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Storia moderna 1500, Europa, Appunti di Storia Moderna

Descrizione dell'Europa sotto le guerre di religione dopo la pubblicazione delle 95 tesi, Inghilterra di Enrico VIII e Elisabetta I, nascita delle monarchie nazionali.

Tipologia: Appunti

2021/2022

Caricato il 21/11/2023

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Scarica Storia moderna 1500, Europa e più Appunti in PDF di Storia Moderna solo su Docsity! 1500 1. IL SOGNO DELL’IMPERO, LA REALTA’ DI MONARCHIE E REPUBBLICHE Inizio del XVI secolo→ un solo sovrano, Carlo d’Asburgo, riunisce sotto il proprio scettro un enorme e straordinario insieme di possedimenti. Le quattro eredità di Carlo V: Dal padre Filippo (detto il Bello) eredita - i domini della casa d’Asburgo (attuale Austria), Dalla nonna eredita - la Borgogna (Franca Contea e Paesi Bassi) Dalla madre Giovanna la Pazza riceve - Corone di Castiglia e Aragona (che includono Regno di Sardegna, Sicilia e Napoli + colonie americane) e succede, nel 1519, al nonno Massimiliano I d’Asburgo come imperatore del Sacro romano impero della nazione germanica. Quindi controlla indirettamente gran parte dell’attuale Germania e Boemia, suddivise in principati, vescovati e città indipendenti, che anche se sostanzialmente autonomi, riconoscono almeno teoricamente l'alta sovranità dell’imperatore. Sogno della restauratio imperii→ per un momento nella prima metà del 500 un sogno (ma a seconda dei punti di vista un incubo) sembra materializzarsi, quello della restauratio imperii, la rinascita dell'Impero. Per quanto decaduto e ormai circoscritto alla realtà germanico-boema, a cavallo fra Medioevo ed età moderna, l’Impero conferisce a chi ne cinge la corona una teorica superiorità rispetto agli altri sovrani e costituisce una fondamentale risorsa di legittimazione giuridica e politica per poteri di natura “pubblica” (principi, città, feudatari, signori) e “privata” (corporazioni, comunità, istituzioni ecclesiastiche). Finché tuttavia a tale autorità universale non corrisponde un’intrinseca forza politico-militare del titolo imperiale, nessuno ritiene praticabile la prospettiva di una nuova rinascita imperiale. Ciò fino a quando la corona imperiale non si posa sul capo di un sovrano come Carlo V d’Asburgo, che si presenta quale nuovo Carlo Magno e che possiede teoricamente risorse economiche e forze in grado di assoggettare l’intero continente europeo. Il sogno della rinascita dell’impero però si dimostra irrealizzabile: alla fine della propria vita Carlo V non riesce a tenere unito e a trasmettere ad un unico erede il complesso di domini che ha governato, oltre all’incapacità a superare le enormi difficoltà legate alla complessità della politica europea. L’eredità asburgica viene divisa in due tronconi: - al figlio Filippo II lascia le corone di Castiglia e d'Aragona, più i territori dell’eredità borgognona e italiani; - al fratello Ferdinando garantisce la successione al trono imperiale, sostenuta dai tradizionali possedimenti asburgici in Austria, cui si sommano le corone recentemente acquisite di Boemia e Ungheria. Ciò significa la nascita di due rami dinastici distinti, alleati e imparentati, ma guidati da differenti interessi dinastico- territoriali, e sancisce apertamente il tramonto della prospettiva di un unico impero cristiano europeo. Avvenimenti importanti tra 400 e 500→ fine dell’unità religiosa cristiana; Nuovi equilibri territoriali determinati dall’avanzata dell’impero romano nel Mediterraneo; Avvio dello sfruttamento delle Americhe; Formazione e il consolidamento in diverse parti del continente europeo di forti poteri monarchici, in grado di sottomettere vaste estensioni territoriali, nuclei di quelle che saranno considerate in seguito alcune tra le più importanti nazioni europee. 1.1 Le nuove monarchie Elemento più importante nello sviluppo delle società europee all’inizio dell'età moderna è la formazione di poteri monarchici che dispiegano la loro autorità su territori di ampie dimensioni. Avviene una trasformazione graduale del ruolo della monarchia e dell’immagine dei monarchi: tradizionalmente i sovrani sono sempre stati visti come detentori della virtù e della giustizia, coloro ai quali ci si rivolgeva per dirimere in giudizio le controversie fra i sudditi, e allo tempo erano considerati generosi dispensatori delle grazie terrene. In pratica il re era considerato come Dio sceso in terra le cui qualità principali erano l’equanimità e la magnanimità, che si dovevano accompagnare alle funzioni della sovranità, come la protezione dei beni e delle vite dei sudditi oltre che la difesa della religione cristiana. Nuove prerogative per i sovrani, che derivano direttamente dalla crescente capacità di controllo di vasti possedimenti territoriali→ - Aumento della capacità di prelievo fiscale, con cui riescono a finanziare apparati burocratici stabili (cioè stipendiati) ed eserciti e flotte sempre più potenti in forma permanente, pagati in maniera continuativa e non solo in occasione di una guerra, come si usava nei secoli precedenti. Questa affermazione di potenza comporta due conseguenze: - Inclinazione a liberarsi di ogni struttura di potere che minacci o condizioni quello della corona, (si pensi ai feudatari, abituati da secoli a considerarsi dei “quasi pari” del re”; ma si pensi anche alle città autonome, avvezze all’autogoverno e alla indipendenza). - Tendenza a porre la loro sovranità come indipendente da ogni altro potere esterno e a considerarla come voluta direttamente da Dio (sovranità che non riconosce alcun potere terreno superiore al proprio). Ne fa le spese anzitutto la teorica supremazia imperiale, che in pratica non viene più riconosciuta né rispettata dai monarchi. La tendenza dei sovrani a non riconoscere altri poteri superiori al proprio poi comporta, nella migliore delle ipotesi, che si subordinino le strutture ecclesiastiche al controllo della corona (ciò vorrebbe dire avere un ruolo decisivo nella nomina dei vescovi e degli abati, in quanto titolari della gestione di imponenti patrimoni ecclesiastici) o nella peggiore delle ipotesi, addirittura la separazione dalla Chiesa di Roma. Formazione delle identità protonazionali→ nascita e sviluppo di tradizioni e costumi comuni e acquisizione da parte delle classi dirigenti della consapevolezza di far parte di un unico organismo politico, vincolato alla continuità delle proprie tradizioni, leggi e costumi Nascita degli stati territoriali Jakob Burckhardt→ le radici dei processi di accentramento politico hanno la loro origine nella cultura rinascimentale: una cultura in cui lo Stato e la politica vengono percepiti non più d'Occidente, estintosi formalmente nel 476 d.C., era infatti sopravvissuta a lungo nell'impero romano d'Oriente, con sede a Costantinopoli, l'antica Bisanzio. Nel 1453, con la conquista di Costantinopoli da parte degli ottomani guidati dal sultano Maometto II (1451-81), anche l'impero romano d'Oriente (o bizantino) era scomparso: i sovrani russi ne rivendicarono l'eredità, indicando nella propria nuova capitale, Mosca, la terza Roma, erede sia di Roma sia di Costantinopoli. IMPERO OTTOMANO A Costantinopoli, ribattezzata Istanbul, si erano insediati i sultani ottomani, che avevano edificato nel Mediterraneo orientale e nei Balcani un vasto aggregato statuale, l'impero ottomano, che faceva perno sull'attuale Turchia e comprendeva al suo interno province e potentati semiautonomi, ma tributari del sultano dal punto di vista fiscale e tenuti a fornire uomini e mezzi per le esigenze militari della politica di espansione nel bacino del Mediterraneo (Siria, Palestina ed Egitto furono conquistati nel 1516-17). Dal punto di vista religioso l'impero ottomano è di fede musulmana, ma al suo interno sudditi di religione diversa e perfino culti differenti vengono ampiamente tollerati. Nell'impero ottomano si ritrovano dunque alcune delle debolezze strutturali che affliggeranno storicamente sia il Sacro romano impero sia la Russia. Esse si possono sintetizzare nella difficoltà a governare grandi estensioni territoriali molto diversificate al loro interno e spesso non contigue territorialmente, aventi istituzioni e tradizioni differenti. Territori abitati da popoli di diversa radice etnica, con lingue, culture e fedi religiose diverse, ivi comprese le varianti di una stessa confessione. Infatti anche nel mondo musulmano, come in quello cristiano, esistono diversi credi: alla religione musulmana ufficiale adottata dai sultani ottomani (il credo cosiddetto sunnita) si contrappone il credo sciita, una versione per certi aspetti più rigida della fede musulmana, radicata soprattutto nell'impero persiano (nell'area dell'attuale Iran) che preme ai confini orientali dell'impero ottomano. 1.3 Le guerre d’Italia La rivelazione di quanto più potente e attuale fosse il modello delle “nuove monarchie” rispetto alle altre formazioni statuali si ha con le cosiddette guerre d’Italia, il cinquantennio (1494-1554) in cui l’Italia diviene un vero e proprio campo di battaglia. Viene visto come l’inizio di un lungo periodo di dominio straniero, perché i contendenti non sono solo più i potentati italiani ma anche le nuove e vecchie monarchie europee. Inoltre in questa perdita della cosiddetta “libertà d’Italia” la storiografia individua la ragione di fondo della tardiva unificazione politica del paese. Effettivamente, la posta in gioco è alta: l'Italia non è solo a quel tempo la più ricca e colta nazione d'Europa, ma anche il luogo dove risiede la massima autorità spirituale del mondo cristiano, il papa. Chi avesse dominato la penisola avrebbe di conseguenza avuto l'egemonia sull'intero continente europeo. Alla fine del Quattrocento, l'Italia risulta politicamente divisa in numerosi Stati di dimensioni medie e piccole, ciascuno dei quali appare incapace di assoggettare gli altri, ma è sufficientemente robusto da evitare di essere assorbito dai vicini. Solo per citare i principali, nell'Italia settentrionale si contano, da est verso ovest, - il ducato di Savoia, a cavallo delle Alpi (comprendente gli attuali Piemonte e Savoia); - la repubblica di Genova (grosso modo l'attuale Liguria); - il ducato di Milano, governato prima dai Visconti e poi, dal 1450, dagli Sforza (che include buona parte dell'attuale Lombardia e alcune terre emiliane); - la repubblica di Venezia. - Nell'Italia centrale vi sono la signoria di Firenze, sotto il governo dei Medici, che dal 1434 avevano trasformato il comune fiorentino in uno Stato regionale formalmente repubblicano, ma in sostanza principesco (comprendente la Toscana, eccetto le repubbliche di Lucca e Siena), e lo Stato della Chiesa (che occupa le attuali regioni del Lazio, dell'Umbria, delle Marche e parte dell'Emilia-Romagna). - Nell'Italia meridionale, infine, vi è il regno di Napoli, governato da un ramo cadetto, ma autonomo, della dinastia aragonese, mentre i regni di Sicilia e Sardegna dipendono direttamente dalla corona d'Aragona. Dopo una lunga fase di guerre che aveva segnato la prima metà del XV secolo, i maggiori Stati della Penisola (Milano, Venezia, Stato della Chiesa, Firenze e Napoli) avevano stipulato con la pace di Lodi (1454) un accordo basato sul rispetto del principio dell'equilibrio, cioè sul mantenimento dello status quo. La situazione italiana rimane almeno formalmente stabile, anche grazie all'azione accorta del signore di Firenze, Lorenzo de' Medici detto il Magnifico (1469_92), abile diplomatico, oltre che eminente umanista e protettore delle arti e delle lettere Pace di Lodi: accordo che favorì la nascita di una Lega italica tra Venezia, Milano e Firenze, cui si unirono anche il papa e il re di Napoli, dando inizio ad un periodo di relativo equilibrio tra gli stati della penisola. 1494 Tutto però cambia nel 1494, allorché Carlo VIlI, re di Francia, interviene militarmente nei contrasti in atto in Italia, chiamato dal signore di Milano Ludovico Sforza, detto il Moro. Dopo essersi assicurato la neutralità di Ferdinando il Cattolico, il sovrano francese valica le Alpi nel settembre 1494 alla testa di un esercito assai potente per l'epoca. Il suo obiettivo è l'acquisizione del regno di Napoli, del quale rivendica la sovranità in quanto erede dell'estinta casa regnante degli Angiò. La cosiddetta «discesa» di Carlo VIII rimarrà famosa per la totale mancanza di resistenza che egli incontra nell'attraversamento della penisola, sino all'occupazione di Napoli nel febbraio 1495. Tuttavia, di fronte al rischio di un'egemonia francese in Italia, il pontefice Alessandro VI (Rodrigo Borgia, 1492-1503), originario di Valencia, promuove un'alleanza antifrancese che include Venezia, Milano, l'imperatore e i re cattolici e costringe Carlo VIII a effettuare una non agevole ritirata (1495). Tra i fattori d'instabilità vi sono non solo le pretese del sovrano francese sul regno di Napoli, ma anche i contrasti fra i potentati italiani sollevati dall'azione di Ludovico il Moro. Questi, proprio nell'ottobre 1494, succede nel titolo di duca di Milano al nipote Gian Galeazzo Sforza, in un modo poco chiaro: tenuto prigioniero dallo zio, Gian Galeazzo era infatti morto in circostanze misteriose. A ciò si aggiunge la conflittualità creata nello Stato della Chiesa dalla tendenza dello spregiudicato papa Alessandro VI a usare il proprio potere per creare una vera e propria dinastia, aiutando il figlio Cesare, detto «il Valentino» (dal titolo di duca del Valentinois concessogli da Luigi XII di Francia nel 1498), a costruirsi un principato fra Romagna e Marche. L'improvvisa morte di Alessandro VI e l'ascesa al soglio pontificio, nel 1503, di Giulio II (Giuliano Della Rovere, 1503-13), nemico giurato dei Borgia, stronca tuttavia le ambizioni di Cesare. Anche a Firenze il potere della famiglia Medici, dopo la morte di Lorenzo, è sempre più fragile fino a essere rovesciato, nel 1494, in occasione del passaggio dell'esercito di Carlo VIII, da una rivolta di impronta repubblicana che fa leva sulla predicazione di stampo radicale ed egualitario di un frate domenicano,Girolamo Savonarola. In nome del ritorno allo spirito del vangelo e della purificazione dai peccati di una Chiesa corrotta e di una città dilaniata dai contrasti politici, Savonarola propugna un intenso rinnovamento della società e delle istituzioni ecclesiastiche. Egli riesce per breve tempo a influenzare il governo repubblicano della città nel nome dell'adesione ai rinnovati principi religiosi e dell'alleanza con la Francia. Tuttavia il conflitto con Alessandro VI, che scomunica il frate, e la morte di Carlo VIII, uniti ai rovesci militari, fanno perdere a Savonarola l'appoggio delle autorità cittadine; queste ultime, nel 1498, lo consegnano agli inviati papali che lo condannano al rogo come eretico. La drammatica fine del frate non impedisce che la repubblica fiorentina sia, a sua volta, travolta, nel 1512, dalle forze ispano-pontificie che ristabiliscono la signoria dei Medici. Tutti questi elementi di conflittualità e di debolezza interna degli Stati della penisola finiscono per fondersi nelle drammatiche vicende delle guerre d'Italia. Nel 1499 il nuovo re di Francia, Luigi XII, dapprima occupa il ducato di Milano, del quale rivendica la sovranità a causa della propria discendenza da una Visconti, e poi sigla un accordo con Ferdinando il Cattolico per spartirsi il regno di Napoli (1500). Tuttavia ben presto scoppia la guerra fra i due sovrani, che si conclude con la vittoria delle forze spagnole nella battaglia del Garigliano (1504) e la conseguente rinuncia francese al regno, che passa nelle mani di Ferdinando il Cattolico. Da parte sua papa Giulio II intraprende un'energica azione per salvaguardare il traballante potere territoriale della Santa Sede, sconquassato dalle imprese del Borgia e dall'affermarsi di piccole signorie semi-indipendenti e minacciato dall' espansionismo della repubblica di Venezia in Romagna. Egli dà quindi vita, con l'imperatore Massimiliano e Ferdinando il Cattolico, alla lega di Cambrai, che infligge una pesante sconfitta alle forze veneziane nella battaglia di Agnadello (1509). Lega di Cambrai→ coalizione militare contro la Repubblica di Venezia formata dalle maggiori potenze europee: S.R.I., Francia e Spagna) per mantenere un’egemonia sui diversi territori della penisola italiana. - Massimiliano I d’Asburgo - Luigi XII di Francia - Ferdinando II d’Aragona - Papa Giulio II Allorché l'esistenza stessa della repubblica di Venezia sembra in forse, Giulio Il muta repentinamente strategia e costituisce una nuova alleanza di potenze italiane ed europee, la cosiddetta Lega santa, per scacciare i francesi dall'Italia. Sconfitto nelle campagne militari del 1512-13, Luigi XII è costretto ad abbandonare Milano e la penisola. Lega santa→ 1511 fu un'alleanza stipulata il 4 ottobre 1511, contro Luigi XII re di Francia, da: - Papa Giulio II - la Repubblica di Venezia, - Ferdinando II d'Aragona - i cantoni Svizzeri. - Enrico VIII d'Inghilterra fece parte della lega dal novembre 1511, in quanto aveva preso in moglie la figlia del re d'Aragona. - Nel 1512 anche l'imperatore asburgico Massimiliano I d'Asburgo abbandonò l'alleanza con la Francia per unirsi alla Lega Santa. La lega venne stipulata dopo lo scioglimento nel 1510 della Lega di Cambrai, che vedeva papa Giulio II alleato con la Francia contro la Repubblica di Venezia, ed aveva l'obiettivo di contrastare le mire espansionistiche di Luigi XII e di "liberare l'Italia", ovvero di porre fine all'occupazione francese del Ducato di Milano. Anche l’ipotesi di proseguire nel suo progetto - instaurare un ordine imperiale europeo - affidando al proprio figlio, Filippo, unico erede, l’insieme dei propri domini, viene osteggiata da suo fratello Ferdinando che pretende la successione. Il regno viene diviso fra il figlio→ a Filippo II vanno Castiglia ed Aragona, Paesi Bassi, domini italiani; mentre al fratello Ferdinando→ Austria, Boemia ed Ungheria. E con questa divisione muore il progetto di un unico impero europeo. 2. ORDINI E CETI E FORME DELLA RAPPRESENTANZA POLITICA Alle soglie dell’età moderna, nell’Europa cristiana l’universo naturale è ritenuto essere preordinato e predisposto da Dio per la salvezza dell’uomo. Vi sono tre gruppi chiaramente distinti: - gli oratores, quelli che pregano, il clero; - i bellatores, quelli che combattono, i guerrieri; - i laboratores, quelli che lavorano, tutti gli altri. Queste tre funzioni sociali sono complementari e gerarchicamente il ruolo principale spetta al clero i cui membri vengono selezionati tra i membri degli altri ordini. La funzione del clero – garantire alla comunità la benevolenza divina – è considerata la più importante, di conseguenza gli ecclesiastici devono godere degli onori sociali principali. Il clero è perciò nella società europea di antico regime il primo ordine o primo stato. Siccome il clero – il primo stato - gestisce istituzioni educative, sanitarie ed assistenziali, consiglia e guidi le coscienze di politici e sovrani, si troverà presente nelle principali istituzioni politiche rappresentative dei vari ceti. Anche i guerrieri svolgono una funzione vitale, quella di proteggere, mediante le armi, le vite ed i beni di tutti. Pure i guerrieri devono essere mantenuti ed anche ad essi vanno riservati particolari onori. Diversamente dal clero, i guerrieri sono un gruppo sociale che si riproduce e quindi perpetua i propri beni e privilegi. Esiste quindi una barriera, non invalicabile ma tangibile, tra loro e gli altri. 2.1 Nobili Anche la nobiltà affianca ben presto all’originale proprio ruolo militare, compiti di direzione politico/amministrativa. Si tratta di una delega da parte del sovrano di funzioni di governo ai vari feudatari. Tale delega finisce per diventare perpetua ed il potere del sovrano si riduce di molto perché i vari feudi si trasmettono in via ereditaria e l’eventualità di confisca del feudo da parte del sovrano è molto remota. Si afferma nell’universo nobiliare una scala gerarchica: principi/duchi/marchesi/conti. Di fatto l’universo nobiliare non è mai stato completamente a disposizione del potere del re. I re possono concedere titoli o crearne dei nuovi, mai i vari nobili rivendicano una discendenza comune con il re dagli antichi conquistatori barbari – il sovrano è solo un primus inter pares -. Si è tanto più nobili quanto più la discendenza è antica ed acclarata; contemporaneamente nasce non soltanto dalla concessione, ma anche dall’esercizio concreto del potere signorile e questo spesso sfugge al potere del re. L’ordine nobiliare nella società europea occidentale non è stato un gruppo sociale chiuso ed impermeabile. Nobili si nasce, ma lo si può anche diventare sia attraverso il servizio della corona in alte cariche politiche/amministrative o in campo militare, sia attraverso la ricchezza – a partire dal XVI secolo i sovrani (per bisogni finanziari) cominciano a vendere massicciamente titoli nobiliari e onorificenze. 2.2 Le corporazioni Ogni città d’antico regime europeo è popolata da una quantità di gruppi definiti rispetto al lavoro che svolgono; centrale è il ruolo sociale ed economico delle corporazioni, che vengono anche definite arti/collegi/compagnie. Gli artigiani ed i mercanti dello stesso settore produttivo si uniscono per difendere i rispettivi interessi ed impedire che qualcuno di essi diventi troppo ricco e potente a danno degli altri. Le corporazioni mirano ad acquisire anche il monopolio nei diversi ambiti manifatturieri e commerciali controllando i rispettivi settori di attività. Esistono arti maggiori, maggior prestigio economico/sociale, arti minori, lavori più umili. Dal XIV secolo si incrina il meccanismo tradizionale di ricambio, l’accesso alla corporazioni diventa più rigido. La struttura interna delle associazioni è gerarchica: all’apice i maestri che eleggono i capi della corporazione i quali fissano le regole; il rispetto delle norme può essere verificato mediante ispezioni. Le corporazioni sono spesso affiancate da organizzazioni religiose laiche: le confraternite; e da società di mutuo soccorso che gestiscono un fondo comune destinato ai momenti di bisogno dei vari membri. Col passare degli anni le corporazioni acquistano sempre più un notevole grado di controllo sulle attività produttive delle varie regioni europee riuscendo ad influenzare le autorità cittadine: possono assumere la tutelare l’ordine pubblico, ma anche destabilizzare. In sostanza le corporazioni organizzano una parte importante dello spazio sociale dei non nobili e dei non ecclesiastici. 2.3 Una società di ceti e privilegi Il cosiddetto Terzo Stato - la maggioranza della popolazione; accomunata dalla funzione lavoratrice – si differenzia a secondo del ceto di appartenenza. Dai meno prestigiosi, ordine crescente: artigiani (suddivisi in corporazioni); titolari di professioni (avvocati, medici, notai); titolari di uffici pubblici; infine mercanti. Solo attraverso l’appartenenza ad uno di questi gruppi, che gode di riconoscimento politico, un individuo può avere una voce pubblica ed essere tutelato. Una società in cui la legge non è uguale per tutti, ma è diversa a seconda dell’appartenenza ad un determinato ceto, che gode di determinati privilegi. Il clero e la nobiltà sono considerati i grandi ceti privilegiati per eccellenza. Vi sono privilegi giurisdizionali: diritto di essere giudicati con particolari e specifiche modalità da tribunali speciali; privilegi economici: non pagare certe imposte e godere di particolari beni. I privilegi contribuiscono a determinare il rango di un gruppo sociale, ovvero la posizione sociale in rapporto con gli altri gruppi. La conflittualità dell’antico regime è originata dalla tendenza dei vari ceti a difendere la propria posizione e le proprie preminenze. Nell’ordine nobiliare, forte del proprio ruolo militare, le questioni di precedenza sfocia spesso in duelli perché i nobili si sentono obbligati a difendere il loro status – noblesse oblige : l’essere nobili obbliga. Il processo di inflazione dei ranghi nobiliari, dovuto alla vendita dei titoli da parte dei sovrani, a partire dal XVI secolo, portò ad una distinzione tra antica e nuova nobiltà. Questa funzione di distinzione dai folti ranghi della nobiltà minore viene svolta dagli antichi ordini militari e cavallereschi. I più prestigiosi e antichi: Ordine di San Giovanni di Gerusalemme (XII sec) che stabilitosi a Malta diventa Ordine di Malta; Ordine di Toson d’oro (1430); ordini casigliani: Santiago, Calatrava, Alcantare. Quelli nuovi:Ordine di Santo Stefano (1562);Ordine San Maurizio e Lazzaro (1572). 2.4 Le forme di rappresentanza politica In questa società che pensa a se stessa come parte di un ordine dato, immutabile in quanto divino, un individuo partecipa alla vita politica non in quanto tale, come persona, ma in quanto parte di un ordine o ceto. La società politica nasce perciò dalla composizione di questi corpi sociali funzionalmente legati l’uno all’altro in modo da comporre un organismo unitario. Il re è affiancato da un’assemblea dei rappresentanti del regno; non è una assemblea elettiva, ma composta da rappresentanti di ciascun ordine. Il sovrano decide sulle più importanti questioni – pace/guerra/imposizioni tasse – dopo aver ascoltato il parere dei rappresentanti degli ordini del regno. Queste assemblee si chiamano parlamenti. Parlamento inglese: - Camera dei Lord – Camera alta – composta da nobiltà e clero. - Camera dei Comuni: i rappresentanti sono abitanti delle città e terre non infeudate. In Francia e Paesi Bassi questa assemblea, riunita molto di rado, si chiama «Stati Generali»; questo perché è composta dai tre Stati che rappresentano i tre ordini sociali. In Spagna questa assemblea si chiama Cortes. Queste assemblee non sono permanenti, ma periodiche e in genere si riuniscono solo all’occorrenza: per richieste o rimostranze dei vari rappresentanti o per approvare nuovi tributi per il re. In cambio dell'approvazione di nuove imposte i rappresentanti chiedono al sovrano un contraccambio. Spesso queste procedure comportano un defaticante lavoro di mediazione che fa sì che le sedute parlamentari si prolunghino anche per mesi. Viste queste difficoltà di gestione il re tende a convocare solo in caso di necessità. 2.5 I due corpi del re Durante le assemblee il sovrano usa stare seduto sul trono per sottolineare la sua superiorità in quanto designato da Dio a governare il regno. Anche in assenza del re, il trono rimane, vuoto, a legittimare il proprio potere superiore, che essendo legato a Dio, può giustamente essere tramandato ai suoi successori. Di fatto il re è l’incarnazione della respublica, cioè l’incarnazione della cosa pubblica. L’innalzamento sacrale della monarchia regnante ha lo scopo preciso di allontanare lo spettro della monarchia elettiva - un re eletto da rappresentanti di nobili e magnati -; il sistema elettivo esisteva solo per l’imperatore e per il papa. Il regno del sovrano viene inteso come parte di una missione affidatagli direttamente da Dio: sdoppiamento della figura del sovrano, ad imitazione delle due nature di Cristo,: - una figura umana: corpo fisico e mortale del re; - una figura spirituale: corpo immateriale ed immortale che cinge tutto il suo regno. Questo secondo corpo abbraccia e raccoglie, con continuità, in sé la comunità politica. 3. LA SCOPERTA DELL’AMERICA E GLI IMPERI COLONIALI 3.1 Commerci extraeuropei, rotte atlantiche e tecniche di navigazione Una questione assai rilevante è quella dello sviluppo delle tecniche navali e degli strumenti di navigazione. Per solcare il Mediterraneo lungo le linee costiere le imbarcazioni utilizzano più i remi che le vele. Nel Quattrocento, l'introduzione di innovazioni provenienti dall'Europa settentrionale, quali la velatura composta moderna (ossia formata da più di un albero e di una vela) e il timone unico dritto di poppa al posto del tradizionale remo, rendono più manovrabili e meglio impero ottomano con Venezia rende sempre più problematico il blocco delle rotte tradizionali delle spezie da parte dei portoghesi. 3.3 Scoperta e sfruttamento delle risorse del nuovo mondo Negli ultimi anni del Quattrocento, mentre le navi portoghesi costeggiano l'Africa per raggiungere l'Oceano Indiano, la corona di Castiglia promuove una spedizione nell'Oceano Atlantico di enorme portata storica. (1492)- In questo contesto, il genovese Cristoforo Colombo propone alla regina Isabella di Castiglia di organizzare e di finanziare una spedizione navale, che deve arrivare al Catai - ossia la Cina, terra favolosa, ricca di spezie e sete preziosissime navigando verso occidente, basandosi sulla convinzione della sfericità della terra. Il progetto di Colombo è stato peraltro già bocciato, in quanto irrealizzabile e troppo dispendioso, dal re del Portogallo, tanto più che questi ha impegnato le sue risorse nel sostenere la circumnavigazione dell'Africa. Un identico parere viene espresso dai consiglieri della regina Isabella. Alla fine, però, Colombo ottiene il denaro necessario a equipaggiare tre caravelle, in parte dalla corona castigliana e in parte dai mercanti genovesi che hanno già finanziato la conquista e la colonizzazione delle Canarie. Il 12 ottobre 1492 le tre navi, dopo oltre due mesi di navigazione, approdano sulla terraferma: si tratta di un'isola delle attuali Bahamas, alla quale Colombo dà il nome di San Salvador, prendendone possesso a nome della corona castigliana. Quindi la spedizione tocca Cuba e Española (Santo Domingo). Il genovese è convinto - e lo resterà fino alla morte - di avere raggiunto non una terra sconosciuta, ma le propaggini di Cipango, come è chiamato a quel tempo il Giappone. Poiché infatti scopo primario della sua impresa è l'apertura di una nuova via per i traffici con l'opulento Oriente, è comprensibile come Colombo cerchi di sovrapporre alla nuova realtà «scoperta» le poche notizie, spesso leggendarie, disponibili su Catai e Cipango. Con il rientro di Colombo in Spagna, nel 1493, si apre la fase delle esplorazioni delle terre a occidente dell'Oceano Atlantico. Sin dall'inizio, la scoperta delle nuove rotte atlantiche pone alla corona portoghese e a quella castigliana il problema della delimitazione dei rispettivi diritti. L'espansione della fede cristiana rappresenta per entrambe la motivazione ufficiale e, per così dire, propagandistica delle spedizioni alla ricerca di una via diretta per l'Estremo Oriente. Di qui il ricorso al pontefice, somma autorità spirituale e al contempo giuridica della cristianità, perché elimini ogni ragione di contesa tra i sovrani di Castiglia e Portogallo. Nel 1493, papa Alessandro VI emette tre bolle in cui stabilisce una linea di demarcazione corrispondente a un meridiano a 100 leghe di distanza (circa 330 miglia nautiche) dalle isole Azzorre. Tutte le terre conquistate e scoperte che si trovano a ovest di tale linea vengono attribuite alla corona di Castiglia e quelle a est ai sovrani del Portogallo. Tale pronunciamento non è però ritenuto soddisfacente dalle due parti che, con il trattato di Tordesillas (giugno 1494), si accordano per spostare la linea di spartizione a 370 leghe dalle isole di Capo Verde. Il trattato divise il mondo al di fuori dell'Europa in un duopolio esclusivo tra l'Impero spagnolo e l'Impero portoghese lungo il meridiano nord-sud, 370 leghe (1 770 km) a ovest delle Isole di Capo Verde (al largo della costa del Senegal, nell'Africa occidentale). Le terre a est di questa linea sarebbero appartenute al Portogallo e quelle a ovest alla Spagna. Con questo atto, le due corone si arrogano in pratica il diritto di sovranità su buona parte della terra, incuranti del fatto che i territori in questione siano abitati da altre popolazioni. Effetto inaspettato del trattato di Tordesillas è l'attribuzione dell'odierno Brasile alla corona lusitana. → Solo con il viaggio compiuto dal fiorentino Amerigo Vespucci, nel 1501, prende corpo l'idea che le terre scoperte da Colombo non facciano parte dell'Asia, ma siano un vero e proprio Nuovo Mondo. Una volta assodato che si tratta di un nuovo continente, i navigatori al servizio della corona castigliana riprendono la ricerca di una rotta per l'Oriente. E Ferdinando Magellano, un portoghese al servizio dell'imperatore Carlo V, a cimentarsi con la circumnavigazione dell'America: nel 1519 Magellano salpa da Siviglia e, superato lo stretto che da lui prenderà il nome, giunge due anni dopo nell'arcipelago che sarà in seguito battezzato Filippine. L'impresa di Magellano è però coronata solo parzialmente da successo, non solo per la durata e l'alto costo del viaggio in termini di vite umane e navi = fanno ritorno solo il 10% degli uomini e una sola nave -, ma anche perché, ad eccezione delle Filippine, buona parte dei territori asiatici, ivi compresi le isole Molucche, grandi produttrici di spezie, rientrano, in base al trattato di Tordesillas, nella sfera d'influenza portoghese. Nel frattempo la corona castigliana autorizza lo sfruttamento delle nuove terre americane: le isole di Santo Domingo e Cuba si riempiono di alcune migliaia di soldati, nobili decaduti e avventurieri spinti dalla brama di oro. Gli indigeni vengono presto obbligati a cercare le pagliuzze di metallo prezioso presenti nei fiumi e sono sottoposti a uno sfruttamento disumano. Lo sfruttamento e le malattie (come il vaiolo e il morbillo), sconosciute nel Nuovo Mondo e giunte con gli europei, provocano il crollo della popolazione di Santo Domingo da circa 600.000 persone nel 1492 a 27.000 del 1514, fino a 10.000 del 1530. La ricerca dell'oro è la molla per l'ulteriore espansione castigliana sul continente americano. Mentre in Asia i portoghesi hanno incontrato civiltà con cui l'Europa ha rapporti da secoli, nel Nuovo Mondo i castigliani entrano in contatto con civiltà del tutto ignote, assai diverse fra loro per livelli di sviluppo. In alcune zone le popolazioni indigene vivono organizzate in tribù, praticando la caccia e la pesca, nonché la coltivazione del mais - un cereale sconosciuto nel continente europeo-, che richiede assai meno cure del grano e fornisce rese assai maggiori. In altre e vaste zone del Nuovo Mondo sono presenti società assai evolute sotto il profilo dell'organizzazione politica, comprendenti popolazioni così diverse da poter essere definite imperi dagli europei. Tuttavia gli imperi azteco e incaico non dispongono di una tecnologia sufficiente a resistere all'urto con la civiltà europea. Le armi da fuoco unite a notevoli dosi di spregiudicatezza e crudeltà danno ai conquistadores castigliani una superiorità schiacciante. Nel 1519, una spedizione di alcune centinaia di uomini, guidata daHernán Cortés, sbarcò in quello che verrà ribattezzatoMessico e riesce ad abbattere l'impero azteco nel giro di due anni. Allo stesso modo, nel 1532, Francisco Pizarro distrugge l'impero degli Incas, nell'attuale Perù, anche se solo nel 1548 la conquista di quest'area dell'America meridionale può dirsi conclusa. Tanto nel Messico azteco quanto nel Perù inca, l'arrivo da oriente dei conquistadores viene letto come il concretizzarsi di antiche profezie, accompagnate da prodigi, circa la fine di quei regni in seguito al ritorno delle divinità che li avevano fondati. L'atteggiamento iniziale dei sovrani di aztechi e inca è condizionato da tali credenze e rappresenta il tentativo di civiltà vissute isolate per secoli di razionalizzare l'imprevedibile (l'esistenza di un'altra civiltà più forte), «l'irruzione dell'ignoto» nella loro vita. Un peso assai maggiore nel fiaccare le resistenze hanno lemalattie arrivate dall'Europa, contro le quali le popolazioni americane sono prive di difese immunitarie. Inoltre un ruolo centrale gioca la concezione essenzialmente rituale della guerra: per i diversi popoli americani lo scopo del combattimento non è uccidere l'avversario, ma catturarlo per poi sacrificarlo agli dei. Il modo di combattere dei castigliani risulta del tutto incomprensibile da un punto di vista psicologico e culturale per le diverse popolazioni americane. Altro elemento essenziale per spiegare la fragilità degli imperi autoctoni di fronte agli invasori sono le divisioni e i conflitti politici interni che li caratterizzano come ad esempio la guerra civile in atto fra gli inca al momento dell'arrivo di Pizarro -, che i conquistadores sono abilissimi a sfruttare per i loro fini. Più tarda è la decisione del Portogallo di procedere alla colonizzazione del Brasile. Secondo la tecnica consueta, infatti, fin verso il 1530 la corona lusitana preferisce utilizzarne le coste per istituirvi punti di approdo per le navi dirette verso le Indie. Tuttavia l'interesse di mercanti privati di varia origine (castigliana, fiamminga, veneziana e francese) spinge il re Giovanni IlI ad allontanare con la forza possibili rivali e ad avviare la colonizzazione del Brasile. Lo strumento prescelto è quello di suddividere la costa in feudi concessi a esponenti dell'aristocrazia lusitana, incaricati di assicurarne la difesa e di avviare l'espansione verso l'interno. Nel 1549, la corona decide però di riacquistare il controllo diretto del Brasile con la nomina di un governatore generale. 3.4 la nascita della società coloniale americana Prima conseguenza della conquista è la distruzione dell'universo religioso e culturale delle popolazioni americane: secondo la loro visione, la sconfitta militare dei loro regni e imperi ad opera di semplici esseri umani implica la sconfitta delle divinità che ne sono considerate le fondatrici e le tutrici soprannaturali. La distruzione di templi e statue delle divinità locali condotta dai conquistatori, nel nome del loro unico dio, comporta 'azzeramento delle credenze religiose e un vero e proprio trauma psicologico per le popolazioni, derivante dal tramonto dei tradizionali punti di riferimento religiosi, culturali e mentali. Al saccheggio delle risorse e allo sterminio delle popolazioni indigene operato dai conquistadores si aggiunge l'azione della Chiesa volta a evangelizzare gli indios, estirpando le loro credenze tradizionali e imponendo valori religiosi, culturali e di comportamento propri della società europea. La lotta all'idolatria e alle superstizioni che sono ritenute caratteristiche degli indigeni americani viene condotta dai primi missionari con uno zelo fanatico dagli esiti disastrosi: le popolazioni americane sono vittime non solo di uno sfruttamento spietato, ma anche dello stravolgimento del mondo sociale, dei valori e della mentalità. A fronte dei religiosi che giustificano i massacri e la riduzione in schiavitù degli indigeni vi è però anche chi, come Bartolomé de la Casas, il primo sacerdote ordinato in America (1512), impartita una educazione umanistica e liberale. Agli artisti serve anche maggior qualificazione per realizzare le grandi opere desiderate. Grande esempio di artisti rinascimentali: - Filippo Brunelleschi (1377/1446) , - architetto, ingegnere, scultore; - -Michelangelo Buonarroti (1475/1564) – pittore, scultore,architetto, ingegnere, poeta. 4.4 La politica come scienza: Machiavelli e Guicciardini. Il quadro politico del rinascimento italiano è caratterizzato da notevoli tensioni e conflitti; grande il contrasto tra valori politici dell’antichità e realtà contemporanea. Niccolò Machiavelli (1469/1527), medita sugli scritti storici dell’antichità classica riflettendo sulle modalità che consentono ai governati di conquistare e conservare uno Stato. Fondamentale è lo studio del passato perché può fornire soluzioni ai problemi che si presentano. Tutte le forme di Stato vanno incontro a processi di trasformazione decadimento; Monarchia/Tirannide -Aristocrazia/Oligarchia -Democrazia/Demagogia. Il Principe (1513: per giungere al potere si deve essere furbi come una volpe e spietato come un leone; per Machiavelli esemplare è la figura di Cesare Borgia, figlio di Alessandro VI, che dopo essersi ricavato, con astuzia e spietatezza, un’ampia signoria territoriale, non riesce a consolidarla alla morte del padre Alessandro VI. Anche Francesco Guicciardini elabora le sue opere –I Ricordi e Storia d'Italia - partendo da esperienze personali ed esaminando le azioni dei governanti coetanei. 4.5 L’arte del vivere. I centri di cultura Rinascimentale sono le corti principesche: Visconti/Sforza a Milano, Este a Ferrara, Gonzaga a Mantova, Medici a Firenze, Montefeltro a Urbino. Diversi pontefici sono i committenti delle opere d’arte del, XV e XVI secolo. La figura umana a cui aspirare per ottenere i favori dei vari signori è il cortigiano. Il Cortigiano, libro di successo di Baldassarre Castiglione suggerisce agli uomini di lettere il modo di comportarsi alla corte di un principe, ed agli aristocratici che frequentano le corti l’esempio ideale dei comportamenti da tenere in pubblico. Galateo, libro di Giovanni Della Casa dello stesso periodo, detta le buone maniere. 4.5 La natura ed i «saperi occulti ». Nella visione cristiano medievale la natura è semplicemente la raffigurazione della potenza e della volontà di Dio da ammirare nella sue bellezza, mentre gli eventi straordinari – terremoti, siccità, inondazioni – sono il segno dell’ira di Dio. Con l’Umanesimo la natura viene vista come soggetto relativamente autonomo, dotato di proprie regole da studiare ed indagare e questo avviene dopo la riscoperta di testi filosofici e scientifici classici. Però, gli stessi intellettuali dediti alla riscoperta della cultura classica a volte visti quali figure precorritrici delle novità scientifiche seicentesche, sono anche affascinati da dottrine e idee occulte ed esoteriche quali la magia, l’alchimia - virtù magiche, terapeutiche, spirituali -,. Figure quali Paracelso (1493/1541), Cardano (1501/76), Della Porta (1535/1615) sono chiari esempi della singolare mescolanza di cultura e magia - alchemica ed interessi scientifici. Anche la qabbalah - dottrina mistica ebraica interessa e Pico della Mirandola – notevole figura intellettuale dell’epoca – giunge a parlare di vera e di falsa astrologia. Queste teorie si scontrano spesso con la rigida posizione della Chiesa. 5. SOLO LA GRAZIA SALVA; LA RIFORMA PROTESTANTE Durante la prima metà del XVI secolo si diffondono in Europa idee cristiane sulla religione e sulla vita molto diverse da quelle insegnate dalla Chiesa cattolica. A prima vista non si tratta di una novità: periodicamente, nel corso dei secoli precedenti, la Chiesa aveva dovuto fare i conti con l'esistenza, ritenuta intollerabile, di visioni del mondo ispirate al messaggio cristiano, ma in diversa misura dissenzienti da quella ufficialmente affermata. I sostenitori di tali idee, chiamati eretici, erano tradizionalmente sottoposti a scomunica, cioè all'espulsione dalla comunità dei fedeli attraverso la privazione dell'accesso ai sacramenti, e additati come nemici della fede. Una volta che gli eretici erano stati condannati dalla Chiesa, l'autorità civile poteva agire con la forza contro di loro, sino ad arrivare allo sterminio di massa, nel nome della difesa della fede e della repressione di ogni dissenso rispetto all'ortodossia confessionale. Il ricorrente sorgere di dottrine eterodosse che, pur facendo riferimento agli stessi sacri testi del cristianesimo (la Bibbia e specialmente il Nuovo Testamento), non si conformano alla dottrina insegnata dalla Chiesa cattolica ha origine essenzialmente nella grande distanza tra la visione del mondo proposta dai testi sacri e la realtà ecclesiale e politico-sociale concretamente esistente: l'insegnamento di Gesù Cristo, così come raccontato dai vangeli, propone infatti ai fedeli un'etica della donazione e del sacrificio molto lontana dalla pratica dell'accumulazione di beni materiali e di potere tipica della Chiesa tardo-medievale. Da tale tensione nasce il frequente richiamo, per lo più da parte di gruppi minoritari e di intellettuali, a una riforma della Chiesa che la faccia ritornare a quella spiritualità e purezza ritenute tipiche delle origini, quando cioè il cristianesimo era solo una fede e non una religione ufficiale. L'idea della reformatio, della riforma cristiana, non conduce necessariamente all'eresia, ma di sicuro alla base della formazione di dottrine poi qualificate come eretiche vi è una notevole ansia riformatrice: fare sì che la Chiesa si conformi alla volontà espressa dal suo fondatore, Gesù Cristo. Ma è soprattutto nell'opera di un pensatore e umanista olandese del secondo Quattrocento, Erasmo da Rotterdam, che la critica nei confronti della politica della Chiesa si fa più influente e incisiva. In testi divenuti celebri come L'elogio della pazzia (1509), Erasmo critica aspramente la corruzione e l'immoralità della Chiesa, la presunzione ecclesiastica di possedere la verità su qualunque aspetto della vita e l'eccesso di potere del papa. Malgrado le sue durissime critiche nei confronti del papato e della Chiesa, allorché nacque la Riforma protestante Erasmo rimase cattolico, sebbene molti suoi discepoli facessero una scelta diversa. Tutto ciò spiega il motivo per cui quando, nel 1517, giunge a Roma notizia che in Sassonia un oscuro monaco, appartenente, come Erasmo, all'Ordine agostiniano, di nomeMartin Lutero (1483-1546), aveva diffuso 95 tesi teologiche sospette di eresia - l'immagine tradizionale dell'affissione alle porte della chiesa del castello di Wittenberg è del tutto inventata in seguito a scopi propagandistici - nessuno nella Curia romana si allarma in maniera particolare: si sarebbe provveduto a farlo ravvedere, o altrimenti lo si sarebbe rimesso alla santa Inquisizione, il tribunale ecclesiastico che, sotto la direzione vescovile, era incaricato di sorvegliare e punire le idee eretiche in ogni diocesi. 5.1 Le 95 tesi che sconvolsero il mondo. E invece quelle 95 tesi divengono in breve tempo un evento che sconvolge il mondo cattolico, distruggendo per sempre l'unità della Chiesa. Le idee di Lutero, non saranno una semplice eresia, ma una spaccatura profonda nell'Europa cristiana, divisa da allora in poi tra cattolici, fedeli della Chiesa romana, e protestanti, appartenenti a una delle tante Chiese e sette confessioni originate dal processo messo in moto dalle posizioni luterane. Alla base della riflessione teologica di Lutero vi è, come sempre, il confronto tra la lettura dei testi sacri e la dottrina ortodossa della Chiesa. Studiando approfonditamente le Sacre Scritture, Lutero nota come sia chiara l'affermazione in esse che L'unica salvezza per l'uomo discende dalla grazia divina, da un gesto volontario del Signore che dona al singolo, secondo il proprio imperscrutabile giudizio, la vita eterna. Al contrario la Chiesa non svolge nelle Sacre Scritture alcun ruolo e il papa non vi è neppure nominato. Sottolineare con forza questo punto significa in sostanza per Lutero additare come inutile o dannosa l'intera opera di mediazione fra l'uomo e Dio che la Chiesa pretende di esercitare. Il tradizionale insegnamento cattolico affermava che solo attraverso la Chiesa potevano veder accompagnata la loro anima verso il Paradiso, il più delle volte dopo un lento passaggio in Purgatorio dove i peccati venivano scontati ed annullati. I Papi cominciarono a vendere indulgenze per annullare i propri peccati ed ottenere uno sconto di pena per i defunti. In questo modo la Santa Sede può rastrellare denaro, con la complicità delle autorità laiche ed ecclesiastiche dei luoghi in cui vengono bandite le indulgenze. Proprio nel 1517, in seguito a un accordo fra il giovane arcivescovo di Magdeburgo, Alberto di Hohenzollern, e il papa Leone X (che necessita a sua volta di fondi per la costruzione della basilica di San Pietro a Roma), viene bandita un'indulgenza plenaria nei tre vescovadi di Hohenzollern il cui ricavato è destinato a essere spartito fra l'arcivescovo e il pontefice. La posizione luterana che solo la grazia salva porta ad affermare che solo la fede autentica sottrae l’uomo alla schiavitù del peccato originale; le indulgenze sono quindi un’impostura: esse significano spacciare un credito che non si possiede e fare mercimonio di un bene divino, la grazia. 5.2 Nascita del movimento protestante. Grazie alla stampa e alla traduzione in tedesco - dato che erano state redatte in latino, segno che si trattava di un testo per soli dotti -, le 95 tesi e gli altri scritti di Lutero hanno una straordinaria circolazione in Germania. Tale rapida diffusione delle idee luterane e il loro straordinario successo non derivano solo dal loro carattere radicale o, se si vuole, rivoluzionario, ma dal fatto che esse interpretano bisogni largamente diffusi nella società del tempo. In primo luogo le dottrine luterane interpretano l'aspirazione, fortemente avvertita in Germania e non solo, di rinnovamento morale e religioso, nonché la diffusa protesta nei confronti di un clero ignorante, invadente e corrotto. Inoltre, conferendo un ruolo centrale al rapporto diretto ossia privo di intermediari umani o sovrumani - fra l'uomo e Dio, grazie al libero accesso alle Sacre Scritture, la teologia luterana rappresenta un passo importante verso una religiosità popolare più basata sulla ragione, più comprensibile. → In secondo luogo alcuni sovrani trovano nelle idee luterane la possibilità di ridurre l'influenza della Chiesa non solo in campo religioso, ma anche politico, sociale ed economico e, in prospettiva, di assicurarsi il controllo delle strutture ecclesiastiche locali e di appropriarsi degli ingenti beni della Chiesa. 5.5 L’anglicanesimo Nonostante i successi della Riforma, nessuno dei maggiori regni dell'Europa cattolica abbraccia, in un primo tempo, il protestantesimo. Il sovrano d'Inghilterra Enrico VIII Tudor si schiera anzi apertamente contro le idee luterane, scrivendo un trattato in difesa dei sette sacramenti, a seguito del quale papa Leone X lo insignisce del titolo onorifico di defensor fidei, difensore della fede. Presto però Enrico VIII avverte l'importanza dell'occasione che la diffusione delle idee protestanti gli offre: la possibilità di ridurre l'influenza del papato sulla politica e sulla società inglese. Uno degli ambiti in cui si esprimeva tale influenza era la politica matrimoniale della dinastia. Il divieto di divorziare, o quello di sposare consanguinei, permette alla Chiesa di esercitare un controllo sulle scelte dei sovrani riservandosi all'occorrenza la possibilità di concedere le dispense matrimoniali, in teoria annullamenti del vincolo nuziale, in pratica forme discrezionali di divorzio mascherato. Attraverso tale regolazione della sfera privata e familiare dei monarchi il papato ne condiziona la politica dinastica. Di fronte alla richiesta di Enrico VIII di annullare le nozze con la moglie, Caterina d'Aragona, dalla quale il re teme di non poter avere un erede maschio, il pontefice Clemente VII oppone una tattica attendista: una decisione favorevole al sovrano inglese è osteggiata dall'imperatore Carlo V, di cui Caterina è la zia. Il monarca inglese ne approfitta per procedere a una rottura del legame di sudditanza spirituale alla Chiesa romana. Enrico, oltre a risolvere il proprio problema matrimoniale divorzia infatti da Caterina e sposa Anna Bolena CON l'approvazione del Parlamento, emana nel 1534 l'Atto di supremazia, con il quale il sovrano inglese si proclama unico e supremo capo della Chiesa d'Inghilterra, assegnando all'arcivescovo di Canterbury, primate d'Inghilterra, il governo degli affari ecclesiastici. Per la prima volta un sovrano cristiano riunisce nelle proprie mani potere politico e autorità religiosa. Da un punto di vista dottrinale, la nuova Chiesa d'Inghilterra non conosce innovazioni, se non l'introduzione della Bibbia in inglese. La rescissione del legame con la Santa Sede consente però alla monarchia di procedere alla soppressione degli Ordini religiosi, da cui conseguono l'incameramento e la messa in vendita delle loro ingenti proprietà terriere. Ciò da un lato rimpingua le casse reali, duramente provate dalle guerre con la Francia, dall'altro consente la formazione di un ceto di piccoli e medi nobili proprietari fondiari, leali verso la corona e sostenitori della nuova confessione religiosa. D'altra parte Enrico VIII mantiene la gerarchia ecclesiastica e il clero parrocchiale come ordine separato, essendo ben conscio che essi rappresentano ora uno strumento utile al rafforzamento della monarchia. Solo durante il breve regno di Edoardo VI Tudor (1547-53) la Chiesa d'Inghilterra inizia un lento avvicinamento al movimento protestante, mediante l'adozione di un nuovo libro di preghiere, il Book of Common Prayer, del 1549, generalmente attribuito all'arcivescovo Cranmer, nel quale vengono eliminati tutti gli aspetti considerati superstiziosi nel culto, reso più semplice e da celebrare in inglese. 6. LA FRONTIERAMEDITERRANEA E L’IMPERO OTTOMANO 6.1 L’impero ottomano. Alla metà del Cinquecento la grande espansione ottomana nel mediterraneo, cominciata nel 1453 con la conquista di Costantinopoli, può dirsi conclusa. Alla base della potenza ottomana vi è un'efficace organizzazione amministrativa e militare; a capo di un impero vastissimo ed abitato da popolazioni diverse, unite sola dalla fede musulmana, vi è il sultano che ha un potere assoluto. IlGran Consiglio - il governo - è presieduto dal gran visir, - scelto personalmente dal sultano-, e composto da funzionari che dirigono i singoli settori del governo e controllano i governatori delle varie provincie. Nell’esercito spiccano, oltre ad una potente flotta, anche i giannizzeri, speciali corpi di fanteria fedeli in modo assoluto al sultano. La religione ufficiale è quella mussulmana-sunnita; la base del diritto è costituita dal Corano, ilmufti di Istanbul , la più alta autorità religiosa. Nondimeno nell’impero vige una grande tolleranza religiosa. Pur avendo trasformato diverse chiese in moschee, i mussulmani non hanno interesse a far convertire chi professa una fede diversa, ne intendo cancellare le diversità - lingua, tradizioni - delle varie popolazioni che essi governano. La popolazione è divisa in due gruppi; una costituita da chi è al servizio del sultano: militari, autorità civili e religiose esentati dalle imposte; l’altra dai contadini, artigiani, mercanti che sono obbligati a pagare le tasse. 6.2 La monarchia cattolica di Filippo II. A fronte della realtà composita dell'impero ottomano, l'Europa conosce il lento tramonto dell'idea d'impero universale cristiano di Carlo V. Tuttavia la potenza della casa d'Asburgo non finisce con la morte di Carlo V: i suoi domini vengono da lui stesso suddivisi tra il fratello Ferdinando e il figlio Filippo negli anni 1556-58. Al primo, già re di Boemia e d'Ungheria, toccano i territori ereditari dell'area austriaca e l'appoggio nell'ascesa al trono imperiale; Al secondo vanno la Castiglia, con le sue colonie americane, l'Aragona, i Paesi Bassi, la Franca Contea, lo Stato di Milano, il regno di Napoli e quello di Sicilia. Quella su cui regna Filippo II d'Asburgo è una vasta aggregazione di territori fra loro non contigui e diversi per leggi, lingua, tradizioni e consuetudini. Pertanto, la «monarchia composita» di Filippo II trova i suoi unici elementi comuni nella persona del sovrano e nella religione cattolica perciò essa è detta monarchia cattolica. Dopo la pace di Cateau-Cambrésis (1559), che sancisce la pace con la Francia e il passaggio della penisola italiana nella sfera d'influenza asburgica, la lotta all'eresia protestante rappresenta la priorità per Filippo II. Strumento primario per combattere la diffusione delle idee riformate all'interno della Castiglia, dell'Aragona (nella cui corona è compresa la Sardegna) e della Sicilia è il tribunale dell'Inquisizione spagnola. In questo modo Filippo II dispone di un importante strumento giuridico non indirizzato alla repressione di reati penali, ma al controllo delle coscienze e dei comportamenti dei sudditi. Il Consejo de Inquisición è uno dei più importanti consejos (consigli) di cui si avvale il monarca: si tratta di organismi composti da aristocratici, ecclesiastici e letrados, ossia esperti di diritto e di amministrazione, che forniscono al re i loro pareri sulle diverse questioni che questi sottopone loro. I consejos che si vanno articolando sin dall'epoca dei re cattolici e che conoscono un ruolo crescente con Carlo V, durante il regno di Filippo II si caratterizzano a seconda delle competenze per materia o per territorio. Il meccanismo di funzionamento di queste istituzioni prevede che esse, dietro richiesta del sovrano o di propria iniziativa, stilino un parere articolato su singole questioni, la consulta. Questo documento viene inviato al monarca, che lo esamina ed esprime la sua decisione annotandola personalmente in calce. → A differenza del padre, sovrano con una corte itinerante, Filippo II stabilisce la propria residenza in Castiglia e, nel 1561, fissa la sede della propria corte aMadrid, un piccolo borgo al centro della penisola iberica. Dal suo monumentale palazzo dell'Escorial, nei pressi di Madrid, il sovrano - circondato da cortigiani, ministri e consiglieri - governa la monarchia cattolica con una circospezione che gli vale la definizione di rey prudente, ma finisce per creare non pochi problemi. Se infatti ai tempi lunghi delle comunicazioni dell'epoca - per cui un dispaccio impiegava venti giorni da Madrid a Bruxelles - si sommano i tempi necessari perché un problema venisse discusso dai Consejos del sovrano e infine fosse presa una decisione, risulta evidente la complessità dell'agire politico della maggiore potenza europea del Cinquecento. Alla penisola italiana egli assegna il ruolo di suo bastione nello scacchiere mediterraneo. In Italia continuano ad esistere numerosi piccoli stati che conservano una propria autonomia: Repubbliche di Genova e di Venezia, ducati di Savoia, di Mantova, di Parma Piacenza, di Modena, Stato Vaticano. – L’Italia si presenta come una sorta di sistema di Stati che riconoscono il loro legittimo sovrano in Filippo II, ma che conservano una propria autonomia istituzionale e sociale. 6.3. L'azione di Filippo II nel Mediterraneo La pace conclusa sul continente europeo consente a Filippo II di concentrare le energie della monarchia nel bacino del Mediterranco. Qui infatti l'impero ottomano prosegue nella politica espansionistica, con l'appoggio delle flotte che la pirateria nord-africana utilizza per le sue scorrerie ai danni dei navigli e delle terre cristiane. Primo atto di Filippo II è la controffensiva contro le basi della pirateria. Tuttavia la spedizione (1560) per occupare l'isola di Gerba, di fronte alle coste africane e di notevole importanza strategica per riconquistare la città di Tripoli - presa da Carlo V nel 1535 e poi perduta nel 1551- si rivela un autentico fallimento. Negli anni seguenti riprende inarrestabile l'offensiva ottomana: - Nel 1563 gli ottomani attaccano la fortezza nord-africana di Orano e - nel 1565 l'isola di Malta, che viene valorosamente difesa dai cavalieri dell'Ordine di Malta. - Nel 1570 le potenti forze ottomane avviano la conquista dell'isola di Cipro, uno dei maggiori possedimenti della repubblica di Venezia, assai rilevante per la produzione di zucchero, sale e cotone. - Nell'agosto 1571 cade l'ultimo baluardo veneziano nell'isola, la città di Famagosta. L'impero ottomano si annette così un territorio di grande importanza strategica ed economica nel Mediterraneo. A impedire che il sovrano decida di muovere guerra all'impero ottomano vi sono considerazioni di carattere politico e finanziario. Anzitutto la tradizionale aspirazione delle corone iberiche è più quella di rendere sicuro il Mediterranco occidentale e di assicurarsi il controllo dei porti chiave della costa del Nord Africa, sbaragliando la pirateria, che di intraprendere una guerra contro un nemico potente come il sultano ottomano. In secondo luogo l'esplosione della rivolta nelle Fiandre spingono Filippo II e una parte dei suoi consiglieri a privilegiare lo scacchiere nord-europeo. propri privilegi tradizionali legati alla carica di vescovi che permette grandi entrate e carriere politiche. La struttura della Chiesa viene ricondotta strettamente sotto il controllo dell’autorità papale. Alla sua conclusione il concilio di Trento si dimostrerà essere stato un’assise esclusivamente cattolica volta a riformare per rafforzare le strutture della Chiesa di Roma. I lavori del concilio tridentino riflettono, in ultima analisi, la volontà del papato di opporsi con tutte le forze alla diffusione delle idee protestanti, rivendicando per se stesso il titolo di guida dell'unica e autentica Chiesa cristiana. In altre parole, il messaggio fondamentale che esce dal Concilio di Trento è che la Chiesa cattolica non accetta la presenza di altre confessioni cristiane e anzi promuove un'imponente reazione, allo stesso tempo ideale, religiosa, politica e militare, alla Riforma, denominata dagli storici «Controriforma» o «Riforma cattolica». 7.2 Apparati e pratiche repressivi Parecchi provvedimenti vennero presi per migliorare la disciplina del clero. Tra questi l'obbligo dei vescovi di risiedere nella propria diocesi; l'assoluta proibizione di raccogliere più vescovati in una sola persona; l'istituzione di seminari ecclesiastici, scuole speciali nelle quali si provvedeva alla preparazione di tutti coloro che intendeva seguire la strada del sacerdozio; venne rafforzata l'attività dei Tribunali della Santa Inquisizione (1542), che avevano il compito di scoprire e perseguire gli eretici; venne introdotta la censura sui libri: a questo scopo venne istituito un apposito ufficio, il Santo Uffizio, che doveva provvedere alla pubblicazione dell'indice dei libri proibiti, che doveva essere costantemente aggiornato, indicando tutte quelle opere ritenute moralmente sconvenienti o pericolose per la fede cattolica. 7.3 L’attuazione dei decreti tridentini e i nuovi Ordini religiosi Venne respinto qualsiasi compromesso con le dottrine protestanti riaffermando per intero tutto il patrimonio spirituale prodotto dalla Chiesa nel corso dei secoli, sia nel dogma che nelle prescrizioni liturgiche: i princìpi dogmatici derivanti dal concilio, vennero raccolti nella Professione di fede tridentina, il Credo, che tutti i sacerdoti dovevano recitare nel corso della Messa. La lotta al protestantesimo esigeva che il potere venisse affidato ad un'unica autorità, ed il concilio stabilì che questa persona altri non poteva essere se non il papa, massima autorità della Chiesa in materia di fede. Parecchi provvedimenti vennero presi per migliorare la disciplina del clero. Tra questi l'obbligo dei vescovi di risiedere nella propria diocesi; l'assoluta proibizione di raccogliere più vescovati in una sola persona; l'istituzione di seminari ecclesiastici, scuole speciali nelle quali si provvedeva alla preparazione di tutti coloro che intendeva seguire la strada del sacerdozio; venne rafforzata l'attività dei Tribunali della Santa Inquisizione, che avevano il compito di scoprire e perseguire gli eretici; venne introdotta la censura sui libri: a questo scopo venne istituito un apposito ufficio, il Santo Uffizio, che doveva provvedere alla pubblicazione dell'indice dei libri proibiti, che doveva essere costantemente aggiornato, indicando tutte quelle opere ritenute moralmente sconvenienti o pericolose per la fede cattolica. Nel corso del concilio di Trento venne inoltre riaffermato il celibato degli ecclesiastici, che in ogni diocesi vennero sottoposti ad un severo controllo da parte dei vescovi. Un esempio è l'azione svolta a Milano dall'arcivescovo Carlo Borromeo, il quale incarna un nuovo modello di vescovo, dedito alla riorganizzazione ecclesiastica e alle opere pie, rigido sostenitore dell'ortodossia. Egli si configura come il fermo interprete dei dettami tridentini, attuando con zelo la riforma dei costumi del clero, di tutti gli abusi e le incrostazioni profane nella vita religiosa. Gran parte dell'azione più influente e innovativa svolta dalla Chiesa nel suo intento di controllo della vita religiosa e di riforma dei comportamenti collettivi è peraltro svolta non dal clero secolare, ma da quello regolare (organizzato in Ordini religiosi maschili o femminili). Nell'ambito della riorganizzazione del clero e della purificazione dei costumi, vennero istituiti dei nuovi ordini religiosi: teatini, oratoriani, somaschi, barnabiti, cappuccini, camilliani, e le congregazioni femminili delle angeliche e delle orsoline. I primi ordini monastici istituiti nell'Alto Medioevo erano dediti ad una vita contemplativa, da trascorrere interamente tra le mura del convento, allo scopo di far raggiungere ai propri monaci il perfezionamento morale: nel XIII secolo, francescani e domenicani uscivano dai conventi portando nel mondo la predicazione e l'apostolato. Questo indirizzo venne maggiormente accentuato negli ordini cinquecenteschi, che si proposero di svolgere all'esterno dei loro monasteri funzioni utili quali l'assistenza agli infermi, ai ragazzi poveri e abbandonati, l'istruzione dei figli del popolo, le missioni e altri compiti socialmente utili. Questo indirizzo venne espresso in particolare dal maggior ordine del Cinquecento: la Compagnia di Gesù, fondata da un ex militare, Sant'Ignazio di Loyola. Secondo la regola fissata da Sant'Ignazio, i gesuiti, oltre a pronunciare i tre voti povertà, castità ed obbedienza, comuni anche a tutti gli altri ordini, ne pronunciavano un quarto di obbedienza assoluta al papa, dal quale l'ordine dipendeva direttamente. Al gesuita si richiedeva un'obbedienza assoluta alla volontà dei suoi superiori ed in particolare al papa. Prima di ricevere gli ordini sacri, l'aspirante viene sottoposto ad una accuratissima preparazione che dura sedici anni: oltre a rigorose opere di pietà, è prescritto anche un corso di studi superiori, comprendente materie sacre e profane. In questo modo, l'ordine gesuita è composto da uomini culturalmente preparati e di esperienza pratica, estesa ad ogni campo di attività. Il loro scopo principale fu quello di permeare tutta la società, per poterla dirigere sulla base dello spirito del Cattolicesimo espresso dal Concilio di Trento. 8 CRISTIANESIMO LACERATO: L’ETA’ DELLE GUERRE DI RELIGIONE 8.1 La monarchia cattolica di Filippo II tra religione ed egemonia All'indomani del Concilio di Trento, la riscossa della Chiesa cattolica si manifesta in uno scenario che vede acuirsi le tensioni religiose e politiche. A livello europeo la Chiesa può contare sulle potenti armi degli Asburgo, sia del ramo di Spagna sia di quello d'Austria. In particolare Filippo II, erede di Carlo V nei domini spagnoli e nelle Fiandre, elabora e propaganda una visione del proprio ruolo sulla scena europea come difensore della vera fede. Dal chiuso del suo castello-monastero dell'Escorial la realtà politica europea gli appare significativamente diversa da come era potuta apparire al padre Carlo dalla corte di Bruxelles. Questi aveva dovuto tenere conto del proprio ruolo di imperatore, era stato costretto a mediare con i principi protestanti tedeschi e si era reso conto dell'impossibilità di ricomporre la frattura religiosa e di ristabilire l'obbedienza alla Chiesa di Roma in molti territori centro-europei. Per Filippo II questa distinzione si pone in modo molto diverso. La sua monarchia, infatti, per quanto vasta, non è né può essere un impero universale, ma una monarchia che, per quanto composita e multinazionale, ha il suo centro, e il suo cuore, in Castiglia. Ed è essenzialmente attraverso la storia castigliana che Filippo Il rielabora il senso della sua missione dinastica: così come dopo due secoli di aspre lotte i castigliani erano riusciti a liberare la penisola iberica dai musulmani (è il processo storico noto come reconquista), ora si tratta di difendere la cristianità dalla minaccia ottomana e al contempo di riportare alla vera fede l'Europa caduta nell'eresia. Il programma politico di Filippo II è per questa ragione un programma religioso-dinastico: esso prevede il tentativo di: - ricongiungere stabilmente l'Inghilterra - in passato alleata tradizionale della Castiglia - al mondo cattolico; superando lo scisma anglicano ed estendendo a quell'area l'egemonia asburgica; - di sostenere i principi cattolici e il ramo degli Asburgo d'Austria nel doppio impegno contro gli ottomani e contro i principi protestanti; - nell'assistere e finanziare in Francia un partito ultracattolico fieramente ostile alla minoranza calvinista (ugonotti) presente nel paese, evitando però di rafforzare per questa via la monarchia francese; - di controllare gli orientamenti della Santa Sede, influenzandone le scelte e possibilmente facendo eleggere dei papi favorevoli alla politica spagnola. Filippo II, per realizzare questo progetto, ha dalla sua il fatto di governare il più vasto aggregato di Stati e di disporre della maggiore potenza militare del tempo. Egli può inoltre contare sulle ingenti risorse economiche (soprattutto oro e argento) provenienti dalle colonie americane, le uniche che possono far sperare di sostenere un impegno bellico a tutto campo. Inoltre Filippo II riesce ad ampliare ulteriormente i propri domini con l'ascesa al trono del Portogallo. Contro il successo delle strategie di Filippo II agiscono però forze potenti. → In primo luogo l'insostenibilità degli enormi costi di un impegno militare contro l'impero ottomano (nel Mediterraneo e nei Balcani) uniti a quelli necessari per finanziare un po' ovunque la lotta al protestantesimo. → In secondo luogo il policentrismo geopolitico europeo rende difficile unificare le forze cattoliche contro obiettivi comuni. → In terzo luogo, il radicalizzarsi delle posizioni religiose facilita l'espansione di una forma di protestantesimo, il calvinismo, molto più combattiva e ideologicamente agguerrita del luteranesimo. Ne derivano gravi problemi di coesione politico-sociale e contrasti con l'autorità costituita in tutte le aree in cui il calvinismo si propaga, tra cui i Paesi Bassi, di cui è sovrano Filippo II. 8.2 L’Inghilterra di Elisabetta Alla morte di Enrico VIII l'Inghilterra entra in una crisi di successione dinastica che è anche una crisi religiosa. Sul trono viene infatti ammessa, nel 1553, la figlia di Caterina d'Aragona,Maria Tudor. La successione sul trono inglese, e quindi alla guida della Chiesa anglicana, di una regina cattolica, sospettata non a torto di essere manovrata dagli spagnoli (sposa infatti Filippo II nel 1554), suscita però la reazione di parte degli anglicani. Costoro sono viceversa favorevoli all'ascesa al trono di Elisabetta, la figlia nata dal contestato matrimonio di Enrico VIII con Anna Bolena. La regina, consapevole del pericolo, aveva fatto rinchiudere la sorellastra Elisabetta nella torre di Londra e aveva tentato di imporre un ritorno al cattolicesimo attraverso una dura repressione degli avversari, motivo per il quale era stata soprannominata dai puritaniMaria la Sanguinaria. La morte della regina, nel 1558, dopo soli quattro anni di regno, non permette però un compiuto ritorno del paese al cattolicesimo. Inoltre si apre una nuova crisi di successione: mentre Elisabetta rimane la candidata del fronte protestante, i cattolici puntano sulla cattolicaMaria Stuart, cugina di Enrico VIII e regina di Scozia, sostenendo l'illegittimità del matrimonio da cui era nata Elisabetta, e quindi la conseguente illegittimità delle sue pretese al trono. 8.4 Monarcomachi e politiques Durante e subito dopo il periodo delle guerre di religione, dunque, due sovrani francesi vengono, uno dopo l'altro, assassinati. E come se la divisione religiosa avesse improvvisamente dissolto quell'aura sacrale che i sovrani avevano sempre teso a preservare intorno alla propria persona. Non più rappresentante di Dio in terra, un sovrano giudicato nemico della vera fede finisce per essere considerato, anzi, un pericolo per la comunità cristiana e di conseguenza la resistenza al suo potere e, al limite, anche la sua uccisione possono essere assimilate alla legittima difesa. Idee come queste iniziano a circolare in Francia e nei Paesi Bassi a seguito dell'esplodere dello scontro religioso. Si afferma il tema della liceità dell'uccisione di un sovrano eretico, teorizzata dalle dottrine che la storiografia ha definito, con qualche imprecisione, «monarcomache». Si tratta infatti piuttosto del recupero della teoria politica greco-romana della tirannia. Secondo l'aristotelismo politico la monarchia tende naturalmente a degenerare in regime tirannico, che non è più un regime monarchico, ma un diverso ordinamento politico. I primi a elaborare queste idee sono gli ugonotti francesi, non a caso proprio nel momento più drammatico della lotta religiosa, negli anni che precedono e, soprattutto, seguono il massacro della notte di San Bartolomeo. In particolare ebbe enorme diffusione un testo apparso anonimo nel 1576 e di controversa attribuzione: le Vindiciae contra tyrannos. Per testi come le Vindiciae l'obbedienza al sovrano è condizionata al mantenimento di quella condotta ritenuta propria della regalità: si pretende che il re sia un re di grazia, che elargisca con prodigalità ai sudditi, e un re di giustizia, che ristabilisca cioè l'equilibrio armonico della società. Ma se un re, invece di essere prodigo, vessa i suoi sudditi, egli non è più re, ma diviene tiranno, un usurpatore cui non è dovuta obbedienza. Anzi si viene affermando il diritto a resistere a questo re-tiranno, sovrano ingiusto e nemico della vera fede. È chiaro che impostazioni simili, che finiscono per condizionare la libertà d'azione sovrana, vincolandola al rispetto di un patto implicito con i sudditi,minano il fondamento sacro dell'autorità regia. In particolare la possibilità dell'esistenza di un re eretico minaccia non marginalmente la tesi del fondamento di diritto divino della monarchia. In considerazione di ciò, nella Francia delle guerre di religione, in ambienti vicini alla corte, si va elaborando una teoria politica che consente di sottrarre l'autorità sovrana allo scontro religioso. Gli uomini portatori di questa visione, e cioè alcuni personaggi che in un primo tempo sono vicini alle posizioni della reggente Caterina de Medici, del tutto indifferente alle ragioni religiose del conflitto, e che si stringono poi attorno a Enrico di Borbone, prima e dopo la sua ascesa al trono, sono definiti politiques. Quest'etichetta denota i sostenitori di un rafforzamento dell'autorità regia e della concessione di una certa libertà di culto come unico rimedio alla divisione ideologica religiosa. Tra essi, sicuramente il più influente è Jean Bodin, la cui teoria della sovranità, esposta nei Six livres de la république (1576), ha un'enorme eco. Si apre così la strada alla teorizzazione del potere «assoluto» dei re. Il diritto di resistenza, e meno che meno quello di reazione contro i sovrani per legittima difesa, non sono ovviamente ammessi da Bodin. La radicalizzazione ideologica promossa dallo scontro religioso in atto nel Cinquecento tende a spingere i detentori del potere religioso, e cioè il papa, da una parte, e i capi delle Chiese e delle sette protestanti, dall'altra, a pretendere sempre più frequentemente di intervenire nelle questioni interne degli Stati. Un caso esemplare di queste tendenze è il conflitto che vede contrapposte la Santa Sede e la repubblica di Venezia tra il 1605 e il 1607. 9. LA RIVOLTA DEI PAESI BASSI E LA NASCITA DELLE PROVINCE UNITE 9.1 Un’area fiorente tra crescita e crisi Prima dell’ascesa di Carlo al trono i Paesi Bassi sono terre fiorenti e popolate; un'agricoltura ricca si accompagna ad un florido artigianato tessile. Il fulcro della ricchezza risiede nelle Fiandre e Anversa, importante piazza commerciale e finanziaria. Dopo l’Italia, i Paesi Bassi sono un centro nevralgico dello sviluppo europeo non solo economico, ma anche culturale: -pittura fiamminga e realistica –Rembrandt, Bruegel; pensatori e teologi quali Erasmo da Rotterdam. L'inserimento nella monarchia di Carlo V aveva giovato grandemente ai Paesi Bassi. Questi era un sovrano viaggiatore, che si spostava continuamente nei suoi domini, ma non v'è dubbio che il fulcro ideale e in parte materiale della corte poliglotta e cosmopolita che lo attorniava risiedeva a Bruxelles. Questa prosperità subisce tuttavia, a partire dalla metà del Cinquecento, un improvviso arresto, cui fanno seguito alcuni segni di crisi. Il primo elemento che modifica il quadro è la crescente concorrenza dei pannilana inglesi sul mercato internazionale. Un secondo elemento di crisi è connesso alla relativa perdita di importanza dell'argento tedesco rispetto al massiccio afflusso di argento americano. Semplificando, si potrebbe dire che l'asse preferenziale che si è creato nel corso del Quattrocento fra i due centri di Augusta e di Anversa viene a soffrire la concorrenza del nuovo asse che lega Siviglia a Genova. Alcune difficoltà vanno insorgendo anche sul piano politico. I Paesi Bassi sono infatti formati da ben 17 province, ciascuna delle quali con proprie leggi, ordinamenti istituzionali e consuetudini. Un ruolo importante hanno gli Stati provinciali, le assemblee di ceto di ciascuna provincia, e gli Stati generali dei Paesi Bassi. Specialmente nell'area meridionale del paese grande influenza politica esercita la grande aristocrazia. Tanto gli Stati generali quanto la nobiltà hanno goduto di notevole rilievo durante il regno di Carlo V. Con la successione del figlio Filippo, la potente aristocrazia del Sud e in particolare le famiglie dei grandi, raccolte nel prestigioso Ordine della Freccia d'oro, temono la propria emarginazione dai gangli della vita pubblica. Un ulteriore elemento di tensione è dato dai problemi religiosi. Carlo V era stato tutt'altro che indulgente verso coloro che riteneva degli eretici, i protestanti. La condanna delle idee riformate nei Paesi Bassi era stata proclamata sin dal 1520, prima cioè che la dieta di Worms la promulgasse universalmente nei territori dell'impero. La normativa contro i protestanti emanata nei Paesi Bassi nel 1529, già più dura di quella in vigore nei territori tedeschi, era stata in seguito ulteriormente inasprita, giungendo fino a prevedere la pena di morte per il semplice possesso di un libro non ortodosso, come la Bibbia tradotta in lingua volgare. La persecuzione di luterani e anabattisti era stata brutale. Il risultato è stato un blocco della penetrazione delle idee protestanti, che rimangono presenti solo in settori marginali del corpo sociale. 9.2 Le ragioni del conflitto con la Spagna Negli anni sessanta il calvinismo penetra in questi territori facendo breccia nei settori artigianali, fra i mercanti e gli uomini d’affari delle città. Contemporaneamente la guerra commerciale con l’Inghilterra crea sacche di disoccupazione e di malcontento popolare. Anche le relazioni tra la corte di Filippo II e l’aristocrazia locale, che chiede una diminuzione delle imposte, diventano critiche. Infine, Filippo II rifiuta di mitigare la repressione dell’eresia calvinista. La crisi esplode. 9.3 Repressione e rivolta. Nell'inverno del 1565 l'opposizione alla politica religiosa della corona si fa intensa. Un gruppo di esponenti della nobiltà minore, in maggioranza cattolici, ma anche protestanti, si unisce per ottenere l'espulsione dell'Inquisizione dai Paesi Bassi e sottoscrive un documento comune noto come il Compromesso della nobiltà. I grandi non partecipano all'iniziativa, ma l'appoggiano nascostamente sperando di giovarsene: tra i firmatari spicca del resto il nome di Luigi di Nassau, fratello di Guglielmo d'Orange. Margherita di Parma, governatrice in nome dell’imperatore, cede e con un editto invita le autorità ad una minor rigidità ad attuare la repressione, con conseguente aumento dei calvinisti Nei mesi successivi, questa spinta alla libera predicazione produce un evidente mutamento del clima sociale, il cui effetto più clamoroso è l'accendersi della furia iconoclasta dei gruppi calvinisti, volta alla distruzione delle immagini sacre, degli arredi e delle reliquie nelle chiese e nei monasteri cattolici, in quanto giudicati elementi blasfemi. Alla corte spagnola prevale la linea dura dei falchi che chiedono l’invio di un esercito guidato dal duca d’Alba per una dura repressione. Il duca d’Alba agendo duramente proprio contro la classe dirigente locale alla quale si appoggiava Margherita per ottenere il consenso al proprio governo; Margherita si dimette ed il duca diventa il governatore generale. Il governo di Alba è rimasto tristemente famoso per la violenza della repressione: vengono eseguite oltre mille sentenze capitali, molte anche fra la nobiltà locale. Ad ogni modo, a far precipitare la situazione non contribuisce solo il dissenso religioso. Il mantenimento dell'esercito del duca d'Alba richiede un enorme esborso di denaro, cui la corona fatica a far fronte, essendo contemporaneamente impegnata a fronteggiare la rivolta dei moriscos e quindi gli impegni militari nel Mediterraneo (cfr. supra, cap. 7). Il nuovo governatore rinunzia, in un primo tempo, a imporre nuove tasse grazie a un accordo con gli Stati generali che garantiscono parte della somma richiesta, ma nel 1571, alla scadenza del sussidio e fonte alla prospettiva della bancarotta, il duca decide di far riscuotere un'imposta del 10 per cento su tutti i contratti e sulle vendite. Il rifiuto di tutti gli ambienti commerciali di dare applicazione a questa tassa si somma alla crescente opposizione alle misure di governo del duca. Nel frattempo alcuni nobili fuggiti dai Paesi Bassi, con la complicità della corona inglese e degli ugonotti francesi, organizzano una flotta detta dei gueux du mer, «pezzenti del mare», con cui attuano la pirateria ai danni delle navi spagnole che mantengono i collegamenti con la penisola iberica. I «pezzenti del mare» riescono a conquistare alcuni importanti porti olandesi, da cui procedono a impadronirsi dell'intera regione, mentre Luigi di Nassau occupa le province meridionali dei Paesi Bassi con l'appoggio degli ugonotti francesi. A sua volta Guglielmo d'Orange invade le province orientali dalla Germania. Quest'ultima azione, anche in ragione delle conseguenze del massacro della notte di San Bartolomeo, che indebolisce gli ugonotti (cfr. supra, cap. 8), viene respinta e Guglielmo trova rifugio nelle regioni settentrionali di Olanda e Zelanda, i cui Stati provinciali lo nominano proprio governatore (stadhouder) e gli forniscono mezzi per la guerra. Si è ormai alla ribellione aperta. Nel 1575 le due province di Olanda e Zelanda si legano in un'unione per difendere le proprie autonomie e la libertà di culto. Le deliberazioni, firmate sottoscritto da mercanti, imprenditori, enti ecclesiastici, aristocratici; gli interessi provengono da tasse le quali gravano sulle spalle dei ceti umili che vivono di salari. In Italia, Genova, Venezia, Firenze sono i primi comuni ad istituzionalizzare questo debito pubblico La corona di Castiglia, Carlo V e suo figlio Filippo II, ricorrono massicciamente a gruppi bancari tedeschi/genovesi/portoghesi- che forniscono denaro ai suoi eserciti nei luoghi desiderati. Vista l’enorme somma raggiunta -8 milioni di ducati- dal debito della sua corona, nel 1557, Filippo II converte in modo forzoso il debito in titoli pubblici al 5%; a causa della crescita continua del debito questa operazione verrà più volte ripetuta sino ad arrivare alla sospensione dei pagamenti Anche in Francia l’indebitamento della corona è in continuo aumento e viene finanziato con titoli pubblici i cui interessi gravano sul gettito delle imposte sui consumi. Ma anche in Francia si finisce col consolidare il debito, sospendere i pagamenti e Enrico IV -1599- cancella d’autorità i debiti. Solo lo Stato della Chiesa, caso atipico, pur consolidando il suo debito, riesce a mantenere la fiducia degli investitori continuando a pagare regolarmente gli interessi. Altro modo per finanziare le loro esigenze usato dai sovrani è la vendita di incarichi militari, amministrativi e finanziari al miglior offerente; l’acquirente ottiene la remunerazione e i diritti legati a quell’incarico. In Francia, nel 1604, sotto Enrico IV, queste vendite crescono sempre più e nel caso di uffici tradizionalmente appannaggio di nobili, l’acquisto conferisce anche titolo di nobiltà. Questo tipo di nobiltà –noblesse de robe- rimane distinta dalla nobiltà militare o di spada. 10.5 Il commercio del denaro. La venalità degli uffici, l’attività creditizie con prestiti ai monarchi, e gli appalti delle imposte ottenuti in cambio, consentono a molti finanzieri di acquistare feudi e titoli nobiliari. I finanzieri, grazie alla credibilità e capacità, raccolgono denaro liquido da molti soggetti, e poi lo trasferiscono laddove sia richiesto. Con un accordo, chi versa una determinata somma di denaro ad un banchiere ottiene l’impegno –lettera di cambio- a farsi pagare tale somma nella moneta della località straniera da lui indicata da parte di un altro banchiere. In questo modo si evita il trasporto materiale del denaro contante lungo itinerari allora assai pericolosi in tutta Europa. Sin dal Quattrocento grandi compagnie bancarie - i Medici a Firenze, i Fugger ad Augusta – hanno creato una rete di agenzie in tutt’Europa. Grazie a Fugger Carlo d’Asburgo riesce a «comprarsi» il titolo di Sacro Romano Imperatore -1519-. Le lettere di cambio dei vari banchieri vengono scambiate in apposite fiere quali quella di Lione prima, poi di Genova –dove operano i banchieri Centurione, Pallavicino, Grimaldi – che danno vita anche la fiera di Besancon in Francia. Successivamente però il ruolo dei banchieri genovesi diminuisce per la loro esposizione nei confronti delle corone sempre più indebitate ed a rischio di insolvenza. 10.6 La questione dei prezzi. L’afflusso di metalli preziosi americani nella seconda metà del Cinquecento è un fatto rilevante per la storia dell’economia europea. Dapprima si tratta di oro, poi a partire dal 1570, soprattutto di argento che viene estratto in ricchi giacimenti del Perù e del Messico. Dalla Castiglia l’oro e l’argento americano defluiscono verso altre aree dell'Europa per poter importare manufatti da inviare nelle colonie e per finanziare la politica e gli eserciti di Carlo V e dei suoi successori. Alla grande diffusione dell’argento americano in Europa viene attribuito il deprezzamento della moneta e l’aumento dei prezzi soprattutto del grano e altri cereali; una «rivoluzione dei prezzi». Ma una più attenta analisi mette in evidenza che la tendenza inflazionistica in Europa era già in atto prima della scoperta dell’America ed era da ricondurre alla crescita demografica che aumenta la richiesta di derrate agricole. L’afflusso di metalli preziosi accentuò solo la crescita dell’inflazione. Sono soprattutto i salariati a subire gli effetti più pesanti degli aumenti dei prezzi; braccianti agricoli, operai manifatturieri ed edili. Sono colpiti anche i proprietari fondiari che hanno stipulato contratti di enfiteusi, affitto perpetuo o a lunghissima scadenza, non potendo rinegoziare i canoni. Ad essere avvantaggiati sono i commercianti e gli imprenditori manifatturieri i quali posso contare su una notevole disponibilità di manodopera a basso costo, e contemporaneamente possono aumentare i prezzi di merci e prodotti che essi vendono. Anche i proprietari fondiari che hanno affittato le loro terre con contratti a breve scadenza possono aumentare gli affitti ad ogni scadenza.
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