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Storia Medievale (riassunto manuale Provero-Vallerani), Sintesi del corso di Storia Medievale

Mio riassunto del manuale di storia medievale (di Provero e Vallerani) che ho usato per sostenere l'esame presso Unito.

Tipologia: Sintesi del corso

2019/2020
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Scarica Storia Medievale (riassunto manuale Provero-Vallerani) e più Sintesi del corso in PDF di Storia Medievale solo su Docsity! STORIA MEDIEVALE INTRO Gli umanisti del XV secolo individuarono una media aetas che si frapponeva fra loro e l’età classica. Vedendo nello Stato il modello politico più alto ed essendo gli ultimi secoli del medioevo caratterizzati da frammentazione dei poteri, non potevano che essere visti con grande disprezzo. La nozione di medioevo resta utile come convezione per indicare due fasi di profondo mutamento: - la trasformazione del mondo romano tra IV e VI secolo - la formazione dell’Europa moderna mille anni dopo. La transizione dall’antichità al medioevo è segnata da importanti cambiamenti: 1. delle fedi religiose 2. della distribuzione dei popoli in Europa e nel Mediterraneo (i barbari) 3. dalle forme di circolazione economica Molte date sono state proposte come “inizio” del medioevo: - 476, la fine dell’Impero d’Occidente - 410, il sacco di Roma - 324, la fondazione di Costantinopoli - 313, l’editto di Milano Cap.1 L’Impero cristiano Intoro alla fine del II secolo d.C. termina l’espansione militare dell’Impero che si stabilizza. In ambito europeo i confini sono segnati dal limes del Reno e del Danubio. Il limes è una zona di incontro-scontro e scambio tra le popolazioni, quelle interne ed esterne all’Impero che non è uno spazio di civiltà omogeneo ma è coordinato da un’ottima macchina statale, fiscale e militare che durante la seconda metà del IIII secolo subisce una profonda crisi con lotte, continue successioni e la presenza di più imperatori. Nel 285 il potere imperiale viene ripristinato da Diocleziano (pag.8). Si crea una polarizzazione fra Oriente (Diocleziano) e Occidente (Massimiano in Gallia). Alla diarchia si sostituì una tetrarchia: ai due Augusti si affiancano due Cesari (Galerio e Costanzo Cloro – collaboratori e successori naturali). Questo polo, Oriente-Occidente fa sì che Roma perde la sua funzione di unica capitale: nel 324 l’imperatore Costantino fonda Costantinopoli che diventa da subito sede imperiale, non è capitale ma si comporta come se lo fosse, ha un Senato ad esempio (sebbene sia solo un’appendice di quello romano), dal V secolo diventerà una vera capitale (residenza stabile dell’imperatore e sede di un vero Senato), questa maturazione fu resa senz’altro possibile dalla divisione stabile del potere imperiale tra una parte orientale e una occidentale (territori così vasti, diversificati e minacciati sul piano militare necessitavano della presenza diretta dell’imperatore, perciò occorreva una spartizione)  nel 395 con Teodosio I ci fu una divisione stabile dell’Impero: i figli Arcadio e Onorio ottennero rispettivamente Oriente e Occidente. La macchina statale imperiale necessitava di un afflusso costante di denaro per poter sostenere i tre grandi capitoli di spesa: - La burocrazia - La capitale 1 - L’esercito L’imposta principale del prelievo fiscale era l’annona (gravava sulle popolazioni rurali in base sia all’estensione delle terre, sia al numero di contadini presente su esse; i curiales, membri dell’assemblea cittadina avevano l’incarico di riscuotere l’imposta e di girarla nell’apparato imperiale. I curiales dovevano intervenire in prima persona in caso di riscossione insufficiente). Le imposte non rimanevano all’interno della singola provincia ma andavano a sostenere i costi complessivi dell’impero (pag.9). Intensa circolazione fiscale, fatta di moneta e di beni di primo consumo sulle sponde del Mediterraneo. Solo nel quadro dell’immenso potere imperiale romano si vede un’interdipendenza tra regioni lontane e produttivamente diverse. Con la fine dell’espansione militare cambia anche l’economia romana (le conquiste acceleravano l’economia: imposte, bottino, prigionieri di guerra), prima di tutto con il declino delle funzioni economiche della schiavitù (pag.10). L’esercito era uno dei capitoli di spesa più onerosi dello Stato: si trattava di un esercito stipendiato. La leva obbligatoria andava scomparendo tassa sostitutiva che i grandi proprietari pagavano per esentare dal servizio i propri coloni. Con questa tassa l’Impero poteva nutrire, equipaggiare e stipendiare l’esercito. Nel IV secolo vanno definendosi - i comitatenses  forza mobile che accompagna l’imperatore - limitanei  guarnigione posta a difesa del confine (il limes) Fuori dal limes ci sono i barbari. Barbari o Germani? In ogni caso sono (fra III e VI secolo) gruppi poco strutturati che si muovono ai margini di un sistema politico molto strutturato (l’Impero romano). I popoli militarmente più forti erano i più stabili ed erano delle forze di attrazione. Fra III e IV secolo la struttura più attraente era l’Impero romano. L’esercito aveva continuamente bisogno di uomini ed era pronto non solo a stipendiare ma anche a promuovere. Così, gruppi organizzati si inserirono nell’esercito e nei territori dell’Impero. Il processo di penetrazione di gruppi barbarici entro l’Impero si protrasse fino a una grande accelerazione le cui fondamenta furono poste dalla spinta degli Unni sui popoli dell’Europa orientale, generando una reazione a catena di movimenti verso l’Occidente, che determinarono una pressione dei Visigoti (re Alarico) che finirono presto per dedicarsi a forme di saccheggio nei Balcani. L’imperatore Valente attaccò ma nella battaglia di Adrianopoli del 378 morì sul campo di battaglia. L’impatto è fortissimo, segna una grande divaricazione fra Oriente e Occidente. Le due parti dell’impero sono divise tra i figli di Teodosio I. Nel primo decennio del V secolo c’è un’intensissima mobilità militare all’interno dei territori imperiali da parte di eserciti che non si riescono a identificare chiaramente come romani o barbari; sono eserciti formati e guidati da barbari ma inquadrati nelle gerarchie dell’esercito romano, combattono al servizio dell’Impero e al contempo per le loro personali ambizioni. In sostanza l’esercito romano è costituito da soldati di origine barbarica, è frammentato in corpi militari non coordinati che seguono le politiche dei loro capi o degli aspiranti al trono. Il limes perderà di efficacia e nel 410 viene violato il centro reale con il sacco di Roma (da parte dei Visigoti), centro dell’Impero da secoli mai colpito. Questo è l’avvio in Occidente della formazione del regno romano-germanici. 2 dell’impero. I regni appaiono come riproposizione su scala regionale di meccanismi tipici dell’età imperiale. I nuovi dominatori rielaborano e semplificano l’eredità amministrativa romana. Nasce un sistema politico nuovo: le forme di retribuzione dell’esercito (invece degli stipendi hanno concessioni di terre), il maggiore o minore peso della componente romana ai vertici del regno, il ruolo politico dei vescovi in qualità di consiglieri del re. La rinuncia progressiva al prelievo delle tasse e la rottura dell’interdipendenza fra regioni lontanissime. Le tasse in età imperiale servivano per sostenere la capitale, la burocrazia e gli eserciti ma i regni romano-germanici spesso non hanno una capitale (non come era stata Roma), la burocrazia ha un apparato più leggero, l’esercito non è più stipendiato perché ricompensato con concessione di terre. Cap.3 la Simbiosi franca - I Franchi svilupparono una vera e propria simbiosi con la tradizione romana, un’unione che costituì un nuovo popolo. - In due secoli diventarono il regno più potente d’Europa e posero le basi per l’espansione carolingia alla fine dell’VIII secolo. Tra III e V secolo i Franchi entrano prima in contatto con l’Impero romano e poi assumono il controllo della Gallia. La Gallia era stata un luogo di integrazione fra Romani e Celti. Fu un ambito di affermazione di famiglie che concentravano il proprio patrimonio e la propria azione all’interno della Gallia, la potenza dell’aristocrazia senatoria era sempre più interessata a occupare cariche ecclesiastichefunzioni vescovili (obiettivo più appetibile per le famiglie che volevano aumentare la propria preminenza sociale). Su questa regione nel V secolo prese potere il popolo dei Franchi. Sono una confederazione di tribù, non sono nomadi ma sono molto diversi dai romani, sono estranei al concetto di latifondo e di città, sono pagani. Si avvia poi un processo di romanizzazione. Perdendo l’Impero il controllo della Gallia, i Franchi diverranno componente fondamentale dell’esercito romano e attori principali della regione. La prima azione che da soldati al servizio dell’Impero li rende autonomi attori politici è nel 451 (pag.46): Childerico I contro i Visigoti arianiuna “guerra religiosa” contro i Visigoti ariani. Clodoveo (figlio di Childerico I), con la vittoria nel 507 della battaglia di Vouillé, sottomette i Burgundi e riduce drasticamente il dominio dei Visigoti. Segna l’affermazione del suo gruppo parentale: i Merovingi. Nel giro di pochi anni Clodoveo e il suo popolo si convertono al Cristianesimo cattolico. Le implicazioni politiche sono forti: dalla conversione i vescovi convergono attorno al potere regio, questo diede una grandissima legittimazione al re franco da equipararlo a Costantino, modello di tutti i re. Iniziarono fasi di solidarietà tra regno ed episcopato. L’integrazione tra i Franchi e i Gallo-romani diede vita a un’aristocrazia mista, capace di usare modelli politici differenti. L’attenzione per il latifondo, il radicamento in città e l’occupazione delle cariche ecclesiastiche Gallo-romano e le capacità militari, la vicinanza al re e i sistemi di legami clientelari dei Franchi. Il potere dei vescovi va via via accentuandosi (pag.48). I vescovi sono politici e hanno forza politica (vedi le storie di Martino di Tours) affiancano i re a corte, sono ricchi, loro e le loro sedi perché si accumulano le ricchezze per le donazioni ricevute, è il vertice della diocesi, della vita religiosa regionale, sono portatori di cultura. Oltre alle sedi vescovili nascono altri enti religiosi, si sviluppano i monasterivedi Benedetto da Norcia e la sua Regola in Italia (pag.50). In Irlanda il monachesimo assume una grande attenzione per la dimensione penitenziale e per la spinta missionaria. 5 La ripresa di forme e strumenti di governo della tradizione romana fu espressa con evidenza dalla redazione scritta delle leggi franche, la lex Salica, voluta da Clodoveo nel 510. Una redazione scritta era una scelta tipica della tradizione romana, del tutto assente nella tradizione germanica. Riprendono un modello romano ma le leggi non sono un sistema politico imperiale (pag.53). Cap.4 la rottura del Mediterraneo romano La grande stagione delle conquiste aveva indotto una sorta di crescita drogata, sostenuta dall’ingente afflusso di bottini e di schiavi. La fine dell’espansione militare fa sentire il peso dei costi dell’unificazione (del Mediterraneo). Possiamo leggere il mutamento della rottura dell’unità politica attraverso quattro aspetti. 1 LE CITTA’: il tramonto del sistema imperiale allontana le élite dalle città. Per essere potenti era sempre meno importante vivere in città, era sempre più importante valorizzare le proprie ricchezze e cioè le terre. Lo spazio urbano si frammenta in una serie di piccoli insediamenti discontinui. La trasformazione più radicale fu Roma. Venuto meno l’Impero e il suo sistema fiscale si sosteneva con le risorse che provenivano dal Lazio e dalle terre del suo vescovo disperse in varie parti d’Italia (la popolazione arriva a 20.000 abitanti). Poche città avevano una forte vocazione commerciale, porti come Marsiglia vivevano grazie ai traffici commerciali ma le altre città dell’Impero videro le loro ricchezze ridotte così come si ridussero i beni provenienti da altre regioni. 2 LE RETI INTERREGIONALI DI SCAMBIO: I commercianti utilizzavano le infrastrutture nate per garantire il sistema fiscale. Con la conquista vandala della Tunisia nel 439 si ruppe l’asse fiscale Roma-Cartagine, che garantiva alla capitale il rifornimento di grano nordafricano. Roma continuò a servirsi di grano per via commerciale (non fiscale), quindi meno grano e a costo più alto, di conseguenza la produzione africana si riduce, si abbandonano laboratori e officine. 3 LE FORME DELLA PRODUZIONE: La specializzazione produttiva che era un punto di forza nel sistema economico e fiscale romano diviene un fattore di debolezza in un quadro di isolamento e ridotta circolazione. Le aristocrazie impoverendosi non sostengono un rilevante sistema di produzione e scambio. 4 LA SOCIETA’ CONTADINA: I contadini rappresentano il 90-95% della popolazione. Essendo l’autonomia contadine inversamente proporzionale alla ricchezza aristocratica, ed essendo i contadini che garantiscono la sussistenza e lo stile di vita delle élite e mantengono l’esercito, nel momento in cui l’aristocrazia è complessivamente più povera, il controllo che esercita sui contadini e la relativa pressione è di molto inferiore. Dopo la sconfitta di Adrianopoli del 378, l’Oriente riesce a mettere un freno efficace alle spinte barbariche. Costantinopoli nel corso del V secolo assume le funzioni di capitale dell’Impero, in parallelo al declino di Roma (Costantinopoli si pose al centro di un dominio che comprendeva gran parte del Mediterraneo orientale e meridionale, con le coste e ampi settori dell’entroterra dalla penisola balcanica fino alla Libia), inoltre si pone in diretta continuità con l’Impero cristiano del secolo precedente. Vediamo tre aspetti di questa continuità. La successione al trono non si era mai fondata su una semplice e diretta ereditarietà. Il consenso del popolo giocava un ruolo fondamentale e su questo si era innestata una visione che collegava l’ascesa al trono alla volontà divina. La dinamica politica nell’Impero era intessuta di scontri, guerre civili e lotte per l’accesso al trono, un principio dinastico inizia ad affermarsi solo nel X secolo. La continuità politica è instabile ma compensata dall’apparato burocratico. Al contrario che in Occidente, in Oriente si conserva la separazione tra incarichi militare e civili e questo impedisce un’eccessiva concentrazione di poteri nelle mani di un singolo. Lo Stato vive sulla relazione tra la 6 corte imperiale, insediata nella capitale, e le province, un centinaio di distretti in cui l’Impero è suddiviso. Per ovviare al complesso sistema documentario e amministrativo (accertare le persone presenti, prelevare le imposte, obbligare al pagamento chi voleva sottrarsi, aggiornare periodicamente i catasti) e per rendere più stabili le entrate fiscali nasce la figura del colono. Una persona giuridicamente libera ma vincolata alla terra (va in guerra il colono tra l’altro… ?!). Giustiniano si mosse in campo giuridico, militare e teologico. Imperatore dal 528 al 565, da corpo a una grande riforma legislativa: il Corpus iuris civilis, un insieme articolato di testi giuridici. Il primo problema affrontato fu l’affollarsi disordinato di leggi. Occorreva un Codice legislativo unitario e coerente. Giustiniano affida il compito a una commissione di giuristi e nel 529 è pronto il Codex, una raccolta delle principali norme dalla fine del II secolo a quell’anno. Vennero poi presentati il Digesto, una raccolta di scritti giuristi, le Institutiones, destinati all’insegnamento universitario del diritto, e infine le Novellae, le nuove disposizioni imperiali. Questi quattro testi, il Codex, il Digesto, le Institutiones e le Novellae componevano il Corpus iuris civilis. Dal punto di vista militare tentò di riunificare l’Impero; riconquistò la Tunisia (sconfisse i Vandali di Belisario) e l’Italia (ostrogota) e gran parte delle coste mediterranee della Spagna (i Visigoti) – pag.69. Dal punto di vista teologico tentò ugualmente di ricostruire l’unità religiosa dell’Impero. I problemi si erano spostati dal piano trinitario a quello cristologico. La questione non era più legata alle diverse persone della Trinità ma alla convivenza in Cristo di due nature: umana e divina (pag.70). - Antiochia Nestorio e il culto di Maria (condannato al concilio di Efeso del 431) - Alessandria il Monofisismo, una sola natura (condannato al concilio di Calcedonia del 451, che propone però una soluzione di compromesso con il Diofisismo, è sempre questo concilio che ratifica l’ascesa di Costantinopoli, capitale, al ruolo di sede patriarcale) - Ogni divisione teologica aveva una sua autonomia, urgenza prioritaria era sanare questi conflitti. L’impegno imperiale era tendente a tutelare l’unità della teologia cristiana, Giustiniano interviene condannando i Tre capitoli, testi diofisiti le cui formulazioni più spinte portavano all’accusa di Nestorianesimo. Era una sorta di tentativo di via di mezzo (pag. 72) ma il progetto fallì, le chiese d’Occidente respingono le posizioni imperiali mentre il vescovo di Roma si adegua e altre importanti province ecclesiastiche danno vita a uno scisma. PARTE DUE – Capitolo 1, Nobili, chiese e re: ricchezze e poteri Fra VI e VIII secolo l’Europa occidentale è decisamente più stabile rispetto ai due secoli precedenti, eccetto l’Italia per la conquista dei Longobardi. I regni altomedievali non sono un dominio assoluto da parte dei sovrani e neanche una libera e anarchica azione delle aristocrazie. Si tratta di un equilibrio re e aristocrazie. Il regno visigoto (con la conquista della penisola iberica) nel VII secolo era la struttura politica più forte e coesa. L’Arianesimo è pressocché cancellato. Nel 654 vengono redatte le leggi dove è manifesta l’influenza del diritto romano. Il concilio di Toledo rende chiara la cooperazione fra sovrani e vescovi. Le isole britanniche restano caratterizzate da alta frammentazione politica, sono divise in una moltitudine di regni. 7 Fra VII e VIII secolo si afferma l’identificazione di una capitale, Pavia, fino al secolo XI. Fatto non scontato: i Franchi, il regno che aveva integrato in modo più efficace le forme politiche romane e germaniche non l’aveva! La religiosità longobarda al momento della discesa in Italia comprendeva credenze pagane tradizionali e Cristianesimo ariano. A differenza degli Ostrogoti, dei Vandali o dei Visigoti non si delineò mai una chiara distinzione od opposizione tra Romani cattolici e Longobardi ariani. In Italia quindi non si realizzò quel processo di simbiosi tra regno e vescovi; le cariche vescovili non divennero un obiettivo per le élite del regno. Nacque un’ostilità tra regno e vescovo di Roma che non si supererò mai. Era una frizione politico militare, due contrapposte ambizioni egemoniche sulla penisola papa Gregorio Magno (590-604) si trovava a rafforzare il ruolo politico della città: il momento di grande debolezza che viveva l’Impero in Italia era un’opportunità interessante per colmare un vuoto di potere. La comunità cittadina in tutti i momenti di difficoltà faceva riferimento al vescovo. Editto di Rotari del 643 leggi promulgate dei re longobardi. La scrittura delle leggi è parte di un processo di rafforzamento regio. Come per altri regni romano-germanici la scrittura (in latino) delle leggi è sempre la ripresa di un modello politico romano. Si tratta della trascrizione di antiche consuetudini del popolo longobardo o di un’opera di legislazione ex novo? Viene redatto nel centro del potere regio, a Pavia, Rotari mette al centro la propria persona e si proclama autore di un’azione innovativa (pag.109). L’editto rivendica una più forte centralità regia, mette in evidenza la centralità del re. La connotazione etnica lascia più spazio per quella politica: il popolo sono i sottomessi allo stesso re. L’Italia del VII secolo era una società impoverita, l’unica distinzione giuridicamente rilevante è fra servi e liberi. Rotari impone il potere regio e afferma la sua centralità giudiziaria come regolatore dei conflitti interni alla società. Declinando la capacità politica dell’Impero il quadro politico italiano era polarizzato attorno al regno longobardo e al papato. L’elezione regia proseguiva tramite il meccanismo elettivo ma emerge una tendenza dinastica che era quella di considerare il sangue della discendenza del candidato al titolo regio. È il caso di Liutprando (712-744) che governa per trent’anni. È il prestigio del padre che gli permette di diventare re e il prestigio di Liutprando farà diventare re suo figlio. Tramite la sua azione militare si avvertì la possibilità reale di dominare tuta l’Italia, anche se ciò non avvenne. Dal punto di vista legislativo promulgò 150 articoli di legge ed emerge nei contenuti la chiara ideologia cattolica e l’impegno a schierarsi come difensore della fede e delle chiese. La collaborazione con i vescovi però non si instaurò e questo significava mancanza di un sostegno materiale (le chiese sono ricche), mancato appoggio politico (le chiese condizionano la coscienza dei fedeli), mancanza di un appoggio culturale (le chiese erano i soli centri di elaborazione di una cultura scritta ad alto livello). Da Liutprando ad Astolfo (metà secolo VIII) il regno longobardo si era consolidato. Vennero istituiti i gastaldi, funzionari politici che rafforzarono i rapporti re-sudditi a sfavore del potere dei duchi. I re si occupano di costruire una rete di fedeltà. I gasindii (i fedeli armati) e i gastaldi divennero i rappresentanti del re. Ormai Romani e Longobardi erano integrati e non era più possibile alcuna distinzione etnica. I Longobardi si proiettavano minacciosi sulle altre parti della penisola ma l’equilibrio tra Franchi, Longobardi e papato si ruppe. La Chiesa vedeva nei Franchi dei validi protettori a sostituire un Impero ormai incapace. Nel 754 Pipino il Breve sconfigge il re Astolfo e consegna Ravenna alla Chiesa di Roma (fine pag.113 descrizione). Vent’anni dopo Carlo Magno sconfigge definitivamente i Longobardi e si titola re dei Franchi e dei Longobardi. Cap. 3 Impero Carolingio 10 L’Impero carolingio è la più alta simbiosi tra potere regio e sacerdotale. Si aprono orizzonti culturali e commerciali prima assenti. Impero ed ecclesia non sono Stato e Chiesa ma due modi di leggere la stessa realtà. Fra VII e VIII secolo nei regni merovingi si afferma un nuovo gruppo parentale: i Pipinidi. Pipino il Breve nel 751 sale al trononel 754 il nuovo papa Stefano II prende atto che l’Impero Longobardo è una continua minaccia e che l’Impero di Bisanzio non è più in grado di offrire protezionelegame con i Pipinidi. Pipinodeve mettere in atto un sistema di legittimazione sul piano cerimoniale, politico e storico (pag.118). Merovingi re fannulloni La tradizione politica franca prevedeva che il potere regio fosse considerato parte del patrimonio del re, era perciò diviso fra tutti i figli maschi. PipinoCarlo e Carlomanno. Carlo rimasto unico re da l’avvio a un’impressionante campagna di espansione che gli meritò il titolo di Magno. La conquista più importante fu l’Italia longobarda perché qui affrontò la struttura territoriale più definita e conquistando l’Italia il rapporto con il papato fa un salto di qualità, premessa per trasformare il regno in Impero. La conquista non comprese tutta l’Italia, la geografia subì un ulteriore articolazione tra aree franche, bizantine, papali e longobarde (pag. 120-121). La novità radicale fu l’incoronazione a Imperatore di Carlo Magno, la notte di Natale dell’800 da parte di papa Leone III. Si associava Carlo alla memoria di Costantino, il primo imperatore cristiano. È un’alleanza (pag.123), è inoltre un atto di concorrenza e di ostilità nei confronti di Bisanzio, che si poneva a sua volta in un rapporto di continuità con Costantino e l’Impero romano. Una tensione latente rimase sempre, il papato nonostante l’unione con Carlo, non eliminò la sua volontà espansivavedi la Donazione di Costantino pagina 123. Il re è itinerante, l’Impero vasto, non poteva dare vita a forme di governo direttosono necessari delegati. Per l’efficacia del potere serve coordinamento fra aristocrazie laiche e le chiese. - Aristocrazie laica contigovernano un territorio (comitato) a nome del re, sono guide militari assolvono le funzioni della giustizia e si occupano del prelievo (prospettiva statale basata su un sistema di deleghe e di responsabilità). Le aree al confine militarmente più delicate sono organizzate in circoscrizioni più grandi: le marche, affidati ai marchesi. La forza dell’Impero si espresse nel separare la potenza personale di conti e marchesi da quella esercitata a nome dell’Imperatore (funzione di coordinamento). Essi assumevano la funzione in aree lontane dalle proprie regioni di provenienza. Le congiure così erano intelligentemente evitate. Ci sarà poi un’evoluzione con una convergenza tra potenza dinastica (il patrimonio del conte) e funzionariale (i compiti che assolvevano per conto del regno). - I legami fra Imperatore e realtà locali erano garantiti dai missi regisfunzionari che garantivano il collegamento tra centro e periferia affiancando, controllando o sostituendo i conti. Il potenziamento dei Pipinidi nel regno franco si attuò grazie alla capacità di coordinare l’aristocrazia in un sistema clientelare con implicazioni militariil rapporto vassallatico: un uomo giurava fedeltà militare a un potente ottenendone una protezione e sostegno economico, la concessione della terra, un beneficium. 11 Raccomandarsi in vassallaggio attraverso un rito simbolico, pag.126. La rete di vassalli era possibile anche nei confronti dei conti. Tante singole potenze unite, coese e forti, controllate dal re. Dopo Carlo Magno tutto questo cambia: si perde ricchezza quindi benefici quindi alleanze. Pauperesi poveri, gli uomini liberi, i sudditi. Sono spesso sconfitti perché sottomessi o asserviti ma chiedono aiuto al realla giustizia regia. È importante non tanto l’esito delle liti (perdevano sempre) ma il fatto che sappiamo che le questioni venivano portate davanti alla giustizia regia e che i gruppi rurali la ritenevano credibile ed equa nell’ affrontare questi processi. Dall’800 in poirapporto di cooperazione tra papato e Impero (entrerà in crisi con la Riforma ecclesiastica dell’XI secolo). All’interno del dominio franco ci sono chiese episcopali e monasteri che cooperano con il potere regio. I chierici non possono impegnarsi militarmente ma potevano essere missi regi, la funzione dei compiti era più indefinita, la componente giudiziaria e politica prevaleva. I vescovi si consideravano collaboratori del re, per garantire la giustizia e la salvezza della società. Anche gli abati dei monasteri erano importanti, seppure non potevano guidare le anime come i vescovi erano nuclei di santità e luoghi fondamentali per l’elaborazione culturale delle narrazioni storiche. Ludovico il PioRegola di Benedetto, consolida la disciplina interna dei monasteri con un unico testo di riferimento. L’ecclesia carolingia, la comunità cristiana guidata dai vescovi e dall’imperatore verso la salvezza. La simbiosi ideologica fra chiese e Impero trovava a corte la sua espressione culturalmente e ideologicamente più alta (pag.131), nella costruzione della memoriache significa operare delle scelte narrative e ideologiche ben precise. Sono le chiese ad offrire ai nostri occhi la rappresentazione del potere carolingio. La cultura di corte operava su ambiti diversileggi, atti di governo, storia dei Carolingi, storia delle singole chiese e dei popoli sottomessi, elaborazione forme liturgiche. Carlo Magno divisione tra i suoi tre figlidivisone dei regni all’interno di un totum corpus regni (pag.133). 814 morte di Carlo Magno Ludovico il Pio è l’eredeOrdinatio imperii e rottura con la tradizione franca di spartizioneribellione del nipote Bernardo che sarà un insuccesso ma ci dice che la rete clientelare dava vita a forme di solidarietà. (pag. 134) Nasce Carlo il Calvo dal secondo matrimonio di Ludovico il Piodecide di ripristinare la successione patrimonialerivolta dei figli nati dal primo matrimonio (Lotario, Pipino e Ludovico)perde il potere nell’833 e lo riprende nel 834, muore nel 840le tensioni sfociano in un conflitto aperto: - 841 nella battaglia di Fontenoy Lotario è sconfitto dai fratelli - 842 i giuramenti di Strasburgo sanciscono l’alleanza tra Ludovico e Carlo - 843 pace di Verdun che pone fine al conflitto con la divisione dell’Impero tra Lotario, Carlo e Ludovico il Germanico. Si rinuncia all’idea di Impero come struttura operativa unitaria. Si costruirono forme di organizzazione politica di respiro regionale, con coordinamento dell’aristocrazia intorno ai diversi re. Storia dei Pipinidi/Carolingi: 1- Dal VII secolo fino al 751 grande dinastia che costruisce il suo potere all’interno del regno merovingio. 12 Fine IX secolo metà X secoloincursioni e saccheggi in Italia, Francia e Germania da parte di Saraceni, Ungari e Normanni. Al di fuori dell’Impero carolingio si impegnarono nella conquista dell’Inghilterra. Non a caso questo periodoImpero in crisiframmentato regionalmentecontrollo militare in crisi. I Saraceniinizialmente si pensava fossero pirati islamiciprovenienza etnica mista invece860 circa, non hanno scopi di espansione territorialeè pirateria marittima che sfrutta la debolezza dei regni di Francia e Italiainteressati al saccheggio. Nel 972 vengono cacciati. Poche fonti e poco oggettive, sono di chiese e monasteri che mettono l’accento sui danni, le violenze e gli orrori. Ungari Germania e nord Italiapopolazione sempre a cavallospesso diventano preziosi alleatisarà Ottone I a sconfiggerli definitivamente nel 955 e stabilmente diverranno alleati della Germania. Normannilo sviluppo avviato da Carlo Magno nei mari del Nord aveva stimolato operazioni commerciali e di pirateria. Normanni=Scandinaviazioni di pirateria; se i luoghi erano ben difesi commerciavano se no saccheggiavano. Ad est prevalse il commercio, emporia. Sui grandi fiumi luoghi fissi di scambio. Nel X secolo gli emporium diventano costruzioni politicheKiev Inizio IX secolopiccole incursioni Metà IX secoloincursioni massive con grandi flotte Fine IX secolostabilimento in Inghilterra, Francia911 ducato di Normandia Grazie all’azione regia ci fu una forma di pacificazione grazie alla concessione di terre e i Normanni si assimilarono ai grandi principati territoriali. Furono gli unici a trasformare la propria azione militare in stanziamento permanente e in dominio politico. Ottone I guidò l’aristocrazia tedesca contro gli Ungari; i grandi prìncipi di Italia e del sud della Francia distrussero la base saracena di Fraxinetum; il re di Francia seppe assimilare i Normanni ai funzionamenti politici del regno. Le incursionistimolano azioni militari localinascita castelli e signorie X-XI secolol’attività legislativa regia è pressocché scomparsa, i provvedimenti hanno un valore generalela concessione di diplomi favorivano i poteri che avevano un rapporto di fedeltà con il re (pag. 161) La crisi postcarolingia non corrisponde alla fine dei poteri regi ma a una profonda ridefinizione della loro funzione politica. I quadri territoriali sono più piccoli, la capacità di condizionare le dinastie e le chiese è ridotta. La modalità di azione è diversa, non tramite leggi ma tramite interventi specifici (i diplomi?) L’Impero carolingio si articolò in 4 regni: Germania, Italia, Francia, Borgogna. Il regno di Borgogna fu la struttura politica di minor durata – dominio concentrato tra Alpi e Rodano (attuali Francia e Svizzera francese). Nel 1034 il regno passa nelle mani del re di Germania, Corrado II. ITALIA: data chiave 888 morte di Carlo il Grosso ultimo carolingio. 888-961 conflitti politici, diversi potenti si contendono il trono (componente dinastica irrilevante), in particolare marchesi del Friuli e quelli di Spoleto. Ottone I unirà poi i regni di Germania e Italia (pag.163) 15 GERMANIA: convivenza fra potere principesco (principio elettivo, lo eleggevano i grandi principi, laici ed ecclesiastici) e potere regio (principio dinastico). Dal 919, sale al trono Enrico di Sassonia, al 1024, morte di Enrico II, la corona si trasmette all’interno della dinastia dei duchi di Sassonia. Ottone I (figlio di Enrico di Sassonia) dal 951 parte alla conquista dell’Italia. Situazione ingarbugliata fra Berengario, posto sotto la protezione di Ottone, quest’ultimo, e suo figlio Liutdolfo. Nel 955 Ottone vince a Lechfeld e mette fine alle incursioni ungare, nel 962 ottiene la corona a Roma. L’Impero è costituito dai regni di Germania e Italia e nel 1034 si aggiunge il regno di Borgogna. Da Ottone si afferma una dinastia regia. Continuità familiare della dinastia come in età carolingia ma con due differenze sostanziali: 1. Successione al trono all’interno della dinastia, sempre con il consenso dei grandi del regno, attraverso una forma di elezione 2. Si forma un’idea di linea dinastica a vantaggio del primogenito Aristocrazia ducalela forza di Ottone è quella della occupazione delle diverse sedi ducali per mezzo di membri del loro stesso gruppo parentale. I duchi sono i cugini, i cognati etc. Ottone IIIRenovatio Imperii (pag.166), linguaggio e cerimoniale imperiale si arricchiscono di elementi tratti dalla tradizione occidentale e bizantina. Il riferimento a Roma non era solo un richiamo al passato ma anche una volontà di intervenire sul presente. Ottone nominerà due papi (Gregorio V, veniva da oltralpe, dall’aristocrazia tedesca), dopo l’Impero carolingio era l’aristocrazia romana che nominava i papi. Le cose cambieranno con Enrico IIapparteneva a un ramo collaterale e promosse l’ascesa di nuovi aristocratici non appartenenti al gruppo parentale regio. FRANCIA: 888 morte di Carlo il Grosso, si passa a Oddone di Parigi, primo re estraneo al gruppo dei carolingi. 987 è il momento fondativo della monarchia nazionale. Finisce la dinastia carolingia e inizia quella capetingia (Ugo Capeto), conserveranno la corona fino al 1328, poi passerà a un ramo collaterale: i Valois (pag.168). Fuori dagli antichi confini carolingi: Inghilterra e Spagna. INGHILTERRA: all’inizio del XI secolo è possibile parlare di regno inglese unitario. Knut, re norvegese, nel 1016 afferma il controllo sui principali regni inglesi. Knut non ebbe seguito ma due furono le conseguenze importanti: 1- Unificazione dell’Inghilterra 2- Integrazione dei regni che si affacciavano sul mare del Nord Battaglia di Hastings del 1066Guglielmo I il Conquistatore diventa re e segna l’affermazione sul territorio inglese dell’aristocrazia normanna. I due processi dei due secoli successivi saranno l’integrazione tra aristocrazia normanna e inglese e la ridefinizione delle gerarchie sociali del potere regio. SPAGNA: la conquista araba dell’VIII secolo aveva dissolto l’unità visigota. Tensioni fra emiri e regni cristiani. Tutto sommato c’è un equilibrio tra le due parti (ci sarà poi la Reconquista): un equilibrio dinamico e conflittuale. 16 Con la fine dell’Impero carolingio i protagonisti della vita politica diventano le grandi dinastie discese dagli ufficiali pubblici, le chiese vescovili e monastiche e i nuovi nuclei signorili. Il re eventualmente poteva influenzare qualche equilibrio ma non creare un assetto politico. Come si può costruire un ordine in assenza di un potere regio? Grande riflessione sulle forme del potere. Nei primi anni dell’XI secolo due vescovi nel nord della Francia (Adalberone di Laon e Gerardo di Cambrai) enunciano in testi di versi una teoria simile: la tripartizione. Il corpo sociale doveva essere diviso in chi pregava (oratores), chi combatteva (bellatores) e chi lavorava (laboratores). Reciprocità fra le diverse condizioni: chi prega lo fa per salvare le anime di tutti, chi combatte garantisce la sicurezza e chi lavora assicura il sostentamento (un pensiero che affonda nelle radici indoeuropee). Questo pensiero nasce nei primi anni della dinastia capetingia, anni di incertezza sul potere regio. La tripartizione non è un dato di fatto ma un ideale politico. Nel sud della Francia nasce il modello delle Paci di Dio. Grandi assemblee convocate da chierici e laici per ristabilire la pace in alcune regioni, gli abitanti dovevano giurare rispetto su alcune norme fondamentali (pag.174). La novità è che queste forme non nascevano dalla volontà regia ma dalla convergente volontà della popolazione guidata dai vescovi. La pace del re in assenza del re. In comune c’è la profonda trasformazione del rapporto tra i vertici delle chiese e i fedeli. La distinzione fra suddito e fedele sfuma ulteriormente. La fede è il connotato dell’appartenenza all’ecclesia, ma l’ecclesia è l’intera società! 909 o 910 il duca Guglielmo d’Aquitania fonda l’abbazia di Cluny (non lontano da Lione) la affida all’abate Bernone e poi rinuncia ad esercitare qualsiasi forma di controllo. Sarà così autonoma. Elemento di particolarità perché di solito il fondatore esercitava delle forme di controllo. L’abbazia è anche scollegata dal vescovo di Macon, diocesi dove era collocata. Era anche scollegata da Roma, vista la lontananza. Gli abati danno forma a una vita religiosa peculiare. Cluny sarà l’espressione della disciplina e della spiritualità rigorosa. Liturgia e preghiera con meditazione sulle scritture al centro. Fu un’abbazia ricca e potente alleata dei prìncipi e delle aristocrazie. Il secondo abate, Oddone, fu incaricato di riformare la vita monastica in altre abbazie prestigiose. Il rinnovamento spirituale avviato dall’abbazia di Cluny portò alla nascita di congregazioni, enti religiosipriorati che riconoscevano la propria guida nell’abate di Cluny. Priorati cluniacensi in tutta Europa. Il massimo trionfo fu nel 1088 quando Oddone, priore di Cluny, fu eletto papaUrbano II. Nel 1095 proclama la prima crociata. In parallelo si sviluppano altre congregazioni con spinte eremitiche. Scelte più radicali: isolamento povertà e penitenza. I monasteri altomedievali vedevano nella loro ricchezza un segno tangibile del loro successo ora invece si andava verso un ideale di religiosità povera. Muta anche il ruolo dei vescovi. Con la fine dell’Impero non più elemento strutturale del potere regio ma controllo della vita politica e sociale cittadina, i funzionari regi vengono allontanati dalle città. Diplomi regiquello concesso da Ottone I al vescovo di Parma nel 962: assegna tutti i beni fiscali della città e del comitato, le mura e i diritti di prelievo in città e per tre miglia attorno. Assegna anche il potere giudiziario sugli abitanti della città. Il senso politico sta nel fatto che i conti avevano ormai distanziato la loro carica, erano più indipendenti e il vincolo re-funzionari era indebolito. Bisognava sostenere il potente locale più favorevole per gli interessi imperiali. I vescovi (guide della comunità, soprattutto sul piano militare – del resto loro stessi venivano dalle aristocrazie) erano uno strumento di potere efficace, prima di tutto grazie a legami con la città e i ceti eminenti. I re erano in grado di intervenire nelle successioni vescovili. Ottone III nomina due papi! Questa simbiosi tra potere e vescovi condizionerà molto la formazione dei comuni cittadini. Con la Riforma il rapporto Impero-vescovi sarà coinvolto in grandi mutamenti. Poteri locali e poteri regi – XI e XIII secolo – Cap.1 l’istituzione della Chiesa e l’inquadramento religioso 17 matrimoniocontrollo della vita sociale dei fedeli. La morte, estrema unzione e nuova vita, culto dei morti e invenzione del purgatorio, preghiere dei morticontabilità dell’aldilà. La pretesa del dominio degli uomini di Chiesa sulla vita dei laici porta alla nascita delle eresie grazie alle quali si poteva definire in modo più preciso cosa la Chiesa doveva essere, la sua funzione storica (guidare i fedeli alla salvezza), la sua natura istituzionale (primato romano) e i suoi poteri (i sacramenti concessi da Dio). Le eresie erano tutto ciò che negavano queste basi. Nacquero movimenti religiosi di ispirazione pauperistiche, contestavano cioè le strutture ecclesiastiche in nome di un ritorno allo spirito e alla lettera del vangeloereticirifiutavano la mediazione della Chiesa rivendicando un rapporto diretto con Dio e con lo Spirito Santo. Vedi Valdo di Lioneeresia dell’obbedienza (disobbedire a un ordine di Roma) I catarisetta dualista, dualismo tra bene e male, vita come lotta e via di purificazioneautoconsunzionesuicidio assistito (orme nel manicheismo antico). Divennero una vera antichiesa. Repressione violenta, decretale preparata con Federico Barbarossa 1184. Nel 1199 con la bolla papale Vergentis in senium l’eresia viene equiparata alla lesa maestà (nel diritto romano era punita con la morte). Cap 2, la guerra, la Chiesa, la cavalleria Assenza di un potere centrale avvertita dagli ecclesiastici come un grosso vuotosi libera disordine, violenzase esisteva una violenza giusta, quella che difendeva lo stato e la paceesisteva una guerra giusta. Il pellegrinaggio si trasformò in guerra santa, quattro armate franco-normanne-tedesche partirono per combattere e presero Gerusalemme, nasceranno nuovi stati cristiani. Nascono ordini monastici cavallereschi, un modello di cavaliere che combattesse per la salvezza della Chiesa. Nelle cronache redatte da religiosi emerge il tema della violenza smodata e gratuitaesigenza di ordine. Le paci di Diosospensione della violenza in nome di Diouna difesa dei beni delle chiese dalle rapine degli aristocratici violenti e ribelli. La qualifica di soldato di Cristo fu concessa a molti principi laici. Combattere contro gli eretici, gli scismatici, gli infedeli e i nemici di San Pietro. Le spedizioni in Terrasanta – pellegrinaggi e penitenza – il mercato di reliquie Urbano II e l’appello al pellegrinaggio a Gerusalemme durante il concilio di Clermont del 1095 (saranno chiamate crociate). Il papa offriva l’indulgenza plenaria a tutti i pellegrini intenzionati a partire. La prima crociata ebbe una risposta all’appello inaspettata (riaprire il pellegrinaggio verso il santo sepolcro, reso difficile dall’avanzata dei Turchi) impose una presenza cristiana in Medio Oriente per un paio di secoli. 1144 seconda crociata, Luigi VII di Francia, nulla di fatto. 1187 terza crociata, ecatombe, Federico I imperatore (il Barbarossa) muore attraversando un fiume, vittoria di Saladino, esponente sunnita. Al seguito dei crociati nascita degli ordini militaridifesa armata a garanzia dell’assistenza dei pellegrinigli ospedalieri di San Giovanni. I templari (gestivano anche le decime per la crociata come banchieri), i cistercensi con Bernardo furono grandi sostenitori dei templariElogio della nuova cavalleria, questi cavalieri osservavano i voti monastici: castità, povertà e obbedienza. 20 XI secolo urgenza di una disciplina delle fedeltà e dell’attività bellica. Due vie per provare a inquadrare il ceto militare in un ordine politico territoriale stabile: 1- Inserire i membri della milizia in una rete di rapporti di fedeltà gerarchica: così attività bellica decisa da poteri superiori 2- Natura culturale e ideologica: autolimitazione dell’azione violente in base a un’etica propria del cavaliere (letteratura cavalleresca) I due elementi del rapporto vassallatico di età carolingia si erano trasformati nella lunga crisi dei secoli XI e XII. La fedeltà militare, giurata durante l’investitura e resa obbligatoria dall’idea di servizio armato in aiuto al signore, era spesso messa in secondo piano rispetto ai disegni di affermazione personale dei cavalieri. Il servizio veniva sempre più messo in relazione con l’importanza del feudo ricevuto. La realtà era in movimento e i comportamenti delle persone avevano creato nuove regole che sfuggivano alle tradizionali categorie di bene in concessione o di bene di piena proprietà (allodio). Il vassallo era pressocché autonomo e il feudo era divenuto di natura patrimoniale. (pag.227) l’ideale cavalleresco e la società di cortevedi i romanzi cavallereschi dell’ideale di cavaliere e la concretezza di senso nei riti che il cavaliere faceva. Gli effetti della disciplina della violenza in senso militare e la nascita di un ordine cavalleresco in Europa. Alcuni la vedono come l’emersione di un ceto nuovo, di origine umile innalzato socialmente, altri fanno risaltare la continuità con il ceto militare di età carolingia sminuendo gli elementi di rottura. Cavaliere e nobiltà fini alle metà del secolo XIII non coincidono. Molti nobili facevano parte della cavalleria ma non tutti i cavalieri erano nobili. Prima che nobili devono essere signori. La signoria era il quadro di affermazione del ceto militare. Cap3. Il dominio signorile Il rafforzarsi dell’identità sociale dell’aristocrazia militare si esprime in forme concreteaccentuazione della pressione e del controllo politico sugli strati sociali inferiori. Le signoriecostruzioni politiche dal basso, valorizzano le basi locali del potere. No poteri concessi dal re. Il rapporto tra padrone e contadino già c’era, la novità è la forma di potere politico: dominazione territoriale estesa anche ai luoghi vicini la terra del signore. Questo è legato alla nuova azione armata dell’aristocrazia, i cavalieri. I protagonisti del cambiamento furono i signori ma ci si riferisce anche alle dinastie e alle chiesefacce dello stesso sistema di dominio aristocratico. Gli elementi messi in gioco sono le terre, i castelli e le clientele. LE TERRE: importanza economica, rilevanza sociale quindi polarizzazione attorno ai grandi possessori. Pace garantita dal re discontinua, i conti non intervengono più all’interno di tutti i villaggi. I contadini cercano protezione dal potente con cui sono in rapporto, il proprietario di cui coltivano la terra. Il grande salto di qualità è: non più proprietario con contadini che lavorano la sua terra ma con la raccolta delle CLIENTELE armate: un signore su suoi vicini. Emulazione delle prerogative del potere regio. Contadini=sudditi. CASTELLI: non vero che incastellamento fu per proteggersi dalle incursioni da Saraceni e Ungari, queste furono conseguenza della debolezza del re. Vedere invece nel castello il passaggio a un processo che permise di trasformare la superiorità economica dell’aristocrazia in una forma di dominio sulla società circostante. Serve protezione, chi protegge è potente. In città i vescovi, nelle campagne i signori. Capacità armata dei signori localiclientele armatecavalieri no genericamente uomini armati. 21 Cavalieri due ambitiprotezione e minaccia Per coordinare queste bande armate i signori si servono di legami vassallatici. Essere vassallo non è condizione sociale ma è una relazione. Evoluzione rapporti vassallaticisono la principale forma di coesione (vassallo e signore legati reciprocamente) gerarchizzata (il signore è comunque superiore) all’interno dell’aristocrazie militare. Marginalità del re, vassallaggio come sistema di coesione sociale, non un rigido apparato politico. LA FORMAZIONE DEI POTERI SIGNORILI Punto di partenzastruttura del potere in età carolingia: controllo delegato dal re ai suoi ufficiali (conti e marchesi) su un territorio ampio. Punto di arrivoi confini dei distretti perdono rilievo e il potere si proietta su quadri sociali e territoriali piccoli, sulla base della capacità di azione delle singole dinastie signorili. Conti e marchesi furono parte del mutamento. In Italia le dinastie di tradizione funzionariale svilupparono poteri analoghi alle famiglie signorili, ma più ampi. In Francia, Borgogna e Germania si svilupparono dei principati! In Italia c’è solo una differenza di nomi: i signoridominus i discendenti dei conti e dei marchesicomes (usavano la memoria per raccontarsi più legittimati ad usare il potere ma non cambiava nulla). Assimilazione dell’aristocrazia funzionariale e dei grandi possessori=imitazione reciproca (pag.238) Alta frammentazione del potere, non esisteva un singolo signore del villaggio, ogni contadino si trovava a pagare diverse imposte a diversi signori. Il discorso sui poteri signorili è ugualmente applicabile alle chiese Le chiese sede di riflessione politica e punti di fortissimo addensamento fondiario Le chiese fanno come le dinastie, legano a sé contadini e cavalieri ma hanno più terre! (per le donazioni) Le chiese, modi per rendere la loro azione come i signori: ricchezza, immunità, violenza. Differenza fra chiese in cura d’anime e monasteri. - Chiese in cura d’animeenti religiosi la cui finalità è quella di officiare i culti destinati ai laici, dalle cattedrali cittadine alle chiese di villaggio. Il sistema dominante è quello delle pievi (chiese create da vescovi destinate alla cura di un gruppo di villaggi, più grande delle nostre parrocchie). Al fianco delle pievi chiese e cappelle minori, qui spesso no fonte battesimale, nella pieve sì. Chiesa centro vita socialeproteggere una chiesa=impadronirsi della città. - Monasteri: la funzione è la preghiera! Spesso fondati su iniziativa di aristocratici. Monastero=importanza natura simbolicaelaborazione di identità familiare. I monaci pregano per la salvezza dell’anima del proprio fondatore. Diritti e doveri per la famiglia nei confronti del monastero. Diritto di ricevere le preghiere, dovere di proteggere. Dai monaci si ottenevano anche terre che permettevano agli aristocratici la sussistenza dei contadini. L’economia signorile era un’economia di spesa. Usare la ricchezza per costruire il proprio potere. Per sostenere queste spese i signori accentuano la pressione economica (pag.244) e ci sarà uno sviluppo economico con aumento demograficonuove tecniche pe l’agricolturaun modo, in un certo senso, di lavorare la terra con scopo più economico rispetto ai secoli precedenti dove si lavorava per sperare in eccedenze. C’è anche una resa maggiore che tra l’altro ora porta 22 Nelle città si muovevano gruppi sociali diversi in grado di condizionare il governo del publicum – la sfera pubblica e collettiva della vita cittadina – questo publicum era un coacervo di alleanze forzate tra vescovo, i suoi milites e i cives, un insieme indeterminato di abitanti politicamente attivi. Chi sono i cittadini? Chi sono gli abitanti? Forze sociali diverse, pag.297 Le città crescono per numero di abitanti, per numero di attività e per l’importanza delle decisioni prese nelle assemblee e nel palazzo episcopale. Le città sono centri decisionali che regolano la vita delle persone e del contado. Da questo i vescovi e le élite urbane furono spinti a creare una nuova istituzione urbana per occuparsi di governo urbano. Fra 1090 e 1120 in quasi tutte le città italiane compaiono dei magistrati chiami consoli – nome che richiamava a Roma. Dura un anno, è elettivo, scelto da un organo collettivo della città: l’assemblea generale dei cives, detta concio. Si formò successivamente un consiglio cittadino formato da un centinaio di persone per affiancare i consoli. Prese piede una politica di tipo “parlamentare”. I consoli si garantivano facendo approvare i propri atti dalla “maggioranza”, principio che sarà importante per le istituzioni dell’età moderna. Questo era il fondamento della libertà delle città italiane: autonomia di scelta dei propri governanti. Negli ultimi anni del XII secolo compare la parola comune. “l’insieme di”, ciò che è comune della città. Tra fine secolo XII e inizio XIII aumento demograficoflussi migratorilavoratori di vari livelli socialiampliamento zone abitatesobborghiintegrare giuridicamente e politicamente i nuovi arrivati Il consolato=per gestire i conflitti fra nuovi immigrati e cittadini Per molti il vero inizio del comune va individuato nell’atto di nascita di tribunali cittadini. La giustizia è la funzione prioritaria della nuova magistratura. Le corti comunali La giustizia ordinaria La fiscalità (pagare da liberi=privilegio ma se effettivamente passati come necessaria contribuzione di tutti alle urgenze). Essere cives era un dovere e un diritto. Stretto legame con il territorio circostante, il contado (dal latinocomitato). I comuni progettarono di estendere il loro potere sull’intero territorio diocesano, come conseguenza della superiorità politica del centro urbano rispetto al territorio. Le villefranche o le villenuove (nomi di nuovi centri nati da chi si sottraeva dal dominio di un signore), dai cives particolari, non residenti in città, con forme di dipendenza rurale verso il comune di appartenenza. LE CITTA’ ITALIANE TRA 1154 E 1183, FEDERICO BARBAROSSA: vedi la descrizione degli italiani nella Historia a pag.304. Dal di fuori l’Italia dava un’immagine di unità ma allo stesso tempo di distanza dai costumi e dai modi delle terre dell’Impero. Ci si era abituati che il re non serviva più a nulla. I milanesi tentano di comprare il permesso da Federico per il dominio su Lodi e Como ma scoppia la guerra. Durata anni. 1158 la dieta di Roncaglia (vedi cap5), ci sono anche 28 giuristi delle città italiane, Federico proclama il principio che ogni potere discende dall’imperatore e chiede la restituzione dei diritti regi, usurpati dalle città. 25 1158 distruzione di Milano, Federico impone sulle città ribelli dei rettori di nomina imperiali, i podestà. Il fisco tornò ad essere un segno di sottomissione. Nel 1162 Federico attacca di nuovo Milano, la rade al suolo. I comuni si mettono in allerta, anche quelli amici e alleati dell’imperatore (Pavia, Cremona, Reggio Emilia, Modena, Verona). Le città venete creano una lega di comuni alleati pronti a venirsi in aiuto in caso di attacco. L’idea funziona e lo fanno anche le città lombarde che nel 1168 giurano la prima alleanza, chiamata Lega Lombarda (non è il primo evento di un nucleo della nazione italiana contro lo straniero ma un’alleanza tattica, tra alcune città anche in conflitto tra loro, che sospendono le ostilità per difendersi da un pericolo maggiore). Entrano nella Lega anche le città nemiche di Milano (Cremona, Como, Lodi, Bergamo) insieme a quelle storiche, Brescia, Piacenza e Bologna. La Lega era governata dai rettori, eletti da tutte le città, aveva un tribunale proprio per risolvere le controversie tra i comuni, coordinava sul piano militare le azioni delle singole città e inviava il podestà della Lega a trattare con quelli imperiali. La lega si alleò anche con papa Alessandro III (Alessandria), così divenne il baluardo delle città italiane contro il tiranno Barbarossa. 1176, battaglia di Legnano, la Lega sconfigge l’esercito imperiale. Vittoria modesta ma dal punto di vista della propaganda fu una vittoria gigante. Libertà come non dipendenza dall’Imperatore. 1183, pace di Costanza, si raggiunge la concordia. Da allora le istituzioni comunali non furono più messe in discussione. 1188, Federico parte per la crociata per liberare Gerusalemme, morirà annegato sotto il peso dell’armatura, creazione poi di un mito. Dopo la vittoria nuovi conflittii cittadini che hanno vinto la guerra sono anche gli esclusi. (fine pag.307 e pag.308). Se i cittadini non entravano di prepotenza nel consiglio della città, le regole non sarebbero mai cambiate. LA FORMAZIONE DELLA SOCIETA’ DI POPOLO: le societas, raggruppamenti politici di cittadini non nobili. Nascono le società rionali (radunano gli abitanti di una parrocchia) con compiti di autogoverno locale. Si aggiungono le società di mestiere o corporazioni di Arti. Le Arti si diedero una struttura comuneil Popolo. Si affiancava al comune come ente e cercò di mutarlo secondo i propri indirizzi di governo, fine pag.308. Tra 1190 e 1220 le città passarono dal regime dei consoli a quello del podestà forestiero per limitare le divergenze, sempre in carica un anno. Vedi il lavoro del podestà e della politicala parola civilizzatrice. Il podestà proponeva, i membri del consiglio discutevano, e alla fine decidevano se approvarla o no tramite maggioranza. Il principio di maggioranza per il ceto nobiliare suonava come rivoluzionario. Il ruolo di comando del singolo fu equilibrato dal potere dei molti. + cittadini+opinioni+esigenze=più difficoltà rispetto secolo precedente. Iscriversi alle Arti era fondamentale. Le corporazioni controllavano il lavoro e stabilivano i prezzi delle merci e i salari dei lavoratori. Per aprire un’attività bisognava essere iscritti alle Arti e le Arti nella vita pubblica contavano molto; facevano parte del consiglio unitario del Popolo. A fine 1200 in molti comuni si liberalizzò l’iscrizione alle Arti. Nella seconda metà del 1200 le Arti si candidano al governo della città in nome di una comunità fondata sul lavoro artigianale. A fianco del podestà e del consiglio comunale giunge il Capitano del Popolo, guidava il Consiglio del Popolo, è sempre forestiero. Dove prevalse instaurò un governo 26 dominato dal gruppo dirigente delle Arti. Si formano presto al suo interno gruppi egemoni che influenzano l’indirizzo di fondo della politica comunale. A Bologna gli Anziani (banchieri e i notai) a Firenze e Perugia i Priori (alleanza tra i grandi commercianti e i banchieri, Arti maggiori) a Siena i Nove (il dominio degli intermediari del denaro si salda con le compagnie mercantili) Le dichiarazioni dei contribuenti trascritte in registri e l’adozione di un criterio proporzionale per le imposte pubbliche (pag.315) estimivalutazione ricchezza individuale Giustizia più severa e lotta contro la speculazione Le lotte di fazione, i guelfi e i ghibellini (pag.317) Si afferma l’idea del bene comune come fine ultimo della politica (la fonte era Aristotele) Spesso i conflitti sociali e le lotte di fazione provocarono una reazione di rigetto delle istituzioni comunali e il potere fu assunto da una personalità di prestigio, un signore, un dominus. Il potere comunale non regge e si va verso le signorie e le oligarchie. La delega del potere a un magistrato forestiero non convince più. Il potere doveva tornare nelle mani delle forze politiche cittadine. Crisi e inquadramento società europee – XIII-XV secolo Innocenzo III1215 concilio lateranense IV. Rinnova la procedura giudiziaria interna alla Chiesa, le pratiche pastorali da seguire nella diocesi, il papa guida spirituale e politica dell’intera cristianità. Cambio di titolazione: da vicario di Pietro a vicario di Cristo. Promulgò anche due canoni per dare forma a due nuovi ordini mendicanti: - i domenicani, frati predicatori, Domenico da Caleruega presta la sua opera missionaria per contrastare l’eresia catara, che contestava i poteri sacramentali della Chiesa. Una formazione universitaria fu uno dei requisiti per entrare nell’ordine. - i francescani, i frati minori, S. Francesco. Povertà, penitenza, eucarestia, obbedienza. Non coinvolgimento dalle cose del mondo. Nel 1254 papa Innocenzo IV divide l’Italia in due province e affida una parte ai predicatori e l’altra ai minori per partecipare all’ufficio dell’Inquisizione. Tutti erano possibili sospetti: ribelli, relapsi, i fautori, i sospetti. Liber Extra del 1234, voluto da Gregorio IX e composto dal frate domenicano Raimondo di Penafort=una serie di regole che disciplinavano tutte le materie di diritto canonico in armonia con le decisioni prese dagli altri pontefici, rimase il punto di riferimento fino al primo vero Codice di diritto canonico scritto nel 1917. Due atti che cambiano sensibilmente la natura del potere regio e i suoi compiti anche di guida religiosa del regno: Filippo IV il Bello VS Bonifacio VIII verteva su l’immunità della Chiesa dal fisco e dalla giustizia del re. Nel 1303 Bonifacio muore, il processo continuaun papa eretico che minaccia la cristianità. Il processo a Bonifacio si intreccia anche con la causa contro i templari (che custodivano il tesoro regio di cui Filippo necessitava), il re puntava a detrimento della curia pontificia che nel 1309 viene esiliata ad Avignone, per settant’anni. Ritorna a Roma nel 1378, viene eletto Urbano VI ma in Francia alcuni cardinali eleggono Roberto di Ginevra, spaccatura interna. Si placherà con Martino V. Cap2 Costruzione dello spazio politico nei regni europei 27
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