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Storia Medievale: Lezione 0 e Lezione 1, Appunti di Storia Medievale

Il programma dell'esame di Storia Medievale, con particolare attenzione alla conoscenza delle fonti e alle scuole di periodizzazione. La lezione 1 si concentra sulla definizione del periodo del Medioevo e sulla crisi del mondo tardo-antico, con un'analisi delle forze centrifughe che portarono alla creazione di una società multietnica e variegata nelle culture. Inoltre, viene esaminata l'erosione del Cristianesimo e il suo impatto sulla civiltà romana.

Tipologia: Appunti

2021/2022

In vendita dal 21/04/2022

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Scarica Storia Medievale: Lezione 0 e Lezione 1 e più Appunti in PDF di Storia Medievale solo su Docsity! STORIA MEDIEVALE Lez 0 Fine maggio (20-31 maggio): esame Programma: - Buona conoscenza della storia medievale generale a livello manualistico (Cortonesi) - Cronologie e ambientazioni geografiche Due scuole di periodizzazione: italo-francese e anglo-tedesco Cos’è una fonte? Quali sono le principali raccolte di fonti? Strumento su cui si costruisce la storiografia (lo scrivere la storia, un’attività intellettuale distinta dal flusso della storia, in quanto corso degli eventi). La fonte deve essere contemporanea alla figura che noi studiamo (sebbene si debba mantenere una certa elasticità verso tale contemporaneità) Lez 1 (2/02) ME è quasi indefinibile perché ad un certo punto si costituisce una società nuova: nuovo assetto culturale, religioso ed economico. Un nuovo mondo che in contemporanei non sanno come chiamare: percepivano di vivere in un’epoca faticosa e difficile. Crisi del mondo tardo-antico (IV-V secolo): il concetto di tardo-antico è relativamente recente (primi ‘900) e nasce per intuizione di uno storico dell’arte Alois Riegl (1901: conia il termine a proposito dell’arte di quei secoli). Tale termine viene percepito come più felice di quello usato sino ad allora, ossia bas empire (basso impero): tale termine è stato messo da parte dalla storiografia internazionale, perché nell’uso dell’aggettivo basso ha visto delle connotazioni negative di giudizio moralistico (bassi i costumi, la morale). Lo storiografo non deve giudicare, ma cercare di comprendere. La storiografia internazionale più recente ha riscattato il tardo-antico da un’aura di disfacimento a livello politico-istituzionale: fino a qualche decennio fa si vedeva un momento di forte crisi. Ora invece, grazie al grande apporto archeologico degli ultimi 30/40 anni. Si tratta di un periodo caratterizzato dalle ambiguità di ogni periodo di transizione. La dignità del tardo-antico è stata rivendicata con efficacia da Henri E. Malrrou. Da dove derivava tale lettura negativa del t-a? La visione catastrofica deriva da uno storico inglese del ‘700, Edward Gibbon (ricostruisce la fine di Roma sino alla caduta di Costantinopoli: Storia del declino e della caduta dell’Impero Romano: ha trasmesso il concetto di una caduta verticale e totale; mentre ora in realtà sappiamo che è tutto ben più sfumato). Si parlava di una lacerazione, mentre sembra esserci stata maggiore continuità. Bryan Ward Perkins, in un’opera di pochi anni fa tra ‘900 e 2000, ha reintrodotto il concetto gibboniano della lacerazione profonda: ha basato tale discorso su dati archeologici. - Prevalere delle forze centrifughe: Roma non è più la Roma classica del I sec., dei Cicerone e Virgilio. È sempre più sviluppata una classe sociale di latifondisti e grandi proprietari, che appartengono alla classe senatoria. Con il tempo aumenta sempre il potere dell’imperatore e diminuisce quello del Senato (gli imperatori diventano sempre più espressione della grandiosità di Roma, issati sugli scudi dall’esercito). L’esercito è sempre più fatto da provinciale (con Caracalla hanno la cittadinanza romana). Si crea una società multietnica e variegata nelle culture con influenze esterne da Roma (riferimento alla cultura greca). Il Senato è l’espressione dell’antica romana e della tradizione, del passato ( laudatores tempori facti). La civiltà romana è spaccata in due: con i conservatori che si aggrappano al senato, mentre tutto il calderone di nuove influenze all’imperatore. Imperatore e senato si 1 scontrano e piano piano i senatori, disgustati da tutto ciò, si chiudono nei loro latifondi e abbandonano la vita politica; conducono una vita separata (grandi latifondi, sia al Sud Italia sia in Oriente) e si avvantaggiano della manodopera a basso costo (aumentano le differenze sociali). Roma non è più in grado di fare guerre di conquista: roma non può più recuperare le risorse necessario dalle altre terre e non ha più nemmeno un fiorente mercato di schiavi che mandavano avanti la sua economia. Tale senatori, ritirandosi, divengono le forze centrifughe: portano fuori le risorse. Nelle campagne si ha sempre più i prevalere del latifondo e i piccoli proprietari sono schiacciati e non sono in grado di fare concorrenza. Commendatio/Patrocinium: coloro che non hanno potuto tenere il ritmo di questi cambiamenti e si sono impoveriti, si commendano, ossia si mettono nelle mani di qualcun altro (commendatio sociale: affidarsi a un potente, il quale dava il suo patrocinium, dava protezione). Tanto che si costituiscno dei piccoli staterelli che minano l’unità di Roma: si costituiscono le loro bande private (buccellari: uomini che fanno parte di queste schiere di potenti, serviti come soldati; deriva da buccella, ossia pagnotta). Ci si affida ai potenti anche per sfuggire il fisco di Roma (quando Roma entra in crisi, il governo imperiale fa gravare sui cittadini un fisco sempre più pesante; eguagliata nella sua pesantezza solo da Bisanzio). Tali latifondisti avevano dato forma a una sorta di secessione. Gli arabi sulle prime, non appena iungevano da Oriente, non conoscevano il concetto di fisco (non stupisce che i poveri si buttassero nelle loro mani). È una civiltà urbana quella romana: muratura e pietre. Le città sono in crisi: non sono scomparse, ma contraggono molto le loro possibilità, si impoveriscono. - Erosione del Cristianesimo: il C ha contribuito ad affondare la civiltà romana. Ha introdotto valori sì di eguaglianza che il mondo pagano non conosceva; ha però anche modificato la struttura di Roma, mangiandola dall’interno. Il C è stata una religione eversiva degli antichi valori (umanità e solidarietà) e ha fatto leva sui ceti sociali poveri e sulle donne (oppresse dalla società). Le Sacre Scritture non sono pronte prima della fine del II d.C.: la stria del Cristianesimo è molto difficile da ricostruire. La struttura ecclesiastica si è costituita in diversi secoli, come ci sono voluti secoli per definire la dottrina cristiana. La figura di Cristo stesso è controversa: uomo, Dio o entrambi? Emergono dalle diversi correnti nuovi profeti. Eresie cristologiche: sono nate diverse interpretazione della figura di Cristo che hanno diviso sanguinosamente i cristiani (interpretazione ariana III/IV: Ario predica il C tra i barbari in una forma che sia adatta ai barbari; per facilitare la loro comprensione non lo presenta come un Dio – in contrasto con il dogma trinitario istituito da Roma. Arianesimo nega la divinità di Cristo; monofisismo: esatto contrario, Cristo in carne e ossa è un’illusione, ha un’unica natura divina; nestorianesimo: Nestorio riprende e radicalizza la dottrina ariana: Cristo uomo in tutto che è stato prescelto da Dio). I cristiano arivvano a uccidere i pagani quando saranno religione ufficiale (Costantino): gli eserciti di Roma sono cristianizzati e pertanto vanno tenuti a bada e favorire il cristianesimo. È più redditizia una carriera nel cristianeismo nascente (divenire vescovi nelle nuove strutture, ossia le diocesi) e il cursus honorum burocratico viene abbandonato e passa in secondo piano. Eugenio di Cesarea: l’impero cristiano era nel disegno di Dio, perchè la civiltà e l’impero romano è stato voluto da Dio in funzione di amplificazione del messaggio di Cristo. Concilio di Calcedonia (450 circa): primo papa come capo della Chiesa. Cesaropapismo: Costantino cerca di legiferare anche sul mondo cristiano; imperatori che si pongono al vertice anche della struttura ecclesiastica e questo non va a vantaggio di Roma. - Barbari: questi popoli che arrivano dal Nord Europa o dall’Europa Orientale come vanno chiamati? Il termine barbaro è stato visto come una brutta parola: sostituito con Germani. Anche questa voce però è inesatta: costituiscono il ceppo più numeroso, ma ci sono 2 Da una parte vi sono coloro che hanno un’ascendenza aristocratica, figli della classe senatoria latifondista romana che si è trasferita a Bisanzio e sono cattolici-romani (dogma della trinità, consustanzialità di Cristo e gli altri dettami del vescovo di Roma). Dall’altro i self-made men, che sono diventati ricchi con le loro professioni; dal punto di vista religioso hanno contatti con l’Oriente e sono monofisiti. Le due fazioni sono molto diverse. Aurighi azzurri (per i primi) e verdi (per i secondi): i calciatori di quei tempi che sublimavano tensioni politiche molto forti. Giustiniano (527-565): 38 anni di impero sono moltissimi. Egli viene preceduto da Anastasio (490- 518: parti verdi) e Giustino (518-527: zio di Giustiniano, favorisce gli azzurri). Era nativo di Skopje. Quando esordisce come imperatore si trova di fronte la guerra civile tra azzurri e verdi. È una delle figure più abili, crudeli, privo di principi morali che non fossero l’affermazione di sé e dello stato bizantino. Giustiniano lascia fare e si mette da parte, perché ritiene che sarebbe sbagliato che l’imperatore intervenisse prendendo una parte; molto più semplice farli scontrare e quando verranno loro meno le forse arriva il colpo dell’imperatore. Ritiene che politicamente sia utile e vantaggioso sposare una donna di sentimenti versi, mentre lui è di azzurri (un Giano bifronte): sposa Teodora, donna del circo, ma molto rinomata. Quando subito dopo il 527 è riuscito a venire fuori bene dalla guerra civile, inizia a costruire i fondamenti di una vera autocrazia. Ogni opposizione a Giustiniano viene spazzata via: chiude la scuola di Atene (che possono essere pericolose), scioglie il Senato (dirige il tutto senza nemmeno consulti), viene azzerata la magistratura. Mette in corso un fisco che è efficientissimo (molto spietato): Giovanni di Cappadocia, ministro-maestro dell’esenzione fiscale. Costituisce un organismo clientelare: al vertice lui affiancato da Teodora e se si vuole fare carriera si deve essere suoi clientes, entrare tra i suoi favoriti e il tutto dipende solo da Giustiniano stesso. Massimo accentramento: tutto viene concentrato a Costantinopoli e con Giustiniano le periferie vengono dimenticate. Corpus Iuris Civilis (527-533): Giustiniano dà mandato a Tribuniano di ricostruire e riordinare l’antico diritto romano (monumento della civiltà antica), che rischiava di perdersi. Diritto romano che viene irrorato di una luce cristiana (deve venire fuori dalle secche del paganesimo come era stato fino ad allora). Il diritto occidentale poggia sul CIC con il suo nocciolo romano. Codex: costituizioni degli imperatori di Roma; Pandectae: i pareri degli antologisti; Institutiones: principi fondamentali della scienza giuridica romana da trasmettere agli allievi delle scuole; Novallae Constitutiones: nuove leggi emanate da Giustiniano stesso. Questo corpo di leggi tra XI e XII sec viene fuori come il diritto romano sia da recuperare intorno allo studium del CIC di G (e dopo 40/50 si studierà diritto canonico). G ha avuto attenzione al diritto e la sua opera avrebbe avuto una grande importanza culturale: è il fondamento del diritto europeo. Quando G fa fare tale testo non è tanto preso dal fatto culturale, quanto lo scopo politico e concreto: affermare la centralizzazione che vuole imporre a Bisanzio attraverso la sua persona. Nelle sue mani è uno strumento politico. Non a caso quando i valori del CIC si stavano per chiudere, e si sarge la notizia scoppia una grande rivolta soprattutto nelle zone periferiche (Nika 532), perché si scopre che le autonomie locali che avevano governato sino ad allora stavano per essere smantellate. Questa rivolta fa tremare le fondamenta dell’impero e viene stroncata con il sangue Belizario e Narsete, grandi generali di G, si fecero le ossa qui (porteranno avanti la guerra greco-gotica). Stimati 150 000 morti. Dopo aver sedato la rivolta di Nika, G può fare quello che vuole, ma è dovuto passare su questo tappeto di sangue. Procopio di Cesarea, biografo di G: scriveva anche segretamete la historia arcana, cioè raccontava la storia di G in controluce 8mentre sulla storia ufficiale veniva glorificato). G non tollera che in Occidente ci siano regni romani-barbarici e vuole essere il riconquistatore dell’Occidente. Egli si impegna militarmente in una colossale impresa che costò carissima a Bisanzio (in termini di uomini e denaro; alla morte di G, l’erario bizantino era spolpato). Tale riconquista è molto difficile: l’Africa con i Vandali è il primo banco di prova (Vandali vengono cancellati dalla faccia della storia); si 5 dirige poi verso la Spagna, dove si erano stanziati i Visigoti, che tra 533 e 534 viene conquista l’Iberia mediterranea; il vero obiettivo però era l’Italia con gli Ostrogoti di Teoderico (morto 526), che erano molto divisi dopo la sua morte tra il romanizzarsi o rimanere barbari. Tra il 535 e 553 G interviene in Italia e si avvale di questa spaccatura tra i Goti: guerra greco-gotica, in cui i bizantini devono sputare il sangue per averla vinta in 18 anni di scontri in una tenaglia da nord a sud che si stringe. I Goti riescono a resistere a lungo e fa vantaggio a loro la natura geografica dell’Italia, che essendo stretta e montuosa fa il gioco dei difensori. L’italia ha un tracollo demografico impressionante anche perché in quei 18 anni le condizioni climatiche sono apocalittiche. Pragmatica Sanctio (554): provvedimento di G per cui l’Italia perde ogni sua autonomia e diviene una provincia di Bisanzio e sprofonda nella spirale della storia. Tale provvedimento ha sancito la minorità politica dell’Italia, da cui non è più uscita. Costruisce grandi costruzioni: Santa Sofia a Istanbul (cuore della cristianità imperiale); nuovo palazzo imperiale: nuovo senato, terme, ippodromo. Si era scagliato contro il nestorianesimo. Prende spesso religioni in campo ecclesiastico-religioso. Imperatore cesaropapista. Vedi scisma tricapitolino Quando muore nel 565, l’erario è spolpato e Bisanzio cade in 40 anni di anarchia non essendoci nessuno che possa prenderne le veci (come accade dopo la morte di ogni grande figura). L’Italia dopo 15 viene presa in parte dai Longobardi; la penisola balcanica dopo la morte di G viene presa dagli slavi (che vengono dalla Russia e prima era latina) nel VI secolo approfittando del caos in cui è caduta Bisanzio. Eraclio (610-641): dalla Cappadocia, grande militare e riesce a risollevare le sorti di questo organismo che era precipitato nella confusione. Egli dà una nuova fisionomia all’Impero. Da Eraclio in avanti ci troviamo di fronte l’ordinamento tematico (profondo cambiamento nell’assetto dell’esercito bizantino): l’impero bizantino viene diviso in themi (corpi d’armata, stanziamenti militari fissi), a capo dei quali vengono messi strategoi (capo militare del thema). Il thema è composto da stratiotai, soldati. Strategoi e stratiotai hanno l’obbligo di risieder sul territorio che è stato loro assegnato per tutta la vita. devono stare sul territorio, perché si leghino al territorio, prendano casa, moglie e figli, cosicché lo amino e lo difendano fino alla morte. Militarmente Bisanzio si ricostituì grazie a questo nuovo assetto. Eraclio nel 627 sconfigge militarmente e distrugge i Persiani (i Sassanidi, eredi dei Parti, che i Romani non hanno mai sconfitto, anzi uccisero persino Crasso), che agli occhi dei Cristiani si erano macchiati nel 614 del peccato di aver preso Gerusalemme e hanno asportato il legno della Croce, Eraclio distrugge i Persiani, li massacra e recupera il legno della croce e da quel momento viene adorato (tanto che dai primi crociati viene visto come Primo Crociato). Eraclio si rende conto che non si può più parlare di impero romano, così si abbandona il latino e si grecizza tutto (greco diviene la lingua ufficiale dell’impero). Lo stesso Eraclio non si fa più chiamare imperatore, ma o Basileus. Ekthesis (638): monotelismo di Cristo, ossia un unico spirito, volontà, animo e doppia natura. Eraclio ha la sfortuna di imbattersi negli Arabi che lo sconfiggono e a Bisanzio Eraclio stesso viene incolpato e trascorre i suoi ultimi giorni nella vergogna. Muore malamente nel 641, dopo tanti sforzi per ricostruire le fondamenta dell’Impero. VIII dominato dalla questione dell’iconoclasmo, che porterà alla scissione delle due Chiese. L’iconoclasmo è la tendenza che viene ordinata a Bisanzio: distruggere le immagini sacre e perseguitare i monaci. In Occidente le varie esperienza monastiche sono confluite nella benedettina; mentre il monachesimo orientale ha poche somiglianze. L’oriente in questo secolo è a contatto con la cultura araba: si combattono, ma essendo a contatto per lungo tempo, ci si infuenza assolutamente. Allah per l’Islam è irrappresentabile (per la cultura ebraica Dio è un padre 6 severo, per il cristiano è buono), incommensurabile, altissimo e inarrivabile, mai Allah farebbe qualcosa per l’uomo; in arabo ci sono solo verbi passivi: tutto è mosso da Allah. Nobiltà tematica/militare: soldati intransigenti, che a contatto con il mondo islamico, sviluppano tendenze monofisite: Dio è solo Dio, non altro, non cristo. Dal momento che tale nobiltà è la difesa dell’impero e che sono così importanti e forti, il ragionamento è quello di favorirli e non contrariarli per poter contare sulla loro difesa (vanno assecondati e favoriti). Leone III Isaurico (711-741): sconfigge gli arabi (717-718), che sono arrivati alle porte della città e assediata dal mare. L’imperatore dopo mesi riesce a rompere l’assedio. È lui a dare il via all’iconoclasmo: ordine ben preciso che Leone dà per assecondarsi la nobiltà tematica, ossia di distruggere le immagini sacre e di perseguitare i monaci, svuotare i grandi monasteri. I monaci danno fastidio perché nel mondo bizantino erano troppi (circa 1/3 dell’intera popolazione maschile), avevano privilegi precisi (non pagavano imposte, non prestavano servizio militare). In più nelle province più orientali (Palestina, Sinai) i monaci imponevano culti religiosi, le popolazioni li seguivano e questi grandi monasteri prendevano iniziative politiche che andavano in senso contrario all’imperatore, formando autonomie politiche, suggestionando la popolazione. I monaci avevano troppo poteri. L’iconoclasmo dura un trentina d’anni ed è molto violento. Comincia la fuga dei monaci da queste aree verso il Sud Italia (Sicilia e Calabria). Constantino V, successore e figlio di Leone III: concilio di Erlia, che sancisce la durissima scelta iconoclasta, che viene avvallata dalla Chiesa orientale; così l’impero bizantino diviene sempre più orientale, greco, asiatico e monofisita. Tutto questo per la Chiesa di Roma è un obbrobrio e questi due mondi stanno divorziando in modo significativo. Il Papato si allontana. Quell’unità romana si rompe irreversibilmente nell’VIII secolo. Si sta creando il Medioevo, perché la cristianità occidentale di stacca da Bisanzio e la Chiesa di Roma ha bisogno di difesa: si guarda verso la Gallia, delusa da Bisanzio (marito infedeli), cerca nuova compagnia nei Franchi, che si sono già cattolicizzati con Clodoveo (V sec) e sono guidati da Carlo Magno. L’asse franco-cristiano è un aspetto fondamentale del Medioevo occidentale. Lez 3 (7/02) Ascolta primi 30 minuti Arabi Questi gruppi che vivevano in condizioni estreme avevano sviluppato un forte intento poetico (arabi apre-islamica). Tale tradizione è stata recuperata quando si è iniziato a scrivere: i testi orali sono stati messi per iscritto su pergamena. Si afferma che lo stilnovismo abbia preso molto da questa tradizione. Maometto si sforzerà di frenare questa tendenza per timore di stravolgimenti nel canone islamico. Irruzione del cambiamento in questa tradizione con Maometto (570- 8 giugno 632). La figura di Maometto ha cominciato a essere oggetto di studio solo nel ‘700: uno studioso francese nel 1730 pubblicò La vita di Maometto, Boulainviliers (è il primo analista europeo, che si rivolge alla ciltià arabo con uno spirito disinteressato di conoscenza). Prima di lui verso l’Islam e Maometto (XXVIII canto dell’Inferno: seminatore di scandalo e scismi e in quanto tali vengono divisi da una spada in due, si ricompongono e vengono ridivisi), l’europeo era pregiudicato e condannava a priori un mondo sbagliato da cima a fondo. L’Occidente nei migliore dei casi l’Islam era reputato una forma eretica del Cristianesimo e non valeva nemmeno la pena parlarne. 7 La crisi: autonomia dei gruppi militari, che divengono una casta professionalizzata e indeboliscono il potere califfale. Zandi: schiavi neri dell’Abissinia e Etiopia (rivolta degli Zandi); rivolta dei Kharmati, contadini che avevano costituito repubbliche comunistiche, che disturbavano il potere califfale: vengono sterminati in una 50ina di anni. Nel XI-X-XI secolo nascono nuovi Califfati: è la frantumazione dell’unità del potere. Non vi è più concordia e unità: in Marocco, in Algeria e Tunisia, in Egitto, quello legittimo di Baghdad e tra il 929 e il 1031 ci sarà il Califfato di Cordoba in Spagna. Segno della crisi del mondo islamico. Tracollo della potenza islamica: 1258 presa mongola di Baghdad Già le crociate avevano disturbato, ma tutto sommato erano rimaste circoscritte al Mediterraneo. I Mongoli che arrivano dall’Oriente e travolgono tutto (sarebbero arrivati anche in Europa se non fosse che il capo morì). I Mongoli non avevano mezze misure e l’ultimo califfo è stato catturato, viene fatto avvolgere in un tappeto e poi calpestato fino alla morte. L’episodio richiamò tanta attenzione da essere percepita in tutto l’Occidente. Lez 4 (9/02) Con i Longobardi è veramente iniziato il ME: diversificazioni rispetto al passato, ignoranza iniziale nei confronti di Roma e della civiltà latina (inizialmente brusca rottura con il passato). Con l’arrivo dei Longobardi nel 569 d.C. possiamo dire che il ME ha inizio almeno in Italia. Ci troviamo di fronte a una divisione: Nord-Ovest germanico e un Sud-Est bizantino. Il senso di cambiamento si presentò molto più con l’arrivo dei L che con il 476. 568 deve essere l’anno in cui si sono mossi dalla Pannonia (provincia romana che è poi diventata Ungheria) e arrivano in Italia nella primavera del 569 in Friuli. Paolo Diacono (autore Historia Longobardum)∑ tira fuori una leggenda sui lontani tempi dei Longobardi: ad un certo punto i Windili (che saranno poi L) si trovano a scontrarsi con i , in cui interviene Wotlan (Odino), dio dei Longobardi. Egli avrebbe concesso la vittoria al popolo che avrebbe scorto per primo alla luce dell’alba successiva: vide i Windili, con lunghi capelli e barbe, e le donne per via dei capelli tanto lunghi sembravano avere anche loro la barba. Chi sono questi Long Barten? La provenienza del popolo è stata incerta fino a qualche anno fa: non erano originari della Pannonio. Fonti antiche ci dicono che fecero un lungo viaggio dalla Germania/Polonia. In Finlandia si sono trovati insegnamenti chiamati Imola, toponimo diffuso in Pannonia. Giunti in Friuli, guidati dal re Alboino (stimati 200 000 individui): si muovono in gruppi sparsi, chiamati Fara. Italia semi-spopolata, fatta eccezione per la presenza dei Bizantini. Essi percorrono la pianura padana e arrivano fino a Torino con la barriera delle Alpi; discendono e seguono il tracciato della via Emilia e si portano verso la zona più orientale delle Emilia e sfruttando i passi appennini arrivano in Toscana e poco alla volta fino a Spoleto e fino a Benevento. Si tratta di una parziale conquista dell’Italia (Bizantini quando possono sbarrano loro il passo). Saccheggiano e uccidono al loro passaggio. Essi eliminano la classe senatoria che era riuscita a barcamenarsi e salvare la pelle: si tratta di una massacro di abbienti. Per i Romani era la città a regolamentare la campagna, mentre per i Longobardi è la ruralità a dare la forma alla città (Piacenza è stata a lungo governata da tre piccoli distretti militari fondati dai Longobardi). Bizantini: Rimini, Pesaro, Fano, Senigallia e Ancona: pentapoli. Tra l’esarcato e la Pentapoli c’è un collegamento con Roma che rimane bizantina: corridoio del Tevere che dal monte Fumaiolo arriva sino al Tirreno (nel corridoio bizantino correva la Flaminia). Questo corridoio venne schiacciato dalle armi longobarde, ma reisstette. I bizantini confermano Napoli, Puglia, Calabria e le 3 isole. 10 Le terre in grigio sono della Langobardia: capitale è Pavia. Il termine Langobardia viene trovato anche nel centro-sud: Langobardia minor. Le aree che restano bizantine vengono chiamate Romania, le terre della seconda Roma. Essendo il cuore Ravenna, ad oggi ha preso il nome di Romagna. Si tratta di due compartimenti cristallizzati: l’Italia viene divisa, la prima grande divisione subita dalla penisola fino al 1861. Viene fondato un regno. La struttura è molto semplice: il Re è la figura dominante; vi sono duces, poteri localizzati nei ducati. Governa il Re da Ticinum (Pavia) e nei vari territori governano i duchi. La monarchia longobarda, come tutte le monarchie germaniche, è costituzionalmente debole; perché non hanno una concezione unitaria delle cose e non hanno lo spirito organizzativo dei Romani. Non c’è un principio univoco per stabilire la successione al trono: non è mai chiaro chi debba essere il successore (a volte il guerriero ritenuto più valoroso, altre volte si adotta un principio ereditario). Altro elemento di debolezza è che il potere non ha un gran potere nelle periferie del regno (specialmente Spoleto e Benevento), dove i duchi erano autonomisti e indipendenti (facevano quello che faceva loro più comodo), spesso ribelli nei confronti del Re, che deve fronteggiare sia loro sia i Bizantini. In più vi sono irrisolutezze dal punto di vista religioso: quando i Longobardi arrivano in Italia sono o pagani o ariani (coloro che si sono cristianizzati); nel corso del tempo molto di loro si cattolicizzano. Alboino (protagonista di una leggenda romantica con Albaunda) è il re che conduce i Longobardi in Italia: muore nel 572 probabilmente per una congiura (i bizantini non sono riusciti a fermare i Longobardi, ma cercano di difendersi anche contribuendo a queste congiure). Gli succede il figlio Clefi (monarchia longobarda ancora organismo in fieri) che muore nel 574 con una sorte simile al padre. Passano dieci anni 574-584 in cui noi non conosciamo alcun Re: i Longobardi sono adespoti. Autari è la prima figura importante (584-590): egli si rende conto che la monarchia deve essere più forte rispetto agli autonomismi ducali e pertanto è necessario rafforzare la corona. Crea un demanio regio, ossia un bene territoriale su cui vige solo l’autorità della corona e il demanio viene 11 ottenuto facendosi cedere da ogni duca una piccola parte di territorio (principio di autorità sotto a questa azione). Inoltre sposa la principessa Teodolinda cattolica, che sembrava essere una sorta di discepola di Gregorio I Magno (590-604 uno dei primi grandi papi, che ha cristianizzato le isole britanniche; l’Irlanda era già stata cristianizzata da Patrizio, ma il resto da missionari inviati da questo Papa). Teodolinda comincia a introdurre il cattolicesimo romano tra i Longobardi, ma non tutti accettano. Restano ariani i guerrieri, mentre diventano cattolici i Longobardi meno legati alle tradizioni e che non sono intransigenti guerrieri, quei Longobardi che si stanziano (fanno fatica a fermarsi, sempre stati caratterizzati da semi-nomadismo). Il longobardo che si fa agricoltore diviene molto probabilmente cattolico: cambiano le loro tradizioni, la loro stessa quotidianità e spesso sposano donne latine. Questa divisione religiosa proverà una spaccatura che li indebolirà. Autari muore nel 590 e gli succede Agilulfo (590-615), sposa Teodolinda rimasta vedova, ma Agilulfo è ariano. Egli si rende conto che i due ducati centro-meridionali si stanno spostando troppo verso il versante cattolico: sono lontani dal tasso più alto di arianesimo e sono a contatto con popolazioni italiche, di cui tendono a acquisire la cultura. Agilulfo scende in questi ducati per fermare i duchi dal continuo incontro con l’influenza papale. Durante questo viaggio si rende conto che è difficile pensare di estirpare il cattolicesimo e che in qualche maniera si debba scendere a patti. Agilulfo piano piano si ammorbidisce e va incontro ai cattolici (influenzato probabilmente dalla moglie Teodolinda): egli riconosce i cattolici e dà loro una capitale, dove Teodolinda potrà governare sui cattolici: Monza diviene capitale longobarda-cattolica. Morto Agilulfo nel 615, i successivi due sovrani regnano fino al 636 (Adavoaldo cattolico, Aoaldo ariano): tali confessioni comportano stili di vita diversi e valori diversi. Rotari è il grande re Longobardo (636-652), che ha fatto il massimo sforzo per rafforzare questo popolo diviso: Editto di Rotari (643). È un grande guerriero e diviene poi anche grande legislatore. Egli riesce a conquistare Genova e la Liguria e anche la marca Trevigiana (che era nelle mani dei bizantini): era molto tempo che i Longobardi non facevano conquiste. Editto di Rotari: sono 388 norme (articoli di legge) scritte (si tratta di una rivoluzione per i Longobardi, che erano soliti a tramandarsi oralmente) non in Longobardo, ma in latino, che i suoi giuristi non padroneggiano bene (è un latinaccio spurio e brutto). Questo fa percepire la volontà di Rotari di dialogare e assorbire i valori della civiltà latina. Il diritto è romano-germanico: vengono conservate tradizioni germaniche e anche assorbite norme del mondo romano. C’è anche un istituto particolare Guidrigildo: chi viene offeso gravemente da qualcuno può essere ristorato da una somma di denaro. Questa monarchia deve essere più salda e centralizzata (altro latinizzazione): sono necessari un presupposto ideologico (il Re è re per diritto divino: non perché guerriero, non perché grande mangiatore; si tratta di un cambiamento enorme: si abbandona l’antico pantheon e ci si accosta alle Sacre Scritture; rispettando il Re si rispetta la volontà di Dio) e un’azione pratica (Gastaldo: un ispettore, che inviato dal re sui territori ducali, devono controllare e informare il re, di modo che egli possa avere tutto sotto controllo). L’editto di Rotari prevede la personalità del diritto, molto diverso dalla territorialità del diritto (concetto romano): riconosce le varie diversità regionali all’interno di una certa compagine (ci sono forme di diritto diversificate a seconda delle stirpi: con lo stato nazionale moderno vige la territorialità del diritto). L’editto prevede anche il diritto degli italici e dei latini, che hanno norme ad hoc per loro (nel romanticismo, quando in Italia ribolliva per il risorgimento nazionale, tutta la cultura italiana fremeva per questo fatto; gli storici del tempo hanno fatto una deformazione prospettiva: i Longobardi sono stati visti con gli occhi dell’800, traslando la loro lettura ideologica sugli austriaci – Alessandro Manzoni è il re di queste letture ideologiche). Se gli italici fossero stati schiavizzati (come pensavano le letture ottocentesche), non sarebbe stato menzionato un diritto per gli italici. Hermann: uomo libero 12 Bretagna e Galizia in Spagna sono di cultura celtica (il verde più chiaro non lo guardare troppo che sono i territori conquistati da Carlo Magno). I maggiordomi nel mondo franco sono i capi di palazzo poco alla volta valutano la propria figura, e arrivano a far concorrenza quasi allo stesso Re, poiché da questa figura (e dai singoli individui che fecero parte di questa famiglia) dipendevano molte delle dinamiche. Siamo nel VII secolo. Questi re franchi pipinidi-carolingi quando un secolo più tardi arriveranno al potere misero i propri biografi a screditare i re del VII secolo, come re fannulloni. Durante questo periodo sta avvedendo la grande espansione islamica; con il mondo del Medio Oriente, l’espansione islamica (vedesi Henri Pirenne: aveva capito che l’avvento islamica fa sì che gran parte dei commerci con il Medio Oriente vengano meno). C’è una grossa contrazione economica in questo secolo: la dinastia merovingia risente molto; mentre i maggiordomi di Austrasia più che sulle vie marittime del commercio, avevano puntato molto sullo sfruttamento della terra (sfera di influenza settentrionale). Questa spiega meglio perché i maggiordomi sono in ascesa, mentre i sovrani in discesa. I famosi Re fannullooni sono un prodotto della propaganda carolingia, che soppianta quella merovingia. Sotto il maggiordomo a corte stava il Simiscalco, colui che presiedeva il fisco regio; il Camerarius che era deputato al tesoro regio; il Comes stabuli, colui che sovraintende la stalla, ossia i cavalli del re (questo termine è divenuto il commestabile). Nel corso del VII secolo arriviamo al 687, come maggiordomo abbiamo Pipino di Heristal. in Piccardia a Tertry, dove avviene a una battaglia a Austrasia e Neustria, dove gli austriano hanno la meglio e conducono l’unificazione. L’unificazione in un unico blocco militare riesce più utile perché un unico cuneo militare forse dà maggiori vantaggi contro le minacce esterne, che non mancano (specialmente dalla Spagna che diventerà islamica dal 711). Carlo Magno non riuscirà mai ad assoggettare la Spagna e la Sassonia, fu sempre una patata bollente da gestire. Vi sono numerosi e grandi potentati agrari che dà vita alla conformazione territoriale che conosciamo come curtis: economia curtense, che non è da prendere come un’economia di pura e semplice sopravvivenza. Non è al livello dell’economia romana, ma nemmeno a quello della mendicità. La villa romana era il latifondo su cui sorgeva una casa sontuosa dove stava il proprietario, che presiedeva latifondi agricoli data in gestione agli schiavi catturati. La curtis poteva essere estesa come una piccola provincia di diversi ettari. Vi era un centro dove risiedeva il padrone (dominus o senior) nella sua residenza, dove vi erano tutti i servizi più importanti (stalle, granai,…). Il centro della curtis veniva chiamata pars dominica, cioè la parte del signore. La pars massaricia era abitata dai massari, contadini liberi affittuari del dominus, che forniva terre in affitto da coltivare. I coloni lavoravano la loro terra, ma dovevano dare una parte del frutto al proprietari (pagavano in natura: non è molto sviluppato il concetto di denaro, che da dopo i Romani torna nel XII-XIII secolo) e in più pagano la loro terra con la loro persona con la corvee (un servizio che bisogna fare per qualcuno). Un certo numero di giorni tutti gli anni, quest contadini dovevano andare nella pars dominica e lavorare la terra del re: erano i servizi che si dovevano fare al signore. Il numero di giorni di corvee venivano stabiliti dal signore stesso: vi sono curtes da 60 a 200 giorni l’anno. C’era una forte pressione sul ceto coloniale. Probabilmente si produceva più che per la semplice sopravvivenza: grazie agli studi archeologici, si è capito che la curtis aveva una diversa configurazione. La pars massaricia non era concentrta intorno alla pars dominica, ma era sparsa e vi era un gran via vai. La realtà era più movimentata e la produzione più alta data la presenza dei mercati, che vengono fuori quando si produce del surplus. Tale realtà era sicuramente modesta, ma non così povera e malandata come si è detto. La storiografia fino a 30 anni fa sosteneva la sola presenza delle curtes e nessuna città, mentre in realtà le città erano presenti (anche perché il sud della Francia era stato fortemente romanizzato). Questa maniera di interpretazione è stata causata da una visione errata di Henri Pirenne: egli 15 scrisse (negli anni ’20: Le città del ME 1925) che le città erano o sparite o non esistevano neanche ancora; le città dell’area euro-settentrionali sono state costruite dai mercanti in un periodo successivo. Questo può essere anche vero, ma tale paradigma viene applicato anche all’Europa mediterranea, dove in realtà le città erano state fondate da Roma. La curtis viene esportata ovunque, ma non soppianta la città (può aver oscurato al massimo qualcuna delle poche città dell’Europa settentrionale). Il dominus è il vertice economico, ma la curtis oltre a essere un’importante cellula economica, è anche una cellula politico-istituzionale-militare: si costituiscono piccole compagini agguerrite che hanno delle prerogative istituzionali, politiche. Domini amministrano la giustizia (bassa: cose di piccolo conto, frustatine; alta giustizia che riguardava la vita stessa); imponevano trivuti ai contadini, facevano guerre, concludevano tregue e paci . gli antustiones erano coloto che combattevano per il dominus (trustis: la comitiva armata del signore, da cui comitato, conte), un esercito privato. I fideles sono quelli che si accomendano al signore, che si mettono nelle sue mani. Nell’VIII secolo avviene il decollo dei Pipini: a Pipino di Heristal succede il figlio Carlo Martello (piccolo Marte), sempre come maggiordomo. Egli era una grande guerriero: sconfigge i Frisoni (attuale Olanda), i Sassoni e lega il suo nome alla battaglia di Poitiers (732 d.C.) in Aquitania: vittoria dei Franchi sui musulmani di Spagna. La battaglia di Poitiers è stata innalzata a dismisura: se n’è fatto un mito storiografico (grazie alla storiografia cattolica). L’archeologia ha dimostrato che il campo di battaglia di Poitiers (dove si è combattutto anche nella guerra dei Cent’anni) non poteva essere il luogo di una grande battaglia; in più gli Arabi quasi tutti gli anni facevano delle incursione e scorrerie oltre i Pirenei e sappiamo che i signorotti di queste terre spesso erano anche in rapporti con loro e non necessariamente bellicosi (signori locali che si alleavano con gli arabi contro altri cristiani: non era bianco e nero come ci hanno insegnato). Nel 732 gli Arabi si presero la briga di andare ben più a nord e Carlo Martello li fermò. Poitiers è caduta non troppo lontano dal 716, quando gli Arabi minacciarono Costantinopoli e quando Leone III Isaurico riesce a spezzare l’assedio arabo su Bisanzio (quella fu sì una grande battaglia). La cristianità occidentale non ha voluto essere da meno e ha gonfiato il mito di questa battaglia, che in realtà fu ben diversa. Carlo Martello è il primo che si avvale del fenomeno vassalitico-beneficiario: ossia costituirsi un esercito a cavallo con uomini a cui viene data la terra e in cambio si ricevono prestazioni militari (all’osso: concedere terra per servizio militare). CM è il primo ad adottarlo con una certa sistematicità. Si è favoleggiato molto sull’esercito franco di CM e gli si è attribuito qualcosa che in realtà non gli apparteneva: CM dio della guerra per un esercito invincibile dal punto di vista tecnologico con la staffa (ossia avere una grande stabilità a cavallo) e carica di cavalleria lancia in resta (i Franchi avevano cavalli pesanti e veloci: lancia innalzata contro il nemico mentre si corre a cavallo; la lancia viene fissata alla resta, aggancio sull’armatura dove si poteva fissare il calcio della lancia). Sono due fatti inconsistenti: hanno creato molto leggenda (Chanson de geste; Chanson de Rolande: vengono descritti ccavlieri in quella maniera lì, ma sono una deformazione prospettica dei contemporanei che scrivono: non vi erano quel tipo di armature e combattimento; sono mistificazioni che nascono dalla letteratura). A metà dell’VIII sec. Pipino il Breve ultimo maggiordomo di Austrasia riesce a cingere la corona dei Franchi isolando l’ultimo sovrano merovingio nel 751, grazie al Papato (Papa Zaccaria e poi Papa Stefano II) e ai servigi dati loro contro i Longobardi. Lez 6 (14/02) Carlo Magno (743-814) è una figura gigantesca, intorno al quale è stato creato un mito e viene citato come figura rappresentativa. Costituirà il primo impero esclusivamente cristiano della storia. La grande scuola delle annales ha insegnato a non sottovalutare le personalità, pur considerando le strutture non dare estrema attenzione alle personalità, il cui valore probabilmente andrebbe 16 recuperato. Le annales rigettavano la stesura di biografie, ma questa posizione è stata superata perché si è capito che le personalità hanno una loro influenza sul corso della storia. Non siamo certissimi, ma è una data di nascita probabile. Nel 768 egli eredita il regno dei Franchi, il cui primo re fu Pipino. Egli muore nel 768: Carlo (Magno) e Carlo Manno, che muore subito nel 771 e gli succede Carlo Magno. Egli mostra subito la sua grande attitudine guerriera: giovane sovrano guerriero che comincia subito con grande battaglie militari. Per esempio contro i Longobardi (773-774); in Baviera; nel regno degli Avari (popolazione di ceppo mongolico); in Sassonia, contro la cui popolazione vengono combattute diverse guerre. L’assoggettamento dei popoli vicini significava la cristianizzazione dei popoli vicini: CM vuole estendere il più possibile il regno della croce attraverso queste missioni di spada. I sassoni furono una popolazione molto valida dal punto di vista militare: ci vollero 4 campagne militari che si protrassero fino agli anni ’90; diedero filo da torcere con il loro celebre capo Vilichiddu. Quando i Sassoni divennero i possessori della corona imperiale, si parlerà della vendetta sui carolingi. Nel corso di una queste campagne (782, Verde), CM fece prigionieri 4000 guerrieri sassoni ai quali propose di inginocchiarsi alla croce e prendere il battesimo, ma questi non ne vogliono sapere. CM li fece decapitare tutti. Fu una cristianizzazione violenta. Il clero era militarizzato ed è tenuto a partecipare alle guerre attivamente (un vescovo che combatutta battaglia contro Islam, arrivata sera non poteva sorreggere più il suo braccio stremato dalla fatica della spada). Questo significa che il cristianesimo si espande e appare vittorioso, sempre più in espansione. Vi è sempre il solito problema dell’autonomia del Papato (fino a Gregorio VII rischierà di essere una creatura condizionata dai Franchi). L’equilibrio tra Franchi e Papato non è sempre lietamente stabile, data la forza di CM. 17 Il capitolare di Kiersy (877): a Kiersy l’imperatore Carlo il Calvo ha stabilito l’ereditarietà dei feudi più vasti. Questo significa privatizzare e smantellare quella che sarebbe potuta essere quella pubblica. Chi verrà con me, con i propri seguiti, in questa battaglia militare, se dovesse morire il suo feudo potrà essere eredità dal figlio maggiore, dopo di che si sarebbe valutato: non stabilisce l’ereditarietà, ma una sua possibilità. A Carlo il Calvo succede Carlo il Grosso (888): dominio viene assalito da tutte le parti (da nord- ovest viene assalito dai vichinghi). Il titolo imperiale dopo di lui rimane, ma non conta nulla perché privo di territorio: verrà resuscitato con un suo significato solo dagli Ottoni (962). 888-962: policentrismo delle autonomie, gran confusione fino a Ottone I. Manca Lez 7 (16/02) Sistema Vassallatico Beneficiario Lez 8 (18/02) Il periodo in cui Enrico I diviene imperatore dell’area orientale è il momento del massimo policentrismo delle autonomie: abbiamo diversi regni, potentati che nascono e muoiono ovunque. È il momento dei poteri signorili, che nascono dal basso verso l’alto (mentre il potere vassallatico- beneficiario dall’alto verso il basso). È fortissima la cifra dell’incastellamento (Germania, Francia, Italia del centro-nord): la prima parte del X sec (dalla fine del IX) sono un periodo tormentatissimo, in cui si verificano gli ultimi spostamenti di popoli. In particolare si dà la presenza di tre gruppi etnici: vichinghi (provenienti dalla Scandinavia, Islanda e Groenlandia, strepitosi navigatori: verranno poi chiamati dagli storiografi Normanni, i quali hanno a che fare anche con le coste del Mediterraneo occidentale; i vichinghi che si spostano verso la Russia sono chiamati Vareni); gli ungari (discendenti degli Unni, formidabili cavalieri e investivano la Germania meridionale, si spinsero fino in Francia e anche nella Pianura padana – Modena e Reggio Emilia più volte saccheggiate dagli ungari); i saraceni (che si differenziano dagli arabi, perché non sono popolazioni inquadrabili in un contesto istituzionale preciso, ma sono corsari che saccheggiano le coste del sud Italia, arrivando sino all’altezza di Ravenna e Rimini; arrivano anche in Costa Azzurra e in 20 Piemonte. Uno dei grandi abati di Cluny venne catturato dai saraceni). Era una situazione piuttosto confusionaria. Le fonti citano anche i Malicristiani, che molto probabilmente sono formazioni banditesche di cristiani e tutta l’area occidentale Europa (Francia, Germania e centro-nord Italia) venne devastata da questi per un secolo e mezzo. In Germania questa tensione sembrava essere maggiore. Enrico I l’Uccellatore comincia un’azione decisa per ridurre queste autonomie e il centro dell’Impero potesse divenire più credibile e tale missione viene ereditata dal figlio Ottone I (936- 973): portano avanti questa impresa di ripulire la Germania da questo particolarismo (titolo imperiale completamente privo di valore). Enrico l’Uccellatore comprende le potenzialità nella creazione di un’alleanza tra la corona della Germania e il clero: è necessario coinvolgere il clero, e far sì che sia a supporto della corona, per ottenere un potere forte. Ottone I rende istituzionalizzato il ruolo dell’alto clero: vescovi e abati vengono coinvolti in questo processo di controllo del regno. Il ruolo del clero è beneficiario della corona, ma non divengono vassalli rigidamente inquadrati in un a dipendenza dal Re (diversi da conti e marchesi che invece rispondono rigidamente al sovrano), ma costituiscono figure con una loro autonomia, che allo stesso tempo danno sostegno al sovrano che s di poter contare su di loro. La figura del vescovo-conte è stata delineata arbitrariamente dalla storiografia: la forte presenza istituzionale del clero è già consolidata forse sin dai tempi di Costantino, mentre Ottone capisce che questa alleanza di fiducia reciproca può costituire un vantaggio per la corona (non la inventa). Ma perché punta sul clero (sacralità) e non sui laici come aveva fatto Carlo Magno? Enrico e Ottone capiscono che uomini che hanno ricevuto un’investitura sacra danno più garanzie dei laici, perché questi ecclesiastici sono più facilmente controllabili: in genere conducono una vita più morigerata; i laici hanno delle schiere di figli che devono essere accontentati (spesso questi sono violenti) e creano situazioni di difficile gestibilità (problema non da poco per un potere centrale debole); non che gli ecclesiastici fossero senza figli, ma sicuramente di meno e la situazione risulta più controllabile (iniziato da Gregorio VII, poi il celibato ecclesiastico viene imposto dal concilio lateranense II e per arrivare all’obbligo assoluto si dovrà arrivare alla Riforma e al Concilio di Trento). Si salda un’alleanza tra il regno di Germania e l’alto clero tedesco: diviene un modello che si espande e si capisce che è un modello efficace). Questo processo va bene all’Impero, ma non alla Chiesa, che ci guadagna sì dal punto di vista materiale (tali esponenti ecclesiastici si arricchiscono), ma la Chiesa si mondanizza e non poco: maggiore attenzioni a feudi e rendite a discapito dei loro compiti pastorali, che saranno messi in secondo piano. Questo sistema chiedeva anche che il potere politico controllasse anche il Papa: gli Ottoni si pongono il problema di controllare l’elezione papale. Ottone I sarà imperatore solo nel 962: ambisce a divenire un nuovo Carlo Magno. Gli si prospetta una straordinaria occasione nel 955 di sconfiggere gli Ungari, classico popolo delle steppe di cavalleria leggera, da guerriglia e scorreria; ma Ottone oppone loro una forte armata, che riesce a chiuderli in uno spazio delimitato e li sconfigge nella battaglia di Lechfeld (955). Dopo questa vittoria ha tutti i titoli per ambire a essere un nuovo Carlo Magno. La vittoria di Lechfeld ha un’altra grande eocnseguenza: gli ungari cessano le invasioni e si trasformano in pochi decenni in un popolo stanziale e si stabilizzeranno in Ungheria, occupando la Pannonia romana; in più nell’anno 1000 abbiamo il primo re ungaro Stefano I che è esponente più importante degli Arpadi ungari (gli ungari si cattolicizzano e cristianizzano). Ci sarebbero già le condizioni politiche per una incoronazione imperiale, che tarderà alcuni anni. Il potere di Ottone si estende anche sull’Italia centro-settentrionale (siamo pochi anni prima del 955), in cui regna una situazione caotica. Berengario di Ivrea e Lotario II (più a sud) costituiscono i due maggiori personaggi; Berengario sconfigge e uccide Lotario, che ha come moglie una figura 21 molto importante, una certa Adelaide di borgogna, che sostenuta da una nobiltà franco-italica, chiama in Italia Ottone I, il quale interviene in Italia e sconfigge Berengario di Ivrea e si sposa con Adelaide di borgogna (circa 951: Ottone riesce a incoronarsi Re d’Italia ed è già Re di Germania). Dopo Lechfeld si avvicina alla ricostituzione della corona imperiale, ma le cose non sono ancora del tutto pronte perché in Germania avvengono delle reminiscenze di carattere autonomistico, rivolte che saranno sedate negli anni successivi. Vinte anche queste resistenze si presenta l’occasione per l’incoronazione imperiale nel 2 febbraio 962: il papa Giovanni II (25enne: il papato in quei secoli era in mano alle grandi famiglie romane che se lo contendevano come centro di potere e in questa lotta erano coinvolti individui giovanissimi: non è infrequente un papa ventenne in quel tempo) chiama in aiuto Ottone per metterlo in salvo da Berengario di Ivrea, il quale viene messo in fuga e maturano le condizioni per l’incoronazione imperiale (si ripete la storia di Carlo Magno). Ottone viene incornato imperatore di tutto il mondo cristiano. Pochi giorni dopo viene emanato il Privilegium Othonis: un documento preparato dalla cancelleria di Ottone e stabilisce che il papa debba essere eletto con il gradimento dell’Imperatore. Tale provvedimento riesuma la Constitutio Romana di Lotario nel 824, che prevedeva che il papa non può essere una figura sgradita all’Imperatore, che deve essere certo di non incontrare nel papa un avversario. La cosa non si realizzò pienamente con i carolingi, sia perché questi si sfaldarono velocemente, sia perché il papato fece sufficiente resistenza per mantenere un po’ di autonomia. Con il Privilegium Othonis fino al 1059 questo sistema viene regolamentato. Nel 962 rinasce la cerimonia dell’incoronazione imperiale, che viene realizzata a Roma: si stabilisce un rapporto molto intenso tra i papi e i Germani, le cui discese in Italia diverranno una costante. L’impero medievale che nasce adesso si comporrà di Germania (che includeva Polonia…), Italia e Borgogna dal 1033. Prima di essere incoronato imperatore dal papa a Roma verrà definito “Re dei Romani”, ultimo passaggio prima dell’incoronazione imperiale. Questo impero è una rinascita ideologica dell’Impero carolingio, ma si differenzia anche solo nei possedimenti (non è presente la Francia) ed è anche una conformazione territoriale che si spinge nel mondo mediterraneo e nascerà anche l’esigenza di avere un’espansione marittima. Il regno di Franca nasce nel 987, che non verrà mai assorbito dall’Impero: nei suoi primi due secoli non è più di un’espansione nei dintorni di Parigi. Nascono formazioni nuove che non sono assorbite dall’Impero (non è più un Impero onnicomprensivo come quello carolingio). 22 mulino); nel tardo XI sec. inizia la lotta contro l’incolto (l’Eu occidentale inizia a farsi strada nel verde: problema opposto ad oggi, erano immersi in boschi, foreste e acquitrini, palude; terrore degli animali selvatici, in particolare del lupo ed era necessario disboscare ed è un’opera in cui si impegnano signori locali e monasteri ancora prima dei comuni: è un’impresa colossale); si aggiunge la lotta al fiumi e torrenti: la pianura padana era tutta un acquitrino; si rinnovano le vie di comunicazione, a cui danno impulso anche i pellegrinaggi internazionali (e locali), che riprendono dopo una stasi dei mesi più difficili (verso Roma, che attirava il Nord-Ovest dell’EU; verso Gerusalemme), nasce il pellegrinaggio verso Santiago di Compostela (parte dall’814, quando Teodorio, vescovo del luogo, ritiene che sia presente la sepoltura dell’apostolo Giacomo). Sono processi che ravvivano gli scambi culturali e commerciali: non v’è più solo il grande mercato, ma anche una mercatoria più piccola e diffusa (il mercator non era presente nella società tripartita ed era visto con fastidio, specialmente dalla Chiesa; ma in questi anni iniziano a imporsi: la realtà corre sui traffici dei mercati e necessariamente andava compresa la figura). L’Europa christiana si arricchisce di nuove formazioni istituzionali come: il regno di Francia (dal 987: Ugo Capeto è il fondatore del regno di Francia), che non è la Francia che intendiamo noi (siamo nella zona limitrofa e circostante Parigi), poi nel corso di alcuni secoli si allargherà e in età moderna diverrà. La Francia che conosciamo noi oggi. I Capetingi non ha avuto interruzioni dinastiche: sono arrivate fino alla Rivoluzione Francese con Luigi XVI. Questi hanno avuto a capacità di comprendere come dovesse essere gestito ilk potere in Francia: un funzionariato che compensavano, non con terre facendoli diventare vassalli (si sarebbe creati centri di potere ereditari), ma con denaro (con delle sorte di stipendi), che non crea quella base di potere che crea la terra; capiscono anche che la corona s vuole avere forza deve allearsi con i poteri piccoli e medi (ad esempio con quelle città piccole che stanno sorgendo sull’incastellamento della Francia settentrionale). La monarchia così decolla. In Inghilterra 7 piccoli regni angli e sassoni: nel 1066 arrivano i Normanni (Guglielmo il Conquistatore), che sconfiggono gli angli e i sassoni nella battaglia di Hastings. I Normanni formano una monarchia che porterà a quella dei Plantageneti: si sta enucleando la nazionalità inglese. I Normanni governano l’inghilterra su base vassallatico-beneficiaria, importato dai Franchi con un maggiore rigore, tanto che conosciamo il Doomsdey Book (1086), un censimento accuratissimo di tutti i beni della corona e dei maggiori proprietari allo scopo di poterli controllare dal punto di vista fiscale. La conquista dell’Italia meridionale è molto più difficile di quella dell’inghilterra: sono presenti bizantini e arabi, non primitivi angli e sassoni. I Normanni la conquistano alla fine del XI sec, ma arrivano in Italia del Sud tra 1010-1012 come mercenari al soldo di potentati locali (Drangot e Altavilla su tutti). Negli anni ’30 hanno il controllo su domini e i normanni stesi stirngono poi alleanza con il papato e riescono piano piano ad avere la forza per attaccare i bizantini, che sono in forte calo. Nel 1071 i Normanni conquistano Bari e cacciano i bizantini dal thema di Puglia (il 1071 è un anno disastroso per i bizantini). Nel 1091 c’è la presa di Palermo, conquista della Sicilia dei Normanni, che guideranno un ricristianizzazione della Sicilia, fino ad allora araba. I mutamenti culturali significano laicizzazione: l’elemento laico inizia a gareggiare con quello ecclesiastico e poco alla volta si afferma faticosamente che le verità di fede e della natura devono essere indagate attraverso l’esame della ragione; fino a quell’epoca si andava avanti per dogmi (provenienti dal mondo greco e Aristotele): non si metteva in discussione niente. Dall’XI. Sec. si comprende che le cose vanno comprese con la ragione e non semplicemente ereditate da un’autorità. Anche solo la rappresentazione geografica del mondo era dettata dalla Chiesa e nell’XI iniziano le esplorazioni delle coste, che permettono di fornire delle cartine geografiche quantomeno sufficienti all’orientamento. Si sviluppano matematica, geometria: arabi di Spagna 25 che hanno assorbito la civiltà greca e la trasmettono all’Europa occidentale. Nasce il metodo della Scolastica (praticato a Bologna, d acui si diffonde): il professore con codice di Giustiniano e legge una parte che gli interessa (Lectio), dopo inizia la quaestio, che apre la disputatio (viene individuato un problema, che viene proposto all’auditorium e i mambri iniziano a discuter fra di loro); il maestro raccoglie le linee delle discussione ed espone la sua determinatio. Pietro Abelardo (1079-1141) è il divo del momento (diatriba con Bernardo di Chiaravalle): egli teologo, logico, filosofo e matematico dice anche le verità di fede devono subire l’esame razionale (se una verità di fede si sgretola di fronte alla ragione significa che è una favola). In Sic et non dice che una cosa quando la osserviamo può essere così, ma anche non così: liberarsi dalle cose che vogliono essere dette una volta per tutte. Tra XII e XIII: tradizione letteraria pensata per il popolo (lirica provenzale, la poesia epica, la letteratura arturiana di Chretien de Troyes). Anche la Chiesa è investita da tale rinnovamento e la sua riforma è finalizzata a svincolarsi dall’abbraccio con il potere temporale dell’Impero (di fatto da Costantino in avanti, poi specialmente con i Carolingi), nel tentativo di creare una forte monarchia papale. È vero che la chiesa è sempre stata legata al potere temporale, ma il cerchio si stringe molto con gli Ottoni (chiesa mondanizzata). Che la Chiesa debba svincolarsi dall’Impero e dalla sua ricchezza e condzione privilegata sembrano emergere dagli anni 1040-1050: Pier Damiani (monaco di grande caratura culturale), che ritiene che la Chiesa possa ritornare a una certa posizione (come si immaginava la Chiesa dele origini) con la collaborazione dell’Imperatore, che non gradiva i vescovi troppo ricchi. L’imperatore (prima Enrico III, poi Enrico IV) dà prova di non essere su questa linea e voler conservare la supremazia e assoggettamento delle Chiesa. L’impero non è disposto a venire incontro alla Chiesa. Allora si portano avanti idee radicali (più di quelle di Damiani) che portano allo scontro con l’Impero. Con Niccolò II, papa borgognone, nel 1059 viene per la prima volta disciplinata l’elezione del Papa (che prima doveva essere eletto con gradimento dell’Imperatore): il Papa deve essere eletto dai cardinali e acclamato dal clero di Roma. I Cardinali sono alti prelati che hanno titolatura di una basilica paleocristiana, diocesi nei dintorni di Roma o stretto collaboratore del Papa (diocesi suburbitarie). Come è possibile mettere in pratica questo? Il papa viene difeso dalle armi normanne, che hanno ricevuto territori in cambio di protezione. Gregorio VII (1073-1085) è il fondatore della vera monarchia papale: Papa come effettivo capo della Cristianità (non lo era ancora, subiva influenza di Antiochia, Costantinopoli, Gerusalemme). Crea il concetto dell’infallibilità del Papa: vi è una necessità di divincolarsi dall’Impero. Egli parla e scrive dell’origine divina della Chiesa e la sua superiorità teocratica su tutti gli altri poteri del globo, specialmente con l’Impero. Enrico IV vorrebbe fare fuori Gregorio VII, il quale però è difeso dai Normanni: aspetta che questi si buttino nei Balcani per conquistare i territori dominati dai Bizantini, non solo i normanni hanno l’ambizione di conquistare Bisanzio. I tedeschi così scendono in Italia quando partono i Normanni per l’Oriente e Gregorio VII si salva solo per una serie di fortunate di circostanze nel 1085, tra cui il ritorno dall’Epiro dei Normanni, che tornano a Roma, scacciano i tedeschi e fanno una strage per le città di Roma nel 1085. Gregorio VII verrà rinchiuso a Salerno, presso una residenza degli Altavilla, dove morirà nello stesso anno. Di fatto era stato visto come colui che aveva attirato i nemici all’interno della stessa Roma Pasquale II (1099-1118) non diede l’impulso di Gregorio VII, ma ebbe un’idea fortissima che espose nel concilio di Sutri (1111): rinunciamo a i beni materiali e ritorniamo alla condizione originaria, ma la maggior parte del clero boccia tale proposta. 26 Nel 1122 si arriva al Concordato di Worms tra Enrico V e Callisto II (compromesso): vescovi e abati hanno sia la funzione spirituale sia politica, sono sia pastori di anime, sia uomini fidati dell’impero. Si mette per iscritto che in Germania avrà più importanza il potere politico (l’investitura temporale procederà la consacrazione spirituale), mentre in Italia e in Borgogna prima la consacrazione religiosa del Papa e poi investitura dell’imperatore. PASTICCIO BELLO E BUONO perché non esce fuori da questa ambiguità. L’unico grande risultato della chiesa nella lotta delle investiture sarà l’autonomia dell’elezione papale e a discapito dall’imperatore e le idee di Gregorio VII: monarchia papale che estenderà il principio della superiorità del papa su tutta la cristianità (che allora non era superiore in senso assoluto sui grandi patriarchi). Lez 10 (23/02) Come si concilia la fede cristiana con l’attività bellica? Discorso della Montagna (Mt, 5-7) getta le basi dell’etica cristiana. Cristianesimo delle origini è improntato alla pace. Il pacifismo cristiano delle origini è conosciuto: il II sec. è quello della formazione delle rime comunità e dei testi (domina un atteggiamento di rifiuto di fronte al servizio militare, che veniva chiesto dall’imperatore di Roma). Abbiamo testi della prima patristica che ci ha tramandato questo. I lapsi sono i cristiani caduti, che hanno abbracciato le armi e non fanno più parte della comunità cristiana. Le cose cambieranno con Costantino (editto di Milano, 313) riferimento di tutto il ME (Carlo Magno persino lo imiterà per divenire imperatore cristiano, sebbene C si sia convertito solo in punto di morte e abbia utilizzato il cristianesimo per raggiungere i suoi fini politici) e il cristianesimo entra nell’orbita dello stato romano, nelle cui vicende si immischia: non è ancora religione di stato, ma è già la religione privilegiata. Si tratta del primo cambiamento culturale: Eusebio di Cesarea (Historia Ecclesiastica) che dice che l’impero romano è stato una creazione di Dio (inizia ad affermarsi una concezione provvidenziale della storia, Dio si intreccia con le vicende umane e non accade nulla che Dio non voglia) per poter diffondere più rapidamente e efficacemente la parola di Cristo. Il Cristianesimo diventa tutt’uno con lo stato romano, dal quale aveva preso le distanze. Cambia il rapporto del Cristianesimo con la guerra: ora i cristiani dovranno farsi carico di tutti i compiti richiesti dallo stato romano, compreso quello della difesa. Il Cristianesimo si trova di fronte a un grande imbarazzo: mediamente alla fine il cristiano si assoggetta e prende le armi sotto le insegne di Roma. I cristiani che prendono le armi, non siano mandati sul campo di battaglia: tale posizione non è facile da mantenere. Coloro che appartengono al clero sono completamente esentati dall’esercizio delle armi. L’alto clero si impegna con lo stato romano a scomunicare i cristiani che rifiutano di prendere le armi anche solo per compiti difensivi. L’ambiguità e la non chiarezza la fanno da padroni. Se a un cristiano capita di uccidere? In tal caso il cristiano-soldato deve fare “pubblica penitenza” (qualcosa di durissimo nell’alto ME e che con il tempo diverrà più tenue): spogliarsi degli abiti, arrivare al centro di un’area, dove viene insultato ed egli deve pentirsi profondamente per quanto fatto, deve passare un periodo di purificazione e poi potrà tornare, ma a patto che non ricommetta più tale peccato (la penitenza è unica all’inizio), pena la scomunica. La chiesa medievale ha la sua impostazione concettuale in Agostino d’Ippona (354-430), che dice una cosa nuova: sebbene la guerra sia un cosa brutta, ci può essere una guerra giusta. Agostino vide il sacco di Roma del 410 ad opera dei Visigoti: questa faccenda mise a soqquadro tutte le opinioni. Negli ultimi anni della sua vita A vive nella disperazione e rischia di persona gli attacchi dei Vandali in Nord Africa: egli ha conosciuto la violenza di tali popoli barbari. La guerra è giusta quando ci si difende dai barbari, con i quali non si poteva discutere (non conoscevano quei parametri di civiltà 27 Lez 11 (25/02) Il mondo islamico dopo aver subito la prima spedizioni verso Gerusalemme, eccetto la fascia costiera (attuale Libano), quanto più si va verso l’entroterra dà segno di aver capito poco, quanto successo e ci vorrà del tempo prima che il mondo islamico dia segni di reazione. Se il mondo cristiano è feudale e contraddistinto da particolarismi, il mondo islamico lo è ancora di più; pertanto l’informazione è scarsa e cattiva. Il mondo islamico rivela scarsa curiosità anche nei confronti dei Franchi e degli occidentali: chi sono? Che costumi hanno? Se si leggono i cronisti arabi, denotano che la popolazione islamica è poco propensa a porsi domande. C’è solo un cronista che si reca tra i Franchi e si scandalizza: la cosa che più lo scandalizza è il fatto che si lascino tutta quella libertà alle donne. Sono due culture che non si capiscono. Subito dopo la presa di Gerusalemme (luglio 1099), da qui parte una delegazione araba, capeggiata da un cadì, e si recano dal califfo presso Baghdad per chiedere aiuto. Egli li ascolta e promette loro aiuto; costituisce 6 commissione di studio e di indagine su quanto successo, ma non verrà nessun aiuto da parte del califfo. Ci sono diatribe interne al mondo arabo: la divisione tra due fratelli di Damasco ad esempio. Negli stati franchi si instaurò un regime che somigliava all’apartheid sudafricana (con le dovute proporzione), ossia feroce discriminazione (secondo la scuola di Joshua Cromwell). Gli arabi riuscirono a trovare una certa pace nelle zone rurali, mentre asservimento forte nelle città. È la refrattarietà a comprendere i costumi altrui degli islamici che sorprende. Pensavano inizialmente che fossero delegati a Bisanzio, fanno fatica a immaginare il mondo occidentale. Lentamente si costituisce un senso collettivo di rifiuto dell’assoggettamento franco. Le cose prendono un aspetto diverso solo negli anni ’4° del XII. Si fa strada un capo islamico Zenjy, che riesce nel 1144 a prendere Edessa, dove riesce a spodestare i Franchi e solamente in un paio di mesi la notizia giunge in Europa. L’avvenimento è vissuto in maniera traumatica nell’orizzonte provvidenzialistico attraverso cui si dava senso agli avvenimenti. Si programma un nuovo pellegrinaggio armato per riprendere Edessa e risistemare le cose: è necessario del tempo per l’allestimento della spedizione. 30 II Crociata (1147-1148): parte da Vezelay, bandita dal papa Eugenio III e sostenuta ideologicamente da Bernardo di Chiaravalle (campione delle violenza cristiana; nemico di Abelardo), il quale scrive un piccolo opuscolo De laude novae militiae: i soldati di C combattono sicuri la battaglia de loro signore, non temendo di peccar quando uccidono, né di perdere la vita (…) il soldato di Cristo uccide sicuro e muore ancora più sicuro (…) in occasione della morte del pagano si glorifica la morte di Cristo. A questa crociata partecipano il re di Francia Luigi VII e l’imperatore tedesco Corrado III (Svevi). Si attraversano Germania e penisola balcanica, Anatolia e si concentra su Damasco. I normanni assumono il titolo regale della Sicilia nel 1130, Roggero II offre ai crociati di portarli in oriente con la sua flotta, ma rifiutano perché tale battaglia doveva essere offerta a Dio, sia come lotta e sia come sofferenza; in più Roggero II ha delle mire che divergono dai crociati: infatti egli parte comunque dalla Sicilia e si ferma nelle isole greche per effettuare saccheggi e tornando a Palermo forma una sorta di industria per la seta (intento non religioso, ma mercantile e commerciale). Fra di loro francesi e tedeschi si odiano e i loro cammini verso Est sono paralleli e separati: arrivati a Damasco, gli arabi non fanno fatica respingere due eserciti privi di una strategia comune. Si risolve in una disfatta: solo la prima crociata fu un successo per i cristiani. Questa sconfitta monstra al mondo islamico che i cosiddetti Franchi non sono invincibili. Capiscono che possono levarsi di dosso la loro presenza. III crociata (1189-1192): Zenji ha un figlio conosciuto in Occidente come Norandino, un capo più prestigioso del padre e comincia a infliggere sconfitte ai Franchi, ma non è ancora un messia che si aspetta il mondo islamico, sebbene stia arrivando. Saladino, successore di Norandino, si dimostra un genio militare e politico: riesce a unificare l’Egitto, zona di Palestina, Siria, fino alla Mesopotamia. Il regno di Gerusalemme e gli stati Franchi iniziano a cogliere il problema: Saladino ha capito che i nemici possono essere sconfitti: gli occidentali in oriente sono disorganizzati, particolarizzati nei feudi, con capi incapaci e la corruzione che serpeggia. I templari fanno politica nei confronti del mondo islamico che non coincide con quella del regno di Gerusalemme: la presenza cristiana è sempre più debole. Negli anni ’80 il regno di Gerusalemme ha anche la sfortuna di avere un re lebbroso Baldovino IV (allora “se non lui, tutta la sua famiglia aveva qualcosa che non andava): il fatto di avere un re lebbroso mette in crisi tutto, sebbene egli abbia dimostrato grande abilità militare. In questa realtà tanto sfilacciata, Saladino conduce la battaglia di Hattin (luglio 1187), che trionfa contro i cristiani e cattura persino il da poco re Luigi di Losignano. Saladino il 2 ottobre 1187 prende Gerusalemme: il regno di G è finito ed è durato 80 anni. Saladino, ormai padrone di Gerusalemme, non si vendica della strage della presa del 1099: si contenta di un riscatto in denaro e non torce un capello a nessuno. Questo fatto fece nascere la leggenda di Saladino in Occidente: un capo islamico incredibilmente buono, forse quasi cristiano. La fama di Saladino in Occidente è stata grandissima: non a caso tutti i grandi letterati tra XIII e XIV secolo lo celebrano (Dante lo colloca nel Limbo, fra gli spiriti magni). Il papa, non appena venne a sapere della perdita di Gerusalemme, morì. Il papa successivo Gregorio VIII bandì subito un’altra spedizione. Alla III crociata partecipano il re d’Inghilterra Riccardo Cuor di Leone, Filippo II augusto re di Francia che vanno con le loro flotte per vie marittime. Attraversare il mediterraneo non era ancora sicuro: si costeggiava il litorale per un viaggio più sicuro. Federico Barbarossa procede per via terrena, ma non arriva a combattere la crociata perché nei pressi del fiume Salef, nel 1190: muore. La crociata così è priva di Barbarossa e dell’esercito tedesco, che coglie la morte del capo come cattivo presagio e si sparpaglia. Filippo II Augusto si ritira dopo un paio di mesi e rimane solo Riccardo Cuor di Leone, vero guerriero e che dà filo da torcere a Saladino. RCdL riesce a conquistare il porto di S. Giovanni d’Acri: era il polmone degli stati franchi, unico loro porto (13 luglio 1191) e riesce anche a difendere Tior (antica città fenicia). RCdL cattura però tremila 31 guerrieri nobili islamici e chiede un riscatto molto ricco: la nobiltà islamica si organizza per pargarne il riscatto, ma fanno fatica a mettere insieme la somma; il 20 agosto 1191 li fa decapitare tutti e il riscatto era quasi pronto. Questo fatto lo squalifica moralmente: si macchiò indelebilmente di questa faccenda (in contrapposizione alla clemenza mostrara da Saladino alla conquista di Gerusalemme). RCdL tenta di due volte di conquistare Gerusalemme, ma non ci riesce e decide di tornare. Senza prendere Gerusalemme, ogni spedizione in Oriente è una sconfitta (anche se erano stati conquistati S. Giovanni d’Acri e Tion). IV crociata (1202-1204): si può iniziare a chiamare crociata (cruces signati); viene bandita da Innocenzo III (1198-1216), che segna il punto più alto di tutto il papato sotto il suo profilo istituzionale: si tratta di un regno separato e superiore da tutti gli altri poteri: è la teocrazia fatta realtà e il papa attraverso la sua mediazione divina investe imperatore e sovrani. Nessuna testa coronata risponde più alla chiamata papale: si percepisce già un certo scetticismo. Aderisce un nobile dell’Italia settentrionale: Bonifacio del Monferrato; aderiscono avventurosi francesi e fiamminghi e aderisce Venezia. Le repubbliche marinare non si erano impegnate molto in precedenza (avevano concesso solo alcune navi per la prima spedizione). La crociata prende l’avvio da Venezia, dove arrivano tutti i francesi e fiamminghi che avevano aderito, i quali vengono imbarcati (anche il doge partecipa, secondo le cronache cieco e 90enne). I veneziani chiedono un pagamento per il trasporto, ma questi non ne dispongono; così Venezia cerca di impiegarli per la propria politica coloniale. La città di Zara sulla costa dalmata dava problemi: i veneziani puntano sulla città e la fanno conquistare dai templari con le insegne veneziane (alla fine del 1202). A quel punto interviene Bisanzio, che è in preda a una guerra civile, ormai in decadenza: c’è una dinastia regnante degli Angeli, ricca di contrasti interni (una lotta fratricida che si riflette sulla società bizantina). Arrivano messi da Bisanzio che chiedono aiuto per risolvere la questione. I veneziani con la spedizioni intervengono e favoriscono una certa parte , da cui si aspettano oro e denaro (questo ci fa capire quanto sia svanito lo spirito di crociata: interessi commerciali). Tali compensi non arrivano e in più il ramo che era stato favorito viene detronizzato da un despota che osteggia i veneziani. Così tutta la truppa crociata sottopone Bisanzio a un saccheggio terrificante (aprile 1204). Si costituisce l’Impero Latino d’Oriente dove regna Venezia e Baldovino di fiandre, ossia i fiamminghi e per 57 anni durerà questa condizione. La IV crociata segna il ruolo di Venezia come grande potenza internazionale: la grande fortuna di Venezia comincia dal 1204, quando riescono a spogliare letteralmente Bisanzio di tutte le sue ricchezze. Questa è la vera fine di Bisanzio, che non sarà altro che un fantasma di ciò che è stato fino al 1453 con la conquista dei turchi ottomani. La crociata è divenuta un’impresa mercantile commerciale: non a caso conquistata a Bisanzio, nessuno ebbe intenzione di recarsi a Gerusalemme. Innocenzo III scomunicò Venezia. Crociata dei fanciulli (1212): nella Germania del Reno sono ancora vive le idealità crociate al punto tale che nel 1212 si mettono in marcia dei ragazzini: da Colonia, Treviri e da Parigi si muovono alcune migliaia di francesi e decine di migliaia di tedeschi, gran parti ragazzi. I francesi arrivano a Marsiglia e i tedeschi a Genova: molti riescono a imbarcarsi e le navi promettono di portargli in Oriente. Tali navi sono proprie di armatori criminali che imbarcano tali ragazzi e invece di portarli in oriente li consegnano a truppe musulmane sulle coste della Corsica; altri riescono a raggiungere Roma. Molte fonti riportano genitori infuriati con qualcuno che aveva sedotto tali ragazzi: era un’euforia collettiva che è dilagata tra i più poveri e giovani. La crociata dei fanciulli ha ispirato molto la letteratura. V crociata (1217-1221): bandita da Onorio III, risponde solo il re Andrea di Ungheria e il re di Cipro, i Frisoni (popolo di marinai e guerrieri dell’attuale olanda). Non è diretta in Terrasanta, ma al delta del Nilo. Si pensa che conquistare quell’area comporti il taglio dei rifornimenti che arrivano in Oriente. Si aspettava l’arrivo dell’imperatore Federico II, che non partecipò mai. Si combatté nel fango del delta e si risolse in un grande smacco. Viene conquista Amier nel 1219 e ripersa 32 condannano al rogo. A quell’epoca non c’è ancora il tribunale dell’Inquisizione: non sappiamo di altri precedenti (e non c’è un diritto fissato precedentmente per condannare qualcuno al rogo). I catari sono presenti in mezza europa (Spagna, Provenza, Germania renana, Lombardia, Spoleto, Firenze, ma il loro centro è Alby (anche detti infatti albigesi) nel sud-ovest della Francia. Si è sempre detto che il trmine derivasse dal greco katharos, ossia puro. Può essere che derivi anche da Katter, adoratori del gatto nero (bollati così dagli avversari). Appartengono a ceti sociali medio- alti: in genere gli eretici del tardo ME appartengono a ceti poveri; si è ipotizzato che fosse perché il catarismo non prevede sovvertimento sociale (si spiega ora che siano ricchi). Credono in una netta divisione tra bene e male, Dio e Satana (all’interno di questa bipartizione, la chiesa ufficiale è nel lato negativo): costituiscono una sorta di Chiesa parallela (con propri sacramenti e propria gerarchia). La loro è una presenza molto importante. Hanno pratiche di vita piuttosto ascetiche: rifiuto della carne, credono nella continenza, credono in un lento e faticoso cammino di perfezione, che loro chiamano consolamentum (ossia il riconoscimento di essere arrivato a un grado diperfezione: il vescovo cataro impone le sue mani sul fedele che è riuscito a compiere tale cammino). Il cataro che ha raggiunto il consolamentum, spesso si lascia morire, perché teme di poter cadere nuovamente nella corruzione, attraverso l’endura (lasciarsi morire di sete e fame). Roma tollerò per un po’ questo stato di tempo, ma con Innocenzo III si arriva a un punto di svolta: crociata contro i catari dal 1208 al 1229, portata avanti dai vassalli francesi e dalla corona che sfruttò tale avvenimento per espandersi verso Sud (questa crociata divide Settentrione e Meridione della Francia). Presa di Breziers.(1209): abate di Amaury guidava le sue truppe, che circondarono la cattedrale, dove tutti si erano rinchiusi; l’abate ordina l’assassinio di tutti, tanto ci penserà Dio e distinguere gli eretici dai non. Pauperistico-evangelici Ricordo alla chiesa delle origini (di cui si crea il mito: immaginiamo fosse una Chiesa povera). Richiamo ai valori fondativi del cristianesimo. A Milano la pataria si afferma tra il ‘30 e ’40: la predicazione del monetiere… contro il clero simoniaco corrotto e il consenso fioccava. La pataria milanese riscuote il consenso del papato riformatore, che vuole staccarsi dall’Impero; era di una intransigenza assoluta. Tale regime si instaura per 20 anni nella città e uccideva i sacerdoti che erano reputati indegni. Il sangue scorreva assai: dalla ragione che si aveva, si instaura un regime di terrore e il papato abbandona a se stessa la pataria milanese. Vengono uccisi i capi e tutto crolla. Queste istanze così dure si espandono ad esempio a Piacenza, dove si diffondono schegge della pataria più tenue e poi anche lì viene repressa. Pietro di Bruis predicava l’invalidità di tutti i sacramenti, perché non era valido il canale. Aggiunge una variante: la chiesa di Roma ha come simbolo la croce, ma questa è un simbolo di morte; allora dove può estirpa con i suoi seguaci le croci e fanno roghi di croci. PdB viene abbandonato dai seguaci e lui stesso catturato tra il 1132 e 1134, dopo essere stato interrogato e poi condannato al rogo (sud Francia). Monaco Enrico è un altro di questi radicali, si muove a Le Mans: odio verso il clero, rifiuto dei sacramenti, ha un certo seguito, ma non sappiamo niente di lui dopo il 1135. Tanchelmo di Anversa: venne ucciso nel 1115 da un suo seguace, forse invidioso. Arnaldo da Brescia: figura di forte caratura, è un contestatore della fede ufficiale, ma su basi solidi (non un semplice ribellismo come i nomi citati in precedenza). Egli aveva studiato teologia a Parigi ed era stato allievo di Pietro Abelardo. Quando torna in Italia è fatto e finito da punto di vista religioso-canonistico. Egli si batteva per il rifiuto della chiesa romana e si batteva perché ogni cristiano potesse avvicinarsi con consapevolezza e impegno personale alle verità di fede e non che queste fossero calate con forza dal clero. AdB mette al servizio la sua esperienza al comune di 35 Roma (dove sta sorgendo un comune laico: 1140), che per qualche decennio dovrà gestire la relazione con il papato. Viene condannato dal papa, che si serve di Federico Barbarossa, come braccio secolare per metterlo al rogo. Valdesi: sono gli unici a essere arrivati fino a noi; sono riusciti a mediare con la Chiesa di Roma e hanno la concentrazione maggiore nel Piemonte occidentale e ancora adesso sono una comunità di provenienza piemontese-alpina. Le notizie che abbiamo di Valdo (1150) contro le gerarchie ecclesiastiche, ma c’è molto meno radicalismo (ben più capacità di mediazione), libera interpretazione del Vangelo. Si alimenta il mito della discendenza dagli apostoli: una linea di pensiero e comportamento che si richiama agli apostoli. I sacramenti sono sì colpiti, ma si salvano battesimo, confessione (si ha l’umiltà di consegnare il proprio errore o orgoglio) e eucarestia. Umiliati: è una forma di contestazione molto più tiepida e mediata (tanto è vero che si salvano). Innocenza III è disposto ad accondiscendere quando si presentano forme morbide che possono essere integrate nella Chiesa. Sono tessitori… nella pianura padana che perseguono strade di vita virtù di vita come se fossero un buon esempio per il clero; Innocenzo III li ritiene un possibile stimolo buono. Escatologico-millenaristici Si concentrano su ta eskata le cose ultime, che stanno alla fine; millenarismo e profetismo. Gioacchino da Fiore (-1202): abate calabrese, che riscuoteva un grande consenso in tutta Europa (quando Riccardo Cuor di Leone andò in crociata si fermò in Calabria per confonrtarsi ocn l’abate). Egli preconizzava una storia del mondo divida in tre fasi: la fase del padre (forza, schiavitù, antica), la fase del figlio (a lui contemporanea, in cui Cristo si è fatto uomo ed è venuto ad annunciare un riscatto), a cui subentrerà la fase ultima dello Spirito Santo (l’umanità trionferà nella sua bontà originaria). Il pensiero di GdF ebbe una grande influenza della spiritualità occiedentale; non a caso il suo pensiero ha alimentato i movimenti dei flagellati, fedeli che percorrevano le città dell’Italia centrale a dorso nudo flagellandosi gli uni la schiena degli altri (pentirsi e purificarsi in vista dell’età futura). Venne fissata la data di transizione all’era dello spirito nel 1260, inseguito alla quale la dottrina di GdF andò affievolendosi e gran parte dei suoi seguaci confluirono tra i francescani intransigenti. Dolcino di Novara: nasce nella corrente apostolica (coloro che si dicono i nuovi apostoli della Chiesa), guidata da Gherardo Segalelli. Dolcino a differenza dell’altro è colto e ha studiato. È un contestestatore della Chiesa con grande dignità: predica l’apostolicità, l’evangelismo, il pauperismo e l’escatologismo: costituzione di una società comunistica in cui donne e uomini sono esattamente uguali (uguaglianza completa degli esseri umani). Ci sono arrivati due scritti da Dolcino. Prevede che dopo il 1305/6 il Papato corrotto verrà sterminato da Federico III d’Aragona, che è il nemico degli Angioini (si sta combattendo guerra del vespro), che erano quinta colonna del papato e saranno sconfitti dagli aragonesi, considerati paladini della libertà. Previsione debole. Egli va a predicare in Trentino e torna in Piemonte con una compagna, Margherita da Trento, e attira molto seguaci: il vescovo di Asti, di Vercelli e di Novara sottopongono la questione a Clemente V (arcivescovo di Bordeaux e primo papa avignonese), che bandisce una crociata con Dolcino che si rifugia in val Sesia e costituisce una comunità. Dolcino resiste asserragliato per tre anni, ma alla fine vengono massacrati tutti e Dolcino e Margherita vengono arrestati, torturati e condannati al rogo nel 1307. Il movimento dolciniano è sopravvissuto ed è anche diventato un pensiero sociale. Wyclif e Huss: linea fortemente contestativa; il primo si salvò, mentre il secondo in boemia venne condannato al rogo. 36 La reazione della chiesa è di carattere canonistico-militare: la sua risposta non è mai diretta ai bisogni dei fedeli insoddisfatti, con cui non riesce in alcun modo a dialogare. La decretaira Ad abolendam 118 di Lucio III: l’eresia è una pralità che deve essere estirpata: condanna dottrinale- teorica dell’eresia; Vergentis in senium 1199 di Innocenzo III: l’eretico è criminale, si macchia di lesa maestà; Gregorio I tra il 1231 e il 1235 fonda i Tribunale dell’Inquisizione che ha la sola funzione di verificare chi fosse eretico e chi no. In questi processi si dà credito alle dicerie, pertanto se uno è sospettato di essere eretico, viene preso e inquisito, senza la possibilità di fare appello a un difensore. Ammette la tortura: spesso le confessioni di eresie venivano estorte con la tortura. Tale tribunale viene fatto gestire da dominicani e francescani per abbassarne la popolarità rispetto al sacerdozio secolare. La chiesa ha rischiato di cadere, ma si è salvata non tanto grazie a tribunale dell’inquisizione e con la paura, ma grazie agli ordini mendicanti e a San Francesco che ha ridato alla Chiesa un’immagine di pulizia e viene ritenuto un alter Christus. Egli rappresenta il matrimonio con lo spirito, che la Chiesa aveva perso. Con il suo radicalismo del dono di sé, Francesco ha rischiato di essere considerato un eretico. Francesco ha avuto la fortuna di essere capito prima da Innocenzo III e poi da Onorio III, ed è poi stato riconosciuto. Francesco però non voleva essere tale perché questo ha rappresentato l’istituzionalizzazione del suo insegnamento e questo ha portato a diatribe successive alle sua morte (conventuali e spirituali). Quando Francesco capì che il suo esempio stava per essere istituzionalizzato, visse gli ultimi anni della sua vita con un po’ di tristezza. Lez 13 (02/03) Il comune esiste anche nell’Italia meridionale, ma hanno un’importanza minore rispetto all’area centro-settentrionale, perché sono presenti forme statuali che non consentono possibilità di autonomia, come invece si conquisteranno i comuni del centro-nord. Riguarda anche in parte la Francia meridionale, Paesi Bassi, in ancora più piccola parte la Germania renania, ancor di meno Inghilterra e Spagna (i comuni che nascono in spagna sono più che altro emanazioni regali, dove non può esserci quell’autonomia dei comuni italiani). In Italia non c’è stato argomento più battuto nella storiografia medievale del Comune. La prima grande valutazione dell’esperienza comunale italiana vista in chiave celebrativa è stata data da Sismondì in Storia delle Repubbliche italiane (legame strettissimo tra libertà, commercio ed economia): c’è la prima costruzione di questo mito, ossia la libertà individuale che si alimenta con la libertà dei movimenti e dei traffici (il comune è il regime ideale). Nell’esperienza comunale italiana si vede il primo germe di sentimento nazionale: ci si batteva per l’indipendenza dalle monarchie straniere, dal Papato: i comuni si battono a corpo morto contro l’imperatore tedesco per motivi economico-politici (ma nell’Ottocento scatta il filtro interpretativo dell’affermazione dell’indipendenza italiana). Comune e urbanesimo diverrà il filone dominante della storiografia italiana per molto tempo. Si arriverà a studiare i comuni, dopo le pubblicazioni di Marx, anche in chiave di lotta di classe, che stratificano la realtà comunale. La storiografia medievistica americana ha guardato con interesse la Firenze ‘300 e ‘400: inizio del processo democratico, la partecipazione alla vita cittadina; nel Fiorino fiorentino si è visto l’antecedente del dollaro. La storiografia medievistica americana ha studiato anche il caso specifico del comune di Bologna. Per capire meglio la genesi del Comune in Italia può essere utile confrontare con quanto succede fuori dall’Italia. La realtà è sempre più sfumata e variegata della modellistica offerta dalla storiografia. Nella Francia meridionale (o certe aree della Francia del Nord, anche nell’attuale Belgio e Olanda) questo nuovo modo di governare la città, insieme al vescovo o sostituendosi a questo, chi anima questo movimento tra XI e XII secolo? Al di là delle Alpi sono i burgenses a portare avanti tale 37 podestà doveva scrivere gli statuti (corpi di leggi diversi da città a città) e guidare l’esercito in guerra. Il podestà era una carica a rotazione (6 mesi o un anno). Alla fine del suo mandato il podestà veniva pagato insieme a tutto il suo seguito: l’emonumentum del podestà e di tutta la sua guglia. Prima di essere pagati veniva sottoposto al sindicato, che si preoccupava di stabilire se il podestà avesse soddisfatto gli interessi della città (se la città non si riteneva soddisfatta, il podestà non veniva pagato). È la milizia che ha in mano il potere: quelli che all’estero sono burgenses in Italia sono il populus. La circolazione podestarile era anche legata alle variabili politiche: città di un certo colore politico, si cercava un podestà corrispondente (nascono associazionismi di carattere politico interregionale: in Romagna vi sono podestà veneti, che sono sempre organici alla città da governare). La fase popolare è conosciuta da poche città: la città dove primeggia è Bologna (studium, clerici studiosi da fuori, lo studium sollecita il terziario bolognese; docenti esperti di diritto, notai), dove il populus è potentissimo e fiorente. Nel 1298 è Bologna popolare, che finirà in una guerra civile. Non c’è per il resto della Romagna, a Piacenza invece sì e ancor di più a Firenze (tessuti, mercanti…). Urto dei comuni con l’Impero. Usurpazione delle regalie (iura regalia: diritti che configurano la sovranità, diritti solo del sovrano: fare leggi; battere moneta; arruolare eserciti, fiere e mercati: cose che venivano fatte dai comuni): i comuni dell’Italia del centro-nord (Lombardia, Veneto, Romagna e Asti) hanno sviluppato una tale autonomia che sono diventate città-stato con propri ordinamenti e si autogovernano, ma tali aree fanno parte dell’impero germanico. Quando i tedeschi osservano questa realtà non la accettano, questo mondo italico non aveva più niente a che fare con la tripartizione medievale. Per Federico Barbarossa, istigato da suoi teorici, il facere comune è sterco del diavolo, un sovvertimento della volontà divina: in Germania vi erano città piccole che non si espandevano. Federico I Barbarossa diventa Re di Germania nel 1152 e imperatore con 1155; ha un rapporto teso con il Papato e non accetta il concordato di Worms. In una delle prime discese a Roncaglia (1158) convoca una dieta e fa redigere dai suoi giuristi la Constitutio de regalibus, secondo cui tutti i diritti regali sono dell’imperatore. Secondo il diritto giustinianeo studiato a Bologna, spetta tutto all’imperatore (4 dottori dello studio di Bologna incentivano l’imperatore). Sulla pergamena la questione è risolta, ma ovviamente le città non accettano: due intransigenze opposte che cozzano. Nel 1162 avviene assedio e parziale distruzione della città di Milano, da parte di Barbarossa. Tra il 1164 e 1167 nascono associazioni comunali alleate con l’impero: Lega Veronese e Lega Lombarda, che rappresentano gli interessi comunali contro l’impero. Non dobbiamo immaginare tutte le città schierate contro il barbarossa: le piccole città comunali sono oppresse dalle città più grandi e così per sopravvivere stanno con l’imperatore (Milano-Lodi, sta con l’imperatore). Queste intransigenze opposte sfociano in uno scontro campale (sebbene si cercasse di non arrivare mai alla battaglia campale nel ME: non solo per perdite, ma anche per il timore del giudizio di Dio, perché il perdente non aveva Dio dalla propria parte e sarebbe destinato alla dissoluzione). Battaglia di Legnano (1176): Milano con uomini disposti al sacrificio per la salvaguardia del Carroccio, Barbarossa si pensava morto, ma era disperso nelle campagne. L’imperatore viene sconfitto brutalmente con le armi, ma comincia a tessere la strategia del ragno e comincia poco alla volta a riguadagnare il terreno perso, nel 1177 riesce a fare una tregua con Alessandro III, che stava con i comuni (per semplice opposizione all’imperatore); riesce così a staccare il Papa dai Comuni. Federico riesce a riguadagnare le posizioni che aveva prima di Legnano e si arriva alla Pace di Costanza (1183): una pace non fra pari, ma una pace calata dall’alto, definita come gratiosa, rilasciata per grazia del sovrano (si pone sul piedistallo ideologico). Tale pace stabilisce 40 che i comuni del Nord-Italia possono esercitare gli iura regalia, ma le magistrature comunali (ancora comune consolare) devono arrivare in Germania, arrivare al suo cospetto, dopo di che egli accetterà o rifiuterà; in più mantiene il diritto di fodro: quando l’imperatore scende in Italia con un seguito di migliaia di persone, le città in cui si fermano devono farsi carico di ogni spesa della comitiva imperiale (le città più piccole ne escono provate). Federico II riprende la politica del nonno con una maggiore intransigenza (dal punto di vista politico è alto medievale, moderno per il suo interesse nelle scienze e nell’oriente). Altro grande scontro sull’Oglio, nel bresciano a Cortenuova (1237): Federico II schiaccia i Comuni, che però si stringono in disperata difesa e con il papa. Federico non sa sfruttare questa vittoria e alla sua morte (1250) sono i comuni ad avere dalla propria il controllo della realtà italiana. Quando si tocca l’apogeo, però si è destinati alla fase discendente (fase signorile, tirannica). Lez 14 (04/03) La signoria è un fenomeno solo italico ed è stato un fenomeno dibattuto negli ultimi tempi (2008- 2013 tema principale della medievistica italiana). Si tratta di una fase molto complessa, ma che non va distinta dall’esperienza comunale: la signoria è l’ultima fase del fenomeno comunale (non sono due cose avulse). È un’esperienza tirannica (tiranno colui che si è fatto signore calpestando le leggi). Questa proposta storiografica vuole superare una certa visione drammatica e traumatica della presa di potere signorile, evidenziando che forse la cosa si inserì abbastanza naturalmente nel discorso comunale. La scienza medievistica più aggiornata si separa dalla didattica (non possono completamente divaricarsi). Le grandi esperienze sono state raccolte in un volumone Repertorio delle esperienze signorili cittadine italiane (RESCI): si tratta di una catalogo delle esperienze signorili italiane, analizzando le differenze fra le diverse realtà cittadine; si vuole revisionare il concetto di signoria urbana (lavoro revisionistico). Questo testo afferma che per signoria urbana si intende ogni forma di potere in cui si riconosca l’egemonia di un uomo o di una famiglia: signoria è qualsiasi forma di potere che si inserisca in un discorso cittadino. Il passaggio dalla fase partecipativa (consigli, consoli, cariche a rotazione) al potere egemone fa sdrammatizzato, perché tale fase, a detta degli autori, è stata drammatizzata troppo da una storiografia contaminata dal moralismo. Nel testo si mantengono toni pacati (era una passaggio quasi naturale a un potere di qualcuno). Può anche essere che la storiografia novecentesca abbia calcato un po’ troppo la mano. Ma tale ragionamento del RESCI equipara tutti i poteri sotto il nome di signoria (guarda intervento academia.edu di Mascalzoni). Un beccaio di una città umbra-marchigiana (dove vi erano esperienze signorili molto più deboli e temporanee) si impadronisce del potere e lo gestisce a titolo personale e lo tiene per un anno dopo di che viene scalzato da un altro: secondo il RESCI questo è un signore. Ma ha lo stesso speso specifico di un Visconti, ossia i più potenti signori italiani, che hanno minacciato di fondare un Regno d’Italia dalla Lombardia a Roma, minacciando Firenze. Si usa lo stesso termine per due esperienze totalmente diverse… La proposta del RESCI scientificamente può anche andare bene, ma non didatticamente per far comprendere il tema a non-specialisti. Il signore deve essere di quella città, o comunque deve essere legato alla città di cui diventa signore. Bologna ha avuto due signorie: i Pepoli nel ‘300 e i Bentivoglio nel ‘400. Bertrando del Poggetto secondo la storiografia avrebbe signoreggiato su Bologna nel ‘300: è difficile da riconoscere perché era il legato apostolico, rappresentante del Papa: come può essere signore colui che rappresenta un potere sovrano che sta al di sopra. La signoria quando nasce è un potere autonomo e tale 41 considerazione è nata perché nel 1327, la città era stremata, Bologna si getta ai piedi di questo uomo e lo riconosce come riferimento. La signoria è una forma di potere che si sviluppa in città e tende a perpetuarsi, ossia a fondare una dinastia o un regime (non come Bertrando che viene cacciato a sassate dopo qualche anno). 1250: morte di Federico II e l’impero è in ginocchio, perché nessuno riesce a cingere la corona imperiale e si apre la grande vacanze imperiale (l’impero non riesce a riprendere il suo potere universalistico). Le grandi città comunali sono esauste dalla lotta contro lo Svevo: hanno vinto, ma a caro prezzo. Sono tutti impoveriti e, non che sia una novità, si scatenano lotte fra famiglie e potenti, tra filoimperiali (Ghibellini) e filopapali (Guelfi). La seconda metà del ‘200 è una situazione molto difficile per i comuni del nord italia. C’è un disavanzo pubblico importante ed è necessario colmarlo; far cessare anche le lotte intestine (fra fazioni e famiglie), che ci sono sempre state, ma sono aumentate: quando si combatte una guerra si fa troppa abitudine all’uso delle armi e quando sarebbe il momento di deporle si fa fatica. Il clima delle città italiane è estremamente rissoso. Comincia a svilupparsi l’idea che forse sia meglio affidarsi a un governo di uno solo che abbia le idee chiara e abbia forte volontà e pochi scrupoli per guidare la città fuori dalle secche (tentazione autoritaria). Gabriele Zanella scrisse un’opera nel 1985 Machiavelli prima di Machiavelli: voleva dimostrare che il pensiero del Principe (1513), un uomo che riesca a guidare l’Italia fra le diverse dominanze sulla penisola, c’è già fra il ‘200 e il ‘300 e cita esempi di pensatori che propugnano governi autoritari (Remigio de Girolami, domenica fiorentino De Bonu Comuni, che può passare attraverso il potere autoritario di uno). Era nell’aria che si potesse arrivare a un potere dove il potere comunale divenisse passivo nei confronti di un uomo al comando. Cominciano a comparire uomini particolarmente vocati a ricoprire questo ruolo di dirigenza: possono essere non solo milites (la maggior parte), ma anche populares molto ricchi (Pepoli e Bentivoglio) o condottieri; molto rara ma è presente anche la signoria vescovile (Guido Tanovati ad Arezzo all’inizio del ‘300). I vari organi comunali propongono una figura al popolo affinchè questa figura possa ricevere il crisma di un’acclamazione popolare. Finzione giuridica: spesso questa acclamazione non è spontanea, bensì gioca la coercizione (la gente viene costretta a gridare il favore al signore, altre volte vengono pagati). Questa figura assume il potere con il titolo di podestà o capitano del popolo (ha le stesse caratteristiche del podestà: la carica venne creata per bilanciare il podestà, per essere il rappresentante dei ceti imprenditoriale e non solo della milizia; i capitani furono meno dei podestà e spesso la carica di capitano era stata assegnata ai dei milites: è una figura che ha fatto fatica a emergere). Questo uomo al comando venne meno agli statuti (il primo libro di ogni città è sempre dedicato all’organizzazione istituzionale della città e si prevede sempre una rotazione del comando): la reggenza si allunga. Inizialmente erano 6 mesi l’anno, ma posticciamente si aggiungono anni di cariche. Qui dipende dal pudore del singolo signore: si arriva anche alla carica vitalizia, alla faccia di ogni logica partecipativa del signore. Si arriva anche al potere ereditario: dinastizzazione per il figlio maschio maggiore (non si comprende bene quali fossero i criteri per il passaggio di potere). Il potere viene formalizzato, riconosciuto, messo per iscritto e dinastizzato. Si tratta di un colpo di stato lento e diffuso nel tempo (strisciante). Questi signori prendono il potere e stravolgono i meccanismi istituzionali del comune, ma mascherano tale faccenda: sembra quasi che non sia accaduto niente di particolare (si sanno molto bene a palazzo, ma fuori viene camuffato: si fa passare per un semplice podestà). In un primo tempo di fronte a questi contraccolpi politico-istituzionali, la massa cittadina non ha un grande comprensione di quanto sta avvenendo e quando viene compreso c’è consenso e adesione, perché si ritiene che questo possa essere migliorativo per la vita comunitaria (ci si mette 42 fronteggiarla alleandosi con la bassa feudalità e con la città dei burgeneses che trova vantaggio a farsi difendere dalla corona, che a sua volta favorisce dell’alleanza con molte piccole-medie città (alleanza corona). Filippo II Augusto (1180-1223), maestro nel portare avanti questo aumento della territorialità, riesce a vincere la battaglia di Bouvines (1216) o battaglia delle Nazione: comandava in loco l’esercito francese. Questa vittoria diede grande spessore politico alla Francia, che cresce parallelamente al Papato (con le dovute differenze). L’Inghilterra ha un sovrano capace, seppure disordinato e dissoluto Enrico II Plantageneto (1154- 1189) padre di Riccardo Cuor di Leone e Giovanni Senza Terra. Collisione tra Papato e Francia con Bonifacio VIII (1294-1303). Il Papato non ha del tutto considerato che ci possono essere urti con altre realtà in crescita. Bonifacio VIII è un Papa multum carnalis di potenza e prepotenza politica e militare, abile e spietato, indisse una crociata contro i Colonna (famiglia rivale dei Caetani). Bonifacio VIII si intromette nelle faccende politiche che non riguardano solo il Papato: entra nella guerra del Vespro favorendo gli Angioini contro gli Aragonesi; si intromette nelle vicende fiorentine favorendo i Guelfi Neri e Dante (guelfo bianco) costretto a fuggire da Firenze. Bonifacio crede nella teocrazia papale: papato deve essere ento separato superiore unversalistico e tutto si deve piegare di fronte alla sua autorità. Con Innocenzo III funziona tale concezione (realtà continetale politicamente più debole); la Francia dei primi del 300 è una potenza continetale ormai e ha un sovrano che è estremamente ambizioso Filippo IV Il Bello (1285-1315: capentingi; morto a cavallo in una battuta di caccia, trascinato con il piede incastrato nella staffa): egli ha già in mente di organizzare una guerra contro l’Inghilterra (ancora prematura e non avverrà sotto il suo regno). Filippo è attento a costruire apparati tecnici, una macchina amministrativa e un esercito sempre più potente, per i quali è necessario molto denaro. Filippo IV Il Bello che ha bisogno di spremere denaro comincia a sottoporre a imposizione fiscale il clero francese: questo fatto era fortemente lesivo della prassi che era stata seguita fino ad allora. L’unico che aveva il diritto di imporre qualcosa al clero era il Papa. Bonifacio VIII comincia a inviare delle bolle per invitarlo a smetterla: Clericis laicos (1296: ci va morbido, lo intima, ma chiamandolo figlio), che Filippo ignora e le relazioni si inaspriscono e Unam Sanctam (1302: salta fuori tutto il pensiero teocratico, che si rifà a Innocenzo III: un potere solare -papale un potere lunare-imperiale; Bonifacio VIII spada spirituale- che discende direttamente da Dio e può essere esercitato solo dal Papa - e spada temporale – intervento con la forza, che è anch’essa del Papato, ma viene da delegato). Filippo il Bello convoca per la prima volta gli Stati Generali (rappresentanti della nobiltà, dei milites, della chiesa e della borghesia ricca (terzo stato). Lo scontro va verso forme pericolose. Bonifacio VIII è molto irritato. Filippo IV il Bello ritiene che sia il caso di far dichiarare decaduto il Papa e pensa di andare a catturare: il prestigio del Papato non è più così non scalfibile. Arriva in italia un esercito guidato da Guglielmo di Nogaret (settembre 1303) arrivano ad Anagni a tu per tu con il Papa; Sciara Colonna affrontò a tu per tu il papa e gli mollò uno sonoro schiaffo. Il papa morì un mese dopo: si è ipotizzato che possa essere morto di rabbia e umiliazione. Il papato entra in crisi e da lì a due anni viene eletto Clemente V, Bernard De gout arcivescovo di Bourdeaux: gallicizzazione della curia. Non è il primo papa francese (Martino IV venti anni prima), ma la Francia già da tempo condizionava il papato: Carlo I d’Angiò, che caccia nel Sud Italia gli ultimi Svevi, fa prendere al papato decisioni a lui gradite e riempie la curia di cardinali francesi sin dal 1270. Su pressione di Filippo IV il Bello, il seggio papale viene spostato in Francia: a Bouderdaux per 4 anni, poi ad Avignone in Provenza (1309-1377). Si susseguono 7 papi francesi nel papato avignonese, che è stato giudicato dai contemporanei e da una tradizione storiografica come il 45 momento di massima mondanizzazione del papato, completamente piegato al potere temporale e politico del re di Francia. Estremamente proiettato nella dimensione temporale e mecenatistica, mantenimento di una corte sontuosa. Giovanni XXII e Innocenzo VII: crociate contro altri cristiani, una addirittura contro Forlì. Avignone quando arriva il papato è una piccola cittadina, mentre dopo anni diviene una delle più popolate città della cristianità. La storiografia più recente ha cercato di edulcorare la vicenda: il papato avignonese dal punto di vista morale fu molto discutibile, ma fu un’esperienza di primissimo ordine dal punto di vista burocratico, amministrativo e fiscale (Avignone e Parigi fanno quasi a gara nel superarsi in questa questione: il papato fece due censimenti a fini fiscali e militari nel 1371 di Bologna e della Romagna di primissimo ordine). Il periodo avignonese è caratterizzato da un forte bellicismo. La vicenda dei templari è esemplificativa della stretta dipendenza del papato alla corona inglese: questi in duecento anni erano divenuti ricchissimi e in europa tutti i potenti europei per stare tranquilli di andare in paradiso lasciavano le proprie ricchezze alla Chiesa e ai Templari. Filippo IV il Bello non solo mette le imposte sul clero, ma mette gli occhi sul tesoro dei templari (in gran parte franco-inglesi); il sovrano in accordo con Clemente V comincia a diffondere voci infamanti sui templari e comincia a sollecitare processi contro i Templari a cui Clemente V si presta: il papa invia comunicazioni ai vescovi di indire processi sui templari. Ci fu un solo grande arcivescovo che si rifiutò: Rinaldo da Concorrezzo (un milanese, aricovescovo di Ravenna: giurisdizione su tutta l’italia del Nord, che non conobbe la persecuzione dei templari). Jacques de Molai (1314: bruciato il gran maestro dei Templari sulle rive della Senna). Vennero eliminati tutti fisicamente (persecuzione dal 1311/1312 al 1314 e il tesoro imcamerato in parti più o meno uguali dal regno di Francia e dal papato avignonese) Quando il papato tornò a Roma nel 1377 le cose non sono tranquille perché ha sì vinto la fazione italiana, ma a fazione franco-provenzale non ci sta: scisma di Occidente (1337) che spaccò i vari regni in obbedienza romana e obbedienza avignonese (1420-1430). Conciliarismo: voleva che la cristianità fosse guidata da due enti, Papa e concilio cardinalizio, una diarchia che è saltata dopo alcuni decenni (la Chiesa tremò). Nel 1409 ci furono 3 papi; con Martino V si tornò alla normallità. L’impero non sta molto meglio dopo la morte di Federico II (1250): Manfredi, sconfitto, e Corradino (decapitato dagli angioini a 16 anni). L’impero è diminuito anche dal punto di vista ideologico: da Carlo Magno e Federico II per 450 anni è stato un tutt’uno con il papato e ha ritenuto di avere un potere universale e mistico, che insieme all’azione papale doveva redimere l’intera umanità (impero sinonimo di pace e sicurezza: ordine contrapposto al caos dei regni nazionali. Questa concezione inizia a frantumarsi. Rodolfo d’Asburgo sarebbe dovuto essere imperatore intorno al 1370 (ma fu ostacolato dalle famiglie): si succederanno nella carica imperiale Asburgo e Lussemburgo. Queste nuove dinastie austro-tedesche-boeme (Praga molto importante tra 300-400) non si prefigge più quel ruolo universalistico che è stato dai tempi di Carlo magno: potenza domestica, ossia nell’area austro.tedesca-boema; l’Italia viene abbandonata: l’italia non è più il giardino dell’impero e diviene un’area marginale (le grandi questioni si risolvono nell’area austro.tedesca-boema). L’impero deve fronteggiare i regni nazionali e gli stati regionali costituitesi nella Penisola italica grazie all’espansione comunale. Ci sono eccezioni su questo panorama di fondo. Enrico VII di Lussemburgo (1308-1313) è un imperatore che è rivolto ideologicamente al passato (una di quelle figure che non accettano la realtà presente) e vuole ricostituire la potenza imperiale e la prima cosa necessaria è la ripresa dell’Italia. Dante che è esule, gli scrive 5 lettere e lo esorta a scendere in Italia. Nel 1310 scende in Italia, dove viene visto come un capo-fazione, il capo dei filoimperiali di Italia e non riesce a imporre la figura autorevole dell’imperatore; ad esempio a Milano (Toriani vs Visconti), i secondi si servono della presenza di Enrico VII per scacciare i primi. 46 Viene percepito come parte in lotta, sebbene l’imperatore dovrebbe essere super partes; a Brescia e Firenze non gli aprono neppure le porte. Fa l’errore di mettersi in lotta contro Roberto d’Angiò (Siciliaagli aragonesi; mentre gli Angioini Sud Italia), a capo di una specie di monarchia teocratica, che minacciò Enrico VII di distruggerlo al suo primo passo. La discesa in italia fu un susseguirsi di umiliazioni. Muore il 24 agosto 1313 a Buonconvento nei pressi di Siena in circostanze misteriose. Ludovico il Bavaro scende a Roma e nel 1328 cinge una corona imperiale molto svalutata da Sciara Colonna. Cola de Rienzo (1347-1354) vuole resuscitare una sorte di potere imperiale nella sua persona. Questi eventi e queste figure fanno sì che venga elaborata una dottrina di Marsilio da Padova che scrive un trattato, destinato a un grande ascolto, Defensor Pacis (1324): il potere dell’imperatore è basato sul popolo e prescinde completamente dal riconoscimento papale (fine dell’ideologia politica medievale); l’impero è una realtà laica. Idea nuova che coglie i tempi, un’elaborazione di ciò che è successo. Due Diete di Lanchstein e Reims (1338) confermano il pensiero di Marsilio da Padova. Carlo IV Lussemburgo di Boemia, ma imparentato con l’area boema e vive a Praga, emana la Bolla d’oro (1356): l’imperatore germanico deve essere eletto da 7 principi elettori (3 ecclesiastici e 4 laici): l’imperatore diviene un principe tedesco e non c’è nemmeno più l’ombra di Roma o del Papato. L’impero diviene uno stato tedesco preso dalle esigenze dell’area tedesca. Lez 16 (09/03) Crisi del trecento: inverni rigidissimi e estati poco calde e molto umide che inficiarono i raccolti di quegli anni. Fu un’epoca molto difficile dal punto di vista atmosferico. Ci fu un violento cambio di regime politico in Catai. Nel 1368 abbiamo la fine della dinastia di ceppo mongolico Yuang che era molto aperta nei confornti dell’Occidente; prende potere la dinastia autoctona dei Ming, che vuole rompere drasticamente con la politica precedente: si chiude ogni rapporto commerciale con l’Occidente. Il cattivo tempo e la pesante recessione economico provocano un effetto apocalittico. Tutto il trecento e la prima parte del ‘400 sono epoche di bellicosità armata. Nella penisola iberica è insanguinata dalla reconquista; in più il Portogallo si conquista una propria indipendenza attraverso scontri armati. Francia e Inghilterra si intrattengono nella Guerra dei Cent’Anni (1337- 1453), che si svolse sempre in territorio francese, devastato dalle grandi battaglie campali. Anche in Italia vi è continua conflittualità tra le piccole medie realtà statali: la penisola diviene il paradiso del merceraniato europeo (che nel ‘300 ha il suo periodo d’oro con le compagnie di ventura: grandi compagnie di migliaia di uomini, quasi piccoli stati). Per la cavalleria era onorevole affrontare il nemico a viso aperto con la spada: ora si diffondono tecniche di guerra sleali e cruente (malaguerra: se c’era l’occasione colpire anche alle spalle, distruzione sistematica dei raccolti del nemico, guerra batteriologica attraverso l’uso di cadaveri o carogne -> non si inventano ora, ma hanno il loro apice nel ‘300). ci sono tutte le prerogative per epidemie e pestilenze (ogni 10/12 anni). L’evento più grave fu la Peste Nera (1350-51), la cui origine fu sulle coste del Mar Nero, da dove partì il contagio: ci fu una grave pestilenza murina in Asia e alcune navi arrivarono al posto di Messina con topi infetti e da lì passò all’uomo in tutta Europa. Probabilmente venne a mancare 1/3 della popolazione europeo. Tutto questo mette in moto una ricaduta di effetti consecutivi molto gravi. Queste condizioni terribili che si danno un po’ ovunque portano agli spopolamenti: abbandono di zone della campagna per rifugiarsi in città, dove si riteneva il reperimento di cibo fosse più agevole (spopolamento più in Francia, Germania e Inghilterra: indagini grazie alla fotografia aerea, macchie scure indicano macerie). Riduzione dei coltivi: subisce un contraccolpo il processo di redenzione 47 mercati. A Napoli prende piede particolarismo dei grandi proprietari terrieri e debolezza della corona: si sviluppa il baronaggio (divisione dei latifondi). Pace di Lodi (1454): si arriva a una fase di temporanea pacificazione stabilita tra questi stati e può avere un valore periodizzante per la penisola; non ci sono guerre dirette per i successivi 40 anni, ma attività di carattere spionistico e tentativi di congiure. Si parla di politica dell’equilibrio: non si mettono le mani addosso, ma non c’è pace effettiva. Questo durerà fino alla discesa di Carlo VIII nel 1494: dal punto di vista politico entriamo nell’età moderna e le guerre di Italia ambita da Francia e Spagna. Lez 17 (11/03) Recupera primi 30 min Il tormento degli Umanisti. Il disegno della Provvidenza divina inizia a scricchiolare: sentendo che questa interpretazione non basta, cercano qualcosa che possa dare loro un conforto, che può venire dal mondo classico. Il mondo latino e la lingua latina può offrire qualcosa a cui aggrapparsi: il latino dei grandi autori classici ha un valore enorme, perché è una maniera di comunicare con il mondo e il prossimo chiarissimo (ha una logica matematica). Avere delle categorie mentali limpide è il primo fondamento di un agire responsabile nei confronti degli altri. C’è la scoperta della filologia (nasce nel ‘400, apice nell’ 800 tedesco), che consente una comunicazione chiara tra un documento e chi la riceve. Tale disciplina studia i testi antichi e li vuole rendere nella maniera più corretta possibile nel modo in cui è stata scritta (igiene della parola). Cronaca di Patrizio Ravennate, un cronista di cui conosciamo solo una bella cronaca sotto il suo nome, ma della sua persona non si conosce nulla. Tale cronaca ci è giunta in due codici: uno tardo quattrocentesco (Ravenna) e uno cinquecentesco (Ferrara). Dal 1124 al 1178: Ciro è presa dai cristiani. Si è scoperto che Tiro nel libanese è stata presa dai cristiani: i due codici riportano un termine sbagliato (probabilmente copiandosi malamente: i copisti ci hanno portato fuori strada). Thomas Beckett nel 1170 è stato ucciso in chiesa (nella cattedrale di Canterbury , nel testo Cartusiensis, ma sarebbe dovuto essere Canterburiensis), per ordine di Enrico II Plantagenete. Per gli Umanisti l’età precedente (ME) fu l’età della poca chiarezza del linguaggio, egemonizzato dalla Chiesa per condizionare la libertà. Gli umanisti non sono atei. Lorenzo Valla (1140: falsità della donazione di Costantino, IV sec: modi di dire e parole che in quel secolo non sarebbero mai corse, ma è lessico carolingio). Gli umanisti guidano verso forme di libertà intellettuale, ma oltre al tormento di fondo (nel superare la rivelazione cristiana), c’è anche del pessimismo: la libertà è anche pericolosa, perché l’uomo ha in sé tutto (il sommo bene e il sommo male). L’uomo creatura in continuo movimento e continuamente insoddisfatta. Se si torna al discorso della periodizzazione, gli umanisti definiscono la loro epoca come aetas recentior (si parla ancora in maniera generica) rispetto al periodo romano e al suo imbarbarimento. Tale corruzione per Leonardo Bruni è venuta dall’interno del mondo latino, mentre per Biondo Flavio è venuto da fuori, dai Germani che si sono mescolati con Roma, divenuta ibrida e spuria. Busti usa l’espressione media tempestas e sostiene che Niccolò Cusano sia stato il più grande erudito della media tempestas: non c’è ancora la percezione del medioevo e sfugge ancora la definizione categoriale precisa che adottiamo oggi. Si percepisce che c’è stato qualcosa tra loro stessi e Roma. Un ulteriore passo in avanti viene fatto con Giorgio Vasari, il quale è il primo a scrivere una storia dell’arte occidentale tardo-medievale (in primo luogo italiana). Le vite dei più eccellenti pittori, architetti e scultori: ‘400 e ‘500 sono stati secoli d’oro dell’Italia. Su Michelangelo Buonarroti, Vasari dice mentre gli artisti si affaticavano a cercare di continuare a insegnare il grande insegnamento di Giotto senza riuscire, il Grandissimo 50 Rettore del cielo ebbe pietà e mandò fra gli uomini un semidio a insegnare come si faceva (…) che doveva mostrare la perfezione dell’arte del disegno. Michelangelo insegna a questi artisti l’arte del disegno, che secondo il Vasari è fondamentale per qualsiasi struttura: linearità e armonia, valori del mondo classico (non ci può essere nessuna opera senza un disegno sottostante: da qui il disprezzo per la pittura veneziana, considerata puro colorismo e impressionismo). Prima di Giotto c’è stata un’arte bizantina (priva di vita) oppure arte gotica (usato come sinonimo per disarmonico, brutto). All’inizio del ‘500 vediamo forme di umanisti francesi e tedeschi (in parte in Inghilterra anche se solo grazie a Polidoro Virgilio, quindi non è un discorso autoctono). L’umanesimo d’oltralpe ha anche aspetti dissimili da quello italiano (in comune: orgoglio di vivere in un’età considerata nuova e di progresso; gusto della classicità, anche se più temperato e vogliono recuperare i valori della propria gente – anacronisticamente potremmo dire nazionali – legati alla propria strutture linguistiche e usanze): nasce una divaricazione perché sì viene ammirato il mondo classico, ma si vogliono sottolineare esperienze legate alle strie particolare di queste culture transalpine (non molto interessanti per gli umanisti italiani) come le invasioni barbariche (per italiano: caduta della romanità; mentre per i tedeschi ovviamente è importante e l’impero romano germanico per loro è la massima espressione del mondo tedesco). Ad ogni modo ognuno contribuisce a una conoscenza di quell’epoca, sebbene con tratti dissonanti. In più oltre agli umanisti italiani, sottolineano l’aspetto della corruzione del Papato, di Roma e della Chiesa: si diceva non a caso Radix Omnium Malorum Avaritia (intesa come brama di possesso); Lutero si innesta su un filone che era già vivo. L’umanismo tedesco condivide alcuni valori con quello italiano, ma se ne discosta per altri. Nella storiografia protestante esplode una polemica violentissima con Roma: Lutero e tesi di Wittemberg (1517). Historia Ecclesiastica messa a punto fra il 1559 e il 1574: si compone di diversi volumi ed è una storia del Cristianesimo e della Chiesa, che si concentra sempre più su Roma dagli inizi fino al XII-XIII secolo. È il manifesto della cultura luterana, gli autori sono diversi, coordinati da Matias Vlacic (Flacius Illiricus), un dalmata, trasferitosi in giovane età in Germania. Il testo è un attacco frontale alla Chiesa di Roma, la cattiva storia e la corruzione di Roma durante i secoli, il cui merito è quello di aver battuto diversi archivi e la ricostruzione della storia “medievale”. Vengono portati tanti tasselli al mosaico che sarà poi il ME. Questi autori sono ricordati come centuriatori di Magdeburgo. Questa Historia è una ricostruzione per secoli: precedentemente di rado si inserivano anni; sono i primi a dare ordine cronologico e a dividere per secoli. Papessa Giovanna punto più basso della storia della Chiesa secondo loro (Alain Boureau, La papessa Giovanna): storia è stata trasmessa da Martino Polono, cronista polacco del ‘400, e ripresa poi da altri e poi fatta esplodere dai protestanti: tra 853 e 855 (secolo nero del Papato), Giovanni VIII che in realtà sarebbe stato una donna, anglica, studiata teologia a Magonza, arrivata a Roma e divenne Papa nascondendo il suo sesso femminile. La papessa sembra essere stata rimasta incinta e in una processione, arrivati all’altezza di S. Clemente a Roma ha partorito dopo che il cavallo impaurito l’ha urtata a terra. Sarebbe nata di lì la diceria che quando veniva eletto un Papa bisognava verificarne la virilità attraverso la sedia stercoraria (fare papa). Sono però state rinvenute sedie stercorarie risalenti al III-IV secolo. Lez 18 (14/03) Riprendiamo la questione della definizione della categoria storiografica del ME. Nel corso del tardo ‘500 e primo ‘600 incontriamo atteggiamenti storiografici in particolare in Francia, Germania e GB (per l’affermazione dell’Italia si deve aspettare Ludovico Muratori), dove fiorisce una storiografia 51 che porta altra acqua al mulino della conscienzializzazione del concetto: storiografia delle monarchie (assolute: anche se di assoluta c’è solo la Francia). È una storiografia che celebra l’idea di nazione, nazionalità, l’esaltazione del potere costituito e l’instrumentum regni delle Chiese (esaltazione dell’idea nazionale/monarchica). È una storiografia principalmente erudita, che ha di mira il sapere filologico (anche la filologia sta muovendo i suoi primi passi) e ha di mira la pubblicazione a stampa di documenti, da cui emergono dati importanti per quanto riguarda la costituzione delle monarchie; guarda ai secoli precedenti, che sarebbero poi stati chiamati ME. Tenta di ricostituire le storie delle monarchie e delle nazioni. In Francia abbiamo Pierre Pithou, un erudito calvinista, che ha rapporti con la corona di Francia, scrive dell’alto ME della Gallia e fa l’edizione di documenti, che riguardano le corti franchi e visigotici (anni ’80 del ‘500). Egli mette in luce quei secoli che avrebbero costituito l’alto ME di quelle aree. In Germania un erudito che scrive nei primi anni del ‘600 Heinrich Canisius. Egli scrive un’opera meritoria per la cultura germanica alto medievale e pieno medievale; fa l’edizione (sono tutti editori di documenti: le fonti sono vergini in questi anni, tutti da editare) di carattere giuridico che riguardano il diritto di famiglia, la costituzione della famiglia. In GB abbiamo William Camden e Henry Savile. Camden è il primo fondatore della cattedra di Storia alla università di Oxford, anch’egli editore di documenti ed è sepolto a Westminster Abbey. C’è un fermento che porta alla conoscenza di vari momenti che si chiamerà alto ME, pieno ME. Nel 1611 viene pubblicato Gesta Dei per Francos di Jacques Bongars: sono una raccolta di edizioni (messe a disposizione di coloro che possono leggere) di cronisti cristiani delle crociate. È Dio che agisce attraverso le spade dei Franchi: fortissimo provvidenzialismo medievale e il nazionalismo che sta crescendo sempre di più (tasso ideologico fortissimo: esaltazione della monarchia assoluta francese). Alcuni cronisti della V crociata erano editi solo da Bongars vent’anni fa. Du Cange è autore del primo dizionario medievale (1678) Glossarium Mediae ed infimae Latinitatis (è un latino diverso da quello classico: costruzione sintattica più semplice e non c’è sempre il rispetto delle declinazione; pertanto è più semplice, ma anche più irregolare). Questo glossario è ricchissimo di termini del latino medievale, che vengono estrapolati dalle fonti e queste ultime vengono spesso dichiarate; questi termini sono legati alla vita quotidiana e questo ci ha portato notevoli conoscenze in più (non c’è l’elevatezza concettuale del latino classico). Con gli umanisti e la letteratura/storiografia protestante si è dato inizio alla lettura in negativo del ME: gli umanisti con il loro tormento (vedono male quell’età di mezzo e le catastrofi del ‘300 che hanno diffuso una cattiva opinione). La terza grande lettura negativa sarà data dagli illuministi e da Voltaire, che ha determinato la nostra bassa opinione del ME. Una prima risposta cattolica all’analisi protestante è data da Cesare Baronio, capo della archivio segreto vaticano: egli ha voluto un’opera di 12 volumi (1588-1607) Annales Ecclesiastici: i 12 volumi sono in folio con cui si definisce il formato base del volume (45x28) e sono dedicati a ricostruire la storia della Chiesa dalle origini al 1198, anno in cui viene eletto papa Innocenzo III (stessa partizione cronologica dell’Historia Ecclesiastica). I protestanti avevano messo in campo, oltre alla papessa Giovanna, anche altri argomenti, delle profezie in base alle quali sarebbe nata questa religione, che si sarebbe chiamata cristianesimo con un papa che sarebbe divenuto l’Anticristo; i protestanti dicevano anche che si potevano portare le prove di queste profezie: profeti gentili (quelli ebraici dell’antico testamento), coloro che non hanno conosciuto la luce di Cristo, una figura mitica Ermete Trismegisto, molto citata nel ME, e avrebbe anche lui preconizzato la chiesa romana e la sua bestializzazione; anche oracoli delle Sibille, nella tradizione antica donne con capacità di predire il futuro. Gli annales ecclesiastici rifiutano e smentiscono tutte queste fonti, additandole come esoteriche. Il limite del testo è una certa macchinosità e pesantezza: si sente tutto il peso di un’erudizione noiosa e impegnata a difendere una certa tesi. Questo è il primo 52 rapporti stretti; capacità oratoria in grado di sedurre ogni ascoltatore: teneva incontri ovunque (persino in Russia presso la corte di Caterina II e nella Prussia di Federico II, popolo di soldati) e quanto diceva diveniva legge (per sfortuna del ME). V era l’uomo più famoso del ‘700 europeo: incarnazione dello spirito laico irridente di un certo illuminismo e del tipico salotto parigino settecentesco (aristocratici che si trovano fra loro per parlare di qualunque cosa: valori come sbrigliatezza mentale, chiarezza razionale, culto della battuta folgorante, anticlericismo. Saggio sui Costumi e lo spirito delle nazioni: V vuole ricostruire la storia umana negli atteggiamenti mentali, un’antropologia quasi. Il massimo dell caduta e della bruttura si è avuta nel ME: senza capo né coda, intolleranza, ignoranza, superstizione, sottomissione, perché la Chiesa ha dominato ed è stato il riferimento più alto. L’età precedente dev’essere superata. Il ME è un bersaglio polemico, niente più. Periodizzazione del ME. Perché si periodizza? In primo luogo potrebbe essere un’esigenza didattica, ma non è solo questo: c’è anche l’esigenza di formulare un giudizio. Periodizzare significa formulare dei criteri di giudizio che consentano di dividere in periodi. Si chiamano in causa alcune caratteristiche essenziali, che devono essere strutturali e permanenti nell’organizzazione delle società del passato. Ad esempio nella storia dell’arte il 1492 non ha alcuna valenza, che invece considera la storia economica. Rinascimento è un categoria storico-artistica più che periodizzante: il termine è nato da Michelet, storico francese ottocentesco, che negli anni ’20 scrisse una storia della Francia, dando grande rilievo al ME; poi gli morì la moglie, cadde in una forte depressione, né uscì poco alla volta e improvvisamente guardando la sua opera passata provò quasi fastidio. Le periodizzazione possono avere una certa settorialità e i termini non sono universalmente utilizzabili in tutte le categorie. La storiografia considera i cicli della produttività economica (modalità di produzione delle ricchezze di una determinata epoca: ME legati alla terra e all’agricoltura; età moderna si sposta sui commerci e traffici e sulla trasformazione dei prodotti), le forme dell’organizzazione politica (come si struttura dal punto di vista politica una società: ME concezione sacrale della monarchia/del potere; in età moderna la concezione del potere si laicizza). Sulla struttura di lunga durata hanno luogo le azioni degli uomini, le cui azioni individuali sono la schiuma della storia (l’ultima cosa che schizza e arriva a riva, ma vi è un immenso mare che sta sotto queste). Hanno privilegiato le strutture e forse soppresso un poco la variante legata all’azione umana. Per quanto riguarda il momento iniziale del ME, la storiografia ha fornito alcune indicazione (a oggi superate, ma utili per capire come si sia lavorato). In passato si è spesso cercata una data simbolo: 313 d.C. (editto di Costantino: libertà di culto ai cristiani; ma dato che devono entrare in ballo anche altre caratteristiche, tale data non è del tutto idonea); 330 d.C. (non tanto diversa dalla precedente: anno della fondazione di Costantinopoli, sul villaggio di Bisanzio); 395 d.C. (divisione dell’impero Romano in due sezioni: Teodosio il Grande divide il territorio in Arcadio e Onorio: si spacca l’unità dell’impero romano; sempre troppo settoriale); 410 d.C. (saccheggio di Roma da parte dei Visigoti: caduta della stella polare di tutta l’antichità); 455 d.C. (seconda distruzione di Roma da parte dei Vandali di Teodorico, dalla costa tunisina con una piccola flotta); 476 d.C (caduta dell’impero romano d’Occidente); 568/9 d.C. (movimento dei Longobardi dalla Pannonia/arrivo in Italia: primo popolo barbarico che è del tutto ignaro della grande eredità culturale romana almeno nei primi 40 anni del loro arrivo in Italia; alla fine dopo due secoli avviene una commistione di popoli tra barbari e romani). Pirenne con gli strumenti che aveva negli anni ’30 del ‘900: egli aveva individuato una grossa questione, ossia che l’unità religiosa della penisola non era tale. Egli periodizza con VIII sec. Ogni il discorso relativo alla periodizzazione è totalmente cambiato: non si ricerca più una data. 55 (…) L’età tardo-antica è stata molto valorizzata da Marrou Ascolta ultimi 10 min Lez 20 (21/03) Tardo-antico: definizione data dallo storico dell’arte austriaco. Henri Pirenè Marrou, autore di Decadenza romana o tardoantica. Storico cattolico molto impegnato sul piano sociale, dotto ed erudito di primo piano: forse lo storico più interessante per la formulazione di tardoantico, quello che è riuscito meglio a capire. Egli sostiene con degli esempi l’idea della mescolanza/osmosi/contaminazione/transizione graduale: una trasformazione che non ha i tratti del taglio netto (qualcosa che viene avanti poco alla volta), esclude la l’idea della frattura netta che è stata propugnata dagli umanisti e da Gibbon, storico inglese settecentesco. Quali sono gli argomenti di Marrou? Non c’è frattura, ma una lunga continuità del tempo, non del tutto percepibili con uno sguardo superficiale. Ad esempio il modo di vestirsi cambia (durante III, IV secolo) in maniera sensibile, ma impercettibile per chi vive: nella Roma classica si vestiva con tuniche (ci si vestiva in modo leggero con abiti larghi, comodi, che all’occorrenza potevano anche essere tolti con una certa facilità). I romani hanno una senso della nudità molto naturale: non ha problemi a farsi vedere nudo. Il Cristianesimo non ha lo stesso atteggiamento: in quei secoli poco alla volta cambia la maniera di vestire e al posto di pepoli e tuniche, iniziano a vestirsi con indumenti che stringono il corpo e lo spogliarsi richiede diverse operazioni. Il Cristianesimo è riuscito a instillare il senso del pudore e la vergogna del proprio corpo. C’è una cambio di mentalità e sensibilità. La religiosità pagana è superficiale: molto è stato mutuato dal mondo greco (sincretismo: non hanno grossi problemi di carattere spirituale e c’è un rapporto solare con il pantheon di carattere contrattualistico; do ut des: romano prega la divinità specifica affinché una determinata cosa possa andare bene, non ha rovelli spirituali: religiosità epidermica). Il Cristianesimo invece è una forma di religiosità intima, concentrata, spirituale, si arrovella anche con il suo senso di colpa: religiosità ben più travagliata ed è visibile anche in manifestazioni artistiche del tardo antico che ci fanno capire il movimento interiore che è avvenuto in questi secoli. Si pensi alla statua dell’Imperatore Teodosio (V d.C, conosciuto anche come il colosso di Barletta), il cui sguardo è ieratico, fisso, con la mente in indagine (mentre le statue dell’età classica non hanno nulla di quella ieraticità: basti pensare la statua dell’imperatore augusto a Classe, vicino a Ravenna). La spiritualità cristiana tardo-antica con i resti del paganesimo ha determinato anche un modo di essere in cui prendono forma anche aspetti di esoterismo (il senso del mistero, del fantasmatico: i primi casi letterari di spiritismo e presenza dell’occulto vengano fuori nel tardo-antico: ben più introverso dell’età classica). Marrou sottolinea anche la differenza tra gli aspetti ludici del mondo classico e tardo-antico. Nella classicità c’è il senso dell’atletismo individuale (prima olimpiade 776 a.C.: statue di discoboli o lottatori; oppure il gladiatore del circolo romano; le corse degli aurighi nel circo, i quali erano tendenzialmente schiavi oppure si giocavano la vita per quattro soldi). Nel tardo-antico si afferma il professionismo sportivo, di cui è privo il mondo classico-romano: gli aurighi nel V-VI sec a Bisanzio sono dei professionisti anche parecchio pagati e organizzati in squadre, che disputano campionato (molto meno organizzato sotto questo punto di vista a Roma): hanno sviluppato anche tecniche di sicurezza. Per quanto riguarda le espressioni artistiche. Il mondo tardo-antico sviluppa il mosaico (già presente a Roma) e il dipinto con motivo a intreccio (con trame floreali): il mondo tardo-antico inizia a nutrire una forte diffidenza della rappresentazione dell’essere umano. Tale diffidenza è 56 generata dal fatto che si teme che la figura umana possa dare luogo a fenomeni di adorazione: un rapporto troppo intenso tra l’osservatore e la figura umana rappresentata (come fece anche l’Islam). Il discorso della cesura netta è molto suggestivo, ma molto rozzo: la storia difficilmente ha cesure nette. Gli umanisti è come se si svegliassero dal sonno tra 1300/1400: c’è il senso di una frattura. Edward Gibbon sente il bisogno di fare un viaggio in Italia (Grand Tour): la grandezza di Roma è stata abbattuta dal Cristianesimo (dopo aver osservato monaci che camminano sulle rovine del foro). Il romano a contatto con il cristianesimo si è edulcorato perdendo la sua robustezza morale, che aveva consentito la formazione di un impero. Per quanto suggestiva la tesi di Gibbon, quella di Marrou è storiograficamente più valida (non a caso realizzata duecento anni dopo). Marrou ha trovato un fiero oppositore che è stato un archeologo inglese Bryan Ward Perkins, il quale nel 2005 ha pubblicato un’opera, che anche nel piccolo riecheggia un po’ Gibbon: the fall of Rome and the end of the civilazation. Questo discorso lo sostanzia di esempi ed elementi, di cui si può riscontrare una certa validità. Egli è acuto e suggestivo, ma allo stesso tempo un po’ riduttivo. Quando finisce Roma, secondo Perkins, c’è la fine del benessere dell’area occidentale che ha contribuito alla grandezza di Roma e cade in una fase di malessere e miseria (fine del benessere, che era invece diffuso nell’impero di Roma sul bacino mediterraneo). Questo discorso viene giustificato da lui con l’estrema povertà del vasellame di lusso e pregio: il buon vasellame di prestigio sembra essere sparito nell’area settentrionale dell’Africa e in Siria. Egli chiama in causa anche il medaglione di Senigallia di Teoderico, re degli Ostrogoti in Italia tra V e VI sec. il cui volto non ha nulla di classico: caschetto di capelli e baffi (un re che si presenta come romano, con una formazione barbarica: un imperatore dell’età classica se proprio ha voglia di peli tiene la barba, tanto è vero che la parola baffo in latino classico non esiste e si una perifrasi il labro superiore non è stato raso). Un re che si presenta in quella maniera rappresenta segni violenti nel costume. Il punto forte di WP: con la caduta di Roma si perde completamente la tecnica di costruire delle buone tegole. Si smarrisce quella capacità di costruire le tegole a incastro in maniera tale che l’acqua non passi. Sostiene di non aver mai trovato le tegole romane dell’età classica, come se ci si fosse riprimitivizzati. Mancano i buoni prodotti delle classi medie, che Roma invece produceva. Gli archeologi tardo-antichi dicono che non è del tutto così: è necessario essere più prudenti di WP. WP diviene molto interessante anche per un’altra ragione. Perché mai si è affermata dagli anni 60/70 del ‘900 la visione del passaggio edulcorato e politicamente corretta, mentre in realtà ci sono state devastazioni? Perché tali secoli vengono letti alla luce del tardo novecento: nella storiografia spesso succede che i presente influenzi il passato. Il buonismo di questa lettura è stato ispirato dal buonismo del secondo novecento: la Germania nazista ad esempio si è macchiata di un delitto contro l’umanità e c’è stata l’esigenza di tornare alla normalità dopo l’orrore che si era esperito. Non era possibile fermarsi su questo trauma terribile: tale ruolo della Germania in qualche maniera andava rimosso dopo Norimberga. Si è dovuto rinunciare alle punte di nazionalismo nel secondo ‘900 (non più valido per gli anni 2000), non erano così evidenti come oggi. Questi atteggiamenti possono aver contribuito alla lettura del tardo-antico: non a caso non si parla più di invasioni barbariche, ma di movimenti di popoli. Secondo WP il secondo ‘900 è stata l’età della decolonizzazione: Inghilterra, Francia, Olanda e Portogallo si sono sbriciolati in seguito alla richiesta di indipendenza delle colonie. Con modalità diverse: dalla rivoluzione pacifista di Gandhi, alla guerra francese in Algeria fino al 1960. Il postcolonialismo ha messo in atto spinte culturali molto comprensive nei confronti delle società multietniche, come sono le grandi città del terzo millennio (e come era la realtà tardo-antica). La cultura New Age nata negli anni ’60 negli USA: spiritualismo, istanze e pulsione verso un modo pieno di uguaglianza, amore e pace, che si è codificato negli anni ‘60/’70 (rivolta dei Garofani nel 1974). Dalle università californiane nel 1966 arrivate in Italia nel ’68: cultura antimilitarista e 57 ci si avvicina alla contemporaneità. Nell’alto medievo le fonti sono poche e sparute (VIII-IX secolo), perché si scriveva poco (pochissimi scrivevano) se ci si limita alle fonti scritte, inoltre più si risale nel tempo più le fonti sono oggetto di deperimento, catastrofi, topi… Allora anche il concetto di contemporaneità deve essere allargato (mentre diviene più rigoroso mano a mano che ci si avvicina a noi). Le fonti possono essere scritte o materiali, di cui gli archeologi sono specialisti. Si è capito che l’archeologia può portare dei dati più oggettivi delle fonti storiografiche, che invece sono soggettivizzate dall’autore. Le fonti materiali, come quelle scritte, possono essere intenzionali (una fonte che si propone l’intenzione di trasmettere una memoria avanti nel tempo per i posteri) o preterintenzionali (è una fonte che ci trasmette delle notizie dal passato senza averne l’intenzione). Fonti archeologiche possono essere in alzato o sepolte (la maggior parte): la città di Rimini ha due fonti archeologiche in alzato (ponte di Tiberio, I d.C., su cui sono passati tanks degli Alleati durante la 2GM e l’arco di Augusto). Il ponte di Tiberio è una fonte in alzato e preterintenzionale: non aveva lo scopo di farci studiare tecniche di costruzioni ad esempio. Le fonti materiali sono spesso preterintenzionali, ma possono avere una intenzionalità: le fonti numismatiche ad esempio sono preterintenzionali, ma c’è anche una componente di intenzionalità, perché venivano impresse immagini di cui si voleva conservare il ricordo. Le epigrafi sono fonti materiali preterizionali ma hanno una intenzionalità nel voler trasmettere un ricordo, che vuole essere consegnato alla memoria della collettività; lo stesso vale per fonti pittoriche o scultoree in cui l’intenzionalità è molto forte: si vuole glorificare qualcuno o qualcosa, di cui si vuole trasmettere il ricordo ai posteri. Un’arma è un fonte materiale totalmente preterintenzionale. Le fonti scritte sono prevalentemente intenzionali: ci si applica per trasmettere o ai contemporanei o ai posteri, ma anche la fonte scritte può avere una componente preterintenzionale. Se pensiamo a una cronaca medievale del ‘200/’300 la scrittura che è intenzionale tradisce anche dati di preterintenzionalità molto importanti: per esempio il ritmo narrativo tradiscono molto inconsapevolmente elementi della mentalità generale di quel tempo, come si pensa e come si vive. Se partiamo dall’oggetto che è stato scritto, noi possiamo arrivare a informazioni che non erano nella volontà dell’autore, ma ci giungono comunque: si può comprendere la buona o cattiva qualità di una pergamena (informazioni sul supporto scrittorio), se ci sono miniature si possono cogliere altre informazioni. Le fonti scritte che ci giungono dal ME le possiamo dividere in tre gruppi: fonti narrative (cronache), fonti documentarie e fonti normative. Quasi tutte le fonti giunte dal ME rientrano in questi tre gruppi. Le fonti narrative sono quelle in cui si raccontano delle cose, delle vicende storiche in genere; la fonte narrativa è tra queste tre largamente le più affascinanti, perché non ci sono rigidezze burocratiche, ma c’è una persona che scrive e con la quale sostanzialmente leggendo, si dialoga. Il pericolo di tali fonti è quello della grande soggettività: si rischia di aderire troppo alla soggettività dell’autore, che va interpretata, capita e contestualizzata. Un autore va prima di tutto studiato nella sua vita, nell’ambiente che lo ha espresso e ne contesto storico in cui è vissuto (va storicizzato il più possibile). L’Italia è il paese più ricco delle fonti narrative medievali, grazie alle cronache cittadine, ossia storie di una certa città che è stata scritta da qualcuno che ha vissuto o ha frequentato a lungo quella città: sono scritte o da ecclesiastici o laici, in gran parte sono notai. Il notaio scrive la storia cittadine perché è spesso incaricato dal Comune, che vuole ottenere l’autocoscienza, memoria e identità collettiva. Non necessariamente notai, ma in genere sono loro, perché ricchi e pertanto hanno una buona dotazione libraria (prima della stampa un volume di Aristotele poteva costare quanto una casa), cultura retorica-storiografica e per le carte che avevano in casa. Spesso si parte ab imis, spesso si parte da Adamo ed Eva (con molto di 60 favoloso), di mano a mano che ci si avvicina all’età dell’autore la cronaca si fa più credibile. In Francia abbiamo le cronache capetinge (cronache reali con Saint Deny incaricata dalla corona: non cittadine), i tedeschi non erano tanto attenti alla cronaca e anche in Inghilterra qualcuna reale e pochissime cittadine; ci sono anche cronache ecclesiastiche sulle diocesi. Le cronache derivano dagli Annali… Queste liste di anni con gli eventi principali venivano scambiate tra un monastero e l’altro, perché in testa a questi elenchi c’era la data della Pasqua, che veniva stabilita per i 20/30 anni successivi (il meccanismo risale all’alto medioevo: è la prima domenica successiva al plenilunio, successiva all’equinozio di primavera, che è il punto di partenza). I grandi monasteri franchi avevano esperti di astronomia che calcolavano le Pasqua nei successivi 20 anni. Si mettevano in ordine poi gli eventi accaduti e venivano trasmessi tra i monasteri questi dati fondamentali. Questo patrimonio computistico alla lunga si laicizza e si indagano connessione e cause fra gli eventi: gli Annales si gonfiano fino a divenire cronache. Tra le fonti narrative ci sono anche biografie, ossia racconti delle vite di personaggi illustri (ex biografia di Carlo Magno: De Vita Caroli). Circolavano anche redazioni di miracoli, vite dei santi che dovevano instillare il sneso dell’imitazione del santo. Tornando al mondo laico, le memorie private: diari o libri di famiglia, lunghe composizioni, dove personaggi illustri prettamente toscani. Lez 22 (25/03) Memorie, diari, libri di famiglia I diari, specialmente quelli di viaggio sono, naturalmente, fonti assai succose. Lo stesso Milione di Marco Polo costituisce un repertorio di informazioni preziosissime non solo per lo storico, ma anche per l'antropologo e l'uomo di lettere. Altri due celebri e validissimi diari di viaggio sono quello di Cristoforo Colombo [dalla scrittura particolarmente vivida, vivace. Colpisce soprattutto la narrazione del primo viaggio di ritorno, ben più burrascoso di quello d'andata per via di una tempesta furiosa che coglie le tre caravelle all'altezza delle Isole Azzorre, dove pure esse riusciranno ad attraccare alla fortuna] e quello del vicentino Antonio Pigafetta, che aveva preso parte alla prima circumnavigazione del globo (1519-1521), l'impresa guidata da Ferdinando Magellano. Per quanto riguarda memorie e libri di famiglia, si tratta di fonti narrative particolarmente interessanti. In sintesi, possiamo dire che questa tipologia di fonte narrativa veniva composta con lo scopo di conservare il ricordo, la memoria di determinate vicende. Composte prevalentemente da grandi mercanti e banchieri, ricostruiscono non soltanto le biografie degli autori, ma pure - ciò che le rende ancor più interessanti per lo storico - gli alberi genealogici delle rispettive famiglie, nel tentativo di mostrare le radici più o meno nobili delle proprie ascendenze. Si trattava di scritti quasi mai destinati alla pubblicazione, bensì piuttosto composti "ad uso interno", come provano le ricorrenti allocuzioni a figli e nipoti dello scrivente, invitati a tener care le proprie origini ed esortati ad abbellirle ulteriormente. Quasi tutti i libri di famiglia che possediamo sono di provenienza toscana, specialmente pisana. Uno dei più famosi è quello del fiorentino Giovanni di Pagolo Morelli (1371-1444), autore di una bellissima raccolta di Ricordi, risalente ai primi del Quattrocento, che colpisce per la sua spiccata vena lirico-narrativa e per la profondità dello scandaglio psicologico di cui l'autore si serve per indagare la propria biografia e quella dei suoi antenati. Peraltro, l'opera è ricca di informazioni in materia di commerci, di prassi matrimoniali e testamentarie, di politica interna ed estera della Firenze del tempo. Insomma, una mole di informazioni tale da costituire una rarità, se non un unicum, nel panorama di genere del tardo medioevo. Fonti documentarie 61 Le fonti documentarie sono probabilmente le fonti più numerose che ci giungono dal medioevo. Si tratta di tutte quelle scritture, di qualsiasi tipo, che si riferiscono a interessi pubblici o privati tipici del momento in cui sono scritte e che intendono trasmetterne il ricordo per vari usi. Possiamo dunque distinguere, con criterio, tra fonti documentarie pubbliche e private. Per quanto riguarda queste ultime, le tipologie sono davvero numerosissime. Quanto a quelle pubbliche, invece, i tipi diminuiscono: abbiamo, ad esempio, patti di alleanza tra enti pubblici, trattati commerciali (tra città, tra compagnie, ecc.; pensiamo ai documenti che ci provengono dalla lega anseatica), trattati di pace, decreti delle autorità sovrane (per es. diplomi imperiali, bolle papali, ordini e legiferazioni "statali" e locali), e così via. Esempi eminenti di fonte documentaria pubblica sono l'Editto di Rotari, la Constitutio de feudiis, la Pace di Costanza. Veniamo ora alle fonti documentarie private. Come già detto, in quest'ambito la ricchezza documentaria (e tipologica) è pressoché infinita. Si tratta di tutta quella variegata pletora di documenti, notificati da notai (è prassi secolare che i notai, dopo un certo periodo di tempo, devolvano alle istituzioni i documenti più datati conservati nei propri archivi), che sanciscono contratti, transazioni, relazioni varie tra privati. Un esempio è dato dai contratti dotali, ma anche dai documenti di costituzione di società commerciali, dai contratti di lavoro, ecc. Un'altra tipologia è poi quella dei testamenti, fonti preziosissime. Il testamento è, infatti, indice assai significativo della mentalità di un individuo e della società cui appartiene, anche per quel che riguarda il rapporto che tale società intrattiene con l'idea della morte. In questo senso, i testamenti medievali sono molto interessanti per indagare quali concezioni della morte fossero diffuse in quei secoli. Abbiamo poi i polittici (molti di questi sono anche altomedievali), cataloghi dei beni posseduti dai monasteri; un esempio è il polittico del monastero di Bobbio, risalente all'862. Ancora, preziosissimi sono gli statuti delle gilde e delle corporazioni; è il caso, ad esempio, dello statuto dei sarti bolognesi. Fonti normative Si tratta delle codificazioni organiche di leggi, dove "organico" vale "che fa corpo". Caso eclatante è, ovviamente, il Corpus iuris civilis giustinianeo. Tali codificazioni potevano essere emanati da enti diversi. Un luogo comune del tutto errato vuole che il medioevo fosse un'epoca di confusione anche dal punto di vista legislativo; in realtà, durante tutto il medioevo, anche nel periodo altomedievale, si legiferò molto, giacché numerose erano le istituzioni titolate a farlo: basti pensare ai capitolari carolingi, alle costituzioni imperiali e ai diplomi di provenienza germanica, alle legiferazioni parlamentari britanniche, agli statuti dei comuni italiani. Questi ultimi, in particolare, sono corpi organici di leggi riguardanti una determinata città e tutto il territorio (il contado) soggetto ad essa. Bologna, ad esempio, ha avuto numerose statuizioni consecutive: dal Duecento fino al tardo Quattrocento, ogni trenta o quarant'anni si redigeva un nuovo corpo di leggi cittadine. L'esigenza di cambiare era dettata da fattori diversi: l'obiettivo era, naturalmente, adeguare le leggi alla realtà, dal momento che, come dicono saggiamente i giuristi, il diritto nasce vecchio. I corpi di leggi dei comuni più importanti erano generalmente articolati in quattro libri, cioè in quattro sezioni fondamentali: strutturazione istituzionale (chi è a capo del comune, quali sono i vari uffici e consigli e i loro rispettivi poteri, ecc.), diritto civile (diritto di famiglia, diritto privato, ecc.), diritto penale/criminale, tutela del territorio e dell'ambiente. Prendendo ancora ad esempio Bologna, uno statuto locale può arrivare a comprendere tra le settecento e le novecento rubriche, com'erano chiamate le leggi (la prima lettera di ogni capoverso di questi codici, vale a dire di ogni legge, era rubricata). Nei comuni minori, diversamente, i cambiamenti di statuto erano decisamente meno frequenti. 62 LS medievista torinese (Torino, Bologna, Pisa e Roma: le quattro scuole medievistiche in Italia), allievo di Giovanni Tabacco. Per LS la storia procede con una certa continuità: non ci sono le fratture nette, anche quando sembrano. LS parte dicendo che il ME è una fabbrica di luoghi comuni: è stata vista retrospettivamente che ha prodotto in chi ha scritto dopo una quantità di immagini che hanno poco a che vedere con la realtà storica. Nella percezione comune dominano ancora queste mitografie e favole, laddove invece la ricerca specialistica ha fatto grandi passi avanti. La ricerca degli specialisti non diventa mai conoscenza comune e neppure una conoscenza da impartire nelle scuole superiori. Iato tra coscienza storica civile e risultati specialistici degli studiosi. Ad esempio l’abuso della parola feudo, feudale e feudalesimo: può andare bene l’uso di questa parola, a patto che si sappiano alcune cose. Altro esempio è il ME come epoca del caos, dove non si legifera: falso; si dice anche ME età dell’intolleranza: innanzitutto questa parola non va bene perché può essere applicato dalla Riforma protestante in avanti (emerge con Erasmo da Rotterdam, John Locke, Lettere sull’intolleranza): nel ME si può parlare più generalmente di rispetto. La dura repressione di tutto quello che è diverso avvenne in gran parte dall’età moderna: il più grande rogo di streghe avvenne nel 1692 a Salem nel Massachussetts. L’età moderna è quella in cui crea la formalizzazione dei diversi saperi e nascono i confini. Semplificazioni e banalizzazioni che divengono l’opinione corrente dei più. Nel ME molti dicono che si facesse solo il baratto: solo nell’alto medioevo, ma ad esempio già i carolingi hanno strumentalizzazioni adeguate. Altro falso luogo comune: ius primae noctis (in realtà si pagava per un matrimonio con 1 dei 2 coniugi fuori signoria) o formariage. Medievalismo e neomedievalismo: quando e come si sono formati, si sono diffusi questi miti (Tommaso di Carpegna Falconieri. Il meidevalismo è il gusto acritico per tutte le cose del ME, un gusto che non ha strumenti critici per affrontare un discorso cosciente sul ME; età romantica è medievalistica: si innalza troppo in contrasto all’età romantica (fino alla metà del ‘800: meidevalismo romantico); neomedievalismo lo si fa nascere dai pre-raffaelliti (tardo ottocento e primo novecento: gusto dei ricchi di fantasticare di vivere nel ME: castelli a imitazioni di quelli medievali). Sono esaltazioni del ME: una percezione distorta del ME, percezione arbitraria del medioevo che soggiace a delle mode. Cellule di risorgimento italiano: comuni contro il Barbarossa. La nostra cultura romantica ha dato questa distorsione; stravolgimento dei valori veri; mistificazione della crociata (uno dei luoghi del ME più saccheggiati): quando si mettono in moto certi miti, ci si sente chiamati in causa. Una città come Bologna (etrusca, bononia, romana, gallica, poi riemerge nel XI secolo): poco chiaro come in un simile accampamento nel XI sorga lo studium; si dice che bologna è una città medievale: bologna turrita (c’erano un centinaio di torri gentilizie che sono state rase al suolo tra fine ‘800 e Ventennio), ma la patina di Bologna medievaleggiante è stata fatta anche ad arte: Alfonso Rubiani (rende più antica bologna: interviene su Palazzo Renzo e aggiunse i merli che fanno tanto ME, ma non erano così; oppure palazzo die Notai, palazzo della Mercanzia; molte case private di committenti che hanno voluto medievalizzare le loro abitazioni). Altri aspetti di neomedievalismo è il gusto per il templarismo: tutto ciò che è templare interessa, perché è stato costruito ad arte. In realtà il tutto si è concluso con un rogo sul Senna nel XVII secolo. Il genere fantasy: Tolkien e il Signore degli Anelli. C’è anche un “ME nero”: gruppi neonazisti che utilizzano simboli celtici, ecc… Giustificazione ideologica di Putin: USSR nasce dal principe di Kiev e dalla sorella dell’imperatore macedone e da lì incomincia la cristianizzazione dell’Ucraina e poco alla volta si arriva fino a Nord, San Pietroburgo. L’Ucraina sarebbe quindi il primo nucleo della Russia; ma nel corso dei secoli 65 l’ucraina diventa qualcosa di diverso: ha fatto parte dell’impero austro-ungarico e della Polonia. Shevcenko negli anni ’30 dell’800 rivendica il senso di nazionalità ucraina. La SISMED: As such, we strongly condemn the abuse of history employed by President Putin in rationalizing Russia’s aggression against Ukraine. History is not owned by states or rulers, and we deplore the use of history to foster enemy images and distorted myths. Sono tutti esempi di deformazione prospettica: si giudica il passato con categorie attuali o per assimilazione nei confronti del passati o per distanziamento da questo. Per assimilazione ad esempio vediamo i castelli medievali o tardomedievali di oggi: ci porta a immaginare che tutti i castelli fossero come il castello sforzesco di Milano; il castello di Walt Disney… si assimila alle nostre categorie visive un passato che in realtà aveva caratteristiche ben più eterogenee (spesso castelli piccoli, in legno che si smontavano). Per distanziamento l’esempio della famiglia mononucleari di oggi deriva da famiglie estese, specialmente tra tardo ottocento e primo novecento, ed erroneamente si immagina che il passato sia sempre lineare: sappiamo che in certi periodi del ME abbiamo avuto famiglie estese, invece specialmente nel tardo ME famiglie mononucleari. Deformazione prospettica anche ad operata degli umanisti: tutti i secoli precedenti catastrofici come quello che avevano visto loro; deformazione prospettica degli illuministi nei confronti del feudalesimo: tutto è feudo e tutto è in rapporto feudale. Il ME come infanzia di EU e culla delle nazioni: ennesima distorsione prospettica, che si era calmata nel ‘900. Il concetto di Europa che abbiamo noi oggi non è quello che abbiamo in mente oggi: da quando comincia a circolare il termine Europa (ossia nel mondo greco classico: hanno sublimato i grandi conflitti dell’essere umano in favolosi miti: Europa era una donna, figlia di Agenore, uno dei re dell’VIII sec. a.C. della Fenici, coste occidentali dell’Asia; tale Europa sarebbe stata rapita da Zeus, la porta a Creta e la mette incinta per poi partorire Minosse, ritenuto primo Re Legislatore: Europa madre di Minosse, presso i Greci comincia a essere sinonimo di progresso, civiltà, raffinatezza. Nel nome Europa, madre di un re civilizzatore, si comincia a indentificare qualcosa di alto, con un principio di superiorità sugli altri popoli. Lez 24 (30/03) Questa linea continua con il fratello di Europa, ossia Cadmo, che viene ritenuto il primo re di Tebe (periodo tebano dopo la guerra del Peloponneso: Epaminonda tebano): sarebbe il primo ad aver introdotto un alfabeto. Le due creazioni di Europa e Cadmo rafforzano il prestigio di queste figure. Che cosa succeda nella presa di coscienza di sé (i popoli a un certo punto della storia si rendono conto della propria eccezionalità). Tra il V e IV sec a.C. la figura di pseudo-Ippocrate ci ha lasciato qualcosa di certo, sebbene sia un profilo sfumato: in uno scritto si parla in maniera velata e allude a due categorie demiche molto precise, ossia Asiatici ed Europei (è la prima volta che compare il termine europeo). Per asiatici si intende coloro che abitano in Asia Minore (Turchia dei Selgiuchidi dall’ XI sec.) e nelle terre più a Oriente dell’Asia minore (Parti o Persiani, che non vengono mai soggiogati da Roma: console Crasso venne sconfitto e ucciso in battaglia). Gli asiatici secondo l’autore sono persone belle, dal fisico armonioso, abbastanza eleganti e abitano aree paludose: sono persone che hanno una complessione psicologiche morbida e disponibile, hanno una vocazione a conciliare le cose. Attenzione però perché questa caratteristica può essere un male: sono persone facilmente assoggettabili e non sanno opporre resistenza a qualcuno che si voglia servire di loro, hanno un atteggiamento passivo che può essere sfruttato dal tiranno di turno. Gli europei invece abitano aree molto poco generose, scabrose e difficili, dove se si vuole ricavare qualcosa occorre spendere 66 molta fatica (non sono solo grandi territori pianeggianti). Gli europei sono abituati dalla natura a lottare e a opporsi alle difficoltà: hanno un carattere fiero e orgoglioso per questo. Non sono facilmente assoggettabili da tiranno e difendono con tutto quello che hanno la loro scarna terra. Per questo gli europei sono fortemente inclini a una partecipazione alla vita pubblica, e quindi alla democrazia. Ad un certo punto europei e asiatici, così vicini, vengono a contatto e tale incontro sarà traumatico: asiatici numericamente superiori vorranno impadronirsi dell’Europa, ma gli europei saranno capaci di resistere e difendersi. Negli asiatici vede i Persiani, che dal 490 a.C., invadono la Grecia con moltitudini di uomini e questi vengono respinti dagli europei nelle varie battaglie di Salamina, Maratona… I Greci sono i difensori dei valori che hanno creato. Pseudo-Ippocrate parla in maniera sinonimica di europei e Greci: Europa è circoscritto alla Grecia, anche perché i greci conoscono l’africa settentrionale, il sud Italia e la Sicilia e forse fino alle coste della Spagna. Il concetto di Europa passa gradualmente al mondo romano, ma rimane un concetto tiepido e non scatta come per i Greci quella identificazione. Resta qualcosa di indiretto che indica un’espressione geografica. Il mondo romano è prettamente mediterraneo (Iberia, Gallia, arriva fino al Reno, arco alpino, penisola balcanica, la Grecia e la costa mediterranea dell’Africa più l’Egitto). L’impero romano riesce a spingersi oltre la manica nella Britannia fino a poco oltre la metà dell’isola (Vallo di Adriano); ma la stessa presenza in Anglia è difficile a causa della fierezza delle popolazioni locali (area che i Romani abbandoneranno nel V secolo). Europa è un concetto geografico a cui fanno poco riferimento. Secondo le descrizioni dello geografo Strabone fa raramente riferimento al termine Europa; Plinio il Vecchio, storico e naturalista, usa tenuemente il concetto europeo. La stessa cosa fa Sant’Agostino: conosce la parola e sa che indica grosso modo l’estensione dell’Impero Romano, ma non costituisce una categoria di riferimento. In età alto-medievali (VII. Sec.) si immaginano tre grandi continenti: terre emerse disposte in modo circolare con Asia in alto, Europa a sinistra e Africa a destra con al centro Gerusalemme, ombelico del mondo. Finche non avremo viaggi e studi nel XII sec. non cambierà la disposizione geografica. Non c’è nulla che ci possa far pensare che a quell’epoca ci fosse una coscienza continentale simile alla nostra. Documento del VIII sec. che si riferisce al 732 (anno della battaglia di Poitiers: arabi contro franchi, guidati da Carlo Martello) : cronaca di un monaco visigoto e usa il termine europeenses per riferirsi ai cristiani. E’ strana questa denominazione: è necessario trovare altre elementi per rafforzare la tesi, perché anche in storiografia una rondine non fa primavera. Si può congetturare che il monaco non abbia usato il termine franci forse per non concedere troppo ai Franchi, lui che era di un’altra etnia: è possibile che si sia un principio etnico per salvare qualcosa che non è esclusivamente franco. Dalla fine del VIII. sec (IX-X) il termine Europa si inizia a usarlo con più frequenza: di Carlo imperatore si davano diverse definizioni tra cui Carulus Pater Europae, sebbene ovviamente non si avesse in mente l’Europa di oggi, ma allo stesso modo tale termine di Europa deve veicolare un messaggio di forza, maestà, grandezza. L’importanza di Carlo Magno e Franchi è stata quella di creare una sintesi di stili di vita e culture diverse che si fondono: la stessa figura di Carlo Magno è l’amalgama di latini e germani. Il termine europeo è probabile che significhi l’adesione al cristianesimo e agli stili di vita dei Franchi. La strutturazione politico-culturale dei Franchi è impregnata di religione: CM chiamato anche nuovo Davide o nuovo Melchisede; i monasteri sono centri nevralgici della struttura sociale, sono centri di politica e non solo di preghiera (importanza del clero regolare su quello secolare). Se Davide era celebre per la sua forza e potenza, Melchisedek per la sua saggezza e sapienza. Il cristianesimo ha forgiato il regno franco e Europa può significare tutto questo. Il valore della Bibbia, che costituisce il caridne fondamentale della 67 Giustiniano “morivano 10 mila persone al giorno”, che è sicuramente un’esagerazione, ma il problema era certamente presente. Nei cronisti medievali fino al Trecento le cifre vanno prese con le pinze (gusto dell’esagerazione); mentre dal ‘300 le cifre hanno molta più aderenza alla realtà. Se vogliamo arrivare a definizione di come fossero strutturati gli insediamenti grosso modo come tipologie (astrazione e semplificazione inevitabili): a parte la città abbiamo il villaggio, le terre comuni e la foresta. Il villaggio era un piccolo agglomerato, in uno spazio che è stato conquistato dalla foresta; le terre comuni sono quelle che si estendono intorno al villaggio: oltre a piccole aree private, sono terre di uso comune che vengono coltivate cooperativamente. La foresta è un luogo oscuro, buio e profondo, dove si ritiene ci siano forze sovrannaturali e dove persino il Sole va fatica a entrare; il concetto di bosco è molto più familiare: boschetto vicino al villaggio che serve per recuperare la legna e in area di influenza longobarda servono anche per il pascolo dei maialini neri (magri e agili, parenti stretti del cinghiale che venivano apprezzati molto: un bosco da 200 o 500 maiali, assunti quasi a unità di misura). Le terre …; terre comunitarie appartengono a una comunità; terre di carattere vassallatico beneficiario. Quelle terre vassallatico beneficiarie erano fatte in gran parte da curtes (come concetto erano lo sviluppo del latifondo romano), su cui gravavano quei pregiudizi che oggi cerchiamo di sfatare: che nella curtis si facessero valere sui dipendenti da parte del signori rapporti violenti e di forza (che si facesse pagare profumatamente qualsiasi cosa); che la curtis fosse espressione di un’economia assolutamente chiusa e che non metteva in circolazione alcunché. Pars dominica (cuore della curtis con tutti i suoi servizi e residenza del signore) e Pars massaricia (dove stavano i vassalli, ossia gli affittuari a cui veniva affidata un’area e corvees, che variavano a seconda della curtis. Questi servizi non nascevano dalla mania tirannica del signore, ma era la maniera attraverso la quale si pagava (era un do ut des: c’era una ratio seppure molto gerarchica). C’era un rapporto contrattuale. Una vera cellula chiusa economica che esiste ancora oggi è il Maso (mansus: appezzamento) chiuso del Tirolo: è una piccola azienda agraria che fino al 2001 prevedeva che questa piccola azienda passasse di padre in figlio (maggiore maschio); mentre dal 2001 può essere ereditato anche da una famiglia femmina. Mediamente dà da mangiare a 3 o 4 persone. Effettivo maggiorascato. La curtis non ha assolutamente queste dimensioni: l’archeologia ha fatto una parte molto importante, avendo scoperto principalmente nelle grandi curtes francese la composizione era di numerosi villaggi (che non erano contenuto in un gruppo unico, ma la pars dominica poteva essere sparsa in varie celle e necessariamente questi vari villaggi dovevano mettersi in comunione fra loro: nacquero piccoli mercati locali). Ci si recava nella pars dominica per portare dei doni in natura (polli, capponi, spalle di maiale, quarti di bue, focacce). Il procedere con questa roba alla residenza del signore si diceva facere curtem (portare omaggi); esisteva anche in misura minore il donativo in denaro: ci permette di capire che era una società in cui il denaro non è sparito del tutto. D’altronde a un certo punto si passa da una economia naturale a una monetaria ci deve essere stato un graduale passaggio. Non è vero che il denaro fosse sparito: ce n’era di meno rispetto all’età romana e a quella tardo medievale. La curtis a un certo punto (XI-XII) tende a trasformarsi: la pars dominica tende sempre più a insottigliarsi e aumenta la pars massaricia. Questo si può spiegare attraverso il fatto che molti contadini chiedono di entrare nella pars massaricia, perché si sentono più protetti: dà dipendenza, ma anche sicurezza. La vita per il contadino da solo era duro: preferiva entrare in queste reti. In più il Cristianesimo si diffonde sempre di più e instilla un senso di maggiore libertà al padrone: nella pars dominica stavano i servi del signore e schiavi, che spesso vengono affrancati e divengono servi casati, ossia acquisiscono una maggiore autonomia e si trasferiscono in pars massaricia. Dopo il Mille abbiamo un numeroso trasferimento nelle città. 70 La pars massaricia ingrossata e divenuta dominante fa si che tra XI e XII la nozione di curtis cambia: non è più una grande azienda agraria, ma una circoscrizione territoriale. Il concetto di curtis si territorializza: passa i secoli e arriva fino a noi. Insediamenti nell’Italia settentrionale. Il termine curtis designa anche un territorio giuridico soggetto a una piccola signoria agraria- territoriale: Castrum cum curte, insediamento fortificato che intorno a una corte, ossia un territorio circostanze su cui esercita una giurisdizione. La figura del servo della gleba è molto suggestiva: nella letteratura ha avuto molta forturna l’immagine del servo della gleba fuggiasco. Nelle fonti sono chiamati adscripti glebae, ma non sono una categoria dominante. Si è calcato retoricamente molto su questo tema. Da sfatare è anche il mito di un unico cristianesimo dominante per tutto il ME: si è tutto impregnato di religiosità, ma non c’è un solo cristianesimo come in età moderna. Il papato solo con molto tempo e fatica riuscirà a unificare sotto un’unica dottrina e culto. In età illuministica francese, come tutti i movimenti che hanno portato qualcosa di nuovo, si è esageratamente additato come negativo quanto lo ha preceduto in chiave polemica: poderosa deformazione prospettica compiuta dall’illuminismo e dai pensatori, che erano per la libertà di coscienza e interpretazione, emancipazione della morale: libertini. Tale termine essendo stato adoperato dagli avversari si è caricato di un’accezione negativa, mentre originariamente voleva significare fautore della libertà, evasione dai principi della morale cristiana. Nel ‘700 in Francia si vede un dominio della censura cattolica su tutto (nasce il gusto per il salotto irriverente), dove effettivamente il papato romano dominava in lungo e in largo; il Concilio di Trento aveva ricompattato le strutture cattoliche in una maniera repressiva e dura (cattolicesimo post-tridentino molto diverso da quello che lo precedeva: si ricoprono le nudità delle arti, centralità assoluta del papato di Roma, rispristinato il culto dei santi, potenziato il culto mariano; la processione viene potenziata, anche perché vista come forma di arruolamento: Trento scoraggia il pellegrinaggio (rischio di peccato) e alza le processioni, perché limitate con una loro gerarchia precisa. La pervasività nella vita quotidiana; controllo delle coscienze dei fedeli (confessione potenziata). Questo è quanto viene vissuto dai settecenteschi e ritengono, trasferendosi indietro nel tempo, che tutti i secoli precedenti siano stati qualcosa di simile con un medesimo dominio ecclesiastico. In realtà le cose non stavano come si sono sviluppate poi da Trento in avanti: nei secoli precedenti non c’è questa compattezza della dimensione cristiano-romanica. Distinzione tra ecclesiastico e religioso: ecclesiastico indica tutto quello che ha a che fare con il clero secolare (la gerarchia d’ordine: il clero che vive nel secolo e nel mondo, che amministra i sacramenti e cura le anime, il clero che si fa pastore attraverso diocesi, parrocchie). Religioso ha un valore più generico: religiosi sono valori, virtù, tutto quello che ha a che fare in senso più generico e non inquadrato e si attacca meglio al clero regolare, ossia quel clero che è nato in seguito a una regola (quello che noi chiamiamo monachesimo: mentre il monastero stava soprattutto sulle campagne e un monaco è contemplazione e lavoro manuale; mentre nel convento stanno i nuovi ordini religioso che come scopo hanno il diretto intervento nella società). Lez 26 (4/04) Il cristianesimo medievale non è un blocco monolitico, come può parere all’inizio dell’età moderna, ma consta di varie sfaccettature. A proposito del monachesimo, degli ordini mendicanti si procede con diverse definizioni. Si tratta di un’esperienza importantissimo del mondo medievale, sia occidentale sia orientale. Il termine monaco indica una persona che decide di dedicare la propria vita alla ricerca profonda di Dio, della verità della rivelazione cristiana: da monos, unico, solo. Le prime esperienza monastiache derivano dall’impero romano d’Oriente, dove appunto si parlava greco. L’esperienza monastica in Oriente è caratterizzata dal bisogno di vivere il divino in maniera profonda e isolata. I primi monaci 71 compaiono in Palestina e nella penisola del Sinai (II-III sec. d.C.: Antonio e Paconio). Questi monaci vengono definiti come pari del deserto. Si diceva che questo Sant’Antonio fosse stato un grande amico degli animali e lo si raffigurava sempre vicino a un maialino. Questo Antonio fece una scelta di vita anacoretica (anacoreo: mi isolo) in cerca di una verità, quasi fuori dal mondo. Si aggiunge Paconio e nasce poco alla volta il monachesimo orientale: questi erano influenzati dalle religioni vicine dell’Oriente (ci deve essere stato un contatto del cristianesimo originario con queste forme religiose). Sceglievano di vivere il resto della loro vita su una colonna. Si comincia a codificare questa vita selvaggia sotto la regola di Basilio di Cesarea, ritenuto fondatore del monachesimo orientale: si istituisce una prima forma di cenobitismo (koinos bios: vita comune). Acquisiscono il costume di radunarsi fra loro e fare vita comune in al massimo 3/4 monaci in laure, ossia dei piccoli monasteri. Il momento mistico-ascetico rimane sviluppato e la vita in comune frena gli eccessi solipsistici. Si tratta di un monachesimo astratto lontano dalla vita di tutti i giorni: si sviluppano importanti monasteri come Santa Caterina del Sinai, il tempio di Atos in Grecia… Il monachesimo occidentale è abbastanza diverso da quello orientale: successivo rispetto al precedente e inizia anche qui con esperienze isolate; trovano una prima codificazione nell’Italia centro-settentrionale e in Irlanda. L’Irlanda è una terra che viene cristianizzata molto presto: S. Patrizio (IV-V sec.; Scozia successivamente con Gregorio Magno). Il modello letterario è La Navigazione di S.Brendano, che risale al X sec. ma si rifà a un modo di essere monaco in Irlanda di secoli prima. Questo S. Brendano naviga verso l’estremo settentrione d’Europa e cristianizza abitanti di queste terre (vicino isole Far Oer). Il massimo valore dei monaci irlandesi è diffondere il cristianesimo attraverso la navigazione: il monaco irlandese non è tale, se non si mette in viaggio per mare (proselitismo, sacrificio). A Bobbio c’è un monastero che venne fondato da un irlandese S. Colombaro tra il 612 e il 614: monastero di obbedienza irlandese, che dopo un centinaio di anni è divenuto benedettino. Benedetto da Norcia (480-…), la critica storiografica sembra mettere in dubbio la sua effettiva esistenza; alcuni uomini che decidono di mettersi insieme attraverso una regola, ossia ora et labora. È un’esperienza molto più concreta di quella orientale: il monachesimo benedettino vuole mettere insieme la ricerca di Dio interiore nel proprio animo e valori di praticità, ossia l’essere utili e l’interazione con la società. Si vuole interagire con il lavoro: divengono quasi tutti agricoltori (siamo durante la guerra greco-gotica). Dove fondano i loro monasteri, intorno a loro si raccolgono persone che fondano diversi insediamenti. Il labora è dapprima un lavoro muscolare, ma tra i più colti diviene anche la conservazione di un patrimonio culturale che è finito tra le loro mani (come i monaci amanuensi). Il monachesimo benedettino conosce evoluzioni e involuzioni. Sorge nel VI secolo e le reti di grandi monasteri divengono fondamentali per il sistema carolingio. I grandi monasteri dell’età carolingia subiscono forme di privatizzazione: questi monasteri cadono sotto il controllo di grandi famiglie (in certi casi anche a una singola persona). Non è un fatto positivo, perché i monaci presenti finiscono per dover assolvere a esigenze di chi tiene il controllo del monastero. Alla lunga c’è una certa scontentezza e si attuano diverse riforme. Nasce la nuova congregazione di Cluny in Borgogna dove nel 910 viene fondato dal duca Guglielmo I d’Aquitania dove i monaci benedettini saranno cluniacensi: per tagliare alla radice il triste fenomeno della privatizzazione, viene deciso che l’abbazia di Cluny dipenderà solo dal Papa, che sarà l’unico a poter interferire con questa esperienza monastica. Tali monaci abbandonano il lavoro manuale e si specializzato nella preghiera: all’epoca non si leggeva come oggi, non c’era lettura silenziosa e la preghiera ha valore solo se è a voce spiegata e comunitaria. I monaci 72 Valorizzare il culto di Cristo uomo (Maria come madre di Cristo), sofferente (nell’altomedioevo il culto è verso Dio nella sua assolutezza, spietatezza e distanza), Cristo povero e sulla croce. A questo punto si che stride la ricchezza dei monasteri (tardo XII e XIII secolo) con la nuova sensibilità acquisita. Le forme monastiche perdono quella forza propulsiva precedente e non hanno più quel rapporto stretto con la società. Lez 27 (6/04) Erroneamente si equipara il ME all’età feudale: questa falsa convinzione si è consolidata nell’Illuminismo e solo dalla metà del ‘900 hanno iniziato a cambiare con Bloch (un conto è la signoria, un altro il sistema vassallatico-beneficiario: feudalesimo è stato usato impropriamente indicando dei poteri signorili) con La Società feudale (1940). Il sistema-vassallatico beneficiario è stato un fenomeno di carattere giuridico-militare e non socio-economico, come era stato letto in precedenza. La deformazione prospettica inizia a essere percepito con il periodo rivoluzionario in Francia. I rivoluzionari del 1789 proclamavano a piena voce la necessità di abbattere i privilegi feudali, ossia tutti quei privilegi nell’ambito del latifondo che i signori tenevano e divenivano un carico pesante per i sottoposti. Questa organizzazione economica della terra era caratterizzata da privilegi e oppressioni, che loro chiamano feudali: immaginano, con una linearità che la storia non ha mai, che tale sistema possa essere traslato senza modifiche indietro di secoli. Questi privilegi feudali sarebbe più corretto chiamarli privilegi signorili (andare al mulino del signore per macinare il proprio poco grano e si doveva pagare un onere; attingere acqua alla fonte controllata dal signore; dovere di fare legna, pagando cospicui balzelli; anche la corveè vista come un’oppressione feudale). La pressione del padrone sull’affittuario era pesante. C’è chi ha considerato questo stato come conforme alle leggi di natura: Henri de Boulanvilliers (La vita di Maometto: in una luce di attenzione e curiosità, senza aderire al cliché del Maometto delinquente e ladrone come anche solo Dante fece). Egli si occupa anche della Francia dell’epoca e scrive L’Etat della Civilization (1727), dove dice che il feudalesimo è una forma di organizzazione giusta e naturale, perché così vanno le cose in natura, ossia c’è un più forte a un più debole ed è naturale che chi detiene il potere assoggetti chi non lo tiene. Henri de B. è stato un sostenitore di Luigi XIV: la società deve essere fortemente gerarchizzata e con un forte potere centrale. Montesquieu che introduce nell’Esprit de Lois (1748) la separazione dei poteri dello Stato moderno occidentale. Scrive anche Lettere Persiane, un romanzo epistolare in cui fa la satira della società francese del suo tempo: si immagina che due persiani giungano in Francia e osservino i costumi dei francesi e se ne stupiscano. Si dedica attenzione all’individuo e alla persona: l’affermazione del giusnaturalismo (esistenza di diritti inalienabili che si acquisiscono nel momento della nascita). Il feudalesimo calpesta i diritti della persona. Nel corso del ‘700 tale feudalesimo viene visto negativamente insieme a coloro che dispongono di privilegi, ossia i grandi latifondisti, classe militare e il clero. Voltaire scrive Saggio sullo spirito e sul costume delle nazioni (1756, stile del pamphlet): vuole provare a ripercorrere la storia umana per dimostrare che ci sono stati periodi più felici e più oscuro. I periodi felici sono quelli in cui ha dominato uno spirito laico, mentre quelli oscuri dalla superstizione e dal timore, imposti dalla religione. Per lui il feudalesimo è un fenomeno assolutamente regressivo e negativo e lo vede nel dominio brutale, conseguente a una conquista militare, di un popolo su un altro. Il concetto viene esteso rispetto al suo senso originale. Giambattista Vico (precede cronologicamente di qualche anno Voltaire) scrive i Principi della Scientia Nova (1725): compendio di sperimentalismo (ogni cosa per essere affermata deve essere dimostrata: si esce dall’aristotelismo con il principio d’autore) e platonismo religioso (filosofia e teologia che devono andare a braccetto). Nella dottrina dei corsi e ricorsi storici parla anche di 75 feudalesimo. Egli distingue un’età primitiva/divina (uomini quasi come bestioni che non si sanno spiegarsi le cose e hanno bisogno di credere in qualcosa di sovrannaturale), età poetica ed eroica (compaiono eroi e poemi, dove la poesia riesce a mettere in campo i propri fantasmi), età civile e pienamente umana (l’uomo ha conquistato una serie di categorie razionali). Il feudalesimo è una fase di dipendenza e assoggettamento che tende a ripetersi, perché è quasi inevitabile in ogni tipo di sviluppo. Verso la fine del ‘700 si consideri Adam Smith (La ricchezza delle nazioni, 1776) è cosciente della rivoluzione industriale. La ricchezza si basa sulla produzione di cose e oggetti che vengono irradiati nella società e comincia a non basarsi più sul possesso della terra (sta sorgendo qualcosa destinato a soppiantare il possesso della terra come fonte di reddito primaria). Il pensiero dominante economico era la fisiocrazia: ricchezza basata sulla terra (i paesi più ricchi siano quelli che hanno la più forte produzione di beni agrari). L’Inghilterra per la sua produzione industriale sarà predominante per tutto l’800. Il feudalesimo inteso come grande proprietà terriera è destinato a essere soppiantato. Marx porta in sé il germe della cultura positivistica tedesca, attraverso cui si mettono a fuoco aspetti di carattere economico e di diritto (due grandi campi di battaglia, oltre alla filologia). In Das Kapital fa un’analisi sul passato e tiene uno slancio profetico futuro, dove quel selvaggio sfruttamento non esista. Parlava di stadi: fase primitiva, fase schiavistica/asiatica (grande civiltà classica), fase feudale (ME: sfruttamento dei contadini, ancora sul livello degli Illuministi; feudalesimo è una forma di organizzazione dell’economia fondiaria e un sistema di rapporti di produzione); fase capitalistica; fase socialistico/comunistico. Non ha inventato lui questo pensiero: è un pensiero che ha alle spalle parecchi secoli e lui lo ha sistematizzato in maniera più rigorosa). Marc Bloch è stato uno studioso di straordinaria caratura. Ha insegnato a Strasburgo (dove erano mandati i migliori per fare concorrenza ai tedeschi), poi Parigi. I re taumaturghi: libro dotto in cui fa dialogare la storia con l’antropologia, perché studia quella proprietà che si riteneva avessere i re francesi nel ME: guarigione con l’imposizione delle mani. Va all’origine di questa proprietà, indaga la psicologia collettiva delle masse e indaga anche in altre società per venire a scoprire che tali avvenimenti accadevano anche in altri tempi e altri luoghi. Fonda Les Annales, dove si propugna una storiografia totale che sappia collegare vari temi (non sono un lavoro delle classi dirigenti per le classi dirigenti). L’apologia della storia: lo studio della storia ci emancipa dall’io, dall’adesso e dal qui, ti insegna a uscire da te stesso ed essere meno egocentrico. La strana disfatta (1940): i francesi avevano costruito la linea Maginot che venne passate dai tedeschi come se fosse niente. Questo perché la Francia era un paese corrotto e marcio che si è salvato soltanto grazie al generale De Gaulle (soppiantando la repubblica di Vichy di Petein). Queste amare riflessioni lo spingono ad aderire alla resistenza; verrà poi catturato nei dintorni di Lione e viene fucilato il 16 giugno 1944. Bloch scrive La societè feudal: definisce che non sono feudali i rapporti della signoria feudale e i rapporti vassallatico-beneficiari sono di carattere giuridico-militare. Boutruche scrive Signoria e feudalesimo: poteri signorili che non sono i poteri vassallatico- beneficiari-feudali (che sono calati dall’alto), ma sorti dal basso: non si riceve alcuna investitura, ma ce la si conquista da sola. I poteri signorili erano ben più diffusi in età medievale in Francia. Lez 28 (08/04) Il ME è stata un’epoca connotata più da un modo di essere latino o latino-mediterraneo? È un falso problema che ha afflitto a lungo la storiografia: ci sono stati intensi fenomeni di ibridazione. La storiografia da tempo ha capito che noi constatiamo che nella formazione dello sviluppo di questo grande periodo troviamo elementi sia della cultura latina sia di quella germanica, senza un predominio dell’una o dell’altra. 76 Per un certo periodo ha predominato la cultura germanica del ME. Nell’ultimo ‘700 e primissimo ‘800 vediamo l’espansione militare della Francia verso Oriente (spedizione russa di Napoleone). Napoleone porta sui fucili le idee della .rivoluzione francese (sebbene ben più temperata di quella del 1789): i cannoni di napoleone sottolineano la preponderanza francese sul continente, che procura non pochi fastidi all’area germanica. L’ondata napoleonica per la prima volta mette in atto forti sentimenti nazionalistici germanico-tedeschi. Non è solo un fatto militare, ma anche culturale: Napoleone viene visto come personificazione dell’Illuminismo francese con il suo movimento cosmopolitica, laico e questo mette in atto in area germanica sentimenti opposti: nazionalismo, riferimento religioso molto forte, e al disprezzo del ME si contrappone una venerazione per il ME, da cui nascono i fondamenti della cultura monarchica. In tutti questi elementi si vedono i valori fondanti della cultura della nazione tedesca: siamo agli antipodi dell’illuminismo francese (Möser, cantore dell’antica gloria germanica con l’impero ottoniano, degli Svevi; Novalis, poeta dello Sturm und Drang). Un altro movimento che dà impulso al germanesimo, con la sua impronta filologica, è la fondazione del Monumenta Germaniae Historiae: storicizzare il più possibile le fonti medievali che sostengono questo discorso con un rigore filologico che conferisca maggiore affidabilità e validità alla formazione della nazione tedesca (Karl Lachmann). Questo movimento cresce nel corso del tempo e la storiografia tedesca si specializza in più aspetti: studi biblici… Questo intenso lavoro filologico porta come conseguenza un forte approfondimento della storia medievale tedesca, che viene dissodata. Assieme all’oggettività scientifica si specializza anche un altro aspetto: questi studiosi si imbattono in un testo latino tra I e II sec. d.C. che dà loro una certa ebbrezza. Si tratta del Germania di Tacito, che è un difensore dei diritti del Senato contro il potere imperiale. Tacito scrive questo testo nella celebrazione dei Germani e fa specie che un romano conservatore scriva un testo favorevole ai popoli Germani. Tacito afferma il carattere particolare di quei popoli: alti e massicci, forti fisicamente, robusti e atti alla guerra. Si esalta anche per la loro capacità accontentarsi di poco, esprimono una grande solidarietà reciproca, vivono in villaggi nomadi, hanno valori comunitari solidissimi e praticano il comunismo dei beni (non hanno il concetto avido della proprietà privata latina). Questo testo alimenta questo spirito germanico e pangermanico (includendo tutte le popolazioni di origine germanica). Markengossenschaf: villaggio comune. 9 d.C: anno della disfatta romana dell’assedio di Teutoburgo, situato più a Oriente del Reno. A Teutoburgo un esercito romano di tre legioni viene sorpreso da schiere germaniche guidate da un capo Arminio (divenuto mitico nel mondo tedesco). Cortuberio: 7-8 uomini; Centuria: un centinaio di uomini; Coorte: 300/400 uomini; Legio: 3000/4000 uomini. Quando Augusto ricevette la notizia di Teutoburgo, pare che avesse quasi perso il senno. Se Roma ha perso contro i Germani, allora questi erano invincibili: Tacito più che celebrare i Germani, vuole innalzare la sconfitta di Roma: gli avversari erano invincibili (si tratta di un tentativo di riscattare la delusione di Teutoburgo). La nazionalizzazione delle masse: parte dai primordi della nazionalizzazione della Germania (700/800) fino a Hitler, il quale ha trovato un terreno favorevole. Questi valori che riprendono gli storici germanici del primo ‘800, secondo una certa lettura, sono stati contaminati e corrotti dall’interazione con il mondo latino. Non è escluso che questo egualitarismo originario possa essere confluito nei vari Engels e Marx: c’è un fondo di questo tipo. Bisogna fissarsi su un’area circoscritta e approfondire quell’area sotto più punti di vista possibile. Gli Annales francesi hanno la necessità di mettere a fuoco e fissarsi un obiettivo preciso, cercando di comprenderlo il più possibile. Kulturgeschicte: cultura come intreccio di relazione; una corrente 77
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