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STORIA MODERNA - dalla scoperta dell'America alla Restaurazione, Sbobinature di Storia Moderna

Questo riassunto comprende gli eventi dalla scoperta dell'America alla Restaurazione

Tipologia: Sbobinature

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Scarica STORIA MODERNA - dalla scoperta dell'America alla Restaurazione e più Sbobinature in PDF di Storia Moderna solo su Docsity! STORIA MODERNA 1-MONARCHIE E REPUBBLICHE All’inizio del 16 secolo Carlo d’Asburgo riunisce sotto il suo potere un vasto insieme di possedimenti. Eredita da - padre Filippo il bello  domini della casa d’Asburgo (attuale Austria) - nonna  Franca contea e Paesi Bassi - madre Giovanna la pazza  Sardegna, Sicilia, Napoli e nuove colonie Americane Nel 1519 succede al nonno Massimiliano I come imperatore del Sacro Romano Impero, controllando anche indirettamente gran parte dell’attuale Germania e la Boemia. Carlo V lascia - figlio Filippo II  corone di Castiglia e Aragona, i territori italiani e l’eredità borgogna - fratello Ferdinando  successione al trono imperiale. Questa scelta portò però al tramonto della prospettiva di un unico impero cristiano cattolico. Tutto ciò avvenne anche a causa di alcuni avvenimenti che caratterizzarono l’Europa del 400-500: - fine religiosità cristiana - avanzata di imperatori ottomani nel Mediterraneo - avvio sfruttamento Americhe - formazione poteri monarchici in Europa. LE NUOVE MONARCHIE Ai vari compiti dei monarchi tradizionali, ossia protezione beni e vite dei sudditi e difesa della religione cattolica, si aggiunsero nuove prerogative derivate dalla crescente capacità di controllo di vasti possedimenti, come l’aumento della capacità di prelievo fiscale. Attraverso l’aumento delle tasse i sovrani riescono a garantire apparati burocratici stabili (stipendiati) e flotte di eserciti pagati in maniera continua e non solo in occasione di una guerra. Questa affermazione di potenza porta i sovrani a: - liberarsi di ogni forma di potere che minacci quello della corona - considerare la loro sovranità voluta direttamente da dio. Quest’ultimo punto comporta la tendenza dei sovrani a subordinare le strutture ecclesiastiche al controllo della corona (ruolo decisivo nomina vescovi e abati). La prima e più importante monarchia europea è quella di Francia retta dalla dinastia dei Valois. La lunga guerra contro l'Inghilterra, chiamata Guerra dei cent'anni (1337 – 1453) consente ai sovrani francesi di aumentare le difese dalle minacce di dominio inglesi. Il re di Francia Luigi 11 di Valois favorisce la disintegrazione del ducato per accrescere il proprio potere e estendere i territori. Il suo successore Carlo 7 completerà questo processo sposando Anna di Bretagna, erede della Bretagna. Tale percorso di aggregazione territoriale è sostenuto dal rafforzamento dell'esercito e accompagnato da un crescente controllo sulla chiesa francese. I successori di Carlo 8 saranno i sovrani Luigi 12 d’Orleans, Francesco I e Enrico II. Alla conclusione della Guerra dei cent'anni l'Inghilterra vive una serie di conflitti tra le due casate degli York e dei Lancaster, che si contendono la successione al trono. Questa stagione di conflitti e nota come Guerra delle due rose (1455-85) e indebolisce l'autonomia della corona che accresce soltanto con Enrico 7 Tudor, che mira un’espansione commerciale e marittima ripresa poi dal figlio Enrico 8 Tudor, che separerà la chiesa d'Inghilterra da quella di Roma, dando vita al protestantesimo con la creazione della chiesa anglicana. La penisola iberica era divisa in 4 grandi aree -Portogallo -Regno di Castiglia -Regno di Navarra -Corona di Aragona (a sua volta composta dalla Catalogna, Valencia, Sardegna, Sicilia e Napoli) Tutti tranne il Portogallo intraprendono un percorso che culmina col matrimonio tra Ferdinando II ed Elisabetta d Castiglia. Tale evento permette ai sovrani di creare un esercito comune e di condurre a termine il processo di riconquista della Castiglia meridionale, ancora rimasta sotto dominio arabo musulmano. Con la presa di Granada nel 1492, viene abbattuto l'ultimo regno arabo della penisola iberica, ma i re cattolici si trovarono a governare su una popolazione composta da diversi gruppi etnici e religiosi che professavano religioni diverse dal Cristianesimo (ebraismo e islamismo). Grazie alla creazione nel 1478 di tribunale ecclesiastico inquisitoriale per i regni spagnoli, i due sovrani puntano a imporre l'uniformità religiosa cristiana, tale decisione porta all’espulsione degli ebrei (1492) e di convertire con la forza al cristianesimo la popolazione di fede diversa. Ne consegue la diffusione della preoccupazione della cosiddetta “purezza di sangue”. La crescita delle nuove monarchie (Francia, Inghilterra e Spagna) avviene nel continente europeo, all’epoca composto principalmente da territori meno vasti come regni, principati indipendenti, città autonome, repubbliche, il Sacro Romano Impero germanico e i territori dello Stato della Chiesa. Due sono le principali differenze tra Impero e le nuove monarchie: - il carattere elettivo (e non ereditario) del titolo imperiale [procedura stabilita da Carlo IV con la ‘Bolla d’oro’ nel 1356: imperatore eletto da un corpo elettorale non modificabile composto da 7 elettori, 4 laici e 3 ecclesiastici] -esistenza in tutto il territorio dell’Impero di poteri autonomi formalmente soggetti all’autorità imperiale, ma in sostanza svincolati dal suo potere. La forza delle nuove monarchie si fa sentire anche all’interno dell’Impero. Ciò è evidente nella trasformazione della carica imperiale da elettiva a quasi ereditaria. Nel 1438 infatti l’imperatore viene eletto tra i membri di una sola dinastia, quella degli Asburgo. Infatti, l’imperatore Massimiliano I d’Asburgo grazie al matrimonio con Maria di Borgogna riesce ad acquistare la sovranità sulla Franca Contea e Paesi bassi. Nel corso del 400, la politica degli Asburgo era duplice: da un lato puntavano a mantenere il titolo imperiale all’interno della famiglia, dall’altro ampliare i propri domini. Tale strategia ha soprattutto lo scopo di acquistare le corone di Boemia e di Ungheria per bloccare l’espansione dell’impero ottomano. A partire dal 1493 i sovrani della Russia pretendevano di essere i legittimi eredi dell'Impero Romano. La sovranità dell'Impero Romano d'Occidente era sopravvissuta a lungo nell'Impero Romano d'oriente. Nel 1453 con la conquista di Costantinopoli da parte degli ottomani anche l'Impero Romano d'Oriente era scomparso: i sovrani russi ne rivendicarono l'eredità indicando nella propria nuova capitale, Mosca, la terza Roma. A Costantinopoli ribattezzata Istanbul si erano insediati i sultani ottomani. Dal punto di vista religioso l'impero ottomano è di fede musulmana, ma al suo interno sudditi di religione diversa e culti differenti vengono tollerati. Nell'impero ottomano si ritrovano alcune delle debolezze strutturali che affliggeranno storicamente sia il sacro romano impero sia la Russia: difficoltà a governare grandi estensioni territoriali molto diversificate al loro interno. Al di là degli imperi, la grande maggioranza dei poteri pubblici sono organizzati in regni o principati. Molti regni non presentano tuttavia le caratteristiche attribuite alle nuove monarchie (come nel caso della Polonia in cui la monarchia non riesce a diventare ereditaria e perciò molto più debole). Molti signori europei alla guida di stati di dimensione media e piccola hanno il solo titolo di Principe, duca o marchese. Nella penisola italiana le città indipendenti si reggono in forma di Repubblica, una forma di governo rinata nel medioevo sugli esempi delle antiche città-stato della Grecia classica. I governanti di tali repubbliche erano eletti da liste cittadine che in genere non comprendevano l'intera popolazione ma solo i suoi strati superiori. I cantoni svizzeri erano una serie di piccole repubbliche nel 1499 avevano posto termine alla dipendenza dal sacro romano impero queste repubbliche mettevano in comune la conduzione della politica estera mantenendosi autonome per tutti gli altri aspetti. LE GUERRE D’ITALIA Tra il 1494 e il 1554 l'Italia diviene un vero e proprio campo di battaglia. E l'inizio di un lungo periodo di dominio straniero ed è proprio questa la ragione della tardiva unificazione politica del paese. Sono considerate come le prime vere guerre europee, L'Italia non è solo la più ricca e colta nazione d'Europa, ma anche il luogo dove risiede la massima autorità spirituale: il Papa. Alla fine del 400, L'Italia risulta politicamente divisa in numerosi stati di dimensioni medie e piccole, ciascuno dei quali appare incapace di assoggettare gli altri ma è sufficientemente robusto da evitare di essere assorbito dai vicini. i principali: - Italia settentrionale il Ducato di Savoia, La Repubblica di Genova, il Ducato di Milano, La Repubblica di Venezia - Italia centrale la Signoria di Firenze e lo stato della Chiesa - Italia meridionale Il Regno di Napoli, Il Regno di Sicilia e il Regno di Sardegna. Dopo una lunga fase di guerre i maggiori Stati della penisola avevano stipulato la pace di Lodi. La situazione italiana rimane stabile grazie all'azione accorta di Lorenzo de Medici (il magnifico), abile diplomatico, protettore delle arti e delle lettere. Tutto però cambia nel 1494: Carlo 8 re di Francia interviene militarmente nei contrasti in atto in Italia chiamato dal signore di Milano Ludovico Sforza, detto il Moro. Il suo obiettivo è la conquista del Regno di Napoli. La discesa di Carlo 8 rimane famosa per la mancanza di resistenza che egli incontra nell'attraversamento della penisola fino all’occupazione di Napoli nel Febbraio 1495. Di fronte al rischio di un'egemonia francese, il pontefice Alessandro 6, promuove un'alleanza antifrancese che include Venezia, Milano, l'imperatore e i re cattolici e costringe Carlo 8 ad una ritirata; la spedizione di Carlo 8 mette in luce gli elementi di instabilità che caratterizzano la realtà italiana. Tra i fattori di instabilità vi sono anche i contrasti fra i potenti italiani sollevati dall'azione di Ludovico il Moro. (Ludovico il Moro I portoghesi cercano inoltre di bloccare le vie tradizionali del commercio delle spezie che attraversano il Mar Rosso e il Golfo Persico, fin quando il sultano d’Egitto interviene per tutelare gli interessi dei mercanti arabi gravemente colpiti da tale politica. Il sistema creato dai portoghesi fa di Lisbona il maggiore Emporio europeo per le spezie vendute a prezzi inferiori. Infatti, impongono bassi prezzi ai venditori asiatici ed eliminano l'intermediazione araba e veneziana, nonché le imposizioni fiscali che gravano sulle merci. La rete delle basi lusitane viene irrobustita dal viceré Albuquerque, che stabilisce nella città di Goa, che diventa il cuore dell'impero commerciale portoghese In India. La strategia dei viceré portoghesi di impedire con la forza il commercio lungo le vie che conducono al Mediterraneo orientale si rivela vincente solo per un breve periodo. La corona lusitana è costretta poi a rinunciare al controllo del Golfo Persico e acconsentire la ripresa dei traffici con l'India. SCOPERTA E SFRUTTAMENTO DELLE RISORSE DEL NUOVO MONDO Negli ultimi anni del 400 la corona di Castiglia promuove una spedizione nell'oceano Atlantico, Castiglia aveva già portato a termine la riconquista della penisola iberica nel 1492. Nello stesso anno il genovese Cristoforo Colombo propone alla regina Isabella di Castiglia di organizzare e finanziare una spedizione navale che deve arrivare al Catai – Cina – basandosi sulla convinzione della sfericità della terra. Il progetto di Colombo era stato già bocciato dal re del Portogallo in quanto irrealizzabile è troppo dispendioso. Alla fine, Colombo ottiene il denaro ed equipaggia tre caravelle. Il 12 ottobre 1492 dopo due mesi di navigazione approda sulla terraferma in un'isola delle attuali Bahamas, a cui dà il nome di San Salvador. Rimane convinto, e lo sarà fino alla morte, di aver raggiunto Cipango (Giappone) e non una terra sconosciuta. Nel 1493, tornato in Spagna, si apre una fase di esplorazione delle terre ad Occidente dell'oceano Atlantico. Questo pone alla corona portoghese a quella castigliana il problema della delimitazione, dunque, il Papa Alessandro 6 emette nel 1493 tre bolle in cui stabilisce una linea di demarcazione: le terre ad ovest vengono attribuite alla corona di Castiglia, quelle ad est ai sovrani del Portogallo. Tuttavia, con il trattato di Tordesillas, le due parti decidono di spostare la linea di spartizione a 370 leghe dalle isole di Capo Verde. Con questo trattato alla corona portoghese viene anche attribuito l'odierno Brasile, In quanto una flotta portoghese viene spinta dai 20 sulle coste brasiliane e prende possesso del territorio. Nel 1501 con il viaggio compiuto da Amerigo Vespucci si inizia a pensare che le terre scoperte da Colombo non facciano parte dell'Asia, ma rappresentino il nuovo mondo. Dunque, i navigatori al servizio della corona castigliana riprendono la ricerca di una rotta per l'oriente. Ferdinando Magellano, portoghese al servizio di Carlo V, si cimenta per la circumnavigazione dell’America: nel 1519 salpa da Siviglia e dopo due anni giunge nell'arcipelago delle Filippine. L'impresa ha solo parzialmente successo perché ne faranno ritorno solo il 10% degli uomini e una sola nave inoltre buona parte dei territori rientrano, in base al trattato di Tordesillas, nella sfera di influenza portoghese. La corona castigliana autorizza lo sfruttamento delle nuove terre americane: Santo Domingo e Cuba si riempiono di soldati, nobili decaduti e popolazione spinta dalla brama di oro gli indigeni sono sottoposti ad uno sfruttamento disumano. Sfruttamento e malattie come vaiolo e morbillo, provocano il crollo della popolazione di Santo Domingo. Successivamente i castigliani avviano la coltivazione della canna da zucchero che però richiede molta manodopera; dunque, i dominatori cominciano ad acquistare schiavi neri dai mercanti portoghesi. La ricerca dell'oro è ciò che spinge Castiglia ad espandersi; dunque, i castigliani entrano in contatto con civiltà ignote e diverse tre a loro. Le popolazioni indigene vivono organizzate in tribù mentre in altre zone sono presenti società più evolute dal punto di vista dell'organizzazione politica. Le armi da fuoco danno agli spagnoli una superiorità schiacciante e nel 1519, una spedizione guidata da Hernàn Cortés, barca in Messico e abbatte l'impero azteco che abitava la nazione. Nel 1532 Francisco Pizarro distrugge l'impero degli Incas che abitava l'attuale Perù. Nel 1548 la conquista di quest'area dell’America meridionale può dirsi conclusa. Molto presto Maya, aztechi e Inca prendono coscienza della natura aggressiva dei nuovi venuti. Ciò che indebolisce le loro resistenze sono le malattie arrivate dall’Europa, contro le quali sono privi di difese immunitarie. Un ruolo centrale gioca la concezione della guerra: per i popoli americani lo scopo non è uccidere l'avversario, ma catturarlo e sacrificarlo agli Dei, per questo il modo di combattere dei castigliani risulta incomprensibile da un punto di vista psicologico e culturale. La brama di oro degli spagnoli rappresenta la principale preoccupazione, si dedicano dunque alla violenta spoliazione di città e popolazioni, vengono avviate attività di estrazione dell'oro in miniere già note agli indigeni, spesso ridotti in condizione di schiavitù per lavorarvi.  Successivamente il Portogallo decide di procedere alla colonizzazione del Brasile, dunque, il re Giovanni III decide di allontanare possibili rivali e di avviare la colonizzazione. LA NASCITA DELLA SOCIETÀ COLONIALE AMERICANA La prima conseguenza della conquista è la distruzione dell'universo religioso e culturale delle popolazioni americane, estirpando le loro credenze tradizionali e imponendo valori religiosi, culturali e di comportamento propri della società europea. Nei decenni centrali del 16 secolo ha inizio il consolidamento della sovranità della corona castigliana per mezzo di creazione di istituzioni preposte al governo nei territori dell’America centrale e meridionale. Il lavoro forzato degli indios viene utilizzato nelle grandi fattorie dove si praticano l'allevamento e l'agricoltura. Le già preesistenti forme di riscossione dei tributi cambia: si diffonde la pratica del pagamento in denaro dovute ai dominatori, da cui discende l'obbligo per gli indios di partecipare all'economia monetaria ricevendo un salario per le attività che viene loro imposto di svolgere. A differenza dei portoghesi, i conquistadores cercano di dar vita in America a forme di organizzazione del territorio secondo gli schemi della loro terra d'origine. Una volta sottomesse le popolazioni indigene, essi organizzano città e villaggi e istituiscono municipi che, data la lontananza dalla madrepatria e dalla corona. Ecco perché la monarchia castigliana cerca di ottenere un certo controllo della vita coloniale: come freno ai continui conflitti fra i conquistadores intorno allo sfruttamento delle ricchezze americane nasce l'istituto giuridico dell’encomienda de indios. L’encomienda prevede che il sovrano affidi e ciascun colono un certo numero di indigeni americani ai quali questi si impegna a insegnare i principi della fede cattolica, in cambio gli indios sono tenuti a prestare il proprio lavoro nelle case, nelle miniere e nelle terre. Da parte loro gli encomienderos sono obbligati a fornire alla corona castigliana il proprio servizio militare l’encomienda diviene tuttavia oggetto di tensioni fra la società coloniale e il sovrano, poiché quest'ultimo avverte il pericolo della nascita di una aristocrazia nel nuovo mondo. Il successore di Isabella, Ferdinando d’Aragona, nel 1512 promulga le leggi di Burgos con le quali accetta le encomiendas ma sottolinea la dipendenza diretta degli indigeni americani dal sovrano ma le terre conquistate sono di fatto sotto il controllo dei conquistadores. Per tale motivo Carlo V tenta di riaffermare l'autorità Reggia in America con le Nuevas Leyes, senza riuscirci; malgrado i successivi tentativi dello stesso e poi di Filippo II per ridurre il ruolo delle encomiendas, queste restano l'asse portante della società coloniale. La forza di questo strumento giuridico si esaurisce solo alla fine del 500 a causa del tracollo demografico delle popolazioni indigene per via delle malattie giunte dall’Europa e dalle pessime condizioni di vita. Per quanto riguarda i rapporti economici con le colonie americane, la corona di Castiglia cerca di creare strumenti efficaci per assicurarsi più benefici possibili. Nel 1503 si istituisce a Siviglia la casa de contrattazione: un ufficio Reggio che ha il monopolio dell'organizzazione dei traffici commerciali con le colonie. Accanto ad essa sorge il Consolato: un'istituzione privata che riunisce i mercanti di Siviglia e dell’Andalusia, i quali partecipano ai traffici con l'America da una posizione di forza. Con questi strumenti si stabiliscono sia i prezzi e le quantità delle merci che vengono inviate in America e i prezzi dei prodotti agricoli che da esse provengono. 4- UMANESIMO E RINASCIMENTO (Italia 300-400) STUDIO DEI CLASSICI E FILOLOGIA Umanesimo: movimento intellettuale caratterizzato da un nuovo atteggiamento nei confronti del mondo antico, cioè della Grecia e di Roma, la civiltà classica è considerata un modello ineguagliabile di cultura, cui attingere e cui ispirarsi per elaborare una nuova concezione del mondo. Già Francesco Petrarca in vita allo studio dei testi latini. Infatti, il latino utilizzato nel Medioevo, rispetto a quello utilizzato da Virgilio e Cicerone, è differente. Questo pone le basi per la fondazione della filologia, disciplina grazie alla quale si restituiscono alla forma originale testi tramandati in maniera scorretta. Un altro aspetto essenziale dell'umanesimo è il ritorno della cultura della Grecia antica in Europa; infatti, nel 1438 si tiene a Ferrara un Concilio dove eruditi greci contribuiscono alla diffusione della conoscenza del greco antico, in particolare di Platone. Il contributo più importante all'elaborazione della filologia viene dall'opera di Angelo Ambrogini, detto Poliziano, in cui espone i criteri principali dell'esame dei manoscritti: la ricostruzione del testo nella sua originalità serve per comprenderne il contesto storico nel quale è stato prodotto. Anche Lorenzo Valla analizza con il metodo filologico il documento che segna la nascita dello Stato della Chiesa, e svela come il documento sia un falso fabbricato in un momento successivo, questo è testimoniato dall'uso di espressioni linguistiche non attestate nel quarto secolo, ma comuni nell'ottavo. Altra figura rilevante è quella di Erasmo da Rotterdam che ritiene che la traduzione latina della Bibbia, la cosiddetta Vulgata, sia un testo costellato di errori: si dedica a elaborare un'edizione critica del testo greco del nuovo testamento, con traduzione Latina a fronte. LA NASCITA E LA DIFFUSIONE DELLA STAMPA Un ruolo fondamentale nella diffusione delle idee umanistiche lo ha l'invenzione della stampa a caratteri mobili. Fino a questo momento la produzione libraria è costituita da testi realizzati a mano dagli amanuensi. A partire dal 300 l'adozione della carta, materiale che giunge in Europa tramite i mercanti che commerciano con gli arabi, favorisce una maggiore diffusione di questi scritti. Fabriano, nelle Marche, è un grande centro di produzione della carta. Fra il 1445 e il 1455, a Magonza (Germania), vengono stampati il messale e la Bibbia di Gutenberg. Il nuovo metodo si diffonde con grande successo in tutta l'Europa occidentale. In Italia le prime tipografie nascono fra gli anni 60 e 70 del 400 a Venezia, Roma, Subiaco e Foligno. Grazie all'attività degli stabilimenti tipografici, aumenta in maniera considerevole la quantità dei libri prodotti e diminuisce il loro prezzo, facilitandone la circolazione e la vendita. La prima volta nella storia europea, è possibile la formazione di una comunità intellettuale i cui componenti possono dialogare leggendo i medesimi scritti. Un ruolo particolare nella diffusione dei classici in Europa ricopre l'editore Aldo Manuzio. A Venezia, sede della sua bottega, coordina un gruppo intellettuale di umanisti. Vengono editi classici greci e latini e si vedranno alla luce opere di Aristotele, Demostene, Platone, Virgilio, Orazio e Ovidio. Pubblica inoltre adagia di Erasmo e il Decamerone. La diffusione delle sue edizioni è dovuta alla cura filologica ma è anche favorita dall'adozione di un formato estremamente maneggevole, quello tascabile. TRA FORTUNA ED ECCELLENZA: COME CAMBIANO LE FIGURE DI INTELLETTUALI E ARTISTI La riflessione sui testi antichi comporta l'elaborazione di una visione del mondo profondamente diversa da quella medievale. La centralità della figura di Dio nell'universo medievale aveva lasciato il posto all'importanza dell'individuo e delle sue azioni nel mondo per il raggiungimento del bene più prezioso, la gloria. La cultura umanistica elabora un'ideale caratterizzato da un nuovo atteggiamento nei confronti della vita: viene sottolineata la dimensione pubblica, sociale e politica. L'uomo Rinascimento tale deve esercitare numerose attività, non solo politiche e militari, ma anche culturali e ludiche: è considerato artefice del proprio destino e delle proprie fortune. Un personaggio che sembra riassumere in sé le diverse caratteristiche del modello rinascimentale è Leon Battista Alberti, figlio di un mercante, si rifiuta di seguire le orme paterne e diviene architetto, teorico della pittura e architettura, autore di opere scientifiche. Alberti elabora una peculiare visione del mondo nel dialogo La famiglia. Assume un valore rivoluzionario, grazie alla sua visione, il denaro: è indispensabile all'uomo per vivere, ma è anche in stretta relazione con l'uso del tempo. Infatti, solo colui il quale sa impiegare proficuamente il proprio tempo può conseguire i propri scopi e ottenere ciò che desidera. Una delle figure più importanti dell'epoca rinascimentale è Leonardo da Vinci (1452-1519). Pittore, scultore, architetto, ingegnere e scrittore; è mosso da una curiosità insaziabile verso ogni aspetto della realtà che lo circonda. Secondo lui l'uomo deve perseguire la conoscenza attraverso l'osservazione diretta della natura. All'interno del mondo rinascimentale, un ruolo privilegiato spetta all'artista, che per la prima volta conquista rispetto e prestigio all'interno della società. Questo notevole cambiamento avviene in virtù di diversi fattori. In primo luogo, cambia l'educazione dell'apprendista. Valore esemplare ha l'esperienza del giardino di San Marco promossa a Firenze da Lorenzo de Medici detto il magnifico. Qui Lorenzo accoglie giovani promettenti ai quali fa impartire un'educazione di tipo umanistico e liberale. A questo proposito importante è la figura di Filippo Brunelleschi (1377- 1446), architetto, ingegnere e scultore, il quale applica le conoscenze scientifiche e meccaniche per la realizzazione delle sue opere. LA POLITICA COME SCIENZA: MACHIAVELLI E GUCCIARDINI Il quadro politico all'interno del quale si sviluppa il Rinascimento italiano è caratterizzato da notevoli tensioni e conflitti. Un'originale meditazione sugli scritti degli storici dell'antichità classica è quella che elabora Niccolò Machiavelli (1469-1527), che riflette sulle modalità che consentono ai governanti di conquistare o conservare uno Stato. Alcune delle sue opere più importanti sono Il Principe (1513) e I discorsi sopra la prima deca di Tito Livio (1513-17). Fondamentale è il confronto con il passato poiché aiuta a interpretare il presente e può fornire soluzioni ai problemi che si presentano. Nei Discorsi Machiavelli riflette su episodi della vita della Repubblica romana, di cui coglie le crisi. Egli mostra come la decadenza sia frutto delle azioni dei romani stessi; hanno tradito le virtù dei padri: la parsimonia, l'onestà e l'impegno nella vita militare. Questi errori sono stati ripetuti, secondo Machiavelli, dai suoi contemporanei. Nel Principe Machiavelli esamina le modalità che rendono possibile a un signore di conquistare uno Stato e di governarlo: sostiene che il principe per giungere al potere deve essere furbo come una volpe e spietato come un Leone, in modo da non farsi travolgere dalla fortuna, forza cieca che governa le cose umane. L'ARTE DEL VIVERE I centri da cui si irradia la cultura rinascimentale sono le corti principesche italiane dei Visconti, degli Sforza a Milano e dei Medici a Firenze. Quello che si viene elaborando all'interno degli spazi cortigiani è una figura umana cui i contemporanei che aspirano all'ascesa sociale devono cercare di adeguarsi: il cortigiano. A questa figura, Baldassarre Castiglione dedica la sua opera principale, Il cortigiano: testo dialogico in cui i diversi personaggi discutono su quali siano le caratteristiche salienti del vero gentiluomo di Corte. Attraverso le pagine di questo libro vuole elargire consigli ai monarchi del tempo, suggerendo loro di prestare ascolto ai saggi e competenti uomini di Corte di cui si circondano. Diviene presto il libro più tradotto fra 5 e 600. LA NATURA E I SAPERI OCCULTI Nella visione cristiana medievale la natura è la raffigurazione della potenza e della volontà di Dio. Con l'umanesimo si PROTESTANTESIMI La diffusione dello spirito protestante nella Svizzera e Alsazia porta alla nascita di forme di organizzazione confessionali diverse. A Zurigo, grazie all'azione del riformatore Zwingli, la città si trasforma in una sorta di democrazia a base teocratica, in cui le strutture ecclesiastiche svolgono un'azione di sostegno, di controllo e di direzione della politica; obiettivo: la creazione di una vera e propria città di Dio in cui tutta l'attività umana sia regolata dai valori cristiani. Zwingli afferma la validità di due soli sacramenti: il battesimo e l'eucarestia, quest'ultima intesa come segno della presenza di Cristo nella comunità. Alcuni seguaci di Zwingli sostengono il valore del battesimo come scelta adulta e consapevole e non come atto sacro da amministrare agli infanti. Calvino rielabora in modo originale la visione protestante, accentuando l'idea della predestinazione  solo il signore conosce quali anime verranno salvate e quali condannate, però gli uomini sono chiamati ad operare con zelo nella società in quanto verranno giudicati in base al buon esito delle loro azioni. I calvinisti non tollerano il dibattito delle loro idee e si chiudono nel recinto delle proprie certezze teologiche, i dissenzienti sono espulsi e condannati al rogo. In tutta Europa centro-settentrionale la diffusione del movimento protestante procede con grande rapidità; i luterani in Svezia, Danimarca, Norvegia, Islanda; i calvinisti in Francia – vengono chiamati ugonotti – nei Paesi Bassi, in Polonia, in Italia, in alcune valli piemontesi, si fondono con i valdesi – seguaci di Valdo di Lione già perseguitati. L’ANGLICANESIMO Inizialmente Enrico VIII (Inghilterra) si schiera apertamente contro le idee luterane ma ben presto avverte l’importanza dell’occasione che la diffusione delle idee protestanti gli offre: ridurre l’influenza del papato sulla politica e sulla società inglese. Nel caso dell’annullamento del matrimonio di Enrico VIII con Caterina d’Aragona era proprio il papa che controllava la politica dinastica. Visto l’atteggiamento attendista sulla sua richiesta di divorzio da parte di Clemente VII, il sovrano inglese ne approfitta per spezzare il legame di sudditanza spirituale alla Chiesa romana. Nel 1534 con l’Atto di supremazia, egli si proclama unico e supremo capo della Chiesa d’Inghilterra affidando all’arcivescovo di Canterbury il governo degli affari ecclesiastici. Mentre viene introdotta la Bibbia in inglese, il re procede con la vendita delle ingenti proprietà della Chiesa Romana dando vita ad un ceto di piccoli/medi nobili proprietari terrieri. Il movimento protestante diffusosi in Europa si afferma in uno dei più importanti regni del continente sulla base di una decisione presa dal sovrano per ragioni politiche ed economiche. La sfera religiosa diventa quindi un ambito aperto allo scontro politico. 6- LA FRONTIERA MEDITERRANEA E L’IMPERO OTTOMANO L’IMPERO OTTOMANO Alla metà del Cinquecento la grande espansione ottomana nel mediterraneo, cominciata nel 1453 con la conquista di Costantinopoli, può dirsi conclusa. Grazie a Maometto II, Bayezid II e Solimano il Magnifico il dominio dei sultani si estende dal Marocco alla Persia. L'impero ottomano è una potenza di prima grandezza sia dal punto di vista territoriale sia da quello politico e militare; al suo interno si trovano infatti i territori che mettono in contatto il Mediterraneo con l’oceano Indiano, importantissimi dal punto di vista commerciale per raggiungere l'India, e le piste carovaniere che attraverso la Persia collegano l'Asia centrale con il Mediterraneo. La società cristiana guarda con paura alla potenza del sultano di Istanbul ed ai corsari nord-africani, suoi tributari, autori di scorrerie sulle coste italiane/iberiche. Alla base della potenza ottomana vi è una efficace organizzazione amministrativa e militare; a capo di un impero vastissimo ed abitato da popolazioni diverse, unite sola dalla fede mussulmana, vi è il sultano che ha un potere assoluto in ogni ambito a eccezione di quello religioso in cui vige la legge del Corano. La sua reggia è il palazzo Topkapi a Istanbul. La parte esterna del palazzo è la sede del Governo Centrale: qui si trova la sala del Gran Consiglio (presieduto dal gran visir, scelto personalmente dal sultano, possiede pari poteri del sultano anche se questi può destituirlo in qualsiasi momento), composto da funzionari che dirigono i singoli settori del governo e controllano i governatori delle varie provincie. Nell’esercito spiccano, oltre ad una potente flotta, anche i giannizzeri, speciali corpi di fanteria fedeli in modo assoluto al sultano. La religione ufficiale è quella mussulmana-sunnita; la base del diritto è costituita dal Corano, il mufti di Istanbul, la più alta autorità religiosa. Nell’impero vige una grande tolleranza religiosa. Pur avendo trasformato diverse chiese in moschee, i mussulmani non hanno interesse a far convertire chi professa una fede diversa, ne intendo cancellare le diversità – lingua, tradizioni – delle varie popolazioni che essi governano. La popolazione è divisa in due gruppi; una costituita da chi è al servizio del sultano: militari, autorità civili e religiose esentati dalle imposte; l’altra dai contadini, artigiani, mercanti che sono obbligati al pagare le tasse. LA MONARCHIA CATTOLICA DI FILIPPO II Con la morte di Carlo V, il suo impero è diviso fra il fratello, Ferdinando, a cui vanno, oltre la Boemia e l’Ungheria, i territori dell’area austriaca; ed il figlio Filippo II: Castiglia, Aragona, Paesi Bassi, Contea Franca, Stato di Milano, regno di Napoli e quello di Sicilia. Gli unici elementi comuni della monarchia composita (territori divisi tra loro) di Filippo sono la sua persona e la religione cattolica, professata fortemente da lui e da tutti i suoi sudditi. La monarchia, infatti, è detta monarchia cattolica. Prioritaria di Filippo è la lotta all’eresia protestante che è portata avanti dal tribunale dell’Inquisizione spagnola (1478) per giudicare e reprimere tutti i comportamenti e le dottrine eterodosse. Un inquisitore generale, nominato dal Papa e affiancato da un consiglio, controlla le coscienze e il comportamento dei sudditi. L'efficacia dell'inquisizione spagnola è provata dall'alto numero di condanne a pene che arrivano spesso alla morte. Filippo II e i suoi ministri cercano di introdurre l'inquisizione nello stato di Milano provocando la durissima opposizione delle istituzioni locali che obbligano il sovrano a rinunciare al suo piano. In ogni caso le sue volontà hanno alimentato le agitazioni fino all'esplosione di una vera e propria ribellione contro la corona. Il Consejo de la inquisicion e uno dei più importanti consejos di cui si avvale il monarca: si tratta di organismi composti da esperti di diritto e di amministrazione che forniscono al re i loro pareri sulle diverse questioni che questi sottopone loro. Nel 1516, Filippo II stabilisce la sua corte a Madrid da dove comanda i suoi territori con grande circospezione, viene definito infatti rey prudente. Per quanto riguarda la penisola italiana, il sovrano mira a garantire la stabilità politica e sociale e la sicurezza militare dei territori da lui governati, ossia Repubbliche di Genova e di Venezia, ducati di Savoia, di Mantova, di Parma Piacenza, di Modena, Stato Vaticano, ma anche perché l'Italia settentrionale, soprattutto il Ducato di Milano, costituisce un importante nodo di comunicazione per l'invio di truppe nel Nord Europa. L’Italia si presenta come una sorta di sistema di Stati che riconoscono il loro legittimo sovrano in Filippo II, ma che conservano una propria autonomia istituzionale e sociale. L’AZIONE DI FILIPPO II NEL MEDITERRANEO. Nel frattempo, l'impero ottomano prosegue nella sua politica espansionistica nel Mediterraneo, con l'appoggio delle flotte della pirateria nordafricana. Il primo atto di Filippo secondo è la controffensiva contro le basi della pirateria; tuttavia, la prima spedizione nel 1560 fallisce. Nel 1571, all’impero ottomano si annette l’isola di Cipro, possedimento della repubblica veneziana e assai rilevante per la produzione di zucchero, sale e cotone. La Santa Sede vede nell’avanzata ottomana una minaccia mortale all’esistenza stessa della religione cattolica. Decisivo è il ruolo di Papa Pio V: propone di creare un'alleanza tra tutti i sovrani che si faccia carico di armare una flotta per combattere le forze ottomane. Inizialmente Filippo II appare riluttante poiché è impegnato su più fronti: -a rendere sicuro il Mediterraneo, -assicurarsi il controllo dei porti della costa del Nord Africa, -intraprendere una guerra contro l'impero ottomano. Inoltre, l'esplosione della rivolta nelle Fiandre grava sulle finanze della corona di Castiglia, costantemente sull'orlo della bancarotta. La ragione dei suoi tentennamenti però son dovuti ad alcuni problemi interni: da tempo le autorità politiche ed ecclesiastiche spagnole sono in allarme a causa dei moriscos, popolazioni di fede musulmana costretti a convertirsi al cristianesimo. Vi sono però parecchi timori circa la loro effettiva assimilazione alla cultura cattolica e la loro fedeltà. La conversione forzata infatti non ha cancellato né l'uso della lingua araba né il mantenimento delle tradizioni, costumi e abbigliamento musulmani. Inoltre, il fatto che i moriscos vivono prevalentemente nella parte meridionale della penisola iberica fa temere l'esistenza di legami con la pirateria nordafricana o addirittura con l'impero ottomano. È per questo che Filippo II intraprende una nuova campagna contro l'utilizzo della lingua araba, con l'unico risultato di far scoppiare nel 1568 una vasta rivolta nella regione di Granada.  Solo nel 1570 Filippo II decide la deportazione e dispersione dei moriscos in tutto il territorio della Castiglia. Nel 1571 viene stipulata tra Papa Pio V, La Repubblica di Venezia e Filippo II un'alleanza contro gli ottomani detta Lega Santa, cui aderiscono anche La Repubblica di Genova, i duchi di Savoia e di Toscana e l'ordine di Malta. GUERRA E GUERRIGLIA: LE GRANDI BATTAGLIE E LE PICCOLE SCORRERIE Il 7 ottobre 1571, a Lepanto, la flotta cattolica ottiene un’importante vittoria contro quella ottomana; ma questa vittoria non viene sfruttata perché la Lega Santa si dissolve a causa di dissensi tra Venezia e la Spagna, che hanno diversi interessi strategici. Venezia conclude una pace separata con gli ottomani per garantirsi la sicurezza dei propri commerci, le forze asburgiche concentrano i propri sforzi nel conflitto in alto nelle Fiandre. L’evento di Lepanto non costituisce l’evento epocale propagandato dal mondo cattolico anche se la perdita della flotta fu un duro colpo per gli ottomani. L’esaurimento del conflitto nel Mediteranno fu dovuto anche al riaccendersi della guerra fra impero ottomano e la Persia. Filippo II e Selim III, poiché entrambi sono costretti a spostare i loro eserciti su altri teatri bellici siglano una tregua (1581), che verrà sempre rinnovata negli anni successivi. Il mediterraneo torna ad essere il mare dei commerci che continuano ad essere minacciati da una pirateria radicata: si impossessano delle merci e riducono i vinti in schiavi. 7- LA CHIESA IN ARMI: L’EUROPA DELLE CONTRORIFORMA IL CONCILIO DI TRENTO Una delle vie per risolvere il problema protestante sarebbe stata la convocazione di un concilio ecumenico, la riunione straordinaria di tutti i vescovi eletti dalle singole comunità che costituiva la massima autorità ecclesiastica. Con il successivo prevalere dell'autorità papale romana, i concili divennero sempre meno frequenti, anche se era sopravvissuta la convinzione che il Concilio rappresentasse l'unica istanza in grado di porre rimedio alla frattura della cristianità. Sebbene lo stesso Carlo V sin dall'inizio della riforma luterana aveva più volte richiesto la convocazione di un concilio, né Leone X, né Clemente VII accettarono mai, per timore di una rinascita del conciliarismo. Solo Papa Paolo III convoca il concilio, prima a Mantova, poi a Trento (1544). La scelta di Trento come la sede del Concilio ha un duplice significato: Si tratta di una città italiana dal punto di vista geografico, ma situata in un territorio che fa parte del sacro romano impero. Per di più, essa è la capitale di un Principato governato da un principe-vescovo. La vicinanza di Trento ai paesi di lingua tedesca costituisce un segnale di apertura verso il mondo protestante. Con il concilio il Papa vuole imporre l’autorità della Chiesa ed intraprendere la lotta contro gli eretici mentre l’imperatore punta ad una soluzione di compromesso che gli consenta di salvaguardare la sua autorità in Germania, ma vi è anche chi spera in una vera ricucitura della frattura della Chiesa. Il concilio si apre sotto lo stretto controllo del Papa che, in contrasto con Carlo V, è contrario a qualunque concessione ai protestanti. Il Papa riesce però a far prevalere la propria volontà e malgrado l'opposizione dell'imperatore, Il Concilio affronta subito alcune questioni teologiche oggetto di critica o di completo rifiuto da parte protestante sono quindi approvati i decreti conciliari relativi al peccato originale, alla fede, alle fonti della rivelazione (sacre scritture e la loro interpretazione), alla giustificazione e ai sacramenti nella primavera del 1547, entrato in urto con Carlo V, Paolo III fa approvare il trasferimento del Concilio a Bologna, città appartenenti allo stato della Chiesa, allo scopo di assumerne il pieno controllo, ma a causa dei continui dissidi con l'imperatore decide di sospendere il Concilio (1549). La ripresa del Concilio a Trento viene decisa dal nuovo Papa, Giulio III; In questa seconda fase viene esaminata la spinosa questione dell’eucarestia, ma a causa della guerra tra Spagna e Francia, Il Papa sospende il Concilio. La terza e ultima fase riprenderà soltanto nel 1562 con il nuovo Papa Pio IV. Vengono trattati temi delicati come la definizione dell'origine e del ruolo dell'autorità dei vescovi nella chiesa; il tema centrale e l'obbligo di residenza dei vescovi nelle diocesi di appartenenza. I prelati spagnoli e francesi affermano che tale obbligo è di diritto divino, mentre gli italiani lo ritengono una questione di diritto canonico, riconoscendo dunque al Papa la facoltà di concedere deroghe e dispense. Alla fine, il Concilio opta per una soluzione di compromesso: seppur ribadendo l'obbligo di residenza dei vescovi, lascia intatta la facoltà del pontefice di concedere dispense ed esenzioni in materia. Sul piano dottrinale sono riconfermati: i sette sacramenti, l’esistenza del Purgatorio, il culto dei santi e delle reliquie, la capacità della Chiesa di ridurre le pene ultraterrene tramite le indulgenze, Chiesa e clero unici depositari della facoltà di leggere il verbo divino nell’unica versione originale, la Vulgata. In seguito, il successore Pio V, cura la pubblicazione del Catechismo Romano del Concilio di Trento, testo divulgativo e propagandistico ad uso dei parroci volto a fissare la dottrina della chiesa. La struttura della Chiesa viene ricondotta strettamente sotto il controllo dell’autorità papale. Il concilio di Trento, pensato come una riunione dei cristiani divisi affinché possano trovare il modo di superare la frattura apertasi nella chiesa, in realtà si è dimostrato volto solamente a riformare e rafforzare le strutture della Chiesa di Roma. Infatti, avvengono delle modifiche all'interno della Chiesa: -poiché il clero secolare e spesso ignorante e incapace non solo di controbattere le argomentazioni protestanti, ma anche amministrare i sacramenti e istruire i fedeli sui principi della fede cattolica, viene deciso di creare in ogni diocesi un Spagna, le due potenze siglano un accordo di pace nel 1598. Conclusa la lunga fase di lotte religiose Enrico IV può dedicarsi a ripristinare la sua autorità e a risanare le disastrose finanze della Francia; ma nonostante il suo buon operato a favore del suo paese egli rimane, per gli oltranzisti cattolici, un eretico convertitosi per ragioni opportunistiche e verrà assassinato nel 1610 da un estremista cattolico. MONARCOMACHI E «POLITIQUES» Durante il periodo delle guerre di religione due sovrani francesi vengono assassinati. Una pratica estrema di lotta politica dovuta alla contrapposizione della spaccatura tra cattolici e protestanti. Cade l’idea della sacralità dei sovrani considerati come rappresentati di Dio in terra, anzi un sovrano nemico della vera fede viene ritenuto un pericolo e può essere combattuto ed ucciso. Si afferma il tema della liceità dell’uccisione di un sovrano eretico, dottrine che la storiografia ha definito «monarcomache». Si tratta del recupero della teoria politica greco romana della tirannia: secondo l’aristotelismo politico la monarchia tende naturalmente a degenerare in regime tirannico; Cesare finisce per trasformarsi in Nerone. In questo periodo ebbe enorme diffusione un testo anonimo, Vindiacie contra tyrannos, per cui si deve obbedienza al sovrano solo se è un re di grazia e di giustizia. Egli deve mettere d’accordo le diverse parti del suo regno, ma se si schiera con una delle parti, cessa di essere re e diventa un tiranno a cui non si deve obbedienza. Successivamente, queste tesi vengono teorizzate da entrambi le parti in lotta, cattolici/protestanti. Queste idee minano il fondamento sacro dell’autorità regia, il ruolo di rappresentate di Cristo. Conseguentemente, in Francia, si elabora una teoria politica che consente di sottrarre l’autorità sovrana allo scontro religioso; i portatori di queste idee vengono definiti politiques: sostengono un rafforzamento dell’autorità regia e della concessione di una certa libertà di culto come unico rimedio alla divisione religiosa. Nel 1576, il più influente tra questi è Jean Bodin, il quale sostiene che la sovranità dello stato è per sua natura unitaria, indivisibile e perpetua e non deve avere limiti, che al principe detentore della sovranità spetta la pienezza del potere legislativo senza alcun vincolo. Si apre così la strada alla teorizzazione del potere «assoluto» del re; non è ammesso il diritto di resistenza, né di reazione contro i sovrani. La radicalizzazione promossa dallo scontro religioso tende a spingere sia il Papa, che i capi delle sette protestanti a pretendere di intervenire nelle questioni religiose degli Stati. Un caso esemplare di questa tendenza è il conflitto che vede contrapposte la Santa Sede e la Repubblica di Venezia tra il 1605 e il 1607. La contestazione papale rispetto all'arresto di due chierici si estende al problema del controllo dell'edificazione delle chiese e del patrimonio ecclesiastico nel territorio della Repubblica. Di fronte al fermo rifiuto di Venezia di accedere alle condizioni richieste, Papa Paolo V ricorre al divieto al clero di esercitare le funzioni religiose in tutto il territorio della Repubblica. Venezia reagisce con durezza, imponendo al clero il normale svolgimento dei riti. Alla fine, grazie alla mediazione francese, la controversia viene appianata. Venezia vede riconosciuta la propria sovranità e l'infondatezza delle pretese papali. Il fatto stesso che la Repubblica abbia vittoriosamente rintuzzato le ingerenze della Santa sede costituisce un precedente importante cui tutti i sovrani europei guarderanno con grande attenzione. 9- LA RIVOLTA DEI PAESI BASSI E LA NASCITA DELLE PROVINCE UNITE UN’AREA FIORENTE TRA CRESCITA E CRISI Prima dell’ascesa di Carlo al trono, i Paesi Bassi sono terre fiorenti e popolate; un’agricoltura ricca si accompagna ad un florido artigianato tessile. Il fulcro della ricchezza risiede nelle Fiandre e Anversa diviene un’importante piazza commerciale e finanziaria. Dopo l’Italia, i Paesi Bassi sono un centro nevralgico dello sviluppo europeo non solo economico, ma anche culturale con la pittura fiamminga e realistica – Rembrandt, Bruegel e pensatori e teologi quali Erasmo da Rotterdam. L’inserimento nella monarchia di Carlo V giova grandemente ai Paesi Bassi, che diventano un'area economicamente fiorente con lo sviluppo delle industrie tessili di Liegi e di Bruges, Borsa commerciale e finanziari di Anversa. Però, a partire dalla seconda metà del Cinquecento cresce la concorrenza inglese sia nel tessile, sia nei commerci internazionali; anche gli olandesi aumentano la concorrenza dei traffici marini. Anche su piano politico sorgono difficoltà perché ogni provincia ha proprie leggi e ordinamenti: i Paesi Bassi sono infatti formati da 17 province. Ulteriore elemento di tensione è dato dai problemi religiosi: la normativa contro i protestanti era stata inasprita da Carlo V, giungendo a prevedere la pena di morte. Risultato è stato un blocco della penetrazione delle idee protestanti, che rimangono presenti solo in settori marginali. LE RAGIONI DEL CONFLITTO CON LA SPAGNA Negli anni Sessanta il calvinismo penetra in questi territori facendo breccia nei settori artigianali, fra i mercanti e gli uomini d’affari delle città. Contemporaneamente i cattivi raccolti e la guerra commerciale con l’Inghilterra creano sacche di disoccupazione e di malcontento popolare. Anche le relazioni tra la corte di Filippo II e l’aristocrazia locale (i più importanti: Guglielmo d’Orange, il conte di Egmont e il conte di Hornes), che chiede una diminuzione delle imposte e di moderare la repressione, diventano critiche. Infine, Filippo II rifiuta di mitigare la repressione dell’eresia calvinista. La crisi esplode. REPRESSIONE E RIVOLTA Nel 1565 un gruppo della nobiltà minore chiede l’espulsione dai Paesi Bassi dell’Inquisizione e sottoscrive un documento comune noto come il Compromesso della nobiltà. Nell’aprile del 1566 una folla di circa 3000 persone si presenta in armi al cospetto di Margherita, cui consegna una petizione che chiede l’annullamento dei recenti editti e la convocazione di un’apposita sessione degli stati generali per rivedere la politica religiosa. Margherita di Parma (sorellastra di Filippo II), governatrice in nome dell’imperatore, cede per paura di un aggravamento della situazione e con un editto invita le autorità ad una minor rigidità ad attuare la repressione, con conseguente aumento dei calvinisti. Le tensioni sociali si fanno preoccupanti; i calvinisti attaccano le chiese cattoliche. La crisi comincia ad aggravarsi: Hornes e Egmont vogliono aiutare Margherita a riprendere il controllo della situazione, Guglielmo d’Orange si schiera a favore dei protestanti. Filippo II decide di inviare un esercito guidato dal duca d’Alba (nobile spagnolo) per una dura repressione, ma agisce duramente proprio contro la classe dirigente locale alla quale si appoggiava Margherita per ottenere il consenso; Margherita si dimette ed il duca diventa il governatore generale. Questo aspetto è importante perché fino ad allora il territorio era sempre stato governato da un membro della famiglia del sovrano. La nomina di un grande di Spagna a governatore rende visibile la trasformazione dei Paesi Bassi in una provincia come le altre della monarchia cattolica.  Il governo di Alba è rimasto famoso per la violenza della repressione: vengono eseguite oltre mille sentenze capitali, molte anche fra la nobiltà locale. Inoltre, per il mantenimento del suo esercito il duca impone nuove tasse e questo fa crescere l’opposizione: alcuni nobili fuggiti dai Paesi Bassi, con la complicità della corona inglese e dagli ugonotti francesi, organizza una flotta detta dei ‘pezzenti del mare’ che attuano la pirateria a danno degli spagnoli; Guglielmo invece invade le province orientali della Germania ma viene respinto. A questo punto si rifugia nelle regioni settentrionali di Olanda e Zelanda, che lo nominano proprio governatore e gli forniscono mezzi per la guerra. Guglielmo d’Orange, detto il Taciturno, ormai convertito al calvinismo, costituisce un punto di contatto tra calvinisti olandesi e ugonotti francesi, diventando il punto di riferimento di una rivoluzione condotta in nome della difesa della libertà costituzionale e religiosa. LA NASCITA DELLE PROVINCIE UNITE Filippo II è costretto a richiamare il duca di Alba in Spagna. Il successore, Luis de Requenses, pone fine alla politica del terrore e cerca un accordo con le province ribelli. Si ripropone il grave problema del finanziamento della guerra; nel 1575, mentre Filippo II dichiara bancarotta, muore il nuovo governatore dei Paesi Bassi (Luis de Requenses), segue la ribellione dell’esercito che compie saccheggi ed eccessi di ogni tipo contro la popolazione. I dirigenti delle provincie leali prendono in mano la situazione e avviano trattative con le province ribelli d’Olanda e con il principe di Orange per espellere le truppe straniere e congelare la questione religiosa. Filippo II invia come governatore il fratellastro Giovanni d’Austria, vincitore di Lepanto, il quale in cambio del ritiro delle truppe e del rispetto delle leggi delle province, ottiene il riconoscimento della propria autorità e il ripristino del cattolicesimo come religione ufficiale. Ovviamente le provincie a maggioranza calvinista, Olanda e Zelanda, reagiscono e riprende la guerra: esplodono rivolte guidate dai calvinisti che si uniscono sotto Guglielmo d’Orange. Le province cattoliche offrono il posto di governatore al nipote di Filippo II, Mattia d’Asburgo, ma anche questa soluzione fallisce. I Paesi Bassi sono ormai divisi in due aree: quelle delle Provincie Unite ribelli, a egemonia olandese e calvinista; la seconda, quelle delle Provincie Lealiste, vallone e cattoliche. Le provincie ribelli dichiarano Filippo II tiranno, e cercano un nuovo sovrano nel fratello del re di Francia, duca d’Angiò, che però non si dimostra all’altezza. Alla morte del principe d’Orange, assassinato da un fanatico cattolico, il vuoto di potere viene occupato dal conte di Leicester, fiduciario di Elisabetta d’Inghilterra, con cui le province settentrionali stipulano un’alleanza antispagnola. Alla fine, gli Stati Generali delle provincie ribelli decidono di evocare a sé la piena sovranità, proclamandosi autorità suprema della nuova entità statale delle Province Unite (1589). LA STABILIZZAZIONE DELLA REPUBBLICA DELLE PROVINCE UNITE Negli anni successivi, nelle Province Unite prende una forma più definita il regime di tipo repubblicano con un’ampia assemblea in cui ogni provincia gode di un solo voto. Si afferma l’egemonia dell’Olanda, la provincia più ricca e popolosa; alla famiglia Orange viene riconosciuto il comando dell’esercito e per motivi commerciali viene siglata una tregua con la corona spagnola. Le Province Unite riescono a trovare una sostanziale stabilità sino al 1612 quando scade l’armistizio con la Spagna. Riprende una lunga fase di guerra; le Province Unite colpiscono la monarchia cattolica nei possedimenti coloniali e nei suoi interessi commerciali. Si giunge infine al trattato di Munster in cui la corona spagnola rinuncia alle sue pretese di sovranità sulle Province Unite (1648). 10- ECONOMIA E FINANZE NEL SECOLO DEI GENOVESI CRESCITA DELLA POPOLAZIONE E DELLA PRODUZIONE AGRICOLA Nei primi decenni del XVI secolo si registra in Europa una crescita della popolazione; la crescita è diversa da regione a regione. Aumenta anche la popolazione urbana grazie all’afflusso di persone dalle campagne; grande sviluppo di Londra, Siviglia, Lisbona, Palermo, Napoli, Milano, Venezia. Alla base della crescita demografica vi è sia la flessione della mortalità dovuta ed infezioni e altre malattie, sia l’aumento della natalità dovuto ad fatto che le persone tendono a sposarsi più giovani. L’aumento della popolazione comporta un notevole aumento della domanda di derrate alimentari ed una conseguente crescita dei prezzi dei prodotti agricoli; in Francia il prezzo grano cresce di 6 volte In Europa si arriva ad una «cerealizzazione» dell’agricoltura. Vengono bonificate varie zone in Francia, Inghilterra, Paesi Bassi, in Italia regioni del Veneto da parte delle Repubblica di Venezia e del Polesine del duca di Ferrara; la Sicilia diventa il vero e proprio granaio d’Europa. Ma nel 1590 una nuova carestia, causata da un peggioramento del clima, si abbatte sull’Europa. LA PRODUZIONE MANIFATTURIERA Anche la produzione manifatturiera si espande sia nel settore tessile, Castiglia e Toledo, sia nella metallurgia per la produzione del ferro –Inghilterra/Svezia - e dell’allume usato per tingere li tessuti – viene scoperta una importante miniera a Tolfa nello Stato della Chiesa. In Italia notevole sviluppo nel settore laniero, a Bergamo, Venezia, Firenze; e nel settore serico, la produzione nello Stato di Milano, e nelle manifatture seriche di Genova, Bologna, Mantova. I tessuti di produzione italiana sono di alta qualità e non temono la concorrenza di quelli di lana. In generale, nelle città dell'Italia centro settentrionale, i salari dei lavoratori si mantengono relativamente più elevati e quindi maggiormente in grado di far fronte al crescente costo della vita. IL RUOLO DEGLI SCAMBI A LUNGO RAGGIO Il mediterraneo resta il cuore dei commerci cinquecenteschi; grano, manufatti tessili e metallici, spezie, transitano dai porti di Venezia e Genova: Venezia rimane lo snodo più importante. Per i traffici commerciali Castiglia diviene uno snodo importante e la città di Anversa diventa la principale piazza finanziaria del continente europeo. Mercanti di tutti i paesi vi convengono al fine di comprare e vendere ogni genere di mercanzie. In Europa l'aumento della popolazione comporta una crescita della domanda di manufatti tessili e derrate alimentari. LE FINANZE DEI SOVRANI E DELLE REPUBBLICHE In tutta Europa, dalla metà del XV secolo si registra un aumento della pressione fiscale dovuta: -sia alla crescita dei prezzi, necessità di adeguare le entrate all’inflazione; -sia alla voce principale della spesa pubblica: la guerra; nuovi armamenti, introduzioni delle armi da fuoco, aumento del numero degli eserciti con conseguente necessità di pagare, armare ed equipaggiare molti mercenari. I governi incrementano la tassazione straordinaria pur incontrando notevole resistenza da parte della popolazione e dei ceti privilegiati. I governi -monarchici o repubblicani- appaltano le riscossioni delle imposte a compagnie bancarie e i sovrani ricorrono all’indebitamento a breve; i banchieri senesi e fiorentini sono specializzati nel trasferire il denaro nelle regioni scelte dai clienti. Gli interessi sono elevati. In Germania e nelle Fiandre nasce il debito consolidato: emissione di titoli pubblici con rendita fissa – 7/10% - sottoscritto da mercanti, imprenditori, enti ecclesiastici, aristocratici; gli interessi provengono da tasse le quali gravano sulle spalle dei ceti umili che vivono di salari. In Italia, Genova, Venezia, Firenze sono i primi comuni ad istituzionalizzare questo debito pubblico. La corona di Castiglia, Carlo V e suo figlio Filippo II, ricorrono massicciamente a gruppi bancari tedeschi/genovesi/portoghesi- che forniscono denaro ai suoi eserciti nei luoghi desiderati. Vista l’enorme somma raggiunta -8 milioni di ducati- dal debito della sua corona, nel 1557, Filippo II converte in modo forzoso il debito in titoli pubblici al 5%; a causa della crescita continua del debito questa operazione verrà più volte ripetuta sino ad arrivare alla sospensione dei pagamenti. Anche in Francia l’indebitamento della corona è in continuo aumento e viene finanziato con titoli pubblici i cui interessi gravano sulle imposte e sui consumi. Ma anche in Francia si finisce col consolidare il debito e sospendere i pagamenti. Solo lo Stato della Chiesa, caso atipico, pur consolidando il suo debito, riesce a mantenere la fiducia degli investitori continuando a pagare regolarmente gli interessi. Altro modo usato dai sovrani per finanziare le loro esigenze è la vendita di incarichi militari, amministrativi e finanziari al miglior offerente; l’acquirente ottiene la remunerazione e i diritti legati a quell’incarico. IL COMMERCIO DEL DENARO La venalità degli uffici, l’attività creditizie con prestiti ai monarchi, e gli appalti delle imposte ottenuti in cambio, consentono a molti finanzieri di acquistare feudi e titoli nobiliari. I finanzieri, grazie alla credibilità e capacità, raccolgono denaro liquido da molti soggetti, e poi lo trasferiscono laddove sia richiesto. Con un accordo, chi versa una determinata somma di denaro ad un banchiere ottiene l’impegno (lettera di cambio) a farsi pagare tale somma nella moneta della località straniera da parte di un altro banchiere. In questo modo si evita il trasporto materiale del denaro numeriche, di qui il suo impegno nell'ideare nuovi strumenti. Il suo maggiore successo è costituito dalla realizzazione del telescopio. Venuto a conoscenza della costruzione del cannocchiale, usato nei campi di battaglia, comprende il valore scientifico di questo strumento e costruisce telescopi di qualità eccezionale utilizzandoli per effettuare osservazioni astronomiche. In questa maniera ha modo di osservare per la prima volta diversi satelliti e le osservazioni da lui compiute consolidano la teoria eliocentrica a scapito di quella geocentrica sostenuta dalla chiesa cattolica. Le sue scoperte astronomiche fanno guadagnare a Galileo grande stima anche fra le alte gerarchie ecclesiastiche. Ciò induce l'astronomo a credere che il copernicanesimo possa entrare a far parte delle dottrine ufficiali Della Chiesa cattolica. Egli sa bene che il maggiore ostacolo a riguardo è dato dal fatto che l'interpretazione ufficiale della Bibbia è strettamente connessa alla lettura che la tradizione cattolica dà alle dottrine aristoteliche. Pertanto, negli anni 1613-15, scrive sulla questione una serie di lettere private in cui afferma che natura e scrittura hanno un’origine comune in Dio; tuttavia, la verità che essi affermano è diversa. La Bibbia detiene un primato in ambito religioso e morale, la natura deve essere indagata tramite la matematica e l'esperienza.  Nel 1616 l’Inquisizione condanna le teorie copernicane in quanto contrarie alla verità bibliche, anche Galileo è ammonito. Egli cerca di convincere gli studiosi della fondatezza delle sue teorie, però senza riuscirci. Nel 1633, viene processato dall’Inquisizione e condannato alla pubblica abiura, ritrattazione dell’eliocentrismo, e alla carcerazione a vita che sconterà presso Firenze, dove peraltro continuerà la sua opera di ricerca e scrittura gettando le fondamenta di una scienza del moto. UNA NUOVA MEDICINA Anche in campo medico, tra Cinque e Seicento, si registrano scoperte che modificano l’idea del corpo umano che si è sviluppata nella cultura europea. Partendo dalla rilettura dei testi del greco Galeno (129/201), Andrea Vesalio (1514/64) docente dell’università di Padova, elabora un testo che, attraverso tavole esplicative dei diversi organi, suggerisce a coloro che vogliono occuparsi di medicina di effettuare uno studio diretto sui corpi anziché affidarsi al sapere tradizionale. Anche Girolamo Fabrici (1533/1619), crea il primo teatro anatomico nel quale si operano le dissezioni dei cadaveri sotto gli occhi degli studenti. Fabrici scopre le valvole venose e la loro funzione, ossia che fanno affluire il sangue venoso al muscolo cardiaco. La sua scoperta incuriosiste uno studente inglese, William Harvey, che si dedica allo studio del cuore giungendo ad illustrare i meccanismi della circolazione, e la centralità del cuore; compie una serrata opera di sperimentazione attraverso la dissezione dei cadaveri e la vivisezione di animali. L’UNIVERSO COME MACCHIA Le esperienze compiute in campo fisico, astronomico e medico concorrono alla nascita del «meccanicismo»; una concezione del mondo contraria sia all’aristotelismo, sia al naturalismo. Thomas Hobbes, Martin Mersenne, Pierre Gassendi, sono i principali intellettuali secondo i quali la conoscenza delle leggi del moto è sufficiente a spiegare l’intero universo. L’universo è composto da corpi che si muovono continuamente, conoscere le leggi matematiche del moto consente di far comprendere nella sua realtà la struttura cosmologica. Il filosofo Cartesio (1596/1650) afferma che il mondo naturale è composto essenzialmente da materia in movimento, l’universo è uno spazio dove i corpi si urtano in un continuo movimento di traslazione; le sue idee non derivano dall’osservazione delle realtà, ma da una deduzione logica. Egli invita lo scienziato a chiedersi come i corpi danno vita agli avvenimenti in natura e non perché. L’universo è un’enorme macchina i cui ingranaggi sono tutti ugualmente importanti e necessari. Il pensiero meccanicistico conduce al materialismo di Hobbes per il quale i concetti morali di bene e male non derivano dai comandamenti divini, ma dai movimenti dei corpuscoli materiali che incontrandosi col corpo umano generano le passioni del piacere (bene) e del dolore (male). Il vero punto di svolta nel pensiero filosofico/politico europeo è dato dall’opera di Isaac Newton (1642/1727): per lui non è importante studiare la causa ultima del moto, ma analizzare il modo in cui una forza opera e descriverla in termini di legge matematica. Egli giunge ad elaborare e dimostrare la legge di gravitazione universale. A questo punto l’universo può essere concepito come del tutto indipendente dall’ordine divino; solo la perfezione dell’universo prova l’esistenza di Dio. I LUOGHI DEL SAPERE: UNIVERSITA’ E ACCADEMIE Sin dal basso Medioevo l’università è il principale luogo di trasmissione dell’alta cultura. Nel Cinquecento il loro numero cresce; le principali sono: Bologna, Padova, Parigi, Oxford, Salamanca. Si studia Diritto, Filosofia, Medicina; la lingua di comunicazione del sapere resta il latino. Gli studenti devono apprendere mnemonicamente conoscenze, spesso obsolete, nozionistiche. L’università non è un luogo di ricerca, i docenti stessi spesso non lo amano, considerandolo un posto dove ci si guadagna da vivere; anche Galileo, docente all’università di Padova, conduce altrove i suoi studi e le sue ricerche private sull’eliocentrismo. Il luogo del vero confronto intellettuale è l’accademia, una struttura informale dove si incontrano periodicamente appassionati di una determinata disciplina per discutere di singole questioni. in Italia: Accademia dei Lincei, a cui si affilia anche Galileo; Accademia del Cimento; Accademia degli Investiganti a Napoli. Questi sodalizi però sono a volte minati dagli attacchi dell’Inquisizione. In Francia: Academie Royale des Sciences, fondata per volere di Luigi XIV, nel 1666, i cui componenti percepiscono un salario dalla corona per dedicarsi alla sperimentazione delle scienze. In Inghilterra: Royal Society of London, fondata come sodalizio privato nel 1660. 13- TRA GUERRA E RIVOLTA: CRISI POLITICA DI MTA’ 600 Nel diciassettesimo secolo un terremoto politico investe le monarchie europee: In Spagna Filippo IV d’Asburgo deve fronteggiare alla crisi mai risolta nei Paesi Bassi, alla ribellione della Catalogna e del Portogallo. In Francia, Anna d’Austria, madre del futuro Luigi 14, deve fronteggiare la rivolta della Fronda rivolta a modificare gli assetti del governo, ne seguirà una lunga guerra civile. In Inghilterra, il governo dispotico di Carlo I, conduce il Parlamento a opporsi al sovrano e a capeggiare un'insurrezione che porterà alla sua decapitazione e alla proclamazione della Repubblica. LA GUERRA DEI 30 ANNI Il sacro romano impero, nonostante la pace di Augusta del 1555, attraversa conflitti religiosi. Questo a causa della controffensiva del cattolicesimo. A rendere instabile la situazione è la diffusione del calvinismo che non era stato contemplato negli accordi di Augusta. Tuttavia, l’aggressività dell’azione del papato spinge i principi calvinisti a costituire una Lega difensiva: l'unione evangelica (1608), sotto Federico IV del Palatinato. Questo provoca la reazione di alcuni principi cattolici alla creazione della Lega cattolica, sotto Massimiliano di Baviera. L’imperatore Mattia d’Asburgo, privo di eredi, designa successore Ferdinando di Stiria, cattolico intransigente. Alla morte di Mattia, i boemi rifiutano di riconosce Ferdinando come loro sovrano ed eleggono Federico V, capo dell’Unione evangelica. Però, nel 1620, le truppe imperiali e quelle della Lega cattolica sconfiggono i boemi, impongono il cattolicesimo con saccheggi, confische, rieducazione forzata invadendo il Palatinato. Successivamente l’egemonia cattolica, che preoccupa le potenze europee protestanti, viene attaccata sia in Germania, sia in Italia settentrionale. Ma l’affermazione delle truppe asburgiche porta ad un mutamento degli equilibri religiosi nell’impero; Ferdinando II (1619-37) ordina ai principi protestanti di restituire i beni ecclesiastici confiscati cercando di accrescere il suo potere. Sebbene l’imperatore rinunci poi alla restituzione dei beni da parte dei principi protestanti, sembra che gli Asburgo abbiano vinto la partita dell’egemonia politica europea. A questo punto è la Francia che decide di intervenire con le armi a sostegno dei rivali dell’impero. Con l’intervento della Francia, in un conflitto che dura dal 1618, gli equilibri militari mutano a sfavore degli Asburgo. Si giunge alla pace di Vestfalia -1648- che sancisce il tramonto dell’egemonia degli Asburgo. La Spagna è costretta a firmare la pace con le Province Unite. Inoltre, vengono riconosciute come Stati regionale la Confederazione svizzera e la Svezia. Successivamente la pace con la Francia, - Pirenei 1659 - si ridimensiona ulteriormente il ruolo di Madrid nella competizione per l’egemonia europea. Inizia il periodo del predominio continentale francese a cui si sottraggono solo le potenze navali e commerciali: Inghilterra e Province Unite. MINISTRI-FAVORITI La crisi politica si basa sulla lunga guerra religiosa. Questa crisi costringe le finanze statali ad una ricerca di denaro. Necessario per armare eserciti e costi di quest'ultimo. Si utilizzano metodi non tradizionali, ricorrendo a finanzieri che anticipano denaro. Nel 500, la figura del favorito si fa costante nelle grandi monarchie: amico del sovrano che in cambio di consigli riceve onori speciali. I sovrani del periodo si astengono dall’attribuire a un singolo individuo troppo potere. Questa prassi viene modificata da Filippo terzo che concede al suo favorito, il duca di Lerma, Un enorme potere consentendogli di governare al proprio posto. emerge un'altra faccia della delega del potere: la creazione di un sistema politico dominato da una fazione, unica quella guidata dal favorito. gli esclusi tendono a coalizzarsi per dimostrare al sovrano di essere in grado di prendere il posto del favorito e di essere migliori nel servire la causa. IL GOVERNO STRAORDINARIO E DI GUERRA Filippo IV si circonda di uomini intenzionati a salvare la monarchia. durante il suo Regno emerge la figura del Conte di Olivares che si propone di ripristinare la superiorità spagnola; infatti, non si rinnoverà la tregua dei 12 anni, siglata da Filippo III, con le Province Unite. Questo stile di governo, che vede il favorito come alter ego del sovrano, è un’esperienza comune a tutte le grandi monarchie europee. In Inghilterra, il duca di Buckingham, dopo esser diventato il favorito di Carlo I, è accusato di essere un usurpatore e sospettato di voler introdurre innovazioni dispotiche nello stile di governo inglese. In Francia, Maria dei Medici si affida al duca e cardinale Richelieu che contemporaneamente combatte gli ugonotti in Francia e all’estero, finanzia i protestanti nella guerra dei Trent’anni. Per consolidare il suo potere il cardinale crea una potente rete di legami personali familiari e pone suoi uomini di fiducia a sorvegliare i governatori per contrastarne l’opposizione. Egli afferma che in circostanze speciali può agire in violazione dei normali vincoli con il potere assoluto. Tali teorie legittimano una serie di misure straordinarie, notevole incremento della pressione fiscale, usando anche l’esercito per reprime le rivolte nelle campagne e ridurre al silenzio le voci critiche. TEMPI DI RIVOLTA A questo tipo di governi segue la resistenza di coloro che non approvano i nuovi metodi, la pressione delle élites sul sovrano per la rimozione del favorito e la ribellione popolare. Questo è tutto ciò che accade in Europa nella metà del 600. L’ostilità nei confronti di Olivares è talmente profonda che si pensa ad una sorta di sciopero dalla presenza a Corte, per far capire al sovrano la disaffezione che la sua politica provoca nel paese. Nel 1640, anche Catalogna e Portogallo si ribellano: accusano Olivares di violazioni di privilegi e libertà. I portoghesi si richiamano alla tradizione dinastica autoctona, prima della conquista del Portogallo da parte di Filippo II; la nobiltà decide di affidare il trono a Giovanni IV di Braganza. A seguito di queste ribellioni, Filippo II allontana Olivares ed allarga la cerchia del governo alle famiglie aristocratiche contrarie al Duca - Conte. Ma la pressione fiscale continua a crescere e causa la rivolta di Palermo; inizialmente a Napoli il popolo si scaglia contro la nobiltà accusata di essere filofrancese; poi il popolo, dapprima guidato dal pescivendolo Masaniello, accusa i ministri spagnoli di aver violato un contratto implicito tra governati e governati garantito da Carlo V. Quando Masaniello viene ucciso dai suoi stessi compagni, la rivolta si estende alle campagne. La flotta spagnola bombarda Napoli che proclama la repubblica che però cade nei mesi successivi, a causa di rivalità interne alla repubblica, e di azioni militari spagnole In Francia: il nuovo ministro-favorito della regina, madre Anna d’Austria, è il cardinale Mazzarino che incontra la resistenza dalle corti riunite del Parlamento di Parigi appoggiato dal popolo cittadino. Il Parlamento decide l’abolizione di norme ritenute inique: arresto arbitrario, aumento del prelievo fiscale, invio di commissari straordinari, creazione di giunte speciali di governo. I rivoltosi vengono definiti con disprezzo frondeur. Mazzarino, fuggito da Parigi nel 1648, invia l’esercito contro i rivoltosi della capitale; ne deriva una lunga e sanguinosa guerra civile, tutti coloro che hanno subito il regime straordinario si oppongono. Alla fine, la maggior potenza finanziaria di Mazzarino, portano alla conclusione della rivolta (1653). Resta, in un paese devastato, la lezione che l’uso del potere arbitrario esercitato da una autorità ritenuta illegittima ha un preciso limite, e il superamento di questo provoca inevitabilmente la rivolta dei sudditi. 14- RIVOLUZIONE INGLESE Alla morte senza eredi della regina Elisabetta I, nel 1603, si estingue la dinastia dei Tudor e la corona inglese passa al nipote Giacomo Stuart, re di Scozia. Figlio di Maria Stuart, Giacomo era stato educato alla fede protestante e Inghilterra e Scozia, i due regni che Giacomo governa, sono molto differenti. La Scozia calvinista è un vasto paese scarsamente popolato, dedito all’allevamento, guidato da un parlamento e da una chiesa calvinista. L’Inghilterra è un paese in crescita, con una popolazione vasta, un’agricoltura ricca, una pastorizia fiorente, un artigianato attivo e un commercio marittimo in espansione. Il parlamento inglese è diviso in due camere: quella dei lord e dei comuni. La chiesa anglicana, di cui Giacomo è capo supremo, è caposaldo del potere della corona. L’INGHILTERRA DI   GIACOMO I STUART È diffusa la convinzione che la compresenza di diverse fedi conduca alla distruzione dei regni. Giacomo I tollera forme di culto eterodosse, in quanto ai cattolici, la repressione non va molto oltre una severa riscossione di multe a chi deserta la messa anglicana. Inghilterra e Scozia non formano un regno unito, il progetto di Giacomo di fondere le due corone, unificandone le istituzioni, viene respinto dal parlamento. Il mutamento di stile più rilevante è dato dalla liberalità del monarca, che tende a spendere senza controllo e a retribuire abbondantemente gli uomini che lo circondano, a differenza di Elisabetta. L’inflazione, infatti, ha insufficienti gli introiti statali e il sovrano è obbligato a chiedere nuove tasse al Parlamento, in generale si mostra restio in quanto siedono uomini formatisi durante il regno elisabettiano, propensi quindi a ulteriori riforme della chiesa anglicana, dunque più conservatori. BUCKINGHAM George Villiers, nobile diventato rapidamente duca di Buckingham, aveva sfruttato la sua posizione privilegiata per ascendere a una posizione di primato sul piano politico.  Alla morte di Giacomo I, succede Carlo I: si teme la prospettiva di un trionfo cattolico e il potere di Buckingham continua a crescere. Ad aggravare la situazione contribuiscono la linea oscillante in politica estera, costituita da sfortunate spedizioni. Il ruolo di Buckingham diviene in Si rafforzano i produttori (Inghilterra e Olanda) che riescono a diminuire i costi, specie quello della manodopera, magari a scapito della qualità. Le manifatture italiane, che producevano stoffe di qualità, perdono competitività e diminuiscono. I pubblici poteri impongono misure protettive per salvaguardare le produzioni locali. VERSO NUOVI EQUILIBRI NEGLI SCAMBI COMMERCIALI. Lo sviluppo delle manifatture inglesi e olandesi, e la crisi di quelle fiamminghe ed italiane ridisegna la gerarchia economia europea, non con un tracollo improvviso, ma con una progressiva perdita di un primato produttivo e commerciale. Elemento importante di questo mutamento è il quadro demografico; nell’Europa nord-occidentale cresce sia la popolazione, sia l’urbanizzazione; mentre nell’area mediterranea calano entrambi questi dati portando ad una contrazione della domanda urbana delle derrate agricole e conseguente a minor commerci. Venezia perde la sua centralità anche nel commercio delle spezie con il Levante; olandesi ed inglesi cominciano a circumnavigare l’Africa, violando il monopolio dei portoghesi, importano dall’Asia. La guerra dei Trent’anni, bloccando il flusso di merci, dà il via al lento declino di Venezia. Anche Genova subisce gli effetti della stagnazione dei commerci mediterranei. Solo Livorno, grazie a sgravi fiscali, diventa un centro commerciale di olandesi, inglesi, francesi, che conquistano l’egemonia dei traffici mediterranei. Le esportazioni italiane sono sempre più rappresentate da derrate agricole e da materie prime, non più da manufatti. In questo periodo assume particolare importanza l’esportazione di seta grezza o semilavorata legata al largo sviluppo della gelsicoltura e di alcuni centri manifatturieri, non più urbani, ma operanti nelle campagne. 16 - DIVISIONE DEI POTERI, LIBERTÀ, RICCHEZZA: IL MODELLO DI SOCIETÀ OLANDESE E INGLESE Tra il 1566 ed il 1648, la monarchia Asburgo di Spagna viene tenuta in scacco dalla rivolta dei Paesi Bassi; la vittoriosa resistenza delle Province Unite rappresenta una sconfitta delle ambizioni egemoniche europee degli Asburgo, confermando anche l’impossibilità di imporre la restaurazione del cattolicesimo.  Nelle Province Unite, l’organizzazione dei poteri pubblici è basata sulla compartecipazione alle decisioni politiche dei vari corpi rappresentativi degli Stati provinciali. Questo nuova repubblica non si basa sul modello di quelle tradizionali - Genova Venezia -, ma su quello più radicale delle cittadine protestanti e delle confederazioni ad esse legate (Ginevra).   I lunghi decenni di guerra antispagnola consolida un sentimento antidispotico ed il desiderio di libertà di coscienza a cui si affianca il principio della tolleranza religiosa.  In Inghilterra, la nascita della repubblica, seguita alla guerra civile che ha contrapposto la monarchia degli Stuart al Parlamento, è il primo caso in cui il sistema repubblicano si instaura per via violenta - decapitazione di Carlo I in nome della volontà del popolo - in un grande paese europeo. Malgrado l’esperimento repubblicano inglese venga presto interrotto con la restaurazione degli Stuart, produce una consolidata e diffusa opposizione all’incremento dei poteri della corona, sottolineando la necessità di un nuovo equilibrio tra i poteri che salvaguardi i diritti fondamentali. Al contrario, in Francia il modello statuale punta al rafforzamento delle prerogative regie, all’imposizione di un modello religioso cattolico, all’accentramento amministrativo con nuove tasse.  DUE POTERI.  La «nuova» repubblica inglese - Commonwealth - e la «vecchia» repubblica delle Province Unite, presentano tratti in comune. In entrambe, accanto ad un organo rappresentativo (Parlamento / Stati generali), va emergendo un potere esecutivo fondato sulla forza militare. Nelle Province Unite il legame Stati generali/forza militare ha origine nella lunga guerra contro la corona spagnola.  La compresenza di questi due poteri esprime tendenze differenti: - religiose (protestanti moderati / puritani);  - geografiche (Olanda/altre province);  -radicamenti sociali (nobiltà rurale/plebe urbana). Tutto ciò manifesta la forza del modello e dell’esempio monarchico anche in un contesto repubblicano, sottolineando la capacità di garantire una partecipazione politica che nella maggior parte dei casi la monarchia pare impedire.   Una dialettica simile si manifesta, nella seconda metà del Seicento, anche in Inghilterra. Nel 1653, viene eletto un nuovo parlamento, «Parlamento dei Santi», in cui esponenti radicali si stringono attorno a Oliver Cromwell e lo eleggono Lord protettore della repubblica.   Il nuovo regime si assesta così su un equilibrio piuttosto precario tra  -Parlamentoàche si conferma il fulcro del potere legislativo -potere esecutivo/militare àaffidato a Cromwell.  Il nuovo parlamento eletto nel 1654 punta a ridurre i poteri del lord protettore e Cromwell lo scioglie.  La carica di Lord protettore, legata alla personalità carismatica di Cromwell, mancava di una vera legittimità; alla morte di Cromwell (1658), il tentativo di trasferirla al figlio Richard ebbe breve durata.  Nel 1660 viene ripristinato il parlamento sciolto nel 1653 e si apre la trattativa con la corona inglese: Carlo II Stuart, figlio del sovrano giustiziato nel 1649, viene incoronato re d’Inghilterra. Questo compromesso porta alla restaurazione della monarchia, della camera dei Lord, e della Chiesa anglicana, ma garantisce anche la sopravvivenza di molte conquiste repubblicane.  Rimane in vigore parte della legislazione del 1641/42; ma soprattutto il Parlamento vede riconosciuto il proprio ruolo di garanzia e di controllo, nonché la competenza in materia fiscale. Sul piano religioso, con l’Atto di uniformità, si cerca di riportare omogeneità di culto entro la Chiesa d’Inghilterra; si approvano leggi contro sette radicali, che restringono la libertà religiosa. L’idea di un’unica Chiesa inglese, che raccolga tutti i sudditi, è comunque ormai tramontata.   I PUNTI DI FORZA DI UN’ECONOMIA ALL’AVANGUARDIA A partire dal 1600 la crescita economica delle Province Unite è notevole. La repubblica diviene la maggior potenza marittima e commerciale, alla borsa di Amsterdam vengono valutati i prodotti che giungono da tutti gli scali mondiali. Il territorio delle Province Unite comprende i delta di tre importanti fiumi dell’Europa nord-occidentale (la Schelda, la Mosa, il Reno), arterie di comunicazioni e di traffici fra territori tedeschi, francesi, fiamminghi ed il Mare del Nord e Mar Baltico. Prende vita una grande cantieristica navale all’avanguardia in Europa. Gli olandesi realizzano una vera egemonia nei commerci nei Mar del Nord e Baltico; esportano verso nord pesce, vino, sale e i prodotti coloniali provenienti dalla penisola iberica, dal baltico importano legname e grano che poi rivendono nell’Europa occidentale e meridionale.   La fortuna dei mercanti olandesi sta nella loro capacità di riesportare, dopo aver riconfezionato, quanto avevano importato dagli angoli del globo. Il sistema finanziario e creditizio costituisce, grazie anche ad un elevato livello di monetizzazione, un altro punto di forza del primato economico delle Province Unite.   Il sistema finanziario e creditizio costituisce un altro punto di forza del primato economico delle province unite. Nella capitale olandese sorge la Banca dei Cambi (che riceve depositi in moneta ed emette banconote dal valore superiore) e la Borsa, dove sono quotate merci di ogni genere e luogo. Nel settore manifatturiero si sviluppa la produzione di tessuti di lana e di seta; sorgono saponifici, fabbriche di mattoni, segherie, cartiere tutte alimentate dall’energia eolica fornita da molti mulini. La crescita demografica è alimentata anche dall’immigrazione di protestanti di terre occupate dagli spagnoli, di puritani inglesi e ugonotti francesi; questo grazie al clima di relativa tolleranza che vige nella repubblica olandese e che consente un afflusso di manodopera qualificata ed intraprendente.   L’EGEMONIA NEI COMMERCI INTERNAZIONALI E L’ESPERIENZA COLONIALE.   Dopo aver cominciato spingersi nel Mediterraneo esportando il grano polacco in Italia, gli olandesi diventano protagonisti di una rapida penetrazione economia nel Levante. Ma la vera svolta mercantile è il commercio delle spezie orientali. Nel 1591, Filippo II aveva stipulato un contratto di esclusiva coi mercanti tedeschi, spagnoli e italiani che gli assicurava l’esclusiva sulla commercializzazione del pepe importato a Lisbona. Quindi, gli olandesi cercano contatti diretti con le terre di produzione di questa preziosa spezia, in Asia.  Nel 1596, fondano la loro prima base commerciale a Giava, in Indonesia; negli anni successivi sorge la Compagnia Unita delle Indie Orientali, - VOC - che ottiene dal governo olandese non solo il monopolio dei commerci nell’area fra Africa ed Asia, ma anche una propria autonomia politico/militare per difendere i propri interessi. La VOC stabilisce un saldo controllo non solo sul commercio, ma anche sulla produzione delle spezie, imponendo nei suoi vari insediamenti coloniali monocultura specializzate e obbligando le popolazioni indigene a lavorarvi in schiavitù. Dopo aver insediato numerose basi commerciali e militari la VOC stipula accordi con vari Stati - Persia, Giappone - che le assicurano il monopolio. Nel 1621, viene fondata la Compagnia delle Indie Occidentali - WIC - che ha come scopo quello di condurre un’aggressiva politica commerciale e coloniale ai danni della monarchia spagnola in Africa occidentale ed in America.  Le navi della WIC danno luogo ad una autentica guerra di corsa contro i galeoni spagnoli che trasportano l’argento americano; poi conquistano buona parte delle colonie portoghesi in Brasile. Però, con il distacco del Portogallo dalla corona spagnola (1640) i portoghesi riconquistano tutte e le loro colonie e la WIC inizia la sua parabola discendente.   L’IMBARAZZO DEI RICCHI, L’ORGOGLIO DEI PEZZENTI.  Alla base del successo economico delle Province Unite vi è una società con caratteristiche particolari, insolite per quei tempi. Accanto all’aristocrazia locale che non costituisce più il fulcro della vita sociale, crescono ricche borghesie cittadine che cominciano a prosperare. All’interno della società predomina il metodo degli accordi tra soggetti autonomi che si riconoscono reciprocamente di pari livello, non vi sono subordinati o vassalli. La società appare aperta e tollerante, la classe dirigente - i reggenti - integra tra le proprie file gruppi professionali, impiegati pubblici, gruppi di artigiani, ma anche la nobiltà rurale che finisce per aprirsi, con matrimoni, alla ricca borghesia. Gli interessi commerciali giocano un ruolo di primo piano nelle scelte politiche e negli orientamenti ideali della repubblica.   In questa repubblica si contestano le pretese spagnole e portoghesi del monopolio della navigazione e si rivendica la libertà di navigazione, di pesca e di commercio gettando le basi di un diritto originario e naturale delle nazioni. Anche gli inglesi guardano alle Province Unite con un misto di gelosa ammirazione e irritata invidia. Nel campo della cultura e dell’arte, l’attenzione per la vita di tutti i giorni rappresentata dai quadri famosi di Rembrandt o di Vermeer esprime i gusti della ricca borghesia mercantile, mentre l’uso della matematica e della geometria sostiene la diffusione della scienza e delle tecniche. L’evoluzione di telescopi e microscopi consente all’astronomia ed all’anatomia nuove scoperte, la fiorente industria della stampa contribuisce alla diffusione della cultura e delle notizie.   COMPETIZIONE E CONFLITTO: IL DECLINO DELLE PROVINCE UNITE E L’ASCESA DELL’INGHILTERRA.   Nella seconda metà del Seicento le Province Unite cominciano a risentire la presenza di un serio competitore economico: l’Inghilterra, che ha accresciuto le proprie capacità commerciali/ industriali. A Londra sono nate: la Compagnia del Levante (1581) e la Compagnie inglese delle Indie (1600) a cui la corona ha concesso il monopolio commerciale in determinate aree del globo.  Nel 1651, il Parlamento promulga una legge (Navigation Act) allo scopo di favorire e proteggere lo sviluppo della marina e i traffici inglesi che sono ancora deboli a confronto con quelli olandesi. In questo periodo storico si parla di mercantilismo.  Le misure volte a proteggere gli spazi interni dalla concorrenza estera e quelle volte a promuovere lo sviluppo economico cercano di coniugare politica di potenza e benessere della comunità. Le politiche mercantilistiche di Francia ed Inghilterra mettono in difficoltà l’economia olandese; tutti i settori economici (finanziario, commerciale e manifatturiero) subiscono una contrazione; anche la piccola repubblica finisce con l’adeguarsi alla politica protezionistica europea. In ultimo, la politica espansionistica del re di Francia Luigi XIV verso i Paesi Bassi spagnoli, spinge le Provincie Unite ad allearsi con Svezia ed Inghilterra (1668). Quando la Francia invade la Repubblica esplodono rivolte contro il governo, un terremoto politico interno.   GENTILUOMINI, MERCANTI E SCIENZIATI.  La struttura sociale inglese si presenta, alla metà del XVII secolo, più complessa di quella olandese.  Al vertice una articolata nobiltà - titolati, cavalieri, scudieri - divide una ricchezza che permette loro di dedicare il tempo allo svago o al servizio della comunità; nelle campagne proprietari non nobili e piccoli proprietari terrieri, poi i lavoratori agricoli ed i servi. Nella città, Londra, comunità mercantili, uomini di professione ed un complesso e combattivo universo artigianale.  Nel tardo Seicento incomincia a delinearsi una distinzione di interessi terrieri e rurali e quelli commerciali ed urbani. La vendita delle terre della Chiesa anglicana e dei possedimenti della corona aveva dato vita ad una disponibilità fondiaria che finì per favorire il ceto dei possidenti medio - alti, danneggiando invece i piccoli proprietari e affittuari. Inoltre, una pesante tassazione sulla terra svolge un ruolo di selezione dell’investimento terriero a favore delle terre ben coltivate. Con l’espansione navale cresce la ricchezza di chi ha interessi commerciali e manifatturieri. Cresce l’importanza dei porti e delle comunità mercantili di Londra, Glasgow, Bristol, Liverpool. I proprietari terrieri chiedono di spostare la tassazione sulle nuove ricchezze mobili. Il ventennio rivoluzionario 1640/60, costituisce per la società inglese uno spartiacque: la rottura degli schemi autoritari e delle rigidità sociali. L’affermarsi della lingua inglese al posto di quella latina contribuisce all’ampliamento della possibilità di lettura, anche grazie alle gazzette, - giornali Anni di libera sperimentazione creano un clima positivo nei confronti di cambiamenti e novità. Si giunge a rifondare le basi della convivenza civile; con Thomas Hobbes, lo Stato perde il suo fondamento di diritto divino per rivelarsi un prodotto umano, un male necessario. Esso si fonda sul monopolio della forza che i cittadini cedono all’autorità in cambio della difesa delle proprie persone e dei propri beni. L’assolutismo trova così giustificazione razionali, mentre perde il suo fondamento di legittimità sacrale.  17- MONARCHIA DI LUIGI XIV Nel 1661 Luigi XIV dichiara di voler governare direttamente senza più delegare il proprio potere a un ministro favorito: la sua decisione sarà presto imitata in tutte le principali monarchie. Il suo regno durerà mezzo secolo e il suo sistema di potere verrà chiamato assolutismo. Questa è solo una delle numerose novità che introdurrà nel suo regno.  UN RE DI GUERRA L’obiettivo della sua politica era sostituire all’egemonia asburgica quella francese, accompagnato dall’obiettivo della difesa della fede cattolica. Decide di creare un esercito stabile, per questo affida ad un abile ministro della guerra questo compito. Tuttavia, per molti cittadini abbandonare il lavoro agricolo significa perdere e ridurre la capacità produttiva e di sostentamento. Ben pochi accettano quindi di essere arruolati nella milizia, dunque questo sistema dà modesti risultati e il re impiegherà tempo e denaro per perseguire i disertori. Il suo obiettivo è quello di espandersi verso est portando le frontiere del regno sino al fiume Reno, e in direzione dei Paesi Bassi spagnoli e delle province unite. Realizza un sistema di piazzeforti in grado di creare sul confine orientale una frontiera mobile per effettuare operazioni militari offensive. Il cardine della politica estera di Luigi XIV si fonda sui complessi rapporti con la monarchia cattolica: rivendica il suo diritto di successione al trono asburgico, sia in quanto figlio di Anna da Asburgo, sia per aver sposato Maria Teresa, figlia di Filippo IV. Luigi non esita a servirsi dei propri legami familiari con la dinastia asburgica per raggiungere il suo scopo. Alla morte di Filippo IV d’Asburgo (1665), la reggenza passa alla moglie Marianna d’Austria salotti in cui si confrontano le opinioni di gruppi sociali. Prendono vita anche società segrete, tra cui la Massoneria, nata a Londra nel 1717: si tratta di un’associazione che rifiuta discriminazioni di nascita, si ispira ad idee di pace, fratellanza, tolleranza e pratica una mutua solidarietà tra i propri membri. La massoneria si diffonde anche in tutta l’Europa per poi raggiungere l’America. Dove non esiste libertà di stampa e di associazione la sua attività si svolge nascostamente, venendo a volte tollerata, a volte repressa.  19- I NUOVI ASSETTI POLITICI EUROPEI NELLA PRIMA METÀ DEL 600 Il diciottesimo secolo si apre con una lunga serie di conflitti bellici.  Lo scopo è quello di mantenere l'equilibrio fra i diversi stati. Ogni qualvolta che una potenza europea cerca di accrescere il proprio potere, le altre intervengono per ridimensionarla, così da salvaguardare i rispettivi interessi. Le guerre settecentesche risentono sempre meno di motivazioni religiose e riflettono sempre di più l'esigenza di difendere o stabilire interessi territoriali e dinastici.  -Il primo motivo della situazione di instabilità è legato alla preponderanza francese, sostituitasi a quella spagnola, che si era venuta lentamente consumando nella seconda metà del 600 dopo l’ascesa di Carlo II d'Asburgo, inetto, infermo e senza eredi.  -Il secondo motivo è la scesa di nuove aggressive potenze come l'Inghilterra, le province unite, La Russia, La Svezia e la Prussia. -Vi è però un terzo elemento che spiega la forte instabilità politica di quegli anni ed è il conflitto tra il principio di legittimità dinastica e le resistenze dei poteri territoriali.  In nome del principio di legittimità, i sovrani si sentono in grado di intervenire maggiormente sui propri complessi dinastici, tentando di modificarli si fa strada però una sensibilità per un nuovo e diverso tipo di legittimità, non meramente dinastica ma protonazionale. L'idea cioè che è un sovrano, anche se non necessariamente nato nei domini su cui regna, debba rispettare la sensibilità del suo popolo, i costumi e le usanze.  LA GUERRA DI SUCCESSIONE SPAGNOLA Essendo Carlo II d’ Asburgo privo di discendenza, negli ultimi anni del 17 secolo diversi accordi di spartizione dell'eredità asburgica vengono siglati tra l'impero, governato dal ramo austriaco degli Asburgo, e la Francia di Luigi 14.   Luigi 14 prepara la successione borbonica alla corona spagnola: poco prima di morire Carlo II designa come erede Filippo d’Angiò, nipote di Luigi 14, che assume il nome di Filippo V di Spagna.  Così i Borbone realizzano un'asse Franco-spagnoloche minaccia di sottomettere l'intera Europa.   Contro questo pericolo agisce l'imperatore Leopoldo I d’Asburgo (Austria), intenzionato a rivendicare la corona spagnola in virtù del legame con il ramo asburgico: convince le Province Unite e l'Inghilterraa formare la cosiddetta Grande coalizione dell’Aja,un'alleanza internazionale contraria all'insediamento sul trono iberico di Filippo V, cui in seguito aderiscono anche la Prussia, Il Portogallo, il Ducato di Savoia e i vari principi tedeschi.  Le operazioni belliche, iniziate nel 1702, volgono a sfavore della coalizione antifrancese.  In Spagna l'evento più importante è la ribellione della Catalogna, che si rifiuta di riconoscere come sovrano Filippo V, indicando come legittimo successore l'arciduca Carlo d’Asburgo, figlio dell'imperatore Leopoldo.    La guerra sembra volgere al peggio per i Borbone quando la morte dell'imperatore Giuseppe I, figlio di Leopoldo I, spiana la strada all'elezione imperiale del fratello Carlo, che prende il nome di Carlo VI.   Ciò cambia radicalmente la situazione in quanto gli alleati di Carlo VI non sono intenzionati a combattere i Borbone, per tale motivo abbandonano Carlo VI e concludono con i Borbone il trattato di Utrech (1713), cui seguono altri.  Questi trattati ridisegnano la mappa politica europea. La Spagna, con le colonie americane, viene assegnata a Filippo V di Borbone, ma con una clausola che vieta il ricongiungimento dei territori spagnoli al trono di Francia. L’ Inghilterra ottiene le piazze forte militari e commerciali di Gibilterra e Minorca, decisive per la penetrazione nel Mediterraneo, e importanti territori in America settentrionale.  All’Impero (Asburgo d’Austria) sono attribuiti parte dei domini spagnoli, i Paesi Bassi meridionali, il Regno di Napoli, di Sardegna e lo Stato di Milano (mappa pag. 238).  È evidente che questi trattati segnano la fine dell’egemonia spagnola in Italia e l’inizio della presenza austriaca.  Inoltre, la lealtà verso gli spagnoli viene a cozzare con la fedeltà alla dinastia d’Asburgo, poiché adesso la dinastia legittima di Spagna è quella dei Borbone, gli storici nemici.  I consiglieri di Filippo V, in particolare il suo primo ministro cardinale Giulio Alberoni, lancia nel 1717 un ambizioso progetto, non concordato con la Francia, di riconquistare l'Italia. La rimessa in discussione dei trattati da poco firmati suscita una reazione internazionale che obbliga la Spagna a firmare la pace dell’Aja, con cui sono ribaditi gli accordi firmati in precedenza. L’ unica novità, bista la dimostrata incapacità dei Savoia a difendere la Sicilia, è l'assegnazione dell'isola all'imperatore, mentre ai Savoia viene ceduta La Sardegna.   UNIONI E CONQUISTE Il caso della Catalogna mostra bene come, di fronte a radicali contrapposizioni dinastiche, si aprano nuove possibilità alla resistenza dei corpi territoriali tradizionali. Va ricordato come uno stato conquistato con le armi consenta al principe, almeno teoricamente, una maggiore libertà di intervento: sul piano giuridico il diritto di conquista, di cui i sovrani si avvalgono per legittimare i propri atti, esime il reggitore dal dover rispettare i privilegi concessi o stipulati dai suoi predecessori. In Spagna Filippo V decide di avviare un moderato processo di riorganizzazione amministrativa che ha come traguardo l’unificazione giuridica e amministrativa delle corone di Castiglia e Aragona.  Diversa ma simile è la situazione creatasi con l'ascesa al trono d’Inghilterra della regina Anna Stuart, secondogenita di Giacomo II, che decide di avviare il processo di integrazione di Scozia e Inghilterra, unificando i due regni in uno solo chiamato Gran Bretagna. Così la Scozia perde la propria autonomia giuridica e amministrativa, compreso il Parlamento. La Scozia si ribellerà due volte in trent'anni nel nome dei diritti degli Stuart. Analoghi episodi di ribellione contro il dominio inglese si verificano anche in Irlanda.   LE GUERRE DEL NORD E LA SUCCESSIONE POLACCA La lotta per l'egemonia tra le potenze europee ha un'altra pagina significativa agli inizi del 18 secolo relativa al controllo del Mar Baltico. È un'area importante in quanto snodo dei traffici commerciali via mare dell’Europa nord-orientale: qui convergono i grani polacchi e i pellami russi per essere esportati verso altre zone del continente. A seguito della prima guerra del nord (1655- 1660), l'egemonia all'interno di quest'area era stata assunta dal Regno di Svezia, sotto la dinastia Vasa.  L’ egemonia svedese e tuttavia mal sopportata dalla nobiltà di Livonia (regione a cavallo tra Estonia e Lettonia), che chiede aiuto Alla Russia che, alleandosi con la Danimarca e Polonia, attacca la Svezia nel 1702. Sorprendentemente, il sovrano svedese, con il sostegno della Gran Bretagna e delle province unite, costringe la Danimarca alla pace. Le truppe svedesi invadono poi la Polonia, obbligando il sovrano Augusto II di Sassonia a lasciare il trono ad un aristocratico gradito alla Svezia: Stanislao Leszczynki.   La Preponderanza militare svedese e contrastata dalla nascente potenza militare russa. La Svezia non è in condizione di impedire la penetrazione Russia nell'area del Baltico, dove viene dato inizio alla costruzione di San Pietroburgo, città destinata a divenire la seconda della Russia dopo Mosca.    Alla morte del monarca svedese, in occasione di una nuova campagna militare contro la Russia, la Svezia è costretta a cedere i suoi possedimenti in Germania all’Hannover, alla Russia e alla Danimarca, mentre in Polonia viene reinsediato Augusto II di Sassonia. La Russia entra così a far parte delle grandi potenze europee.   L’ instabilità della situazione polacca genera un altro conflitto noto come la guerra di successione polacca. Alla morte di Augusto II, Stanislao avanza nuovamente pretese di successione al trono, appoggiato dalla nobiltà polacca e dalla Francia. Il successore di Luigi 14, Luigi 15, ha infatti sposato la figlia di Stanislao. Queste pretese però cozzano contro quelle di Augusto III, figlio del defunto sovrano, che, sostenuto dall'impero e dalla Russia, invade la Polonia.   I Borbone di Francia e di Spagna si lanciano allora in un'offensiva contro gli Asburgo, Mentre i francesi occupano Milano e gli spagnoli invadono la Sicilia e Napoli.  La successiva pace di Vienna (1738) stabilisce una significativa variazione della mappa politica europea.  Il trono polacco viene attribuito ad Augusto III, Carlo VI deve rinunciare ai regni di Napoli e di Sicilia, attribuiti a Carlo di Borbone, figlio di Filippo V di Spagna.   LA GUERRA DI SUCCESSIONE AUSTRIACA Nel 1740, la morte dell'imperatore Carlo vi senza eredi maschi apre la strada a un nuovo conflitto internazionale. Anzitutto Carlo VI aveva designato Francesco di Lorena, marito di Maria Teresa, come suo successore. In secondo luogo, l'imperatore aveva cercato di imporre la successione di Maria Teresa ai domini ereditati dalla casa d’Asburgo (Austria, Boemia e Ungheria), emanando un editto noto come la Prammatica sanzione (1713), con cui aveva modificato la legge di successione, privilegiando la discendenza diretta anche se femminile, rispetto a quella collaterale: erano così estromesse dalla successione le due figlie del fratello maggiore dell'imperatore, Giuseppe I, e i loro rispettivi mariti, l'elettore di Sassonia e il duca di Baviera. Alla morte di Carlo VI, i sovrani di Sassonia e Baviera avanzano pretese sui territori austriaci con l'appoggio di Francia, Spagna, Prussia E Sardegna, rifiutando di riconoscere la Prammatica Sanzione e sostenendo l’elezione al trono imperiale del duca Carlo Alberto di Baviera.   Maria Teresa decide di trattare la pace con Federico II di Prussia, cui concede la Slesia, e ad attirare dalla propria parte La Gran Bretagna, le Province Unite e il Regno di Sardegna. In Italia La Repubblica di Genova, alleata della Francia, viene occupata dalle truppe austriache, che si scontrano però con un’inattesa rivolta da parte della popolazione: questo sarà letto in seguito dalla storiografia nazionalistica come uno dei primi segni del risveglio di una coscienza nazionale italiana. La pace di Aquisgrana (1748) conclude la guerra di successione austriaca, con cui Maria Teresa vede riconosciuta la sua successione ai domini asburgici e l'elezione del marito Francesco al trono imperiale.  20- L’ESPANSIONE EUROPEA E LE NUOVE GERARCHIE ECONOMICHE INTERNAZIONALI  Durante gli ultimi decenni del 17 e per tutto il 18 secolo, l'Inghilterra e la Francia si presentano sullo scenario dei traffici con l'Asia, L'Africa e l'America. Con la seconda metà del 700, la concorrenza in India e in America settentrionale fra inglesi e francesi si trasforma in un aperto confronto militare, la guerra dei 7 anni.  A uscirne vittoriosa e la Gran Bretagna, grazie alla maggiore marina mercantile e da guerra.  Inizia così una nuova fase: aumentano gli insediamenti coloniali eh si intensificano le relazioni economiche fra i paesi europei e il resto del mondo.  I CAMBIAMENTI NEGLI IMPERI COLONIALI DEL PORTOGALLO E DELLA SPAGNA Nel corso della seconda metà del 600, gli imperi coloniali più antichi, quelli del Portogallo e della Spagna, risentono del declino delle rispettive corone sulla scena politica europea la sempre più incisiva azione delle compagnie commerciali olandesi, inglesi e francesi. Mentre è ancora in atto la guerra di indipendenza della Spagna, la corona portoghese arriva a concludere un'alleanza politica ed economica con l'Inghilterra.  Il Portogallo riesce a prendere il controllo del Brasile e nel 1649 viene fondata la Compagnia generale del commercio del Brasile. Si comincia così a colonizzare il territorio brasiliano e a sfruttarne gli ampi spazi, nel corso del 600 la coltivazione della canna da zucchero si sviluppa sino a diventare la principale attività. Per lavorare nelle piantagioni del nord del Brasile non sono però sufficienti gli indigeni sopravvissuti alla spietatezza dei colonizzatori, si ricorre quindi all'importazione di schiavi dall'africa orientale. La scoperta di cospicui giacimenti d'oro e di diamanti produce due importanti conseguenze: lo spostamento verso il sud dell'asse economico della colonia e l'afflusso di coloni sempre più numerosi. Inoltre, grazie all'oro, Il Brasile è in grado di acquistare merci europee, in primo luogo manufatti tessili inglesi. Dopo il 1766 il calo della produzione d'oro favorisce una ripresa delle attività agricole nel nord del paese, che acquistano il primo posto nelle esportazioni anche grazie all'introduzione delle colture del tabacco e del cotone. Questi prodotti alimentano i traffici con la Gran Bretagna che oltre ad essere il maggior alleato politico, e anche il principale partner commerciale del Portogallo.   L'impero coloniale della Spagna si concentra per lo più in America centrale e meridionale; il paese incontra diverse difficoltà come le grandi distanze da coprire con la navigazione tra la patria e il nuovo mondo e i continui attacchi dei corsari nemici, le debolezze strutturali dell'economia spagnola che, sin dalla fine del 500, non si dimostra in grado di produrre i manufatti richiesti dalle società coloniali. Inoltre, tra 17 e 18 secolo si sviluppa un'intensa attività di contrabbando condotta con l'America spagnola dai mercanti olandesi, francesi e inglesi. Altro elemento importante è quello della tratta degli schiavi africani verso le colonie spagnole in America. Sin dal 16 secolo La Spagna, per far fronte alla domanda, ricorre al metodo dell’asiento: una sorta di appalto del commercio di schiavi con le colonie spagnole.   Nel 1700 la Francia, voi grazie all'ascesa al trono spagnolo di Filippo V di Borbone, si aggiudica l’asiento de negros. Il trattato di Utrecht attribuisce però alla Gran Bretagna non solo l'esclusiva nella fornitura di schiavi africani nelle colonie spagnole, ma anche il permesso di inviare ogni anno alle due maggiori fiere coloniali un vascello carico di merci britanniche. È solo un primo passo verso l'apertura formale dell'impero spagnolo agli scambi internazionali. Poco a poco, l'America spagnola così come quella portoghese, diventa una vera e propria colonia commerciale inglese.   LA GRAN BRETAGNA ALLA CONQUISTA DELL’IMPERO Nel corso del 18 secolo l’Inghilterra diventa la prima potenza commerciale del globo.  Grazie allo sviluppo dell’industria navale e al formarsi di una potente marina le compagnie commerciali inglesi tolgono agli olandesi il primato nell’intermediazione e commercio conto terzi. Alla fine del 700 la Gran Bretagna esercita in pratica il monopolio mondiale dei servizi marittimi.  Anche la Francia conosce una notevole crescita dei traffici commerciali, soppiantando gli olandesi nei traffici con le Americhe subendo però la supremazia navale e commerciale della Gran Bretagna.  In Gran Bretagna, nel ventennio 1721/42, nel quale la Gran Bretagna è guidata da Walpole, notevole rafforzamento delle basi economiche del paese. La classe dirigente wigh, guidata da Walpole, ritiene che la politica economia britannica sia meglio tutelata dalla pace si astiene dai conflitti politici continentali. Successivamente, sotto la guida di William Pitt, il governo ritiene di doversi impegnare nella difesa e nell’espansione dei possedimenti coloniali. Nella guerra dei sette anni (756/63) la Gran Bretagna si allea con la Prussia contro Francia, Austria e Russia. Per gli inglesi si tratta di sconfiggere la concorrenza francese nell’espansione coloniale in America e India. I francesi, alleati con tribù indigene locali, si sono spesso scontrati con gli inglesi per il controllo dei territori canadesi. Dopo una serie di alterne vicende le truppe inglesi conquistano importanti roccaforti francesi (Quebec, Montreal); si giunge poi alla pace di Parigi (1763) che assegna alla Gran Bretagna il Canada e i territori a est del Mississippi e la Florida, sottratta alla Spagna.   Il continente americano è diventato un importante mercato per le merci europee essendo aumentata la domanda di manufatti da parte di una popolazione in continua crescita - emigrati e schiavi -. Grazie al commercio di tessuti di LE NUOVE COLTURE L’abbandono della cerealicoltura verso l’introduzione di nuove colture provenienti dall’America - mais, patata, peperone, fagiolo - avviene in modo lento ma costante in tutta Europa. La coltivazione del mais, iniziata in Spagna, si estende in Provenza, Italia, Slovenia, Ungheria; in Italia questa coltivazione si adatta a condizioni diverse: in alcune regioni viene utilizzato per l’autoconsumo dei produttori permettendo a questi di vendere il grano più ricercato; il mais diventa la base alimentare della popolazione contadina e di quella più povera delle città. Più lenta è l’introduzione della patata, considerata inizialmente solo una curiosità botanica, poi utilizzata come mangime per l’allevamento degli animali, e solo nell’Ottocento coltivata intensamente. Anche altri alimenti come cacao, caffè e the, incominciano ad essere consumati in Europa. Cresce anche il consumo di alimenti europei come burro, olio, carne e pesce: soprattutto arringhe e merluzzo pescati nell’Atlantico.  FORME DELLA PRODUZIONE EUROPEA Gli studiosi individuano tre tipologie di produzione manifatturiera presenti sin dal Medioevo: 1) produzione domestica: manufatti destinati all’autoconsumo familiare (specialmente tessili) 2) produzione artigianale: lavoratori specializzati producono oggetti destinati alla vendita à questo tipo di produzione che richiede investimenti di capitali per l’acquisto di materi prime, di attrezzi, si svolge nelle città dove è possibile commercializzare questi beni. Esistono diversi livelli di questo tipo di produzione: dai piccoli artigiani, fabbri e calzolai, alle grandi officine con salariati. A volte la produzione artigianale evolve in lavorazioni a domicilio: un mercante o imprenditore, che ha provveduto ad acquistare la materia prima, gestisce le varie fasi di lavorazione direttamente nelle case dei lavoratori stipendiati, vendendo alla fine del ciclo produttivo la merce. Inizialmente questo tipo di produzione è urbana, successivamente si sviluppa anche nelle campagne, dove i contadini possono dedicarsi a questa attività nei periodi di minor occupazione nel lavoro dei campi, riuscendo così ad integrare i loro magri redditi. Alcuni studiosi a proposito di questo evento parlano di un fenomeno di proto-industrializzazione, che avrebbe preparato la rivoluzione industriale addestrando i lavoratori all’ attività manifatturiera. 3) produzione accentrata: la manodopera salariata si concentra in un solo luogo e sotto un’unica direzione. Si tratta del settore edilizio, cantieristico, estrattivo o di complessi procedimenti produttivi. Spesso questo tipo di produzioni sono promosse dal potere politico per produrre navi o armamenti.  22- FAMIGLIA, GENERE, INDIVIDUO La prima area di socialità di un individuo è costituita dalla famiglia. Con il termine famiglia si può intendere: - gruppo di persone che risiedono sotto lo stesso tetto - gruppo di persone legate da relazioni di parentele, anche se non vivono insieme. La famiglia è il luogo dove si strutturano le prime differenze dell’identità individuale.  L’identità sessuale, maschi o femmine, è inserita in un contesto culturale che porta a ruoli diversi e in parte contrapposti. Queste due identità diverse, identità di genere, sono alla base di ruoli sociali distinti. Inoltre, la famiglia riproduce i valori gerarchici che fondano le strutture sociali. In essa si trovano insieme individui adulti già formati e bambini/adolescenti da formare alla vita sociale. Attraverso il processo chiamato educativo, ragazze e ragazzi apprendono le regole fondamentali del gioco sociale Contemporaneamente essi imparano le differenze legate al loro esser maschi o femmine.  Le varie Chiese hanno svolto un controllo sulle norme fondamentali di comportamento delle famiglie.   CONVIVENTI E PARENTI Le forme di famiglia, intese come forme di co-residenza, sono varie; - nucleare: una coppia con figli - allargata: una coppia + uno o più famigliari (nipote, zio) - multipla: coppia di nonni + famiglia di uno dei figli; oppure nuclei familiari di due fratelli. Nell’Ottocento la famiglia tradizionale europea era quella allargata e patriarcale in cui la figura dominante era il maschio, adulto e anziano; successivamente la famiglia evolve verso quella di tipo nucleare. Secondo alcune teorie, con l’inizio dell’industrializzazione viene meno la necessità tipica della società contadina di un grande gruppo famigliare convivente, disciplinato da regole precise e adibito all’attività agricole. Il modello di famiglia varia col variare dei contesti culturali. Tra le famiglie nobili esisteva la consuetudine di coltivare il mito delle origini famigliari antiche. Questa passione per le origini famigliari spiega la supremazia assegnata a ciò che dura nel tempo (fermezza, stabilità, valore di Dio) rispetto a ciò che muta nel tempo (volubilità, fragilità, deviazione da un ordine stabilito). La centralità del matrimonio, soprattutto per le famiglie nobili, è legato al fatto che con esso si tendeva ad affermare una relazione di alleanza, da rinsaldare o creare con un’altra famiglia.  UOMINI E DONNE ALL’ALTARE Il matrimonio è un sacramento e diventa con il cristianesimo un rito sociale. La chiesa impone un matrimonio monogamico, eterosessuale e indissolubile. Ha stabilito la regola delle nozze e su organiche ovvero contratte al di fuori della sfera dei parenti, proibendo le unioni ravvicinate. Infine, la chiesa ha difeso la libertà degli individui di sposarsi a piacimento, preferibilmente con l’assenso della famiglia di origine ma anche senza di esso. Le nozze e Suga amiche e la libertà di scelta del coniuge sono stati i principi contestati dalle famiglie, poiché la logica familiare tradizionale tende a uno stretto controllo sulle unioni matrimoniali. Questo significa una preferenza per il parente, amico e vicino conosciuto, con cui è possibile progettare scambi equi di dote. Sull’ordine gerarchico e sulla divisione di genere dei ruoli sociali, le famiglie trovano nella chiesa un forte sostegno: è importante il dovere di ubbidienza dei figli verso i padri e la subordinazione di tutto l’universo femminile a quello maschile.  LA TRANSIZIONE DEMOGRAFICA Durante il XVIII secolo abbiamo in Europa una modificazione degli equilibri demografici, la popolazione di antico regime è strutturalmente una popolazione giovane. Mentre tra il 14º e 15 secolo le epidemie annullano i lunghi periodi di crescita demografica, successivamente la medicina farà i suoi primi progressi con l’invenzione della vaccinazione, soprattutto per il vaiolo, piaga della popolazione infantile.  Inoltre, le popolazioni europei sono più capaci rispetto ai secoli passati di difendersi, perché meglio nutrite.  Qualche merito va anche ascritto ai sistemi di contenimento del contagio. Un altro elemento è il ridursi della mortalità infantile, con un innalzamento delle speranze di vita.  Ulteriore elemento è la diffusione della riforma protestante con l’incremento dei livelli di nuzialità e quindi di natalità. Tutte queste condizioni si traducono in un netto aumento demografico. à L’età al matrimonio delle donne si alza, restringendo il periodo di fertilità, inoltre si assiste alle diffusioni di tecniche anticoncezionali e una più moderata natalità mostra subito i suoi benefici, poiché si evita uno spezzettamento del patrimonio e si rende possibile assegnare a ciascuno dei figli una porzione anticipata della futura eredità per poter fondare più solide basi per i matrimoni. Questa transizione demografica è possibile grazie: all’aumento delle risorse disponibili, all’ampliamento dei commerci e al miglioramento delle condizioni igieniche e sanitarie.  INDIVIDUALISMO AFFETTIVO La religione tende ad addossare all’individuo la responsabilità morale e materiale delle proprie scelte. Ciascuno deve modellare la propria vita e quindi una tendenza ad attribuire agli individui la scelta del coniuge, questo contribuisce a porre l’accento sulla libertà individuale. Nell’Inghilterra del Settecento prende corpo il romanzo sentimentale che plasma una nuova sensibilità amorosa, l’idea è che per amore si sfidano convenzioni e barriere sociali. Solitamente queste persone appartengono a quella che viene chiamata la gentry, un gruppo sociale ristretto. Sono infatti le donne le principali fruitrice di questo genere di scrittura, che tendono ad essere escluse dal lavoro manuale e che vengono destinate a divenire l’angelo del focolare e il punto di riferimento principale delle dinamiche affettive. Questa evoluzione è facilitata dalle nuove forme di socialità privata che si diffondono nei circoli, nelle sale di riunione e nei club: questi ambienti vedono le donne protagoniste, questa è un’evoluzione iniziata in Inghilterra che poi prenderà piede in tutta Europa.  23- ILLUMINISMO  Il Settecento europeo appare segnato da un fermento intellettuale nuovo e dirompente a cui viene dato il nome di Illuminismo, espressione che trasmette un senso di cambiamento: dove prima imperavano le tenebre della superstizione, dell’ignoranza, del fanatismo ideologico occorre introdurre il lume della ragione. Si viene imponendo una diversa atmosfera intellettuale; più libera, ostile al sapere concezionale, al dogmatismo clericale; nemica del principio di autorità.  Questo mutamento prende il via in Inghilterra e nelle Province Unite dove esiste una relativa tolleranza religiosa, si incoraggiano la ricerca scientifica, il dibattito fra tesi diverse e si promuove la circolazione di libri e giornali. Le esperienze politico-sociali di questi Paesi basate sulla divisione dei poteri, in contrasto con la legittimazione sacrale assolutistica e dispotica delle monarchie europee settecentesche, consente di pensare ad una perfettibilità dei sistemi sociali sia sul piano politico, sia su quello economico, con crescita della ricchezza collettiva. Due i filoni intellettuali fondamentali su cui basi si è venuta costruendo la stagione illuministica: - il giusnaturalismo* olandese di Grozio, Altusio, Spinosa, con la critica del fondamento biblico dell’autorità politica e l’introduzione di un diritto naturale e razionale alla base dei sistemi sociali. Si giungerà, con John Locke, non solo alla critica della mescolanza del potere sacrale e di quello statale, all’affermazione del principio della libertà di coscienza, ma anche a considerare lo Stato come quella istituzione sociale che riconosce e garantisce i diritti naturali propri di ogni uomo.  - il deismo: si tratta della contestazione del concetto di religione rivelata, e perciò imposta dall’alto, a favore dell’idea di una religione naturale che va scoperta ed analizzata alla luce della ragione. La verità, non più rivelata, va perciò cercata con gli strumenti di cui l’uomo si dota. La ragione deve prendere il posto della rivelazione; i nuovi filosofi devono sostituire i vecchi teologi.   LA CRISI DELLA COSCIENZA EUROPEE «Crisi della coscienza europea»: in questo modo lo studioso francese Paul Hazard, nel 1935, definisce il periodo dell’ultimo ventennio del XVII secolo -fine regno di Luigi XIV (1715) - in cui identificare la fase di trasformazione della vita intellettuale e sociale europea.  Ad una società basata sul principio di autorità e sulla deferenza verso il potere politico e religioso si sostituirà una società basata sul diritto, la tolleranza, l’indipendenza della molare dalla religione, la libertà di ricerca. Nasce un nuovo atteggiamento critico e scettico verso le autorità costituite, accompagnato dalla curiosità per i viaggi, le popolazioni, i cibi e le bevande delle nazioni extraeuropee.   Fin dall’Umanesimo e dal Rinascimento il mondo classico aveva rappresentato per la cultura europea una fonte di autorità preziosissima e alternativa alla Bibbia. Non era mai stata posta in discussione la superiorità del mondo antico, una sorta di età dell’oro in cui la cultura e le arti avevano raggiunto livelli di perfezione altissimo. Ora però si incomincia a pensare che le realizzazioni dell’età classica devono cedere il passo a quelle dell’età attuale «moderna». Gli autori moderni, anche se inferiori ai grandi pensatori ed artisti classici hanno il vantaggio di conoscerne i testi e le opere, sono in condizione di vedere più lontano.  Grazie alla conoscenza del passato, la società moderna può superare i confini classici precedenti. Fino ad allora la vicenda dell’umanità era stata immaginata e letta sulla base di uno schema ciclico(dovuto all'osservazione del succedersi delle stagioni e del moto rotatorio dei pianeti), ora si fa strada una concezione evolutiva di tipo lineare e cumulativodella storia umana, un processo di tipo qualitativo e quantitativo senza fine e senza limiti chiamato progresso. La questione della ricerca morale individuale, svincolata dalla religione tradizionale, caratterizza il filone intellettuale noto come libertinismo. Nato all’interno della Riforma protestante, il libertinismo originariamente identifica un atteggiamento di ubbidienza ad ogni Chiesa, soggetto solo alla devozione allo Spirito Santo. Questo libertinismo religioso, combattuto da Calvino, si estingue per dar luogo ad un atteggiamento più complesso degli spiriti liberi, sostanzialmente atei, che ritengono la saggezza un cibo prelibato adatto solo a palati raffinati capaci di giovarsene; la disprezzata superstizione rimane il pasto ineluttabile del volgo. Questo atteggiamento di superiorità conduce alla teorizzazione dell’assoluta libertà del pensiero in contrasto con i vincoli intellettuali imposti dalle autorità civili e religiose. Successivamente il libertinismo, inteso come individuale ricerca di libertà interiore, finisce per influenzare i costumi di vita nella ricerca di un piacere svincolato dalle norme religiose e di costume sociale. Per questo il termine «libertino» finisce per identificare un individuo amorale, dai comportamenti licenziosi.  L’ILLUMINISMO FRANCESE Con la morte di Luigi XIV (1715), inizia per la Francia un’epoca di allargamento degli orizzonti culturali. A Parigi si respira una nuova atmosfera resa possibile dagli intensi rapporti con la Gran Bretagna e da una maggior libertà di stampa che consente la diffusione di idee eterodosse. Giungono testi di libertini, a volte provocatori, come quello di Bernard de Mandeville: La favola delle api (un alveare prospera finché i suoi membri mantengono costumi viziosi, mentre va in rovina quando essi assumono comportamenti virtuosi; morale: comportamenti eticamente criticabili, diventano utili al benessere economico collettivo; vizi privati diventano pubbliche virtù).  L’attrazione per l’Inghilterra testimonia l’insoddisfazione degli intellettuali francesi per le condizioni del regno. Nel 1721, Montesquieu nel libro Lettere persiane, critica le istituzioni e i costumi della Francia. Il testo contiene quelli che saranno i cavalli di battaglia della critica politica illuminista: la denuncia della superstizione, dei vizi derivanti dal dogmatismo religioso e da pratiche come quelle del celibato ecclesiastico e del monachesimo, contrapposte all'ideale della libertà di pensiero e della tolleranza religiosa  Anche nelle successive opere di Montesquieu, ed in particolare nel Lo spirito delle leggi (1748), pietra miliare del pensiero Illuministico europeo, aleggia lo spirito liberale. Tre sono gli universi politico-sociali descritti: la monarchia, la repubblica, il dispotismo. L’autore, pessimista sulla natura profonda delle passioni umane, propone la divisione dei poteri come strumento per la conservazione della libertà. Il sistema politico che meglio gli pare interpretare questa esigenza di conservazione delle libere istituzioni è la monarchia parlamentare e costituzionale inglese.  Nel 1734, con la pubblicazione delle Lettere inglesidi Voltaire, la Gran Bretagna diviene per i francesi il modello alternativo a quello francese ed al suo dispotismo, intolleranza, arretratezza.  Per Voltaire, l’Inghilterra rappresenta ciò che la Francia non è: libera e aperta alle discussioni filosofiche ed alle teorie newtoniane, lontana dalla rigidità dell’antico regime. La pubblicazione delle Lettere inglesi procurò all’autore problemi con la giustizia a causa delle teorie esposte, ma anche un’enorme notorietà in tutt’Europa. Con Voltaire l’Illuminismo diventa un movimento intellettuale caratterizzato dalla volontà di esercitare un’influenza sulle scelte dei governi, che si batte in ogni parte del continente per il progresso civile. Lo stesso Voltaire diventa per alcuni anni il consigliere di Federico II di Prussia; poi, disilluso da Federico II, si ritira a Ginevra dove, oltre a celebri romanzi, scrive due opere storiche fondamentali: Saggio sui costumi e Lo spirito delle nazioni, (ricostruzione della storia europea da Carlo Magno a Carlo V d’Asburgo), e Il secolo di Luigi XIV (storia della Francia dall’avvento di Luigi XIII alla morte di Re Sole). In questi testi Voltaire non si sofferma solo sugli avvenimenti bellici e vicende dinastiche, ma cerca di analizzare i conventi esistenti) trasformando i sacerdoti in stipendiati dallo Stato.  Tuttavia, le condizioni delle popolazioni contadine rimangono miserevoli. Il malcontento causato dallo sfruttamento senza scrupoli dei proprietari terrieri causa, nel 1773, una ribellione contadinaguidata dal mitico Pugacev; inviando il proprio esercito, Caterina stroncherà del sangue la rivolta.   Negli anni successivi la zarina introduce l’istruzione elementare statale gratuita (ma solo nelle città); una relativa libertà di stampa e regole di autogoverno locale. Ma contemporaneamente con la Carta della nobiltà, vengono stabilite esenzioni fiscali e garanzie a favore del privilegiato ceto nobiliare. Questa politica di riforme ha però vita breve perché, col sopravvenire della Rivoluzione francese, la zarina torna ad una politica culturale di segno tradizionalistico.  Nel contempo prende vita il progetto imperiale diplomatico-militare con la spartizione della Polonia e le guerre contro l’impero ottomano; il tutto cercando di restaurate l’Impero Romano d’Oriente con Mosca nuova capitale.  LE RIFORME DELL’IMPERO ASBURGICO I più importanti interventi di riforma politica, sociale ed economica sono promossi da Maria Teresa d’Austria, moglie dell’Imperatore Francesco I, fervente cattolica e di conseguenza distante dalla cultura dei lumi. L’imperatrice ha però ereditato dal padre Carlo VI l’idea che la crescita economica sia alla base di una politica di potenza.  Tenta di uniformare gli ordinamenti dei domini diretti della corona asburgica (Austria e Boemia) per assoggettare la nobiltà al pagamento delle tasse, rende obbligatoria l’istruzione, pone sotto il controllo statale scuole superiori e università, interviene nei campi dell’assistenza sociale e della sanità.  Questa forte volontà di riforma accresce con la salita al trono del figlio di Maria Teresa, Giuseppe II.  Agisce nello smantellamento dell’universo ecclesiastico tradizionale: interi ordini religiosi vengono soppressi, fa chiudere decine di conventi, fa aprire seminari generali per la formazione del clero sotto il controllo statale; i beni ecclesiastici vengono incamerati dallo stato e con il ricavato della loro vendita ripiana il debito creato dai conflitti militari, al contempo però stipendia sacerdoti e vescovi come è avvenuto in Russia. Con Giuseppe II agli ebrei viene concesso il godimento di tutti i diritti civili concessi agli altri cittadini, accordata anche la libertà di culto delle professioni cristiane non cattoliche; abolisce anche la tortura; la libertà di stampa rimane invece assai limitata. Il sovrano decide di propria iniziativa di limitare la propria autorità assoluta.   Giuseppe II è affascinato dal modello statale prussiano, ma non riesce ad imitarlo perché il suo potere in parte dipende dai principi su cui governa e che egli cerca di assoggettare di più.  In campo economico vengono adottati provvedimenti protezionistici per l’agricoltura e la manifattura; nelle campagne viene abolita la servitù della gleba e l’obbligo per i contadini di fornire prestazioni lavorative gratuite; inoltre, si dà vita alla mappatura delle proprietà terriere: il catasto.  Viene istituita un’imposta fondiaria unica valida per tutti i sudditi, ma questo provvedimento scatena l’opposizione dei ceti aristocratici per cui Leopoldo II, successore di Giuseppe II, annulla tali riforme e ripristina la situazione precedente.   LA SOPPRESSIONE DELLA COMPAGNIA DI GESÙ. Uno dei terreni sui quali si misura la capacità dei sovrani di attuare decisi interventi di riforma è quello dei rapporti con la Chiesa cattolica. Acquistano peso gli interventi del potere politico: gestione dei beni ecclesiastici, nomina ai vescovadi, formazione e controllo degli ordini religiosi.  Di grande rilievo è la vicenda della Compagnia di Gesù (gesuiti), che sin dalla seconda metà del 16 secolo rappresenta il simbolo della Chiesa cattolica di arginare le idee protestanti. I gesuiti, diventati ricchissimi grazie a lasciti testamentari, erano divenuti strumento dell’intromissione del papato negli affari di Stato sia perché culturalmente influenti, sia per la benevolenza di sovrani di cui erano diventati consiglieri spirituali. I gesuiti, alla stretta dipendenza del pontefice, divengono il bersaglio delle polemiche illuministiche e delle politiche riformatrici. La prima espulsione dei gesuiti si verifica in Portogallo nel 1759, dove il sovrano punta sia alle ricchezze fondiarie di quest’ordine religioso, sia a ridimensionare il ruolo di clero e di nobili. Il provvedimento portoghese viene imitato in Francia (1764), in Spagna, a Napoli, Sicilia, Parma. L’accusa principale indirizzata alla Compagnia, e che può essere estesa a qualunque componente del clero, è quella di essere portatrice di un a doppia fedeltà politica: al papa ed al sovrano. Nel 1773, papa Clemente XIV decide lo scioglimento della Compagnia di Gesù; solo in alcune città della Svizzera, e in Prussia i gesuiti ottengono la protezione di Federico I, I sovrano illuminista.   LE RIFORME IN ITALIA.  Sotto Maria Teresa e Giuseppe II, la Lombardia austriaca diventa un laboratorio per la sperimentazione delle nuove politiche pubbliche. Nel 1760, prende il via il catasto geometrico che mette a disposizione del governo non sola una mappatura della proprietà fondiaria - presupposto per una equa distribuzione del carico fiscale -, ma anche uno strumento conoscitivo del territorio indispensabile per attuare interventi di riqualificazione agraria, costruzione e regolazione di canali. Nel 1765, viene istituita la «giunta economale» per le materie ecclesiastiche che produce limitazioni e smantellamento delle esenzioni fiscali dei beni della Chiesa.  25 - LA NASCITA DEGLI STATI UNITI D’AMERICA Con la rivoluzione americana per la seconda volta in Occidente (prima di loro i Paesi Bassi hanno condotto una rivolta contro la corona spagnola con la conseguente nascita delle Province Unite), una popolazione soggetta conduce una guerra per l’indipendenza, scegliendo autonomamente il proprio governo: questa rivolta infatti è basata su principi repubblicani secondo cui la sovranità appartiene al popolo.  La rivoluzione porta ad uno assetto politico-istituzionale a stampo liberal-democratico, che implica il riconoscimento di una serie di diritti individuali e l’affermazione di un principio di uguaglianza dei cittadini di fronte alla legge. La divisione dei poteri è garantita da una costituzione scritta (1787) che regola l’equilibrio tra i vari Stati nati dalle ex- colonie e il nuovo governo federale. Gli Stati Uniti d’America appaiono come l’esempio di una società in cui: -la ricchezza è più livellata -la giustizia è meglio distribuita -le opportunità sono offerte a tutti -le libertà individuali garantite  IL MONDO COLONIALE NORD-AMERICANO In America settentrionale la penetrazione inglese comporta la creazione di una serie di basi commerciali disposte lungo la costa atlantica, dedite agli scambi con le popolazioni indigene. La base sociale degli insediamenti inglesi è formata da mercanti, artigiani e persone alla ricerca di una migliore sorte economica. Ci sono inoltre gruppi di deportati o delinquenti che il governo britannico allontana dalla madrepatria. Si tratta comunque di una popolazione giovane. Ad un primo gruppo di colonie, il New England, localizzato a settentrione attorno all’importante città di Boston, si affianca un altro gruppo di colonie legate alla formazione di alcuni grandi centri commerciali e portuali, tra cui primeggiano New York e Philadelphia. Più a sud invece altre colonie sono specializzate nell’attività agricola e utilizzano come forza lavoro gli schiavi neri.  Sono tutte realtà sociali diverse alla ricerca personale di maggiori opportunità. La comunità professa un credo di tipo calvinista, aderisce quindi alla prospettiva teologica puritana, che comporta l’attribuzione di grandi responsabilità alla comunità dei credenti, diffondendo la convinzione che l’affermazione personale sul piano lavorativo sia il segno della benevolenza divina. Questo tipo di organizzazione della comunità fa sì che queste colonie godano di ampia autonomia, infatti il controllo inglese è indiretto, vige solamente l’obbligo per queste ultime di commerciare esclusivamente con la madrepatria, assoggettando le merci alle tassazioni decise dal parlamento di Londra. Per questo le conflittualità rimangono circoscritte, almeno fino al 18 secolo, quando questo equilibrio si viene a rompere.  NIENTE TASSE SENZA RAPPRESENTANZA: LE RAGIONI DI UN CONFLITTO All’origine dei dissidi tra colonie e Gran Bretagna vi sono interessi economici e fiscali.  Il governo può decidere come e dove tassare le merci provenienti dalle colonie e per tutelare gli interessi della madrepatria, pone numerosi vincoli allo sviluppo economico delle colonie americane e allo sviluppo di una marineria coloniale. Sentimenti di malcontento per una disparità di trattamento iniziano a serpeggiare. La ragione del contrasto è di natura politica: verte intorno all’estensione della partecipazione popolare alle scelte governative e ai limiti del potere sovrano. à Con la vittoria della guerra dei Sette anni (1756-63) la Gran Bretagna si trova a decidere sul modo di governare un vero e proprio territorio imperiale, con possibilità di espansione in direzione delle terre abitare dai pellerossa (verso ovest). Il governo di Londra, volendosi rifare degli enormi costi della guerra appena vinta, vara una serie di provvedimenti miranti ad esercitare un maggior controllo economico su quei vasti territori. Viene accresciuto il prelievo fiscale, viene introdotta un’apposita tassa, lo Stamp Act, per finanziare i costi amministrativi in America. Il fatto che questa tassa - votata dal Parlamento inglese in cui i coloni non sono rappresentati - sia stata imposta senza approvazione delle assemblee locali viene considerato un atto di dispotismo che attacca la libertà e la proprietà dei sudditi. Inoltre, nel 1773, il governo britannico assegna il monopolio del commercio del tè nelle colonie americane alla Compagnia inglese delle indie orientali. Contro questa nuova imposizione scoppia la protesta nel porto di Boston che viene ricordata come Boston Tea Party, un gruppo di coloni gettano in mare il carico di tè di una nave della Compagnia.  LA GUERRA D’INDIPENDENZA La reazione di Londra è durissima; il porto di Boston viene chiuso e un governatore assume ampi poteri. Nel 1774, una nuova legge - Quebec Act - istituisce nell’ex colonia francese un governo senza rappresentanza legale, procedure giudiziarie senza la giuria e libertà di culto ai cattolici. La risposta dei coloni fu la convocazione di un congresso dei rappresentati delle tredici colonie a Philadelphia che assunse una linea moderata e di conciliazione cercando un compromesso. Re Giorgio III decide però di reagire con la forza a quella che considera una ribellione. Nel 1775, inizia la guerra di indipendenza: le colonie organizzano un esercito comune sotto il comando di George Washington. Inizialmente il più esperto esercito inglese ha la meglio sulle mal equipaggiate milizie coloniali. In Europa Benjamin Franklin sensibilizza l’opinione pubblica che si schiera a fianco degli insorti americani; partono anche numerosi volontari. Nel 1776, il Congresso americano approva la Dichiarazione d’indipendenza di Thomas Jefferson in cui sono definite le ragioni della ribellione: diritto naturale dei popoli alla vita, alla libertà ed alla ricerca della felicità. Questi diritti sono inalienabili e un governo che li ostacoli deve essere abbattuto. Nel 1777 l’esercito americano consegue la prima vittoria a Saratoga. Negli anni successivi, aiuti militari e rifornimenti arrivano dalla Francia e Spagna che sono entrati in guerra contro Londra. Dopo tre anni (1781) l’esercito britannico viene sconfitto definitivamente a Yorktown. Infine, con il trattato di Versailles (1783), la Gran Bretagna riconosce l’indipendenza delle sue ex colonie, che hanno assunto il nome di Stati Uniti d’America.  LA COSTITUZIONE DEGLI STATI UNITI Nel 1781 viene deciso di dar vita ad un’autorità confederale dei tredici Stati sorti dalle ex colonie britanniche. Gli articoli di confederazione costituiscono la prima costituzione degli Stati Uniti. Rappresenta una sorta di trattato tra gli Stati sovrani, ognuno rappresentato da un delegato al Congresso, un congresso che però è privo di autonomia in materia finanziaria e ha funzioni relative ai rapporti con l’estero. à questa impostazione appare insoddisfacente perché priva la repubblica americana di una direzione politica.   Il dibattito sulla forma definitiva da dare agli USA si fa acceso: si sviluppa il movimento federalista/nazionalista, che propugna la revisione degli Articoli di confederazione.  Si pensa quindi di avere una e propria costituzione scritta che regoli il patto tra cittadini, Stati sovrani e il potere centrale.  A Philadelphia, nel 1787, si riunisce una convenzione per redigere la costituzione: si approva un testo breve ed efficace composto da 7 articoli. Delinea una repubblica di tipo federale con una propria sovranità. Il Congresso è formato da due camere: quella dei rappresentanti è eletta direttamente dai cittadini, il Senato invece è composto da due rappresentanti nominati da ogni singolo Stato.  Al potere legislativo si aggiunge quello esecutivo, incentrato sulla figura del presidente degli Stati Uniti e di un potere giudiziario indipendente.  A guardia della costituzione viene istituita una Corte suprema: ha il compito di interpretare il testo costituzionale, proteggere i diritti dei cittadini e di redimere i conflitti. 1791 à approvato il Bill of Rights, una carta dei diritti che ribadisce il rispetto dei diritti individuali inviolabili: alla vita, alla proprietà, alla ricerca della felicità, alla libertà di pensiero e di culto. Gli indigeni restano del tutto esclusi dai diritti di cittadinanza. La Costituzione del 1787 è ancor oggi quella in vigore negli USA.  26- LA RIVOLUZIONE FRANCESE Nel decennio 1789-1799 la Francia conosce la più straordinaria trasformazione politica mai realizzata nella storia dell’Europa occidentale. L’antico regime viene spazzato via creando una nuova cultura politica che è ancora oggi la base della società contemporanea. La società di ordini e ceti viene sostituita da una società democratica e egualitaria. Il potere monarchico viene sostituito da un potere repubblicano esercitato dai rappresentati eletti dal nuovo potere sovrano: il popolo come nazione.  I LIMITI DI UN SISTEMA Il sistema politico assolutistico creato da Luigi XIV presentava due limiti: - la decisone di non convocare più gli Stati generali ma questa mancanza di un canale di collegamento tra corte e società, finisce per consentire al Parlamento di Parigi (suprema corte di giustizia civile e penale) di assumere un ruolo di supplenza nel rappresentare gli interessi del paese. Tuttavia, finisce col non essere capace di dar voce all’intera società francese; - la volontà di Luigi XIV di incrementare ulteriormente il prelievo fiscale, incontra evidenti ostacoli sia nella nobiltà, sia di sottrarre l’attività legislativa alle pressioni delle masse popolari, sia una restaurazione realista. Questa Costituzione è di orientamento assai moderato: limita la libertà di stampa e di associazione, prevede l’istituzione di un Parlamento bicamerale, tende a restituire sicurezza al potere legislativo.  27- L’EREDE IMPERFETTO: NAPOLEONE BONAPARTE. La figura di Napoleone Bonaparte (1769/1821) occupa un posto di assoluto rilievo nella storia e nell’immaginario europeo tra il XVIII e XIX secolo. Grande condottiero, abile politico, eccellete stratega egli inaugura un periodo di preponderanza francese sulla scena politico-militare del continente europeo (fatta salva la Gran Bretagna) in virtù del proprio primato economico e navale. Napoleone non nasce sovrano di Francia, la sua famiglia, infatti, appartiene alla classe media. Con lui, per la prima volta dopo Oliver Cromwell, un generale di modeste origini acquista un potere monocratico che si trasforma poi in potere monarchico. Come per Oliver Cromwell nella rivoluzione inglese, deve la sua ascesa a sconvolgimenti politici di vasta scala: le uniche due rivoluzioni europee che hanno visto la condanna a morte di due sovrani: Carlo I Stuart e Luigi XVI Borbone.   Napoleone sa che per governare deve ricevere dal popolo la legittimazione necessaria. Quando riesce a farsi eleggere re e poi imperatore, sceglie di titolarsi sovrano dei francesi e non della Francia, a indicare chiaramente che la sua discendeva dal consenso popolare, non da una presunta volontà divina.  Da una parte egli sa di essere l’erede della rivoluzione e contro le potenze europee legittimiste afferma il diritto dei francesi scegliersi il proprio governo, cercando anche di mantenere alcune conquiste del periodo rivoluzionario come la concezione dell’uguaglianza dei cittadini davanti alla legge. D’altra parte, Napoleone sa di rappresentare la forza di un principio monarchico che, dopo la rivoluzione, va riacquistando influenza e prestigio.   Molti francesi, stanchi di faide e violenze della guerra civile, desiderano affidare le redini del governo ad un uomo forte che sappia imporsi opponendosi alle due posizioni estreme esistenti nel paese:  - i filomonarchici, che desiderano la restaurazione dei Borbone ed il ritorno all’antico regime;  - i giacobini, coloro che vogliono costituire una salda repubblica ispirata ai principi della rivoluzione.  Napoleone riesce nella difficile impresa di farsi accettare dalla maggioranza di questi due opposti schieramenti: è capace di presentarsi come erede della monarchia assoluta e, allo stesso tempo, della rivoluzione. Un erede straordinario, ma ambiguo, imperfetto.   LA SVOLTA MILITARE DELLA RIVOLUZIONE. Nel 1795, l’entrata in vigore della costituzione dell’anno III non risolve la situazione dell’ordine pubblico in Francia. La clausola per la quale i 2\3 dei membri delle nuove Camere devono essere eletti tra i membri della Convenzione suscita la protesta dei monarchici che il 4 ottobre a Parigi danno vita ad una insurrezione repressa col sangue da Napoleone, di fede repubblicana. Viene poi nominato un Direttorio formato dagli ex membri repubblicani della Convenzione, quelli che avevano votato per la condanna a morte del re.   Il Direttorio deve affrontare una situazione assai difficile: la Francia, malgrado i successi che portano alla pace con Prussia e Spagna e al controllo delle Province Unite, resta in guerra con la Gran Bretagna, l’Impero e il regno di Sardegna. Sul piano interno assume misure repressevi sia nei confronti sia dei monarchici, sia dei repubblicani radicali (giacobini) che non accettano la normalizzazione moderata che sta prendendo vita sul piano.  Davanti a questa doppia emergenza (bellica e interna), si decide una soluzione di tipo militare:  -attacco a nord contro le forze dell’impero e del regno di Sardegna (ad una prima armata è affidato il compito di varcare il Reno e impedire l’avanzata delle truppe imperiali) -invadere il Piemonte per minacciare la Lombardia austriaca.  Mentre l’armata del Reno viene costretta a ripiegare, la spedizione inviata in Italia sotto la guida di Napoleone incontra straordinari successi. (1796).  Lo stato di Sardegna si arrende, viene invasa la Lombardia e alcuni territori dello Stato della Chiesa.  Con la pace di Campoformio (1797), i francesi ottengono la sovranità sui Paesi Bassi, la Lombardia, Nizza e Savoia; l’impero austriaco ottiene la repubblica di Venezia, che perde la sua indipendenza.   Buona parte degli italiani appoggia gli ideali repubblicani francesi.  Le popolazioni dei ducati padani e i territori ad esso confinanti (Bologna, Ferrara, Modena e Reggio Emilia) danno vita ad una repubblica filofrancese, la Cispadana, che adotta per prima come simbolo il tricolore italiano, modellato su quello francese.   Poco dopo, la Cispadana verrà inglobata ad una più vasta repubblica cisalpina, che comprende anche la Lombardia, mentre in Liguria nasce la repubblica ligure.  Nel 1798 anche il potere pontificio nello Stato della Chiesa crolla sotto i colpi dell’invasione francese, cui segue la nascita della repubblica romana e, dopo il tentato intervento del re di Napoli Ferdinando IV a favore del Papa, anche Napoli viene occupata dai francesi; nasce qui repubblica partenopea. Ferdinando IV di Borbone si rifugia in Sicilia protetto dalla flotta britannica.  Solo la Gran Bretagna si oppone alla Francia repubblicana e per questo il Direttorio decide di inviare in Egitto le armate di napoleone nel tentativo di ostacolare gli inglesi nei loro commerci. Bonaparte sconfigge gli egiziani nella battaglia delle Piramidi (1798), ma la flotta francese viene annientata dall’ammiraglio inglese Horatio Nelson; Napoleone decide di ritornare in Francia (1799).   Sul piano interno il Direttorio, sconfitto dai monarchici nelle elezioni del 1797, con un colpo di Stato annulla i risultati delle elezioni ed epurando i filomonarchici.  Mentre nelle campagne il banditismo è ormai fuori controllo, con ripetuti saccheggi di massa dei contadini armati, il quadro politico rimane instabile perché nelle nuove elezioni del 1798 vincono i giacobini.  Il Direttorio annulla le elezioni con un nuovo colpo di Stato. A questo punto, l’abate Sieyes, famoso protagonista della prima Assemblea nazionale, in accorto Bonaparte organizza un nuovo colpo di Stato; dopo aver sciolto il Direttorio, Sieyes, Bonaparte e Ducos si autoproclamano consoli della repubblica cercando di dare stabilità alla Francia garantendo l’ordine pubblico. Di fatto però, il potere esecutivo è nelle mani di Bonaparte che, controllando l’esercito, ha la forza delle armi.  Una nuova costituzione, detta dell’anno VIII,assegna il controllo delle due assemblee legislative al triunvirato dei consoli.  Napoleone, con la carica di primo console, ossia di capo dello Stato, si assicura un sostanziale predominio.  DAL CONSOLATO ALL’IMPERO.  La decisone di affidare le sorti della repubblica ad un uomo forte è dovuta:  - all’incapacità del Direttorio a terminare la rivoluzione e ad assicurare la stabilità politica;  - all’emergenza bellica creatasi con la formazione della seconda coalizione antifrancese  (Gran Bretagna, Russia, Prussia, impero, impero ottomano, Svezia, Regno di Napoli). Tra il 1788/89, in Italia vengono abbattute le varie repubbliche costitute sul modello francese.  Napoleone decide di non rassegnarsi alla perdita della presa sull’Italia. Dopo che la Russia, sconfitta in Svizzera, lascia la coalizione antifrancese, Napoleone varca nuovamente le Alpi e a Marengo (1800) infligge una dura sconfitta alle forze sarde ed imperiali. Si firmano quindi nel 1801 la pace con l’impero e nel 1802 la pace con la Gran Bretagna.   Sul piano interno il nuovo regime sigla un concordato con la Santa Sede, la quale riconosce la repubblica francese in cambio dell’affermazione del cattolicesimo come religione della maggioranza dei francesi; il papato ristabilisce il controllo sulla Chiesa francese.  Avendo consolidato la propria posizione, nel 1802Napoleone si fa proclamare primo console a vita, primo passo per la trasformazione del consolato in monarchia. Nel maggio 1804, viene approvata la costituzione dell’anno XII, che trasforma la carica di primo console in quella, ereditaria, di imperatore dei francesi:  il 2 dicembre 1804, Papa Pio VII, nella cattedrale di Notre Dame di Parigi, consacra Napoleone imperatore porgendogli la corona che egli stesso si pone sul capo.   Per legittimare la nuova situazione vengono creati nuovi titoli nobiliari assegnati a militari e funzionari fedeli all’imperatore. Napoleone procede anche al riordino:  - della finanza pubblica coniando una nuova moneta, il franco d’argento, garantita dalla Banca di Francia;  - del sistema giudiziario (controllo da parte del governo sui giudici, reazione dei tribunali d’appello). Nel 1804 viene promulgato il Codice civile, che riassume molte delle conquiste della rivoluzione (libertà individuale, laicità dello Stato, uguaglianza di fronte alla legge, abolizione del feudalismo).  Rassicurati i gruppi dirigenti del paese sul rispetto assoluto del diritto di proprietà, Napoleone rafforza gli apparati di sicurezza creando una potente polizia che si dedica sia alla tutela dell’ordine pubblico per dare sicurezza alle attività economiche e commerciali, sia alla repressione di ogni forma di dissenso, anche grazie ad un’efficace censura.  LA MONARCHIA AMMINISTRATIVA Napoleone realizza per la prima volta nella storia europea il regime di un uomo che fonda il proprio potere sul controllo dell’esercito preoccupandosi nel contempo di legittimare il proprio ruolo tramite il consenso, espresso con il plebiscito, della maggioranza della popolazione.  Gli storici hanno chiamato questo periodo cesarismocon riferimento alla dittatura imposta a Roma da Giulio Cesare che aveva posto anch’egli fine all’esperienza di un regime repubblicano.  Napoleone rappresenta per i francesi la certezza della fine dei contrasti politici interni, una normalizzazione che promette di conservare parte delle conquiste della rivoluzione. Si realizza infatti una rottura dei diritti e privilegi dell’antico regime.   Il perno del mutamento introdotto da Napoleone è la riforma amministrativa: la macchina statale viene impostata in modo strettamente gerarchico e piramidale. L’intero territorio francese, diviso in dipartimenti, viene controllato attraverso la nomina governativa di amministratori, prefetti e sottoprefetti con funzioni di controllo e direzione di tutti gli aspetti della vita collettiva. Lo Stato tende ad avere un ruolo sempre più incisivo producendo in questo modo un miglioramento nelle condizioni sanitarie, istruzione, efficienza amministrativa e finanze statali; contemporaneamente la società è sottoposta ad un potere centrale che ricorre ad un serrato controllo poliziesco militare.  Prende il via la formazione di personale addestrato a lavorare nelle nuove strutture pubbliche, personale in cui cresce la consapevolezza del proprio ruolo al servizio delle Stato; si afferma il principio di fedeltà al ruolo e agli obblighi che comporta il far parte delle strutture pubbliche. Queste nuove regole di organizzazione dello Stato verrà chiamata «monarchia amministrativa».  La quantità delle direttive emanate è notevole perché si ritiene che una legge scritta e pubblica possa impedire la rinascita di poteri particolari e di privilegi; in realtà essendo troppe le norme da rispettare i burocrati hanno un notevole spazio di manovra nell’eseguire prima una o un’altra norma.  Sono i burocrati i veri protagonisti della monarchia amministrativa. È grazie a loro, infatti, che il regime napoleonico si consolida.  Questa nuova etica del servizio pubblico è la conferma dei principi egualitari della rivoluzione, che impongono che gli alti gradi dell’amministrazione sono riservati ai meritevoli e non ai privilegiati per nascita. A questo fine Napoleone riforma il sistema dell’istruzione superiore; le grandi scuole pubbliche d’eccellenza diverranno vere fucine di quadri per l’amministrazione pubblica, militare e civile.  L’EGEMONIA FRANCESE IN EUROPA E LE SUE CONSEGUENZE.  Nel 1805, la Gran Bretagna, preoccupata per la forza del nuovo regime napoleonico, promuove una terza coalizione antifrancese: Impero austriaco, Russia, Svezia, Regno di Napoli. L’ammiraglio britannico Nelson, a Trafalgar, sgomina la flotta francese, ma l’armata napoleonica, a Austerlitz, sconfigge l’esercito austro-russo.   Con il successivo trattato di pace l’Austria cede Veneto, Dalmazia e Istria al neonato regno d’Italia il cui sovrano è Napoleone. Bonaparte ridisegna la cartina europea creando una serie di Stati satellite della Francia sui quali insedia propri congiunti:  -Regno d’Olanda al fratello Luigi Bonaparte;  -Regno di Napoli al fratello Giuseppe. In Germania viene istituita la confederazione del Regno, che riunisce Stati satelliti della Francia, mentre l’imperatore d’Austria Francesco II proclama nel 1806 la fine del Sacro Romano Impero. La Prussia tenta di formare una quarta coalizione antifrancese ma gli eserciti prussiani e russi sono ancora una volta sconfitti da Napoleone, che, a seguito di un accordo con la Russia, decide di dimezzare la Prussia creando il Regno di Vestfalia e affidandolo al fratello Girolamo.  Solo l’Inghilterra resiste e Napoleone il quale, impossibilitato ad invaderla, decide di isolarla economicamente per distruggere la sua principale fonte di potenza economica: i commerci. Francia ed i suoi Stati satellite decretano un blocco commerciale, ma questo isolamento mercantile non risulta efficace sia perché è difficilmente applicabile visto il grande contrabbando di merci inglesi, sia perché l’economia francese non è in grado di sostituire la produzione britannica.  Nel 1809, Napoleone occupa lo Stato Pontificio e deporta Pio VII - che lo scomunica - a Savona. Dopo il rifiuto del Portogallo di applicare il blocco, Napoleone in accordo con la Spagna, decide di invaderlo, ma lo sbarco delle forze inglesi costringe i francesi al ritiro. Nel frattempo, approfittando di una disputa dinastica, decide di spodestare il re di Spagna Carlo VI di Borbone   e sul trono sale il fratello Giuseppe Bonaparte, sostituito nel regno di Napoli da Gioacchino Murat, marito di Carolina Bonaparte. Dopo la sconfitta di una quinta coalizione antifrancese, Napoleone impone all’Austria la perdita di numerosi territori che verrà sancita con il matrimonio tra Napoleone e Maria Luisa d’Asburgo, figlia dell’imperatore d’Austria. Nel 1811 nasce Napoleone Francesco, l’erede al trono francese.   Con l’affermazione dell’egemonia francese si diffondono in Europa dei nuovi principi politici, modelli amministrativi e giuridici, modelli culturali, tutti diversi da quelli tradizionali, che portano alla nascita di forme di resistenza di stampo tradizionalistico e legittimistico.  Una delle aree in cui più fortemente si manifesta questa avversione è la Germania, ma è soprattutto in Spagna che la reazione antifrancese esplode con una violenza inaudita. Con il sostegno della Gran Bretagna, gli spagnoli attuano un tipo di resistenza nuova basata su scontri sporadici, ma con continue e logoranti azioni di sabotaggio; tale inedita forma di «piccola guerra», che evita battaglie in campo aperto e preferisce le imboscate e che coinvolge anche le popolazioni, le quali appoggiano i ribelli, viene chiamata «guerrilla».  IL TRAMONTO DELL’IMPERO NAPOLEONICO.  La decisione russa di riprendere i commerci con la Gran Bretagna rompe l’alleanza tra Francia e Russia; nel giugno 1812 Napoleone invade la Russia con un esercito di 700.000 uomini, sconfigge le truppe zariste a Borodino e riesce ad occupare Mosca. I russi abbandonano la città dandola alle fiamme; privo di rifornimenti e vedendo che lo zar non chiede la pace, Napoleone ordina la ritirata. La sua armata, ripetutamente attaccata ai fianchi, stremata dal gelo e dalla fame e colpita da epidemie, giunge in Francia con meno di 50.000 uomini. Le potenze europee tornano ad organizzare una coalizione antifrancese; a Lipsia (16/19 ott.1813) le forze antifrancesi sconfiggono Napoleone, poi invadono la Francia e occupano Parigi. Bonaparte viene costretto ad abdicare, viene restaurata la monarchia dei Borbone, Napoleone viene esiliato all’isola d’Elba, datagli come possedimento.   -la Russia si annette la Galizia e la Finlandia, e parte del regno di Polonia -la Gran Bretagna l’sola di Malta, possedimenti coloniali francese ed olandesi: Tobago, isole Mauritius, Guyana, Ceylon -in Spagna e Portogallo tornano sui troni le rispettive dinastie: Borbone e Braganza Infine, sotto la regia del cancelliere austriaco Metterenich, prende vita la Santa Alleanza, formata da Russia, Austria, Prussia, al fine di ristabilire l’ordine europeo antecedente la rivoluzione. Tale alleanza tutela la religione, la pace e la giustizia. La gran Bretagna si rifiuta di aderire alla Santa alleanza ma sottoscrive comunque un trattato di quadruplice alleanza (con Austria, Russia e Prussia) che ricostituisce il tradizionale schieramento antifrancese.   NUOVO DISPOTISMO REAZIONARIO Il dispotismo monarchico post-rivoluzionario si appoggia – a differenza dell’assolutismo settecentesco – sui valori tradizionali. I sovrani assoluti tendono a richiamare un quadro di valori tradizionali per rassicurare tutti coloro che sono stati spaventati dai rivolgimenti rivoluzionari. La Chiesa cattolica svolge un fondamentale ruolo di supporto, si parla infatti di alleanza tra trono e altare. Sarebbe errato affermare che la restaurazione sia un ritorno al passato, al contrario questa è animata da una volontà di reazione alla rivoluzione, da cui vengono cambiate le forme organizzative. à Nella tradizionale visione aristocratica la nobiltà francese era la miglior rappresentanza della Francia, con la rivoluzione quest’ultima si trasforma in una parte politica, esattamente nella controparte della rivoluzione contro la trasparenza delle idee rivoluzionarie di un popolo deciso a difendere la sua libertà.  E I SUOI NEMICI Il diffondersi del clima poliziesco, di repressione e censura in Europa, favorisce la nascita e la diffusione delle società segrete. Il modello è quello della Massoneria, assai popolare tra le classi colte, amanti della speculazione filosofica e contrarie ad alcune posizioni della Chiesa Cattolica, per questo era stata scomunicata nel 1738. Dopo la rivoluzione i gruppi massonici danno vita a sette politiche per lottare contro il dispotismo e l’alleanza fra il trono e l’altare, nel nome delle idee liberali e costituzionali. La diffusione delle sette segrete in Europa è impressionante. In Italia è la Carboneria che promuove gli ideali di unità ed indipendenza del paese dal dominio straniero. La repressione delle idee considerate sovversive è particolarmente dura in Italia.  LIBERTÀ E INDIPENDENZA Luigi XVIII si rende conto che non è possibile un semplice ritorno all’antico regime, quindi concede la promulgazione, nel 1814, di una carta costituzionale di impronta liberale che prevede un Parlamento bicamerale e il controllo della corona sul governo, garantendo una limitata tutela dei diritti individuali. Questa costituzione non soddisfa né i monarchici, né i bonapartisti. Le elezioni del 1815 sanciscono la vittoria degli ultras, i quali contrari all’esistenza di una costituzione, disertano i lavori parlamentari. Nel 1820, con l’assassinio del duca Berry da parte della Carboneria, il re torna ad una politica repressiva. Dopo il 1815, altre monarchie si dotano di una Costituzione: Paesi Bassi, Svezia, Norvegia. La Gran Bretagna rimane sempre un esempio a parte con una costituzione non scritta, ma radicata. In questo periodo il tema della libertà politica si fonde con l’aspirazione all’autodeterminazione dei popoli nel nome del diritto all’indipendenza nazionale. Se la sovranità risiede nel popolo, questo ha il diritto di esprimere le proprie rappresentanze su base nazionale. L’esempio fondamentale è quello degli Stati Uniti d’America: diventa un soggetto in prima persona che si identifica con il nuovo Stato. La nazione è considera l’identità intima di un popolo e non vi è legittimità senza o contro la volontà popolare. L’investitura divina che i sovrani assolutistici ritengono di possedere viene a essere posta in questione.  30. ANCORA LA RIVOLUZIONE Gli anni Venti del XIX secolo sono caratterizzati dal ritorno alla rivoluzione. La restaurazione dell’antico regime manomesso dalla Rivoluzione francese si rivela un’illusione. Epicentro del nuovo sisma rivoluzionari questa volta è la Spagna, nazione che aveva precedentemente combattuto contro Napoleone in nome dei valori tradizionali. Il paese si divide fra parte liberale che vuole un ordinamento costituzionale e parte reazionaria fautrice dell’assolutismo. Il linguaggio politico della rivoluzione, imperniato sul concetto di sovranità popolare e su quello di popolo-nazione dotato di volontà propria è giunto sino alle colonie. Le varie nazioni aspirano a garanzie costituzionali dei diritti e all’autodeterminazione sentendosi oppressi da una dominazione straniera. La partecipazione cosciente dei cittadini alla vita pubblica avviene attraverso la delega che essi concedono ai propri rappresentati per la gestione del potere. Ma in Germania nasce un differente concetto di nazione-popolo che parte dalla volontà di opporsi ai modelli amministrativi e politici francesi.  LA RIVOLUZIONE SPAGNOLA Negli anni della lotta contro l’occupazione francese (1808/14), si era sviluppato in Spagna un movimento liberale che coniugava la battaglia agli invasori con la richiesta di riforme politiche costituzionali. Nel 1812, a Cadice, viene proclamata una costituzione di stampo liberale che prevede un Parlamento, garanzie dei diritti dei cittadini e alcune STORIA MODERNA 1-MONARCHIE E REPUBBLICHE All’inizio del 16 secolo Carlo d’Asburgo riunisce sotto il suo potere un vasto insieme di possedimenti. Eredita da - padre Filippo il bello  domini della casa d’Asburgo (attuale Austria) - nonna  Franca contea e Paesi Bassi - madre Giovanna la pazza  Sardegna, Sicilia, Napoli e nuove colonie Americane Nel 1519 succede al nonno Massimiliano I come imperatore del Sacro Romano Impero, controllando anche indirettamente gran parte dell’attuale Germania e la Boemia. Carlo V lascia - figlio Filippo II  corone di Castiglia e Aragona, i territori italiani e l’eredità borgogna - fratello Ferdinando  successione al trono imperiale. Questa scelta portò però al tramonto della prospettiva di un unico impero cristiano cattolico. Tutto ciò avvenne anche a causa di alcuni avvenimenti che caratterizzarono l’Europa del 400-500: - fine religiosità cristiana - avanzata di imperatori ottomani nel Mediterraneo - avvio sfruttamento Americhe - formazione poteri monarchici in Europa. LE NUOVE MONARCHIE Ai vari compiti dei monarchi tradizionali, ossia protezione beni e vite dei sudditi e difesa della religione cattolica, si aggiunsero nuove prerogative derivate dalla crescente capacità di controllo di vasti possedimenti, come l’aumento della capacità di prelievo fiscale. Attraverso l’aumento delle tasse i sovrani riescono a garantire apparati burocratici stabili (stipendiati) e flotte di eserciti pagati in maniera continua e non solo in occasione di una guerra. Questa affermazione di potenza porta i sovrani a: - liberarsi di ogni forma di potere che minacci quello della corona - considerare la loro sovranità voluta direttamente da dio. Quest’ultimo punto comporta la tendenza dei sovrani a subordinare le strutture ecclesiastiche al controllo della corona (ruolo decisivo nomina vescovi e abati). La prima e più importante monarchia europea è quella di Francia retta dalla dinastia dei Valois. La lunga guerra contro l'Inghilterra, chiamata Guerra dei cent'anni (1337 – 1453) consente ai sovrani francesi di aumentare le difese dalle minacce di dominio inglesi. Il re di Francia Luigi 11 di Valois favorisce la disintegrazione del ducato per accrescere il proprio potere e estendere i territori. Il suo successore Carlo 7 completerà questo processo sposando Anna di Bretagna, erede della Bretagna. Tale percorso di aggregazione territoriale è sostenuto dal rafforzamento dell'esercito e accompagnato da un crescente controllo sulla chiesa francese. I successori di Carlo 8 saranno i sovrani Luigi 12 d’Orleans, Francesco I e Enrico II. Alla conclusione della Guerra dei cent'anni l'Inghilterra vive una serie di conflitti tra le due casate degli York e dei Lancaster, che si contendono la successione al trono. Questa stagione di conflitti e nota come Guerra delle due rose (1455-85) e indebolisce l'autonomia della corona che accresce soltanto con Enrico 7 Tudor, che mira un’espansione commerciale e marittima ripresa poi dal figlio Enrico 8 Tudor, che separerà la chiesa d'Inghilterra da quella di Roma, dando vita al protestantesimo con la creazione della chiesa anglicana. La penisola iberica era divisa in 4 grandi aree -Portogallo -Regno di Castiglia -Regno di Navarra -Corona di Aragona (a sua volta composta dalla Catalogna, Valencia, Sardegna, Sicilia e Napoli) Tutti tranne il Portogallo intraprendono un percorso che culmina col matrimonio tra Ferdinando II ed Elisabetta d Castiglia. Tale evento permette ai sovrani di creare un esercito comune e di condurre a termine il processo di riconquista della Castiglia meridionale, ancora rimasta sotto dominio arabo musulmano. Con la presa di Granada nel 1492, viene abbattuto l'ultimo regno arabo della penisola iberica, ma i re cattolici si trovarono a governare su una popolazione composta da diversi gruppi etnici e religiosi che professavano religioni diverse dal Cristianesimo (ebraismo e islamismo). Grazie alla creazione nel 1478 di tribunale ecclesiastico inquisitoriale per i regni spagnoli, i due sovrani puntano a imporre l'uniformità religiosa cristiana, tale decisione porta all’espulsione degli ebrei (1492) e di convertire con la forza al cristianesimo la popolazione di fede diversa. Ne consegue la diffusione della preoccupazione della cosiddetta “purezza di sangue”. La crescita delle nuove monarchie (Francia, Inghilterra e Spagna) avviene nel continente europeo, all’epoca composto principalmente da territori meno vasti come regni, principati indipendenti, città autonome, repubbliche, il Sacro Romano Impero germanico e i territori dello Stato della Chiesa. Due sono le principali differenze tra Impero e le nuove monarchie: - il carattere elettivo (e non ereditario) del titolo imperiale [procedura stabilita da Carlo IV con la ‘Bolla d’oro’ nel 1356: imperatore eletto da un corpo elettorale non modificabile composto da 7 elettori, 4 laici e 3 ecclesiastici] -esistenza in tutto il territorio dell’Impero di poteri autonomi formalmente soggetti all’autorità imperiale, ma in sostanza svincolati dal suo potere. La forza delle nuove monarchie si fa sentire anche all’interno dell’Impero. Ciò è evidente nella trasformazione della carica imperiale da elettiva a quasi ereditaria. Nel 1438 infatti l’imperatore viene eletto tra i membri di una sola dinastia, quella degli Asburgo. Infatti, l’imperatore Massimiliano I d’Asburgo grazie al matrimonio con Maria di Borgogna riesce ad acquistare la sovranità sulla Franca Contea e Paesi bassi. Nel corso del 400, la politica degli Asburgo era duplice: da un lato puntavano a mantenere il titolo imperiale all’interno della famiglia, dall’altro ampliare i propri domini. Tale strategia ha soprattutto lo scopo di acquistare le corone di Boemia e di Ungheria per bloccare l’espansione dell’impero ottomano. A partire dal 1493 i sovrani della Russia pretendevano di essere i legittimi eredi dell'Impero Romano. La sovranità dell'Impero Romano d'Occidente era sopravvissuta a lungo nell'Impero Romano d'oriente. Nel 1453 con la conquista di Costantinopoli da parte degli ottomani anche l'Impero Romano d'Oriente era scomparso: i sovrani russi ne rivendicarono l'eredità indicando nella propria nuova capitale, Mosca, la terza Roma. A Costantinopoli ribattezzata Istanbul si erano insediati i sultani ottomani. Dal punto di vista religioso l'impero ottomano è di fede musulmana, ma al suo interno sudditi di religione diversa e culti differenti vengono tollerati. Nell'impero ottomano si ritrovano alcune delle debolezze strutturali che affliggeranno storicamente sia il sacro romano impero sia la Russia: difficoltà a governare grandi estensioni territoriali molto diversificate al loro interno. Al di là degli imperi, la grande maggioranza dei poteri pubblici sono organizzati in regni o principati. Molti regni non presentano tuttavia le caratteristiche attribuite alle nuove monarchie (come nel caso della Polonia in cui la monarchia non riesce a diventare ereditaria e perciò molto più debole). Molti signori europei alla guida di stati di dimensione media e piccola hanno il solo titolo di Principe, duca o marchese. Nella penisola italiana le città indipendenti si reggono in forma di Repubblica, una forma di governo rinata nel medioevo sugli esempi delle antiche città-stato della Grecia classica. I governanti di tali repubbliche erano eletti da liste cittadine che in genere non comprendevano l'intera popolazione ma solo i suoi strati superiori. I cantoni svizzeri erano una serie di piccole repubbliche nel 1499 avevano posto termine alla dipendenza dal sacro romano impero queste repubbliche mettevano in comune la conduzione della politica estera mantenendosi autonome per tutti gli altri aspetti. LE GUERRE D’ITALIA Tra il 1494 e il 1554 l'Italia diviene un vero e proprio campo di battaglia. E l'inizio di un lungo periodo di dominio straniero ed è proprio questa la ragione della tardiva unificazione politica del paese. Sono considerate come le prime vere guerre europee, L'Italia non è solo la più ricca e colta nazione d'Europa, ma anche il luogo dove risiede la massima autorità spirituale: il Papa. Alla fine del 400, L'Italia risulta politicamente divisa in numerosi stati di dimensioni medie e piccole, ciascuno dei quali appare incapace di assoggettare gli altri ma è sufficientemente robusto da evitare di essere assorbito dai vicini. i principali: - Italia settentrionale il Ducato di Savoia, La Repubblica di Genova, il Ducato di Milano, La Repubblica di Venezia - Italia centrale la Signoria di Firenze e lo stato della Chiesa - Italia meridionale Il Regno di Napoli, Il Regno di Sicilia e il Regno di Sardegna. Dopo una lunga fase di guerre i maggiori Stati della penisola avevano stipulato la pace di Lodi. La situazione italiana rimane stabile grazie all'azione accorta di Lorenzo de Medici (il magnifico), abile diplomatico, protettore delle arti e delle lettere. Tutto però cambia nel 1494: Carlo 8 re di Francia interviene militarmente nei contrasti in atto in Italia chiamato dal signore di Milano Ludovico Sforza, detto il Moro. Il suo obiettivo è la conquista del Regno di Napoli. La discesa di Carlo 8 rimane famosa per la mancanza di resistenza che egli incontra nell'attraversamento della penisola fino all’occupazione di Napoli nel Febbraio 1495. Di fronte al rischio di un'egemonia francese, il pontefice Alessandro 6, promuove un'alleanza antifrancese che include Venezia, Milano, l'imperatore e i re cattolici e costringe Carlo 8 ad una ritirata; la spedizione di Carlo 8 mette in luce gli elementi di instabilità che caratterizzano la realtà italiana. Tra i fattori di instabilità vi sono anche i contrasti fra i potenti italiani sollevati dall'azione di Ludovico il Moro. (Ludovico il Moro I portoghesi cercano inoltre di bloccare le vie tradizionali del commercio delle spezie che attraversano il Mar Rosso e il Golfo Persico, fin quando il sultano d’Egitto interviene per tutelare gli interessi dei mercanti arabi gravemente colpiti da tale politica. Il sistema creato dai portoghesi fa di Lisbona il maggiore Emporio europeo per le spezie vendute a prezzi inferiori. Infatti, impongono bassi prezzi ai venditori asiatici ed eliminano l'intermediazione araba e veneziana, nonché le imposizioni fiscali che gravano sulle merci. La rete delle basi lusitane viene irrobustita dal viceré Albuquerque, che stabilisce nella città di Goa, che diventa il cuore dell'impero commerciale portoghese In India. La strategia dei viceré portoghesi di impedire con la forza il commercio lungo le vie che conducono al Mediterraneo orientale si rivela vincente solo per un breve periodo. La corona lusitana è costretta poi a rinunciare al controllo del Golfo Persico e acconsentire la ripresa dei traffici con l'India. SCOPERTA E SFRUTTAMENTO DELLE RISORSE DEL NUOVO MONDO Negli ultimi anni del 400 la corona di Castiglia promuove una spedizione nell'oceano Atlantico, Castiglia aveva già portato a termine la riconquista della penisola iberica nel 1492. Nello stesso anno il genovese Cristoforo Colombo propone alla regina Isabella di Castiglia di organizzare e finanziare una spedizione navale che deve arrivare al Catai – Cina – basandosi sulla convinzione della sfericità della terra. Il progetto di Colombo era stato già bocciato dal re del Portogallo in quanto irrealizzabile è troppo dispendioso. Alla fine, Colombo ottiene il denaro ed equipaggia tre caravelle. Il 12 ottobre 1492 dopo due mesi di navigazione approda sulla terraferma in un'isola delle attuali Bahamas, a cui dà il nome di San Salvador. Rimane convinto, e lo sarà fino alla morte, di aver raggiunto Cipango (Giappone) e non una terra sconosciuta. Nel 1493, tornato in Spagna, si apre una fase di esplorazione delle terre ad Occidente dell'oceano Atlantico. Questo pone alla corona portoghese a quella castigliana il problema della delimitazione, dunque, il Papa Alessandro 6 emette nel 1493 tre bolle in cui stabilisce una linea di demarcazione: le terre ad ovest vengono attribuite alla corona di Castiglia, quelle ad est ai sovrani del Portogallo. Tuttavia, con il trattato di Tordesillas, le due parti decidono di spostare la linea di spartizione a 370 leghe dalle isole di Capo Verde. Con questo trattato alla corona portoghese viene anche attribuito l'odierno Brasile, In quanto una flotta portoghese viene spinta dai 20 sulle coste brasiliane e prende possesso del territorio. Nel 1501 con il viaggio compiuto da Amerigo Vespucci si inizia a pensare che le terre scoperte da Colombo non facciano parte dell'Asia, ma rappresentino il nuovo mondo. Dunque, i navigatori al servizio della corona castigliana riprendono la ricerca di una rotta per l'oriente. Ferdinando Magellano, portoghese al servizio di Carlo V, si cimenta per la circumnavigazione dell’America: nel 1519 salpa da Siviglia e dopo due anni giunge nell'arcipelago delle Filippine. L'impresa ha solo parzialmente successo perché ne faranno ritorno solo il 10% degli uomini e una sola nave inoltre buona parte dei territori rientrano, in base al trattato di Tordesillas, nella sfera di influenza portoghese. La corona castigliana autorizza lo sfruttamento delle nuove terre americane: Santo Domingo e Cuba si riempiono di soldati, nobili decaduti e popolazione spinta dalla brama di oro gli indigeni sono sottoposti ad uno sfruttamento disumano. Sfruttamento e malattie come vaiolo e morbillo, provocano il crollo della popolazione di Santo Domingo. Successivamente i castigliani avviano la coltivazione della canna da zucchero che però richiede molta manodopera; dunque, i dominatori cominciano ad acquistare schiavi neri dai mercanti portoghesi. La ricerca dell'oro è ciò che spinge Castiglia ad espandersi; dunque, i castigliani entrano in contatto con civiltà ignote e diverse tre a loro. Le popolazioni indigene vivono organizzate in tribù mentre in altre zone sono presenti società più evolute dal punto di vista dell'organizzazione politica. Le armi da fuoco danno agli spagnoli una superiorità schiacciante e nel 1519, una spedizione guidata da Hernàn Cortés, barca in Messico e abbatte l'impero azteco che abitava la nazione. Nel 1532 Francisco Pizarro distrugge l'impero degli Incas che abitava l'attuale Perù. Nel 1548 la conquista di quest'area dell’America meridionale può dirsi conclusa. Molto presto Maya, aztechi e Inca prendono coscienza della natura aggressiva dei nuovi venuti. Ciò che indebolisce le loro resistenze sono le malattie arrivate dall’Europa, contro le quali sono privi di difese immunitarie. Un ruolo centrale gioca la concezione della guerra: per i popoli americani lo scopo non è uccidere l'avversario, ma catturarlo e sacrificarlo agli Dei, per questo il modo di combattere dei castigliani risulta incomprensibile da un punto di vista psicologico e culturale. La brama di oro degli spagnoli rappresenta la principale preoccupazione, si dedicano dunque alla violenta spoliazione di città e popolazioni, vengono avviate attività di estrazione dell'oro in miniere già note agli indigeni, spesso ridotti in condizione di schiavitù per lavorarvi.  Successivamente il Portogallo decide di procedere alla colonizzazione del Brasile, dunque, il re Giovanni III decide di allontanare possibili rivali e di avviare la colonizzazione. LA NASCITA DELLA SOCIETÀ COLONIALE AMERICANA La prima conseguenza della conquista è la distruzione dell'universo religioso e culturale delle popolazioni americane, estirpando le loro credenze tradizionali e imponendo valori religiosi, culturali e di comportamento propri della società europea. Nei decenni centrali del 16 secolo ha inizio il consolidamento della sovranità della corona castigliana per mezzo di creazione di istituzioni preposte al governo nei territori dell’America centrale e meridionale. Il lavoro forzato degli indios viene utilizzato nelle grandi fattorie dove si praticano l'allevamento e l'agricoltura. Le già preesistenti forme di riscossione dei tributi cambia: si diffonde la pratica del pagamento in denaro dovute ai dominatori, da cui discende l'obbligo per gli indios di partecipare all'economia monetaria ricevendo un salario per le attività che viene loro imposto di svolgere. A differenza dei portoghesi, i conquistadores cercano di dar vita in America a forme di organizzazione del territorio secondo gli schemi della loro terra d'origine. Una volta sottomesse le popolazioni indigene, essi organizzano città e villaggi e istituiscono municipi che, data la lontananza dalla madrepatria e dalla corona. Ecco perché la monarchia castigliana cerca di ottenere un certo controllo della vita coloniale: come freno ai continui conflitti fra i conquistadores intorno allo sfruttamento delle ricchezze americane nasce l'istituto giuridico dell’encomienda de indios. L’encomienda prevede che il sovrano affidi e ciascun colono un certo numero di indigeni americani ai quali questi si impegna a insegnare i principi della fede cattolica, in cambio gli indios sono tenuti a prestare il proprio lavoro nelle case, nelle miniere e nelle terre. Da parte loro gli encomienderos sono obbligati a fornire alla corona castigliana il proprio servizio militare l’encomienda diviene tuttavia oggetto di tensioni fra la società coloniale e il sovrano, poiché quest'ultimo avverte il pericolo della nascita di una aristocrazia nel nuovo mondo. Il successore di Isabella, Ferdinando d’Aragona, nel 1512 promulga le leggi di Burgos con le quali accetta le encomiendas ma sottolinea la dipendenza diretta degli indigeni americani dal sovrano ma le terre conquistate sono di fatto sotto il controllo dei conquistadores. Per tale motivo Carlo V tenta di riaffermare l'autorità Reggia in America con le Nuevas Leyes, senza riuscirci; malgrado i successivi tentativi dello stesso e poi di Filippo II per ridurre il ruolo delle encomiendas, queste restano l'asse portante della società coloniale. La forza di questo strumento giuridico si esaurisce solo alla fine del 500 a causa del tracollo demografico delle popolazioni indigene per via delle malattie giunte dall’Europa e dalle pessime condizioni di vita. Per quanto riguarda i rapporti economici con le colonie americane, la corona di Castiglia cerca di creare strumenti efficaci per assicurarsi più benefici possibili. Nel 1503 si istituisce a Siviglia la casa de contrattazione: un ufficio Reggio che ha il monopolio dell'organizzazione dei traffici commerciali con le colonie. Accanto ad essa sorge il Consolato: un'istituzione privata che riunisce i mercanti di Siviglia e dell’Andalusia, i quali partecipano ai traffici con l'America da una posizione di forza. Con questi strumenti si stabiliscono sia i prezzi e le quantità delle merci che vengono inviate in America e i prezzi dei prodotti agricoli che da esse provengono. 4- UMANESIMO E RINASCIMENTO (Italia 300-400) STUDIO DEI CLASSICI E FILOLOGIA Umanesimo: movimento intellettuale caratterizzato da un nuovo atteggiamento nei confronti del mondo antico, cioè della Grecia e di Roma, la civiltà classica è considerata un modello ineguagliabile di cultura, cui attingere e cui ispirarsi per elaborare una nuova concezione del mondo. Già Francesco Petrarca in vita allo studio dei testi latini. Infatti, il latino utilizzato nel Medioevo, rispetto a quello utilizzato da Virgilio e Cicerone, è differente. Questo pone le basi per la fondazione della filologia, disciplina grazie alla quale si restituiscono alla forma originale testi tramandati in maniera scorretta. Un altro aspetto essenziale dell'umanesimo è il ritorno della cultura della Grecia antica in Europa; infatti, nel 1438 si tiene a Ferrara un Concilio dove eruditi greci contribuiscono alla diffusione della conoscenza del greco antico, in particolare di Platone. Il contributo più importante all'elaborazione della filologia viene dall'opera di Angelo Ambrogini, detto Poliziano, in cui espone i criteri principali dell'esame dei manoscritti: la ricostruzione del testo nella sua originalità serve per comprenderne il contesto storico nel quale è stato prodotto. Anche Lorenzo Valla analizza con il metodo filologico il documento che segna la nascita dello Stato della Chiesa, e svela come il documento sia un falso fabbricato in un momento successivo, questo è testimoniato dall'uso di espressioni linguistiche non attestate nel quarto secolo, ma comuni nell'ottavo. Altra figura rilevante è quella di Erasmo da Rotterdam che ritiene che la traduzione latina della Bibbia, la cosiddetta Vulgata, sia un testo costellato di errori: si dedica a elaborare un'edizione critica del testo greco del nuovo testamento, con traduzione Latina a fronte. LA NASCITA E LA DIFFUSIONE DELLA STAMPA Un ruolo fondamentale nella diffusione delle idee umanistiche lo ha l'invenzione della stampa a caratteri mobili. Fino a questo momento la produzione libraria è costituita da testi realizzati a mano dagli amanuensi. A partire dal 300 l'adozione della carta, materiale che giunge in Europa tramite i mercanti che commerciano con gli arabi, favorisce una maggiore diffusione di questi scritti. Fabriano, nelle Marche, è un grande centro di produzione della carta. Fra il 1445 e il 1455, a Magonza (Germania), vengono stampati il messale e la Bibbia di Gutenberg. Il nuovo metodo si diffonde con grande successo in tutta l'Europa occidentale. In Italia le prime tipografie nascono fra gli anni 60 e 70 del 400 a Venezia, Roma, Subiaco e Foligno. Grazie all'attività degli stabilimenti tipografici, aumenta in maniera considerevole la quantità dei libri prodotti e diminuisce il loro prezzo, facilitandone la circolazione e la vendita. La prima volta nella storia europea, è possibile la formazione di una comunità intellettuale i cui componenti possono dialogare leggendo i medesimi scritti. Un ruolo particolare nella diffusione dei classici in Europa ricopre l'editore Aldo Manuzio. A Venezia, sede della sua bottega, coordina un gruppo intellettuale di umanisti. Vengono editi classici greci e latini e si vedranno alla luce opere di Aristotele, Demostene, Platone, Virgilio, Orazio e Ovidio. Pubblica inoltre adagia di Erasmo e il Decamerone. La diffusione delle sue edizioni è dovuta alla cura filologica ma è anche favorita dall'adozione di un formato estremamente maneggevole, quello tascabile. TRA FORTUNA ED ECCELLENZA: COME CAMBIANO LE FIGURE DI INTELLETTUALI E ARTISTI La riflessione sui testi antichi comporta l'elaborazione di una visione del mondo profondamente diversa da quella medievale. La centralità della figura di Dio nell'universo medievale aveva lasciato il posto all'importanza dell'individuo e delle sue azioni nel mondo per il raggiungimento del bene più prezioso, la gloria. La cultura umanistica elabora un'ideale caratterizzato da un nuovo atteggiamento nei confronti della vita: viene sottolineata la dimensione pubblica, sociale e politica. L'uomo Rinascimento tale deve esercitare numerose attività, non solo politiche e militari, ma anche culturali e ludiche: è considerato artefice del proprio destino e delle proprie fortune. Un personaggio che sembra riassumere in sé le diverse caratteristiche del modello rinascimentale è Leon Battista Alberti, figlio di un mercante, si rifiuta di seguire le orme paterne e diviene architetto, teorico della pittura e architettura, autore di opere scientifiche. Alberti elabora una peculiare visione del mondo nel dialogo La famiglia. Assume un valore rivoluzionario, grazie alla sua visione, il denaro: è indispensabile all'uomo per vivere, ma è anche in stretta relazione con l'uso del tempo. Infatti, solo colui il quale sa impiegare proficuamente il proprio tempo può conseguire i propri scopi e ottenere ciò che desidera. Una delle figure più importanti dell'epoca rinascimentale è Leonardo da Vinci (1452-1519). Pittore, scultore, architetto, ingegnere e scrittore; è mosso da una curiosità insaziabile verso ogni aspetto della realtà che lo circonda. Secondo lui l'uomo deve perseguire la conoscenza attraverso l'osservazione diretta della natura. All'interno del mondo rinascimentale, un ruolo privilegiato spetta all'artista, che per la prima volta conquista rispetto e prestigio all'interno della società. Questo notevole cambiamento avviene in virtù di diversi fattori. In primo luogo, cambia l'educazione dell'apprendista. Valore esemplare ha l'esperienza del giardino di San Marco promossa a Firenze da Lorenzo de Medici detto il magnifico. Qui Lorenzo accoglie giovani promettenti ai quali fa impartire un'educazione di tipo umanistico e liberale. A questo proposito importante è la figura di Filippo Brunelleschi (1377- 1446), architetto, ingegnere e scultore, il quale applica le conoscenze scientifiche e meccaniche per la realizzazione delle sue opere. LA POLITICA COME SCIENZA: MACHIAVELLI E GUCCIARDINI Il quadro politico all'interno del quale si sviluppa il Rinascimento italiano è caratterizzato da notevoli tensioni e conflitti. Un'originale meditazione sugli scritti degli storici dell'antichità classica è quella che elabora Niccolò Machiavelli (1469-1527), che riflette sulle modalità che consentono ai governanti di conquistare o conservare uno Stato. Alcune delle sue opere più importanti sono Il Principe (1513) e I discorsi sopra la prima deca di Tito Livio (1513-17). Fondamentale è il confronto con il passato poiché aiuta a interpretare il presente e può fornire soluzioni ai problemi che si presentano. Nei Discorsi Machiavelli riflette su episodi della vita della Repubblica romana, di cui coglie le crisi. Egli mostra come la decadenza sia frutto delle azioni dei romani stessi; hanno tradito le virtù dei padri: la parsimonia, l'onestà e l'impegno nella vita militare. Questi errori sono stati ripetuti, secondo Machiavelli, dai suoi contemporanei. Nel Principe Machiavelli esamina le modalità che rendono possibile a un signore di conquistare uno Stato e di governarlo: sostiene che il principe per giungere al potere deve essere furbo come una volpe e spietato come un Leone, in modo da non farsi travolgere dalla fortuna, forza cieca che governa le cose umane. L'ARTE DEL VIVERE I centri da cui si irradia la cultura rinascimentale sono le corti principesche italiane dei Visconti, degli Sforza a Milano e dei Medici a Firenze. Quello che si viene elaborando all'interno degli spazi cortigiani è una figura umana cui i contemporanei che aspirano all'ascesa sociale devono cercare di adeguarsi: il cortigiano. A questa figura, Baldassarre Castiglione dedica la sua opera principale, Il cortigiano: testo dialogico in cui i diversi personaggi discutono su quali siano le caratteristiche salienti del vero gentiluomo di Corte. Attraverso le pagine di questo libro vuole elargire consigli ai monarchi del tempo, suggerendo loro di prestare ascolto ai saggi e competenti uomini di Corte di cui si circondano. Diviene presto il libro più tradotto fra 5 e 600. LA NATURA E I SAPERI OCCULTI Nella visione cristiana medievale la natura è la raffigurazione della potenza e della volontà di Dio. Con l'umanesimo si PROTESTANTESIMI La diffusione dello spirito protestante nella Svizzera e Alsazia porta alla nascita di forme di organizzazione confessionali diverse. A Zurigo, grazie all'azione del riformatore Zwingli, la città si trasforma in una sorta di democrazia a base teocratica, in cui le strutture ecclesiastiche svolgono un'azione di sostegno, di controllo e di direzione della politica; obiettivo: la creazione di una vera e propria città di Dio in cui tutta l'attività umana sia regolata dai valori cristiani. Zwingli afferma la validità di due soli sacramenti: il battesimo e l'eucarestia, quest'ultima intesa come segno della presenza di Cristo nella comunità. Alcuni seguaci di Zwingli sostengono il valore del battesimo come scelta adulta e consapevole e non come atto sacro da amministrare agli infanti. Calvino rielabora in modo originale la visione protestante, accentuando l'idea della predestinazione  solo il signore conosce quali anime verranno salvate e quali condannate, però gli uomini sono chiamati ad operare con zelo nella società in quanto verranno giudicati in base al buon esito delle loro azioni. I calvinisti non tollerano il dibattito delle loro idee e si chiudono nel recinto delle proprie certezze teologiche, i dissenzienti sono espulsi e condannati al rogo. In tutta Europa centro-settentrionale la diffusione del movimento protestante procede con grande rapidità; i luterani in Svezia, Danimarca, Norvegia, Islanda; i calvinisti in Francia – vengono chiamati ugonotti – nei Paesi Bassi, in Polonia, in Italia, in alcune valli piemontesi, si fondono con i valdesi – seguaci di Valdo di Lione già perseguitati. L’ANGLICANESIMO Inizialmente Enrico VIII (Inghilterra) si schiera apertamente contro le idee luterane ma ben presto avverte l’importanza dell’occasione che la diffusione delle idee protestanti gli offre: ridurre l’influenza del papato sulla politica e sulla società inglese. Nel caso dell’annullamento del matrimonio di Enrico VIII con Caterina d’Aragona era proprio il papa che controllava la politica dinastica. Visto l’atteggiamento attendista sulla sua richiesta di divorzio da parte di Clemente VII, il sovrano inglese ne approfitta per spezzare il legame di sudditanza spirituale alla Chiesa romana. Nel 1534 con l’Atto di supremazia, egli si proclama unico e supremo capo della Chiesa d’Inghilterra affidando all’arcivescovo di Canterbury il governo degli affari ecclesiastici. Mentre viene introdotta la Bibbia in inglese, il re procede con la vendita delle ingenti proprietà della Chiesa Romana dando vita ad un ceto di piccoli/medi nobili proprietari terrieri. Il movimento protestante diffusosi in Europa si afferma in uno dei più importanti regni del continente sulla base di una decisione presa dal sovrano per ragioni politiche ed economiche. La sfera religiosa diventa quindi un ambito aperto allo scontro politico. 6- LA FRONTIERA MEDITERRANEA E L’IMPERO OTTOMANO L’IMPERO OTTOMANO Alla metà del Cinquecento la grande espansione ottomana nel mediterraneo, cominciata nel 1453 con la conquista di Costantinopoli, può dirsi conclusa. Grazie a Maometto II, Bayezid II e Solimano il Magnifico il dominio dei sultani si estende dal Marocco alla Persia. L'impero ottomano è una potenza di prima grandezza sia dal punto di vista territoriale sia da quello politico e militare; al suo interno si trovano infatti i territori che mettono in contatto il Mediterraneo con l’oceano Indiano, importantissimi dal punto di vista commerciale per raggiungere l'India, e le piste carovaniere che attraverso la Persia collegano l'Asia centrale con il Mediterraneo. La società cristiana guarda con paura alla potenza del sultano di Istanbul ed ai corsari nord-africani, suoi tributari, autori di scorrerie sulle coste italiane/iberiche. Alla base della potenza ottomana vi è una efficace organizzazione amministrativa e militare; a capo di un impero vastissimo ed abitato da popolazioni diverse, unite sola dalla fede mussulmana, vi è il sultano che ha un potere assoluto in ogni ambito a eccezione di quello religioso in cui vige la legge del Corano. La sua reggia è il palazzo Topkapi a Istanbul. La parte esterna del palazzo è la sede del Governo Centrale: qui si trova la sala del Gran Consiglio (presieduto dal gran visir, scelto personalmente dal sultano, possiede pari poteri del sultano anche se questi può destituirlo in qualsiasi momento), composto da funzionari che dirigono i singoli settori del governo e controllano i governatori delle varie provincie. Nell’esercito spiccano, oltre ad una potente flotta, anche i giannizzeri, speciali corpi di fanteria fedeli in modo assoluto al sultano. La religione ufficiale è quella mussulmana-sunnita; la base del diritto è costituita dal Corano, il mufti di Istanbul, la più alta autorità religiosa. Nell’impero vige una grande tolleranza religiosa. Pur avendo trasformato diverse chiese in moschee, i mussulmani non hanno interesse a far convertire chi professa una fede diversa, ne intendo cancellare le diversità – lingua, tradizioni – delle varie popolazioni che essi governano. La popolazione è divisa in due gruppi; una costituita da chi è al servizio del sultano: militari, autorità civili e religiose esentati dalle imposte; l’altra dai contadini, artigiani, mercanti che sono obbligati al pagare le tasse. LA MONARCHIA CATTOLICA DI FILIPPO II Con la morte di Carlo V, il suo impero è diviso fra il fratello, Ferdinando, a cui vanno, oltre la Boemia e l’Ungheria, i territori dell’area austriaca; ed il figlio Filippo II: Castiglia, Aragona, Paesi Bassi, Contea Franca, Stato di Milano, regno di Napoli e quello di Sicilia. Gli unici elementi comuni della monarchia composita (territori divisi tra loro) di Filippo sono la sua persona e la religione cattolica, professata fortemente da lui e da tutti i suoi sudditi. La monarchia, infatti, è detta monarchia cattolica. Prioritaria di Filippo è la lotta all’eresia protestante che è portata avanti dal tribunale dell’Inquisizione spagnola (1478) per giudicare e reprimere tutti i comportamenti e le dottrine eterodosse. Un inquisitore generale, nominato dal Papa e affiancato da un consiglio, controlla le coscienze e il comportamento dei sudditi. L'efficacia dell'inquisizione spagnola è provata dall'alto numero di condanne a pene che arrivano spesso alla morte. Filippo II e i suoi ministri cercano di introdurre l'inquisizione nello stato di Milano provocando la durissima opposizione delle istituzioni locali che obbligano il sovrano a rinunciare al suo piano. In ogni caso le sue volontà hanno alimentato le agitazioni fino all'esplosione di una vera e propria ribellione contro la corona. Il Consejo de la inquisicion e uno dei più importanti consejos di cui si avvale il monarca: si tratta di organismi composti da esperti di diritto e di amministrazione che forniscono al re i loro pareri sulle diverse questioni che questi sottopone loro. Nel 1516, Filippo II stabilisce la sua corte a Madrid da dove comanda i suoi territori con grande circospezione, viene definito infatti rey prudente. Per quanto riguarda la penisola italiana, il sovrano mira a garantire la stabilità politica e sociale e la sicurezza militare dei territori da lui governati, ossia Repubbliche di Genova e di Venezia, ducati di Savoia, di Mantova, di Parma Piacenza, di Modena, Stato Vaticano, ma anche perché l'Italia settentrionale, soprattutto il Ducato di Milano, costituisce un importante nodo di comunicazione per l'invio di truppe nel Nord Europa. L’Italia si presenta come una sorta di sistema di Stati che riconoscono il loro legittimo sovrano in Filippo II, ma che conservano una propria autonomia istituzionale e sociale. L’AZIONE DI FILIPPO II NEL MEDITERRANEO. Nel frattempo, l'impero ottomano prosegue nella sua politica espansionistica nel Mediterraneo, con l'appoggio delle flotte della pirateria nordafricana. Il primo atto di Filippo secondo è la controffensiva contro le basi della pirateria; tuttavia, la prima spedizione nel 1560 fallisce. Nel 1571, all’impero ottomano si annette l’isola di Cipro, possedimento della repubblica veneziana e assai rilevante per la produzione di zucchero, sale e cotone. La Santa Sede vede nell’avanzata ottomana una minaccia mortale all’esistenza stessa della religione cattolica. Decisivo è il ruolo di Papa Pio V: propone di creare un'alleanza tra tutti i sovrani che si faccia carico di armare una flotta per combattere le forze ottomane. Inizialmente Filippo II appare riluttante poiché è impegnato su più fronti: -a rendere sicuro il Mediterraneo, -assicurarsi il controllo dei porti della costa del Nord Africa, -intraprendere una guerra contro l'impero ottomano. Inoltre, l'esplosione della rivolta nelle Fiandre grava sulle finanze della corona di Castiglia, costantemente sull'orlo della bancarotta. La ragione dei suoi tentennamenti però son dovuti ad alcuni problemi interni: da tempo le autorità politiche ed ecclesiastiche spagnole sono in allarme a causa dei moriscos, popolazioni di fede musulmana costretti a convertirsi al cristianesimo. Vi sono però parecchi timori circa la loro effettiva assimilazione alla cultura cattolica e la loro fedeltà. La conversione forzata infatti non ha cancellato né l'uso della lingua araba né il mantenimento delle tradizioni, costumi e abbigliamento musulmani. Inoltre, il fatto che i moriscos vivono prevalentemente nella parte meridionale della penisola iberica fa temere l'esistenza di legami con la pirateria nordafricana o addirittura con l'impero ottomano. È per questo che Filippo II intraprende una nuova campagna contro l'utilizzo della lingua araba, con l'unico risultato di far scoppiare nel 1568 una vasta rivolta nella regione di Granada.  Solo nel 1570 Filippo II decide la deportazione e dispersione dei moriscos in tutto il territorio della Castiglia. Nel 1571 viene stipulata tra Papa Pio V, La Repubblica di Venezia e Filippo II un'alleanza contro gli ottomani detta Lega Santa, cui aderiscono anche La Repubblica di Genova, i duchi di Savoia e di Toscana e l'ordine di Malta. GUERRA E GUERRIGLIA: LE GRANDI BATTAGLIE E LE PICCOLE SCORRERIE Il 7 ottobre 1571, a Lepanto, la flotta cattolica ottiene un’importante vittoria contro quella ottomana; ma questa vittoria non viene sfruttata perché la Lega Santa si dissolve a causa di dissensi tra Venezia e la Spagna, che hanno diversi interessi strategici. Venezia conclude una pace separata con gli ottomani per garantirsi la sicurezza dei propri commerci, le forze asburgiche concentrano i propri sforzi nel conflitto in alto nelle Fiandre. L’evento di Lepanto non costituisce l’evento epocale propagandato dal mondo cattolico anche se la perdita della flotta fu un duro colpo per gli ottomani. L’esaurimento del conflitto nel Mediteranno fu dovuto anche al riaccendersi della guerra fra impero ottomano e la Persia. Filippo II e Selim III, poiché entrambi sono costretti a spostare i loro eserciti su altri teatri bellici siglano una tregua (1581), che verrà sempre rinnovata negli anni successivi. Il mediterraneo torna ad essere il mare dei commerci che continuano ad essere minacciati da una pirateria radicata: si impossessano delle merci e riducono i vinti in schiavi. 7- LA CHIESA IN ARMI: L’EUROPA DELLE CONTRORIFORMA IL CONCILIO DI TRENTO Una delle vie per risolvere il problema protestante sarebbe stata la convocazione di un concilio ecumenico, la riunione straordinaria di tutti i vescovi eletti dalle singole comunità che costituiva la massima autorità ecclesiastica. Con il successivo prevalere dell'autorità papale romana, i concili divennero sempre meno frequenti, anche se era sopravvissuta la convinzione che il Concilio rappresentasse l'unica istanza in grado di porre rimedio alla frattura della cristianità. Sebbene lo stesso Carlo V sin dall'inizio della riforma luterana aveva più volte richiesto la convocazione di un concilio, né Leone X, né Clemente VII accettarono mai, per timore di una rinascita del conciliarismo. Solo Papa Paolo III convoca il concilio, prima a Mantova, poi a Trento (1544). La scelta di Trento come la sede del Concilio ha un duplice significato: Si tratta di una città italiana dal punto di vista geografico, ma situata in un territorio che fa parte del sacro romano impero. Per di più, essa è la capitale di un Principato governato da un principe-vescovo. La vicinanza di Trento ai paesi di lingua tedesca costituisce un segnale di apertura verso il mondo protestante. Con il concilio il Papa vuole imporre l’autorità della Chiesa ed intraprendere la lotta contro gli eretici mentre l’imperatore punta ad una soluzione di compromesso che gli consenta di salvaguardare la sua autorità in Germania, ma vi è anche chi spera in una vera ricucitura della frattura della Chiesa. Il concilio si apre sotto lo stretto controllo del Papa che, in contrasto con Carlo V, è contrario a qualunque concessione ai protestanti. Il Papa riesce però a far prevalere la propria volontà e malgrado l'opposizione dell'imperatore, Il Concilio affronta subito alcune questioni teologiche oggetto di critica o di completo rifiuto da parte protestante sono quindi approvati i decreti conciliari relativi al peccato originale, alla fede, alle fonti della rivelazione (sacre scritture e la loro interpretazione), alla giustificazione e ai sacramenti nella primavera del 1547, entrato in urto con Carlo V, Paolo III fa approvare il trasferimento del Concilio a Bologna, città appartenenti allo stato della Chiesa, allo scopo di assumerne il pieno controllo, ma a causa dei continui dissidi con l'imperatore decide di sospendere il Concilio (1549). La ripresa del Concilio a Trento viene decisa dal nuovo Papa, Giulio III; In questa seconda fase viene esaminata la spinosa questione dell’eucarestia, ma a causa della guerra tra Spagna e Francia, Il Papa sospende il Concilio. La terza e ultima fase riprenderà soltanto nel 1562 con il nuovo Papa Pio IV. Vengono trattati temi delicati come la definizione dell'origine e del ruolo dell'autorità dei vescovi nella chiesa; il tema centrale e l'obbligo di residenza dei vescovi nelle diocesi di appartenenza. I prelati spagnoli e francesi affermano che tale obbligo è di diritto divino, mentre gli italiani lo ritengono una questione di diritto canonico, riconoscendo dunque al Papa la facoltà di concedere deroghe e dispense. Alla fine, il Concilio opta per una soluzione di compromesso: seppur ribadendo l'obbligo di residenza dei vescovi, lascia intatta la facoltà del pontefice di concedere dispense ed esenzioni in materia. Sul piano dottrinale sono riconfermati: i sette sacramenti, l’esistenza del Purgatorio, il culto dei santi e delle reliquie, la capacità della Chiesa di ridurre le pene ultraterrene tramite le indulgenze, Chiesa e clero unici depositari della facoltà di leggere il verbo divino nell’unica versione originale, la Vulgata. In seguito, il successore Pio V, cura la pubblicazione del Catechismo Romano del Concilio di Trento, testo divulgativo e propagandistico ad uso dei parroci volto a fissare la dottrina della chiesa. La struttura della Chiesa viene ricondotta strettamente sotto il controllo dell’autorità papale. Il concilio di Trento, pensato come una riunione dei cristiani divisi affinché possano trovare il modo di superare la frattura apertasi nella chiesa, in realtà si è dimostrato volto solamente a riformare e rafforzare le strutture della Chiesa di Roma. Infatti, avvengono delle modifiche all'interno della Chiesa: -poiché il clero secolare e spesso ignorante e incapace non solo di controbattere le argomentazioni protestanti, ma anche amministrare i sacramenti e istruire i fedeli sui principi della fede cattolica, viene deciso di creare in ogni diocesi un Spagna, le due potenze siglano un accordo di pace nel 1598. Conclusa la lunga fase di lotte religiose Enrico IV può dedicarsi a ripristinare la sua autorità e a risanare le disastrose finanze della Francia; ma nonostante il suo buon operato a favore del suo paese egli rimane, per gli oltranzisti cattolici, un eretico convertitosi per ragioni opportunistiche e verrà assassinato nel 1610 da un estremista cattolico. MONARCOMACHI E «POLITIQUES» Durante il periodo delle guerre di religione due sovrani francesi vengono assassinati. Una pratica estrema di lotta politica dovuta alla contrapposizione della spaccatura tra cattolici e protestanti. Cade l’idea della sacralità dei sovrani considerati come rappresentati di Dio in terra, anzi un sovrano nemico della vera fede viene ritenuto un pericolo e può essere combattuto ed ucciso. Si afferma il tema della liceità dell’uccisione di un sovrano eretico, dottrine che la storiografia ha definito «monarcomache». Si tratta del recupero della teoria politica greco romana della tirannia: secondo l’aristotelismo politico la monarchia tende naturalmente a degenerare in regime tirannico; Cesare finisce per trasformarsi in Nerone. In questo periodo ebbe enorme diffusione un testo anonimo, Vindiacie contra tyrannos, per cui si deve obbedienza al sovrano solo se è un re di grazia e di giustizia. Egli deve mettere d’accordo le diverse parti del suo regno, ma se si schiera con una delle parti, cessa di essere re e diventa un tiranno a cui non si deve obbedienza. Successivamente, queste tesi vengono teorizzate da entrambi le parti in lotta, cattolici/protestanti. Queste idee minano il fondamento sacro dell’autorità regia, il ruolo di rappresentate di Cristo. Conseguentemente, in Francia, si elabora una teoria politica che consente di sottrarre l’autorità sovrana allo scontro religioso; i portatori di queste idee vengono definiti politiques: sostengono un rafforzamento dell’autorità regia e della concessione di una certa libertà di culto come unico rimedio alla divisione religiosa. Nel 1576, il più influente tra questi è Jean Bodin, il quale sostiene che la sovranità dello stato è per sua natura unitaria, indivisibile e perpetua e non deve avere limiti, che al principe detentore della sovranità spetta la pienezza del potere legislativo senza alcun vincolo. Si apre così la strada alla teorizzazione del potere «assoluto» del re; non è ammesso il diritto di resistenza, né di reazione contro i sovrani. La radicalizzazione promossa dallo scontro religioso tende a spingere sia il Papa, che i capi delle sette protestanti a pretendere di intervenire nelle questioni religiose degli Stati. Un caso esemplare di questa tendenza è il conflitto che vede contrapposte la Santa Sede e la Repubblica di Venezia tra il 1605 e il 1607. La contestazione papale rispetto all'arresto di due chierici si estende al problema del controllo dell'edificazione delle chiese e del patrimonio ecclesiastico nel territorio della Repubblica. Di fronte al fermo rifiuto di Venezia di accedere alle condizioni richieste, Papa Paolo V ricorre al divieto al clero di esercitare le funzioni religiose in tutto il territorio della Repubblica. Venezia reagisce con durezza, imponendo al clero il normale svolgimento dei riti. Alla fine, grazie alla mediazione francese, la controversia viene appianata. Venezia vede riconosciuta la propria sovranità e l'infondatezza delle pretese papali. Il fatto stesso che la Repubblica abbia vittoriosamente rintuzzato le ingerenze della Santa sede costituisce un precedente importante cui tutti i sovrani europei guarderanno con grande attenzione. 9- LA RIVOLTA DEI PAESI BASSI E LA NASCITA DELLE PROVINCE UNITE UN’AREA FIORENTE TRA CRESCITA E CRISI Prima dell’ascesa di Carlo al trono, i Paesi Bassi sono terre fiorenti e popolate; un’agricoltura ricca si accompagna ad un florido artigianato tessile. Il fulcro della ricchezza risiede nelle Fiandre e Anversa diviene un’importante piazza commerciale e finanziaria. Dopo l’Italia, i Paesi Bassi sono un centro nevralgico dello sviluppo europeo non solo economico, ma anche culturale con la pittura fiamminga e realistica – Rembrandt, Bruegel e pensatori e teologi quali Erasmo da Rotterdam. L’inserimento nella monarchia di Carlo V giova grandemente ai Paesi Bassi, che diventano un'area economicamente fiorente con lo sviluppo delle industrie tessili di Liegi e di Bruges, Borsa commerciale e finanziari di Anversa. Però, a partire dalla seconda metà del Cinquecento cresce la concorrenza inglese sia nel tessile, sia nei commerci internazionali; anche gli olandesi aumentano la concorrenza dei traffici marini. Anche su piano politico sorgono difficoltà perché ogni provincia ha proprie leggi e ordinamenti: i Paesi Bassi sono infatti formati da 17 province. Ulteriore elemento di tensione è dato dai problemi religiosi: la normativa contro i protestanti era stata inasprita da Carlo V, giungendo a prevedere la pena di morte. Risultato è stato un blocco della penetrazione delle idee protestanti, che rimangono presenti solo in settori marginali. LE RAGIONI DEL CONFLITTO CON LA SPAGNA Negli anni Sessanta il calvinismo penetra in questi territori facendo breccia nei settori artigianali, fra i mercanti e gli uomini d’affari delle città. Contemporaneamente i cattivi raccolti e la guerra commerciale con l’Inghilterra creano sacche di disoccupazione e di malcontento popolare. Anche le relazioni tra la corte di Filippo II e l’aristocrazia locale (i più importanti: Guglielmo d’Orange, il conte di Egmont e il conte di Hornes), che chiede una diminuzione delle imposte e di moderare la repressione, diventano critiche. Infine, Filippo II rifiuta di mitigare la repressione dell’eresia calvinista. La crisi esplode. REPRESSIONE E RIVOLTA Nel 1565 un gruppo della nobiltà minore chiede l’espulsione dai Paesi Bassi dell’Inquisizione e sottoscrive un documento comune noto come il Compromesso della nobiltà. Nell’aprile del 1566 una folla di circa 3000 persone si presenta in armi al cospetto di Margherita, cui consegna una petizione che chiede l’annullamento dei recenti editti e la convocazione di un’apposita sessione degli stati generali per rivedere la politica religiosa. Margherita di Parma (sorellastra di Filippo II), governatrice in nome dell’imperatore, cede per paura di un aggravamento della situazione e con un editto invita le autorità ad una minor rigidità ad attuare la repressione, con conseguente aumento dei calvinisti. Le tensioni sociali si fanno preoccupanti; i calvinisti attaccano le chiese cattoliche. La crisi comincia ad aggravarsi: Hornes e Egmont vogliono aiutare Margherita a riprendere il controllo della situazione, Guglielmo d’Orange si schiera a favore dei protestanti. Filippo II decide di inviare un esercito guidato dal duca d’Alba (nobile spagnolo) per una dura repressione, ma agisce duramente proprio contro la classe dirigente locale alla quale si appoggiava Margherita per ottenere il consenso; Margherita si dimette ed il duca diventa il governatore generale. Questo aspetto è importante perché fino ad allora il territorio era sempre stato governato da un membro della famiglia del sovrano. La nomina di un grande di Spagna a governatore rende visibile la trasformazione dei Paesi Bassi in una provincia come le altre della monarchia cattolica.  Il governo di Alba è rimasto famoso per la violenza della repressione: vengono eseguite oltre mille sentenze capitali, molte anche fra la nobiltà locale. Inoltre, per il mantenimento del suo esercito il duca impone nuove tasse e questo fa crescere l’opposizione: alcuni nobili fuggiti dai Paesi Bassi, con la complicità della corona inglese e dagli ugonotti francesi, organizza una flotta detta dei ‘pezzenti del mare’ che attuano la pirateria a danno degli spagnoli; Guglielmo invece invade le province orientali della Germania ma viene respinto. A questo punto si rifugia nelle regioni settentrionali di Olanda e Zelanda, che lo nominano proprio governatore e gli forniscono mezzi per la guerra. Guglielmo d’Orange, detto il Taciturno, ormai convertito al calvinismo, costituisce un punto di contatto tra calvinisti olandesi e ugonotti francesi, diventando il punto di riferimento di una rivoluzione condotta in nome della difesa della libertà costituzionale e religiosa. LA NASCITA DELLE PROVINCIE UNITE Filippo II è costretto a richiamare il duca di Alba in Spagna. Il successore, Luis de Requenses, pone fine alla politica del terrore e cerca un accordo con le province ribelli. Si ripropone il grave problema del finanziamento della guerra; nel 1575, mentre Filippo II dichiara bancarotta, muore il nuovo governatore dei Paesi Bassi (Luis de Requenses), segue la ribellione dell’esercito che compie saccheggi ed eccessi di ogni tipo contro la popolazione. I dirigenti delle provincie leali prendono in mano la situazione e avviano trattative con le province ribelli d’Olanda e con il principe di Orange per espellere le truppe straniere e congelare la questione religiosa. Filippo II invia come governatore il fratellastro Giovanni d’Austria, vincitore di Lepanto, il quale in cambio del ritiro delle truppe e del rispetto delle leggi delle province, ottiene il riconoscimento della propria autorità e il ripristino del cattolicesimo come religione ufficiale. Ovviamente le provincie a maggioranza calvinista, Olanda e Zelanda, reagiscono e riprende la guerra: esplodono rivolte guidate dai calvinisti che si uniscono sotto Guglielmo d’Orange. Le province cattoliche offrono il posto di governatore al nipote di Filippo II, Mattia d’Asburgo, ma anche questa soluzione fallisce. I Paesi Bassi sono ormai divisi in due aree: quelle delle Provincie Unite ribelli, a egemonia olandese e calvinista; la seconda, quelle delle Provincie Lealiste, vallone e cattoliche. Le provincie ribelli dichiarano Filippo II tiranno, e cercano un nuovo sovrano nel fratello del re di Francia, duca d’Angiò, che però non si dimostra all’altezza. Alla morte del principe d’Orange, assassinato da un fanatico cattolico, il vuoto di potere viene occupato dal conte di Leicester, fiduciario di Elisabetta d’Inghilterra, con cui le province settentrionali stipulano un’alleanza antispagnola. Alla fine, gli Stati Generali delle provincie ribelli decidono di evocare a sé la piena sovranità, proclamandosi autorità suprema della nuova entità statale delle Province Unite (1589). LA STABILIZZAZIONE DELLA REPUBBLICA DELLE PROVINCE UNITE Negli anni successivi, nelle Province Unite prende una forma più definita il regime di tipo repubblicano con un’ampia assemblea in cui ogni provincia gode di un solo voto. Si afferma l’egemonia dell’Olanda, la provincia più ricca e popolosa; alla famiglia Orange viene riconosciuto il comando dell’esercito e per motivi commerciali viene siglata una tregua con la corona spagnola. Le Province Unite riescono a trovare una sostanziale stabilità sino al 1612 quando scade l’armistizio con la Spagna. Riprende una lunga fase di guerra; le Province Unite colpiscono la monarchia cattolica nei possedimenti coloniali e nei suoi interessi commerciali. Si giunge infine al trattato di Munster in cui la corona spagnola rinuncia alle sue pretese di sovranità sulle Province Unite (1648). 10- ECONOMIA E FINANZE NEL SECOLO DEI GENOVESI CRESCITA DELLA POPOLAZIONE E DELLA PRODUZIONE AGRICOLA Nei primi decenni del XVI secolo si registra in Europa una crescita della popolazione; la crescita è diversa da regione a regione. Aumenta anche la popolazione urbana grazie all’afflusso di persone dalle campagne; grande sviluppo di Londra, Siviglia, Lisbona, Palermo, Napoli, Milano, Venezia. Alla base della crescita demografica vi è sia la flessione della mortalità dovuta ed infezioni e altre malattie, sia l’aumento della natalità dovuto ad fatto che le persone tendono a sposarsi più giovani. L’aumento della popolazione comporta un notevole aumento della domanda di derrate alimentari ed una conseguente crescita dei prezzi dei prodotti agricoli; in Francia il prezzo grano cresce di 6 volte In Europa si arriva ad una «cerealizzazione» dell’agricoltura. Vengono bonificate varie zone in Francia, Inghilterra, Paesi Bassi, in Italia regioni del Veneto da parte delle Repubblica di Venezia e del Polesine del duca di Ferrara; la Sicilia diventa il vero e proprio granaio d’Europa. Ma nel 1590 una nuova carestia, causata da un peggioramento del clima, si abbatte sull’Europa. LA PRODUZIONE MANIFATTURIERA Anche la produzione manifatturiera si espande sia nel settore tessile, Castiglia e Toledo, sia nella metallurgia per la produzione del ferro –Inghilterra/Svezia - e dell’allume usato per tingere li tessuti – viene scoperta una importante miniera a Tolfa nello Stato della Chiesa. In Italia notevole sviluppo nel settore laniero, a Bergamo, Venezia, Firenze; e nel settore serico, la produzione nello Stato di Milano, e nelle manifatture seriche di Genova, Bologna, Mantova. I tessuti di produzione italiana sono di alta qualità e non temono la concorrenza di quelli di lana. In generale, nelle città dell'Italia centro settentrionale, i salari dei lavoratori si mantengono relativamente più elevati e quindi maggiormente in grado di far fronte al crescente costo della vita. IL RUOLO DEGLI SCAMBI A LUNGO RAGGIO Il mediterraneo resta il cuore dei commerci cinquecenteschi; grano, manufatti tessili e metallici, spezie, transitano dai porti di Venezia e Genova: Venezia rimane lo snodo più importante. Per i traffici commerciali Castiglia diviene uno snodo importante e la città di Anversa diventa la principale piazza finanziaria del continente europeo. Mercanti di tutti i paesi vi convengono al fine di comprare e vendere ogni genere di mercanzie. In Europa l'aumento della popolazione comporta una crescita della domanda di manufatti tessili e derrate alimentari. LE FINANZE DEI SOVRANI E DELLE REPUBBLICHE In tutta Europa, dalla metà del XV secolo si registra un aumento della pressione fiscale dovuta: -sia alla crescita dei prezzi, necessità di adeguare le entrate all’inflazione; -sia alla voce principale della spesa pubblica: la guerra; nuovi armamenti, introduzioni delle armi da fuoco, aumento del numero degli eserciti con conseguente necessità di pagare, armare ed equipaggiare molti mercenari. I governi incrementano la tassazione straordinaria pur incontrando notevole resistenza da parte della popolazione e dei ceti privilegiati. I governi -monarchici o repubblicani- appaltano le riscossioni delle imposte a compagnie bancarie e i sovrani ricorrono all’indebitamento a breve; i banchieri senesi e fiorentini sono specializzati nel trasferire il denaro nelle regioni scelte dai clienti. Gli interessi sono elevati. In Germania e nelle Fiandre nasce il debito consolidato: emissione di titoli pubblici con rendita fissa – 7/10% - sottoscritto da mercanti, imprenditori, enti ecclesiastici, aristocratici; gli interessi provengono da tasse le quali gravano sulle spalle dei ceti umili che vivono di salari. In Italia, Genova, Venezia, Firenze sono i primi comuni ad istituzionalizzare questo debito pubblico. La corona di Castiglia, Carlo V e suo figlio Filippo II, ricorrono massicciamente a gruppi bancari tedeschi/genovesi/portoghesi- che forniscono denaro ai suoi eserciti nei luoghi desiderati. Vista l’enorme somma raggiunta -8 milioni di ducati- dal debito della sua corona, nel 1557, Filippo II converte in modo forzoso il debito in titoli pubblici al 5%; a causa della crescita continua del debito questa operazione verrà più volte ripetuta sino ad arrivare alla sospensione dei pagamenti. Anche in Francia l’indebitamento della corona è in continuo aumento e viene finanziato con titoli pubblici i cui interessi gravano sulle imposte e sui consumi. Ma anche in Francia si finisce col consolidare il debito e sospendere i pagamenti. Solo lo Stato della Chiesa, caso atipico, pur consolidando il suo debito, riesce a mantenere la fiducia degli investitori continuando a pagare regolarmente gli interessi. Altro modo usato dai sovrani per finanziare le loro esigenze è la vendita di incarichi militari, amministrativi e finanziari al miglior offerente; l’acquirente ottiene la remunerazione e i diritti legati a quell’incarico. IL COMMERCIO DEL DENARO La venalità degli uffici, l’attività creditizie con prestiti ai monarchi, e gli appalti delle imposte ottenuti in cambio, consentono a molti finanzieri di acquistare feudi e titoli nobiliari. I finanzieri, grazie alla credibilità e capacità, raccolgono denaro liquido da molti soggetti, e poi lo trasferiscono laddove sia richiesto. Con un accordo, chi versa una determinata somma di denaro ad un banchiere ottiene l’impegno (lettera di cambio) a farsi pagare tale somma nella moneta della località straniera da parte di un altro banchiere. In questo modo si evita il trasporto materiale del denaro numeriche, di qui il suo impegno nell'ideare nuovi strumenti. Il suo maggiore successo è costituito dalla realizzazione del telescopio. Venuto a conoscenza della costruzione del cannocchiale, usato nei campi di battaglia, comprende il valore scientifico di questo strumento e costruisce telescopi di qualità eccezionale utilizzandoli per effettuare osservazioni astronomiche. In questa maniera ha modo di osservare per la prima volta diversi satelliti e le osservazioni da lui compiute consolidano la teoria eliocentrica a scapito di quella geocentrica sostenuta dalla chiesa cattolica. Le sue scoperte astronomiche fanno guadagnare a Galileo grande stima anche fra le alte gerarchie ecclesiastiche. Ciò induce l'astronomo a credere che il copernicanesimo possa entrare a far parte delle dottrine ufficiali Della Chiesa cattolica. Egli sa bene che il maggiore ostacolo a riguardo è dato dal fatto che l'interpretazione ufficiale della Bibbia è strettamente connessa alla lettura che la tradizione cattolica dà alle dottrine aristoteliche. Pertanto, negli anni 1613-15, scrive sulla questione una serie di lettere private in cui afferma che natura e scrittura hanno un’origine comune in Dio; tuttavia, la verità che essi affermano è diversa. La Bibbia detiene un primato in ambito religioso e morale, la natura deve essere indagata tramite la matematica e l'esperienza.  Nel 1616 l’Inquisizione condanna le teorie copernicane in quanto contrarie alla verità bibliche, anche Galileo è ammonito. Egli cerca di convincere gli studiosi della fondatezza delle sue teorie, però senza riuscirci. Nel 1633, viene processato dall’Inquisizione e condannato alla pubblica abiura, ritrattazione dell’eliocentrismo, e alla carcerazione a vita che sconterà presso Firenze, dove peraltro continuerà la sua opera di ricerca e scrittura gettando le fondamenta di una scienza del moto. UNA NUOVA MEDICINA Anche in campo medico, tra Cinque e Seicento, si registrano scoperte che modificano l’idea del corpo umano che si è sviluppata nella cultura europea. Partendo dalla rilettura dei testi del greco Galeno (129/201), Andrea Vesalio (1514/64) docente dell’università di Padova, elabora un testo che, attraverso tavole esplicative dei diversi organi, suggerisce a coloro che vogliono occuparsi di medicina di effettuare uno studio diretto sui corpi anziché affidarsi al sapere tradizionale. Anche Girolamo Fabrici (1533/1619), crea il primo teatro anatomico nel quale si operano le dissezioni dei cadaveri sotto gli occhi degli studenti. Fabrici scopre le valvole venose e la loro funzione, ossia che fanno affluire il sangue venoso al muscolo cardiaco. La sua scoperta incuriosiste uno studente inglese, William Harvey, che si dedica allo studio del cuore giungendo ad illustrare i meccanismi della circolazione, e la centralità del cuore; compie una serrata opera di sperimentazione attraverso la dissezione dei cadaveri e la vivisezione di animali. L’UNIVERSO COME MACCHIA Le esperienze compiute in campo fisico, astronomico e medico concorrono alla nascita del «meccanicismo»; una concezione del mondo contraria sia all’aristotelismo, sia al naturalismo. Thomas Hobbes, Martin Mersenne, Pierre Gassendi, sono i principali intellettuali secondo i quali la conoscenza delle leggi del moto è sufficiente a spiegare l’intero universo. L’universo è composto da corpi che si muovono continuamente, conoscere le leggi matematiche del moto consente di far comprendere nella sua realtà la struttura cosmologica. Il filosofo Cartesio (1596/1650) afferma che il mondo naturale è composto essenzialmente da materia in movimento, l’universo è uno spazio dove i corpi si urtano in un continuo movimento di traslazione; le sue idee non derivano dall’osservazione delle realtà, ma da una deduzione logica. Egli invita lo scienziato a chiedersi come i corpi danno vita agli avvenimenti in natura e non perché. L’universo è un’enorme macchina i cui ingranaggi sono tutti ugualmente importanti e necessari. Il pensiero meccanicistico conduce al materialismo di Hobbes per il quale i concetti morali di bene e male non derivano dai comandamenti divini, ma dai movimenti dei corpuscoli materiali che incontrandosi col corpo umano generano le passioni del piacere (bene) e del dolore (male). Il vero punto di svolta nel pensiero filosofico/politico europeo è dato dall’opera di Isaac Newton (1642/1727): per lui non è importante studiare la causa ultima del moto, ma analizzare il modo in cui una forza opera e descriverla in termini di legge matematica. Egli giunge ad elaborare e dimostrare la legge di gravitazione universale. A questo punto l’universo può essere concepito come del tutto indipendente dall’ordine divino; solo la perfezione dell’universo prova l’esistenza di Dio. I LUOGHI DEL SAPERE: UNIVERSITA’ E ACCADEMIE Sin dal basso Medioevo l’università è il principale luogo di trasmissione dell’alta cultura. Nel Cinquecento il loro numero cresce; le principali sono: Bologna, Padova, Parigi, Oxford, Salamanca. Si studia Diritto, Filosofia, Medicina; la lingua di comunicazione del sapere resta il latino. Gli studenti devono apprendere mnemonicamente conoscenze, spesso obsolete, nozionistiche. L’università non è un luogo di ricerca, i docenti stessi spesso non lo amano, considerandolo un posto dove ci si guadagna da vivere; anche Galileo, docente all’università di Padova, conduce altrove i suoi studi e le sue ricerche private sull’eliocentrismo. Il luogo del vero confronto intellettuale è l’accademia, una struttura informale dove si incontrano periodicamente appassionati di una determinata disciplina per discutere di singole questioni. in Italia: Accademia dei Lincei, a cui si affilia anche Galileo; Accademia del Cimento; Accademia degli Investiganti a Napoli. Questi sodalizi però sono a volte minati dagli attacchi dell’Inquisizione. In Francia: Academie Royale des Sciences, fondata per volere di Luigi XIV, nel 1666, i cui componenti percepiscono un salario dalla corona per dedicarsi alla sperimentazione delle scienze. In Inghilterra: Royal Society of London, fondata come sodalizio privato nel 1660. 13- TRA GUERRA E RIVOLTA: CRISI POLITICA DI MTA’ 600 Nel diciassettesimo secolo un terremoto politico investe le monarchie europee: In Spagna Filippo IV d’Asburgo deve fronteggiare alla crisi mai risolta nei Paesi Bassi, alla ribellione della Catalogna e del Portogallo. In Francia, Anna d’Austria, madre del futuro Luigi 14, deve fronteggiare la rivolta della Fronda rivolta a modificare gli assetti del governo, ne seguirà una lunga guerra civile. In Inghilterra, il governo dispotico di Carlo I, conduce il Parlamento a opporsi al sovrano e a capeggiare un'insurrezione che porterà alla sua decapitazione e alla proclamazione della Repubblica. LA GUERRA DEI 30 ANNI Il sacro romano impero, nonostante la pace di Augusta del 1555, attraversa conflitti religiosi. Questo a causa della controffensiva del cattolicesimo. A rendere instabile la situazione è la diffusione del calvinismo che non era stato contemplato negli accordi di Augusta. Tuttavia, l’aggressività dell’azione del papato spinge i principi calvinisti a costituire una Lega difensiva: l'unione evangelica (1608), sotto Federico IV del Palatinato. Questo provoca la reazione di alcuni principi cattolici alla creazione della Lega cattolica, sotto Massimiliano di Baviera. L’imperatore Mattia d’Asburgo, privo di eredi, designa successore Ferdinando di Stiria, cattolico intransigente. Alla morte di Mattia, i boemi rifiutano di riconosce Ferdinando come loro sovrano ed eleggono Federico V, capo dell’Unione evangelica. Però, nel 1620, le truppe imperiali e quelle della Lega cattolica sconfiggono i boemi, impongono il cattolicesimo con saccheggi, confische, rieducazione forzata invadendo il Palatinato. Successivamente l’egemonia cattolica, che preoccupa le potenze europee protestanti, viene attaccata sia in Germania, sia in Italia settentrionale. Ma l’affermazione delle truppe asburgiche porta ad un mutamento degli equilibri religiosi nell’impero; Ferdinando II (1619-37) ordina ai principi protestanti di restituire i beni ecclesiastici confiscati cercando di accrescere il suo potere. Sebbene l’imperatore rinunci poi alla restituzione dei beni da parte dei principi protestanti, sembra che gli Asburgo abbiano vinto la partita dell’egemonia politica europea. A questo punto è la Francia che decide di intervenire con le armi a sostegno dei rivali dell’impero. Con l’intervento della Francia, in un conflitto che dura dal 1618, gli equilibri militari mutano a sfavore degli Asburgo. Si giunge alla pace di Vestfalia -1648- che sancisce il tramonto dell’egemonia degli Asburgo. La Spagna è costretta a firmare la pace con le Province Unite. Inoltre, vengono riconosciute come Stati regionale la Confederazione svizzera e la Svezia. Successivamente la pace con la Francia, - Pirenei 1659 - si ridimensiona ulteriormente il ruolo di Madrid nella competizione per l’egemonia europea. Inizia il periodo del predominio continentale francese a cui si sottraggono solo le potenze navali e commerciali: Inghilterra e Province Unite. MINISTRI-FAVORITI La crisi politica si basa sulla lunga guerra religiosa. Questa crisi costringe le finanze statali ad una ricerca di denaro. Necessario per armare eserciti e costi di quest'ultimo. Si utilizzano metodi non tradizionali, ricorrendo a finanzieri che anticipano denaro. Nel 500, la figura del favorito si fa costante nelle grandi monarchie: amico del sovrano che in cambio di consigli riceve onori speciali. I sovrani del periodo si astengono dall’attribuire a un singolo individuo troppo potere. Questa prassi viene modificata da Filippo terzo che concede al suo favorito, il duca di Lerma, Un enorme potere consentendogli di governare al proprio posto. emerge un'altra faccia della delega del potere: la creazione di un sistema politico dominato da una fazione, unica quella guidata dal favorito. gli esclusi tendono a coalizzarsi per dimostrare al sovrano di essere in grado di prendere il posto del favorito e di essere migliori nel servire la causa. IL GOVERNO STRAORDINARIO E DI GUERRA Filippo IV si circonda di uomini intenzionati a salvare la monarchia. durante il suo Regno emerge la figura del Conte di Olivares che si propone di ripristinare la superiorità spagnola; infatti, non si rinnoverà la tregua dei 12 anni, siglata da Filippo III, con le Province Unite. Questo stile di governo, che vede il favorito come alter ego del sovrano, è un’esperienza comune a tutte le grandi monarchie europee. In Inghilterra, il duca di Buckingham, dopo esser diventato il favorito di Carlo I, è accusato di essere un usurpatore e sospettato di voler introdurre innovazioni dispotiche nello stile di governo inglese. In Francia, Maria dei Medici si affida al duca e cardinale Richelieu che contemporaneamente combatte gli ugonotti in Francia e all’estero, finanzia i protestanti nella guerra dei Trent’anni. Per consolidare il suo potere il cardinale crea una potente rete di legami personali familiari e pone suoi uomini di fiducia a sorvegliare i governatori per contrastarne l’opposizione. Egli afferma che in circostanze speciali può agire in violazione dei normali vincoli con il potere assoluto. Tali teorie legittimano una serie di misure straordinarie, notevole incremento della pressione fiscale, usando anche l’esercito per reprime le rivolte nelle campagne e ridurre al silenzio le voci critiche. TEMPI DI RIVOLTA A questo tipo di governi segue la resistenza di coloro che non approvano i nuovi metodi, la pressione delle élites sul sovrano per la rimozione del favorito e la ribellione popolare. Questo è tutto ciò che accade in Europa nella metà del 600. L’ostilità nei confronti di Olivares è talmente profonda che si pensa ad una sorta di sciopero dalla presenza a Corte, per far capire al sovrano la disaffezione che la sua politica provoca nel paese. Nel 1640, anche Catalogna e Portogallo si ribellano: accusano Olivares di violazioni di privilegi e libertà. I portoghesi si richiamano alla tradizione dinastica autoctona, prima della conquista del Portogallo da parte di Filippo II; la nobiltà decide di affidare il trono a Giovanni IV di Braganza. A seguito di queste ribellioni, Filippo II allontana Olivares ed allarga la cerchia del governo alle famiglie aristocratiche contrarie al Duca - Conte. Ma la pressione fiscale continua a crescere e causa la rivolta di Palermo; inizialmente a Napoli il popolo si scaglia contro la nobiltà accusata di essere filofrancese; poi il popolo, dapprima guidato dal pescivendolo Masaniello, accusa i ministri spagnoli di aver violato un contratto implicito tra governati e governati garantito da Carlo V. Quando Masaniello viene ucciso dai suoi stessi compagni, la rivolta si estende alle campagne. La flotta spagnola bombarda Napoli che proclama la repubblica che però cade nei mesi successivi, a causa di rivalità interne alla repubblica, e di azioni militari spagnole In Francia: il nuovo ministro-favorito della regina, madre Anna d’Austria, è il cardinale Mazzarino che incontra la resistenza dalle corti riunite del Parlamento di Parigi appoggiato dal popolo cittadino. Il Parlamento decide l’abolizione di norme ritenute inique: arresto arbitrario, aumento del prelievo fiscale, invio di commissari straordinari, creazione di giunte speciali di governo. I rivoltosi vengono definiti con disprezzo frondeur. Mazzarino, fuggito da Parigi nel 1648, invia l’esercito contro i rivoltosi della capitale; ne deriva una lunga e sanguinosa guerra civile, tutti coloro che hanno subito il regime straordinario si oppongono. Alla fine, la maggior potenza finanziaria di Mazzarino, portano alla conclusione della rivolta (1653). Resta, in un paese devastato, la lezione che l’uso del potere arbitrario esercitato da una autorità ritenuta illegittima ha un preciso limite, e il superamento di questo provoca inevitabilmente la rivolta dei sudditi. 14- RIVOLUZIONE INGLESE Alla morte senza eredi della regina Elisabetta I, nel 1603, si estingue la dinastia dei Tudor e la corona inglese passa al nipote Giacomo Stuart, re di Scozia. Figlio di Maria Stuart, Giacomo era stato educato alla fede protestante e Inghilterra e Scozia, i due regni che Giacomo governa, sono molto differenti. La Scozia calvinista è un vasto paese scarsamente popolato, dedito all’allevamento, guidato da un parlamento e da una chiesa calvinista. L’Inghilterra è un paese in crescita, con una popolazione vasta, un’agricoltura ricca, una pastorizia fiorente, un artigianato attivo e un commercio marittimo in espansione. Il parlamento inglese è diviso in due camere: quella dei lord e dei comuni. La chiesa anglicana, di cui Giacomo è capo supremo, è caposaldo del potere della corona. L’INGHILTERRA DI   GIACOMO I STUART È diffusa la convinzione che la compresenza di diverse fedi conduca alla distruzione dei regni. Giacomo I tollera forme di culto eterodosse, in quanto ai cattolici, la repressione non va molto oltre una severa riscossione di multe a chi deserta la messa anglicana. Inghilterra e Scozia non formano un regno unito, il progetto di Giacomo di fondere le due corone, unificandone le istituzioni, viene respinto dal parlamento. Il mutamento di stile più rilevante è dato dalla liberalità del monarca, che tende a spendere senza controllo e a retribuire abbondantemente gli uomini che lo circondano, a differenza di Elisabetta. L’inflazione, infatti, ha insufficienti gli introiti statali e il sovrano è obbligato a chiedere nuove tasse al Parlamento, in generale si mostra restio in quanto siedono uomini formatisi durante il regno elisabettiano, propensi quindi a ulteriori riforme della chiesa anglicana, dunque più conservatori. BUCKINGHAM George Villiers, nobile diventato rapidamente duca di Buckingham, aveva sfruttato la sua posizione privilegiata per ascendere a una posizione di primato sul piano politico.  Alla morte di Giacomo I, succede Carlo I: si teme la prospettiva di un trionfo cattolico e il potere di Buckingham continua a crescere. Ad aggravare la situazione contribuiscono la linea oscillante in politica estera, costituita da sfortunate spedizioni. Il ruolo di Buckingham diviene in Si rafforzano i produttori (Inghilterra e Olanda) che riescono a diminuire i costi, specie quello della manodopera, magari a scapito della qualità. Le manifatture italiane, che producevano stoffe di qualità, perdono competitività e diminuiscono. I pubblici poteri impongono misure protettive per salvaguardare le produzioni locali. VERSO NUOVI EQUILIBRI NEGLI SCAMBI COMMERCIALI. Lo sviluppo delle manifatture inglesi e olandesi, e la crisi di quelle fiamminghe ed italiane ridisegna la gerarchia economia europea, non con un tracollo improvviso, ma con una progressiva perdita di un primato produttivo e commerciale. Elemento importante di questo mutamento è il quadro demografico; nell’Europa nord-occidentale cresce sia la popolazione, sia l’urbanizzazione; mentre nell’area mediterranea calano entrambi questi dati portando ad una contrazione della domanda urbana delle derrate agricole e conseguente a minor commerci. Venezia perde la sua centralità anche nel commercio delle spezie con il Levante; olandesi ed inglesi cominciano a circumnavigare l’Africa, violando il monopolio dei portoghesi, importano dall’Asia. La guerra dei Trent’anni, bloccando il flusso di merci, dà il via al lento declino di Venezia. Anche Genova subisce gli effetti della stagnazione dei commerci mediterranei. Solo Livorno, grazie a sgravi fiscali, diventa un centro commerciale di olandesi, inglesi, francesi, che conquistano l’egemonia dei traffici mediterranei. Le esportazioni italiane sono sempre più rappresentate da derrate agricole e da materie prime, non più da manufatti. In questo periodo assume particolare importanza l’esportazione di seta grezza o semilavorata legata al largo sviluppo della gelsicoltura e di alcuni centri manifatturieri, non più urbani, ma operanti nelle campagne. 16 - DIVISIONE DEI POTERI, LIBERTÀ, RICCHEZZA: IL MODELLO DI SOCIETÀ OLANDESE E INGLESE Tra il 1566 ed il 1648, la monarchia Asburgo di Spagna viene tenuta in scacco dalla rivolta dei Paesi Bassi; la vittoriosa resistenza delle Province Unite rappresenta una sconfitta delle ambizioni egemoniche europee degli Asburgo, confermando anche l’impossibilità di imporre la restaurazione del cattolicesimo.  Nelle Province Unite, l’organizzazione dei poteri pubblici è basata sulla compartecipazione alle decisioni politiche dei vari corpi rappresentativi degli Stati provinciali. Questo nuova repubblica non si basa sul modello di quelle tradizionali - Genova Venezia -, ma su quello più radicale delle cittadine protestanti e delle confederazioni ad esse legate (Ginevra).   I lunghi decenni di guerra antispagnola consolida un sentimento antidispotico ed il desiderio di libertà di coscienza a cui si affianca il principio della tolleranza religiosa.  In Inghilterra, la nascita della repubblica, seguita alla guerra civile che ha contrapposto la monarchia degli Stuart al Parlamento, è il primo caso in cui il sistema repubblicano si instaura per via violenta - decapitazione di Carlo I in nome della volontà del popolo - in un grande paese europeo. Malgrado l’esperimento repubblicano inglese venga presto interrotto con la restaurazione degli Stuart, produce una consolidata e diffusa opposizione all’incremento dei poteri della corona, sottolineando la necessità di un nuovo equilibrio tra i poteri che salvaguardi i diritti fondamentali. Al contrario, in Francia il modello statuale punta al rafforzamento delle prerogative regie, all’imposizione di un modello religioso cattolico, all’accentramento amministrativo con nuove tasse.  DUE POTERI.  La «nuova» repubblica inglese - Commonwealth - e la «vecchia» repubblica delle Province Unite, presentano tratti in comune. In entrambe, accanto ad un organo rappresentativo (Parlamento / Stati generali), va emergendo un potere esecutivo fondato sulla forza militare. Nelle Province Unite il legame Stati generali/forza militare ha origine nella lunga guerra contro la corona spagnola.  La compresenza di questi due poteri esprime tendenze differenti: - religiose (protestanti moderati / puritani);  - geografiche (Olanda/altre province);  -radicamenti sociali (nobiltà rurale/plebe urbana). Tutto ciò manifesta la forza del modello e dell’esempio monarchico anche in un contesto repubblicano, sottolineando la capacità di garantire una partecipazione politica che nella maggior parte dei casi la monarchia pare impedire.   Una dialettica simile si manifesta, nella seconda metà del Seicento, anche in Inghilterra. Nel 1653, viene eletto un nuovo parlamento, «Parlamento dei Santi», in cui esponenti radicali si stringono attorno a Oliver Cromwell e lo eleggono Lord protettore della repubblica.   Il nuovo regime si assesta così su un equilibrio piuttosto precario tra  -Parlamentoàche si conferma il fulcro del potere legislativo -potere esecutivo/militare àaffidato a Cromwell.  Il nuovo parlamento eletto nel 1654 punta a ridurre i poteri del lord protettore e Cromwell lo scioglie.  La carica di Lord protettore, legata alla personalità carismatica di Cromwell, mancava di una vera legittimità; alla morte di Cromwell (1658), il tentativo di trasferirla al figlio Richard ebbe breve durata.  Nel 1660 viene ripristinato il parlamento sciolto nel 1653 e si apre la trattativa con la corona inglese: Carlo II Stuart, figlio del sovrano giustiziato nel 1649, viene incoronato re d’Inghilterra. Questo compromesso porta alla restaurazione della monarchia, della camera dei Lord, e della Chiesa anglicana, ma garantisce anche la sopravvivenza di molte conquiste repubblicane.  Rimane in vigore parte della legislazione del 1641/42; ma soprattutto il Parlamento vede riconosciuto il proprio ruolo di garanzia e di controllo, nonché la competenza in materia fiscale. Sul piano religioso, con l’Atto di uniformità, si cerca di riportare omogeneità di culto entro la Chiesa d’Inghilterra; si approvano leggi contro sette radicali, che restringono la libertà religiosa. L’idea di un’unica Chiesa inglese, che raccolga tutti i sudditi, è comunque ormai tramontata.   I PUNTI DI FORZA DI UN’ECONOMIA ALL’AVANGUARDIA A partire dal 1600 la crescita economica delle Province Unite è notevole. La repubblica diviene la maggior potenza marittima e commerciale, alla borsa di Amsterdam vengono valutati i prodotti che giungono da tutti gli scali mondiali. Il territorio delle Province Unite comprende i delta di tre importanti fiumi dell’Europa nord-occidentale (la Schelda, la Mosa, il Reno), arterie di comunicazioni e di traffici fra territori tedeschi, francesi, fiamminghi ed il Mare del Nord e Mar Baltico. Prende vita una grande cantieristica navale all’avanguardia in Europa. Gli olandesi realizzano una vera egemonia nei commerci nei Mar del Nord e Baltico; esportano verso nord pesce, vino, sale e i prodotti coloniali provenienti dalla penisola iberica, dal baltico importano legname e grano che poi rivendono nell’Europa occidentale e meridionale.   La fortuna dei mercanti olandesi sta nella loro capacità di riesportare, dopo aver riconfezionato, quanto avevano importato dagli angoli del globo. Il sistema finanziario e creditizio costituisce, grazie anche ad un elevato livello di monetizzazione, un altro punto di forza del primato economico delle Province Unite.   Il sistema finanziario e creditizio costituisce un altro punto di forza del primato economico delle province unite. Nella capitale olandese sorge la Banca dei Cambi (che riceve depositi in moneta ed emette banconote dal valore superiore) e la Borsa, dove sono quotate merci di ogni genere e luogo. Nel settore manifatturiero si sviluppa la produzione di tessuti di lana e di seta; sorgono saponifici, fabbriche di mattoni, segherie, cartiere tutte alimentate dall’energia eolica fornita da molti mulini. La crescita demografica è alimentata anche dall’immigrazione di protestanti di terre occupate dagli spagnoli, di puritani inglesi e ugonotti francesi; questo grazie al clima di relativa tolleranza che vige nella repubblica olandese e che consente un afflusso di manodopera qualificata ed intraprendente.   L’EGEMONIA NEI COMMERCI INTERNAZIONALI E L’ESPERIENZA COLONIALE.   Dopo aver cominciato spingersi nel Mediterraneo esportando il grano polacco in Italia, gli olandesi diventano protagonisti di una rapida penetrazione economia nel Levante. Ma la vera svolta mercantile è il commercio delle spezie orientali. Nel 1591, Filippo II aveva stipulato un contratto di esclusiva coi mercanti tedeschi, spagnoli e italiani che gli assicurava l’esclusiva sulla commercializzazione del pepe importato a Lisbona. Quindi, gli olandesi cercano contatti diretti con le terre di produzione di questa preziosa spezia, in Asia.  Nel 1596, fondano la loro prima base commerciale a Giava, in Indonesia; negli anni successivi sorge la Compagnia Unita delle Indie Orientali, - VOC - che ottiene dal governo olandese non solo il monopolio dei commerci nell’area fra Africa ed Asia, ma anche una propria autonomia politico/militare per difendere i propri interessi. La VOC stabilisce un saldo controllo non solo sul commercio, ma anche sulla produzione delle spezie, imponendo nei suoi vari insediamenti coloniali monocultura specializzate e obbligando le popolazioni indigene a lavorarvi in schiavitù. Dopo aver insediato numerose basi commerciali e militari la VOC stipula accordi con vari Stati - Persia, Giappone - che le assicurano il monopolio. Nel 1621, viene fondata la Compagnia delle Indie Occidentali - WIC - che ha come scopo quello di condurre un’aggressiva politica commerciale e coloniale ai danni della monarchia spagnola in Africa occidentale ed in America.  Le navi della WIC danno luogo ad una autentica guerra di corsa contro i galeoni spagnoli che trasportano l’argento americano; poi conquistano buona parte delle colonie portoghesi in Brasile. Però, con il distacco del Portogallo dalla corona spagnola (1640) i portoghesi riconquistano tutte e le loro colonie e la WIC inizia la sua parabola discendente.   L’IMBARAZZO DEI RICCHI, L’ORGOGLIO DEI PEZZENTI.  Alla base del successo economico delle Province Unite vi è una società con caratteristiche particolari, insolite per quei tempi. Accanto all’aristocrazia locale che non costituisce più il fulcro della vita sociale, crescono ricche borghesie cittadine che cominciano a prosperare. All’interno della società predomina il metodo degli accordi tra soggetti autonomi che si riconoscono reciprocamente di pari livello, non vi sono subordinati o vassalli. La società appare aperta e tollerante, la classe dirigente - i reggenti - integra tra le proprie file gruppi professionali, impiegati pubblici, gruppi di artigiani, ma anche la nobiltà rurale che finisce per aprirsi, con matrimoni, alla ricca borghesia. Gli interessi commerciali giocano un ruolo di primo piano nelle scelte politiche e negli orientamenti ideali della repubblica.   In questa repubblica si contestano le pretese spagnole e portoghesi del monopolio della navigazione e si rivendica la libertà di navigazione, di pesca e di commercio gettando le basi di un diritto originario e naturale delle nazioni. Anche gli inglesi guardano alle Province Unite con un misto di gelosa ammirazione e irritata invidia. Nel campo della cultura e dell’arte, l’attenzione per la vita di tutti i giorni rappresentata dai quadri famosi di Rembrandt o di Vermeer esprime i gusti della ricca borghesia mercantile, mentre l’uso della matematica e della geometria sostiene la diffusione della scienza e delle tecniche. L’evoluzione di telescopi e microscopi consente all’astronomia ed all’anatomia nuove scoperte, la fiorente industria della stampa contribuisce alla diffusione della cultura e delle notizie.   COMPETIZIONE E CONFLITTO: IL DECLINO DELLE PROVINCE UNITE E L’ASCESA DELL’INGHILTERRA.   Nella seconda metà del Seicento le Province Unite cominciano a risentire la presenza di un serio competitore economico: l’Inghilterra, che ha accresciuto le proprie capacità commerciali/ industriali. A Londra sono nate: la Compagnia del Levante (1581) e la Compagnie inglese delle Indie (1600) a cui la corona ha concesso il monopolio commerciale in determinate aree del globo.  Nel 1651, il Parlamento promulga una legge (Navigation Act) allo scopo di favorire e proteggere lo sviluppo della marina e i traffici inglesi che sono ancora deboli a confronto con quelli olandesi. In questo periodo storico si parla di mercantilismo.  Le misure volte a proteggere gli spazi interni dalla concorrenza estera e quelle volte a promuovere lo sviluppo economico cercano di coniugare politica di potenza e benessere della comunità. Le politiche mercantilistiche di Francia ed Inghilterra mettono in difficoltà l’economia olandese; tutti i settori economici (finanziario, commerciale e manifatturiero) subiscono una contrazione; anche la piccola repubblica finisce con l’adeguarsi alla politica protezionistica europea. In ultimo, la politica espansionistica del re di Francia Luigi XIV verso i Paesi Bassi spagnoli, spinge le Provincie Unite ad allearsi con Svezia ed Inghilterra (1668). Quando la Francia invade la Repubblica esplodono rivolte contro il governo, un terremoto politico interno.   GENTILUOMINI, MERCANTI E SCIENZIATI.  La struttura sociale inglese si presenta, alla metà del XVII secolo, più complessa di quella olandese.  Al vertice una articolata nobiltà - titolati, cavalieri, scudieri - divide una ricchezza che permette loro di dedicare il tempo allo svago o al servizio della comunità; nelle campagne proprietari non nobili e piccoli proprietari terrieri, poi i lavoratori agricoli ed i servi. Nella città, Londra, comunità mercantili, uomini di professione ed un complesso e combattivo universo artigianale.  Nel tardo Seicento incomincia a delinearsi una distinzione di interessi terrieri e rurali e quelli commerciali ed urbani. La vendita delle terre della Chiesa anglicana e dei possedimenti della corona aveva dato vita ad una disponibilità fondiaria che finì per favorire il ceto dei possidenti medio - alti, danneggiando invece i piccoli proprietari e affittuari. Inoltre, una pesante tassazione sulla terra svolge un ruolo di selezione dell’investimento terriero a favore delle terre ben coltivate. Con l’espansione navale cresce la ricchezza di chi ha interessi commerciali e manifatturieri. Cresce l’importanza dei porti e delle comunità mercantili di Londra, Glasgow, Bristol, Liverpool. I proprietari terrieri chiedono di spostare la tassazione sulle nuove ricchezze mobili. Il ventennio rivoluzionario 1640/60, costituisce per la società inglese uno spartiacque: la rottura degli schemi autoritari e delle rigidità sociali. L’affermarsi della lingua inglese al posto di quella latina contribuisce all’ampliamento della possibilità di lettura, anche grazie alle gazzette, - giornali Anni di libera sperimentazione creano un clima positivo nei confronti di cambiamenti e novità. Si giunge a rifondare le basi della convivenza civile; con Thomas Hobbes, lo Stato perde il suo fondamento di diritto divino per rivelarsi un prodotto umano, un male necessario. Esso si fonda sul monopolio della forza che i cittadini cedono all’autorità in cambio della difesa delle proprie persone e dei propri beni. L’assolutismo trova così giustificazione razionali, mentre perde il suo fondamento di legittimità sacrale.  17- MONARCHIA DI LUIGI XIV Nel 1661 Luigi XIV dichiara di voler governare direttamente senza più delegare il proprio potere a un ministro favorito: la sua decisione sarà presto imitata in tutte le principali monarchie. Il suo regno durerà mezzo secolo e il suo sistema di potere verrà chiamato assolutismo. Questa è solo una delle numerose novità che introdurrà nel suo regno.  UN RE DI GUERRA L’obiettivo della sua politica era sostituire all’egemonia asburgica quella francese, accompagnato dall’obiettivo della difesa della fede cattolica. Decide di creare un esercito stabile, per questo affida ad un abile ministro della guerra questo compito. Tuttavia, per molti cittadini abbandonare il lavoro agricolo significa perdere e ridurre la capacità produttiva e di sostentamento. Ben pochi accettano quindi di essere arruolati nella milizia, dunque questo sistema dà modesti risultati e il re impiegherà tempo e denaro per perseguire i disertori. Il suo obiettivo è quello di espandersi verso est portando le frontiere del regno sino al fiume Reno, e in direzione dei Paesi Bassi spagnoli e delle province unite. Realizza un sistema di piazzeforti in grado di creare sul confine orientale una frontiera mobile per effettuare operazioni militari offensive. Il cardine della politica estera di Luigi XIV si fonda sui complessi rapporti con la monarchia cattolica: rivendica il suo diritto di successione al trono asburgico, sia in quanto figlio di Anna da Asburgo, sia per aver sposato Maria Teresa, figlia di Filippo IV. Luigi non esita a servirsi dei propri legami familiari con la dinastia asburgica per raggiungere il suo scopo. Alla morte di Filippo IV d’Asburgo (1665), la reggenza passa alla moglie Marianna d’Austria salotti in cui si confrontano le opinioni di gruppi sociali. Prendono vita anche società segrete, tra cui la Massoneria, nata a Londra nel 1717: si tratta di un’associazione che rifiuta discriminazioni di nascita, si ispira ad idee di pace, fratellanza, tolleranza e pratica una mutua solidarietà tra i propri membri. La massoneria si diffonde anche in tutta l’Europa per poi raggiungere l’America. Dove non esiste libertà di stampa e di associazione la sua attività si svolge nascostamente, venendo a volte tollerata, a volte repressa.  19- I NUOVI ASSETTI POLITICI EUROPEI NELLA PRIMA METÀ DEL 600 Il diciottesimo secolo si apre con una lunga serie di conflitti bellici.  Lo scopo è quello di mantenere l'equilibrio fra i diversi stati. Ogni qualvolta che una potenza europea cerca di accrescere il proprio potere, le altre intervengono per ridimensionarla, così da salvaguardare i rispettivi interessi. Le guerre settecentesche risentono sempre meno di motivazioni religiose e riflettono sempre di più l'esigenza di difendere o stabilire interessi territoriali e dinastici.  -Il primo motivo della situazione di instabilità è legato alla preponderanza francese, sostituitasi a quella spagnola, che si era venuta lentamente consumando nella seconda metà del 600 dopo l’ascesa di Carlo II d'Asburgo, inetto, infermo e senza eredi.  -Il secondo motivo è la scesa di nuove aggressive potenze come l'Inghilterra, le province unite, La Russia, La Svezia e la Prussia. -Vi è però un terzo elemento che spiega la forte instabilità politica di quegli anni ed è il conflitto tra il principio di legittimità dinastica e le resistenze dei poteri territoriali.  In nome del principio di legittimità, i sovrani si sentono in grado di intervenire maggiormente sui propri complessi dinastici, tentando di modificarli si fa strada però una sensibilità per un nuovo e diverso tipo di legittimità, non meramente dinastica ma protonazionale. L'idea cioè che è un sovrano, anche se non necessariamente nato nei domini su cui regna, debba rispettare la sensibilità del suo popolo, i costumi e le usanze.  LA GUERRA DI SUCCESSIONE SPAGNOLA Essendo Carlo II d’ Asburgo privo di discendenza, negli ultimi anni del 17 secolo diversi accordi di spartizione dell'eredità asburgica vengono siglati tra l'impero, governato dal ramo austriaco degli Asburgo, e la Francia di Luigi 14.   Luigi 14 prepara la successione borbonica alla corona spagnola: poco prima di morire Carlo II designa come erede Filippo d’Angiò, nipote di Luigi 14, che assume il nome di Filippo V di Spagna.  Così i Borbone realizzano un'asse Franco-spagnoloche minaccia di sottomettere l'intera Europa.   Contro questo pericolo agisce l'imperatore Leopoldo I d’Asburgo (Austria), intenzionato a rivendicare la corona spagnola in virtù del legame con il ramo asburgico: convince le Province Unite e l'Inghilterraa formare la cosiddetta Grande coalizione dell’Aja,un'alleanza internazionale contraria all'insediamento sul trono iberico di Filippo V, cui in seguito aderiscono anche la Prussia, Il Portogallo, il Ducato di Savoia e i vari principi tedeschi.  Le operazioni belliche, iniziate nel 1702, volgono a sfavore della coalizione antifrancese.  In Spagna l'evento più importante è la ribellione della Catalogna, che si rifiuta di riconoscere come sovrano Filippo V, indicando come legittimo successore l'arciduca Carlo d’Asburgo, figlio dell'imperatore Leopoldo.    La guerra sembra volgere al peggio per i Borbone quando la morte dell'imperatore Giuseppe I, figlio di Leopoldo I, spiana la strada all'elezione imperiale del fratello Carlo, che prende il nome di Carlo VI.   Ciò cambia radicalmente la situazione in quanto gli alleati di Carlo VI non sono intenzionati a combattere i Borbone, per tale motivo abbandonano Carlo VI e concludono con i Borbone il trattato di Utrech (1713), cui seguono altri.  Questi trattati ridisegnano la mappa politica europea. La Spagna, con le colonie americane, viene assegnata a Filippo V di Borbone, ma con una clausola che vieta il ricongiungimento dei territori spagnoli al trono di Francia. L’ Inghilterra ottiene le piazze forte militari e commerciali di Gibilterra e Minorca, decisive per la penetrazione nel Mediterraneo, e importanti territori in America settentrionale.  All’Impero (Asburgo d’Austria) sono attribuiti parte dei domini spagnoli, i Paesi Bassi meridionali, il Regno di Napoli, di Sardegna e lo Stato di Milano (mappa pag. 238).  È evidente che questi trattati segnano la fine dell’egemonia spagnola in Italia e l’inizio della presenza austriaca.  Inoltre, la lealtà verso gli spagnoli viene a cozzare con la fedeltà alla dinastia d’Asburgo, poiché adesso la dinastia legittima di Spagna è quella dei Borbone, gli storici nemici.  I consiglieri di Filippo V, in particolare il suo primo ministro cardinale Giulio Alberoni, lancia nel 1717 un ambizioso progetto, non concordato con la Francia, di riconquistare l'Italia. La rimessa in discussione dei trattati da poco firmati suscita una reazione internazionale che obbliga la Spagna a firmare la pace dell’Aja, con cui sono ribaditi gli accordi firmati in precedenza. L’ unica novità, bista la dimostrata incapacità dei Savoia a difendere la Sicilia, è l'assegnazione dell'isola all'imperatore, mentre ai Savoia viene ceduta La Sardegna.   UNIONI E CONQUISTE Il caso della Catalogna mostra bene come, di fronte a radicali contrapposizioni dinastiche, si aprano nuove possibilità alla resistenza dei corpi territoriali tradizionali. Va ricordato come uno stato conquistato con le armi consenta al principe, almeno teoricamente, una maggiore libertà di intervento: sul piano giuridico il diritto di conquista, di cui i sovrani si avvalgono per legittimare i propri atti, esime il reggitore dal dover rispettare i privilegi concessi o stipulati dai suoi predecessori. In Spagna Filippo V decide di avviare un moderato processo di riorganizzazione amministrativa che ha come traguardo l’unificazione giuridica e amministrativa delle corone di Castiglia e Aragona.  Diversa ma simile è la situazione creatasi con l'ascesa al trono d’Inghilterra della regina Anna Stuart, secondogenita di Giacomo II, che decide di avviare il processo di integrazione di Scozia e Inghilterra, unificando i due regni in uno solo chiamato Gran Bretagna. Così la Scozia perde la propria autonomia giuridica e amministrativa, compreso il Parlamento. La Scozia si ribellerà due volte in trent'anni nel nome dei diritti degli Stuart. Analoghi episodi di ribellione contro il dominio inglese si verificano anche in Irlanda.   LE GUERRE DEL NORD E LA SUCCESSIONE POLACCA La lotta per l'egemonia tra le potenze europee ha un'altra pagina significativa agli inizi del 18 secolo relativa al controllo del Mar Baltico. È un'area importante in quanto snodo dei traffici commerciali via mare dell’Europa nord-orientale: qui convergono i grani polacchi e i pellami russi per essere esportati verso altre zone del continente. A seguito della prima guerra del nord (1655- 1660), l'egemonia all'interno di quest'area era stata assunta dal Regno di Svezia, sotto la dinastia Vasa.  L’ egemonia svedese e tuttavia mal sopportata dalla nobiltà di Livonia (regione a cavallo tra Estonia e Lettonia), che chiede aiuto Alla Russia che, alleandosi con la Danimarca e Polonia, attacca la Svezia nel 1702. Sorprendentemente, il sovrano svedese, con il sostegno della Gran Bretagna e delle province unite, costringe la Danimarca alla pace. Le truppe svedesi invadono poi la Polonia, obbligando il sovrano Augusto II di Sassonia a lasciare il trono ad un aristocratico gradito alla Svezia: Stanislao Leszczynki.   La Preponderanza militare svedese e contrastata dalla nascente potenza militare russa. La Svezia non è in condizione di impedire la penetrazione Russia nell'area del Baltico, dove viene dato inizio alla costruzione di San Pietroburgo, città destinata a divenire la seconda della Russia dopo Mosca.    Alla morte del monarca svedese, in occasione di una nuova campagna militare contro la Russia, la Svezia è costretta a cedere i suoi possedimenti in Germania all’Hannover, alla Russia e alla Danimarca, mentre in Polonia viene reinsediato Augusto II di Sassonia. La Russia entra così a far parte delle grandi potenze europee.   L’ instabilità della situazione polacca genera un altro conflitto noto come la guerra di successione polacca. Alla morte di Augusto II, Stanislao avanza nuovamente pretese di successione al trono, appoggiato dalla nobiltà polacca e dalla Francia. Il successore di Luigi 14, Luigi 15, ha infatti sposato la figlia di Stanislao. Queste pretese però cozzano contro quelle di Augusto III, figlio del defunto sovrano, che, sostenuto dall'impero e dalla Russia, invade la Polonia.   I Borbone di Francia e di Spagna si lanciano allora in un'offensiva contro gli Asburgo, Mentre i francesi occupano Milano e gli spagnoli invadono la Sicilia e Napoli.  La successiva pace di Vienna (1738) stabilisce una significativa variazione della mappa politica europea.  Il trono polacco viene attribuito ad Augusto III, Carlo VI deve rinunciare ai regni di Napoli e di Sicilia, attribuiti a Carlo di Borbone, figlio di Filippo V di Spagna.   LA GUERRA DI SUCCESSIONE AUSTRIACA Nel 1740, la morte dell'imperatore Carlo vi senza eredi maschi apre la strada a un nuovo conflitto internazionale. Anzitutto Carlo VI aveva designato Francesco di Lorena, marito di Maria Teresa, come suo successore. In secondo luogo, l'imperatore aveva cercato di imporre la successione di Maria Teresa ai domini ereditati dalla casa d’Asburgo (Austria, Boemia e Ungheria), emanando un editto noto come la Prammatica sanzione (1713), con cui aveva modificato la legge di successione, privilegiando la discendenza diretta anche se femminile, rispetto a quella collaterale: erano così estromesse dalla successione le due figlie del fratello maggiore dell'imperatore, Giuseppe I, e i loro rispettivi mariti, l'elettore di Sassonia e il duca di Baviera. Alla morte di Carlo VI, i sovrani di Sassonia e Baviera avanzano pretese sui territori austriaci con l'appoggio di Francia, Spagna, Prussia E Sardegna, rifiutando di riconoscere la Prammatica Sanzione e sostenendo l’elezione al trono imperiale del duca Carlo Alberto di Baviera.   Maria Teresa decide di trattare la pace con Federico II di Prussia, cui concede la Slesia, e ad attirare dalla propria parte La Gran Bretagna, le Province Unite e il Regno di Sardegna. In Italia La Repubblica di Genova, alleata della Francia, viene occupata dalle truppe austriache, che si scontrano però con un’inattesa rivolta da parte della popolazione: questo sarà letto in seguito dalla storiografia nazionalistica come uno dei primi segni del risveglio di una coscienza nazionale italiana. La pace di Aquisgrana (1748) conclude la guerra di successione austriaca, con cui Maria Teresa vede riconosciuta la sua successione ai domini asburgici e l'elezione del marito Francesco al trono imperiale.  20- L’ESPANSIONE EUROPEA E LE NUOVE GERARCHIE ECONOMICHE INTERNAZIONALI  Durante gli ultimi decenni del 17 e per tutto il 18 secolo, l'Inghilterra e la Francia si presentano sullo scenario dei traffici con l'Asia, L'Africa e l'America. Con la seconda metà del 700, la concorrenza in India e in America settentrionale fra inglesi e francesi si trasforma in un aperto confronto militare, la guerra dei 7 anni.  A uscirne vittoriosa e la Gran Bretagna, grazie alla maggiore marina mercantile e da guerra.  Inizia così una nuova fase: aumentano gli insediamenti coloniali eh si intensificano le relazioni economiche fra i paesi europei e il resto del mondo.  I CAMBIAMENTI NEGLI IMPERI COLONIALI DEL PORTOGALLO E DELLA SPAGNA Nel corso della seconda metà del 600, gli imperi coloniali più antichi, quelli del Portogallo e della Spagna, risentono del declino delle rispettive corone sulla scena politica europea la sempre più incisiva azione delle compagnie commerciali olandesi, inglesi e francesi. Mentre è ancora in atto la guerra di indipendenza della Spagna, la corona portoghese arriva a concludere un'alleanza politica ed economica con l'Inghilterra.  Il Portogallo riesce a prendere il controllo del Brasile e nel 1649 viene fondata la Compagnia generale del commercio del Brasile. Si comincia così a colonizzare il territorio brasiliano e a sfruttarne gli ampi spazi, nel corso del 600 la coltivazione della canna da zucchero si sviluppa sino a diventare la principale attività. Per lavorare nelle piantagioni del nord del Brasile non sono però sufficienti gli indigeni sopravvissuti alla spietatezza dei colonizzatori, si ricorre quindi all'importazione di schiavi dall'africa orientale. La scoperta di cospicui giacimenti d'oro e di diamanti produce due importanti conseguenze: lo spostamento verso il sud dell'asse economico della colonia e l'afflusso di coloni sempre più numerosi. Inoltre, grazie all'oro, Il Brasile è in grado di acquistare merci europee, in primo luogo manufatti tessili inglesi. Dopo il 1766 il calo della produzione d'oro favorisce una ripresa delle attività agricole nel nord del paese, che acquistano il primo posto nelle esportazioni anche grazie all'introduzione delle colture del tabacco e del cotone. Questi prodotti alimentano i traffici con la Gran Bretagna che oltre ad essere il maggior alleato politico, e anche il principale partner commerciale del Portogallo.   L'impero coloniale della Spagna si concentra per lo più in America centrale e meridionale; il paese incontra diverse difficoltà come le grandi distanze da coprire con la navigazione tra la patria e il nuovo mondo e i continui attacchi dei corsari nemici, le debolezze strutturali dell'economia spagnola che, sin dalla fine del 500, non si dimostra in grado di produrre i manufatti richiesti dalle società coloniali. Inoltre, tra 17 e 18 secolo si sviluppa un'intensa attività di contrabbando condotta con l'America spagnola dai mercanti olandesi, francesi e inglesi. Altro elemento importante è quello della tratta degli schiavi africani verso le colonie spagnole in America. Sin dal 16 secolo La Spagna, per far fronte alla domanda, ricorre al metodo dell’asiento: una sorta di appalto del commercio di schiavi con le colonie spagnole.   Nel 1700 la Francia, voi grazie all'ascesa al trono spagnolo di Filippo V di Borbone, si aggiudica l’asiento de negros. Il trattato di Utrecht attribuisce però alla Gran Bretagna non solo l'esclusiva nella fornitura di schiavi africani nelle colonie spagnole, ma anche il permesso di inviare ogni anno alle due maggiori fiere coloniali un vascello carico di merci britanniche. È solo un primo passo verso l'apertura formale dell'impero spagnolo agli scambi internazionali. Poco a poco, l'America spagnola così come quella portoghese, diventa una vera e propria colonia commerciale inglese.   LA GRAN BRETAGNA ALLA CONQUISTA DELL’IMPERO Nel corso del 18 secolo l’Inghilterra diventa la prima potenza commerciale del globo.  Grazie allo sviluppo dell’industria navale e al formarsi di una potente marina le compagnie commerciali inglesi tolgono agli olandesi il primato nell’intermediazione e commercio conto terzi. Alla fine del 700 la Gran Bretagna esercita in pratica il monopolio mondiale dei servizi marittimi.  Anche la Francia conosce una notevole crescita dei traffici commerciali, soppiantando gli olandesi nei traffici con le Americhe subendo però la supremazia navale e commerciale della Gran Bretagna.  In Gran Bretagna, nel ventennio 1721/42, nel quale la Gran Bretagna è guidata da Walpole, notevole rafforzamento delle basi economiche del paese. La classe dirigente wigh, guidata da Walpole, ritiene che la politica economia britannica sia meglio tutelata dalla pace si astiene dai conflitti politici continentali. Successivamente, sotto la guida di William Pitt, il governo ritiene di doversi impegnare nella difesa e nell’espansione dei possedimenti coloniali. Nella guerra dei sette anni (756/63) la Gran Bretagna si allea con la Prussia contro Francia, Austria e Russia. Per gli inglesi si tratta di sconfiggere la concorrenza francese nell’espansione coloniale in America e India. I francesi, alleati con tribù indigene locali, si sono spesso scontrati con gli inglesi per il controllo dei territori canadesi. Dopo una serie di alterne vicende le truppe inglesi conquistano importanti roccaforti francesi (Quebec, Montreal); si giunge poi alla pace di Parigi (1763) che assegna alla Gran Bretagna il Canada e i territori a est del Mississippi e la Florida, sottratta alla Spagna.   Il continente americano è diventato un importante mercato per le merci europee essendo aumentata la domanda di manufatti da parte di una popolazione in continua crescita - emigrati e schiavi -. Grazie al commercio di tessuti di LE NUOVE COLTURE L’abbandono della cerealicoltura verso l’introduzione di nuove colture provenienti dall’America - mais, patata, peperone, fagiolo - avviene in modo lento ma costante in tutta Europa. La coltivazione del mais, iniziata in Spagna, si estende in Provenza, Italia, Slovenia, Ungheria; in Italia questa coltivazione si adatta a condizioni diverse: in alcune regioni viene utilizzato per l’autoconsumo dei produttori permettendo a questi di vendere il grano più ricercato; il mais diventa la base alimentare della popolazione contadina e di quella più povera delle città. Più lenta è l’introduzione della patata, considerata inizialmente solo una curiosità botanica, poi utilizzata come mangime per l’allevamento degli animali, e solo nell’Ottocento coltivata intensamente. Anche altri alimenti come cacao, caffè e the, incominciano ad essere consumati in Europa. Cresce anche il consumo di alimenti europei come burro, olio, carne e pesce: soprattutto arringhe e merluzzo pescati nell’Atlantico.  FORME DELLA PRODUZIONE EUROPEA Gli studiosi individuano tre tipologie di produzione manifatturiera presenti sin dal Medioevo: 1) produzione domestica: manufatti destinati all’autoconsumo familiare (specialmente tessili) 2) produzione artigianale: lavoratori specializzati producono oggetti destinati alla vendita à questo tipo di produzione che richiede investimenti di capitali per l’acquisto di materi prime, di attrezzi, si svolge nelle città dove è possibile commercializzare questi beni. Esistono diversi livelli di questo tipo di produzione: dai piccoli artigiani, fabbri e calzolai, alle grandi officine con salariati. A volte la produzione artigianale evolve in lavorazioni a domicilio: un mercante o imprenditore, che ha provveduto ad acquistare la materia prima, gestisce le varie fasi di lavorazione direttamente nelle case dei lavoratori stipendiati, vendendo alla fine del ciclo produttivo la merce. Inizialmente questo tipo di produzione è urbana, successivamente si sviluppa anche nelle campagne, dove i contadini possono dedicarsi a questa attività nei periodi di minor occupazione nel lavoro dei campi, riuscendo così ad integrare i loro magri redditi. Alcuni studiosi a proposito di questo evento parlano di un fenomeno di proto-industrializzazione, che avrebbe preparato la rivoluzione industriale addestrando i lavoratori all’ attività manifatturiera. 3) produzione accentrata: la manodopera salariata si concentra in un solo luogo e sotto un’unica direzione. Si tratta del settore edilizio, cantieristico, estrattivo o di complessi procedimenti produttivi. Spesso questo tipo di produzioni sono promosse dal potere politico per produrre navi o armamenti.  22- FAMIGLIA, GENERE, INDIVIDUO La prima area di socialità di un individuo è costituita dalla famiglia. Con il termine famiglia si può intendere: - gruppo di persone che risiedono sotto lo stesso tetto - gruppo di persone legate da relazioni di parentele, anche se non vivono insieme. La famiglia è il luogo dove si strutturano le prime differenze dell’identità individuale.  L’identità sessuale, maschi o femmine, è inserita in un contesto culturale che porta a ruoli diversi e in parte contrapposti. Queste due identità diverse, identità di genere, sono alla base di ruoli sociali distinti. Inoltre, la famiglia riproduce i valori gerarchici che fondano le strutture sociali. In essa si trovano insieme individui adulti già formati e bambini/adolescenti da formare alla vita sociale. Attraverso il processo chiamato educativo, ragazze e ragazzi apprendono le regole fondamentali del gioco sociale Contemporaneamente essi imparano le differenze legate al loro esser maschi o femmine.  Le varie Chiese hanno svolto un controllo sulle norme fondamentali di comportamento delle famiglie.   CONVIVENTI E PARENTI Le forme di famiglia, intese come forme di co-residenza, sono varie; - nucleare: una coppia con figli - allargata: una coppia + uno o più famigliari (nipote, zio) - multipla: coppia di nonni + famiglia di uno dei figli; oppure nuclei familiari di due fratelli. Nell’Ottocento la famiglia tradizionale europea era quella allargata e patriarcale in cui la figura dominante era il maschio, adulto e anziano; successivamente la famiglia evolve verso quella di tipo nucleare. Secondo alcune teorie, con l’inizio dell’industrializzazione viene meno la necessità tipica della società contadina di un grande gruppo famigliare convivente, disciplinato da regole precise e adibito all’attività agricole. Il modello di famiglia varia col variare dei contesti culturali. Tra le famiglie nobili esisteva la consuetudine di coltivare il mito delle origini famigliari antiche. Questa passione per le origini famigliari spiega la supremazia assegnata a ciò che dura nel tempo (fermezza, stabilità, valore di Dio) rispetto a ciò che muta nel tempo (volubilità, fragilità, deviazione da un ordine stabilito). La centralità del matrimonio, soprattutto per le famiglie nobili, è legato al fatto che con esso si tendeva ad affermare una relazione di alleanza, da rinsaldare o creare con un’altra famiglia.  UOMINI E DONNE ALL’ALTARE Il matrimonio è un sacramento e diventa con il cristianesimo un rito sociale. La chiesa impone un matrimonio monogamico, eterosessuale e indissolubile. Ha stabilito la regola delle nozze e su organiche ovvero contratte al di fuori della sfera dei parenti, proibendo le unioni ravvicinate. Infine, la chiesa ha difeso la libertà degli individui di sposarsi a piacimento, preferibilmente con l’assenso della famiglia di origine ma anche senza di esso. Le nozze e Suga amiche e la libertà di scelta del coniuge sono stati i principi contestati dalle famiglie, poiché la logica familiare tradizionale tende a uno stretto controllo sulle unioni matrimoniali. Questo significa una preferenza per il parente, amico e vicino conosciuto, con cui è possibile progettare scambi equi di dote. Sull’ordine gerarchico e sulla divisione di genere dei ruoli sociali, le famiglie trovano nella chiesa un forte sostegno: è importante il dovere di ubbidienza dei figli verso i padri e la subordinazione di tutto l’universo femminile a quello maschile.  LA TRANSIZIONE DEMOGRAFICA Durante il XVIII secolo abbiamo in Europa una modificazione degli equilibri demografici, la popolazione di antico regime è strutturalmente una popolazione giovane. Mentre tra il 14º e 15 secolo le epidemie annullano i lunghi periodi di crescita demografica, successivamente la medicina farà i suoi primi progressi con l’invenzione della vaccinazione, soprattutto per il vaiolo, piaga della popolazione infantile.  Inoltre, le popolazioni europei sono più capaci rispetto ai secoli passati di difendersi, perché meglio nutrite.  Qualche merito va anche ascritto ai sistemi di contenimento del contagio. Un altro elemento è il ridursi della mortalità infantile, con un innalzamento delle speranze di vita.  Ulteriore elemento è la diffusione della riforma protestante con l’incremento dei livelli di nuzialità e quindi di natalità. Tutte queste condizioni si traducono in un netto aumento demografico. à L’età al matrimonio delle donne si alza, restringendo il periodo di fertilità, inoltre si assiste alle diffusioni di tecniche anticoncezionali e una più moderata natalità mostra subito i suoi benefici, poiché si evita uno spezzettamento del patrimonio e si rende possibile assegnare a ciascuno dei figli una porzione anticipata della futura eredità per poter fondare più solide basi per i matrimoni. Questa transizione demografica è possibile grazie: all’aumento delle risorse disponibili, all’ampliamento dei commerci e al miglioramento delle condizioni igieniche e sanitarie.  INDIVIDUALISMO AFFETTIVO La religione tende ad addossare all’individuo la responsabilità morale e materiale delle proprie scelte. Ciascuno deve modellare la propria vita e quindi una tendenza ad attribuire agli individui la scelta del coniuge, questo contribuisce a porre l’accento sulla libertà individuale. Nell’Inghilterra del Settecento prende corpo il romanzo sentimentale che plasma una nuova sensibilità amorosa, l’idea è che per amore si sfidano convenzioni e barriere sociali. Solitamente queste persone appartengono a quella che viene chiamata la gentry, un gruppo sociale ristretto. Sono infatti le donne le principali fruitrice di questo genere di scrittura, che tendono ad essere escluse dal lavoro manuale e che vengono destinate a divenire l’angelo del focolare e il punto di riferimento principale delle dinamiche affettive. Questa evoluzione è facilitata dalle nuove forme di socialità privata che si diffondono nei circoli, nelle sale di riunione e nei club: questi ambienti vedono le donne protagoniste, questa è un’evoluzione iniziata in Inghilterra che poi prenderà piede in tutta Europa.  23- ILLUMINISMO  Il Settecento europeo appare segnato da un fermento intellettuale nuovo e dirompente a cui viene dato il nome di Illuminismo, espressione che trasmette un senso di cambiamento: dove prima imperavano le tenebre della superstizione, dell’ignoranza, del fanatismo ideologico occorre introdurre il lume della ragione. Si viene imponendo una diversa atmosfera intellettuale; più libera, ostile al sapere concezionale, al dogmatismo clericale; nemica del principio di autorità.  Questo mutamento prende il via in Inghilterra e nelle Province Unite dove esiste una relativa tolleranza religiosa, si incoraggiano la ricerca scientifica, il dibattito fra tesi diverse e si promuove la circolazione di libri e giornali. Le esperienze politico-sociali di questi Paesi basate sulla divisione dei poteri, in contrasto con la legittimazione sacrale assolutistica e dispotica delle monarchie europee settecentesche, consente di pensare ad una perfettibilità dei sistemi sociali sia sul piano politico, sia su quello economico, con crescita della ricchezza collettiva. Due i filoni intellettuali fondamentali su cui basi si è venuta costruendo la stagione illuministica: - il giusnaturalismo* olandese di Grozio, Altusio, Spinosa, con la critica del fondamento biblico dell’autorità politica e l’introduzione di un diritto naturale e razionale alla base dei sistemi sociali. Si giungerà, con John Locke, non solo alla critica della mescolanza del potere sacrale e di quello statale, all’affermazione del principio della libertà di coscienza, ma anche a considerare lo Stato come quella istituzione sociale che riconosce e garantisce i diritti naturali propri di ogni uomo.  - il deismo: si tratta della contestazione del concetto di religione rivelata, e perciò imposta dall’alto, a favore dell’idea di una religione naturale che va scoperta ed analizzata alla luce della ragione. La verità, non più rivelata, va perciò cercata con gli strumenti di cui l’uomo si dota. La ragione deve prendere il posto della rivelazione; i nuovi filosofi devono sostituire i vecchi teologi.   LA CRISI DELLA COSCIENZA EUROPEE «Crisi della coscienza europea»: in questo modo lo studioso francese Paul Hazard, nel 1935, definisce il periodo dell’ultimo ventennio del XVII secolo -fine regno di Luigi XIV (1715) - in cui identificare la fase di trasformazione della vita intellettuale e sociale europea.  Ad una società basata sul principio di autorità e sulla deferenza verso il potere politico e religioso si sostituirà una società basata sul diritto, la tolleranza, l’indipendenza della molare dalla religione, la libertà di ricerca. Nasce un nuovo atteggiamento critico e scettico verso le autorità costituite, accompagnato dalla curiosità per i viaggi, le popolazioni, i cibi e le bevande delle nazioni extraeuropee.   Fin dall’Umanesimo e dal Rinascimento il mondo classico aveva rappresentato per la cultura europea una fonte di autorità preziosissima e alternativa alla Bibbia. Non era mai stata posta in discussione la superiorità del mondo antico, una sorta di età dell’oro in cui la cultura e le arti avevano raggiunto livelli di perfezione altissimo. Ora però si incomincia a pensare che le realizzazioni dell’età classica devono cedere il passo a quelle dell’età attuale «moderna». Gli autori moderni, anche se inferiori ai grandi pensatori ed artisti classici hanno il vantaggio di conoscerne i testi e le opere, sono in condizione di vedere più lontano.  Grazie alla conoscenza del passato, la società moderna può superare i confini classici precedenti. Fino ad allora la vicenda dell’umanità era stata immaginata e letta sulla base di uno schema ciclico(dovuto all'osservazione del succedersi delle stagioni e del moto rotatorio dei pianeti), ora si fa strada una concezione evolutiva di tipo lineare e cumulativodella storia umana, un processo di tipo qualitativo e quantitativo senza fine e senza limiti chiamato progresso. La questione della ricerca morale individuale, svincolata dalla religione tradizionale, caratterizza il filone intellettuale noto come libertinismo. Nato all’interno della Riforma protestante, il libertinismo originariamente identifica un atteggiamento di ubbidienza ad ogni Chiesa, soggetto solo alla devozione allo Spirito Santo. Questo libertinismo religioso, combattuto da Calvino, si estingue per dar luogo ad un atteggiamento più complesso degli spiriti liberi, sostanzialmente atei, che ritengono la saggezza un cibo prelibato adatto solo a palati raffinati capaci di giovarsene; la disprezzata superstizione rimane il pasto ineluttabile del volgo. Questo atteggiamento di superiorità conduce alla teorizzazione dell’assoluta libertà del pensiero in contrasto con i vincoli intellettuali imposti dalle autorità civili e religiose. Successivamente il libertinismo, inteso come individuale ricerca di libertà interiore, finisce per influenzare i costumi di vita nella ricerca di un piacere svincolato dalle norme religiose e di costume sociale. Per questo il termine «libertino» finisce per identificare un individuo amorale, dai comportamenti licenziosi.  L’ILLUMINISMO FRANCESE Con la morte di Luigi XIV (1715), inizia per la Francia un’epoca di allargamento degli orizzonti culturali. A Parigi si respira una nuova atmosfera resa possibile dagli intensi rapporti con la Gran Bretagna e da una maggior libertà di stampa che consente la diffusione di idee eterodosse. Giungono testi di libertini, a volte provocatori, come quello di Bernard de Mandeville: La favola delle api (un alveare prospera finché i suoi membri mantengono costumi viziosi, mentre va in rovina quando essi assumono comportamenti virtuosi; morale: comportamenti eticamente criticabili, diventano utili al benessere economico collettivo; vizi privati diventano pubbliche virtù).  L’attrazione per l’Inghilterra testimonia l’insoddisfazione degli intellettuali francesi per le condizioni del regno. Nel 1721, Montesquieu nel libro Lettere persiane, critica le istituzioni e i costumi della Francia. Il testo contiene quelli che saranno i cavalli di battaglia della critica politica illuminista: la denuncia della superstizione, dei vizi derivanti dal dogmatismo religioso e da pratiche come quelle del celibato ecclesiastico e del monachesimo, contrapposte all'ideale della libertà di pensiero e della tolleranza religiosa  Anche nelle successive opere di Montesquieu, ed in particolare nel Lo spirito delle leggi (1748), pietra miliare del pensiero Illuministico europeo, aleggia lo spirito liberale. Tre sono gli universi politico-sociali descritti: la monarchia, la repubblica, il dispotismo. L’autore, pessimista sulla natura profonda delle passioni umane, propone la divisione dei poteri come strumento per la conservazione della libertà. Il sistema politico che meglio gli pare interpretare questa esigenza di conservazione delle libere istituzioni è la monarchia parlamentare e costituzionale inglese.  Nel 1734, con la pubblicazione delle Lettere inglesidi Voltaire, la Gran Bretagna diviene per i francesi il modello alternativo a quello francese ed al suo dispotismo, intolleranza, arretratezza.  Per Voltaire, l’Inghilterra rappresenta ciò che la Francia non è: libera e aperta alle discussioni filosofiche ed alle teorie newtoniane, lontana dalla rigidità dell’antico regime. La pubblicazione delle Lettere inglesi procurò all’autore problemi con la giustizia a causa delle teorie esposte, ma anche un’enorme notorietà in tutt’Europa. Con Voltaire l’Illuminismo diventa un movimento intellettuale caratterizzato dalla volontà di esercitare un’influenza sulle scelte dei governi, che si batte in ogni parte del continente per il progresso civile. Lo stesso Voltaire diventa per alcuni anni il consigliere di Federico II di Prussia; poi, disilluso da Federico II, si ritira a Ginevra dove, oltre a celebri romanzi, scrive due opere storiche fondamentali: Saggio sui costumi e Lo spirito delle nazioni, (ricostruzione della storia europea da Carlo Magno a Carlo V d’Asburgo), e Il secolo di Luigi XIV (storia della Francia dall’avvento di Luigi XIII alla morte di Re Sole). In questi testi Voltaire non si sofferma solo sugli avvenimenti bellici e vicende dinastiche, ma cerca di analizzare i conventi esistenti) trasformando i sacerdoti in stipendiati dallo Stato.  Tuttavia, le condizioni delle popolazioni contadine rimangono miserevoli. Il malcontento causato dallo sfruttamento senza scrupoli dei proprietari terrieri causa, nel 1773, una ribellione contadinaguidata dal mitico Pugacev; inviando il proprio esercito, Caterina stroncherà del sangue la rivolta.   Negli anni successivi la zarina introduce l’istruzione elementare statale gratuita (ma solo nelle città); una relativa libertà di stampa e regole di autogoverno locale. Ma contemporaneamente con la Carta della nobiltà, vengono stabilite esenzioni fiscali e garanzie a favore del privilegiato ceto nobiliare. Questa politica di riforme ha però vita breve perché, col sopravvenire della Rivoluzione francese, la zarina torna ad una politica culturale di segno tradizionalistico.  Nel contempo prende vita il progetto imperiale diplomatico-militare con la spartizione della Polonia e le guerre contro l’impero ottomano; il tutto cercando di restaurate l’Impero Romano d’Oriente con Mosca nuova capitale.  LE RIFORME DELL’IMPERO ASBURGICO I più importanti interventi di riforma politica, sociale ed economica sono promossi da Maria Teresa d’Austria, moglie dell’Imperatore Francesco I, fervente cattolica e di conseguenza distante dalla cultura dei lumi. L’imperatrice ha però ereditato dal padre Carlo VI l’idea che la crescita economica sia alla base di una politica di potenza.  Tenta di uniformare gli ordinamenti dei domini diretti della corona asburgica (Austria e Boemia) per assoggettare la nobiltà al pagamento delle tasse, rende obbligatoria l’istruzione, pone sotto il controllo statale scuole superiori e università, interviene nei campi dell’assistenza sociale e della sanità.  Questa forte volontà di riforma accresce con la salita al trono del figlio di Maria Teresa, Giuseppe II.  Agisce nello smantellamento dell’universo ecclesiastico tradizionale: interi ordini religiosi vengono soppressi, fa chiudere decine di conventi, fa aprire seminari generali per la formazione del clero sotto il controllo statale; i beni ecclesiastici vengono incamerati dallo stato e con il ricavato della loro vendita ripiana il debito creato dai conflitti militari, al contempo però stipendia sacerdoti e vescovi come è avvenuto in Russia. Con Giuseppe II agli ebrei viene concesso il godimento di tutti i diritti civili concessi agli altri cittadini, accordata anche la libertà di culto delle professioni cristiane non cattoliche; abolisce anche la tortura; la libertà di stampa rimane invece assai limitata. Il sovrano decide di propria iniziativa di limitare la propria autorità assoluta.   Giuseppe II è affascinato dal modello statale prussiano, ma non riesce ad imitarlo perché il suo potere in parte dipende dai principi su cui governa e che egli cerca di assoggettare di più.  In campo economico vengono adottati provvedimenti protezionistici per l’agricoltura e la manifattura; nelle campagne viene abolita la servitù della gleba e l’obbligo per i contadini di fornire prestazioni lavorative gratuite; inoltre, si dà vita alla mappatura delle proprietà terriere: il catasto.  Viene istituita un’imposta fondiaria unica valida per tutti i sudditi, ma questo provvedimento scatena l’opposizione dei ceti aristocratici per cui Leopoldo II, successore di Giuseppe II, annulla tali riforme e ripristina la situazione precedente.   LA SOPPRESSIONE DELLA COMPAGNIA DI GESÙ. Uno dei terreni sui quali si misura la capacità dei sovrani di attuare decisi interventi di riforma è quello dei rapporti con la Chiesa cattolica. Acquistano peso gli interventi del potere politico: gestione dei beni ecclesiastici, nomina ai vescovadi, formazione e controllo degli ordini religiosi.  Di grande rilievo è la vicenda della Compagnia di Gesù (gesuiti), che sin dalla seconda metà del 16 secolo rappresenta il simbolo della Chiesa cattolica di arginare le idee protestanti. I gesuiti, diventati ricchissimi grazie a lasciti testamentari, erano divenuti strumento dell’intromissione del papato negli affari di Stato sia perché culturalmente influenti, sia per la benevolenza di sovrani di cui erano diventati consiglieri spirituali. I gesuiti, alla stretta dipendenza del pontefice, divengono il bersaglio delle polemiche illuministiche e delle politiche riformatrici. La prima espulsione dei gesuiti si verifica in Portogallo nel 1759, dove il sovrano punta sia alle ricchezze fondiarie di quest’ordine religioso, sia a ridimensionare il ruolo di clero e di nobili. Il provvedimento portoghese viene imitato in Francia (1764), in Spagna, a Napoli, Sicilia, Parma. L’accusa principale indirizzata alla Compagnia, e che può essere estesa a qualunque componente del clero, è quella di essere portatrice di un a doppia fedeltà politica: al papa ed al sovrano. Nel 1773, papa Clemente XIV decide lo scioglimento della Compagnia di Gesù; solo in alcune città della Svizzera, e in Prussia i gesuiti ottengono la protezione di Federico I, I sovrano illuminista.   LE RIFORME IN ITALIA.  Sotto Maria Teresa e Giuseppe II, la Lombardia austriaca diventa un laboratorio per la sperimentazione delle nuove politiche pubbliche. Nel 1760, prende il via il catasto geometrico che mette a disposizione del governo non sola una mappatura della proprietà fondiaria - presupposto per una equa distribuzione del carico fiscale -, ma anche uno strumento conoscitivo del territorio indispensabile per attuare interventi di riqualificazione agraria, costruzione e regolazione di canali. Nel 1765, viene istituita la «giunta economale» per le materie ecclesiastiche che produce limitazioni e smantellamento delle esenzioni fiscali dei beni della Chiesa.  25 - LA NASCITA DEGLI STATI UNITI D’AMERICA Con la rivoluzione americana per la seconda volta in Occidente (prima di loro i Paesi Bassi hanno condotto una rivolta contro la corona spagnola con la conseguente nascita delle Province Unite), una popolazione soggetta conduce una guerra per l’indipendenza, scegliendo autonomamente il proprio governo: questa rivolta infatti è basata su principi repubblicani secondo cui la sovranità appartiene al popolo.  La rivoluzione porta ad uno assetto politico-istituzionale a stampo liberal-democratico, che implica il riconoscimento di una serie di diritti individuali e l’affermazione di un principio di uguaglianza dei cittadini di fronte alla legge. La divisione dei poteri è garantita da una costituzione scritta (1787) che regola l’equilibrio tra i vari Stati nati dalle ex- colonie e il nuovo governo federale. Gli Stati Uniti d’America appaiono come l’esempio di una società in cui: -la ricchezza è più livellata -la giustizia è meglio distribuita -le opportunità sono offerte a tutti -le libertà individuali garantite  IL MONDO COLONIALE NORD-AMERICANO In America settentrionale la penetrazione inglese comporta la creazione di una serie di basi commerciali disposte lungo la costa atlantica, dedite agli scambi con le popolazioni indigene. La base sociale degli insediamenti inglesi è formata da mercanti, artigiani e persone alla ricerca di una migliore sorte economica. Ci sono inoltre gruppi di deportati o delinquenti che il governo britannico allontana dalla madrepatria. Si tratta comunque di una popolazione giovane. Ad un primo gruppo di colonie, il New England, localizzato a settentrione attorno all’importante città di Boston, si affianca un altro gruppo di colonie legate alla formazione di alcuni grandi centri commerciali e portuali, tra cui primeggiano New York e Philadelphia. Più a sud invece altre colonie sono specializzate nell’attività agricola e utilizzano come forza lavoro gli schiavi neri.  Sono tutte realtà sociali diverse alla ricerca personale di maggiori opportunità. La comunità professa un credo di tipo calvinista, aderisce quindi alla prospettiva teologica puritana, che comporta l’attribuzione di grandi responsabilità alla comunità dei credenti, diffondendo la convinzione che l’affermazione personale sul piano lavorativo sia il segno della benevolenza divina. Questo tipo di organizzazione della comunità fa sì che queste colonie godano di ampia autonomia, infatti il controllo inglese è indiretto, vige solamente l’obbligo per queste ultime di commerciare esclusivamente con la madrepatria, assoggettando le merci alle tassazioni decise dal parlamento di Londra. Per questo le conflittualità rimangono circoscritte, almeno fino al 18 secolo, quando questo equilibrio si viene a rompere.  NIENTE TASSE SENZA RAPPRESENTANZA: LE RAGIONI DI UN CONFLITTO All’origine dei dissidi tra colonie e Gran Bretagna vi sono interessi economici e fiscali.  Il governo può decidere come e dove tassare le merci provenienti dalle colonie e per tutelare gli interessi della madrepatria, pone numerosi vincoli allo sviluppo economico delle colonie americane e allo sviluppo di una marineria coloniale. Sentimenti di malcontento per una disparità di trattamento iniziano a serpeggiare. La ragione del contrasto è di natura politica: verte intorno all’estensione della partecipazione popolare alle scelte governative e ai limiti del potere sovrano. à Con la vittoria della guerra dei Sette anni (1756-63) la Gran Bretagna si trova a decidere sul modo di governare un vero e proprio territorio imperiale, con possibilità di espansione in direzione delle terre abitare dai pellerossa (verso ovest). Il governo di Londra, volendosi rifare degli enormi costi della guerra appena vinta, vara una serie di provvedimenti miranti ad esercitare un maggior controllo economico su quei vasti territori. Viene accresciuto il prelievo fiscale, viene introdotta un’apposita tassa, lo Stamp Act, per finanziare i costi amministrativi in America. Il fatto che questa tassa - votata dal Parlamento inglese in cui i coloni non sono rappresentati - sia stata imposta senza approvazione delle assemblee locali viene considerato un atto di dispotismo che attacca la libertà e la proprietà dei sudditi. Inoltre, nel 1773, il governo britannico assegna il monopolio del commercio del tè nelle colonie americane alla Compagnia inglese delle indie orientali. Contro questa nuova imposizione scoppia la protesta nel porto di Boston che viene ricordata come Boston Tea Party, un gruppo di coloni gettano in mare il carico di tè di una nave della Compagnia.  LA GUERRA D’INDIPENDENZA La reazione di Londra è durissima; il porto di Boston viene chiuso e un governatore assume ampi poteri. Nel 1774, una nuova legge - Quebec Act - istituisce nell’ex colonia francese un governo senza rappresentanza legale, procedure giudiziarie senza la giuria e libertà di culto ai cattolici. La risposta dei coloni fu la convocazione di un congresso dei rappresentati delle tredici colonie a Philadelphia che assunse una linea moderata e di conciliazione cercando un compromesso. Re Giorgio III decide però di reagire con la forza a quella che considera una ribellione. Nel 1775, inizia la guerra di indipendenza: le colonie organizzano un esercito comune sotto il comando di George Washington. Inizialmente il più esperto esercito inglese ha la meglio sulle mal equipaggiate milizie coloniali. In Europa Benjamin Franklin sensibilizza l’opinione pubblica che si schiera a fianco degli insorti americani; partono anche numerosi volontari. Nel 1776, il Congresso americano approva la Dichiarazione d’indipendenza di Thomas Jefferson in cui sono definite le ragioni della ribellione: diritto naturale dei popoli alla vita, alla libertà ed alla ricerca della felicità. Questi diritti sono inalienabili e un governo che li ostacoli deve essere abbattuto. Nel 1777 l’esercito americano consegue la prima vittoria a Saratoga. Negli anni successivi, aiuti militari e rifornimenti arrivano dalla Francia e Spagna che sono entrati in guerra contro Londra. Dopo tre anni (1781) l’esercito britannico viene sconfitto definitivamente a Yorktown. Infine, con il trattato di Versailles (1783), la Gran Bretagna riconosce l’indipendenza delle sue ex colonie, che hanno assunto il nome di Stati Uniti d’America.  LA COSTITUZIONE DEGLI STATI UNITI Nel 1781 viene deciso di dar vita ad un’autorità confederale dei tredici Stati sorti dalle ex colonie britanniche. Gli articoli di confederazione costituiscono la prima costituzione degli Stati Uniti. Rappresenta una sorta di trattato tra gli Stati sovrani, ognuno rappresentato da un delegato al Congresso, un congresso che però è privo di autonomia in materia finanziaria e ha funzioni relative ai rapporti con l’estero. à questa impostazione appare insoddisfacente perché priva la repubblica americana di una direzione politica.   Il dibattito sulla forma definitiva da dare agli USA si fa acceso: si sviluppa il movimento federalista/nazionalista, che propugna la revisione degli Articoli di confederazione.  Si pensa quindi di avere una e propria costituzione scritta che regoli il patto tra cittadini, Stati sovrani e il potere centrale.  A Philadelphia, nel 1787, si riunisce una convenzione per redigere la costituzione: si approva un testo breve ed efficace composto da 7 articoli. Delinea una repubblica di tipo federale con una propria sovranità. Il Congresso è formato da due camere: quella dei rappresentanti è eletta direttamente dai cittadini, il Senato invece è composto da due rappresentanti nominati da ogni singolo Stato.  Al potere legislativo si aggiunge quello esecutivo, incentrato sulla figura del presidente degli Stati Uniti e di un potere giudiziario indipendente.  A guardia della costituzione viene istituita una Corte suprema: ha il compito di interpretare il testo costituzionale, proteggere i diritti dei cittadini e di redimere i conflitti. 1791 à approvato il Bill of Rights, una carta dei diritti che ribadisce il rispetto dei diritti individuali inviolabili: alla vita, alla proprietà, alla ricerca della felicità, alla libertà di pensiero e di culto. Gli indigeni restano del tutto esclusi dai diritti di cittadinanza. La Costituzione del 1787 è ancor oggi quella in vigore negli USA.  26- LA RIVOLUZIONE FRANCESE Nel decennio 1789-1799 la Francia conosce la più straordinaria trasformazione politica mai realizzata nella storia dell’Europa occidentale. L’antico regime viene spazzato via creando una nuova cultura politica che è ancora oggi la base della società contemporanea. La società di ordini e ceti viene sostituita da una società democratica e egualitaria. Il potere monarchico viene sostituito da un potere repubblicano esercitato dai rappresentati eletti dal nuovo potere sovrano: il popolo come nazione.  I LIMITI DI UN SISTEMA Il sistema politico assolutistico creato da Luigi XIV presentava due limiti: - la decisone di non convocare più gli Stati generali ma questa mancanza di un canale di collegamento tra corte e società, finisce per consentire al Parlamento di Parigi (suprema corte di giustizia civile e penale) di assumere un ruolo di supplenza nel rappresentare gli interessi del paese. Tuttavia, finisce col non essere capace di dar voce all’intera società francese; - la volontà di Luigi XIV di incrementare ulteriormente il prelievo fiscale, incontra evidenti ostacoli sia nella nobiltà, sia di sottrarre l’attività legislativa alle pressioni delle masse popolari, sia una restaurazione realista. Questa Costituzione è di orientamento assai moderato: limita la libertà di stampa e di associazione, prevede l’istituzione di un Parlamento bicamerale, tende a restituire sicurezza al potere legislativo.  27- L’EREDE IMPERFETTO: NAPOLEONE BONAPARTE. La figura di Napoleone Bonaparte (1769/1821) occupa un posto di assoluto rilievo nella storia e nell’immaginario europeo tra il XVIII e XIX secolo. Grande condottiero, abile politico, eccellete stratega egli inaugura un periodo di preponderanza francese sulla scena politico-militare del continente europeo (fatta salva la Gran Bretagna) in virtù del proprio primato economico e navale. Napoleone non nasce sovrano di Francia, la sua famiglia, infatti, appartiene alla classe media. Con lui, per la prima volta dopo Oliver Cromwell, un generale di modeste origini acquista un potere monocratico che si trasforma poi in potere monarchico. Come per Oliver Cromwell nella rivoluzione inglese, deve la sua ascesa a sconvolgimenti politici di vasta scala: le uniche due rivoluzioni europee che hanno visto la condanna a morte di due sovrani: Carlo I Stuart e Luigi XVI Borbone.   Napoleone sa che per governare deve ricevere dal popolo la legittimazione necessaria. Quando riesce a farsi eleggere re e poi imperatore, sceglie di titolarsi sovrano dei francesi e non della Francia, a indicare chiaramente che la sua discendeva dal consenso popolare, non da una presunta volontà divina.  Da una parte egli sa di essere l’erede della rivoluzione e contro le potenze europee legittimiste afferma il diritto dei francesi scegliersi il proprio governo, cercando anche di mantenere alcune conquiste del periodo rivoluzionario come la concezione dell’uguaglianza dei cittadini davanti alla legge. D’altra parte, Napoleone sa di rappresentare la forza di un principio monarchico che, dopo la rivoluzione, va riacquistando influenza e prestigio.   Molti francesi, stanchi di faide e violenze della guerra civile, desiderano affidare le redini del governo ad un uomo forte che sappia imporsi opponendosi alle due posizioni estreme esistenti nel paese:  - i filomonarchici, che desiderano la restaurazione dei Borbone ed il ritorno all’antico regime;  - i giacobini, coloro che vogliono costituire una salda repubblica ispirata ai principi della rivoluzione.  Napoleone riesce nella difficile impresa di farsi accettare dalla maggioranza di questi due opposti schieramenti: è capace di presentarsi come erede della monarchia assoluta e, allo stesso tempo, della rivoluzione. Un erede straordinario, ma ambiguo, imperfetto.   LA SVOLTA MILITARE DELLA RIVOLUZIONE. Nel 1795, l’entrata in vigore della costituzione dell’anno III non risolve la situazione dell’ordine pubblico in Francia. La clausola per la quale i 2\3 dei membri delle nuove Camere devono essere eletti tra i membri della Convenzione suscita la protesta dei monarchici che il 4 ottobre a Parigi danno vita ad una insurrezione repressa col sangue da Napoleone, di fede repubblicana. Viene poi nominato un Direttorio formato dagli ex membri repubblicani della Convenzione, quelli che avevano votato per la condanna a morte del re.   Il Direttorio deve affrontare una situazione assai difficile: la Francia, malgrado i successi che portano alla pace con Prussia e Spagna e al controllo delle Province Unite, resta in guerra con la Gran Bretagna, l’Impero e il regno di Sardegna. Sul piano interno assume misure repressevi sia nei confronti sia dei monarchici, sia dei repubblicani radicali (giacobini) che non accettano la normalizzazione moderata che sta prendendo vita sul piano.  Davanti a questa doppia emergenza (bellica e interna), si decide una soluzione di tipo militare:  -attacco a nord contro le forze dell’impero e del regno di Sardegna (ad una prima armata è affidato il compito di varcare il Reno e impedire l’avanzata delle truppe imperiali) -invadere il Piemonte per minacciare la Lombardia austriaca.  Mentre l’armata del Reno viene costretta a ripiegare, la spedizione inviata in Italia sotto la guida di Napoleone incontra straordinari successi. (1796).  Lo stato di Sardegna si arrende, viene invasa la Lombardia e alcuni territori dello Stato della Chiesa.  Con la pace di Campoformio (1797), i francesi ottengono la sovranità sui Paesi Bassi, la Lombardia, Nizza e Savoia; l’impero austriaco ottiene la repubblica di Venezia, che perde la sua indipendenza.   Buona parte degli italiani appoggia gli ideali repubblicani francesi.  Le popolazioni dei ducati padani e i territori ad esso confinanti (Bologna, Ferrara, Modena e Reggio Emilia) danno vita ad una repubblica filofrancese, la Cispadana, che adotta per prima come simbolo il tricolore italiano, modellato su quello francese.   Poco dopo, la Cispadana verrà inglobata ad una più vasta repubblica cisalpina, che comprende anche la Lombardia, mentre in Liguria nasce la repubblica ligure.  Nel 1798 anche il potere pontificio nello Stato della Chiesa crolla sotto i colpi dell’invasione francese, cui segue la nascita della repubblica romana e, dopo il tentato intervento del re di Napoli Ferdinando IV a favore del Papa, anche Napoli viene occupata dai francesi; nasce qui repubblica partenopea. Ferdinando IV di Borbone si rifugia in Sicilia protetto dalla flotta britannica.  Solo la Gran Bretagna si oppone alla Francia repubblicana e per questo il Direttorio decide di inviare in Egitto le armate di napoleone nel tentativo di ostacolare gli inglesi nei loro commerci. Bonaparte sconfigge gli egiziani nella battaglia delle Piramidi (1798), ma la flotta francese viene annientata dall’ammiraglio inglese Horatio Nelson; Napoleone decide di ritornare in Francia (1799).   Sul piano interno il Direttorio, sconfitto dai monarchici nelle elezioni del 1797, con un colpo di Stato annulla i risultati delle elezioni ed epurando i filomonarchici.  Mentre nelle campagne il banditismo è ormai fuori controllo, con ripetuti saccheggi di massa dei contadini armati, il quadro politico rimane instabile perché nelle nuove elezioni del 1798 vincono i giacobini.  Il Direttorio annulla le elezioni con un nuovo colpo di Stato. A questo punto, l’abate Sieyes, famoso protagonista della prima Assemblea nazionale, in accorto Bonaparte organizza un nuovo colpo di Stato; dopo aver sciolto il Direttorio, Sieyes, Bonaparte e Ducos si autoproclamano consoli della repubblica cercando di dare stabilità alla Francia garantendo l’ordine pubblico. Di fatto però, il potere esecutivo è nelle mani di Bonaparte che, controllando l’esercito, ha la forza delle armi.  Una nuova costituzione, detta dell’anno VIII,assegna il controllo delle due assemblee legislative al triunvirato dei consoli.  Napoleone, con la carica di primo console, ossia di capo dello Stato, si assicura un sostanziale predominio.  DAL CONSOLATO ALL’IMPERO.  La decisone di affidare le sorti della repubblica ad un uomo forte è dovuta:  - all’incapacità del Direttorio a terminare la rivoluzione e ad assicurare la stabilità politica;  - all’emergenza bellica creatasi con la formazione della seconda coalizione antifrancese  (Gran Bretagna, Russia, Prussia, impero, impero ottomano, Svezia, Regno di Napoli). Tra il 1788/89, in Italia vengono abbattute le varie repubbliche costitute sul modello francese.  Napoleone decide di non rassegnarsi alla perdita della presa sull’Italia. Dopo che la Russia, sconfitta in Svizzera, lascia la coalizione antifrancese, Napoleone varca nuovamente le Alpi e a Marengo (1800) infligge una dura sconfitta alle forze sarde ed imperiali. Si firmano quindi nel 1801 la pace con l’impero e nel 1802 la pace con la Gran Bretagna.   Sul piano interno il nuovo regime sigla un concordato con la Santa Sede, la quale riconosce la repubblica francese in cambio dell’affermazione del cattolicesimo come religione della maggioranza dei francesi; il papato ristabilisce il controllo sulla Chiesa francese.  Avendo consolidato la propria posizione, nel 1802Napoleone si fa proclamare primo console a vita, primo passo per la trasformazione del consolato in monarchia. Nel maggio 1804, viene approvata la costituzione dell’anno XII, che trasforma la carica di primo console in quella, ereditaria, di imperatore dei francesi:  il 2 dicembre 1804, Papa Pio VII, nella cattedrale di Notre Dame di Parigi, consacra Napoleone imperatore porgendogli la corona che egli stesso si pone sul capo.   Per legittimare la nuova situazione vengono creati nuovi titoli nobiliari assegnati a militari e funzionari fedeli all’imperatore. Napoleone procede anche al riordino:  - della finanza pubblica coniando una nuova moneta, il franco d’argento, garantita dalla Banca di Francia;  - del sistema giudiziario (controllo da parte del governo sui giudici, reazione dei tribunali d’appello). Nel 1804 viene promulgato il Codice civile, che riassume molte delle conquiste della rivoluzione (libertà individuale, laicità dello Stato, uguaglianza di fronte alla legge, abolizione del feudalismo).  Rassicurati i gruppi dirigenti del paese sul rispetto assoluto del diritto di proprietà, Napoleone rafforza gli apparati di sicurezza creando una potente polizia che si dedica sia alla tutela dell’ordine pubblico per dare sicurezza alle attività economiche e commerciali, sia alla repressione di ogni forma di dissenso, anche grazie ad un’efficace censura.  LA MONARCHIA AMMINISTRATIVA Napoleone realizza per la prima volta nella storia europea il regime di un uomo che fonda il proprio potere sul controllo dell’esercito preoccupandosi nel contempo di legittimare il proprio ruolo tramite il consenso, espresso con il plebiscito, della maggioranza della popolazione.  Gli storici hanno chiamato questo periodo cesarismocon riferimento alla dittatura imposta a Roma da Giulio Cesare che aveva posto anch’egli fine all’esperienza di un regime repubblicano.  Napoleone rappresenta per i francesi la certezza della fine dei contrasti politici interni, una normalizzazione che promette di conservare parte delle conquiste della rivoluzione. Si realizza infatti una rottura dei diritti e privilegi dell’antico regime.   Il perno del mutamento introdotto da Napoleone è la riforma amministrativa: la macchina statale viene impostata in modo strettamente gerarchico e piramidale. L’intero territorio francese, diviso in dipartimenti, viene controllato attraverso la nomina governativa di amministratori, prefetti e sottoprefetti con funzioni di controllo e direzione di tutti gli aspetti della vita collettiva. Lo Stato tende ad avere un ruolo sempre più incisivo producendo in questo modo un miglioramento nelle condizioni sanitarie, istruzione, efficienza amministrativa e finanze statali; contemporaneamente la società è sottoposta ad un potere centrale che ricorre ad un serrato controllo poliziesco militare.  Prende il via la formazione di personale addestrato a lavorare nelle nuove strutture pubbliche, personale in cui cresce la consapevolezza del proprio ruolo al servizio delle Stato; si afferma il principio di fedeltà al ruolo e agli obblighi che comporta il far parte delle strutture pubbliche. Queste nuove regole di organizzazione dello Stato verrà chiamata «monarchia amministrativa».  La quantità delle direttive emanate è notevole perché si ritiene che una legge scritta e pubblica possa impedire la rinascita di poteri particolari e di privilegi; in realtà essendo troppe le norme da rispettare i burocrati hanno un notevole spazio di manovra nell’eseguire prima una o un’altra norma.  Sono i burocrati i veri protagonisti della monarchia amministrativa. È grazie a loro, infatti, che il regime napoleonico si consolida.  Questa nuova etica del servizio pubblico è la conferma dei principi egualitari della rivoluzione, che impongono che gli alti gradi dell’amministrazione sono riservati ai meritevoli e non ai privilegiati per nascita. A questo fine Napoleone riforma il sistema dell’istruzione superiore; le grandi scuole pubbliche d’eccellenza diverranno vere fucine di quadri per l’amministrazione pubblica, militare e civile.  L’EGEMONIA FRANCESE IN EUROPA E LE SUE CONSEGUENZE.  Nel 1805, la Gran Bretagna, preoccupata per la forza del nuovo regime napoleonico, promuove una terza coalizione antifrancese: Impero austriaco, Russia, Svezia, Regno di Napoli. L’ammiraglio britannico Nelson, a Trafalgar, sgomina la flotta francese, ma l’armata napoleonica, a Austerlitz, sconfigge l’esercito austro-russo.   Con il successivo trattato di pace l’Austria cede Veneto, Dalmazia e Istria al neonato regno d’Italia il cui sovrano è Napoleone. Bonaparte ridisegna la cartina europea creando una serie di Stati satellite della Francia sui quali insedia propri congiunti:  -Regno d’Olanda al fratello Luigi Bonaparte;  -Regno di Napoli al fratello Giuseppe. In Germania viene istituita la confederazione del Regno, che riunisce Stati satelliti della Francia, mentre l’imperatore d’Austria Francesco II proclama nel 1806 la fine del Sacro Romano Impero. La Prussia tenta di formare una quarta coalizione antifrancese ma gli eserciti prussiani e russi sono ancora una volta sconfitti da Napoleone, che, a seguito di un accordo con la Russia, decide di dimezzare la Prussia creando il Regno di Vestfalia e affidandolo al fratello Girolamo.  Solo l’Inghilterra resiste e Napoleone il quale, impossibilitato ad invaderla, decide di isolarla economicamente per distruggere la sua principale fonte di potenza economica: i commerci. Francia ed i suoi Stati satellite decretano un blocco commerciale, ma questo isolamento mercantile non risulta efficace sia perché è difficilmente applicabile visto il grande contrabbando di merci inglesi, sia perché l’economia francese non è in grado di sostituire la produzione britannica.  Nel 1809, Napoleone occupa lo Stato Pontificio e deporta Pio VII - che lo scomunica - a Savona. Dopo il rifiuto del Portogallo di applicare il blocco, Napoleone in accordo con la Spagna, decide di invaderlo, ma lo sbarco delle forze inglesi costringe i francesi al ritiro. Nel frattempo, approfittando di una disputa dinastica, decide di spodestare il re di Spagna Carlo VI di Borbone   e sul trono sale il fratello Giuseppe Bonaparte, sostituito nel regno di Napoli da Gioacchino Murat, marito di Carolina Bonaparte. Dopo la sconfitta di una quinta coalizione antifrancese, Napoleone impone all’Austria la perdita di numerosi territori che verrà sancita con il matrimonio tra Napoleone e Maria Luisa d’Asburgo, figlia dell’imperatore d’Austria. Nel 1811 nasce Napoleone Francesco, l’erede al trono francese.   Con l’affermazione dell’egemonia francese si diffondono in Europa dei nuovi principi politici, modelli amministrativi e giuridici, modelli culturali, tutti diversi da quelli tradizionali, che portano alla nascita di forme di resistenza di stampo tradizionalistico e legittimistico.  Una delle aree in cui più fortemente si manifesta questa avversione è la Germania, ma è soprattutto in Spagna che la reazione antifrancese esplode con una violenza inaudita. Con il sostegno della Gran Bretagna, gli spagnoli attuano un tipo di resistenza nuova basata su scontri sporadici, ma con continue e logoranti azioni di sabotaggio; tale inedita forma di «piccola guerra», che evita battaglie in campo aperto e preferisce le imboscate e che coinvolge anche le popolazioni, le quali appoggiano i ribelli, viene chiamata «guerrilla».  IL TRAMONTO DELL’IMPERO NAPOLEONICO.  La decisione russa di riprendere i commerci con la Gran Bretagna rompe l’alleanza tra Francia e Russia; nel giugno 1812 Napoleone invade la Russia con un esercito di 700.000 uomini, sconfigge le truppe zariste a Borodino e riesce ad occupare Mosca. I russi abbandonano la città dandola alle fiamme; privo di rifornimenti e vedendo che lo zar non chiede la pace, Napoleone ordina la ritirata. La sua armata, ripetutamente attaccata ai fianchi, stremata dal gelo e dalla fame e colpita da epidemie, giunge in Francia con meno di 50.000 uomini. Le potenze europee tornano ad organizzare una coalizione antifrancese; a Lipsia (16/19 ott.1813) le forze antifrancesi sconfiggono Napoleone, poi invadono la Francia e occupano Parigi. Bonaparte viene costretto ad abdicare, viene restaurata la monarchia dei Borbone, Napoleone viene esiliato all’isola d’Elba, datagli come possedimento.   -la Russia si annette la Galizia e la Finlandia, e parte del regno di Polonia -la Gran Bretagna l’sola di Malta, possedimenti coloniali francese ed olandesi: Tobago, isole Mauritius, Guyana, Ceylon -in Spagna e Portogallo tornano sui troni le rispettive dinastie: Borbone e Braganza Infine, sotto la regia del cancelliere austriaco Metterenich, prende vita la Santa Alleanza, formata da Russia, Austria, Prussia, al fine di ristabilire l’ordine europeo antecedente la rivoluzione. Tale alleanza tutela la religione, la pace e la giustizia. La gran Bretagna si rifiuta di aderire alla Santa alleanza ma sottoscrive comunque un trattato di quadruplice alleanza (con Austria, Russia e Prussia) che ricostituisce il tradizionale schieramento antifrancese.   NUOVO DISPOTISMO REAZIONARIO Il dispotismo monarchico post-rivoluzionario si appoggia – a differenza dell’assolutismo settecentesco – sui valori tradizionali. I sovrani assoluti tendono a richiamare un quadro di valori tradizionali per rassicurare tutti coloro che sono stati spaventati dai rivolgimenti rivoluzionari. La Chiesa cattolica svolge un fondamentale ruolo di supporto, si parla infatti di alleanza tra trono e altare. Sarebbe errato affermare che la restaurazione sia un ritorno al passato, al contrario questa è animata da una volontà di reazione alla rivoluzione, da cui vengono cambiate le forme organizzative. à Nella tradizionale visione aristocratica la nobiltà francese era la miglior rappresentanza della Francia, con la rivoluzione quest’ultima si trasforma in una parte politica, esattamente nella controparte della rivoluzione contro la trasparenza delle idee rivoluzionarie di un popolo deciso a difendere la sua libertà.  E I SUOI NEMICI Il diffondersi del clima poliziesco, di repressione e censura in Europa, favorisce la nascita e la diffusione delle società segrete. Il modello è quello della Massoneria, assai popolare tra le classi colte, amanti della speculazione filosofica e contrarie ad alcune posizioni della Chiesa Cattolica, per questo era stata scomunicata nel 1738. Dopo la rivoluzione i gruppi massonici danno vita a sette politiche per lottare contro il dispotismo e l’alleanza fra il trono e l’altare, nel nome delle idee liberali e costituzionali. La diffusione delle sette segrete in Europa è impressionante. In Italia è la Carboneria che promuove gli ideali di unità ed indipendenza del paese dal dominio straniero. La repressione delle idee considerate sovversive è particolarmente dura in Italia.  LIBERTÀ E INDIPENDENZA Luigi XVIII si rende conto che non è possibile un semplice ritorno all’antico regime, quindi concede la promulgazione, nel 1814, di una carta costituzionale di impronta liberale che prevede un Parlamento bicamerale e il controllo della corona sul governo, garantendo una limitata tutela dei diritti individuali. Questa costituzione non soddisfa né i monarchici, né i bonapartisti. Le elezioni del 1815 sanciscono la vittoria degli ultras, i quali contrari all’esistenza di una costituzione, disertano i lavori parlamentari. Nel 1820, con l’assassinio del duca Berry da parte della Carboneria, il re torna ad una politica repressiva. Dopo il 1815, altre monarchie si dotano di una Costituzione: Paesi Bassi, Svezia, Norvegia. La Gran Bretagna rimane sempre un esempio a parte con una costituzione non scritta, ma radicata. In questo periodo il tema della libertà politica si fonde con l’aspirazione all’autodeterminazione dei popoli nel nome del diritto all’indipendenza nazionale. Se la sovranità risiede nel popolo, questo ha il diritto di esprimere le proprie rappresentanze su base nazionale. L’esempio fondamentale è quello degli Stati Uniti d’America: diventa un soggetto in prima persona che si identifica con il nuovo Stato. La nazione è considera l’identità intima di un popolo e non vi è legittimità senza o contro la volontà popolare. L’investitura divina che i sovrani assolutistici ritengono di possedere viene a essere posta in questione.  30. ANCORA LA RIVOLUZIONE Gli anni Venti del XIX secolo sono caratterizzati dal ritorno alla rivoluzione. La restaurazione dell’antico regime manomesso dalla Rivoluzione francese si rivela un’illusione. Epicentro del nuovo sisma rivoluzionari questa volta è la Spagna, nazione che aveva precedentemente combattuto contro Napoleone in nome dei valori tradizionali. Il paese si divide fra parte liberale che vuole un ordinamento costituzionale e parte reazionaria fautrice dell’assolutismo. Il linguaggio politico della rivoluzione, imperniato sul concetto di sovranità popolare e su quello di popolo-nazione dotato di volontà propria è giunto sino alle colonie. Le varie nazioni aspirano a garanzie costituzionali dei diritti e all’autodeterminazione sentendosi oppressi da una dominazione straniera. La partecipazione cosciente dei cittadini alla vita pubblica avviene attraverso la delega che essi concedono ai propri rappresentati per la gestione del potere. Ma in Germania nasce un differente concetto di nazione-popolo che parte dalla volontà di opporsi ai modelli amministrativi e politici francesi.  LA RIVOLUZIONE SPAGNOLA Negli anni della lotta contro l’occupazione francese (1808/14), si era sviluppato in Spagna un movimento liberale che coniugava la battaglia agli invasori con la richiesta di riforme politiche costituzionali. Nel 1812, a Cadice, viene proclamata una costituzione di stampo liberale che prevede un Parlamento, garanzie dei diritti dei cittadini e alcune limitazioni al potere regio. Tuttavia, Ferdinando VII di Borbone, reinsediatosi nel 1813, annulla la Costituzione di Cadice, consente al clero di recuperare i beni persi durante il dominio francese, e all’aristocrazia di riavere privilegi; poi cerca di ristabilire uno stretto controllo sulle colonie dell’America Latina ma l’esercito che dovrebbe partire per le colonie si ribella e chiede il ripristino della costituzione. L’ingovernabilità spinge il sovrano ad abdicare e la Santa Alleanza interviene militarmente in Spagna, il sovrano torna quindi sul trono. Anche in Portogallo, nel 1820, abolisce la costituzione spagnola e chiede il rientro del sovrano, Giovanni VI, che si trova in Brasile; il quale rientrato ristabilisce il regime assolutistico. Nel frattempo, il primogenito del monarca, Pietro, rimasto in Brasile, proclama l’indipendenza del paese assumendo, con l’accordo del padre, il titolo di imperatore. Del resto, in tutta l’America centrale e meridionale il processo di indipendenza è ormai inarrestabile. Elemento comune delle rivolte della penisola iberica e delle colonie è il fatto che le istanze liberali e costituzionali provengono dai ranghi dell’esercito; questo perché la mobilità sociale ha consentito l’accesso ai gradi elevati di nuovi elementi non provenienti da più basse classi sociali.  LA GUERRA D’INDIPENDENZA GRECA In questo periodo storico la Grecia è un’area estremamente arretrata dedita alla pastorizia e all’agricoltura, a volte al brigantaggio. Debole e militarmente inferiore l’impero ottomano, attira le mire espansionistiche di Russia ed Austria. La richiesta del popolo greco all’indipendenza politica da vita ad un movimento filellenico in tutta Europa. Solo però le mire espansionistiche del nuovo zar, Nicola I, porteranno ad un’alleanza europea disposta a entrare in guerra contro agli ottomani. Dopo alterne vicende il conflitto si concluderà con la pace di Adrianopoli che sancirà l’autonomia della Serbia, della Moldavia e della Valacchia, e la totale indipendenza della Grecia di cui nel 1832 viene fatto re Ottone I, figlio del sovrano di Baviera.   I MOTI ITALIANI Anche in Italia il tema della libertà e dell’indipendenza sono molto diffusi nei ceti borghesi e nei quadri dell’amministrazione. Nel 1820, nel regno di Napoli, il generale Pepe, si schiera con una rivolta popolare e marcia su Napoli costringendo il re a concedere una costituzione sul modello spagnolo. Anche in Sicilia viene chiesto di ripristinare la costituzione liberale del 1812. Ferdinando I chiede l’intervento della Santa Alleanza; con l’intervento militare austriaco il governo costituzionale viene sconfitto, annullata la costituzione e avviata una dura repressione. Nel Lombardo - Veneto la Carboneria ha progettato un’insurrezione, ma la tempestiva azione preventiva della polizia austriaca porta all’arresto dei capi del movimento rivoluzionario.  L’INSURREZIONE DECABRISTA IN RUSSIA Anche in Russia sono sorte società segrete, le principali sono la Società del Nord (liberal/ costituzionale) e la Società del Sud (repubblicana). Nel 1825, alcuni ufficiali della Società del Nord chiedono al nuovo Zar Nicola I di concedere la costituzione; a causa però della loro indecisione, gli insorti vengono sconfitti dalle forze fedeli allo zar. I capi dei congiurati vengono giustiziati o mandati ai lavori forzati in Siberia. Ad ogni richiesta di ammodernamento Nicola I continua a rispondere con una dura repressione.  LA RIVOLUZIONE ORLEANISTA IN FRANCIA In Francia, nel 1824, con l’ascesa al trono di Carlo X, capo dell’ schieramento filo assolutistico, si verifica un’ulteriore svolta in senso reazionario/clericale: si istituisce un fondo per risarcire i nobili delle confische subite durante la rivoluzione, vengono ristabilite le congregazioni abolite. Però nell’opinione pubblica continuano a diffondersi idee liberali, l’affermazione dei liberali nelle elezioni del 1824 convince Carlo X ad accettare la formazione di un governo liberale moderato. Il parlamento non accetta però l’imposizione da parte del re a capo del governo di Polignac, uno dei maggiori esponenti degli ultras, e suo uomo di fiducia. Il sovrano decide di appoggiare un colpo di stato da parte di Polignac. Nel 1830, Carlo X promulga una nuova legge che limita la libertà di stampa e di voto, di fronte a questo dispotismo insorgono i gruppi di opposizione (liberali, bonapartisti, repubblicani) che, appoggiati dal popolo di Parigi, costringono il sovrano alla fuga. Al fine di evitare una soluzione di tipo repubblicano - democratico, i fautori di una monarchia costituzionale offrono la corona a Luigi Filippo d’Orleans. Luigi Filippo viene proclamato dal Parlamento: «re dei francesi per volontà della nazione». Il nuovo sovrano modifica in senso liberale la costituzione del 1814: il re è sottoposto a controllo parlamentare, viene sancito principio di libertà di stampa, ridimensionata la Camera dei pari. Con gli eventi parigini del 1830 il periodo della restaurazione può dirsi ufficialmente concluso. La rivoluzione è tornata prepotentemente alla ribalta.  LA STORIA MODERNA di Paolo Prodi Il mestiere dello storico La storia, da quando nell’Ottocento è diventata una disciplina scientifica, ha il compito di studiare il passato che è in noi in funzione dell’oggi. La storia non deve studiare in modo accademico il passato. Il lavoro dello storico consiste quindi nell’interrogarsi sul presente e trovare le risposte nel passato; famosa fu la definizione data Marc Bloch (1998): “Comprendere il presente mediante il passato e comprendere il passato mediante il presente”. Blonch fu l’artefice nel 900della scuola francese delle Annales che assegnò alla storia il carattere di scienza sociale con la funzione di studio della civiltà in cui viviamo. Pertanto, lo storico deve cogliere l’elemento dinamico, di movimento, il divenire della realtà. I manuali di storia NON devono essere studiati per un nozionismo fine a se stesso, bensì in modo critico, estraendo i dati per costruire le dimensioni spazio-tempo. Lo sguardo dello storico: il tempo e lo spazio L’elemento che distingue la storia dalle altre scienze sociali è che lo storico sa vedere nelle cose anche la dimensione tempo, cioè egli vede le cose non solo come sono ma anche come sono divenute. Lo storico riesce ad identificare la coordinate spazio-tempo di una realtà (ad esempio la Francia del 600) o di un fenomeno. Così lo storico può identificare i collegamenti degli avvenimenti della vita umana, senza avere la presunzione di trovare la causa nel passato di un fenomeno oggetto di studio. Non esiste un tempo storico unico, ma diversi tempi storici e quindi più ritmi del divenire. I ritmi sono diversi a seconda dei fenomeni studiati: si va dal ritmo veloce degli avvenimenti di cronaca al ritmo lento delle congiunture economiche fino ad arrivare alla lunga durata delle strutture (realtà che il tempo stenta a logorare) come il concetto di proprietà introdotto dal diritto romano. La suddivisione della storia in epoche come il rinascimento e il barocco sono dei concetti astratti che lo storico usa per agevolare ed abbreviare il discorso. Da quando la storia è diventata una scienza sociale, essa viene considerata una storia di civiltà, cioè della vita dell’uomo nella società in tutti i sui aspetti quotidiani (es. sentimenti) mentre prima si occupava solo dei grandi uomini e degli avvenimenti del passato. Questo ha determinato la fine della distinzione tra una storia generale di prima categoria ed una storia locale di seconda categoria: ora si deve parlare per la storia di una dimensione spaziale accanto a quella temporale, dove esistono delle indagini che si occupano di fenomeni circoscritti ad un certo territorio e altri fenomeni che interessano vaste aree. L’oggetto dello sguardo: storia generale e storie speciali Nel corso del tempo la storia da unica disciplina si è divisa in diverse discipline; in senso cronologico sono nate la storia antica, la stria medioevale, la storia moderna e la storia contemporanea.. Mente nel senso della specializzazione sono nate la storia economica, la storia del diritto, la storia delle religioni, ecc. Ciascuna di queste tipologie di storia ha una propria autonomia di ricerca. Queste conoscenze specifiche ha consentito allo storico di poter meglio comprendere le testimonianze del passato. Inoltre ciascun tipo di storia può interagire con altre discipline, di cui lo storico deve possedere le conoscenze. Ad esempio lo storico della chiesa medioevale deve conoscere il diritto canonico. A fronte della nascita di tante storie specializzate si è posta la domanda sul ruolo della “storia generale” . Quest’ultima viene definita come una storia “politico- settecento invece abbiamo un “sistema di stati europei” composto da 30 stati sovrani. Questa semplificazione del quadro politico e questa concentrazione della sovranità sono avvenute tramite una serie di guerre. Infatti, fino al XX secolo, la guerra costituisce lo strumento principale per la costruzione dello stato; le guerre e la costituzione di corpi armati permanenti permettono ad uno stato di avere il monopolio della violenza per l’esercizio della sovranità. Nascono le grandi istituzioni totali (come prigioni e manicomi) dove vengono rinchiusi i sudditi che non si adeguano o non possono adeguarsi ai modelli imposti dall’alto:. Una prima teorizzazione dello stato moderno lo ha fatto Machiavelli nel Principe. Comunque in Italia lo stato moderno arriva alla sua definitiva maturazione (stato-nazione) soltanto negli ultimi secoli. I primi tentativi di concentrazione del potere si ha nelle Signorie del quattrocento (Rinascimento). Ma gli stati rimangono deboli perché non riescono ad imporre il monopolio del potere alla chiesa, corporazioni, città e feudatari. A livello economico avviene la separazione tra proprietà privata e potere politico. Tra i fatti più innovativi a livello istituzionale abbiamo la nascita dell’apparato burocratico, del fisco, degli eserciti permanenti e della diplomazia. L’apparato burocratico è costituito da funzionari chiamati ufficiali che in cambio di uno stipendio svolgono varie funzioni alle dipendenze del sovrano. Nel medioevo, invece, il sovrano esercita il potere tramite i feudatari con cui ha stabilito rapporti di fiducia e realtà. Il primo apparato burocratico ad avere grande importanza e ad espandersi è quello fiscale. Infatti nello stato moderno l’imposizione fiscale diventa permanente. Le tasse servivano per pagare le guerre ed un esercito permanente, necessario allo stato per impossessarsi del monopolio della forza ed affermare il suo potere all’interno ed all’esterno. L’esigenza di stabilire alleanze tra gli stati determina lo sviluppo della politica estera e la nascita di una diplomazia stabile; nascono le moderne ambasciate e i diplomatici risiedono stabilmente all’estero in rappresentanza del proprio sovrano. Lo stato impone ai sudditi non solo norme giuridiche ma anche sistemi culturali, religiosi e modelli di comportamento. I concetti di patria e nazione si affermano solo con la rivoluzione francese e con l’età romantica. La formazione dello stato moderno avviene attraverso 3 fasi: 1. Fase dello stato confessionale: interessa i primi 2 secoli dell’età moderna. Il suddito deve seguire la religione del principe e dello stato di appartenenza. Lo stato incorpora la chiesa nel suo sistema amministrativo. 2. Fase dell’assolutismo illuminato nel XVIII secolo: le struttura statali si rafforzano ed eliminano i poteri autonomi feudali e delle corporazioni. Il sovrano perde l’alone di sacralità 3. Fase dello stato-nazione: nasce nella seconda metà del settecento. Lo stato centralizza tutte le funzioni della società civile. Si sviluppa l’idea di nazione e patria. Il motto è “ pro patria mori”: l’amore per la patria sino a morire per essa nelle guerre. Il versante culturale e scientifico: università, stampa, istituzione educative A differenza del medioevo, le università diventano autonome rispetto al potere politico e religioso. La prima classe dirigente europea è quella dei dottori delle università. Le scienze escono dal controllo della filosofia e della teologia. L’invenzione della stampa permette la divulgazione delle conoscenze e delle innovazioni. Nel cinquecento e nel seicento si fa grandi progressi nell’alfabetizzazione e nell’istruzione. Un’invenzione molto importante è quella dell’orologio che consente la misura del tempo. Cambia il concetto di dio e il modo di rapportarsi con lui. Dio non è visto tanto come colui che determina il destino degli uomini bensì come il creatore di un mondo dotato di leggi proprie che l’uomo deve scoprire. Le trasformazioni culturali hanno conseguenze sulla politica e sullo stato moderno: l’ordine politico viene visto come una proiezione dell’ordine dell’universo. Viene abbandonato il latino a favore delle lingue moderne, le quali favoriscono legami più stretti tra politica e cultura. Anche la stampa diventa uno strumento della potere: in senso negativo con la censura dei libri; in senso positivo con la lingua e la grammatica che favoriscono la nascita di un’identità collettiva delle patria. Nascono le fondazioni, le accademie e le società scientifiche che sono controllate dal potere. Il versante economico: la rivoluzione industriale La rivoluzione industriale è il fenomeno centrale per l’economia dell’età moderna. Per rivoluzione industriale s’intende quel complesso di innovazioni tecnologiche ed organizzative che sostituì il lavoro manuale dell’uomo con le macchine. Si sviluppa nella seconda metà del settecento prima in Inghilterra e poi nel resto d’Europa e nell’America del Nord. Segna il passaggio da una vita economica statica di sussistenza, basata su agricoltura e artigianato, ad un’economia dinamica in cui i mercati si espandono. La rivoluzione industriale costituisce sia il punto di partenza che di arrivo di un’evoluzione verso il moderno. Perché soltanto in Europa maturò questa trasformazione ? Il motivo principale è che tra il medioevo e la prima età moderna in Europa si spezza il legame tra la ricchezza immobiliare (possesso delle terre) ed il potere politico. La ricchezza mobiliare, legata alla moneta ed al commercio, diventa autonoma. Il sovrano perde il diritto di disporre liberamente delle ricchezze dei sudditi. Egli ne preleverà solo una quota con il fisco. Nasce il liberismo moderno. Nel corso dell’età moderna si ha un grande incremento demografico. L’aumento della popolazione era già iniziata prima con lo sviluppo delle città comunali, ma poi fu decimata dalla carestia e dalla peste, come quella famosa del trecento. Nel 1750 la popolazione europea è pari a 111 milioni di persone. All’inizio dell’età moderna le città che superavano i 100.000 abitanti erano pochissime ed erano quasi tutte in Italia: Napoli era la città più popolata in Europa. Nel settecento le città più grandi con centinaia di migliaia di abitanti erano Parigi e Londra. Nelle città cambiano l’organizzazione e la distribuzione del lavoro; all’interno dell’economia cittadina e mercantile (associazioni di arti e mestieri, corporazioni) nascono nuove forme di società di capitali. Si sviluppa una nuova organizzazione del lavoro con la nascita del primo proletariato moderno. Nascono le grandi banche d’affari, le grandi compagnie di navigazione e le grandi manifatture. Gli stati costruiscono vie di comunicazione come strade e ponti. All’inizio dell’età moderna, l’Italia era al centro dell’innovazione politica, culturale ed economica. Successivamente l’Italia vive un ritardo dello sviluppo economico; ad esempio si è parlato di un 600 italiano di decadenza e perfino di rifeudalizzazione. Il baricentro economico si è spostato in Olanda ed in Inghilterra. Diverse sono le cause della decadenza italiana: la perdita d’importanze del Mediterraneo, a causa delle scoperte geografiche, il maggior costo dei prodotti italiani, l’inflazione, l’opposizione della chiesa alle innovazioni. Il versante spaziale: l’espansione del modello europeo Sul versante spaziale, l’espansione europea nel mondo è una caratteristica fondamentale della prima età moderna. Sul versante antropologico e religioso si ha il primo grande confronto tra civiltà diverse a seguito della conquista di nuovi continenti. Sul piano culturale si ha l’affermazione della superiorità della civiltà cristiana europea sulle civiltà delle terre conquistate. Sul piano scientifico si ha la rivoluzione copernicana che ridefinisce la Terra nei confronti del sistema solare. E’ presente una rappresentazione cartografica della Terra sempre più precisa. Inoltre c’è un notevole sviluppo della tecnologia dei trasporti terrestri e marittimi. La storia dell’età moderna è sostanzialmente una storia dell’Europa e della sua conquista del mondo. Agli inizi dell’Ottocento gli stati europei dominano direttamente o indirettamente oltre il novanta percento della Terra. Ci sono diversi tipi di colonizzazioni: 1. La più antica forma, tipica della monarchia portoghese, è la conquista di punti di appoggio e di difesa (soprattutto porti) a tutela dei commerci, e lo sfruttamento delle risorse locali. 2. La seconda forma è la conquista dei grandi imperi come quella perseguita dalla Spagna nell’America Latina. Qui viene ricreata un’organizzazione politica (es. vicereami, governatorati) come in Spagna. Dal punto di vista economico vengono sfruttate le risorse locali come i metalli preziosi. Viene inoltre sfruttata la mano d’opera indigena nelle grandi piantagioni. 3. La terza forma è la conquista gestita dalle grandi compagnie commerciali. Un esempio sono le colonie olandesi. 4. La quarta forma è rappresentata dalle colonie d’insediamento o di popolamento. Consiste nell’emigrazione dall’Europa di minoranze politiche o religiose, oppresse nella loro patria. Un esempio sono le colonie inglesi del 1600in Nord America. Questo modello di colonizzazione è negativo come gli altri; basti pensare allo sterminio degli indiani nel Nord-America. La colonizzazione è causa del problema dell’acculturazione, cioè l’insieme dei fenomeni che avvengono quando due culture, una dominante e l’altra dominata, si incontrano: dialogo, confronto, prova di forza, nascita di una nuova cultura derivante dalla fusione delle 2 precedenti. La distruzione delle civiltà indigene è avvenuta più per l’imposizione del modello antropologico dell’individuo europeo che per lo sfruttamento economico. In quest’ottica rientra anche la cristianizzazione avvenuta nelle colonie, soprattutto nel cinquecento ad opera della chiesa cattolica. Quest’ultima, mentre perde gran parte dell’Europa, con la riforma tenta di fare del cattolicesimo una religione universale. In America Latina gli indios sono considerati esseri umani, ma selvaggi ed inferiori, ed in quanto tali da civilizzare e convertire al cristianesimo. C’è commistione tra politica e religione: nelle colonie la monarchia spagnola ha forte controllo sulla chiesa. La cristianizzazione ha avuto un grande impatto sulla crisi delle società indo-americane; basti pensare all’imposizione del sacramento del matrimonio con l’abolizione della poligamonia e della famiglia estesa, tipica della società precolombiana Invece l’approccio missionario nelle antiche civiltà dell’Asia, come in Giappone ed in Cina, è stato diverso rispetto al Nuovo Mondo. In estremo oriente si è tentato di introdurre il cristianesimo adattandolo alle singole culture locali. In quest’opera, però, i missionari gesuiti sono stati ostacolati dall’ala più conservatrice della chiesa, dai vecchi ordine religiosi (domenicani e francescani), ma soprattutto dalle potenze coloniali che avevano interesse a controllare le opere missionarie. 
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