che il re può usare per indebolire i signori locali. - La politica dei feudi oblati. Se un signore che ha tre castelli vuole legarsi alre ne dona uno. Conserva i suoi diritti e grazie ai castelli donati diventa vassallo del re. Gli deve obbedire ma se qualcuno lo aggredisce, aggredisce anche il re. Questo processo è tutt'altro che veloce, è lento e molto stentato per tutto il XII secolo, anche perché c’è la concorrenza dei re inglesi che cominciano anch'essi a fare miracoli e come protettori sono più potenti. Per cui nel 1180 i vassalli dei re d'Inghilterra sono maggiori di quelli dei re di Francia. Con la battaglia di Bouvines e con la necessità di sradicare gli eretici dal sud della Francia, si arriva alla conquista della maggior parte del regno nelle mani di Filippo Augusto. Le conquiste di Filippo vengono poi consolidate da Luigi IX. Assistiamo alla nomina di una serie di ufficiali a governare i territori, bal nord e siniscalchi al sud, e alla creazione del Parlamento. Il Parlamento di Parigi non è un'assemblea che rappresenta il popolo ma un tribunale, che può giudicare i nobili. Anche in Francia nasce la capitale, che è Parigi. Le monarchie iberiche si contraddistinguono precocemente per il fatto che, dovendo creare consenso attorno alle guerre, si creano i parlamenti, chiamati cortes. Il papato di Innocenzo III L’affermazione delle monarchie nazionali si intreccia con la competizione del papa con l’imperatore. Il papato era stato ridisegnato come monarchia con un’organizzazione centralizzata attorno al papa dalla Riforma Gregoriana. La creazione dell'apparato di governo centralizzato e che permette a Roma di controllare tutto, dalla Scozia ai territori occupati dai crociati, richiede più di un secolo. Raggiunge il culmine con Innocenzo III, papa tra la fine del XII secolo e il 1215. Innocenzo è forse il più importante dei papi medievali perché agisce a 360 gradi nell’intento di costruire il potere della monarchia papale. Da un lato ha il controllo sulla Chiesa, dall’altro il controllo sui poteri laici. Con lui nascono una serie di uffici a Roma attraverso i quali i vescovi ri, si può chiamare in devono passare. La Curia romana si articola in una serie di uffici gi giudizio il proprio vescovo. Gli archivi vaticani sono una fonte pazzesca. Nasce anche una disciplina fiscale per cui soprattutto in occasione delle crociate la Chiesa può chiedere una decima alle altre chiese da far confluire a Roma, che poi attraverso i templari affluisce ai crociati. Innocenzo III si trova a fronteggiare quella crisi che aveva portato l'eccessiva clericalizzazione della chiesa riformata a escludere i laici dalla vita spirituale. Questo contrasta col fatto che i laici chiedono fortemente di poter avere un ruolo da protagonisti nella vita religiosa. Questa richiesta aveva preso al via dall’eresia, cioè i laici si auto organizzavano fuori dalle strutture formali della chiesa, le quali li condannavano. Con Innocenzo III si affronta il problema: c’è una chiusura rigidissima che porta alla proclamazione di una crociata contro gli eretici, che proclamavano una dottrina diversa da quella di Roma. In particolare i càtari, che si rifacevano al vecchio manicheismo che diceva che il mondo materiale è una creazione del demonio. Esistevano un dio del bene e un dio del male, quest’ultimo creatore della materia, che andava rifiutata in vista di un’elevazione spirituale. Questa viene perseguitata nella maniera più dura: con i tribunali (poi Inquisizione) e col rogo. Inquisizione e rogo non sono sinonimi. L’inquisizione medievale aveva una gamma di provvedimenti: dal richiamo formale, al carcere, alla condanna morale, al rogo per chi rifiutava di abiurare. Dall’altro lato si decide di venire incontro alle esigenze del laicato per cui molte esperienze laiche vengono accettate, come gli esiliati. Innocenzo III apre a due grandi religiosi che vogliono rinnovare le forme della vita spirituale, Francesco d'Assisi e Domenico di Guzman. Non sono monaci ma frati. Francesco propugnava l’idea di un dialogo stretto col laicato, tanto è vero che nasce il terzo ordine di laici che continuano ad essere laici ma seguono regole francescane. | francescani nascono come ordine mendicante, cioè povero, perché si diffonde l’idea della povertà apostolica e, in un mondo che si arricchisce, scegliere la povertà è una via per seguire la strada degli apostoli da vicino. Si apre la strada a questi ordini che danno una maniera di vivere la vita religiosa ai laici nell’ambito dell’ortodossia. Vediamo che l’intromissione nella vita politica degli stati europei secondo la ierocrazia: dominio del sacro. Non una teocrazia in cui il detentore del potere spirituale governa anche lo stato, ma in cui i governanti temporali possono venire richiamati all'ordine affinchè la loro azione sia secondo i dettami della chiesa. Da un lato non devono abusare del loro potere, ma devono anche combatte l’eresia. Questa politica che porta Innocenzo a ottenere il giuramento di vassallaggio dal re d'Inghilterra e di Ungheria, ha la sua conseguenza più grossa in Federico Il. L’impero di Federico Il A contorno di tutta quella serie di paci con cui Barbarossa aveva chiuso, c'è anche la pace con i Normanni. Questa viene sancita dalle nozze tra il figlio ed erede al trono Enrico VI e Costanza d’Altavilla, ultima nipote di Ruggero Il. L'operazione doveva essere pacificatrice perchè Guglielmo Il aveva trent'anni mentre Costanza quaranta. Ci si aspettava che Guglielmo avrebbe assicurato la discendenza e Costanza no. Mentre invece Guglielmo muore prematuramente e Costanza dà alla luce Federico II. Enrico VI quindi rivendica la corona di Sicilia, la conquista con le armi e muore poco dopo, seguito da Costanza. Federico Il ha quattro anni. Innocenzo Ill lo prende sotto la sua protezione e lo impone prima come re di Sicilia e poi contro Ottone IV di Baviera come imperatore. E nel 1214 la sconfitta di Ottone IV a Bouvines apre a Federico la possibilità di diventare imperatore di Germania, carica che non aveva ereditato. L'imperatore viene eletto. Di fatto Federico Il si trova a rivestire tre corone. Promuove tre politiche diverse. Come re di Sicilia si fa erede della tradizione normanna e impone un controllo estremamente stretto che passa attraverso lo spostamento delle prerogative dei giustizieri, che diventano dei vice re. Nonostante la fama di re dialogante, sradica le minoranze musulmane, obbligate a trasferirsi in Tunisia o fine del 200 e gli inizi del 300, l'economia europea mostrava segni di difficoltà che a seconda delle interpretazioni hanno portato o già a una cristi prima dell’arrivo della peste, o a una stagnazione, o a un rallentamento netto della crescita. Non c’è una risposta, ciò che emerge dalle ricerche è che non esiste un’area economica così coerente per cui gli indicatori si comportano tutti nella stessa maniera. Perché? Le due spiegazioni che hanno avuto più successo sono state in primis quella marxista: il modo di produzione feudale basato sull’estorsione violenta ai danni dei contadini aveva raggiunto un punto di non ritorno, perché i contadini non avrebbero potuto sostenere la crescita. Come spiegazione è stata rifiutata perché figlia di una visione dell'economia medievale molto legata alla retorica del Medioevo, quindi all’idea di una mancanza di investimenti che invece c'erano, ecc. Nell’insieme ha avuto più successo la spiegazione maltusiana: l’interpretazione della crisi come crisi di crescita. Maltus era un economista britannico del XVIII secolo che aveva formulato una teoria secondo cui l'economia si muoveva a cicli di crescita e decrescita legati all'andamento della popolazione. Sosteneva che la popolazione cresceva in maniera esponenziale, geometrica. Il modello è quello dei conigli. Mentre nel migliore dei casi la crescita delle risorse legata a disposcamenti, miglioramenti produttivi, avrebbe garantito una progressione aritmetica. Quindi dopo un certo tempo la pressione della popolazione sarebbe aumentata in maniera tale di impedire alla stessa di sopravvivere perché le risposte non sarebbero state sufficienti. A questo punto doveva accadere una crisi “maltusiana”: ci sarebbe stata una serie di eventi catastrofici (carestie, guerre, ecc) il cui risultato sarebbe stata la riduzione della popolazione, il ritorno della popolazione entro livelli gestibili, e l'apertura di un nuovo ciclo espansivo. Questa teoria in questi termini non funziona, perché Maltus sottovaluta la capacità di crescita tecnologica, e da aristocratico sottovalutava la popolazione: non è vero che il fine ultimo della popolazione non in grado di controllare i propri istinti sarebbe stata la crescita incontrollata della popolazione. Esistevano pratiche contraccettive che conoscevano anche i contadini. In termini più ampi la teoria ha però fascino, e senza cadere nello schematismo rigido è quella che ancora oggi ha più successo. Una serie di intuizioni ci possono essere. La cosa interessante è leggere la teoria maltusiana in termini ecologici: di eccessivo sfruttamento delle risorse disponibili. Un po’ la crescita della popolazione, un po’ l'esigenza del mercato, sottopongono l'agricoltura europea a uno stress forte, che comprendiamo se guardiamo non solo all'agricoltura ma a tutto il sistema agrario come sistema integrato di coltivazione e di gestione degli incolti. La progressiva espansione dei coltivi finiva col ridurre gli spazi destinati agli incolti oltre i livelli di guardia, con conseguente deforestazione: mancava la legna quindi si disboscava ma il bosco ceduo per essere produttivo deve essere destinato al taglio di alberi giovani, e tagliare alberi giovani vuol dire tagliare alberi piccoli. Quindi settori come l'edilizia ne risentono. Altro elemento è che il bosco non produce solo legname ma anche selvaggina, quindi la caccia nel bosco, o l'allevamento, rappresentavano una risorsa importante, che viene a mancare. In queste società la caccia forniva una quantità di carne e proteine importante nell’equilibrio alimentare. La mancanza o rarefazione della possibilità di cacciare nel bosco significa un abbassamento della qualità alimentare. Un problema più ampio è il circolo vizioso dell'agricoltura: più terra coltivata > meno pascoli + meno letame (concime) > minor produttività 3 più terra coltivata tutto questo porta a una situazione insostenibile perché le terre coltivate arrivano ai limiti anche geografici, per esempio arrivano a quote elevate. La piccola era glaciale Non sappiamo se questa serie di difficoltà sarebbe stata approntata perché c'erano contromisure: importare il grano da fuori. L'apertura del Mar Nero è importante in questo senso perché le pianure che si affacciano su quel mare sono molto fertili e i costi erano ridotti. In quest'epoca si sviluppa la tecnologia navale. Ma la situazione è aggravata dal cambiamento climatico, la piccola era glaciale che vede una diminuzione significativa delle temperature medie nel corso del XIV secolo. C'è una discussione tra climatologici che attribuiscono a fattori esterni l'evento e climatologici che parlano di effetto antropico: la drammatica riduzione delle foreste che riguarda tutto il mondo con il calo della capacità degli alberi di assorbire CO2 avrebbe potuto essere una concausa prima della fase calda e poi di quella fredda. | climatologi sono d’accordo sul fatto che tra il picco dei secoli IX, X, XII, e l'età moderna, c’è un netto calo. Questo vuol dire che quell’aumento delle superfici coltivate finiva col non poter essere possibile entro certi limiti perché le temperature in altezza non rendevano possibile la coltivazione. Le zone mediterranee montuose sono in difficoltà e quelle pianeggianti anche. Quindi il contesto economico, sociale, demografico e ambientale, contribuiscono a creare queste difficoltà. La grande crisi finanziaria C’è un altro elemento che potremmo valutare in termini maltusiani. L'espansione economica ha bisogno di moneta. Se una cosa è rara è cara, se è diffusa costa poco. La moneta ha un costo e quando circola liberamente i tassi di interesse sono bassi, quando c’è una stretta finanziaria i tassi sono alti. Oggi la moneta è una convenzione, una serie di cifre che non hanno nemmeno più materialità. All'epoca il denaro era una cosa materiale che valeva per quello che c’era dentro. Un soldo d’argento valeva se c'era dentro abbastanza argento per raggiungere il valore di un soldo. L’oro ha un valore di per sé, una moneta d’oro e un lingottino d’oro dovrebbero valere la stessa cifra. Benché ci fossero queste miniere ricche e la possibilità di procurarsi l’oro (Firenze e Genova lo coniavano) lo sviluppo economico comincia a incepparsi perché la moneta diventa cara. In più lo sviluppo della rete economica e finanziaria tra Due e Trecento diventa imponente. La Chiesa e la monarchia si basano sulla collaborazione con le banche che prestano denaro. Le grandi compagnie soprattutto italiane tendono ad avere una rete di transazioni finanziarie che copre tutto l’occidente cristiano e arriva in Medio Oriente. Ma gli strumenti giuridici con cui si gestisce questo enorme traffico non sono adeguati alle dimensioni: queste società italiane che operano su questa grande scala sono organizzate col sistema a succursali, c'è un capitale dato dai soci che investono nella banca e dai “correntisti”, cioè personaggi che danno denaro alla banca perché lo investa e questo denaro viene investito. Se un investimento grosso va male, viene travolta l’intera banca. Se un grosso prestito non viene rimborsato, ecco che i soci sono impossibilitati a rifondere i piccoli investitori e devono fallire. E questo avviene più volte, in termini drammatici, negli anni 40 del 300 quando il rifiuto del re d'Inghilterra di rifondere un grande prestito travolge Bardi e Peruzzi e tutta l'economia fiorentina,. Questo problema verrà risolto nel 400, con i Medici che costruiscono la loro fortuna creando le filiali: ogni emanazione della banca di un paese ha un suo capitale autonomo e la sua amministrazione autonoma. Se il re non rifonda un prestito fallisce la filiale ma non toccherà il fondo dei Medici. La diffusione della peste (1347-1350) Spesso si parla dell’arrivo della peste come di una sorta di scherzo del destino, che avrebbe cambiato la storia europea in maniera imprevedibile e casuale. Non è un caso se la peste è arrivata in quel momento. In quel momento c'erano tute le premesse perché arrivasse una malattia catastrofica. Da un lato c’era questa rete di traffici che percorreva capillarmente Asia, Africa ed Europa, e questo voleva dire la circolazione di malattie nuove per cui non si avevano strumenti intellettuali o anticorpi per affrontarle. Lo sterminio della popolazione indigena nelle Americhe è in minima parte dovuta ai coloni europei, ma in gran parte per malattie come il morbillo che l'Europa sapeva gestire ma loro no. La peste non è la prima malattia che arriva in Europa, era stata preceduta dalla lebbra, che causa la corruzione dei tessuti, che arrivava dal Medio Oriente ma non è infettiva come la peste. La peste è terribilmente infettiva e ha un tasso di letalità elevato per cui non solo si diffonde rapidamente ma i contagiati nella maggior parte dei casi muoiono. In più quello che noi sappiamo sulla peste è dato sugli studi sulla peste che gira adesso. Ma una serie di studi dicono che la peste era una variante del ceppo peste e quindi non era del tutto uguale all’attuale iersinia pestis. È una malattia con altissima mortalità che si diffonde principalmente attraverso i roditori. Sono le pulci che infestano i roditori a trasmettere la malattia, trasmettendo da un animale all’altro l'infezione mordendoli. Le pulci preferiscono il sangue dei roditori ma quando i roditori sono morti si rivolgono all'uomo perché ha il sangue più simile. Nella variante bubbonica non si trasmette direttamente da persona a persona. La variante polmonare invece si trasmette con l’aria. L'altro elemento che fa sì che l'Europa dovesse essere colpita è che le concentrazioni urbane sono quelle in cui la convivenza tra masse di roditori e di popolazione è più stretta. Quindi la peste si muove anche coi carichi di merce, dentro cui è facile che trovino ospitalità i parassiti. Per esempio è comunemente riconosciuto che la peste esplosa nell'Asia centrale si è diffusa in tutto il Medio Oriente ed è arrivata in Europa tramite navi genovesi che arrivavano da Caffa. Probabilmente sopra sono saliti dei topi. Quindi è vero che la peste è stata una casualità storica ma una casualità dettata dall’esistenza di circostanze che preludevano una crisi. La peste stermina fra un terzo e metà della popolazione europea. Probabilmente è una media, in alcune zone infierisce particolarmente come in Toscana, in altre come la Lombardia o non è arrivata affatto (i signori di Milano avevano preso drastici provvedimenti) oppure è stata lieve. Però nell’insieme è tremenda e comporta una riduzione drastica della popolazione in tempi rapidissimi. Si diffonde in poco più di tre anni e spazza l’intera Europa. Con quali conseguenze? Nuove sensibilità Molti dicono che la peste porta nuove sensibilità. | secoli centrali del Medioevo erano stati secoli di grande ottimismo. Tutto questo subisce una battuta d’arresto. Però la società europea ha in chiave italiana al fine di costruire una rete di potentati a lui fedeli, lo fa nel nord dove promuove l’avvento dei guelfi, e lo fa nel sud. Qua nel 1282 la Sicilia si era ribellata al dominio angioino e si era data alla dinastia spagnola degli Aragona. Era nato un conflitto tra Sicilia e Napoli che proprio Bonifacio nel 1302 risolve mediando la Pace di Caltabellotta con cui i due stati si riconoscono a vicenda, quindi nasce il regno di Trinacria sull’isola e il regno di Sicilia nel continente. Tutto questo dovrebbe dargli il controllo di tutta l'isola. Ma queste ambizioni devono venir sostenute con una politica finanziaria aggressiva per cui continua a chiedere contributi alle chiese del continente. Sull’opportunità o meno che le chiese a Roma paghino o meno le tasse, entra Filippo il IV detto Il Bello, re di Francia. Lo scontro dura tra il 1301 e il 1302 ed è fondamentale. Nel suo svolgersi da Roma il papa emana due bolle, la Ausculta fili, e la Unam santam, importanti perché Bonifacio espone un progetto teocratico e dice al re di Francia che le potenze terrene sono disposte da dio e quindi il papa, essendo il vicario di dio, deve essere obbedito. Filippo il Bello per replicare crea in Francia un organismo simile al parlamento inglese, che riunisce clero, nobiltà e terzo stato da cui ottiene supporto esplicito per la sua politica contro il papa. Questi stati generali dureranno fino alla Rivoluzione francese ma non avranno mai l’importanza del parlamento inglese. C'è un episodio in cui una spedizione francese mette le mani sul papa, lo maltratta (episodio dello schiaffo), i francesi vengono cacciati dalla reazione della popolazione di Anagni, ma Bonifacio morirà poco dopo. In seguito il re di Francia tramite cardinali nel collegio cardinalizio, nel conclave, riesce a manovrare l'elezione dei papi successivi, da Clemente V che è francese e che anche di fronte alla situazione caotica di Roma, dove i Colonna avevano ripreso le armi appoggiati dai francesi ma ostacolati dalle famiglie romane, decide di spostare la curia pontificia ad Avignone. Però la collocazione ad Avignone dove viene edificato il palazzo dei papi, lega a doppio filo la curia romana alla politica francese. È il periodo che gli storici chiamano la cattività avignonese, e in cui i papi attuano scelte politiche come lo scioglimento dei templari, e questo periodo dura per una settantina d’anni. Questo eccessivo asservimento della chiesa al re di Francia è mal visto dalle altre potenze europee e dagli italiani. Dal punto di vista religioso sono anni in cui il papa è autonomo. Il grande scisma d'Occidente Il vero disastro avviene quando nel 1378 si decide di riportare la curia a Roma. Ma la decisione non è condivisa per cui il collegio si spezza in due e un gruppo di cardinali a maggioranza francese rimane in Francia ed elegge Clemente VI, un altro gruppo italiano a Roma elegge Urbano VI. | nomi dei papi sono significativi. Clemente prende il nome da Clemente V, Urbano deriva da urb e Roma è l’urbe. Il risultato è che i due collegi continueranno ad eleggere i loro papi per un quarantennio quindi nasce il grande scisma d’occidente: l’esistenza di due linee di papi con due diverse sedi. La soluzione del scisma avviene con la Pace di Costanza. Questa stagione è importante perché i due papi mirano a ottenere il maggior appoggio possibile da parte dei grandi potenti europei. In gran parte lo fanno rinunciando al controllo stretto sul clero locale costruito fra XII e XIII secolo, per cui i re tornano a farsi concedere il diritto di veto sulle nomine di vescovi, il diritto di prelevare le decime, di tassare alcuni dei beni della chiesa. Quindi la chiesa che esce dal 1418 dal punto di vista spirituale ancora governa la cristianità, dal punto di vista politico ed economico ha perso il peso che aveva prima. La chiesa del Quattrocento è un protagonista della scena politica italiana. La guerra dei 100 anni Spesso la vittoria di Filippo su Bonifacio viene presa come la vittoria degli stati nazionali sulla chiesa. In parte può esserlo, ma anche i grandi stati nazionali che si stanno formando in Occidente vivono una stagione di crisi legata alla guerra dei cento anni. In realtà sono due conflitti separati e sono due fasi di un unico conflitto, una trecentesca e una quattrocentesca. Il casus belli sono le rivendicazioni francesi sugli ultimi territori che gli inglesi avevano conservato in Francia. Dopo la battaglia di Bouvines buona parte dell'impero angioino viene disperso e gli inglesi conservano l’area di Bordeaux nel sud-ovest. I re di Francia rivendicano il territorio perché era uno stato vassallo dell’Inghilterra. C'è una prima frase tra gli anni 30 e 60 in cui l’esercito francese conosce rovinose sconfitte contro gli inglesi perché l’esercito francese ha solo cavalleria pesante mentre gli inglesi avevano ereditato un’eccellente fanteria dai Sassoni. Tra 1340 e 1360 i francesi subiscono disfatte, questo causa rivolte di contadini contro i nobili perché la guerra va male, le campagne sono sottoposte ad attacchi e razzie. La rivolta viene soffocata nel sangue e nel 1360 c’è la Pace di Bretigny che consegna agli inglesi buona parte della Francia meridionale. Agli inizi del 400 i francesi conducono una guerra a bassa intensità nel territorio inglese, e riescono a metterli in difficoltà e fargli abbandonare i territori. Qua sono i contadini inglesi a ribellarsi, per le pressioni interne ma anche perché sono stufi di pagare tasse per una guerra che va male. La guerra si potrebbe chiudere qua ma Carlo VI, re di Francia, protagonista dell’opera lenta di riconquista, impazzisce per una malattia e la sua debolezza mentale fa sì che nascano due fazioni a corte: gli armagnacchi, capeggiati dal conte d’Armagnac e i borgognoni, dal duca di Borgogna. Gli ultimi si alleano con Enrico VI, che nel 1315 a Parigi sconfigge l’esercito francese e fa incoronare suo figlio re di Inghilterra e di Francia. Sembra possibile la fusione dei due stati, ma fallisce perché è fuori tempo: ormai le contrapposizioni fra i due stati sono molto marcate e soprattutto nel Duecento con Luigi IX si è rafforzata la coscienza nazionale francese, che pensano a se stessi come una nazione. Questo fa nascere un movimento di opposizione popolare che si incarna nella figura leggendaria di Giovanna d'Arco, ragazzina del popolo che conduce una sorta di guerriglia con cittadini armati contro gli inglesi e contribuisce ad alzare il morale dell’esercito francese guidato da Carlo VII. Giovanna d’Arco viene catturata e bruciata viva ma ormai aveva invertito il corso degli eventi, Carlo VII si fa incoronare, prende Parigi e tra gli anni 30 e 40 del Quattrocento controffensive francesi portano all’espulsione degli inglesi. Nel 1453 la guerra finisce con l’ultima disfatta degli inglesi a Castillon. Solo Calais rimane enclave inglese. La guerra dei 100 anni è stato un enorme conflitto non solo per la durata ma anche perché ha coinvolto tutto il continente (Spagna, Italia). Da questa crisi escono rafforzate le due fazioni: la Francia uscendo vittoriosa si impone come la nuova potenza continentale, l'Inghilterra cade nella Guerra delle due Rose, guerra civile. La Francia, nonostante alcuni elementi di debolezza, vede un controllo molto forte sul territorio, i re disciplinano le aristocrazie, il parlamento viene rafforzato moltiplicandolo. Emerge con i caratteri di una monarchia moderna. Nei tribunali emerge la “nobiltà di toga”, l’èlite di chi ha fatto carriera, di chi è laureato in diritto. Infatti si studia il diritto romano perché è il diritto dell'impero. Questa affermazione nel 1453 è una di quelle date importanti anche per l’Italia. Tre volti della crisi dei comuni: Milano, Venezia, Firenze In Italia centro settentrionale le monarchie non ci sono. Queste convulsioni che vivono le grandi monarchie europee in Italia hanno altri protagonisti. Non l'impero ma le città. Questa stagione di difficoltà per i conflitti interni, la nuova concezione di cittadinanza, l'estrema conflittualità, crea una forte richiesta di stabilizzazione. Agli inizi del Trecento l’insicurezza raggiunge livelli altissimi e si cerca di rafforzare i vertici di governo per assicurare la pace, anche al costo della libertà. Cioè si afferma l’idea di attribuire poteri eccezionali a singole persone o singole magistrature finchè non sfuggono al controllo degli organismi comunali al fine di stabilire la pace. L'evoluzione è quella verso la signoria (da non confondere con quella fondiaria), costituzione di regimi personali e dinastici. Le vie attraverso cui i signori si prendono il potere rispondono a modelli fondamentali. Milano è l'esempio di signoria di maggior successo con i Visconti. A Milano nella seconda metà del Duecento la lotta politica si polarizza tra il popolo e i nobili e questi per avere maggiore efficienza si danno dei capi, e il popolo lo trova nella famiglia dei Della Torre e i nobili nella famiglia dei Visconti, affermatosi dal 1311. Come fa ad affermarsi una famiglia? - concessione a vita di questi poteri - il potere diventa ereditario - la famiglia cerca una fonte di legittimazione del potere esterna alla città La prima tappa è la concessione a un personaggio di poteri straordinari, in questo caso Matteo Visconti ottiene l’arbitrio, la possibilità di governare arbitrariamente al di fuori della legge. Questo succede spesso in molte città dalla seconda metà del Duecento ma è ancora un fenomeno reversibile, sono poteri limitati e compatibili con la sopravvivenza del comune. Il rafforzamento avviene in diverse tappe: spesso i signori vitalizi prima di morire riuscivano a far approvare la successione di un figlio o parente. Nasce una dinastia. È difficile che il potere cada spontaneamente a questo punto. Finchè sono i consigli del comune ad attribuire i poteri alla famiglia, possono anche toglierlo. Per cui si guarda alla possibilità di una legittimazione diversa del potere, e si guarda alla chiesa o all'impero. | Visconti si fanno nominare prima vicari imperiali, cioè rappresentati dell’imperatore in città, però è una carica momentanea. Il vero balzo è ottenere un titolo nobiliare, e Giangaleazzo Visconti nel 1395 ci arriva quando compra per una somma spropositata il titolo ducale dall'imperatore. Quindi alla fine del XIV secolo i Visconti sono duchi di Milano: da un lato il loro potere deriva dall'imperatore e non dipende dal consenso della cittadinanza, dall'altro è ereditario. Anche i Gonzaga a Mantova, marchesi, gli Este a Ferrara. La soluzione signorile è la più diffusa e in quasi tutte le città si hanno esperienze signorili. Non tutte però diventano signorie. Ci sono altri due modelli di consolidamento del governo, uno è a Venezia, dove invece del podestà c’era il doge, ufficiale che non veniva dall'esterno, era eletto tra le grandi famiglie veneziane. Il consolidamento del potere a Venezia sceglie un’altra via: creare un’oligarchia. Si dispone l’ereditarietà dei posti di consigliere comunale. Si stabilisce che solo le famiglie che fino ad allora avevano avuto consiglieri comunali avrebbero potuto esprimere altri consiglieri comunali. Così si definisce un “patriziato”, gruppo ridotto di famiglie che monopolizza la vita politica. Questa scelta
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